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1920-2020 Cento anni di storia, arte e costume attraverso il Circolo degli Artisti di Varese
a cura di
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PER SAPERNE DI PIù
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ANTONIO BANDIRALI Circolo degli Artisti di Varese
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Il Sindaco
“Cento anni importanti per Varese, perché il Circolo degli Artisti è un vero e proprio fulcro per la vita culturale della nostra città”. Con queste parole il Sindaco Davide Galimberti ha ricordato oggi il centenario dell’associazione. “Di questo Circolo – le parole del Sindaco – hanno fatto e fanno tuttora parte grandi nomi del mondo culturale, che tanto hanno fatto per il nostro territorio. L’auspicio è di poterci vedere quanto prima per festeggiare assieme questo compleanno”. Davide Galimberti
26 giugno 1920.
Logo ideato da Giuseppe Talamoni per la neonata Associazione “Amici dell’Arte” - 1920.
”Gli amici dell’arte„
“Gli amici dell’arte„
Si riuniranno mercoledì prossimo 23 corrente, alle ore 17, nel Salone Municipale. L’invito è stato diramato in forma degna del carattere e delle finalità dell’associazione, con una xilografia originale e firmata dal pittore Giuseppe Talamoni, xilografia che è stata incisa a bella posta. In questa adunata il gruppo sarà costituito legalmente per opera del notaio dott. Bonazzola.
Ieri, nel pomeriggio, come abbiamo già annunciato, nello studio del notaio dott. Bonazzola ha avuto luogo una riunione di rappresentanti dell’ultima assemblea di « amici dell’arte » per l’atto legale della fondazione della Società. Sottoscritto l’atto notarile i convenuti elessero un Consiglio Provvisorio che avrà l’incarico di convocare la prossima assemblea e raccogliere le nuove adesioni. Il consiglio risultò composto di tre membri, l’avv. Cornelio Mai, Ismaele Mario Carrera, Federico Gariboldi.
La Prealpina - 21 giugno 1920.
La Prealpina - 27 giugno 1920.
Varese - Villa Mirabello Mostra promossa e organizzata dal Circolo degli Artisti di Varese in partenariato con il Comune di Varese, la Fondazione Comunitaria del Varesotto e il Comitato Culturale del JRC Ispra della Commissione Europea Con il patrocinio di: Provincia di Varese - Comune di Varese - Fondazione del Varesotto per l’Ambiente, il Territorio e la Coesione Sociale Fondazione Minoprio - Museo Floriano Bodini Gemonio - Museo Flaminio Bertoni (Volandia, Somma Lombardo) In collaborazione con: Varesevive - La Varese Nascosta - Società Storica Varesina - Amici delle Fornaci IBIS Museo Floriano Bodini - Museo Flaminio Bertoni - Auto Moto Storiche di Varese Galleria d’arte Ottonovecento di Laveno Mombello - Sangalleria di Arcumeggia degli 1920 2020
Flaminio Bertoni Flaminio Bertoni
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In partenariato con:
L’uomo, il creatore di auto e l’artista
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P R O P O S I T O R I D I C U LT U R A
© 2021 Circolo degli Artisti di Varese
PRESENTAZIONI DI Davide Galimberti (Sindaco di Varese) Ferruccio Zuccaro (Presidente onorario del Circolo degli Artisti di Varese)
testi di Chiara Ambrosoli - Antonio Bandirali - Alberto Bertoni - Fausto Bonoldi - Enrico Brugnoni Daniele Cassinelli - Mario Chiodetti - Raphael De Vittori Reizel - Robertino Ghiringhelli - Matteo Inzaghi Laura Lozito Zanzi - Maurizio Lucchi - Franco Prevosti - Silvio Raffo - Francesco Spatola
Hanno dato il loro supporto SEV SocietĂ Editoriale Varesina Ufficio Marketing (La Prealpina) - Stazione televisiva Rete55, Gornate Olona (Varese) Studio Cine Fotografico Il Ricordo, Azzate (Varese) - Studio di Architettura Franco Crugnola (Varese) SocietĂ Storica Varesina - Giuseppe Armocida - Sara Bodini - Silvano Colombo - Angelo De Giorgi Max Frattini - Paolo e Andrea Musajo Somma di Galesano - Lara Treppiede
curatore Antonio Bandirali
Allestimento a cura del gruppo di lavoro Circolo degli Artisti di Varese Eduardo Brocca Toletti - Gianpiero Castiglioni - Raphael De Vittori Reizel - Emanuele Ascanio Favero Antonio Franzetti - Ruggero Marrani - Cesare Ottaviano - Franco Prevosti - Alessia Tortoreto
Progetto grafico Floriana Bolognese, Paola Squizzato
Segretaria Di Redazione Rossana Scappaticcio
Catalogo della seconda Mostra Autunnale - 1921, composto di 168 pagine. Stampato da: Arti Grafiche Varesine.
Alcune opere all’interno del Catalogo della seconda Mostra Autunnale - 1921.
davide galimberti Sindaco di Varese
Questo volume per la prima volta affronta in modo completo la storia della cultura a Varese nel Novecento. Sfogliando le pagine è possibile leggere di un cammino esemplare: il grande sogno della Belle Époque, durante la quale Varese assurse al ruolo di stazione turistica di grandissimo rilievo alle porte di Milano; la forte cesura della Prima Guerra Mondiale; i fasti effimeri degli anni Venti e Trenta; la lenta e inesorabile decadenza sotto il regime fascista; la tragedia della Seconda Guerra Mondiale e il periodo fortunato e innovativo degli anni del boom economico. In questo caleidoscopico panorama di situazioni e idee si è inserito l’importantissimo contributo creativo del Circolo degli Artisti di Varese che si è dimostrato nel corso di un secolo un interlocutore privilegiato nella cultura varesina e modello di associazionismo. Il 26 giugno 1920 gli illustri fondatori Giovanni Bagaini e Augusto Chiesa si impegnarono a dar vita all’Associazione “Amici dell’Arte” che, insieme ai fratelli Prevosti, animò la città con svariate esposizioni d’arte. Il Circolo ha avuto la fortuna, infatti, di annoverare, tra i suoi soci, artisti noti a livello nazionale, ma anche internazionale: più conosciuti come Giuseppe Montanari, Domenico De Bernardi, Federico Gariboldi,
meno noti come Daniele Scola e Romeo Pellegatta, senza dimenticare le figure femminili di Ada Schalk e Lia Ambrosoli. Per arrivare a nomi più recenti come Floriano Bodini e Vittore Frattini. La loro encomiabile opera è portata avanti dagli attuali protagonisti del Circolo che fanno onore ai loro predecessori. Grazie a questa narrazione di ampio respiro, dove si parla di letteratura, cinema, teatro, arte e musica, è possibile non solo rivedere quanto accaduto, ma trarre stimoli culturali da cui ripartire con lo stesso augurio formulato dal giornalista e critico d’arte varesino Emilio Zanzi a Giovanni Bagaini in occasione della nascita dell’Associazione: “L’ora è propizia. In mezzo a tanto grigiume di vita, devastata la patria di tanto odio, è bene che sorgano e fioriscano modeste e operose congregazioni per la tutela della bellezza consolatrice: difesa del nostro paesaggio, difesa del nostro patrimonio artistico antico e moderno”. Il ringraziamento va dunque al Circolo degli Artisti di Varese che ha voluto realizzare questo volume in occasione del centenario della fondazione e a tutti coloro che vi hanno collaborato, manifestando non solo conoscenza delle vicende storiche, ma anche affetto sincero verso la nostra città.
Varese 1941.
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FERRUCCIO ZUCCARO Presidente onorario del Circolo degli Artisti di Varese
Ho la fortuna di avere novantasei anni e di averli, tutti, vissuti molto bene e, così, continuare a godere del bello e del buono che la vita sociale e culturale ancora mi può offrire. Ho peraltro percorso questo bel tratto di vita alla pari di un “Soggetto” di poco a me maggiore: il “Circolo degli Artisti” di Varese nato il 26 giugno del 1920 che è stato, per me, un interessante e attraente riferimento culturale in ragione delle persone di valore che si sono avvicendate nelle varie presidenze. A loro devo la mia riconoscenza per lo stato di efficienza e di no-
torietà in cui detto sodalizio mi è stato consegnato nel 1994. Fu infatti quell’antico spirito in me trasfuso che mi ha posto sul binario per proseguire, nella mia presidenza, per circa un quarto di secolo. La soddisfazione è ora quella di vedere il Circolo degli Artisti di Varese retto con passione e capacità dall’Amico e Artista Antonio Bandirali, al quale vado a rivolgere il mio più sentito augurio per una vita ancora infinita di questa gemma della Cultura varesina.
Piatto in ceramica, in onore di Floriano Bodini. Realizzato alle Ceramiche IBIS di Cunardo e firmato dai componenti del Circolo degli Artisti di Varese - Collezione Museo Bodini Gemonio.
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un secolo di storia Raphael De Vittori Reizel Circolo degli Artisti di Varese
Il Novecento, secolo delle avanguardie, è pieno di opere che hanno messo in crisi il nostro concetto di bellezza. Avanguardie che con il passare del tempo hanno diluito la loro capacità provocatoria per entrare a pieno titolo nel mondo delle opere d’arte con unanime riconoscimento. L’eccellenza manuale, la Techne, che attraverso i tempi è stata sempre parte essenziale dell’arte, in questi ultimi 100 anni ha voluto rinunciare a quella qualità che si coglie con i nostri sensi, per volgersi a un’altra da cogliere soprattutto con la mente. Che non è la “cosa mentale” intesa da Leonardo da Vinci, ossia che la pittura entra nella teoretica e nella visione mentale dell’idea, la quale affonda le sue radici nella filosofia greca. Vedi “idein” che sta per ”vedere” e per ”idea”. Quindi un ”fare” che è molto vicino a un “non fare”. La caduta delle gerarchie culturali rischia sovente di precipitare in una sorta di anarchia paranoide, che confluisce nel grande mercato dei manipolatori della comunicazione. Per contro, gli artisti contemporanei del Circolo degli Artisti di Varese, continuatori dell’eredità e del messaggio artistico di coloro che con grande impegno e valore li hanno preceduti, si sono fatti carico di creare e proporre visioni capaci di passare attraverso varie facce dell’arte. Transitare semanticamente da una formulazione ad un’altra per costruire nuove possibilità e alternative concettuali e formali, è parte della loro ricerca. Sono pittori, scultori, fotografi d’arte, grafici, in grado di cercare, proporsi e tentare alternative al predominio delle mode effimere e transitorie dell’arte, sempre in agguato e imposte da un mercato e da un discorso critico arbitrario. 10
Questi artisti hanno vissuto e scavalcato il ventesimo secolo e hanno subito la crisi del “tocco” dell’artista e dell’“aura” dell’opera. AURA che ora transita dal livello originale della Magia, a quello della teoria e della biografia dell’artista indiscusso protagonista, come si legge nelle acute definizioni di Walter Benjamin. I nostri artisti concepiscono l’atto creativo come un impegno per ricostruire il significato che l’opera vuole proporre. Stabilire empatia fra artista e pubblico con un magma di sapere e piacere che sempre ha affascinato i fruitori della rappresentazione d’arte. La riservatezza e il piacere di lavorare e ricercare con materiali e tecniche legati al nostro tempo portano gli Artisti del Circolo degli Artisti di Varese a un’“autocoscienza” del “fare in sé”, e a una sensibilità creativa in continua evoluzione. Per dirla con Arthur Danton: “Siamo entrati in un’epoca ‘poststorica’, in cui l’arte condivide la libertà infinita del pensiero e si apre a ‘una entropia estetica totale’.” È quanto i nostri artisti si trovano a fronteggiare.
Presentazione del volume “Il fascino discreto di una provincia chiamata di Varese”. Da sinistra: Ferruccio Zuccaro, Alessia Tortoreto, Carlo Massironi, Antonio Bandirali, Franco Prevosti, Raphael De Vittori Reizel.
Se non ci sono più direzioni da seguire, se è arduo trovare l’uscita da questo labirinto interiore, si può almeno godere di ciò che si annuncia come “la più grande epoca di libertà che l’arte abbia mai conosciuto” (A. Danton). Il contributo degli artisti contemporanei, continuatori del Circolo degli Artisti di Varese, è che, attraverso la costruzione e l’interpretazione di una nuova Opera, si può arrivare ora a cogliere il suo ruolo epocale nella definizione del Significato. “I nostri artisti, nell’indagare questa ricerca, si comportano come ‘individui consapevoli di essere parte integrante di una totalità, cosciente di un’interiorità che è tale nella misura in cui essa si estrinseca, in virtù di tale operazione conosce se stessa” (Stefano Poggi). La necessità interiore che spinge gli artisti del nostro Storico Circolo a sfidare il confronto con paradigmi
”Gli Amici dell’Arte„ La riunione di ieri Ieri, alle ore 17, com’era già stato annunciato da queste colone, ebbe luogo la prima riunione di amici dell’arte per la costituzione legale della Società. Più dei due terzi degli invitati erano presenti. Molti altri che, soprattutto per causa dello sciopero ferroviario, non avevano potuto intervenire inviarono la propria adesione. Fra i presenti notammo il pittore Federico Gariboldi, l’avv. Cornelio Mai, il dott. Giuseppe Bonazzola, il dott. Silvio De Grandi, il maestro Arrigo Pedrollo, Giovanni Bagaini, Gino Bonfiglioli, il M. R. don Federico Ghisolfi, il M. R. don Luigi Lanella, il cav. M. T. Marzoli, l’avv. Federico Della Chiesa, il prof. cav. Enrico Macchi, l’avv. Vincenzo Fazio, il dott. Ardy, il pittore Pandolfi, il pittore Talamoni, l’ing. Flumiani, l’architetto del Missier, il dott. Luigi Colombo, il marchese Rappini di Casteldelfino,il signor Erminio Zerboni, il signor Enrico Luigi Messa, il signor Giuseppe Agazzi Rota, l’avv. Geo Bini Cima, il nob. cav. D. D. Bianchi, il dott. Moretti, il cav. rag. Frattini, il pittore Pellegatta, il pittore De Bernardi, il tenore Adamo Chiappini, il
di affermati artisti del loro passato comune è la conferma dell’amore per questa storia umana e artistica che abbraccia un secolo travagliato, ma caratterizzato da opere e idee divenute profetiche. “Affinché queste profezie possano essere comprensibili, devono però giungere a maturazione quelle circostanze che l’opera d’arte spesso ha precorso di secoli o anche solo di anni” (A. Danton). Ora, gli artisti del Circolo degli Artisti di Varese, si trovano a essere testimoni di un’epoca di storia, cento anni di arte, cultura e costume, segnata da due livelli semiotici così diversi, quello visivo e quello linguistico. La prevalenza del concetto come fattore aggregante di questa dicotomia, consente un maggior livello emotivo di comprensione e condivisione dell’opera d’arte nelle creazioni a venire dei protagonisti del Circolo degli Artisti di Varese.
dott. Pietro Petracchi, Mario Carrera ed altri. Avevano scusato la propria assenza il sindaco dott. Castelletti, lo scultore Scola, il contrabbassista Italo Caini, il pittore Guido Bertini, la scrittrice Altamura Volpi, il prof. dott. Spelta, il dott. cav. uff. Besozzi di Mombello L.M. l’architetto Luigi Pellini, il pittore Piatti del altri. Apertasi la seduta con poche parole dell’avv. Mai sull’opera svolta dal Comitato Provvisorio eletto nell’ultima riunione, il dott. Bonazzola diede lettura dello Statuto Sociale da lui particolarmente elaborato per incarico del Comitato. Lo statuto fu discusso in ogni sua parte specialmente in quella che si riferisce agli scopi della società, occupando l’assemblea per circa due ore. Tra gli scopi sociali meritano di essere segnalati i seguenti: «a) - d’indire, appoggiare e promuovere esposizioni, concerti, conferenze, riunioni e manifestazioni artistiche anche mediante aperture di sottoscrizioni per la raccolta di fondi; b) - di interessarsi, con intenti artistici, di ogni questione relativa al paesaggio, alla edilizia in genere, ai monumenti pubblici e alla loro conservazione; c) - di promuovere iniziative ed appoggiare le iniziative pubbliche e private attinenti alle arti in genere;
d) - di favorire lo sviluppo della cultura artistica nel popolo anche attraverso le scuole e mediante concorsi; e) - di studiare le questioni legislative interessanti la classe degli artisti per riferirne alle autorità e promuovere provvedimenti, tenendosi in relazione con altre associazioni del genere; f) - di mutua assistenza fra i soci per tutto quanto può interessare gli artisti e gli amici dell’arte; g) - di sussidiare artisti nell’esplicazione della loro attività sia iniziale che culturale; h) - di dare all’associazione ed ai soci una stabile sede per gli scopi sociali e per lo svolgimento e sviluppo di tutte le iniziative artistiche e culturali in genere, addivenendo all’uopo anche all’acquisto di stabili.» Dopo la lettura dello Statuto che, con qualche variazione suggerita dai presenti fu approvato all’unanimità, la seduta fu tolta. L’atto legale per la costituzione della società avrà luogo sabato alle ore 15 nello studio del notaio dott. Giuseppe Bonazzola. Gli «amici dell’arte» saranno convocati nella prossima settimana per l’elezione del Consiglio Direttivo della Società e per stabilire il programma d’azione del nuovo Sodalizio, che sorge sotto così favorevoli auspici.
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STORIA DEL CIRCOLO DEGLI ARTISTI DI VARESE Antonio Bandirali - Ferruccio Zuccaro
Dopo due anni dalla fine della Prima Guerra Mondiala seguente lettera: “Io mi metto a disposizione della le, in un momento di desiderio di rinascita e novità, Società Varesina. Poca è la scienza, ma discreta è l’eun gruppo di intellettuali varesini, particolarmente sperienza… L’ora, caro Bagaini, è propizia. In mezzo amanti della cultura e dell’arte, decise di fondare una a tanto grigiume di vita, devastata la patria di tanto associazione culturale dedita a creare momenti di odio, è bene che, anche nei vasti centri, sorgano e aggregazione artistica nelle diverse forme espressive, fioriscano modeste e operose congregazioni per la per stabilire le basi fondamentali di una società nuotutela della bellezza consolatrice: difesa del nostro va di letterati, musicisti, pittori, scultori e filosofi, increpaesaggio, difesa del nostro patrimonio artistico anmentando così lo sviluppo culturale del territorio. Era tico e moderno, spesso mal custodito nelle chiese, un periodo decisamente magico e coinvolgente per nei palazzi, nei piccoli musei. Varese è, naturalmente, l’arte, con il Futurismo ancora in auge e l’Astrattismo il centro di un paradiso… (Genova 19 giugno 1920)”. di Kandinsky e il Cubismo di Picasso in pieno sviluppo. L’atto notarile che certificò la nascita della Società In questa atmosfera stimolante il gruppo di lavoro che “Amici dell’Arte” fu sottoscritto il 26 giugno 1920, nello portò alla fondazione dell’associazione era formato studio del notaio, dott. Giuseppe Bonazzola. da: i giornalisti Giovanni Bagaini (fondatore e direttore Quale primo presidente venne eletto l’avv. Edoardo de La Prealpina) e Gino Bonfiglioli, gli avvocati Guido Chiesa che, per ragioni di lavoro, lasciò l’incarico poco Belli, Edoardo Chiesa, Cornelio Maj e Geo Bini Cima, dopo all’avv. Guido Belli. Alla vice presidenza fu eletto l’arch. Del Missier, il notaio Giuseppe Bonazzola, l’ing. Giovanni Bagaini, figura molto nota in campo giorEdoardo Flumiani, il cav. Teodoro nalistico in quanto, come si è detto, Marzoli, il musicista Arrigo Pedrollo, direttore de La Prealpina. il maestro Giuseppe Agazzi, Mons. La prima mostra importante (aperLuigi Lanella e gli artisti: Giuseppe ta a tutti gli artisti residenti in LomMontanari, Domenico De Bernardi, bardia) si svolse nell’autunno 1921, Enrico Butti, Alessandro Pandolfi, Fenelle scuole di via Sacco, con la pubderico Gariboldi, Donato Gramegna, blicazione di un apposito catalogo e Daniele Scola, Lia Ambrosoli, Innogià nei primi due giorni di apertura cente Salvini e Arturo Tosi. vide la partecipazione di ben ottoIl giornalista e critico d’arte vamila persone. [Nota del giornale La resino Emilio Zanzi (1886-1955), Prealpina] dopo aver appreso dal giornale L’anno seguente, per discordanze I Laghi Lombardi della nascita di una interne, l’associazione venne chiuassociazione artistica a Varese, scrissa, ma riattivata subito dopo con la se al direttore de La Prealpina, Gionuova denominazione di “Cenacovanni Bagaini, allo scopo di offrire la lo Artistico”, sotto la presidenza del Avvocato Guido Belli, secondo presidente sua collaborazione all’associazione, dott. Neddu Mineo. Nel 1927 venne dell’Associazione “Amici dell’Arte” 1920. 12
Catalogo Mostra 1958 con l’elenco degli artisti partecipanti alla mostra di Arcumeggia.
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1920 Immagini del primo catalogo.
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Catalogo Mostra 1921.
Catalogo Mostra 1936.
Catalogo Mostra 1937.
Catalogo Mostra 1949.
Catalogo Mostra 1951.
Catalogo Mostra 1955.
Catalogo Mostra 1964.
tarono un contributo fondamentanuovamente chiusa, questa volta le all’associazione, allargandone gli per l’avvento del fascismo. [Nota di orizzonti e rendendola nota in un cronaca: nello stesso anno, dopo territorio più vasto. una disputa con la città di Busto ArIn quel periodo, le esposizioni orsizio, Varese venne eletta capoluoganizzate dal Circolo comprendego di Provincia.] Il regime, in quel vano artisti, come: Enrico Baj, Lucio periodo, aveva fondato a livello naFontana, Renato Guttuso, Aldo Carzionale “Il sindacato Fascista Belle pi, Leo Spaventa Filippi, Giuliano Arti” che, dopo aver requisito i fondi Vangi, Adriano Bozzolo, Giuseppe sociali del Cenacolo Artistico, aveva Talamoni, Enrica Turri Bonacina, creato una nuova associazione, deBruno Ravasi, al centro, Silvio Zanella, Gottardo Ortelli, Flonominata “Raduno delle Arti”, direttra Giuseppe Montanari, a sinistra e Manlio Raffo, in piedi. riano Bodini, Angelo Frattini, Vittore ta dal Podestà di Varese, Domenico Frattini, Flaminio Bertoni, ecc. Castelletti, che designò Giuseppe Montanari quale Nel 1976, Silvio Zanella, pur rimanendo attivo nel Cirdirettore artistico. Al nuovo sodalizio venne dato uno colo, fondò a Gallarate l’associazione “Liberi Artisti delspazio espositivo permanente presso la chiesa di la provincia di Varese”. Sant’Antonino, in via Veratti, oggi “Sala Veratti”. [Nota Nello stesso anno venne a mancare il padre fondatore di cronaca: nello stesso periodo, parallelamente, nacdel Circolo degli Artisti di Varese, Giuseppe Montanari que a Varese anche “Il Circolo Provinciale Fascista del(1889-1976). le donne Artiste e Laureate”.] Da allora, si sono succeduti i seguenti presidenti: Nel 1942, per cause belliche, l’associazione venne ul1977 Angelo Coralli; 1980 Emilio Giudici; 1990 Silvano teriormente chiusa. Colombo; 1993 Fabrizia Buzio Negri; 1994 Ferruccio Alla fine della guerra, nel giugno del 1945, fu ancora Zuccaro; quest’ultimo nominò alla direzione artistica Giuseppe Montanari, con Angelo Frattini, Domenico la prof.ssa Fabrizia Buzio Negri, alla segreteria il dott. De Bernardi, Innocente Salvini, Carlo Prevosti e altri Fidanza e alla tesoreria Sergio Colombo. Furono eletti artisti, con l’aiuto degli avvocati Aldo Lozito e Luigi consiglieri Floriano Bodini, Vittore Frattini e Antonio Castelletti, a riprendere e riproporre l’originario spiriBandirali. Durante la sua presidenza venne istituito il to dell’associazione, nata il 26 giugno 1920, rifondanPremio “Circolo degli Artisti di Varese”, che, negli anni, dola con la denominazione di “Circolo degli Artisti di fu assegnato a personalità locali, come: il prof. Luigi Varese”. La presidenza della nuova associazione venAmbrosoli, il prof. Renzo Dionigi, l’arch. svizzero Mario ne assunta dall’avv. Aldo Lozito e la segreteria dall’avv. Botta, il conte Giuseppe Panza di Biumo, il prof. SalLuigi Castelletti. vatore Furia, l’imprenditore Antonio Bulgheroni, l’avv. L’avv. Lozito, che mantenne la carica per 22 anni, fu Ferruccio Zuccaro, il prof. Giuseppe Armocida, il prof. anche fautore di un’intesa tra la sua associazione, i cui Robertino Ghiringhelli, il giornalista Matteo Inzaghi, la iscritti rappresentavano esclusivamente le arti figuraprof.ssa Bambi Lazzati, l’artista Floriano Bodini, la prof. tive, e gruppi che operavano nel campo della musissa Fabrizia Buzio Negri e il geom. Augusto Caravati. ca, della letteratura e della critica. Aderirono quindi Nel 2016, dopo 22 anni di presidenza, Ferruccio Zucall’iniziativa figure importanti, quali: Guido Morselli, caro decise di trasmettere la continuità all’arch. e arRenzo Modesti, Piero Chiara, Dante Isella, Leopoldo tista Antonio Bandirali, restando comunque in carica Giampao lo, Giuseppe Bortoluzzi, Luigi Ambrosoli, come presidente onorario. Manlio Della Porta e Carlo Prevosti. Tutti insieme por15
I Laghi Lombardi - Numero 27, settembre 1920.
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Cultura a Varese dal secondo dopoguerra a oggi
A CHE SERVE LA CULTURA A UNA CITTà? Francesco Spatola Presidente Commissione Consiliare Cultura
Con la cultura si mangia. Innanzitutto: la cultura alimenta lo spirito, apre le menti, rende cittadini migliori elevando la qualità delle relazioni tra le persone e con l’ambiente. Crea una comunità rispettosa dell’ambiente e delle persone, più armoniosa, cordiale e solidale, disponibile all’incontro e all’accoglienza, capace di visione e di futuro. Permette di riconoscere il valore, la qualità della città e del territorio, che cosa è bello e positivo e merita di essere tutelato e vissuto, che cosa è brutto e negativo e deve essere cambiato. Aiuta a vivere bene la propria città, la fa amare e spinge a impegnarsi per migliorarla. Serve a fare della città un luogo dove valga la pena vivere. In secondo luogo: la cultura promuove e alimenta nei cittadini l’apprezzamento dei beni comuni, paesaggistici, architettonici, monumentali, artistici, creando le condizioni intellettuali, morali e psicologiche per la valorizzazione turistica della città e del suo territorio. La buona accoglienza dei visitatori presuppone la conoscenza e la consapevolezza della qualità dei propri beni culturali. Occorre sapere ed essere convinti di avere dei beni culturali di valore, da offrire all’apprezzamento degli ospiti.
In terzo luogo: la cultura alimenta e favorisce l’innovazione, genera e alimenta le condizioni intellettuali, psicologiche e sociali per l’invenzione creativa e la sua valorizzazione economica e produttiva, sia in campo industriale che nel campo dei servizi. La nascita di nuove imprese, il rilancio delle imprese storiche, l’avvio di nuove avventure imprenditoriali presuppongono un’apertura culturale rinnovata e la valorizzazione della creatività delle persone. Specialmente per le imprese aperte all’esportazione, all’Europa e ai mercati internazionali, serve l’economia della conoscenza prima ancora che quella della produzione e dello scambio commerciale. E a sua volta la cultura d’impresa ritorna alla città e al territorio coi suoi valori di concretezza, elasticità, efficienza, futuro. Varese ha mai “mangiato” di quel cibo, ha mai tenuto fede a quell’impegno? Esaurita tra le due Guerre Mondiali la felice eredità turistico-culturale della Belle époque cittadina, smagliante sinergia tra cultura, industria e spirito imprenditoriale, le vicende della cultura a Varese dal dopoguerra a oggi riflettono e proiettano molte luci e varie ombre, sia per fattori nazionali che per peculia-
Villa Mirabello. Prestigiosa sede dei Musei civici all’ombra della Torre del Robbioni.
Il Castello di Masnago divenuto sede del Museo civico d’arte moderna e contemporanea.
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rità locali, tanto per clima generale quanto per stile e personalità dei singoli protagonisti. Meglio spiccano richiamando a flash, in estrema e sommaria sintesi, il succo del percorso. L’intensità unitaria dell’impegno culturale che caratterizzava iniziative ed eventi dell’immediato dopoguerra post-Resistenza andò sfiorendo nei decenni successivi sotto il vento impetuoso dello spirito della Ricostruzione, a fomentare la cultura unidimensionale del benessere e del consumo che minò progressivamente l’impronta sistematica e unificante delle visioni ideali del mondo e relative manifestazioni in eventi, spettacoli, produzioni di pensiero collettivo. Ne seguì il privilegio per le preferenze di gusto soggettivo e il contrarsi dell’impatto di iniziative e programmi culturali in circoli ristretti e necessariamente elitari di fruitori e appassionati, seppure in un contesto in cui le iniziative amatoriali – nel solco dei filoni ideali storicamente attivi nel territorio – preservavano l’interesse per la cultura in vasti strati popolari. A Varese si passò dall’effervescenza di riviste, circoli come il rinato “degli Artisti” che celebriamo in questo catalogo, gallerie d’arte ed esposizioni di rilievo na-
zionale e internazionale all’impegno di singoli intellettuali in percorsi e produzioni individuali – da Piero Chiara a Guido Morselli, da Vittorio Sereni a Renzo Modesti e Dante Isella – con orizzonti e pubblico spostati altrove, verso la metropoli, e la percezione diffusa di un isolamento reciproco e di atmosfere circoscritte e asfittiche, tipicamente “provinciali” come destino ineluttabile. A coerente corredo nel fatidico 1953, l’abbattimento del Teatro Sociale a favore di un più lucroso condominio e l’eliminazione di tram e funicolare, ignorata futuribile prefigurazione di modernissima metropolitana leggera. Nel frattempo tuttavia, sulla base di quegli stessi impegni individuali, venivano riconfigurandosi in città in senso moderno le principali istituzioni culturali locali, dal museo di Mario Bertolone alla biblioteca di Leopoldo Giampaolo al Liceo Musicale di appassionati professionisti benefattori, pressoché senza merito per le Amministrazioni Comunali che si succedevano e che intanto vedevano Varese beneficiare dell’insediamento d’un presidio d’avanguardia nella Scuola Europea e dell’attivismo ad ampio raggio di Manlio Raffo all’Azienda Autonoma di Soggiorno come di Salvatore Furia con la Cittadella di Scienze
Negli Anni Venti visse le sue ultime stagioni il Teatro Sociale, poi demolito nel 1953, che era stato costruito nel 1791. Per tutto l’Ottocento fu anche una succursale del Teatro alla Scala, che vi sperimentò il gradimento delle sue opere.
Il cinema teatro Impero, costruito negli Anni Trenta, prese il posto del glorioso Teatro Sociale e contribuì di fatto alla “condanna a morte” del tempio varesino della lirica. Anche l’Impero, come teatro, ha subito la stessa sorte: pur non essendo stato demolito è stato trasformato in un cinema multisala.
della Natura, mentre nel buen retiro di Velate operava silente Renato Guttuso. Il risveglio degli anni Settanta non solo ridiede linfa a confronti e dibattiti, ma fece soprattutto maturare le politiche culturali in capo al Comune, con il generoso protagonismo di singole personalità, come l’assessore Salvatore Caminiti, e con la strutturazione consistente di specifici apparati tecnico-amministrativi e adeguati budget finanziari, sostenuti da copiose sponsorizzazioni di istituzioni bancarie ancora espressive di identità territoriali. La logica dell’effimero nelle manifestazioni culturali, sulla suggestione dell’Estate Romana di Renato Nicolini con la moltiplicazione di eventi e stagioni artistiche ricche di spettacolarità, è stata posteriormente stigmatizzata come sperpero per il futile, ma al di là del nominalismo intendeva coraggiosamente investire sulla contaminazione tra cultura alta e bassa e veicolare la qualità culturale attraverso modalità attrattive che coinvolgessero tutti i cittadini, indipendentemente dalla condizione socioeconomica e dal livello di istruzione. E superato il nominalismo, senza trascurare le dotazioni strutturali ha costituito il continuum delle politiche culturali comunali anche, meritoriamente, a Varese: con le
stagioni teatrale e musicale, i cicli di conferenze ed eventi letterari in biblioteca insieme al nuovo deposito sotterraneo ad assicurarne la capienza, le rassegne cinematografiche estive, l’istituzionalizzazione di eventi espositivi a cura del direttore Silvano Colombo con la duplicazione delle sedi museali tramite acquisizione del Castello Mantegazza per la pinacoteca. Nel mentre che il Liceo Musicale diveniva Civico con il carisma di Malipiero e l’impulso tenace di Angelo Frattini portava all’avvio del Liceo Artistico e alla successiva autonomia, preziosa arena e lascito formativo dei principali artisti varesini. Né mancarono iniziative e progetti originali e innovativi rispetto al panorama nazionale, come l’invenzione del decentramento culturale nei rioni col programma di divulgazione ed educazione permanente VareseCorsi. Altrettanto sul versante associazionistico, specie artistico-letterario, come per la deliziosa Piccola Fenice di Silvio Raffo, raffinata e longeva. Molto muta alla svolta degli anni Novanta. L’attività pubblica è sconvolta dal dopo-Tangentopoli, nel contesto socioculturale di vorticoso cambiamento per il rigetto collettivo delle ideologie alla caduta del Muro di Berlino e per l’incipiente globalizzazione, che do-
La mattina del 14 marzo 1966 un furioso incendio devastò il cinema teatro Politeama. L’edificio di quella che era stata la prima sala cinematografica varesina, impreziosito dalla pregevole cupola, era già stato “devastato” dalla ricostruzione postbellica, quando fu adibito anche ad autorimessa. Ne attendiamo il restauro.
Giovedì 30 luglio 1992 fu eseguita la “condanna a morte” del Mercato coperto di piazza Repubblica, costruito nel 1931 su progetto dell’ingegner Alberto Alliaud. Al suo posto è sorto il teatro intitolato a “Mario Apollonio” e oggi sponsorizzato da Openjobmetis. Un teatro (per fortuna) stabile ancorché provvisorio.
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minerà i decenni successivi e il sopraggiunto Terzo Millennio con le ricadute di rivoluzione tecnologicoelettronica, pervasività della comunicazione digitale e virtualizzazione della realtà nei nuovi media. Si va formando la “società liquida”, in cui nulla permane e i rapporti sono perennemente instabili e aleatori, esasperando la differenziazione della fruizione culturale e delle preferenze soggettive, cui segue l’estrema frammentazione del pubblico, dei gusti e dei giudizi individuali e la conseguente contradditorietà delle valutazioni di qualità e il susseguirsi rapidissimo di mode dal respiro corto. Un clima culturale in cui proliferano le opinioni senza valore e i valori senza sostanza, e la disaffezione per il confronto razionale esalta preesistenti tendenze “da riflusso” a rinchiudersi in cerchie ristrette di gradimento, “nicchie” che riducono i circuiti di fruizione e minimizzano la durata dei successi. A Varese il turbine del cambiamento produce inizialmente positivi frutti di rinnovamento, con la crea zione di nuovi eventi come Amor di Libro per un festival letterario a nuova spinta propulsiva, la ripresa di grandi mostre museali al Castello di Masnago e il nuovo museo Castiglioni sull’archeologia africana, lo sviluppo consolidato delle stagioni musicale e teatrale di prosa, la nuova biblioteca per i ragazzi, i salotti letterari di Mauro Raffo, l’autonomia dell’università varesina con i suoi frutti culturali di lungo periodo: sia per l’atmosfera studentesca sia per programmi e iniziative a favore dell’intera comunità, dai concerti alle mostre a seminari e convegni, sino all’odierno progetto Giovani Pensatori col coinvolgimento delle scuole d’ogni ordine e grado. Ancora, l’iniziativa privata lungimirante del FAI con l’acquisizione e apertura museale di Villa Panza e relative grandi collezioni d’arte contemporanea; mentre l’associazionismo culturale cittadino continuava a brillare e prolificare. Ma il rinnovato vigore si attenuerà man mano, per sfociare nel ripiegamento localistico della ricerca delle famose/fumose “radici” in un passato remoto/ incognito da Festival di Terra Insubre, e scaturivano incidenti di percorso: innanzitutto per il teatro, dopo 20
l’abbandono coatto della sede tradizionale al Cinema Impero, divenuto multisala all’inseguimento del pubblico perduto mentre chiudeva ogni altro cinema in città. In attesa della nuova sede stabile, l’impianto di un teatro-tenda delineò un apparato provvisorio durato così a lungo da sembrare definitivo, perdendo via via negli anni il pubblico della prosa e inseguendo le preferenze commerciali di spettatori sempre più cangianti. Le iniziative espositive si ridussero progressivamente a quasi nulla, omaggio pedissequo alle famigerate norme finanziarie nazionali di restrizione di spesa per cui “con la cultura non si mangia”. L’interpretazione penalizzante di altre norme inducevano all’esternalizzazione del Liceo Musicale e di VareseCorsi. A colpi di chiusure, si salvavano solo le librerie assorbite dalle grandi catene, si spegneva Amor di Libro e il Premio Chiara si trasferiva in provincia. E nemmeno veniva colta appieno l’occasione dell’ottimale strutturazione museale di Villa Panza, che veniva esclusa dal pur meritorio tentativo di costituzione di un circuito museale cittadino tra musei comunali e privati. Un complessivo immobilismo, cui dovrà cercare di far fronte l’ultima Amministrazione dopo il drastico avvicendamento elettorale. Le direttrici d’intervento riguardano tanto le luci, da irraggiare, quanto le ombre, da elidere sino a cancellare: potenziare i punti di forza, sostenere i punti di debolezza che si sono rilevati nell’attività culturale in città. Serviva innanzitutto portare a sistema iniziative e programmi, riconducendoli ad un’analisi obiettiva della situazione, di problemi rischi e opportunità, e delineandone gli indirizzi risolutivi di sviluppo. A partire dal censimento a tappeto dell’esistente pubblico e privato, il nuovo assessore Roberto Cecchi lancia il Piano per la Cultura Varese & Natura, partorito dopo ampia consultazione e partecipazione dell’associazionismo varesino: primo passo in quella direzione, incentrato sui valori paesaggistici come fonte identitaria per la cultura cittadina e fonte attrattiva di risorse e di pubblico. Il “paesaggio” è il frutto dell’arte trasformativa dell’uo-
mo sulla natura, in armonia con essa e con la comunità insediata, e rimanda al percorso storico di Varese per produrre bellezza materiale e immateriale a servizio dei cittadini, tanto nel patrimonio istituzionale quanto nelle gemme dell’iniziativa privata. È il focus primario per ogni progettualità integrata con la realtà locale e i passi successivi ne sono la conseguenza. A livello istituzionale, musei e biblioteca così come manifestazioni ed eventi sono oggetto di piani di sviluppo specifici. Il museo archeologico ha progettato l’implementazione a sistema con i musei pubblici del territorio, unificando contenuti scientifico-tematici e presentazione immersivo-attrattiva multimediale del percorso espositivo insieme con tariffario e comunicazione, anche con il riattamento dell’Isolino Virginia; e nella sede di Villa Mirabello sta trasformando parte delle sale per l’ospitalità adeguata di grandi mostre, a partire dal Guttuso rivisitato in convenzione con la Fondazione Pellin. Il museo d’arte di Masnago va riprendendo il filo storico delle sue dotazioni, specie in relazione al collezionismo del territorio, per eventi espositivi sistematici che valorizzino anche
gli autori locali che ne sono espressione eminente. Senza dimenticare il recupero del Castello di Belforte, monumento-simbolo per i periodi storici di riferimento e potenziale sede di “museo della città” e polo socioculturale di quartiere e cittadino, per il quale i tentativi di ricerca di finanziamenti sono continui e continueranno, sin qui ancora infruttuosi ma provvisti di utili basi progettuali. La biblioteca progetta un grande futuro con la nuova sede del polo culturale-bibliotecario alla ex caserma Garibaldi, specie per le attività di ricerca sui fondi storico-letterari e archivistici insieme alle attività animative con nuovi spazi per ragazzi, studenti e giovani e socializzazione per tutti, nel mentre che amplia gli orari d’apertura e produce eventi di richiamo culturale a più dimensioni, letteraria come grafico-artistica, musicale, teatrale, cinematografica. Le stagioni musicale e teatrale riprendono consolidandosi e rilanciano la prospettiva (finalmente) realistica e finanziariamente sostenibile della nuova sede teatrale stabile all’ex cinema Politeama, in convenzione con la proprietaria Fondazione Molina e revisionando adeguatamente l’accordo di programma con
Un turista d’eccezione alla Motta, il Premio Nobel Herman Hesse.
Un giovane e sportivo Guido Morselli, ritratto accanto alla sua Lancia Aprilia.
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Regione Lombardia. La progettualità operativa della nuova struttura dovrà/potrà essere approfondita per realizzare una sede massimamente flessibile per tutti i tipi di spettacolo, danza e opera lirica comprese, e tutti i tipi di pubblico, sia ridotto sia di massa, a disposizione dell’associazionismo locale specialmente professionale e pre-professionale. Il Festival del Paesaggio Nature Urbane è divenuto nel frattempo la manifestazione emblematica della nuova impostazione: valorizzazione, mediante frequentazione guidata ed eventi-spettacolo simbolici, del patrimonio pubblico e privato di trasformazione del contesto naturale a servizio dell’insediamento umano secondo canoni di bellezza e armonia ambientale; dibattito collettivo, con il contributo delle forze sociali, per la qualità ambientale da preservare e realizzare; richiamo per cittadini e forestieri ad apprezzare l’identità di Varese come “città-giardino”. Le prime edizioni hanno delineato ma certo non esaurito il percorso, da implementare al meglio, anche in sintonia con i neonati Premi Furia e Pavan di rilievo scientifico-naturalistico. A livello di attività privato-associazionistica, serviva
Un Piero Chiara insolitamente crucciato alla scrivania del suo studio varesino.
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un sistema organico di patrocini e partenariati per favorire qualità, organicità e fruizione collettiva di programmi e iniziative, ed è stato elaborato con meccanismi trasparenti e pluralistici che hanno prodotto risultati e promettono miglior futuro. Senza dirigismi equivoci e pericolosi, si sono rivelati efficaci non solo per sostenere in modo non assistenzialistico né paternalistico i soggetti attivi; ma anche nel promuovere integrazione e circuitazione unitaria di eventi, sin qui imprevedibili a fronte del passato di “nicchie”, come per gli eventi estivi 2020 nei parchi cittadini, pur in periodo di pandemia, che hanno miscelato in un programma organico tutti i principali attori culturali in campo teatrale, musicale, cinematografico e artistico. E in questo contesto inclusivo ben s’inserisce la ripresa del rapporto collaborativo col rigenerato Premio Chiara e la sua ritrovata centralità varesina con la nuova sede al Castello di Masnago. Semi di futuro? Sarebbe questa la cultura che ci piacerebbe “mangiare”: consumare bellezza in modo sostenibile. In sintonia con la mission del Circolo degli Artisti, che la produce e di cui celebriamo con piacere il centenario.
LA VITA IN CIRCOLO Matteo Inzaghi
tuisce nobiltà al passato di ciascuno. Come nel buio Corre il tram nel cuore di Varese, mentre la dama si di una sala che, eternamente, proietta i film dedicati affretta, il gentiluomo attende, il caffè si affolla, la vita alle anime che hanno occupato gli spazi, solcato le scorre e calca e inventa e compete. E ama. Le strastrade, ammirato il Monte, viaggiato sulle cigolanti de brulicano, i varesini lavorano, guidano, passeggiacarrozze, sostato sotto al Bernascone, premendosi le no e civettuoli occhieggiano, attraverso gli antichi e mani sulle orecchie per proteggersi dal campanone e pesanti obiettivi, noi che da qui, armati di monitor e dai suoi tonanti gorgheggi. display, calpestiamo quelle stesse beole, animiamo E ora io so che quelquelle stesse vie, relo sguardo di ieri spiriamo quella stescontaminerà il mio sa brezza. domani. Quando Il Circolo degli Artisti osserverò con occhi compie 100 anni e nuovi la piazza in cui ci invade lo sguardo le fanciulle danzacon la quotidianità vano. Leverò il capo della Varese che fu. verso la fiera facciata Con la potenza di del grand hotel. Gioquegli occhi oggi cherò all’equilibrista chiusi, quei cuosugli invisibili binari ri oggi silenti, quei e poserò, impettito, sorrisi oggi medavanti alle pareti scolati con la terra del Prevosti. Immagie l’aria dei laghi. E nerò partite a tennis così i nostri ricordi, i e gonnelline svolazframmenti del vissuzanti, voli pindarici, to cui siamo legati unici al mondo, plae che gelosamente nati sulle acque del stringiamo al petto In Piazza Garibaldino una giovane donna cammina sul filo teso. nostro lago. Accareze alla mente come zerò le pagine del Bagaini e cercherò nuovi riflessi nei reliquie, per un attimo impallidiscono, perdendo quel piatti del Chiara, nelle tele del Montanari, nei tramonti tocco di assoluto che noi, ingenui, pretendiamo di scrutati dal terrazzino del Borducan. Metterò in Circodare a ciò che ci ha fatto ridere, piangere e tremare, lo l’Arte e la fortuna e la fatica del vivere. Affinché altri, ma che poi, minuscola stella delle mille galassie, si aftra cent’anni, possano riflettere i loro occhi nei nostri. fianca, timida, agli astri che già c’erano e fa spazio a E sovrapporre le voci di questo nostro bistrattato prequelli che verranno. E sta forse in quella filmica relatisente alle consapevoli inflessioni di chi verrà. vità la magia culturale che mai si spegne e che resti23
Un varesino doc: Giovanni Bagaini Robertino Ghiringhelli
tri – fu fondatore dell’Associazione “Amici dell’Arte” Varese, la Cronaca Prealpina e il Cenacolo Artistico sorta con atto del notaio Giuseppe Bonazzola darappresentano i tre riferimenti fondamentali della tato 26 giugno 1920. Il Bagaini ne fu il segretario e vita di uno dei più significativi figli della terra prealrimase legato all’Associazione, che nel 1921 assunse pina: Giovanni Bagaini (1865-1940). Infatti se Varese il nome di “Cenacolo Artistico”, fino al 1927, quando è diventata provincia e si è affermata come la città le nuove leggi fasciste la trasformarono in “Raduno della borghesia industriale e commerciale, lo deve delle Arti”, posto sotto il controllo del podestà vareal figlio di un pizzicagnolo di via San Martino che sino. Iniziò allora per lui un lungo periodo di oblìo il 2 dicembre 1888 fondò la Cronaca Prealpina che da parte della Varese ufficiale, mentre lo assisteva da allora raccoglie e documenta la vita locale ed il conforto quotidiano della gente comune che ne è il diario della città, del suo territorio e della sua ricordava le battaglie per lo sviluppo della città. mentalità. Sarebbe morto, tutto sommato, isolato il 5 maggio Il Bagaini, che amava definirsi giornalista di Varese, 1940 anche se aveva ripreso a scrivere sul “suo” giorcon il suo quotidiano – lo avrebbe diretto sino al nale il 14 dicembre 1928 quando venne 1937 con un “pezzo” defenestrato dal regititolato (e non poteva me fascista – era tra i essere diversamente) principali sostenitori “Il nuovo volto della dell’elevazione della città giardino”, ove recittà a capoluogo di cuperava quella senprovincia avvenuta il sibilità culturale, con6 dicembre 1926 (de creta e progettuale facto nel 1927). Inoltre manifestata agli amici fu l’organizzatore dei nel suo studio di via festeggiamenti per la Cimarosa. Non vide visita in città di Vitgli orrori della guerra, torio Emanuele III in ma certamente saoccasione dell’inaurebbe stato nel 1945 gurazione del Mo tra i realizzatori della numento ai Caduti rinascita del “Circolo realizzato da Enrico degli Artisti” e dell’afButti. Quel Butti – che fermarsi di uno dei con il Bagaini, Dosuoi giovani uomini menico De Bernardi, Giovanni Bagaini, fondatore de La Prealpina. di cultura e d’arte: AnGiuseppe Montanari, Giovanni Bagaini ed Edoardo Chiesa con i loro giornali gelo Frattini. don Gigi Lanella e aldiedero la spinta alla nascita dell’associazione “Amici dell’Arte”. 24
la prealpina non è più solo carta Maurizio Lucchi
Avere una buona idea, metterla in pratica, lottare per farla crescere, difenderla e darle continuità. Semplificando possiamo riassumere così la ricetta, anzi l’impresa, di Giovanni Bagaini, creatore di Prealpina. Un successo che sta ormai a cavallo di tre secoli. L’intuizione era talmente buona, e il personaggio così abile, che da quel foglio nacquero e nascono ancora oggi tante iniziative per il territorio. Una delle quali, il “Circolo degli Artisti”, si celebra proprio in queste sale. Che cosa significhi per la comunità locale un quotidiano storico come La Prealpina, uno dei giornali ormai più longevi d’Italia, non è facile dirlo. Perché il giornale si è profondamente trasformato nel corso dei decenni, pur rimanendo fedele ai principi che ispirarono l’azione di Bagaini e dei suoi compagni di viaggio. Indipendenza, equità nel giudizio, rispetto per tutte le idee, ma assolutamente mai sudditanza nei confronti di nessuna. E soprattutto voglia di informare, ma anche di fare, di proporre, di sostenere. Ecco, forse uno dei segreti di questo foglio che da 132 anni affronta con coraggio tutte le tempeste è proprio quello spirito propositivo che lo ha imposto come punto di riferimento per i cittadini, per le associazioni e anche per le Istituzioni. Le parole stampate su queste pagine non sono solo una cronaca, quanto più possibile onesta e fedele, degli avvenimenti. Sono anche stimoli, spunti, idee, proposte. Sono carburante messo nel motore che fa muovere, vivere e progredire una comunità. A volte sono idee eccellenti, a volte no. Ci sono errori, mancanze, debolezze, come in tutte le cose umane. Ma c’è un sentimento di appartenenza e di rappresentanza
La famosa Typograph, macchina compositrice in uso al giornale La Prealpina all’inizio del 1900.
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che è stato colto dalle persone, che è entrato nel loro cuore, facendo di questo giornale un pezzo di questa terra di laghi, colline, boschi e imprenditoria diffusa. Prealpina ha quindi raccontato, ma anche promosso, ha sollecitato e sostenuto. Ha vinto e perso battaglie, ma è sempre stata ben ancorata al principio di amore e di condivisione con i propri lettori per un territorio che, seppure complesso e variegato per la sua stessa struttura, è per tutti la patria del cuore. Bella responsabilità per l’Editore e per tutti quelli che lavorano, quotidianamente, alla fattura di questo foglio e di tutte le sue filiazioni. E adesso che Prealpina non è
più solo carta, ma anche potente e capillare informazione via internet e tanto altro ancora, i compiti sono maggiori così come le responsabilità. L’unica cosa che non muta, con il mutare delle tecnologie e degli strumenti di comunicazione, è il legame profondo con la comunità che si rappresenta. Le idee di Bagaini, compresa quella di dare vita a un sodalizio culturale e artistico, erano al passo con i tempi e lo sono ancora oggi. E obbligano chiunque lavori per Prealpina a un surplus di impegno. Ovvero essere sempre all’altezza di una tradizione che, oltre ad accompagnare e raccontare la storia, ha anche contribuito a farla.
Edizioni storiche de La Prealpina.
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Edizioni storiche de La Prealpina.
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Edizioni storiche de La Prealpina.
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gli aspetti storici della città di varese Fausto Bonoldi
Ancora nella prima metà dell’Ottocento la città aveva un’economia basata sull’orticoltura, sul commercio e sull’industria tessile, in particolare serica, a cui avevano dato nuovo impulso le ricerche “sul campo” dell’esule veneziano e varesino d’adozione Vincenzo Dandolo, agronomo di statura internazionale, che
Napoleone volle come suo consigliere e governatore della Dalmazia. Il decollo industriale ebbe inizio sulle rive dell’Olona. Correva l’anno 1818 quando nella valle cominciò l’attività la Cartiera Molina che, divenuta Cartiera Sterzi nel 1930, cessò la produzione nel 1980. Da uno stabilimento molitorio, il Mulino Abbazia, esistente già nel 1772, prese l’avvio l’avventura industriale della “Conciaria Cornelia” che toccherà l’apice della produzione tra le due guerre mondiali, soprattutto sotto la guida del commendator Achille Cattaneo. Non lontano dalla Conciaria sorse nell’Ottocento anche lo stabilimento della “Conceria Ghiringhelli” che, dal 1911 alla chiusura, prese il nome di “Conceria Valle Olona” e che lasciò spazio alla Dogana di Varese. L’altro importante polo industriale, più vicino al centro cittadino, si sviluppò verso la fine dell’Ottocento nei pressi della stazione delle Ferrovie Nord, quando la stazione non c’era ancora. Nel 1870 Santino Trolli e il figlio Luigi fondarono, nell’area compresa tra viale Milano e l’odierna via Casula la “Premiata Manifattura Tomaie Giunte”. Nel 1899 lo
Il Villaggio intitolato ai Martiri di Belfiore fu progettato dall’ingegner Edoardo Flumiani sul modello delle città giardino inglesi. Ciascuna delle trenta unità immobiliari è dotata di un piccolo spazio verde.
L’ingegner Edoardo Flumiani progettò nel 1924 un terzo intervento di edilizia residenziale in via Tamagno per conto dell’Istituto Nazionale Case per Impiegati dello Stato. Il progettista diede alle Case Incis un tocco di eleganza, valorizzato dal recente restauro.
Gli anni Venti segnarono il compimento di un percorso secolare che portò Varese, città dal 1816 ma nella sostanza cittadina con le unite (sei) castellanze, alla dimensione urbana di capoluogo di provincia. Fu un cammino caratterizzato, dalla seconda metà dell’Ottocento, da un lento ma costante sviluppo industriale, accompagnato dalla crescita di una borghesia illuminata e di una classe lavoratrice consapevole e organizzata, ma anche dallo sviluppo di un’“industria del turismo” che fece di Varese una delle più importanti, non solo in Italia, stazioni di cura e soggiorno.
Il decollo industriale
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stabilimento fu ampliato e il marchio Trolli fece spazio al Calzaturificio di Varese. L’anno precedente, i fratelli Pietro e Giovanni Marzoli e il ragionier Giovanni Massari avevano avviato, nell’area attigua alla fabbrica di scarpe, l’attività del Mulino di Varese. L’industria calzaturiera e lo stabilimento molitorio sono solo le più importanti delle numerose attività industriali avviate tra il centro, Biumo Inferiore e Belforte.
Varese vola I primi anni del Novecento videro la nascita della maggiore, più nota e tuttora attiva industria varesina. Già alla metà dell’Ottocento Agostino e Giovanni Macchi avevano intrapreso la fabbricazione artigianale di carrozze; all’inizio del Novecento però la costruzione di carri, carrozze e omnibus a trazione animale non sembrava garantire un futuro all’azienda di famiglia. Di qui la decisione dei fratelli Macchi di diversificare l’attività verso produzioni moderne come quella delle carrozzerie per automezzi e delle ruote per tram e treni e di ricorrere, per finanziare l’attività, al mercato azionario. La costituzione, nel 1905, da parte di Giovanni, Giuseppe, Enrico e Giulio Macchi della “Società Anonima Fratelli Macchi - Carrozzeria, Automobili e Ruotificio” incontrò il favore degli ambienti impren-
Il ruolo di Varese capitale europea del volo a vela ha le sue radici nell’impresa del 16 settembre 1934 quando, dalla vetta del Campo dei Fiori, decollarono nove alianti, il “Roma” di Plinio Rovesti e otto “Anfibio Varese”, che planarono all’idroscalo della Schiranna.
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ditoriali e finanziari di Milano e di Varese, una realtà allora dinamica, incline a investire in settori innovativi e trainanti per l’economia nazionale. Nello stabilimento costruito sotto il Colle Campigli andò subito a pieno ritmo l’attività per le forniture ferroviarie ed ebbe un notevole successo soprattutto la produzione del Ruotificio, sommerso dalle commesse militari derivanti dalle necessità dell’artiglieria trainata. Non si sviluppò, al contrario, l’attività per l’industria automobilistica e ciò indusse Giulio Macchi ad accogliere la proposta di Carlo Felice Buzio, pioniere dell’aviazione, di cercare la collaborazione di un’industria meccanica per partecipare a un concorso indetto dal ministero della Guerra per la fornitura di aeroplani militari. Dopo una “falsa partenza” la strada giusta fu imboccata con la costituzione, il primo maggio 1913, della Società Anonima Nieuport-Macchi, avvio della storia, a tutti nota, dell’Aeronautica Macchi, una storia di primati mondiali ottenuti con gli idrovolanti e, in seguito del successo commerciale mondiale dei caccia addestratori progettati dall’ingegner Ermanno Bazzocchi.
Piccola capitale del turismo Il turismo era ancora un fenomeno di élite quando, nel 1872, gli imprenditori varesini Giacomo Limido,
Il comandante Arturo Ferrarin, entrato nella storia per il raid RomaTokyo (1920), ritratto a bordo dell’idrovolante Macchi M.39 all’idroscalo della Schiranna. Ferrarin morì nel 1941 all’aeroporto di Guidonia, collaudando un velivolo sperimentale. È sepolto a Induno Olona.
Gerolamo Garoni ed Eugenio Maroni Biroldi trasformarono la Villa di Casbeno già dei Recalcati e poi dei Morosini nel Grand Hotel Excelsior, che si affermò come uno dei più apprezzati alberghi in Europa. Aveva 145 lussuose stanze per ospitare ospiti illustri e una cappelletta inglese per espandere la clientela anche verso l’Inghilterra. Nei pressi dell’albergo gli stessi proprietari allestirono il “campo delle corse”, primo ippodromo varesino. Ma il “boom” del turismo cominciò verso la fine del secolo e produsse, nei primi due decenni del Novecento, la fioritura, oltre che di signorili dimore per la villeggiatura, di strutture ricettive, alberghi, locande e ristoranti, di medie dimensioni ad eccezione dei due hotel realizzati dalla Società dei grandi alberghi, entrambi “firmati” dal maestro del Liberty italiano, l’architetto Giuseppe Sommaruga. Tra il 1911 e il 1913 sorse sul colle Campigli una “cittadella del turismo di lusso” composta dal Palace Hotel, tuttora aperto, e dal Kursaal, casa da gioco, ristorante e teatro che fu distrutto dal bombardamento alleato del 30 aprile 1944 (che aveva come obiettivo il vicino stabilimento Aermacchi), al pari della funicolare che portava i clienti dalla sottostante via Sanvito al complesso alberghiero. Nel 1908 Sommaruga aveva progettato il Grand Hotel del Campo dei Fiori. L’albergo, giudicato nei suoi anni d’oro uno dei più belli del mondo, anche per la straordinaria
posizione panoramica, fu inaugurato il 20 giugno del 1912. Nello stesso periodo l’architetto milanese progettò il vicino ristorante panoramico sovrastante la stazione d’arrivo del secondo ramo della funicolare, non più riattivato dal momento della soppressione del servizio nel 1953.
Mentre le pendici della montagna varesina si popolavano di eleganti case di villeggiatura, sul colle Campigli, tra il 1911 e il 1913, fu costruito, su progetto del Sommaruga, il Grand Hotel Palace con l’annesso Kursaal, teatro e casa da gioco.
Chiuso dal 1968, il Grande albergo del Campo dei Fiori fu progettato da Giuseppe Sommaruga nel 1908 e inaugurato il 20 giugno del 1912. Fu giudicato nei suoi anni d’oro uno dei più belli del mondo, anche per la straordinaria posizione panoramica.
Sui binari del progresso Conseguenza e, al tempo stesso, motore dello sviluppo turistico fu la progressiva creazione di un’efficiente rete di trasporto pubblico su rotaia. Il primo treno arrivò in città nel 1865, dopo il completamento della linea Gallarate-Varese, prosecuzione della Milano-Gallarate, un’opera realizzata grazie all’impegno finanziario di investitori locali, tra cui il sindaco del tempo, ingegner Carlo Carcano. Vent’anni dopo, il 29 giugno del 1885, anno in cui la Società per le ferrovie Alta Italia passò la mano alla più vasta Rete Mediterranea, non lontano dalla stazione FS giunse in città il primo convoglio delle Ferrovie Nord. La linea, inizialmente limitata a Saronno e poi estesa a Vedano Olona e a Malnate, raggiunse Varese dopo la costruzione dell’ardito ponte sull’Olona. L’anno successivo dalla Stazione poté partire il primo convoglio per Laveno Mombello.
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Il primo tram viaggiò in città un decennio più tardi e la prima linea fu pensata proprio in funzione dello sviluppo turistico della montagna varesina. Il 24 agosto del 1895 fu inaugurata la linea VareseRobarello che, in meno di un mese, fu estesa fino alla Prima Cappella. Dieci anni dopo, il 29 aprile del 1905, si tenne il viaggio inaugurale della linea che collegava la città all’allora comune autonomo di Masnago. Tempo di esecuzione dei lavori: tre mesi. Davvero altri tempi. Contemporaneamente, come diramazione della tratta Varese-Masnago, entrò in funzione la linea che collegava la città a un altro co-
mune confinante, Bizzozero. Dal 1907 si cominciò a pensare alla “scalata” del Sacro Monte e del Campo dei Fiori: progettato il primo ramo della funicolare, si dovette affrontare il problema del collegamento tra la Prima Cappella e la stazione del Vellone. Era necessario “bucare” la collina del Gaggio e ciò fu fatto scavando la galleria di un centinaio di metri che ancora oggi, ampliata, permette il passaggio del bus urbano. L’opera fu completata in un anno e mezzo e il 6 maggio del 1909 i primi passeggeri poterono scendere dal tram e salire con la funicolare a Santa Maria del Monte. Prima della fine del 1909 una nuova linea tranviaria collegò Varese a Bobbiate. Negli stessi anni si sviluppò anche un’efficiente rete di trasporti su rotaia extraurbani.
Venti di grandezza
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Un forte impulso allo sviluppo turistico di Varese lo diede l’entrata in funzione del collegamento ferroviario con Milano. Il primo treno di servizio arrivò il 9 agosto 1865, il primo convoglio passeggeri il 17 agosto.
Chiusa la lunga e dolorosa parentesi della Grande Guerra, Varese riprese il cammino della crescita economica fondata sull’industria manifatturiera e continuò a godere, e coltivare, i frutti dell’attrattività esercitata su villeggianti e turisti soprattutto dal primo decennio del secolo. E l’industria del turismo, più di altri settori, ebbe un ruolo fondamentale nell’evoluzione dello stesso assetto urbanistico e nella “promozione”,
Carrozze in attesa dei viaggiatori provenienti da Milano. La linea delle Nord, inizialmente limitata a Saronno e poi estesa a Vedano Olona e a Malnate, raggiunse Varese il 29 giugno del 1885, dopo la costruzione del primo ponte di ferro sull’Olona.
Lainate, 21 settembre 1924: la Lancia Trikappa di Casa Savoia taglia il nastro inaugurale dell’autostrada Milano-Varese. Sul sedile posteriore, accanto a Vittorio Emanuele III, l’ingegner Piero Puricelli, padre-padrone dell’autostrada.
nel 1927, della città a capoluogo di provincia. All’avanguardia nel trasporto su rotaia, Varese lo fu, negli anni Venti, anche in quello su gomma. Il 21 settembre del 1924, a Lainate, fu tagliato il nastro inaugurale dell’autostrada Milano-Varese, la prima autostrada a pedaggio del mondo. La prima vettura a percorrerla fu la Lancia Trikappa di Casa Savoia, con a bordo re Vittorio Emanuele III al cui fianco, sul sedile posteriore, aveva preso posto l’ingegner Piero Puricelli, conte di Lomnago, che della grande opera infrastrutturale fu il padre-padrone. L’apertura dell’autostrada e il conseguente progressivo aumento di villeggianti e turisti che utilizzavano l’automobile per raggiungere Varese, le Prealpi e i laghi diede impulso a una riforma della viabilità cittadina di cui si era già avvertita la necessità dagli anni Dieci e che aveva prodotto vari piani e studi messi a punto dall’ingegner Carlo Piana, dall’architetto Federico Talamona e dall’ingegnere capo del Comune Alberto Alliaud. Prima che, alla fine del decennio, fosse sanzionato nel piano regolatore redatto dall’architetto romano Vittorio Ballio Morpurgo, l’ampliamento delle vie d’attraversamento del centro cittadino fu inaugurato, nel 1927, dopo lo sventramento dell’angusto corso Verbano, poi intitolato a Italo Balbo e oggi dedicato a Walter Marcobi. La volontà di agevolare il transito dei veicoli di turisti e villeggianti, provenienti dall’autostrada e diretti verso
la montagna e i laghi, fu poi perseguita con l’ampliamento della via Volta e lo sventramento del nucleo antico compreso tra l’antica piazza Porcari e la Motta, resosi necessario per fare spazio alla nuova piazza Monte Grappa. L’intervento che sacrificò una metà del centro storico, risparmiando la metà compresa tra la piazza principale e le piazze Beccaria e Cacciatori delle Alpi (tribunale) fu giudicato necessario dall’estensore del piano e dall’Amministrazione guidata dal podestà Domenico Castelletti, al fine di dare un volto adeguato alla città divenuta nel 1927 capoluogo di provincia e per ciò ampliata, alla fine dello
Un convoglio della Ferrovia della Valganna nel canyon delle Grotte. Inaugurata nel 1903, la linea era inizialmente limitata a Ganna, che divenne poi stazione di smistamento quando il collegamento fu esteso a Ponte Tresa e a Luino.
La piazza Monte Grappa progettata negli Anni Trenta dall’architetto romano Mario Loreti e ispirata al Novecentismo piacentiniano e alla pittura metafisica di De Chirico. Sul cuore della Varese moderna domina la Torre Littoria, oggi Civica.
Dal 1924, con l’apertura dell’autostrada, Varese poté contare su una terza via di collegamento con Milano, che si aggiunse alla strada statale e alla linea ferroviaria delle FS, senza contare la strada ferrata delle Ferrovie Nord.
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Ancora oggi colpisce l’aspetto monumentale, caratterizzato dalle colonne neoclassiche che decorano la facciata della Casa dello sport, la palestra del viale già delle Vittorie e poi intitolato al XXV Aprile costruita tra il 1928 e il 1929 su progetto dell’ingegner Edoardo Flumiani.
del 1865, il “sciur Giuan”, dopo un apprendistato milanese al Pungolo di Leone Fortis, a soli vent’anni fondò l’Ape Varesina e tre anni dopo, nel dicembre del 1888, la Cronaca Prealpina. E fu proprio nella redazione del giornale, nell’edificio del cinema Lyceum, aperto nel 1922 per volere dello stesso Bagaini, che fu messo a punto nel 1923 il memorandum che motivava il desiderio dei varesini di affrancarsi dalla dipendenza amministrativa di Como. Il documento, che proponeva, in alternativa all’istituzione della Provincia di Varese, il passaggio di Varese e del suo territorio alla Provincia di Milano, fu redatto, oltre che da Giovanni Bagaini, dall’onorevole Cavalieri, dagli avvocati Luigi Giulio e Mario Vittorio Moroni, dal ragionier Pietroboni e da Angelo Mantegazza. Il memorandum fu consegnato a Milano al segretario del Duce Chiavolini e tre anni dopo, il 6 dicembre 1926, Benito Mussolini annunciò, con un telegramma all’Amministrazione comunale, l’avvenuta firma del decreto di costituzione della Provincia di Varese. Giovanni Bagaini fu tra i promotori, con il collega giornalista Gino Bonfiglioli, della costituzione, il 26 giugno del 1920, dell’Associazione “Amici dell’Arte”, di cui Bagaini fu eletto segretario. Allo spirito della prima associazione, che un anno dopo fu sostituita dal “Cenacolo Artistico”, a sua volta soppiantato, nel 1927, dal “Raduno delle Arti” voluto dal Regime, si ricollegò Giuseppe Montanari, già presente nell’origi-
Il lato della piazza Monte Grappa con vista sul campanile del Bernascone, l’edificio più alto della città. Rispetto agli Anni Trenta un solo cambiamento: l’elegante Casa Romanò, a destra, all’imbocco dell’allora corso Roma, demolita nel 1960.
Il 24 agosto del 1895 fu inaugurata la linea tramviaria Varese-Robarello che, in meno di un mese, fu estesa fino alla Prima Cappella. Non a caso il tracciato della prima linea fu pensato per soddisfare le esigenze di turisti e villeggianti.
stesso anno, con l’aggregazione di otto comuni limitrofi. Entrarono a far parte della municipalità varesina Santa Maria del Monte, Velate, Sant’Ambrogio Olona, Masnago, Lissago, Bobbiate, Capolago, Bizzozero e Induno Olona, che però nel 1950 riacquistò l’autonomia comunale in forza di un referendum popolare, lasciando a Varese la sola frazione di Bregazzana. Del processo che portò Varese a ottenere il ruolo di capoluogo di provincia, facendosi preferire alla più industriale Busto Arsizio, fu protagonista il fondatore e direttore per quasi un quarantennio della Cronaca Prealpina Giovanni Bagaini. Nato a Varese il 4 marzo
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nario sodalizio, quando nel giugno del 1945, insieme con Angelo Frattini e altri artisti, rifondò l’associazione con il nome di “Circolo degli Artisti di Varese”.
Artisti in piazza Nell’elenco dei progenitori del Circolo degli Artisti, accanto a eccellenti pittori come Giuseppe Montanari, Domenico De Bernardi, Federico Gariboldi e Alessandro Pandolfi e allo scultore Donato Gramegna, figurano due artisti che hanno lasciato il segno nel “paesaggio urbano” varesino, Enrico Butti e Daniele Scola. Il viggiutese Butti, allievo di Pietro Magni all’Accademia di Brera e dello scultore ticinese Vincenzo Vela, docente di scultura a Brera dal 1893 al 1913 (quando si ritirò a Viggiù per problemi di salute) è l’autore del Monumento ai Caduti di piazza Repubblica, un grande gruppo figurativo in bronzo attorno a tre soggetti principali: la figura centrale, ritta ed eroica, di un milite nudo, simbolo di forza e di virtù, con un elmetto moderno e lo scudo romano; un cavallo lanciato al galoppo verso il nemico e una leggiadra figura femminile, in equilibrio precario sulla groppa del cavallo, che sta per cingere il capo del soldato con una corona di alloro, simbolo della gloria. Il monumento, collocato in origine in piazza XX Settembre, la cui prima
Un edificio pubblico eretto nel Ventennio e demolito nel luglio del 1992 è rimpianto dai varesini di una certa età: il Mercato coperto di piazza Repubblica era stato costruito nel 1931 su progetto del direttore dell’Ufficio tecnico del Comune, ingegner Alberto Alliaud.
pietra fu posta il 22 maggio 1923 dal principe ereditario Umberto di Savoia, fu inaugurato dal re Vittorio Emanuele III il 20 ottobre successivo. Nel 1940 l’opera fu trasferita nella piazza Mercato consacrata all’Impero, prima di essere intitolata alla Repubblica. Allievo di Butti all’Accademia di Brera, il genovese Daniele Scola scelse Varese come sua patria d’elezione e nella nostra città “firmò” il monumento bronzeo agli ottantaquattro Caduti di Biumo Inferiore nella Prima Guerra Mondiale, inaugurato il 23 settembre 1923 in largo IV Novembre, dove il 26 maggio 1859 i Cacciatori delle Alpi avevano sconfitto gli austriaci. Il monumento
Il primo nuovo edificio pubblico di Varese, da poco assurta al ruolo di capoluogo di provincia, fu il palazzo del Tribunale, progettato nel 1928 dall’architetto Vittorio Ballio Morpurgo, che applicò una facciata littoria all’edificio a forma di “U” delle scuole maschili.
Il Palazzo del Littorio (o Casa del Fascio), oggi sede della Questura, in piazza Libertà. L’edificio, costruito tra il 1933 e il 1934 su progetto di Mario Loreti, si caratterizza per la doppia prospettiva orizzontale e verticale, prodotta dalla pianta angolare e dalla torre.
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Il 23 settembre 1923 fu inaugurato il monumento ai Caduti di Biumo Inferiore, che raffigura Garibaldi che sorregge un soldato ferito a morte. Fuso per esigenze belliche, il gruppo scultoreo di Daniele Scola, di cui si era salvato il modello in gesso, fu rifuso e ricollocato al suo posto il 26 maggio 1949.
abbreviandogli la vita”. Per fortuna, del gruppo scultoreo “dell’Ombra di Garibaldi e del Fante morente” era rimasto il modello in gesso abbandonato in un cortile e fu così possibile realizzare, con il sostegno di un comitato costituito ad hoc, una nuova fusione in bronzo, che fu collocata sul basamento di pietra il 26 maggio 1949, novantesimo anniversario della battaglia di Biumo. Alla “resurrezione” del monumento diede un grande apporto lo scultore Angelo Frattini che restaurò il modello in gesso, esposto alle intemperie e malridotto. Purtroppo Daniele Scola non poté assistere all’atto riparatorio perché era morto il 27 agosto dell’anno precedente. E ad Angelo Frattini che nel ’45 collaborò con Montanari alla rinascita dell’associazione degli artisti varesini, spettò il compito, dopo aver salvato dall’oblìo l’opera di Daniele Scola, di rimpiazzare un altro omaggio a chi aveva sacrificato la vita nella Prima Guerra Mondiale, il Monumento ai Caduti, una scultura in pietra di Ernesto Bazzaro, collocata nella piazza Milite Ignoto di Sant’Ambrogio Olona nel 1923 e trafugata dagli occupanti tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Il 9 settembre del 1957 l’allora ministro dell’Interno Fernando Tambroni inaugurò la scultura di bronzo di Angelo Frattini (a cui è intitolato il nostro Liceo Artistico), che rappresenta la “Gioventù nell’atto di stringersi al petto la bandiera italiana, simbolo della Patria”.
La Casa dei balilla di via Copelli fu costruita tra il 1928 e il 1929 su progetto dell’arch. Vittorio Ballio Morpurgo e dell’ing. Antonino Mazzoni e decorata con gli affreschi di Giulio Rosso. Contiene negli alzati citazioni dell’architettura classica della Roma del Cinquecento.
Il monumento ai Caduti di Enrico Butti fu inaugurato il 20 ottobre 1923 dal re Vittorio Emanuele III nella piazza XX Settembre. Posto davanti al Politeama, il gruppo scultoreo del maestro viggiutese fu trasferito nel 1940 nella piazza Mercato intitolata all’Impero.
raffigura Giuseppe Garibaldi nell’atto di sostenere un soldato ferito a morte, unendo nel ricordo i caduti della battaglia di Biumo e i biumensini che sacrificarono la loro vita per il completamento dell’unità nazionale. Quello che oggi possiamo ammirare non è però il monumento originale, che fu rimosso e fuso nel 1943 per esigenze belliche. La distruzione di quella che considerava una delle sue opere migliori, e a cui Daniele Scola tentò invano di opporsi, produsse nello scultore un profondo dispiacere che, scrisse la Prealpi na nel “coccodrillo” pubblicato in occasione della sua scomparsa, “lo ha colpito al cuore amareggiandolo e
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Il “CIRCOLO DEGLI ARTISTI DI VARESE” e la Galleria PREVOSTI Franco Prevosti
È il 26 giugno 1920 la data precisa della fondazione dell’associazione “Amici dell’Arte”. Quasi nello stesso tempo, il 9 luglio 1921, alla sera, viene inaugurato il negozio e Galleria dei Fratelli Prevosti, Cesare e Umberto. Evidentemente i due fatti richiamano, dopo la Prima Guerra Mondiale, il nascere e la maggiore importanza data a un “ritrovo” di artisti, più o meno famosi. La nuova Galleria apre i suoi locali proprio nell’unico e nuovo intervento urbanistico nel centro di Varese: l’apertura della via Del Cairo, allora via Nuova, via che permette al corso (ora Matteotti) di avere uno sbocco nella sua parte centrale, altrimenti sarebbe rimasto un corso, con i tradizionali portici, lungo circa 600 metri, ma raggiungibile solo dalle due estremità. Si tratta comunque di una posizione per la Galleria decisamente nel centro di Varese, facilmente raggiungibile da più parti. L’inaugurazione della Galleria avviene con una mostra delle ceramiche di Alessandro Pandolfi, artista
decisamente in primo piano non solo per quadri e affreschi, ma proprio per le sue ceramiche (utilizza i prodotti delle Ceramiche lavenesi e di Ghirla). Dopo la prima Mostra Autunnale d’Arte del settembre 1920 (quella con un grande afflusso di pubblico), si ebbe la seconda Autunnale degli “Amici dell’Arte” nel 1921, la terza nel 1922 con la presenza di pochi artisti, la quarta nel 1923, la quinta nel 1924, tutte mostre con sede presso le aule delle Scuole di via Sacco. Nel 1925 invece la Mostra Autunnale venne organizzata presso la Galleria Prevosti, sui due piani del negozio. Occorre ricordare che, in occasione del Natale 1922, fu organizzata dai fratelli Prevosti una cena del Cenacolo degli Artisti presso la sede della Ditta Fratelli Prevosti, ditta di mobili in via Brunico 18. La cena finì solo alle cinque del mattino, tanto che il commento su La Prealpina fu di un “Colazionacolo” anziché Cenacolo (articolo intitolato “L’elogio dell’uomo che mangiò
La fiamma, xilografia da “La Polonia”, 1916, Oreno di Vimercate - Collezione Sery Campanelli.
Sulla riva, xilografia per la rivista “L’Eroica”, 1919, Oreno di Vimercate - Collezione Sery Campanelli.
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il maiale”). Indubbiamente i Prevosti erano, sin dalle prime riunioni degli “Amici dell’Arte” e del “Cenacolo”, coinvolti nell’organizzazione di eventi artistici e non. Il 1926 vede le personali di Giuseppe Talamoni e di Federico Gariboldi. Dimenticando l’elenco delle mostre appena citato, la quinta Mostra d’Arte del “Cenacolo Artistico” avvenne presso la Galleria Prevosti di via Nuova Del Cairo 1, con quadri e sculture di 54 artisti con oltre 200 opere. Anche nel settembre 1926 si ebbe una collettiva del Cenacolo Artistico sempre alla Prevosti; nel 1927 seguì una collettiva di pittori varesini del Cenacolo Artistico; nel 1928 una personale di Ercole Magrotti, un’altra di Giovanni Lomi e una di Carlo Fregosi; seguono nel 1929 Lino Baccarini e poi Giuseppe Montanari e altri. Le Mostre Autunnali, quelle degli “Amici dell’Arte” e quelle del “Cenacolo degli Artisti”, vedono sovrapporsi la catalogazione degli eventi: la Mostra Autunnale del 1925 presso la Galleria Prevosti sarebbe la sesta degli “Amici”, ma la quarta del “Cenacolo”. Di seguito, si continua con la quinta mostra del Cenacolo nel settembre 1926, ma poi si abbandona il titolo delle Autunnali con una Collettiva di Pittori Varesini del Cenacolo
(quella del 1927) sempre presso la Galleria Prevosti. Il 1928, per il cambiamento nel governo del paese, vede il Cenacolo essere sostituito, pur con le stesse finalità, dal “Raduno delle Arti”. In questa associazione entrano il Podestà e il segretario federale e si ha quindi una “Mostra del paesaggio varesino” nella Sala Veratti. In questi tempi, vengono organizzate diverse manifestazioni, oltre alle mostre: anche carri allegorici carnevaleschi, come nel 1928 (la ditta Prevosti partecipò con un carro “Il Re del legno” e nel 1929 con “Il Cavallo di Troia”); una mostra con offerta per comprare una Divina Commedia per la biblioteca civica; la “Camerata Artisti Combattenti” nel 1929 con 63 quadri e 8 sculture; altre personali di vari artisti; anche delle esposizioni e vendita di quadri e tappeti, o quella di stoffe e scampoli (è forse il periodo difficile di prima della guerra); occorre ricordare anche la “Mostra d’Arte Donne Professioniste” del 1933 e la “Mostra d’Arte figurativa dei Giovani Fascisti della Provincia di Varese” del 1934; a volte si assiste alle personali di artisti importanti venuti a Varese, quali Gregorio Sciltian. In questi anni continuano le mostre di Giovani Artisti iscritti al G.U.F., la quarta Rassegna Provinciale nel
Catalogo della Mostra individuale di Maioliche Abruzzesi del pittore A. Pandolfi,
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salone della palestra di viale della Vittoria, la mostra Vetrine per l’Anniversario delle Sanzioni, ma anche la Mostra di Opere di pittori pro Comitato Comunale d’Assistenza. Fra queste mostre, chiaramente influenzate dal clima politico nazionale, c’è anche una mostra, anch’essa voluta dal regime, di Pittori Ungheresi (nel 1938) nelle sale della Galleria Prevosti. Nella famiglia Prevosti, c’è purtroppo la dipartita del fratello Umberto nel 1939, ma la laurea di Carlo, figlio di Cesare, nel 1938, il matrimonio di Carlo nel 1945 e la nascita di Franco e Giorgio nel 1946 e 1947. Si potrebbe pensare che gli anni della Seconda Guerra Mondiale abbiano portato una notevole diminuzione di eventi e mostre: non sembra che sia successo così, poiché le mostre personali si succedono in Galleria Prevosti, anche a due a due, nel 1943, 1944 e 1945. Questo fatto è forse dovuto alla presenza di diversi “sfollati” da Milano e dalla continua presenza di turisti in Varese e dintorni. Ma ricominciano anche le collettive del “Circolo degli Artisti” come quella dell’ottobre 1945 o quella del 1947, chiaro segno di “ripresa” degli ideali e significati di un’associazione di artisti locali, oltre alle numerose mostre personali. Nel 1949 a otto-
bre c’è una mostra a Palazzo Estense degli Artisti del Circolo, ma si aggiungono anche mostre di tappeti e nelle vetrine del centro. Nel 1951 viene istituito il Primo Premio Nazionale di Pittura e Paesaggio Varesino, proprio organizzato dal Circolo degli Artisti, con una sezione dedicata anche al cartellone turistico, nelle sale della Villa Mirabello. Nel 1951, con la partecipazione indubbia di tanti artisti, si ebbe una mostra di solidarietà per l’alluvione del Polesine e nel 1953 per gli alluvionati olandesi, con 30 opere offerte dai Prevosti. Ricominciano anche le mostre del Circolo degli Artisti (quella del novembre 1952), altre mostre benefiche per Casa S. Giuseppe e i Piccoli di Padre Beccaro, o una mostra benefica per la Casa di Riposo degli Artisti nel 1956. Nel 1957 una mostra primaverile del Circolo degli Artisti presso la Galleria Prevosti, poi diverse mostre personali e, in seguito, nel dicembre 1962 la prima Mostra Collettiva del Bozzetto del Circolo degli Artisti, mostra voluta e pensata da Carlo Prevosti, per esporre quadri e bozzetti che potessero essere degli originali regali natalizi senza impegno di troppi fondi. Nel 1963 si ripete la seconda edizione, mentre nel 1964 la mostra prende il nome di “Terza Mostra Socia-
Varese, Galleria Prevosti, Atrio via Nuova, 6-21 agosto 1921.
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le di Natale”, e nel 1965 la XIX mostra d’arte del Circolo degli Artisti (doveva svolgersi a Villa Ponti a maggio, ma fu rimandata a dicembre nella Galleria Prevosti). Nel 1966, sempre a dicembre, si ha la XX mostra sociale del Circolo degli Artisti, sempre in galleria, e La Prealpina fa risaltare che anche per l’arch. Prevosti e per i suoi familiari l’avvenimento sarà di notevole rilievo perché stanno maturando per loro cose nuove. Si attua infatti l’addio alle vecchie sale che testimoniarono in tanti anni il loro accogliente amore per l’arte, ancora in dimensione umana, con lo spostamento e trasloco della galleria stessa in Corso Matteotti. Nella nuova sede della Galleria Prevosti, in questi anni, non vengono ospitati gli artisti del Circolo degli Artisti, pur continuando le mostre varie anche di tappeti. Di seguito, si riscontrano delle mostre di Artisti del Circolo nella nuova Galleria Prevosti: nel 1962 diciottesima Mostra del Circolo con postuma dedicata a De Bernardi; nel 1963 Mostra Natalizia del Bozzetto con
Ritratto di Cesare Prevosti di Zueff.
1905 - Famiglia Prevosti e maestranze.
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seconda edizione e nel 1964 terza Mostra Sociale di Natale; idem nel 1965; nel 1966 ventesima Mostra Sociale del Circolo degli Artisti con la solidarietà per le recenti alluvioni e per i 150 anni del capoluogo. In questi anni, si assiste all’organizzazione di alcune mostre personali nella sala della Galleria Prevosti, ora in corso Matteotti 64, specie di alcuni artisti del Circolo degli Artisti, come nel 1969 una postuma di De Bernardi, una personale di Enrica Turri Bonacina nel 1974, una mostra di artisti varesini nelle vetrine del centro nel 1983. Si ha un ulteriore ritorno e contatto con il Circolo degli Artisti e la Galleria Prevosti: ne sono testimonianza la mostra postuma di Tardonato nel 1995, con la presentazione di Fabrizia Buzio Negri; quella di piatti e oggetti decorativi di Vittore Frattini sempre nel 1995; nel 1997, a ottobre-novembre, una mostra collettiva, sempre presentata da Fabrizia Buzio Negri, con alcuni degli artisti del Circolo, mostra che ha saldato la conoscenza e l’amicizia di detti artisti con la Galleria.
Operai davanti al negozio di via Del Cairo.
1921 - Mostra Alessandro Pandolfi.
Varese - Farmacia Centrale.
il novecento varesino Daniele Cassinelli
L’arte del Novecento varesino pone le sue radici nell’ascesa economica e sociale della borghesia locale e nei rapporti strettissimi che la città intrattenne con la vicina Milano. Tramontata l’epoca della nobiltà e spentosi il mecenatismo delle grandi famiglie come i Litta, i Taccioli, i Melzi d’Eril, gli Este, e passati i gloriosi anni preunitari, contrassegnati dall’arrivo in città di Francesco Hayez, Pompeo Marchesi, Vincenzo Vela e del Piccio, presenti in prima persona o attraverso l’arrivo di alcuni loro capolavori, furono le committenze di alcune grandi famiglie, in primis i Ponti, a introdurre la pittura moderna di Giuseppe Bertini. Il cantiere di Villa Ponti cambiò completamente la storia dell’arte a Varese: Giuseppe Bertini, maestro della pittura del colore, caposcuola della scapigliatura lombarda, e Odoardo Tabacchi aprirono la porta alla modernità, tanto che tra gli allievi artisti favoriti da Bertini possiamo annoverare Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, ma soprattutto Lodovico Pogliaghi, che volle trasferire a Varese la propria residenza. Ad amplificare queste esperienze in bilico tra Scapigliatura e Simbolismo giunsero gli anni del Liberty, che videro la definitiva consacrazione di Varese a capitale turistica immersa nel verde e alle porte di Milano. A Varese in questi anni furono attivi due grandissimi personaggi come lo scultore di Ganna Giuseppe Grandi e Luigi Conconi, che stabilì il proprio studio nell’antico monastero di Voltorre di Gavirate. Dall’esempio di Conconi nacquero le immagini del paesaggio locale e i notissimi manifesti della Belle Époque di Lodovico Cavaleri, al contempo Ambrogio Alciati dispiegò nella ritrattisca la sua pittura elegante e mondana. Sul fronte della scultura e delle arti applicate il Liberty ha lasciato a Varese
tracce indelebili grazie al connubio felicissimo tra lo scultore Eugenio Pellini, la ditta Chini di Boarezzo, il “fabbro ferraio” Alessandro Mazzucotelli e l’architetto Giuseppe Sommaruga. L’altro grande maestro di Villa Ponti, lo scultore Odoar do Tabacchi d’altra parte, originario come Grandi di Ganna, si era formato all’Accademia di Brera di Milano, dove studiarono i grandi scultori di Varese di poco più giovani: Luigi Buzzi Leone, Luigi Buzzi Giberto e, sopra a tutti, Enrico Butti. Dall’ultimo decennio dell’Ottocento l’ascesa di Butti tra i migliori scultori italiani divenne inarrestabile: ai monumenti funerari (basti la menzione delle edicole Besenzanica e Casati al Monumentale di Milano), si affiancarono le sculture pubbliche che tanto successo ebbero a Varese, primo fra tutti il Monumento ai Caduti che si ergeva di fronte al Politeama e che oggi è stato ricollocato in piazza Repubblica. Proprio a Enrico Butti e ad altri grandi scultori è dedicato il Museo Civico di Viggiù. Perfettamente inserita nei circuiti artistici del primo Novecento, Varese fu anche culla di esperienze secessioniste, riecheggiando le avanguardie storiche internazionali grazie all’esperienza, appartata tra Caravate e Cocquio, ma intensa di Siro Penagini e Innocente Salvini, mentre Adriana Bisi Fabbri chiudeva i suoi giorni a Travedona Monate, Adolfo Wildt era apprezzatissimo tra le famiglie gallaratesi grazie all’amicizia con l’industriale e collezionista Guido Rossi, e Romolo Romani lasciava meravigliosi ritratti in costume secentesco e a matita nelle collezioni locali. Mentre una menzione particolare merita Ada Schalk, di origini olandesi. La pittrice studiò a Monaco di Baviera e si trasferì nella città giardino nei primi decenni del XX secolo dove portò i colori e 41
il linguaggio artistico del Nord Europa diventando una protagonista dei movimenti artistici italiani più rinomati. Tra le altre esperienze eterodosse bisogna annoverare i futurismi di Ivanhoe Gambini e Bruno Munari, che tennero insieme una mostra a Varese nel 1929, e l’opera di Luigi Russolo. Importante è ricordare l’altissima specializzazione cui assursero le arti applicate e il design in epoca déco: bastino i nomi della Società Ceramica Italiana di Laveno, di Guido Andlovitz e di Flaminio Bertoni. Il paesaggio locale, l’ineffabile capacità dei pittori bosini nell’effigiare con sussiego stemperato e rea lismo la sempre più ampia e benestante cerchia della borghesia locale e le suggestioni decadenti di alcune pittrici che si erano stabilite a Varese, quali Teresa Grassi e Lia Ambrosoli, resero nota la pittura della “Città Giardino” ben oltre i confini della neonata Provincia, anche grazie all’opera della prestigiosa Galleria d’Arte Prevosti. Si fecero strada a partire dagli anni Venti il decadentismo di Giuseppe Talamoni e il tardo divisionismo di Oreste Albertini, la pittura post-impressionista di Antonio Piatti e il realismo vivace di Guido Bertini, la ritrattistica infantile ineguagliabile di Federico Gariboldi, il delicato e malinconico linguaggio di Aldo Bardelli e Carlo Coquio, quello altrettanto silente e introverso di Francesco De Rocchi, di contro il novecentismo di Alessandro Pandolfi e Giuseppe Montanari; nella scultura il poco noto Daniele Scola. Fu Montanari a divenire ben presto il più importante artista di Varese, nonostante fosse originario di Osimo, nelle Marche, apprezzato prima di tutto dai collezionisti milanesi, tanto che Antonio Boschi e Mariada di Stefano vollero una delle sue opere a decorare la notissima casa, oggi Museo, di Milano, mentre l’onorevole avvocato Cesare Sarfatti, marito della scrittrice e intellettuale Margherita, volle acquistare un’opera di Montanari tra le prime del patrimonio artistico della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde che dirigeva. 42
“Novecento Italiano” a Varese giunse compiutamente con la mostra memorabile che si tenne in Sala Veratti nel 1931: ordinati dal critico Raffaello Giolli esposero Aligi Sassu, Aldo Carpi, Arturo Tosi, Filippo de Pisis, Mario Sironi e Massimo Campigli, unitamente ai varesini Pandolfi, Montanari, Domenico De Bernardi, che va ricordato come uno dei più grandi paesaggisti italiani della prima metà del secolo scorso. Mentre Aldo Mazza, di Gavirate, metteva in ridicolo sulla rivista Perseo, attraverso sapide vignette, la pittura sintetica e monumentale, quasi magica, degli espositori, ma soprattutto il monopolio culturale del gruppo di artisti sostenuti da Margherita Sarfatti. La mostra del 1931 consacrò Giuseppe Montanari e il suo stile novecentista che trovò epigoni come Mario Broggi, e, nella scultura, Angelo Frattini, che con Montanari lavorò alla decorazione delle nuove architetture razionaliste che impressero a Varese tanto del suo volto moderno che anche oggi conosciamo, prima che l’Italia sprofondasse nell’incubo delle leggi razziali e della Seconda Guerra Mondiale. Il secondo dopoguerra vide Varese ospitare tre artisti non originari della Città Giardino e del calibro internazionale di Lucio Fontana, Enrico Baj e Renato Guttuso, che pur non essendo originari della città, vollero instaurare un legame lungo e duraturo con questo territorio. Lucio Fontana abitò la vecchia casa di famiglia a Comabbio, realizzandovi un nuovo studio e ivi si spense nel 1968; Enrico Baj scelse Vergiate, dove abitò e continuò a creare per diversi decenni, partecipando attivamente alla vita culturale e politica di Varese; Renato Guttuso fin dagli anni Cinquanta soggiornò a Velate, da dove ritrasse i notissimi tramonti celebrati da Giovanni Testori, lasciando in città la “Fuga in Egitto” che dal 1983 adorna la Via Sacra del Sacro Monte di Varese, che fu arricchito di opere d’arte grazie in particolare alla figura di Mons. Pasquale Macchi, già illuminato segretario di Papa Paolo VI e fautore del riassetto architettonico e artistico di tanti edifici sacri italiani in epoca post-conciliare che fece del
gemoniese Floriano Bodini un gigante, spesso misconosciuto, della scultura italiana del secondo dopoguerra. Sulla scia di Guttuso possiamo collocare, fra i varesini, almeno Giancarlo Ossola, pure amatissimo da Testori. In tutt’altra direzione si mossero quasi tutti i pittori locali, alcuni epigoni dei protagonisti sopramenzionati e inclini a un percorso sensibile alla poetica di primo Novecento, come Leo Spaventa Filippi o Enrica Turri Bonacina, altri – la maggior parte – sedotti in gran parte dalla figura del pittore, fotografo, regista e scenografo milanese Luigi Veronesi e impegnati in una sperimentazione astratta in costante equilibrio tra colore e percezione. Con Veronesi nacquero le opere giovanili di Vittore Frattini e nell’opera di Veronesi trova almeno in parte riscontro il colorismo dirompente e straniante di Gottardo Ortelli. Alla generazione successiva appartengono le sperimentazioni di Giorgio Vicentini e Franco Morrocco, mentre un caso a parte è Silvio Monti, lontano dall’ambiente milanese e da sempre incline ad ascoltare sirene romane e che provengono da oltre Manica. All’origine della stagione del secondo Novecento in scultura a Varese vi sono due mostre memorabili – il Premio di Scultura Città di Varese – che si tennero a Villa Mirabello nel 1949 e nel 1953, promosse da personaggi come Dante Isella, Piero Chiara, Luigi Ambrosoli, Angelo Frattini e Vittorio Tavernari. Nel 1949 gli unici varesini a partecipare, oltre al milanese, poi trasferitosi a Sesto Calende, Giancarlo Sangregorio, furono Alberto Viani, Umberto Mastroianni, mentre nella seconda edizione del ’53 tra gli altri figuravano Agenore Fabbri e Pericle Fazzini. Tra le altre furono esposte opere di Calder, Picasso, Braque, Boccioni e altri grandissimi maestri novecenteschi. La ricerca astratta e informale di Tavernari e quella più incline al costruttivismo di Sangregorio, insieme alle sculture geometriche realizzate in legno laccato di Marcello Morandini e Angelo Bertolio sono le linee guida in cui collocare l’arte plastica varesina degli ultimi decenni, unitamente alle durezze espressionisti-
che di Giuliano Vangi, di origini toscane e trapiantato a Varese, e del già menzionato – per il suo impegno nell’arte sacra – Floriano Bodini. Gli ultimi decenni del Novecento a Varese d’altra parte sono stati contrassegnati dalla figura del collezionista Giuseppe Panza di Biumo, che nella sua villa convocò molti protagonisti dell’arte concettuale e ambientale statunitense e internazionale: le opere di Dan Flavin, James Turrell e Robert Irwin rendono oggi Varese ben nota oltre i confini nazionali. Corre sottotraccia in questi stessi anni l’esperienza di Luciano Giaccari, fondatore del MUEL (Museo elettronico), che riprese numerosi artisti che lavorarono nei dintorni di Varese, mentre nell’ambito della fotografia il fotogiornalista di Epoca, Giorgio Lotti, sperimentò soluzioni in grado di contaminare pittura e fotografia.
Locandina della mostra organizzata dal comune di Varese nel 1953, svoltasi a Villa Mirabello.
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VARESE CITTÀ GIARDINO DELLA LETTERATURA Silvio Raffo
Varese non è solo la “Città Giardino” prescelta come locus amoenus e residenza estiva da Francesco III d’Este nella seconda metà del Settecento per riprodurre in miniatura gli splendidi scenari di Schoenbrunn; e non è solo il microcosmo in cui converge al massimo livello la produttività dell’industria lombarda e nazionale; la sua provincia detiene il primato per eccellenza non solo dal punto di vista artistico-geografico (sette laghi, Sacro Monte, itinerari architettonici Liberty) e quanto a efficienza economica: anche da una prospettiva culturale e letteraria ha ben poco da invidiare alle altre province della penisola. Fra il diciannovesimo e ventesimo secolo il territorio varesino è stato, sia pure quasi in sordina, il crocevia di più letterature. I nomi letterariamente più rappresentativi da ricordare sono quelli di: Speri della Chiesa Jemoli, valido giornalista e poeta dialettale; Guido Morselli, grande figura di intellettuale e scrittore di portata mitteleuropea; Piero Chiara, narratore brillante della vita di provincia; Dante Isella, critico, studioso e filologo di alto livello; Gianni Rodari, poeta arguto e originale favolista; Liala, raffinata paladina dell’emancipazione femminile nell’ambito del romanzo rosa; Vittorio Sereni, poeta del malinconico disincanto ispirato profondamente dal paesaggio del Lago Maggiore; Antonia Pozzi, una delle voci poetiche femminili più teneramente liriche del Novecento, che scrisse diverse poesie fra Carnisio e Laveno. Anche illustri protagonisti della letteratura nazionale ed europea hanno avuto con Varese un rapporto di elezione, non solo come sede di villeggiatura ma più specificamente come luogo deputato di ispirazione.
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Pensiamo a Giovanni Verga, che, attratto dalle poetiche brume del paesaggio lombardo, scelse la Prima Cappella per la revisione del suo capolavoro I Mala voglia; a Elio Vittorini, che soggiornò per anni a Villa Varisco nei pressi della Settima Cappella e vi scrisse Uomini e no; a Giosuè Carducci del cui legame con Annie Vivanti i nostri luoghi furono testimoni; ma anche a nomi di rilievo internazionale: Johann Wolfang Goethe, che rimase incantato dalle antiche limonaie nei pressi del lago di Varese descrivendole nel suo Viaggio in Italia, il grande Stendhal di cui resta memorabile l’elogio del lungolago da Comerio a Gavirate (“Visione magnifica! Al tramonto del sole si vedevano sette laghi… Si può percorrere tutta la Francia e la Germania ma non si potranno mai provare simili sensazioni…”). Ma sono in pochi a sapere che il geniale Hugo von Hofmannsthal, scelse Varese alla fine dei suoi studi universitari come meta di una memorabile gita in bicicletta e nella nostra città si trattenne sei settimane al Grand Hotel d’Italie, dando vita a una copiosa produzione letteraria e teatrale in uno stato d’animo da lui definito di magico entusiasmo, “appagato e felice come forse mai prima”. Ci auguriamo che tutte queste testimonianze non restino solo memorie vaghe e nebulose, ma costitui scano un prezioso stimolo per un’ulteriore evoluzione culturale delle nuove generazioni, nella certezza che solo dalla tradizione si può attingere per migliorare il nostro dubbioso futuro.
settembre duemilaventi
La ruggente Varese delle Arti Mario Chiodetti
Correva l’anno 1925 quando Riccardo Zandonai arrivò a Varese per dirigere la sua opera “Giulietta e Romeo” al Teatro Sociale, per la stagione lirica di settembre e ottobre che comprendeva anche “Manon Lescaut” di Giacomo Puccini e “Loreley” di Alfredo Catalani. Zandonai, nato a Rovereto, prediletto da Tito Ricordi, aveva 42 anni ed era reduce dai successi di “Francesca da Rimini” e de “I Cavalieri di Ekebù”. Fece tappa obbligata al negozio di pianoforti, grammofoni e dischi di Giuseppe Riccardi in corso Roma, il più importante della città (con filiale anche a Milano, in corso Monforte) firmando autografi e copie dello spartito dell’opera, per poi passare a farsi ritrarre dal fotografo Alfredo Morbelli, che aveva studio sulla piazza XX Settembre. “Egli corre dovunque per concertare e dirigere la sua Giulietta e dovunque ottiene omaggi alti e sinceri. […] Riccardo Zandonai, artista fecondo, abile ed energico compositore, è ormai sulla bocca di tutti. Egli possiede un’esperienza tecnica insuperabile, un senso sicuro del teatro ed il segreto massimo delle affascinanti ambientazioni”.
fia Nicola & C., editrice tra gli altri degli scrittori lombardi Gian Pietro Lucini e Carlo Linati – che pure si avvaleva dei disegni, dei fregi e delle testatine opera “del pittore Giuseppe Talamoni”. Entrambe le riviste, Euterpe e Varese lirica (fondata addirittura nel 1908), avevano un ricco apparato pubblicitario con le inserzioni dei più importanti alberghi, negozi e botteghe artigiane della città, alcuni dei quali arrivati fino a oggi, e riportavano articoli sulle singole opere in cartellone e sugli interpreti, ancora di livello nazionale sebbene negli anni Ven-
“Euterpe”, “Varese lirica” e le stagioni al Teatro Sociale Sono parole di Neddu Mineo, a sua volta poeta, librettista e redattore di Euterpe, il giornale ideato da lui, da Giuseppe Talamoni, dall’avvocato Giorgio Bini Cima e dal ragioniere Severo Piatti, e stampato a Varese, dallo stabilimento cromo-tipografico Mario Feltro di viale Milano. La rivista usciva a presentazione della stagione lirica del Sociale assieme alla gemella Varese lirica – stampata invece dalla celebre tipogra45
ti il Sociale avesse incominciato la sua parabola discendente. Lontani i tempi del 1896, quando il teatro fu ristrutturato con l’abolizione del proscenio, la sostituzione del soffitto piatto con uno “a calotta chiusa”, la riduzione del loggione e il rinnovo totale delle decorazioni, volute in stile Luigi XIV, e inaugurato a settembre nientemeno che con la “Bohème”, quasi con lo stesso cast della “prima” torinese. A Varese cantarono infatti Cesira Ferrani, creatrice del ruolo di Mimì come lo era stata di Manon Lescaut, che si esibì alla Scala soltanto l’anno successivo, ed Evan Gorga, primo Rodolfo, nonché straordinario collezionista di strumenti musicali antichi. La stagione 1925 comunque portò in città interpreti di tutto rispetto, dal soprano Maria Zamboni, ottima interprete pucciniana – sarà la prima Liù nella “Turandot” toscaniniana del 1926 – al baritono Er-
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nesto Badini, istituzione scaligera, al tenore Socrate Caceffo, Romeo nell’opera di Zandonai, che ispirerà a Piero Chiara uno dei suoi più bei racconti, “O soffio dell’april”.
Arrigo Pedrollo e gli “Amici dell’Arte” Puntuale, Euterpe riporta la trama delle opere e i bozzetti delle scene, oltre ad ampie biografie degli artisti corredate da fotografie spesso scattate a Varese, dallo studio Malinverno. “Varese che si è così prodigiosamente sviluppata nell’industria, che ha spirito di iniziativa e capacità di attuazione; Varese deve mirare a essere, non solo un centro di attività materiale, ma anche un focolare di spiritualità”. “Parole quanto mai attuali”, scriveva Mineo nella presentazione del numero della rivista.
Il Teatro Sociale accoglieva opere del grande repertorio lirico, ma era aperto anche alle novità, come testimonia la Grande Stagione Lirica in programma dal 28 agosto al 3 ottobre 1920, quando in città arrivò un compositore assai noto e stimato, il vicentino Arrigo Pedrollo, che avrebbe fatto parte del consiglio dell’associazione “Amici dell’Arte” di Varese, per presentare e dirigere la sua nuova opera “L’uomo che ride”, su libretto di Antonio Lega tratto da Victor Hugo, data in prima esecuzione il 6 marzo dello stesso anno al Costanzi di Roma. L’anno precedente aveva debuttato al Sociale la moglie del musicista, il soprano Ada Corbetta Pedrollo, impegnata in “Carmen”, “Favorita”, “Iris” e “Traviata”, accanto a un altro grande nome della lirica del tempo, Juanita Caracciolo Armani, che allora viveva a Varese e aveva intrecciato una liaison con il celebre direttore d’orchestra Roberto Moranzoni, il primo esecutore
al Metropolitan di New York del “Trittico” pucciniano, anche lui residente in città e attualmente sepolto al Cimitero monumentale di Giubiano. Nel cartellone 1920 del Teatro Sociale, oltre all’opera di Pedrollo, apparve la commedia mimo-sinfonica in un atto “Il carillon magico” di Riccardo Pick-Mangiagalli, celebre pianista e direttore del Conservatorio di Milano.
La città negli anni Venti, un eden a portata di sguardo La Varese dei “roaring twenties” era un piccolo eden, lo testimoniano alcuni scatti inediti, ritrovati in un mercatino delle pulci, dello Studio Vasconi di Cernobbio, specializzato in fotografie d’ambiente: dalle finestre del Palace Hotel sul Colle dei Campigli, appare un paesaggio lussureggiante di verde, senza una
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casa nel raggio di chilometri, con il lago e il monte Rosa sullo sfondo, ancora meta d’elezione per le ricche famiglie della borghesia e dell’aristocrazia milanese e per molti viaggiatori stranieri. Le immagini dell’interno del Kursaal, con il ristorante addobbato a festa, il pianoforte a coda e il sassofono sul suo piedistallo, pronto all’azione, evocano ritrovi spumeggianti e concerti della “nuova musica” americana, arrivata in Europa attraverso i dischi a 78 giri della Odeon Swing Series. Un mondo dorato, per pochi eletti, come testimonia lo sfarzo delle sale del Palace, con il perfetto arredamento Art Nouveau, le boiserie, le poltroncine di vimini e le palmette nei grandi vasi di ceramica bianca. “Il Teatro del Kursaal, inaugurato nel settembre del 1911, è destinato a spettacoli di varietà che completano l’elegante ritrovo del Kursaal”, si legge nella
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Guida turistica di Varese e dintorni, stampata nel 1932 dalla Società Editrice Prealpina. Ma scopriamo qual era l’offerta teatrale della città, così diversa, ahimè, da quella di oggi. Sempre nella guida leggiamo: “Il Teatro Sociale è il maggiore della città ed ha delle tradizioni artistiche gloriose che gelosamente conserva e degnamente continua. La sua capacità è di circa 1.500 spettatori e sulle sue scene passarono artisti di fama mondiale; vi debuttò il celebre tenore Gayarre e vi cantarono Tamagno, Battistini, il Navarrini, la Krusceniski, la Karola e altre celebrità. Un piccolo teatro – l’attuale ‘Santuccio’ – per le rappresentazioni delle Società Filodrammatiche è stato costruito nel salone dell’attuale Casa del Fascio. Nel salone del Raduno delle Arti, situato in via Veratti, si danno concerti e si tengono conferenze e mostre d’arte. Il Salone Teatro Brusadelli, alla Motta, è pure un vasto ritrovo, dove si danno spettacoli, concerti e confe-
renze”. Musica si faceva anche al Grand Hotel Campo dei Fiori, con il balconcino per l’orchestrina che affacciava sul salone delle feste, dove si ballava davanti a un panorama superbo. Davanti ai caffè alla moda suonavano piccoli ensemble: si ascoltavano i successi del tempo, le canzoni della radio, che negli anni Trenta ritmava la vita degli italiani con le voci di Daniele Serra, Alberto Rabagliati, del Trio Lescano e di Carlo Buti con le sue “Mille lire al mese”. Poi con le leggendarie orchestre di Angelini e Barzizza, Milly e il primo De Sica, quello del “Dura minga” con Umberto Melnati.
Arriva il cinematografo Ma la città non era solo musica, ecco “il più vasto ed arieggiato locale di Varese, il Gran Cinema Vittoria,
con un buonissimo impianto sonoro Americano per cinematografia sonora, ventilazione e riscaldamento”. Il Gran Cinema Vittoria ha aperto i battenti nel 1917 e in sala si fa anche raccolta di fondi per i soldati al fronte, altri quattro locali, Excelsior, Dumont, Centrale e Gran Cinema Varesino, sono già in funzione da quasi un decennio, e nel primo è stato perfino proiettato, nel 1908, il documentario locale “Pattinatori sul lago di Ganna”. Varese si mostra all’avanguardia nel proporre le ultime novità, ma incominciano le polemiche: la Lega dei padri di famiglia e le Dame di San Vincenzo lanciano strali condannando “l’influenza nefasta” del cinema sui cittadini – come si legge nel bel libro di Antonia Serra Il cinema della memoria – e invitano i soldati ad andare piuttosto in chiesa. Poco distante dal Gran Cinema Vittoria, il Politeama Ranscett, dal nome di una delle due bande loca-
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li, e poi il nuovo ed elegantissimo Cinema Lyceum, aperto il 14 aprile 1922, per volontà di Giovanni Bagaini, e inaugurato con “Erma bifronte, ovvero Suor Maria”, pellicola prodotta dalla Libertas Film di Roma nel 1920 per la regia di Alberto Carlo Lolli, regista di punta della casa, nato a Firenze nel 1876 e figlio del soprano Sofia Scalchi Lolli. Giovanni Bagaini, fondatore e direttore della Cronaca Prealpina, co-fondatore e segretario dell’Associazione “Amici dell’Arte”, uomo dai vasti interessi culturali, attento al nuovo e appassionato di cinema, decide di finanziare personalmente la costruzione della nuova sala, in pieno centro città, all’angolo tra le vie Bernascone e Carrobbio. Ne dà mandato all’architetto Flumiani, il cinema si chiamerà Lyceum e dovrà essere
una specie di odierna multisala, un centro polivalente, dove accanto alle proiezioni si terranno conferenze e concerti, gli ufficiali potranno chiacchierare come in un circolo e bere qualcosa alla buvette. “Composto da sei locali, il più grande è la ‘sala delle adunate’”, si legge nel resoconto de La Cronaca Preal pina, “il Lyceum è in stile Impero; mentre dominano il colore oro e le sfumature calde nella sala principale, le tre salette minori, comunicanti tra loro, sono caratterizzate da toni freddi, da un arredamento sobrio (poltrone bianche con i braccioli a forma d’aquila) e da un colonnato con capitelli in stile: drappeggi, fasci di luce, uno scalone in ‘marmo di Chiampo’, soffitto architravato e lampadari di saporitissima ispirazione orientale. Il pavimento della sala di proiezione è un
Sala Hotel Kursaal.
Vista panoramica.
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elegante parquet a lisca di pesce, vi si accede attraverso porte basculanti con tanto di specchi, l’illuminazione è particolarmente curata tanto da dare ‘l’illusione quasi perfetta della luce diurna’, e l’acustica ‘è senza pari’”.
Giovanni Bagaini, una vita per la cultura Un gioiello, con la somma ricavata dalla vendita dei biglietti del primo concerto destinata allo scultore Enrico Butti per la realizzazione del Monumento ai Caduti, poi inaugurato il 20 ottobre 1923 in piazza XX Settembre, con il re Vittorio Emanuele III che,
terminata la cerimonia, si affaccia alla finestra del Lyceum che dà su via Carrobbio per salutare la folla, prima di andare a mangiare dai Litta Modignani a villa Mirabello. Le 210 poltrone del cinema-teatro-sala da ballo fruttano 3.950 lire, che la munificenza del commendator Magnani e del dottor Guscetti fanno arrivare a seimila. Il cinema Lyceum è tecnologicamente avanzato, si avvale della macchina di proiezione “Eureka”, progettata e costruita dalle officine di Pio Pion, ingegnere varesino trasferito a Milano, “quanto di più perfetto si possa oggi richiedere nel campo della meccanica di precisione applicata alla cinematografia”. Il successo della prima pellicola, “Erma bifronte”, fu strepitoso, con parte del pubblico che si fermò nelle
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sale del cinema a chiacchierare e a scambiarsi opinioni sul nuovo avveniristico locale. Bagaini, contento del trionfo, perseverò nel filone religioso drammatico e propose, di lì a poco, “Christus”, un film della Cines del 1914 (2.279 metri) per la regia di Giulio Antamoro, kolossal dell’epoca tratto dal poema di Fausto Salvatori, con le star Leda Gys (la Madonna), Amleto Novelli (Ponzio Pilato) e Alberto Pasquali (Gesù). Girato interamente in Egitto, con oltre duemila comparse e costi… faraonici, contava su primordiali “effetti speciali” (Gesù camminava sulle acque e ascendeva al cielo, risorto) capaci di mandare in visibilio il pubblico di allora. “Il nonno aveva capito come il cinema sarebbe diventato la più seguita forma di spettacolo degli anni a venire, ma voleva donare alla città qualcosa di nuovo, una ‘multisala’, in cui tenere conferenze, concerti, feste, riunioni, e dove i giornalisti si potessero ritrovare a scambiarsi impressioni e informazioni”, mi disse Gianna Bagaini, nipote di Giovanni, nell’intervista di qualche anno fa. “Il Lyceum era tutto questo, in pieno centro, facilmente accessibile e fruibile dalla società elegante del tempo. Ho ancora in mente una fotografia che ritrae va un gruppo di signore in costume carnevalesco sedute sui gradini della scalinata di marmo che portava al primo piano. La sala funzionava anche per le feste da ballo, c’era l’orchestra che suonava dal vivo, e ri-
cordo i tendoni di velluto rosso che contrastavano magnificamente con il bianco e l’oro degli stucchi. Anche per andare al cinema, una volta, ci si vestiva in modo elegante, era un’occasione mondana. Ricordo di aver visto in quella sala le pellicole di Stanlio e Ollio, ma il Lyceum fu il primo cinema a far conoscere il sonoro ai varesini, nel 1929, con ‘Il cantante di jazz’”. Subito dopo arrivò la prima pellicola italiana parlata e cantata, “La canzone dell’amore”, del 1930, con Dria Paola e Isa Pola, puntualmente presentata nella sala di via Carrobbio. “Con mio padre Umberto ebbi poi occasione di conoscere Louis Bertolé, rappresentante per l’Italia della Metro Goldwyn Mayer, colui che importava i film da Hollywood. Si respirava cinema dappertutto in quegli anni, a Varese funzionavano una decina di sale, anche al Teatro Sociale si proiettavano pellicole di ogni genere. Ricordo che al Lyceum si entrava dalla via Bernascone, si attraversavano un paio di sale e poi c’era la cassa, prima dello scalone che portava di sopra”.
Salone Palace Hotel.
Esterno Lyceum.
Giuseppe Talamoni e il “Canzoniere bosino” L’instancabile Giovanni Bagaini era attivissimo anche sul fronte della musica popolare, tanto da scrivere un’acuta presentazione al Canzoniere bosino di Giu-
seppe Talamoni, raccolta di canti in vernacolo che i Bosini eseguivano in concerto. “Il popolo italiano gode la fama di essere il più canterino che si conosca: ottima fama questa perché il canto è manifestazione di quella giocondità dell’animo che si accompagna sempre alla salute dello spirito e del corpo. Ma il popolo della regione varesina, anzi di tutta la regione montana e dei laghi, è forse quello che più si appassiona e si dedica al canto. Donne e ragazze che lavorano nei campi e negli opifici delle campagne, sentono irresistibile il bisogno di accompagnare il loro lavoro con qualche canzone. Cantando il tempo passa più lietamente e più veloce e la fatica è meno sentita”, sosteneva il fondatore de La Cronaca Prealpina. Parole che oggi suonano quasi ingenue, a fronte dei profondi mutamenti del costume e dell’incupirsi de-
gli animi, e le canzoni che Talamoni scrisse, colme di amore per la sua terra e la semplice vita del tempo, raccontano un’epoca di affetti sinceri e duraturi, feste sull’aia e venditori di sottovesti, scapoloni che vogliono accasarsi ma attenzione, perché “a incaprizzias di donn l’è da mattocch”. Leggendo i testi di Talamoni, fatti di una poesia leggera e avvolgente, si coglie il lento e inesorabile declino della civiltà rurale e la forte nostalgia per il mondo di ieri, che mal si assoggetta a “ra moda d’or nœuvcent”, piena di “lodraad (stravaganze) do l’olter mond!”. Il poeta ha una conclusione dolceamara: “Ca voeu inventà ra moda l’è la gent / pa’ ’l gust da mett in pee mila garbuj; / ma or Soo, ra terra, i fioor, ra prumavera / hiin sempar noeuv e sempr’a na manera”. Purtroppo per lui, il cambiamento climatico ha rivoluzionato anche la natura delle stagioni e la primavera non è più quella di un tempo, ma ascoltando le musichette di Eros Sciorilli e Aurelio Maggioni a corredo dei testi del Canzoniere bosino, nostalgia ci punge per quella Varese spumeggiante e colorata, dai giardini lussureggianti e dagli orti ubertosi, ricca di fermenti culturali, punteggiata di ville e grandi alberghi, servita al bacio da tramvie e funicolari e allietata da teatri e cinematografi. Una “Varese Art Déco” splendida e un po’ folle sparita per sempre dai radar, per lasciar posto a una città grigia e anonima, muta di voci e musiche, non più ruggente ma ansimante.
Interno Lyceum.
Interno Lyceum.
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FLAMINIO BERTONI, “CREATEUR DE FORMES” Alberto Bertoni
Verso il termine della propria carriera, al principio degli anni Sessanta del secolo scorso, Flaminio Bertoni decise di elaborare delle riflessioni manoscritte, poi personalmente tradotte in dattiloscritti, forse con l’intenzione di distribuirle ai giovani che si dovevano formare presso di lui alla Citroen, affinché fossero chiare le sue teorizzazioni. Questi scritti costituiscono delle interessanti testimonianze sulla figura del designer così come doveva essere concepita dalla mente di Bertoni. Una sorta di vero e proprio manifesto artistico, seppur tardo, perché in alcuni passi di questi elaborati pare di leggere, tra le righe, che quelli sarebbero i suoi desideri, solo in parte coincidenti con la realtà a lui coeva (un intero paragrafo è dedicato agli “Inconvenienti del metodo attuale”).1
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Questi documenti costituiscono anche una seconda importante testimonianza di quella che definirei una vera e propria vocazione didattica di Flaminio Bertoni, che pare avesse un innato grande desiderio di trasmettere ai giovani le sue competenze aggiornate su come si dovesse progettare un’auto al passo coi tempi. Vocazione già manifestatasi nel lontano 1927, quando il giovane Flaminio spediva dalla natia Varese una discreta quantità di elaborati tecnici e grafici alla rivista torinese Carrozzeria, di cui sono esposti in
1. Archivio Museo Flaminio Bertoni - Volandia, Cart. 12, Dattiloscritto datato “Le 8/2/1960”, intitolato “CREATEUR DE FORMES”; Dattiloscritto datato “Le 6 MAI 1963”, intitolato “REMARQUE SUR LE PERSONNEL DE CE DEPARTEMENT”; Dattiloscritto di 5 cartelle non datato intitolato “QUALITÉ D’UNE VOITURE”. Buona parte di questi
documenti sono ora esposti presso il Museo. Altri dattiloscritti sono stati ritrovati più di recente tra il materiale conservato dal figlio di Flaminio, Leonardo, e attendono di essere analizzati con attenzione. Una segnalazione parziale delle prime cinque cartelle redatte era stata effettuata da L. Bertoni, Bertoni Citroen. Storia e immagini dell’incontro tra l’arte di Flaminio Bertoni e il pro getto industriale della Citroen, Varese 2008, pp. 172-173, 183. Più di recente si veda anche A. Bertoni, “1960. Angelo Frattini presenta Flaminio Bertoni. Uno spunto per un primo confronto con la scultura francese”, in Angelo Frattini. L’artista, l’Artistico e la sua città. 2010. Un doppio anniversario: cento anni dalla nascita. Qua ranta dalla fondazione del Liceo, a cura di A. Bertoni e M. Conconi, Varese 2010, pp. 87-104.
Flaminio Bertoni modella la “maquette” della Traction Avant.
Flaminio Bertoni, Disegno per Torpedo, matita su carta, 1927, Archivio Museo Bertoni - Volandia.
Museo gli originali conservatisi relativi alla progettazione di una Torpedo.2 Il primo dattiloscritto degli anni Sessanta è intitolato “Qualità di un’autovettura” e se gli ultimi tre requisiti risultano estremamente pratici e razionali (prezzo, abitabilità e velocità), i primi due sono squisitamente artistici ed estetici: la sua forma e l’armonia dell’insieme.3 L’auto, perciò, è un prodotto di qualità se unisce alla praticità la bellezza e la raffinatezza dell’opera d’arte o artigianale. Un concetto molto elevato assai simile a quello posto in atto dal Liberty e dal Bauhaus che trovò le radici nell’Arts and Crafts di William Morris il cui neomedievalismo ebbe il merito di dare il via al tentativo di coniugare l’arte con l’industria, di recuperare il valore estetico dell’oggetto, la creatività dell’individuo e i vantaggi di un lavoro sviluppato in équipe. Flaminio Bertoni, nel delineare le modalità di “sviluppo e nascita della forma di un veicolo”4 non pare distaccarsi molto dal metodo della bottega tradizionale dello scultore, che risale perlomeno al Medioevo
e perdura sino alla fine dell’Ottocento passando per il recupero dei movimenti artistici sopra citati. Bertoni, memore di quanto appreso nelle botteghe degli artisti varesini Talamoni e Butti,5 suggerisce infatti di elaborare l’idea e l’ispirazione mentale mediante un progetto grafico, di eseguire una serie di disegni di presentazione che illustrino tutti i particolari, quindi di tradurli tridimensionalmente in “maquettes”6 (modellini), in tutte le scale necessarie, passo ulteriore e imprescindibile verso la realizzazione meccanica e seriale della carrozzeria. Bertoni sembra riproporre l’antica prassi dello scultore che, aiutato dai propri collaboratori di bottega, passava dal progetto grafico al modelletto in scala ridotta, al modello in scala 1:1 sino alla lavorazione diretta dell’opera finale. Per la progettazione grafica, Flaminio Bertoni partiva da veloci schizzi appuntati su agendine da viaggio oppure su fogli volanti. L’idea abbozzata veniva poi trascritta con maggior rigore sia per la progettazione di “maquettes” che per le carrozzerie finali. Per l’esecuzione delle “maquettes” la prassi era quella di un vero e proprio scultore che modellava le sue forme utilizzando plastilina, gesso e legno.
2. Questi documenti (composti da dattiloscritti e disegni) sono stati recentemente ritrovati e verranno studiati in seguito con maggior attenzione oltre che esposti presso il Museo. Sono stati segnalati sempre da L. Bertoni, 2008, p. 25. 3. Cfr. nota 1. 4. Ibidem.
5. La frequentazione di Giuseppe Talamoni ed Enrico Butti, avvenuta in gioventù, è segnalata in L. Bertoni, 2008, pp. 15-18. 6. Cfr. nota 1.
Flaminio Bertoni, Studio per dettaglio cofano anteriore DS 19 con calandra e fari, Museo Bertoni - Volandia.
Flaminio Bertoni, “Maquette” di prototipo per veicolo postale, 1959 (?), ubicazione sconosciuta.
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Flaminio Bertoni, Pesce, matita su carta, Museo Bertoni - Volandia.
È interessante rilevare come per Bertoni il disegnatore di carrozzerie d’auto è definibile un “creatore di forme”, dotato di una buona fantasia, sostenuta da un valido gusto artistico. Per divenire designer d’auto, un giovane doveva possedere il senso della costruzione plastica, un buon gusto artistico, saper disegnare e realizzare le proprie creazioni. Nello stabilire questi “requisiti essenziali” per essere riconosciuti come novelli “creatori di forme”, suggeriva ai giovani il confronto con un maestro indiscusso, ossia Pinin Farina (Battista).7 Sarebbe interessante verificare in futuro se si trattasse di un’ammirazione incondizionata ma priva di rapporti personali verso il grande designer italiano oppure se tra i due esistesse una conoscenza diretta. Flaminio Bertoni non trascura di definire anche le figure che compongono l’équipe dello “Stilista - creatore di forme”. Una figura cui dovrebbe essere garantita una completa autonomia, in modo che il designer risulti a capo di un’ampia schiera di collaboratori,
7. Da identificarsi con Giovanni Battista Farina detto “Pinin” (Torino, 2 novembre 1893-Losanna, 3 aprile 1966), che dal 1961 mutò il nome in Battista, fondatore, nel 1930, della Società Anonima Carrozzeria Pinin Farina, noto principalmente per i suoi lavori di design a fianco di Ferrari e di Alfa Romeo. Tutte le considerazioni che ho fatto nel testo sono frutto di rielaborazioni di uno dei dattiloscritti segnalati in nota 1. 56
“il cui spirito d’équipe deve essere alla base del buon funzionamento del settore”. Lo stilista capo, detto anche “Patron - responsabile” in altri documenti, “deve essere circondato da stilisti collaboratori oltre che da disegnatori e altre figure di tecnici e da manodopera specializzata”.8 Egli viene definito come il vero artista che sa sia disegnare che eseguire di propria mano i modellini e poi, solo in un secondo momento, delega al collaboratore di bottega, al “maquettiste” la mera esecuzione pratica del modello tridimensionale: “le styliste doit: être artiste, savoir dessiner les maquettes d’habitabilité à toute échelle et exécuter les dessins de présentation sous toutes leurs formes, executer de sa main les maquettes à toutes échelle, avoir des connaissances générales de la fabrication et une connaissance profonde du dessin carrossier”; “le maquettiste formeur doit savoir lire un dessin et en realiser les pièces (savoir traduire les directives du styliste) et en faire filer les surfaces”.9 Nell’affermazione “Un artiste peut devenir un créateur de forme au bout de quelques années de pratiques (entendue comme dessin industriel et réalisations concrètes)”10 traspare un’affermazione
8. Cfr. nota 1. 9. Ibidem. 10. Ibidem.
piuttosto velata, ma intransigente, per cui il designercreatore di forme è una diretta filiazione dell’artista. Ossia, fuor di metafora, come dimostra il percorso formativo seguito dallo stesso Flaminio Bertoni, con una probabile autoreferenzialità egli era convinto che si diveniva “creatori di forme” solo se si era già svolta una prima fase di formazione puramente artistica all’interno di una bottega di uno scultore o di un pittore. Solo in seguito si era in grado di affrontare il secondo livello che garantiva, nel giro di pochi anni, mediante un’elaborazione pratica di progetti e dei relativi prodotti nel settore delle carrozzerie industriali, di divenire designer d’auto. Un lavoro che con gli anni aveva portato Bertoni a ritenerlo una valida alternativa a quello dell’artista, se lo portava a scrivere affermazioni come “Le styliste de l’Automo-
bile a le métier le plus complet, le plus ardu, le plus passionant […] Il faut de la volonté, du dynamisme et de la peine pur le conquérir; mais ses réussites roulent par le monde”.11 Due ultime puntualizzazioni mi paiono importanti. Innanzitutto, cosa si cela dietro la doppia definizione di “Creatore di forme”? La risposta penso possa essere contenuta nella risposta che Bertoni diede durante un’intervista televisiva del 1959, quando gli fu posto il quesito se preferisse scolpire o disegnare carrozzerie, cui rispose che “non c’è differenza tra le due cose, tutto ciò che è volume è scultura, la carrozzeria ha un volume: le due cose sono identiche”.12 Il che dimostra che per Ber11. Ibidem. 12. L. Bertoni, 2008, p. 167.
Flaminio Bertoni, “Maquette” per la DS 19, legno intagliato e scolpito, Museo Bertoni - Volandia.
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Citroen DS 19, berlina, 1955.
Citroen DS 19, berlina, 1955.
toni dare forma a una scultura o a un’auto generava le identiche emozioni. Eppure qualche anno prima Flaminio manifestava un certo distacco, una ferita morale tra il Bertoni che avrebbe desiderato essere riconosciuto come scultore e quello che avrebbe raggiunto, al contrario, di lì a poco, i massimi successi, nel campo del design. Nel 1957 la DS 19 venne esposta alla Triennale di Milano ricevendo pure un premio d’onore. Flaminio Bertoni scrisse una lettera al Presidente dell’emerita esposizione, reclamandone la paternità in quanto esposta come prodotto Citroen con il criterio dell’anonimato. Nella missiva Bertoni ci tenne a riferire che alla Triennale avrebbe “desiderato esporre come scultore” e che se questo non si verificò, l’alternativa gli fu offerta grazie all’aver messo in mostra questo suo prodotto che egli definì una “scultura industriale”.13 Anche questa affermazione suona, a mio avviso, come un enunciato
che merita di essere collocato in un manifesto artistico idealmente proclamato dal designer varesino. L’anonimato dei suoi sforzi creativi nel campo del design, una branca ancora in fieri per la società dell’epoca, e le scelte della Citroen, in particolare, non gli permettono di essere riconosciuto, al momento, come uno dei massimi esponenti del settore. Significativo, per quell’epoca, il tributo di Roland Barthes, che all’uscita della DS 19 celebra e loda immediatamente l’auto ponendola tra i miti contemporanei, relegando chi l’ha ideata nell’anonimato con un bellissimo e calzante paragone: “Credo che oggi l’automobile sia l’equivalente abbastanza esatto delle grandi cattedrali gotiche: voglio dire una grande creazione d’epoca, concepita appassionatamente da artisti ignoti, consumata nella sua immagine, se non nel suo uso, da tutto un popolo che si appropria con essa di un oggetto perfettamente magico”.14
13. I documenti sono conservati presso l’Archivio Museo Flaminio Bertoni - Volandia. Una segnalazione è stata effettuata da L. Bertoni, Flaminio Bertoni - La vita, il genio e le opere, Varese 2002, pp. 110-111.
14. R. Barthes, Miti d’oggi, Torino 1974 (ed. 1994), p. 147. Il testo di Barthes uscì a Parigi nel 1957 con il titolo Mithologies. Alla DS 19 erano dedicate ben tre pagine.
“LUOGHI DELLA CERAMICA” NEL VARESOTTO… Enrico Brugnoni
Castello Cabiaglio - Le maioliche
Ghirla - Artigianato e Arte
1767 è la data di probabile inizio di attività per la fabbrica che nasce anche grazie all’argilla già presente nelle vicinanze della sede, al legname di qualità nelle limitrofe colline e alla buona acqua per le macine dei mulini disponibile in notevole quantità. Le agevolazioni concesse dagli Austriaci favorirono le attività e la possibilità quindi di assumere operai. Le maioliche prodotte (piatti, boccali, vasi, albarelli) erano decorate a gran fuoco con foglie, frutti, animali; sui boccali la figura di Bacco, seduto su di una botte, venne ben rappresentata. Pochi però erano i colori presenti sulla tavolozza del decoratore e usati all’epoca: bruno (ossido di manganese), verde (ossido di rame), giallo (ossido di ferro), azzurro (ossido di cobalto) e il bianco coprente ottenuto con l’ossido di stagno. Ricordo che durante la mostra allestita dal Gruppo Ronchelli - Pro Cabiaglio nel 1999 un visitatore portò in visione un piccolo libretto datato 1770 che titolava: Libretto de li ricordi e secreti per la Fabrica di Majo lica ad uso di Giacomo Antonio Stella. Esso fu scritto per la produzione di maioliche a uso della ceramica di Lodi da Antonio Ferretti, titolare della manifattura di Lodi e dedicato al signor Stella titolare a Castello Cabiaglio. Le maioliche di Castello Cabiaglio sono particolarmente rare; i pezzi di una collezione ceduta al Comune di Varese sono gli unici attualmente conosciuti. Molto utile al fine di un approfondimento è la pubblicazione Storia della ceramica nel territorio di Varese dal ’700 al ’900 a cura di Raffaella Ausenda e Andrea Griffanti edita nel 2007 in collaborazione con Fondazione COE, Museo Gianetti e Associazione Amici della Ceramica delegazione di Varese.
La manifattura di maiolica di Ghirla nasce nel 1797 con l’acquisto dei terreni e della futura sede della fabbrica. Vi è certezza dell’avvio della attività con un documento del notaio Giovanni Quadrupani di Induno Olona datato 28 gennaio 1802. Da allora nella gestione aziendale si sono succeduti, con diverse fortune, molti proprietari. L’Ottocento fu caratterizzato da una produzione di maioliche dedicate soprattutto a oggetti d’uso quotidiano: catini, bacili, pitali, contenitori. Dalla fine del XIX secolo e fino agli anni Cinquanta del ’900 vi fu una produzione di interessanti opere artistiche in terraglia
Anfore - Ceramica di Ghirla (1910-20 ca.) Coppia di anfore biansate a nastro. Decoro geometrico a rombi quadripartito contornato da semicerchi, racemi e fiori. Esecuzione a mano in policromia. Marca manoscritta: Ghirla. Materiale: terraglia. Collezione Enrico Brugnoni.
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smaltata, quali vasi biansati a serpentelli, vasi da farmacia ed albarelli, piatti da parata e umbonati. Importanti furono i decoratori che collaborarono, quali Giuseppe Talamoni, Guerrino Brunelli, Mario Figini, Ines Pella, Angelo Campagnani e altri. I decori riproducevano soprattutto il pensiero faentino cinquecentesco dell’occhio o della penna di pavone, e anche il “ticchio” o “ticchiolo” pesarese. I disegni a tralcio floreale continuo e i cosiddetti “fiurasc” in policromia sono i decori caratteristici per le ceramiche di Ghirla. Una scuola di disegno venne istituita dal 1930, la “Scuola di Ceramica di Ghirla”: ispirandosi al naturalismo lombardo del professor Talamoni e alle conoscenze delle decorazioni cinquecentesche realizzate a cura del professor Brunelli. Alcuni allievi poterono così, in seguito, lavorare come decoratori e collaborare con la fabbrica. Negli anni successivi, forse per la mancanza di artisti di rilievo e per il mercato in continuo cambiamento, l’azienda, già a partire dal 1951, sospese l’attività e i 25 dipendenti vennero licenziati. In seguito vi furono tentativi di ripresa, con la produzione artistica che si rifaceva alle opere del passato, ma con personale ridotto e con pochi mezzi a disposizione, l’azienda nel volgere di pochi anni cessò per sempre la produzione. Presso la Badia di San Gemolo a Ganna vi è un Museo dedicato alla ceramica di Ghirla in cui sono esposte una cinquantina di opere che ci ricordano i fasti della bella produzione di terraglie avvenuta in Valganna. Il Museo è curato dall’Associazione Amici della Badia di San Gemolo. Molto utile per la conoscenza della storia e delle opere prodotte è la lettura della pubblicazione La ceramica di Ghirla - Artigianato e preziosità delle terre dell’Abbazia di San Gemolo in Val ganna, a cura di Enrico Brugnoni e Christian Gilardi.
Cunardo - Nel segno della continuità Gianalberto Ferrari nell’anno 1973 pubblicava “Ceramiche Valgannesi” in Archivio Storico della Badia 60
di San Gemolo a Ganna, in cui certificava l’esistenza della maiolica di Cunardo già nel Settecento. Tale Don Toietti, parroco di Premia in Val d’Ossola, fonda la Manifattura delle Ceramiche di Premia nell’anno 1808, forse per passione per la ceramica o forse per avviare un’attività lavorativa utile per l’economia del luogo. In seguito, in visita alle ceramiche di Campione e poi a Cunardo conobbe un valido “vasaio”, Domenico Baronio, con il quale iniziò un buon rapporto. Baronio venne assunto e si trasferì a Premia unitamente a tale Nazzareno Pedroni e a Giovanni Vegezzi, un ceramista. Lo scambio tra Cunardo e Premia di operai, tornitori (vedi Francesco Robustelli tornato a Cunardo dopo un periodo a Premia) sono la conferma che la produzione potrebbe essere simile per le due attività. Molte sono le ceramiche prodotte a Premia nel primo Ottocento, e la pubblicazione La manifattura delle Ceramiche di Premia (1808-1862) (AA.VV.) ben descrive le opere prodotte e la particolare storia. Ad oggi, purtroppo, un solo piatto in terraglia è attribuibile con certezza alle ceramiche di Cunardo, opera conservata presso le “Civiche Raccolte d’Arte Applicata” a Milano, e marcata entro un ovale incusso “s.a. cunardo/w”. Poche altre opere potrebbero essere attribuibili a Cunardo, anche se non vi è una prova certa. Essendo quindi ben a conoscenza anche delle ceramiche prodotte a Premia, abbiamo, penso, un riferimento per continuare da parte di tutti noi appassionati la ricerca delle ceramiche di Cunardo. Molti giornali dell’epoca (Ottocento) testimoniano di opere di grandi dimensioni e di significativa bellezza esposte nelle più prestigiose rassegne, ma di queste opere ad oggi non vi è riscontro. Nell’anno 1952 Paolo Robustelli fonda presso la Fornace di Cunardo una fabbrica di ceramiche: la “Ceramica Ibis”, che ancor oggi, grazie a Giorgio, continua l’attività anche da un punto di vista culturale. Certamente non dobbiamo dimenticare il compianto fratello di Giorgio, Gianni Robustelli, detto “Gianni Robusti” e per gli amici “pallino”, decisamente un
valido artista. La famiglia Robustelli ha saputo per settant’anni di attività produrre manufatti di valore, dal punto di vista artistico e qualitativo, anche per l’eccezionale esperienza maturata nella conoscenza delle terre e degli smalti.
Laveno - La storia dell’industria ceramica in Italia Dall’anno 1856 i signori Carlo Caspani, Alessandro Carnelli e Severino Revelli lasciarono la ceramica Richard di Milano e fondarono una fabbrica presso la sede della vetreria Franzosini a Laveno dal nome “Società Ceramica C.C.R.”. Da allora iniziò un periodo ricco di attività lavorative e commerciali che nel tempo superarono i confini nazionali. L’Ottocento fu caratterizzato da una produzione di terraglia esclusivamente d’uso, nulla però di artistico. Dalla fine dell’Ottocento vi fu un importante periodo dedicato alle opere pittoriche di piatti (anche di grandi dimensioni), di grandi vasi di varie forme, soprattutto portaombrelli, che ben si prestavano a essere decorati da Marco e Luigi Reggiori, G. Jacopini, Ida Fonini, Fugazza e altri. Questi disegni decorativi illustrano dei paesaggi, alberi e fiori in policromia
Giorgio Spertini Società Ceramica Italiana - Laveno Vaso Liberty (1903) Marca incussa: 3. Materiale: terraglia forte. Smalto colore blu cobalto. Anse in metallo dorato a cura di Giorgio Ceragioli. Collezione Enrico Brugnoni.
e sono di grande effetto cromatico. Il periodo “floreale” raggiunse una delle prime eccellenze grazie a Giorgio Spertini con la realizzazione di un vaso in terraglia, biansato con montature in metallo e l’identificativo “colpo di frusta” a cura di Giorgio Ceragioli. Quest’opera ebbe un successo notevole e fece conoscere la S.C.I. di Laveno anche oltre i confini nazionali. A conferma di ciò, possiamo con piacere notare che, ancora oggi, molte pubblicazioni propongono il pensiero artistico del “Liberty” italiano con riferimento a detta opera. A capo della Società Ceramica Italiana di Laveno, all’inizio degli anni Venti, vi era l’ingegner Luciano Scotti, grande capitano di industria, che (oltre alle migliorie apportate all’azienda in vari settori) decise, nel 1923, l’assunzione di un giovane architetto, Guido Andlovitz, al fine di migliorare la produzione con innovazioni e, come si dirà all’epoca nelle riviste specializzate, portare “una ventata di freschezza”.
Guido Andlovitz e l’Art Déco L’architetto Andlovitz nasce a Trieste nel 1900 e si laurea nel 1923. A Laveno, nella sua prima attività lavorativa, trova una valida guida, l’architetto Piero Portaluppi, allora Direttore Artistico alla S.C.I. Fin dalle prime realizzazioni Andlovitz convince per le idee innovative, per il tratto caratteristico che si evince nelle forme in linea con lo stile Art Déco, oggetti d’arte denominati “Serie Monza” (in riferimento al luogo dell’importante mostra alle quale la S.C.I. negli anni partecipò). Così pure sono felicemente riproposti, su importanti vasi come nelle serie degli oggetti per la tavola, i disegni policromi raffiguranti le simpatiche figurine mutuate dalle maioliche settecentesche d’area milanese: ad esempio, i decori “vecchio Milano” di ispirazione alle maioliche di Felice Clerici e Pasquale Rubati. Per quarant’anni “Andloviz” (così si firmava, forse per italianizzare il proprio cognome) ha collabora61
to a Laveno, passando dallo stile Art Déco allo stile informale dagli anni Quaranta in poi. Un successo commerciale significativo e una critica favorevole lo ha consacrato tra i personaggi di riferimento nel mondo dell’arte ceramica italiana.
La scultura alla S.C.I. Angelo Biancini - Si distingue da subito per la capacità di apprendimento presso l’“Istituto F. Alberghetti di Imola” frequentando il “Corso per Ebanisti ed Intagliatori”, ricevendo quale riconoscimento una borsa di studio. Iscrittosi poi al corso superiore dell’Istituto d’Arte a Firenze, nel 1934, consegue il diploma in “Scultura Decorativa ed Arte del Legno”, sempre distinguendosi per la sua innata abilità artistica. A completamento della sua formazione, sempre nel torno di quegli anni, concorrono le collaborazioni con i ceramisti Renato Bassanelli e Mario Morelli. Nell’anno 1937 Angelo Biancini approda con le sue sculture a Laveno. Il magistero di Morelli si consolida significativamente con lo stile personale di Biancini, il quale, raggiunta una buona abilità tecnica e un linguaggio artistico maturo, comincia a condurre un’attività lavorativa instancabile presso la S.C.I. a Laveno.
Guido Andlovitz (Andloviz) Società Ceramica Italiana - Laveno Vaso 1284 (1927) Marca a stampa: Lavenia. Materiale: terraglia forte. Smalto color Vulcano. Collezione Enrico Brugnoni.
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Il consiglio per una collaborazione con Biancini venne dato alla direzione della S.C.I. da Gaetano Ballardini, Direttore del Museo delle Ceramiche di Faenza. Fu un successo per questo sodalizio che portò, da subito, a ideare modelli di figure a tutto tondo, grandi statue e pannelli anche di notevoli dimensioni con basso e alto rilievo. Il rapporto con la grande industria ceramica gli permise, nonostante le difficoltà di realizzazione, di sviluppare lavori in grande serie. In toto, le opere di Biancini esprimono pienamente l’essenza del suo pensiero, coniugando anche l’idea le nazionalista nel ventennio, come ad esempio “la madre del legionario”. La grande qualità artistica delle sculture prodotte a Laveno sotto la sua supervisione conferì prestigio alla S.C.I., elevandola al ruolo di “Manifattura o Fabbrica delle statue”. Antonia Campi - Ovvero l’innovazione a Laveno. Nativa della Valtellina, trasferitasi con i genitori a Varese, frequenta poi l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano ed è allieva di Franco Messina. Diplomatasi nel 1947 venne assunta nel 1948 presso la Ceramica Italiana di Laveno quale operaia decoratrice. Il Direttore Artistico della fabbrica era Guido Andlovitz, ovvero colui che, conscio delle possibilità dell’artista, con lungimiranza, la spronò nella sperimentazione
Angelo Biancini Società Ceramica Italiana - Laveno Scultura Piccola Lavenese (1938) Marca a stampa: Lavenia 2-38. Materiale: terraglia forte. Smalto color azzurro a colaggio cristallizzato. Collezione Enrico Brugnoni.
Antonia Campi - Società Ceramica Italiana - Laveno (reparto fantasia) Portalampada C 196 (1953) Marca a stampa: Lavenia Made in Italy C 196. Materiale: terraglia forte. Smalto bicolore bianco e nero. Collezione Enrico Brugnoni.
e nella ricerca. In questo modo favorì l’espressione della sua innata capacità artistica. Ricordo la sua prima opera prodotta in fabbrica a Laveno, un vasetto con un’ansa, un poco “tozzo” ma già eseguito con libertà di esecuzione della forma non assoggettata a vincoli o preconcetti, quindi al di fuori di ogni schema o regola allora conosciuta. Nuove forme quindi, ma sempre ribadendo il proprio filo conduttore: infatti ogni opera di “Neto” (così era chiamata dagli amici), è riconducibile a quelle
piccole sculture di Eva in terraglia forte cotte presso la Richard Ginori di Milano. Esse vennero eseguite con una terra che ha “ceduto”, certo volutamente, in una parte del corpo, precisamente l’anca, dando un’impronta che per sempre ritroveremo nelle sue ceramiche. Neto, forse scherzando, mi disse che la prima “sculturina” da lei plasmata cedette nella forma essendo ancora bagnata la terra… Questi pensieri artistici, certamente in anticipo rispetto al loro tempo, furono un successo e un valido biglietto da visita, unitamente ad altre importanti realizzazioni prodotte negli anni precedenti, per una futura possibilità di impiego che si concretizzò infatti presso la S.C.I. di Laveno. Da quei giorni il “Reparto Fantasia” (del quale poi diverrà la direttrice) si arricchirà sempre più di innovative proposte formulate dall’artista, con opere impensabili se paragonate agli stili del tempo conosciuti e consolidati. Importante notare che Antonia Campi divenne la prima donna europea nel ruolo di Direttore Artistico in una grande industria ceramica. Se consideriamo che le assunzioni in quegli anni, soprattutto in ruoli determinanti, erano ancora esclusivamente riservate al sesso maschile, ciò avvalora le sue eccelse qualità artistiche. La critica da parte della stampa specializzata, così come la notevole bibliografia dedicata ad Antonia Campi e gli importanti premi da lei ricevuti, testimoniano il notevole livello raggiunto. Non deve essere dimenticato inoltre anche il grande successo commerciale relativo alle opere da lei ideate negli anni della sua presenza alla S.C.I. di Laveno.
Le opere proposte da Guido Andlovitz, Angelo Biancini e Antonia Campi sono tuttora presenti nei maggiori musei internazionali e nelle più importanti raccolte private; esse sono inoltre oggetto di mostre e di conferenze.
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SOCIETà STORICA VARESINA Chiara Ambrosoli
La Società Storica Varesina è stata fondata nel 1931 da un gruppo di studiosi locali che intesero continuare l’opera della Società del Museo Patrio che era attivo in Varese sino dal 1871. Il primo presidente fu Giulio Moroni. Il sodalizio diede vita a un periodico di studi intitolato Archivio della Società Storica Varesina di cui furono pubblicati due volumi, 1931-1932 e 1932-1933. Con la riforma imposta alle associazioni dalle leggi del 1935, la Società dovette sospendere le sue attività e confluire con le associazioni consorelle di Gallarate e Busto Arsizio nella Regia Deputazione di Storia Patria per la Lombardia. L’attività scientifica continuò, a partire dal 1938, nella Rivista Rassegna Storica del Seprio. Nel 1945 la Società Storica Varesina si ricostituì affidando la presidenza a Cornelio Maj e nel gennaio 1947 si diede un nuovo statuto. La Rassegna Storica del Seprio curata da Mario Bertolone e da Leopoldo Giampaolo continuò a essere pubblicata fino al 1950. Nel 1953 mentre Mario Bertolone dava vita al centro di Studi preistorici ed archeologici di Varese, Leopoldo Giampaolo assunse la presidenza della Società Storica Varesina raccogliendo un qualificato gruppo di soci e iniziando una nuova fase con la pubblicazione, nel luglio del 1953, del primo numero della Rivista della Società Storica Varesina. Dal 1953 Giampaolo tenne la presidenza della Società e la direzione della Rivi sta fino alla data della sua morte avvenuta nel 1983. Nell’arco di trent’anni furono pubblicati sedici fascicoli della Rivista e una serie di volumi monografici tra cui di particolare importanza le principali fonti di storia locale, memorie inedite di storia della città di Varese. Nel 1983 la Società è stata rifondata con la denominazione di Società Storica Varesina Leopoldo Giampaolo e si è data un nuovo statuto. Dal 1992 con la pubbli64
cazione del fascicolo XIX si inizia la collaborazione con Nicolini Editore che durerà fino al 2005. Usciranno alle stampe cinque numeri della Rivista, sette volumi della collana monografica e alcune ristampe anastatiche. Nel 2007 con il fascicolo XXIV la Società riprende la tradizione di farsi editrice di se stessa arrivando nel 2020 a pubblicare il fascicolo XXXVII della Rivista e il numero sedici della Collana delle Monografie. L’attenzione all’approfondimento di temi di storia locale è attiva a tutt’oggi, testimoniata dagli articoli ospitati nella Rivista e nelle monografie, studi della realtà locale strutturati con la metodologia della storia generale.
Leopoldo Giampaolo (1909-1983) Laureato in Filosofia, fu direttore didattico a Varese nel primo dopoguerra. Dal 1950, per oltre un ventennio, fu direttore della Biblioteca Civica, avviando diversi studi storici su Varese e provincia; in quell’ufficio operò attivamente diventando sicuro punto di riferimento per tutti coloro che si avvicinavano alla storia di Varese e del territorio. Nel 1953 diede maggior impulso alla vita della Società Storica Varesina, iniziando la pubblicazione del periodico della società, la Rivista della Società Storica Varesina, e l’edizione di diversi studi monografici, rimanendo da quella data presidente della Società sino alla morte, avvenuta nel 1983. Accanto agli impegni della professione e agli interessi storici coltivò una naturale inclinazione verso la pittura, raffigurando ad acquarello Varese e il suo lago, il Verbano e i paesi del Varesotto. La sua lunga attività di ricerca delle fonti della storia del territorio lo
portò a occuparsi della città di Varese nei suoi aspetti storici e artistici, così come approfondì gli studi della terra luinese, ove era nato, con lavori monografici su Maccagno, Monteviasco e le alte valli varesine. Fondamentali rimangono ancora alcune sue pubblicazioni sulle fonti, sulla storia del Risorgimento e sulla cartografia del territorio varesino.
Leopoldo Giampaolo.
Leopoldo Giampaolo, Sacro Monte di Varese.
Leopoldo Giampaolo, Lago di Varese (1971).
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Varese - Casa Litta Modignani, oggi Villa Mirabello - Sede delle celebrazioni del centenario
i maestri del novecento
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GIUSEPPE MONTANARI (Osimo 1889-Varese 1976) La novella (1924) - Olio su tavola - cm 85x65 - Collezione privata
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GIUSEPPE MONTANARI (Osimo 1889-Varese 1976) La Rosa Olio su tela Collezione privata
GIUSEPPE MONTANARI (Osimo 1889-Varese 1976) Paesaggio (1926) Olio su tela cm 100x125 Collezione Galleria Ottonovecento Laveno Mombello
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ADA VAN DER SCHALK (Milano 1883-Varese 1957) Natura morta Olio su tavola cm 40x50 Collezione Galleria Ottonovecento Laveno Mombello
ADA VAN DER SCHALK (Milano 1883-Varese 1957) 2 Magnolie (1930) Olio su tavola cm 39x48 Collezione privata
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ENRICA TURRI BONACINA (Somma Lombardo 1917-Varese 2005) La sedia verde Olio su tela Collezione privata
LUDOVICO CAVALERI (Milano 1867-Cuvio 1942) Ponte all’Abbazia di Ganna (1909) Olio su tavola cm 32x43,5 Collezione Galleria Ottonovecento Laveno Mombello
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ORESTE ALBERTINI (Torre del Mangano 1887Besano 1953) Paesaggio Olio su tavola cm 50x60 Collezione privata
INNOCENTE SALVINI (Cocquio Trevisago 1889-1979) Il ritorno dalla guerra d’Africa (1939) Olio su tela cm 175x150 Collezione privata
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INNOCENTE SALVINI (Cocquio Trevisago 1889-1979) Paesaggio Olio su tela cm 50x70 Collezione privata
INNOCENTE SALVINI (Cocquio Trevisago 1889-1979) Il fratello (1934) Olio su tela cm 190x120 Collezione Galleria Ottonovecento Laveno Mombello
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FEDERICO GARIBOLDI (Genova 1879-Varese 1950) Ritratto di Pia Prevosti - Tempera su carta - Collezione privata
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FEDERICO GARIBOLDI (Genova 1879-Varese 1950) Bambina (1930) Pastello su carta cm 98x68 Collezione Galleria Ottonovecento Laveno Mombello
LIA AMBROSOLI (Milano 1888-Varese 1951) Ritratto Olio su tela cm 35x45 Collezione privata
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ALDO CARPI (Milano 1886-1973) Ritratto di Giuliana Ehrat Prevosti (1955) - Pastello su carta - Opera unica - Collezione privata
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LODOVICO POGLIAGHI (Milano 1857Varese 1950) Nudo maschile disteso (1886) cm 33x45 Carboncino e biacca su carta Collezione privata
ANTONIO PIATTI (ViggiĂš 1875-1962) Senza titolo Olio su tela cm 37x37 Collezione privata
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LUIGI RUSSOLO (Portogruaro 1885Laveno Mombello 1947) Nietzsche (1909) Acquaforte e acquatinta cm 16x7,6 Collezione Sangalleria Arcumeggia
LUIGI RUSSOLO (Portogruaro 1885-Laveno Mombello 1947) Trionfo della morte (1909-1910) Acquaforte e acquatinta cm 24x44 Collezione Sangalleria Arcumeggia
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LUIGI RUSSOLO (Portogruaro 1885Laveno Mombello 1947) Fondo Toce (1931) Olio su tela cm 60x70 Collezione Sangalleria Arcumeggia
ALDO GUENZANI (Gallarate 1913-2012) Campagna Olio su tela Collezione privata
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ALDO GUENZANI (Gallarate 1913-2006) La Bovisa Olio su tela Collezione privata
CARLO PREVOSTI (Varese 1914-1981) La Bovisa Olio su compensato Collezione privata
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LEO SPAVENTA FILIPPI (Milano 1912-Varese 1999) Studio (1989) Olio su tavola cm 83x73 Collezione Galleria Ottonovecento Laveno Mombello
LEO SPAVENTA FILIPPI (Milano 1912Varese 1999) Ritratto di Ernesto Redaelli Olio su tela Collezione privata
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DOMENICO DE BERNARDI (Besozzo 1892-1963) Natura morta (1941) Olio su tavola Collezione privata
ROMEO PELLEGATTA (Milano 1870-1946) Badia di Ganna Olio su compensato Collezione privata
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SERGIO COLOMBO (Varese 1929-2014) Tappeto persiano Olio su tela Collezione Famiglia Colombo
CARLO FAYER (Ripalta Nuova 1924Ripalta Cremasca 2012) Delta Padano (1980) Olio su tela cm 100x80 Collezione privata
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UBERTO BONETTI (Viareggio 1909-1993) Lago di Varese. Volo sulla Schiranna Olio su tela cm 30x40 Collezione Paolo Musajo Somma di Galesano
VITTORE FRATTINI (Varese 1937) Sopra le nuvole (1969-1970) Tecnica mista cm 80x120 Collezione Frattini
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ERNESTO TRECCANI (Milano 1920-2009) Volto (fine anni Ottanta) Olio su tela cm 24x18 Collezione privata
ERNESTO TRECCANI (Milano 1920-2009) Volto (fine anni Ottanta) Olio su tela cm 24x18 Collezione privata
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GIO PONTI (Milano 1891-1979) L’annunciazione (1934) Disegno per la realizzazione del gonfalone dell’Ospedale Maggiore Ca’ Granda di Milano Collezione privata
FLORIANO BODINI (Gemonio 1933-Milano 2005) Cavalli Grafica Collezione privata
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FLORIANO BODINI (Gemonio 1933Milano 2005) Cane Scultura in bronzo cm 3x11x7,5 Collezione privata
FLORIANO BODINI (Gemonio 1933-Milano 2005) Monumento a Papa Paolo VI (bozzetto Duomo di Milano) Collezione Museo Bodini
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ANGELO FRATTINI (Varese 1910-1975) Figlia del tenente colonnello Antonino Primo Dondero - Bronzo - cm 17x20x26 Collezione Paolo Musajo Soma di Galesano
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ENRICO BUTTI (ViggiĂš 1847-1932) Il generale Sirtori Scultura in bronzo cm 18x17x45 Collezione privata
ENRICO BUTTI (ViggiĂš 1847-1932) Buoi Bozzetto per monumento funebre per la fam. Besenzanica Cimitero Monumentale Milano Collezione privata
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EUGENIO PELLINI (Marchirolo 1864-Milano 1934) Riposo (1910) Bronzo cm 12x12x14,5 Collezione privata
EUGENIO PELLINI (Marchirolo 1864-Milano 1934) I due amici (1920) Bronzo cm 17x17,5x18 Collezione privata
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EUGENIO PELLINI (Marchirolo 1864-Milano 1934) Testa di giovinetto Bronzo cm 35x25x20 Collezione Galleria Ottonovecento Laveno Mombello
GIULIANO VANGI (Barberino di Mugello 1931) Sopra: Figura sdraiata Bronzo - cm 38x20 Sotto: Figura accovacciata Bronzo - cm 45x42 Collezione Sangalleria Arcumeggia
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Gianfranco Brebbia (Varese 1923-1974) Le imprese difficili mi hanno sempre affascinato (1970) - Tecnica mista su cartoncino nero Applicazioni di carta vetrata, dipinto con smalti e disegni con resine - cm 33,2x35,2 Archivio Gianfranco Brebbia
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ENRICO BAJ (Milano 1924-Vergiate 2003) Cravatta in pura plastica (1969) Stampata da Studio Marconi (Milano) come invito alla mostra di Enrico Baj Collezione privata
ENRICO BAJ (Milano 1924-Vergiate 2003) Generale (1990) cm 100x70 Serigrafia materica con applicazioni (opera multipla) Collezione privata
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ENRICO BAJ (Milano 1924-Vergiate 2003) Pedone nero (gli scacchi di Baj) (1988) cm 56x13x11 Tecnica mista su legno, monotipo Collezione privata
ENRICO BAJ (Milano 1924-Vergiate 2003) SPQR (primi anni Settanta) cm 52x40 Incisione litografica con applicazione di collage su carta - Ed. “bon a tirer� (pezzo unico) Collezione privata
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ALESSANDRO PANDOLFI (Castellammare Adriatico 1887-Pavia 1953) Il Castello di Cerano (Abruzzo) Piatto in ceramica realizzato presso le Ceramiche di Ghirla Collezione privata
CARLO DONATI Allievo della scuola di ceramica Piatto con tesa rialzata Dipinto eseguito presso la Scuola Ceramica di Ghirla I° lavoro II° corso 23/11/1931 Collezione Enrico Brugnoni
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GIUSEPPE TALAMONI (Monza 1886-Varese 1968) Senza titolo (1931) - Piatto in polilobato con disegno - in policromia di figura femminile Scuola Ceramica di Ghirla - Produzione Ceramica di Ghirla - Collezione Enrico Brugnoni
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Piero Chiara (Luino 1913-Varese 1986) La spartizione (1961) Piatto in ceramica decorato a mano diametro cm 30 Realizzato presso le Ceramiche IBIS di Cunardo Collezione Robustelli
Piero Chiara (Luino 1913-Varese 1986) Il piatto piange (1961) Piatto in ceramica decorato a mano diametro cm 30 Realizzato presso le Ceramiche IBIS di Cunardo Collezione Robustelli
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Piero Chiara (Luino 1913-Varese 1986) L’uovo al cianuro (1961) Piatto in ceramica decorato a mano diametro cm 30 Realizzato presso le Ceramiche IBIS di Cunardo Collezione Robustelli
Piero Chiara (Luino 1913-Varese 1986) Sotto la sua mano (1961) Piatto in ceramica decorato a mano diametro cm 30 Realizzato presso le Ceramiche IBIS di Cunardo Collezione Robustelli
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GIANNI ROBUSTI (Cunardo 1946-Milano 2010) Senza titolo (2007) Collage di sostanze organiche incenerite diametro cm 50 Collezione privata
LEO SPAVENTA FILIPPI (Milano 1912-Varese 1999) Figura Piatto in ceramica decorato a mano, cotto in un laboratorio ceramico a Milano Collezione Sangalleria Arcumeggia
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gio ponti (Milano 1891-1979) Marinaio stanco Piatto in ceramica con decoro in decalcografia Collezione Sangalleria Arcumeggia
gio ponti (Milano 1891-1979) Piatto della serie “Fantasia italiana� (Anni Sessanta) Produzione Ceramiche Franco Pozzi Gallarate Collezione Enrico Brugnoni
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Lucio Fontana (Rosario, Argentina 1899-Varese 1968) Senza titolo (1961) Tondo modellato in materiale ceramico diametro cm 30 Realizzato presso le Ceramiche IBIS di Cunardo Collezione Robustelli
RENATO GUTTUSO (Bagheria 1911-Roma 1987) Volto femminile Grande piatto in terraglia (anni Sessanta) Esecuzione del dipinto a stampa Produzione Ceramica Franco Pozzi Gallarate Collezione Enrico Brugnoni
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ceramiche ibis cunardo Senza titolo Piatto in ceramica diametro cm 50 Produzione Ceramiche IBIS Cunardo Dipinto a mano da Gianni Robustelli Collezione privata
GOTTARDO ORTELLI (ViggiĂš 1938-Varese 2003) Senza titolo Piatto in ceramica diametro cm 50 Realizzato presso le Ceramiche IBIS di Cunardo Collezione privata
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PIERO (Pietro) PORTALUPPI (Milano 1888-1967) Vaso con coperchio Opera realizzata tra i periodi “Floreale” e “Art Déco” Prodotto dalla Società Ceramica Italiana di Laveno Terraglia forte smalto color ocra Collezione Enrico Brugnoni
ceramiche ibis cunardo Senza titolo Vaso in ceramica, in esemplare unico Produzione Ceramiche IBIS di Cunardo Intervento con ossidi con doppia cottura a 1050 gradi di Giorgio Robustelli Collezione privata
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ALESSANDRO MENDINI (Milano 1931-2019) Senza titolo (1964) Opera in ceramica realizzata a colaggio presso le Ceramiche IBIS di Cunardo Collezione privata
ambrogio pozzi (Varese 1931-Gallarate 2012) Vasi Crak Terraglia smaltata e dipinta Opera eseguita nel percorso di Ettore Sottsass per Memphis Collezione Enrico Brugnoni
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ambrogio pozzi (Varese 1931-Gallarate 2012) Cono - Environment Pierre Cardin - Parigi 1969 Terraglia smaltata bianco mat Set completo per due, scomponibile in 13 parti Completo di tagliere Collezione Enrico Brugnoni
GUIDO ANDLOVITZ (Trieste 1900-Grado 1971) Vaso Monza 91 Vaso in terraglia forte, con smalto bianco e decoro policromo raffigurante ambiente marino Realizzato nel 1930, dalla SocietĂ Ceramica Italiana di Laveno Collezione Enrico Brugnoni
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ANTONIA CAMPI (Sondrio 1921-Savona 2019) Portalampada C272 (1954) Terraglia forte Produzione SocietĂ Ceramica Italiana di Laveno (Reparto fantasia) Collezione privata
ANTONIA CAMPI (Sondrio 1921-Savona 2019) Portaombrelli spaziale C33 1949 Produzione SocietĂ Ceramica Italiana di Laveno (Reparto fantasia) Terraglia forte a cottura unica Formatura a colaggio Smaltatura bicolore Descrizione: forme pure, pieni e vuoti; giochi di prospettive Collezione Enrico Brugnoni
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Abito longuette smanicato in seta ivory, anni Venti estivo, con scollo a barca rinforzato a doppio strato. Lieve avvitatura centrale, taglio dritto, chiusura a ganci posteriori. L’abito era accompagnato da cinturino in seta con piuma e filo doppio di perle. Collezione G. Aloisi-V. Rolla.
Abito lungo da giorno/cocktail, anni Trenta color rosa antico in pizzo macramĂŠ, fantasia floreale di fattura americana, a maniche corte, scollo alla coreana con arricciatura centrale, rivestito internamente da sottoveste in raso di seta, chiusura a ganci laterali e bottoni nella parte superiore. Collezione G. Aloisi-V. Rolla.
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Abito midi a campana anni Quaranta, da giorno, giallo canarino, maniche corte affilate, accollatura in bianco lino con fantasia a greca e nodo, taglio con lieve avvitatura e pieghe laterali, tessuto cotone in misto lino, estivo. Manifattura italiana, provenienza regionale lombarda. Collezione Fasoli-Calvi - Realizzato da Giulia Calvi.
Abito midi a pieghe anni Cinquanta, color carta da zucchero, maniche corte affilate, scollo a barca lievemente rotondo con bottoni discendenti, taglio a campana con avvitatura centrale, tessuto misto lana e rivestimento interno in seta blu. Occasione giorno. Manifattura italiana, provenienza regionale lombarda. Collezione Fasoli-Calvi - Realizzato da Giulia Calvi.
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aldo lozito
Primo presidente del Circolo degli Artisti di Varese sorto nel 1945 dalle ceneri delle associazioni: Amici dell’Arte, 1920 - Cenacolo Artistico, 1922 - Raduno delle Arti, 1929 Laura Lozito Zanzi Aldo Lozito (Varese 1905-1992), laureato in legge, divenne presto uno dei più stimati avvocati della città di Varese. Uomo di alta cultura ricoprì nella sua vita molteplici incarichi pubblici e sociali, come la carica di commissario prefettizio, e con l’amministrazione di centrosinistra la carica di assessore alla programmazione. Fu per lungo tempo presidente dell’ACI Varese; organizzatore di eventi e iniziative come: i restauri di Castelseprio; la rassegna del Cinema d’Essai con Franco Gandini; la mostra del Morazzone, con Testori e Mina Gregori; la rassegna dei pittori in vacanza ad Arcumeggia, che ebbe risonanza nazionale, in quanto
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aderirono a questa splendida iniziativa artisti di fama come: Aldo Carpi, Giuseppe Migneco, Ernesto Treccani, Luigi Montanarini, Achille Funi, Giuseppe Usellini, Aligi Sassu, Remo Brindisi, Gianni Dova, Bruno Saetti, Innocente Salvini ed altri. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale (1945), a seguito dell’iniziativa di Giuseppe Montanari, Angelo Frattini, Domenico De Bernardi, Carlo Prevosti, Innocente Salvini ed altri artisti, Lozito venne spinto a far rivivere lo spirito dell’associazione “Amici dell’Arte” (anni Venti). Lozito, con l’aiuto dell’amico avv. Luigi Castelletti fondò con gli artisti promotori l’associazione: “Circolo degli Artisti di Varese”. Lozito fu anche fautore di un’intesa tra l’associazione che raccoglieva i rappresentanti delle arti figurative e i gruppi che operavano nel campo della musica, della letteratura, della critica. Per cui sotto questa nuova spinta culturale, aderirono figure importanti come: Guido Morselli, Renzo Modesti, Piero Chiara, Dante Isella, Leopoldo Giampaolo, Giuseppe Bortoluzzi, Luigi Ambrosoli, Manlio Della Porta Raffo e Carlo Prevosti. Questi parteciparono alle attività che gli artisti proponevano e non mancarono di suggerire iniziative utili per uscire da un eccesso di localismo e di municipalismo. Sotto la sua presidenza, hanno esposto con il Circolo personaggi come: Enrico Baj, Lucio Fontana, Renato Guttuso, Aldo Carpi, Leo Spaventa Filippi, Giuliano Vangi, Adriano Bozzolo, Giuseppe Talamoni, Enrica Turri Bonacina, Silvio Zanella, Gottardo Ortelli, Floriano Bodini, Angelo Frattini, Vittore Frattini, Flaminio Bertoni ecc. L’avv. Lozito rimase in carica per un periodo ininterrotto di 22 anni.
Varese, Sala Veratti, commemorazione del pittore Giuseppe Talamoni.
Varese, Sala Veratti, commemorazione del pittore Giuseppe Talamoni. Arcumeggia 1972, commemorazione del pittore Raffaele de Grada.
Arcumeggia 1971.
Inaugurazione Mostra a Morazzone.
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GLI artisti del circolo di varese
Circol
1920 2020
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Disegno dell’Annullo Postale realizzato da Antonio Franzetti
GIOIA ALOISI
gioia.aloisi@libero.it Si diploma all’Accademia di Belle arti di Carrara e nel 1986 si trasferisce a Milano e si forma a fianco di personaggi di spicco della scena artistica internazionale come Bruno Munari, Denise René, Fausta Squatriti, Silvio Coppola e Luigi Veronesi da cui trae preziose competenze. Ha sempre collaborato con Università ed Enti Nazionali e Internazionali. Ha pubblicato testi con De Agostini, Minerva Italica, Elemond, Morano, Aletti editori. Ha ricevuto premi e riconoscimenti in tutto il mondo, ad esempio nel 2007 e nel 2009 è invitata ed espone le sue sculture al Metropolitan Museum da Art Beyond sight di New York, ha disegnato il Manifesto ufficiale sulla pace UNESCO due volte vent’anni a Parigi ‘86; è classificata tra i migliori 100 fotografi italiani nel concorso Zoom Image Bank ‘95. Nel 2013 è invitata alla 55. Biennale di Venezia e partecipa con 100 artisti contemporanei a Con-ta-ci, nel padiglione Tibet. Nel 2015 è finalista a Paratissima con l’istallazione White books e nel 2016 al Premio Arte Laguna con l’istallazione War to War. Espone alla IV Biennale Internazionale di Fotografia di Berlino nel 2016 e nel 2018 alla V Biennale Internazionale di Fotografia di Barcellona. Finalista a Spectrum Miami Art Fair 2019 con opere pittoriche. Per il ventennale di Università Bicocca Milano 2018, progetta un Padiglione Narrartico dedicato alla salvaguardia del pianeta dove espone opere e videoarte. Nel 2020 fra gli altri, è 3° premio al PX3 di Parigi Prix international de la Photographie ed espone al Trieste Photo Fringe. Hanno scritto di lei E. Fiorini, M. Mali, P. Panacci, M.G. Spadari, S. Silanos e D. Tronelli e le sue opere sono pubblicate in diversi testi e presenti in collezioni pubbliche e private.
Silence (2020) 35x35 cm Tecnica: mista a smalto ad acqua su libro e mascherina chirurgica 117
ANTONIO BANDIRALI
a.bandirali@gmail.com
Ha compiuto gli studi universitari presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Dal 1981 al 1984, assistente universitario presso la stessa Facoltà. Nel corso degli anni, oltre ad aver ideato e disegnato una serie di monumenti celebrativi, fra i quali la Tavola Periodica degli Elementi dedicata allo scienziato russo Dmitrij Ivanovic Mendeleev, ha pubblicato alcuni volumi, fra i quali: Ski Sun Earth, con immagini sulla devastazione del pianeta; Reflections on Leonardo, dedicato allo studio delle acque; Dal verso all’immagine. Riflessioni sui luoghi della commedia dantesca: Inferno Purgatorio e Paradiso, ripercorrendo i paesaggi danteschi; Genesi, con il contributo del Card. Martini, realizzato anche come volume d’arte a mano da Colophonarte di Belluno. Con Il Pulcinoelefante ha illustrato una serie di libretti d’artista con i testi di Alda Merini. È stato invitato ad esporre alla cattedrale di Leon, al Palazzo reale di Budapest, alla Fondazione Sant’Agostino e al Museo di Crema e alle Biblioteche del Castello Sforzesco di Milano, di Pallanza e di Laveno. Ha esposto in diversi altri luoghi e le sue opere sono state pubblicate su riviste specializzate. Svolge le funzioni di Expertise, per l’organizzazione di eventi per il Directorate G, Sector Nuclear Decommissioning del JRC, ed è anche responsabile del settore Visual Arts del Cultural Committee della Commissione Europea. Nell’ambito di questi incarichi, la mostra “Art Spaces” da lui ideata, è stata premiata nel 2017 dal ministro della Cultura italiano e nel 2018 dal Parlamento Europeo come migliore esposizione internazionale per l’originalità della tematica affrontata. Con altre associazioni è ideatore e curatore di eventi culturali di interesse nazionale e internazionale.
1920 - La lunga rotta (2020) 32x32 cm Tecnica: stampa digitale su supporto rigido 118
VANNI BELLEA
vanni.bellea@libero.it Vanni Bellea è nato a Magnacavallo in provincia di Mantova il 13 febbraio 1957. Da sempre appassionato di disegno, negli anni Settanta inizia a sperimentare artisticamente i materiali che usa per il suo lavoro, la decorazione in genere su ogni tipo di superficie. Le tecniche sono: gli smalti sintetici su tela e vari materiali all’acqua: tempera, grassello di calce e soprattutto lo stucco sintetico all’acqua, il tutto su vari tipi di supporto. Dalla metà degli anni Novanta la sua linea-guida diventa un’espressiva pittura, definita “ludico favolista” per contenuto e riferimento, anche se di tanto in tanto “stacca” per dedicarsi a paesaggi realistici e agli amati stucchi. Vive e lavora a Varese.
Dedicato al centenario del Circolo degli Artisti (2020) 33x33 cm Tecnica: olio 119
RITA BERTRECCHI
ritabertrecchi@libero.it Nata a Varese, Rita Bertrecchi vive e lavora a Gallarate. È socia-artista della “Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano”, Museo della Permanente. Documentazione presso Biblioteca Specialistica e Archivio Storico del MAGA, Museo Arte Gallarate. Ha esposto sia in campo Nazionale che Internazionale. Nel 1999 riceve l’Europremio A.T.I.C.A. con il Patrocinio del Parlamento Europeo, Palazzo delle Esposizioni, Pavia. Tra le mostre cui ha preso parte si ricordano a titolo non esaustivo: la personale presso la Galleria “La Fenice“, Lugano (CH) 2000. “La Pittura Ticinese e Lombarda”, Galleria Poma, Morcote, Lugano (CH) 2015-16. “Grandi Esponenti della Pittura del XIX e XX Secolo”, Galleria Poma, Morcote, Lugano (CH) 2016. Esposizione Triennale di Arti Visive a Roma, Complesso del Vittoriano-Ala Brasini, Roma 2017. Rassegna “Grazie Italia”, Palazzo Albrizzi-Capello (Sede del Padiglione Nazionale Guatemala alla 57. Biennale di Venezia), Venezia 2017. 58. Biennale di Venezia, Padiglione Nazionale Repubblica Dominicana, Palazzo Albrizzi-Capello, Venezia 2019.
Percorsi (2020) 30x30 cm Tecnica: polimaterico su tela 120
Floriana Bolognese
florianabolognese@libero.it
Colta nella sua pura naturalezza, come nucleo vitale della nascita di ogni essere vivente, scelgo l’Acqua come fonte della mia produzione artistica. Elemento vitale, rigenerante, attrattivo e armonico si presenta all’occhio umano nel candore dei suoi riflessi e delle sue molteplici forme, portando lo spirito alla più sublime distensione per l’animo. Fonte di energia della quale raccolgo, con stupore e meraviglia, i suoi più preziosi dettagli, dando vita a nuovi soggetti generati dalla mutevolezza dell’elemento; un armonioso connubio di forme e colori sradicati dalla semplicità dell’attimo. Le immagini fotografate emergono nella totalità dei dettagli grazie alla tecnica di stampa su carta cotone fine art e tela quadro, che permette all’osservatore di ammirare minuziosamente le particolarità intrinseche dell’elemento. Ogni singolo scatto possiede una vita a se stante. Ponendolo però in contatto con altre vite, all’interno di una composizione fotografica, permette all’osservatore di lasciarsi trasportare dal racconto narrato dall’Acqua stessa, sostanza che perde vita in un medesimo stato per rinascere nel successivo sotto altra natura, d’altronde ‘Pánta rheî’.
IlVolo-grandi eventiAcquaMetallica (2020) 29x29 cm Tecnica: stampa fotografica retroplexiglass 121
massimiliana brianza
massimiliana3@gmail.com
Nata nel 1956 a Varese sotto il segno del Leone, dopo la laurea in psicologia, mi sono specializzata in psicosociologia dell’organizzazione e formazione degli adulti. Ho conseguito master di I livello come comunicatore pubblico, in valorizzazione del patrimonio culturale locale e per l’insegnamento dell’italiano agli stranieri. Lo studio e la ricerca di storia locale e l’interesse per le tradizioni sono una mia passione, con il disegno. Ho cominciato con gli album delle “Roselline” e nel tempo ho sperimentato varie tecniche. Ho studiato acquerello e pittura a olio solo dal 2004 con i maestri Luigi Rostagno e Bruno Rabuffetti del Gruppo Pittori Castronnesi e, in seguito, ancora l’acquerello con la pittrice Donatella Colombo (Miorin) e poi il maestro Gabriele Tadini. Al Circolo degli Artisti sono arrivata nel 2015: Franco Mancuso ha visto nella mia “lince” il soggetto adatto per coinvolgermi nella mostra “Foulard d’Artista”.
Luce d’inverno (2020) 30x30 cm Tecnica: gesso su legno ed acrilici 122
EDUARDO BROCCA TOLETTI
broccatoletti@libero.it
Vive e lavora a Cremenaga. Consolida le sue competenze artistiche sotto la guida del pittore Franco Tettamanti e dell’architetto Eva Carnelli. Grazie a una perfetta conoscenza delle tecniche e dei materiali crea col legno sculture dalle audaci strutture architettoniche e dal perfetto equilibrio. Le sue creazioni descrivono una realtà metafisica attraverso forme geometriche come spirale, sfera e cono. È socio del Circolo degli Artisti di Varese e della “Società per le Belle Arti ed esposizioni Permanente” di Milano. Sette delle sue sculture moderne, a sfondo prevalentemente sacro, si possono ammirare presso la Chiesa della Madonna del Carmine di Milano; visitando invece lo studio di Cremenaga si può vedere la sua collezione privata.
Un secolo d’arte… e poi (2020) 32x32 cm Tecnica: legno 123
Walter capelli
walter@ilricordo.com
Nato a Gallarate nel 1965. Dal 1989 è fotografo professionista con studio ad Azzate, dove segue il settore nel campo pubblicitario per l’industria e la moda. Lavora su commissione in Italia e all’estero, affiancando al suo percorso professionale la ricerca artistica. Tra i suoi lavori troviamo diversi video di cui ha seguito la regia e dei quali, alcuni, presentati in musei e gallerie. Con una mostra personale esibita in Gallarate nel 1992 ha iniziato il ciclo di esposizioni come fotografo d’arte. La prima antologica è stata presentata nel 1998 presso la galleria d’arte Raffaella Silbernagl Varese. Numerose a oggi le esposizioni personali in musei d’arte moderna e gallerie, tra le ultime da segnalare: Rust trees landscape e Rosa, oltre alla presentazione di una serie di libri, tra i quali vanno segnalati Cara Varese buon appetito, Chichibio cucina in Varese, W gli Sposi e Metti un paesaggio nel piatto edito con Varese land of food. Numerose sono le monografie pubblicate in occasione di mostre personali e collettive. Vive e ha lo studio in Azzate.
Laura (2020) 35x35 cm Tecnica : lamierino in ferro contorto, sensibilizzazione fotografica, acrilico, grafite e fil di ferro arrugginito 124
Paola carabelli
carabelli.paola1943@gmail.com Nasce a Caronno Varesino nel 1943, da padre lombardo e madre toscana. Trascorre l’infanzia nella campagna lombarda e coltiva il gusto per la pittura fin dall’adolescenza. Sono l’amore per Van Gogh e per gli impressionisti francesi, la gelosa custodia degli affetti familiari e il ricordo delle estati al mare e nella pineta di Viareggio a segnare lo sguardo con cui la pittrice si racconta. Paola è una presenza discreta, che solo l’occhio più attento può ritrovare nelle brume dei laghi, nelle luci dei boschi, nella gioiosa presenza delle erbe di campo delle sue tele. Un senso di appartenenza la lega a una natura “quotidiana” e armoniosa, fatta d’acqua, laghi e mari e delle infinite presenze che la abitano. Membro del Circolo Artisti di Varese, lavora e vive con la famiglia a Lozza.
I miei primi cento anni (2020) 32x32 cm Tecnica: spatola, olio su tela 125
gianpiero castiglioni
gianpiero.castiglioni@alice.it
Nasce a Laveno Mombello (Varese) nel 1940. Pittore e grafico, negli anni Sessanta frequenta corsi professionali di grafico vetrinista, presso E.N.A.I.P. di Varese, iniziando così la lunga ricerca pittorica; negli anni successivi partecipa a corsi d’incisione calcografica con il prof. Sandini. Nel 1987-1988 conosce il prof. Francesco Fedeli, presso il laboratorio “Arte Figurativa” - Comune di Sesto Calende, iniziando una collaborazione sul tema dell’affresco, imparando nuove tecniche sulla “materia”, che sarà la base della sua pittura. Socio della “Permanente di Milano”, nel 1982 diventa socio del Circolo degli Artisti di Varese. Ha esposto in varie mostre collettive, tra cui: Triennale di Roma, 2017 al Vittoriano; Biennale di Venezia, Padiglione Tibet; Sala Veratti, Varese; Io e Leonardo, 2018 alla Permanente Milano.
Composizione (2020) 30x30 cm Tecnica: mista su tavola 126
pierangela cattini
pierangelacattini@libero.it
L’artista, socia del Circolo degli Artisti di Varese dal 2010, da sempre con la passione per la pittura, crea numerose opere per puro piacere personale. Opere che, di anno in anno, danno vita a diverse serie di personaggi femminili. Con il gruppo Officina Lombarda (fondatrice la critica Fabrizia Buzio Negri) ha esposto a Parigi, Berlino, Barcellona e Roma. Fabrizia Buzio Negri di lei scrive: “… nelle sue espressioni pittoriche vari elementi, talora geometrici, ricreano l’idea di una trasformazione continua in cui ha risalto lo studio dei colori forti e di una luce abbagliante. L’impianto scenico è illusionistico, a tratti ricco di un virtuosismo decorativo che richiama la surrealtà in un mondo interiore di inesauribile ricchezza, sospeso nel tempo, sempre sostenuto dalla fantasia”.
Centannidoro (2020) 35x35 cm Tecnica: acrilico su tela 127
Andrea Cenacchi de Polzer
acenacchi@yahoo.it
Ricerco la bellezza e l’armonia nelle situazioni più diverse: nelle fabbriche abbandonate e vandalizzate, negli oggetti lasciati al degrado delle intemperie e del tempo, nelle situazioni di degrado urbano e umano, ma anche nella natura più selvaggia. Molti miei lavori sono categorizzabili come “astratti” pur ritraendo la nuda realtà, senza l’intervento di particolari artifizi tecnici per l’elaborazione post-scatto. La mia opera, molto varia nei soggetti ritratti e nelle tecniche fotografiche utilizzate, vuole portare un messaggio positivo: anche nelle situazioni più difficili e angoscianti si può trovare di che sollevare lo spirito e gioire della bellezza – spesso nascosta – della vita.
Hidden in Plain View 748 (2020) 35x35 cm Tecnica e materiale: foto digitale - stampa a pigmenti su carta fine art 128
Gladys Colmenares
colmenares@hotmail.it
Nata a Caracas e con lunga esperienza internazionale, si presenta con un repertorio di opere, dove la libertà espressiva sprigionata attraverso le colorazioni vivaci e multiformi cattura l’attenzione di chi guarda, sulle stesse frequenze della magia del momento creativo fissato per sempre nell’opera d’arte. Nell’ambito della sua carriera artistica ha allestito numerose mostre personali e collettive, a Londra, Caracas, Praga, Berlino, Milano, Bologna, Roma, Mantova, Firenze, Genova e Venezia, riscuotendo ampio successo da parte del pubblico e della critica, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti.
100 Desideri Dorati (2020) 35x35 cm Tecnica: mista 129
giorgio colombo
giorgiocolombo1944@libero.it Vive e opera a Castellanza. Ha iniziato la sua attività artistica negli anni Settanta sperimentando varie tecniche, sempre in estemporanea: disegno, acquerello e olio. Ha frequentato i corsi della pittrice Silvana Feroldi e segue da alcuni anni la scuola di pittura dell’Universiter di Castellanza. È iscritto all’Associazione Artistica “Alfa - 3A” di Gallarate. Nelle varie mostre collettive e personali a cui ha partecipato ha conseguito lusinghieri riconoscimenti e premi. Ha collaborato con la poetessa Giulia Borroni Cagelli alla realizzazione di Percorsi di Pittura e Poesia sui temi: “Poesia e Immagini” e “Il sentiero di Santiago” e alla realizzazione e illustrazione di pubblicazioni. Hanno scritto di lui: il critico d’arte Fabrizia Buzio Negri, il prof. Giorgio Rota e la poetessa Maria Giulia Borroni Cagelli. Ha esposto le sue opere nelle seguenti città: Castellanza, Gallarate, Busto Arsizio, S. Martino di Castrozza, Milano, Mantova, Acqui Terme, Novara, Bologna, Praga, Krosno-Polonia, Cesano Maderno (World Museum).
100 anni tra forme e colori (2020) 30x30 cm Tecnica: mista 130
raffaele corti
xalcor@gmail.com
Raffaele Corti è nato a Milano, nel 1972. Artista, architetto e paesaggista, vive e lavora a Varese. Ha esposto principalmente in Italia e Svizzera. Le sue opere sono create usando argilla sommariamente vagliata, cavata direttamente dal suolo. Lavora questo materiale ancestrale con una tecnica personale che unisce modellazione e scultura e spesso contempla una lavorazione con il fuoco che aggiunge una patina suggestiva all’opera. Il suo lavoro è focalizzato sul tema della rivelazione espressa combinando elementi figurativi con forme geometriche e/o oggetti trovati.
2020 35x35 cm Tecnica: argilla, fibra vegetale, telefono cellulare, mascherina, chiodi 131
roberto cozzi
cozziroberto@libero.it Nato a Varese nel 1953, vive e opera a Induno Olona. La curiosità verso il disegno e la pittura iniziano in lui fin da ragazzino. Allievo dello zio, artista milanese Bosetti, che lo inizia all’arte e gli trasmette, oltre alla tecnica esecutiva, una particolare sensibilità cromatica e un modo di cogliere “stati d’animo”, grazie ai quali ha definito appieno la sua pittura negli anni a venire. Socio del Circolo degli Artisti di Varese dal 2007, partecipa a numerosi eventi espositivi sia in Italia che all’estero. Con il gruppo “Officina Lombarda” (fondatrice la critica d’arte dott.ssa Fabrizia Buzio Negri) espone a Milano, Udine, Parigi e Barcellona. Nel 2017 viene invitato al progetto “Arte e Spiritualità “ alla 57. Biennale di Venezia, Padiglione Tibet. Diverse sue opere fanno parte di una collezione privata in Canada. Al suo lavoro hanno dedicato articoli alcune testate giornalistiche di spessore e siti web d’arte riconosciuti nel settore.
1920-2020 una storia infinita (2020) 30x30 cm Tecnica: olio su tavola 132
raphael de vittori reizel
raphaelreizel@hotmail.com
Raphael De Vittori Reizel si è laureata in Scultura all’Accademia di Brera di Milano, sua città natale. Ha il suo laboratorio a Comabbio sul Lago di Monate. Lavora in bronzo, terracotta, metallo e plastica. A Murano realizza grandi sculture in vetro, con esposizioni a Venezia, USA e Germania. Ha eseguito tre sculture per il Premio della Provincia di Varese. Suoi lavori sono stati collocati nel Parco Giò Pomodoro sul Lago Maggiore. Le opere sulla Shoah sono, dal 2004, nell’Archivio Yad Vashem di Gerusalemme. La scultura in bronzo “Disattenzione” è nella collezione permanente del Museo del Castello di Masnago a Varese. La terracotta “Lampada di Hannukah” è nel Museo dei Lumi dell’antica sinagoga di Casale, dove si trova anche l’opera “Ils savent…” in memoria della Shoah. “A Ciascuno il suo Minotauro” e “Le Donne della Bibbia” sono tematiche di esposizioni ai Chiostri dell’Umanitaria di Milano, Santa Maria di Brera, Varese e Como. “Donne della Bibbia” è stata inserita nella monografia “Bibbie, il Grande Codice dell’Occidente” (Mondadori).
Mea-Cento “Dai fili della memoria, la voce del Tempo” (2020) 35x35x10 cm Materiali: tessuto, policarbonato e rame 133
michele di giovanni
michele.digiovanni@libero.it
L’artista ha tenuto diverse personali e ha partecipato a molte rassegne nazionali ottenendo premi e riconoscimenti. Il critico d’arte R. Valerio ha detto di lui: ”Il dialogo artistico che Di Giovanni ci propone è una sorta di estensione linguistico-pittorica che si avvale di un’indiscussa proprietà del mezzo espressivo contrappuntato da un robusto impianto segnico. […] Il suo operato artistico si caratterizza in una sorta di vigile e discreto diario, indagato con uno sguardo sempre attento e dentro la quotidianità e i suoi accadimenti, per cercare di riaffermare i ‘valori forti e positivi’ come la solidarietà, l’amore e le verità esistenziali”.
C’ero anch’io (2020) 30x30 cm Tecnica: acrilico 134
emanuele ascanio favero
heidegger2@alice.it
Incanta per la naturale capacità di plasmare materiali estremamente duri quali l’acciaio, il ferro e il titanio e renderli sinuosi ed espressivi esaltandone al contempo la potenza e lo splendore, dando vita così a realizzazioni innovative ed originali, pezzi unici. Si è sempre distinto per la propria maestria fino a giungere secondo classificato al concorso internazionale con mostra - 1° Tributo “Ferruccio Lamborghini” Bulldays tour 2018 - Presidente di giuria Fabio Lamborghini. Ha partecipato alla 5a rassegna “Artisti per Nuvolari” mostra presso la Casa Museo Sartori a Castel d’Ario - Settembre/Ottobre 2018. Mostra personale “È Arte per Bacco!” presso Grappa store Mazzetti d’Altavilla di Marcallo con Casone (MI) - Febbraio/Marzo 2019. A lui, alle sue mostre personali, hanno dedicato articoli testate giornalistiche di spessore e siti web d’arte riconosciuti nel settore.
100 anni di progresso dell’arte (2020) 35x35 cm Tecnica: mista con inserti in acciaio Materiale: ferro 135
antonio franzetti
antoniofranzetti42@gmail.com Nasce a Gemonio (Varese) il 17 settembre 1942, frequenta il Liceo Artistico di Brera, allievo di Giovanni Paganin ed Enzo Vicentini. Nel 1961 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera ed è allievo di Marino Marini. Terminati gli studi nel 1965, inizia la sua attività alternando la scultura all’insegnamento e all’impegno politico-amministrativo, motivi che lo inducono a rallentare l’attività e a non esporre in pubblico. Risale alla fine degli anni Ottanta l’incontro con lo scultore Floriano Bodini con il quale instaura una profonda amicizia. All’inizio degli anni Novanta, in qualità di sindaco di Gemonio, è tra i fondatori del Museo Civico Floriano Bodini del quale, per diversi anni, è anche il Presidente. Solo alla conclusione della carriera, all’inizio del Duemila riprende il percorso espositivo in mostre collettive e personali. Vive a Varese e lavora a Gemonio.
Cento…. e più di cento!!!!!! (2020) 35x35 cm Tecnica: mista 136
flora fumei
florafumei@gmail.com Nata a Teheran (Iran), dove ha frequentato l’Accademia di Belle Arti, nella medesima ha esposto più volte ed è stata pluripremiata. Dagli anni Novanta è socia del Circolo degli Artisti di Varese. Principali esposizioni: l’Umanitaria di Milano; Lugano, premiata con piatto di peltro; Camera di Commercio di Varese, premiata con la medaglia d’oro; Villa Ponti (Varese); esposizione permanente nella sala consiliare della Camera di Commercio; Varese, esposizione permanente nella sede della Camera di Commercio; Castello di Masnago, Varese; Sala Veratti, Varese; Villa Mirabello, Varese; Palazzo Estense, Varese; Museo Arte Contemporanea Parisi Valle, Maccagno (Varese).
I cento gloriosi anni del Circolo degli Artisti di Varese (2020) 35x35 cm Tecnica: mista multicromo acrilico 137
raffaello giunti
raffaello.giunti@gmail.com Raffaello Giunti nasce a Sansepolcro (Arezzo), il 5 dicembre del 1934. Si diploma all’Istituto d’Arte di Sansepolcro, città di Piero della Francesca. Neodiplomato partecipa attivamente alle iniziative del gruppo Giovani Pittori di Arezzo. A ventinove anni si trasferisce a Milano per motivi di lavoro; in questo periodo frequenta per un anno la Scuola di nudo dell’Accademia di Brera e successivamente lo studio milanese del pittore Aldo Parmigiani. Risale a quest’epoca il suo crescente interesse per le tecniche incisorie, che perfeziona frequentando i corsi di incisione organizzati dalla Provincia di Milano e quelli della scuola internazionale di grafica di Venezia. Oltre al Circolo degli Artisti di Varese, fa parte dell’Associazione Artistica “Alfa - 3A” di Gallarate sin dal 1993, esponendo accanto a loro in occasioni di varie personali e collettive. Raffaello Giunti oggi vive e lavora a Cavaria (Varese).
Centenario (2020) 32x32 cm Tecnica: olio su tavola 138
ruggero marrani
aerosculturamarrani@alice.it Ruggero Marrani è nato nel 1941, vive e lavora a Barasso (Varese). Si è laureato all’Accademia di Belle Arti “P. Vannucci” di Perugia. Artista di ispirazione futurista, in quanto porta a termine i suoi studi accademici sotto la guida di Gerardo Dottori. Marrani, iniziando l’attività artistica negli anni Sessanta, concepisce i suoi primi lavori su tela, con un evidente spessore materico che si concretizzerà poi nel passare dalla bi-dimensione alla terza dimensione, intorno agli anni Ottanta. Da quella data, si dedicherà esclusivamente alla scultura, in particolar modo alla ceramica policroma. Questa nuova ricerca ha seguito tre percorsi caratterizzati però sempre dall’analisi del territorio. Le opere di Ruggero Marrani stimolano il coinvolgimento dello spettatore che può intervenire direttamente sui rilievi tridimensionali, ruotandoli, spostandoli, muovendoli e perché no, anche “suonandoli”. Nascono così l’Aeroscultura, la Scultura Interattiva, la Sculturarumore. Questo ultimo periodo si rivolge verso una nuova esperienza che studia “La Città Nuova” e segue il filone della “Sound Art”. Inizia così una collaborazione con amici musicisti interessati al rapporto Suono-Scultura. Le ultime opere, sono state costruite per essere collocate in spazi estremi e per allestimenti esteticoarchitettonici. Marrani fa parte del gruppo del Circolo degli Artisti di Varese. È stato docente della Cattedra di Figura, presso il Liceo Artistico statale “A. Frattini” di Varese. Le sue opere si trovano in diversi musei italiani.
1920/2020, 100 anni di presenze artistiche a Varese (2020) 35x35 cm Tecnica: ceramica policroma con smalti e reagenti su fondo foglia oro 139
Ana ines mattanò
annaines2014@gmail.com
Dalle Andes argentine alle Alpi italiane. Nata a Buenos Aires, dal 1988 si trasferisce in Italia dove proseguirà le sue ricerche artistiche fra Como, con il Circolo di Cultura e Arte, e Varese, con il Circolo degli Artisti di Varese. Dal 2007 aggiorna e arricchisce la sua formazione frequentando a Salisburgo la Summer Academy of Fine Arts alla guida di artisti di carattere internazionali come Michael Morgner, Rebecca Morris, Charlotte Cullinan, Marissa Gordon, Cameron Jamie e altri. Continua la ricerca e l’approfondimento di un‘arte che va oltre il visibile.
Centennale a norma d’arte (2020) 35x35 cm Tecnica: acrilico e seta su carta da pareti 140
sonia naccache
sonianaccache@hotmail.com Sono nata e cresciuta ad Alessandria d’Egitto. Figlia d’arte ho avuto sin dall’infanzia un approccio al disegno e alla pittura che è stato sempre costante. La mia vita all’estero in diversi Paesi mi ha portata poi in Italia dove vivo. La mia pittura si è accresciuta presso Maestri all’estero e maggiormente in Italia. L’indipendenza ha poi determinato uno stile personale apprezzato e affermato in Esposizioni personali e collettive in Italia e in USA. Ho partecipato a vari Concorsi. Sono stata socia dell’AIA - Associazione Italiana Acquarellisti di Milano, dell’Associazione Arte del Naviglio Milano e degli Artisti di Piazza Duomo. Sono socia del Circolo degli Artisti di Varese, dell’Associazione Artistica “Alfa - 3A” di Gallarate e dell’Associazione Blaue Reiter di Cavaria. Uso la tecnica dell’acquarello, olio, acrilico e tecnica mista. Hanno scritto di me Fabrizia Buzio Negri, Ettore Ceriani, Elio Bertozzi.
Lauro dorato per sommo poeta (2020) 30x30 cm Tecnica: mista su tela, acquerello, acrilico, oro e collage 141
Alida novelli drovandi
alidanovelli@tiscali.it
Pittrice di paesaggio, natura morta, figura. Vive e lavora a Varese. Ha partecipato con successo a moltissime mostre collettive e personali. Ha frequentato per anni gli studi di due validissimi Maestri, quali Pierluigi Talamoni e Leo Spaventa Filippi, presso i quali ha affinato il disegno, acquisito sicura conoscenza di tecniche coloristiche e assimilato il gusto scenico della composizione, traducendo il tutto in un linguaggio personale ricco di sensibilità poetica, accesa nelle ascendenze di fine Ottocento. Una pittura, la sua, calda e ispirata. Paesaggi, i suoi, con la Natura immersa nel silenzio, quasi nel sogno, in scorci suggestivi, ricchi di un cromatismo capace di suggerire stati d’animo, tra vivide gamme di colori solari e sfumature delicate. Ritratti ricchi di intensità cromatica, che individuano una chiarezza figurale per sondare nel profondo il carattere e l’anima. Nature morte che travalicano l’identità del reale perché l’immagine non risulta mai fine a se stessa, bensì parla di sentimento, quel sentimento che accompagna da sempre la sua vicenda pittorica.
Scorcio con tetti della Vecchia Varese (2020) 35x35 cm Tecnica: pittura a olio su tavola di legno Materiale: legno marino 142
cesare ottaviano
mmcliv@alice.it
Nato a Lecce nel 1964, Cesare Ottaviano vive e risiede a Ispra (Varese). È allievo presso l’Accademia di Belle Arti di Brera con Giancarlo Marchese nel corso di scultura. Restauratore di professione fonde la passione per l’arte con la ricerca di tecniche artistiche fondendole in una comunicazione emotiva. “La vera arte non ha bisogno di proclami e si compie in silenzio”, “L’arte non si può separare dalla vita, è l’espressione della più grande necessità della quale la vita è capace”. Espone in diverse gallerie e spazi pubblici ottenendo diversi premi e riconoscimenti. Realizza “Varesevive Award” - “Award Rotary Lago Maggiore” - “Premio Festival Internazionale del Cinema Povero” - Monumento semestre Finlandese.
Cento (2020) 35x35 cm Tecnica: resina, bronzo 143
laura pasquetti
laura.pasquetti@fastwebnet.it I soggetti dei miei quadri sono “nature vive� dove la contemplazione cede il posto alla vibrazione dell’istante. Paesaggi, vedute, fotogrammi scattati con gli occhi che si manifestano soprattutto in fondali marini e fiori.
Sacro Monte (2020) 35x35 cm Tecnica: acrilico su tavola 144
peter hide 311065
peterhide.311065@gmail.com
Peter Hide 311065 (Franco Crugnola) nasce a Varese nel 1965. Creativo di professione, concepisce e progetta con la moglie il primo e-book della storia nel 1992 (INCIPIT). Collabora nel campo del design con importanti aziende quali Swatch e Alessi e rilevanti aziende nel settore dell’arredamento. È il precursore (dal 2003) di quella corrente artistica di carattere globale (definita da Luca Beatrice in uno dei suoi ultimi saggi “Money Art”), che attraverso l’uso sistematico di banconote nelle opere, utilizzate proprio come supporto-materia del suo lavoro, sonda il delicato rapporto tra società-economia, individuo-denaro, come “messaggio” di un malessere contemporaneo.
Monocromo verde dollaro (2020) 35x35x5 cm Tecnica: mista e banconote su tela riportata su tavola 145
carla pugliano
carla.pugliano@libero.it
Pittrice autodidatta, appassionata di arte, predilige la pittura a olio cercando di consolidare il contatto con questa forma espressiva divenuta ormai indispensabile nutrimento per l’anima. Sperimenta il figurativo dove trova forte emozione nell’interpretazione dei moti interiori. Ha realizzato dipinti su commissione e ha avuto occasione di esporre individualmente e con Associazioni di Artisti. Nel mese di luglio 2020 ha esposto a Roma in occasione della mostra “BateauTiberis”. Nel mese di settembre 2020 ha partecipato a un Master di Pittura Accademica con il Maestro Roberto Ferri.
Finestra sul tempo (2020) 30x30 cm Tecnica: pittura ad olio 146
valeria rampinini
rampinini.valeria@gmail.com Nasce a Busto Arsizio (Varese). Appassionata da sempre alla pittura ha frequentato scuole d’arte e corsi privati per perfezionare la sua tecnica pittorica. Dall’arte figurativa si è presto dedicata all’arte informale che è diventata il suo veicolo di espressione. Le sue composizioni sono il risultato di un’intensa indagine sul colore. Ha ricevuto riconoscimenti a vari concorsi di pittura: “Associazione Arte Cultura Antonello da Messina” Legnano; “Premio città di Rescaldina”; “Gran Premio annuale della critica Topfive” presso Riseria di Novara; concorso nazionale “La margherita d’Argento” Cesena. Ha partecipato a diverse mostre personali e collettive tra le quali ricordiamo: Galleria “Oriana Fallaci” Somma Lombardo; Sala Mostre Comune di Sesto Calende; “Arte in rosa” Cascine di Villa Colombo Oggiona S. Stefano; “Metallo & colore” Cascina dell’Arte Busto Arsizio; “È Arte per Bacco” presso Grappa store Mazzetti d’Altavilla Marcallo con Casone (MI); Villa Pomini Castellanza; “Foulard d’Artista” Palazzo Congressi Salsomaggiore; Collettive Circolo degli Artisti di Varese. Attualmente vive e lavora a Marnate (Varese).
Tracce di rosso (2020) 30x30 cm Tecnica: olio su tela 147
Cristiano Ranghetto
rettangoliatmosferici@hotmail.it Nato a Busto Arsizio (Varese) nel 1977, dopo gli studi al Liceo Artistico, ha conseguito il Diploma di Laurea in Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Attualmente vive e lavora, oltre che come artista, nel ruolo di insegnante nella provincia di Varese. Pittore e scultore profondo, incline all’analisi interiore. Dopo diversi studi di quadri surreali astratti “Double-face”, l’artista ha cominciato a far ruotare le sue tele per riuscire così a ottenere diverse visioni di un solo dipinto. In questo modo è nata l’idea di un quadro Multivisionista (cioè con più punti di vista) in cui il dipinto è caratterizzato artisticamente dalla cifra astratta. Dice l’artista: “Voglio catturare la fantasia e l’immaginazione del fruitore che potrebbe divertirsi a cercare nuove visioni del quadro, modificando il proprio modo di vedere la realtà in base anche al proprio umore: ‘Credo che l’immaginazione debba essere rispettata e risvegliata’, quindi è auspicabile che chi fruisce di questo dipinto debba prima di tutto essere coinvolto, così da diventare partecipe esso stesso del quadro, diventando anch’egli un ‘artista’”.
Varese la Città Giardino (gira che ti rigira è sempre Varese) (2020) 35x35 cm Tecnica: olio su tela su tela girevole, 4a opera Multivisionista 148
tobia ravà
tobiarava@libero.it Tobia Ravà (Padova, 1959). Ha frequentato la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia e Urbino. Si è laureato in Semiologia delle Arti all’Università di Bologna, dove è stato allievo di Umberto Eco, Renato Barilli, Omar Calabrese e Flavio Caroli. Espone dal 1977 in mostre personali e collettive in Europa, Stati Uniti, Canada, Sud America, Giappone, Israele e Cina. Dal 1988 si occupa di iconografia ebraica. Nel 1993 è il promotore del gruppo Triplani. Nel 1998 è tra i soci fondatori di “Concerto d’Arte Contemporanea”. Dal 1999 ha avviato un ciclo di conferenze sulla sua attività nel contesto della cultura ebraica, della logica matematica e dell’arte contemporanea. Hanno scritto di lui, fra gli altri, Flavio Caroli, Caterina Limentani Virdis, Omar Calabrese, Piergiorgio Odifreddi, Giorgio Pressburger, Nadine Shenkar, Arturo Schwarz e Francesco Poli. Nel 2004 con Maria Luisa Trevisan ha dato vita a PaRDeS Laboratorio di Ricerca d’Arte Contemporanea a Mirano (Venezia) dove artisti di generazioni e culture diverse si confrontano su temi naturalistici e scientifici. In occasione delle olimpiadi di Pechino 2008 è tra gli artisti esposti all’Olympic Fine Arts. Nel 2011 è invitato a esporre al Padiglione Italia alla 54. Biennale di Venezia.
Mea - cento palpiti (2020) 35x35 cm Tecnica: resine e tempere acriliche su tavola 149
isabella rigamonti
palmisy@libero.it
Nata a Besana in Brianza, dopo gli studi artistici e gli approfondimenti nella fotografia, da diversi anni Isabella si presenta al pubblico con un lavoro di rielaborazione concettuale e gestuale in cui la fotografia, da lei scattata e non ritoccata con Photoshop, viene presentata in bianco e nero, con sovrapposizioni o accostamenti della stessa fotografia a colori. La sua è una fotografia di ricerca, in cui lo spazio è ridefinito attraverso il segno, è sottolinea to da una sovrapposizione, dove si contrappongono sensibilità differenti ed è immaginata una dimensione nuova. I suoi pezzi unici, rappresentano scenari urbani e figure, cieli nella serie “You are sky” e forme e colori rarefatti nella serie “La forma fluida”. Isabella ha una ricca biografia e bibliografia e le sue opere sono state esposte sia in mostre collettive che personali in svariate Gallerie e Musei di cui alcune opere sono entrate a far parte delle collezioni permanenti.
Autoritratto serie La forma fluida n. 65 (2020) 18x24 cm Tecnica: fotografia in bianco e nero accostata a fotografia a colori 150
Elio rimoldi
info@casarimoldi.com La storia di Elio Rimoldi inizia a Varese nel dicembre 1948; giovanissimo si inserisce, nel mondo dell’addestramento e dell’allevamento dei Siberian Husky e Alaskan Malamute. Spedizioni: nel 1985 e nel 1987 attraversa con i cani da slitta l’Altopiano di Asiago e la Foresta Nera, nel 1988 Canada con i propri cani, nel 2004 Groenlandia conducendo i cani degli Inuit. Nel 2005 organizza una spedizione in Lapponia, alla guida dei cani nordici della popolazione “Sami”. I reportage sono stati riconosciuti da quotidiani e riviste specializzate varie ed emittenti televisive nazionali ed estere. La sua passione per la pittura ha inizio nel 2007. Mostre personali: marzo 2010, Villa Trufini - maggio 2010, Sale Nicolini luglio 2010, Santuario di Oropa - agosto 2010, Badia San Gemolo (Ganna) - febbraio 2011, Villa Borromeo (Viggiù) - marzo 2011, Villa Faraforni (Vedano Olona) - giugno 2011, Castello Monteruzzo (Castiglione Olona) - giugno 2011, Sala Civica (Laveno Mombello) - luglio 2011, Badia San Gemolo Ganna. Poi inizia con le collettive del Circolo degli Artisti di Varese.
Sopravivenza (2020) 30x30 cm Tecnica: olio 151
donatella stolz
donatella.stolz@alice.it
Da sempre appassionata di disegno. Inizia a disegnare per piacere personale. Dopo aver collaborato per parecchi anni con stilisti di fama, da alcuni anni il suo hobby è creare opere, utilizzando solo francobolli provenienti da tutto il mondo, senza l’uso di pennelli, matite e colore. Ha partecipato a parecchie mostre collettive e personali. La sua scuola, durante il periodo lavorativo, le è stata di stimolo e competenza per poter ottenere risultati che hanno riscosso approvazioni e riconoscimenti. Le sue opere presentate si chiamano sempre: Francobollo “Protagonista di figure”.
Totò al Giro d’Italia 1948 Stresa/Varese (2020) 35x35 cm Tecnica: mosaico di solo francobolli originali di tutto il mondo 152
Alessia Tortoreto
alessia.tortoreto@libero.it
Artista e architetto nasce a Varese, dove vive e lavora. Unisce alle competenze professionali, proprie della sua attività di architetto, amante della modernità e della sperimentazione, una passione per ciò che la storia tramanda a testimoniare il passato. Il suo percorso artistico è strettamente legato ai suoi studi di architettura, nel cui contesto ha sviluppato la predilezione per la ricerca dei materiali e per il concetto dello spazio, quale simbolo di aggregazione sociale e culturale, la cui essenza è il “Genius Loci”. Sempre molto attiva nel campo dell’arte e della cultura ha partecipato a numerosi eventi espositivi in Italia e in Svizzera procedendo con sistematicità nella riflessione della creatività. Nel 2007 entra nella Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano; nel 2017 partecipa al progetto “Arte e Spiritualità” alla Biennale di Venezia Padiglione Tibet e alla Prima Biennale Internazionale di Arte Postale a Venezia. Nel 2019 partecipa al progetto di Mail Art a Matera e oggi le sue opere appartengono alla collezione dello Spazio Permanente “Melchiorre da Montalbano”. Nel 2020 entra a far parte del Progetto “Art Thérapie”, ideato e fondato da Martin Stoecklin, con divulgazione a livello internazionale, che ha visto i suoi albori in una importante mostra pittorica presso il Museo PAN di Napoli e la Fondazione Annalisa Durante, spazio “aperto” per attività culturali, teatrali e sociali.
Il libro della memoria (2020) 35x35 cm Tecnica: mista polimaterica in rilievo 153
silvia venuti
venutisilvia@hotmail.com Pittrice e poetessa è nata a Varese, ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera. La sua espressione aperta al naturalismo metafisico si muove nell’ambito della poesia visiva con connotazioni letterarie volte al trascendente. Il suo lavoro è stato presentato, in numerose personali e collettive e da R. Bossaglia, nel volume d’Arte e Poesia I giardini dell’anima, Mondadori, 2007 e nel volume La sacralità naturale, Eupalino, 2008. Nel 2017 è stato pubblicato il catalogo Silvia Venuti a cura di V. Sgarbi, EA, Palermo. Hanno inoltre scritto sulla sua opera M. Bentivoglio e P. Levi. Ha pubblicato le raccolte Allieva della vita, 1999, presentata da S. Raffo; Le parole necessarie, 2002, da P. Ruffilli; Nelle ragioni della vita, 2005, da G. Barberi Squarotti; Oltre il quotidiano, 2009, da G. Pontiggia; La visione assorta, 2012, da T. Kemeny; Sulla soglia della trasparenza, 2016, da P. Viotto. È presente nel Dossier di V. Sgarbi dell’Annuario Artisti, Mondadori, 2020.
Cento anni: come una pianta secolare, ogni anno una foglia d’oro. Cento come numero: un cipresso a lato di due folti alberi (2020) 30x30 cm Tecnica: acrilico e foglia d’oro 154
annamaria vitale
avitalit7@gmail.com
Annamaria Vitale è nata a Varese dove vive e lavora. Fin da bambina ha mostrato una forte vocazione per il disegno e risalgono fino dall’adolescenza i sui primi lavori a olio. Da giovane frequenta a Milano l’Istituto Europeo di Design, entra nel campo pubblicitario, lavora a grandi reportages con noti fotografi. Si iscrive alla Scuola Superiore degli Artefici annessa all’Accademia di Brera. Nel 1977 inizia la sua attività espositiva e riceve vari premi. Nel 1979 la medaglia d’oro del Comune di Milano, la medaglia d’oro del Presidente del Consiglio e nel 1980 l’Ambrogino d’oro rilasciato dal comune di Milano. Negli anni successivi fino a oggi, molte sono le personali che si susseguono. Di lei hanno scritto Riccardo Barletta, Francesco Ogliari, Franco Azimonti, Luciana Schiroli, Costanza Caraglio, Fabrizia Buzio Negri e molti altri.
Universi paralleli (2020) 35x35 cm Tecnica: acrilico su tela 155
Epilogo Anno 2020, centenario del Circolo degli Artisti di Varese Antonio Bandirali Presidente del Circolo degli Artisti di Varese
Quante volte ne avevamo parlato, già sotto la presidenza di Ferruccio Zuccaro, immaginando gli eventi che avremmo potuto organizzare per festeggiare degnamente l’occasione. E più si avvicinava il momento, più eravamo emozionati all’idea di ripercorrere il cammino di tanti artisti locali, che avevano rispecchiato, nelle loro opere, le varie epoche della storia della nostra città. Poi, finalmente, è arrivato il momento che aspettavamo con entusiasmo, per dedicarci ad un anno che si prospettava denso di impegni, ma che, in realtà, subito dopo, si è rivelato tragico per la terribile pandemia che, incredibilmente,
La Domenica del Corriere, 6 maggio 1923. Prima sfilata di moda alla Fiera Campionaria di Milano.
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proprio come per la “Spagnola” 100 anni fa, ha travolto le nostre vite, fermando temporaneamente anche i progetti che avevamo programmato. Solo con grande forza di volontà, con la pandemia sempre in corso, il gruppo di lavoro del Circolo, con l’indispensabile supporto culturale di tanti amici, ha ripreso a organizzare la manifestazione ufficiale dei cento anni presso gli spazi espositivi di palazzo Litta Modignani, oggi Villa Mirabello, che l’amministrazione comunale, sensibile alla storia dell’Associazione e intendendola sostenere, aveva concesso a partire dal mese di settembre. Abbiamo tutti creduto con passione a questo progetto, che ci avrebbe fatto rivivere il clima culturale e sociale dagli anni Venti fino ai nostri giorni. Siamo andati alla ricerca delle opere più importanti degli artisti che hanno onorato la vita del Circolo nei vari decenni, studiando dove posizionarle all’interno della mostra e affiancandole a fotografie e abiti d’epoca che avrebbero immerso i visitatori nell’atmosfera dei vari periodi. Dopo aver stabilito gli accordi con gli oratori che avrebbero condotto la presentazione dell’evento, abbiamo stampato gli inviti, i banners e i manifesti con la storia della città. Purtroppo, però, nel momento in cui tutto era ormai pronto, ecco che il virus ha bloccato ancora il nostro lavoro. La celebrazione del centenario è stata quindi posticipata di un anno, ma, grazie al nostro spirito battagliero di fronte al “Covid-19”, abbiamo deciso ugualmente di continuare nella nostra impresa, dando vita alla realizzazione di un apposito video che ci ha fatto rivivere gli anni Venti-Trenta della città di Varese, per poi passare in rassegna il percorso storico degli artisti che hanno esposto con la nostra associazione, conferendo prestigio culturale a tutto il territorio. Il video è stato per la prima volta visionato in occasione dell’inaugurazione virtuale della mostra, avvenuta il giorno 13 dicembre 2020, come dono di Santa Lucia alla città.
Caro lettore, con queste pagine si chiude il volume celebrativo dedicato ai Cento anni di storia, arte e costume attraverso il Circolo degli Artisti di Varese. Una storia incominciata nel decennio dei gloriosi “Anni Ruggenti”, esattamente il 26 giugno 1920, nello studio del notaio Bonazzola. Per celebrare questo evento, è stata indispensabile la collaborazione di alcuni nostri “amici”, che hanno offerto con entusiasmo la loro collaborazione, come fece cento anni fa il giornalista e critico d’arte varesino Emilio Zanzi, che, avendo letto sui giornali I Laghi Lombardi e La Prealpina la notizia che si stava creando un nuovo gruppo culturale, scriveva in una lettera inviata al direttore della Prealpina Giovanni Bagaini: “Saputo dal tuo giornale che si sta organizzando la costituzione di una associazione culturale ‘Amici dell’Arte’, io mi metto a disposizione degli organizzatori della società varesina. Poca è la scienza, ma discreta è l’esperienza…”.
Nel percorso espositivo di questo volume abbiamo cercato di dare modo al visitatore di percorrere idealmente cento anni di storia della città attraverso i contributi di alcuni studiosi legati al territorio, cui vanno i nostri ringraziamenti: Ferruccio Zuccaro, già presidente del Circolo degli Artisti di Varese; Raphael de Vittori Reizel, artista e componente la direzione del Circolo degli Artisti di Varese; Fausto Bonoldi, studioso del territorio; Robertino Ghiringhelli, già direttore di dipartimento dell’Università Cattolica di Milano; Silvano Colombo, professore e già direttore dei Musei Civici di Varese; Maurizio Lucchi, direttore del quotidiano La Prealpina; Franco Prevosti, storico ed erede della famosa galleria Prevosti; Daniele Cassinelli, direttore dei Musei Civici di Varese; Mario Chiodetti, giornalista, fotografo, scrittore e attore; Silvio Raffo, docente, poeta, scrittore e attore; Alberto Bertoni, responsabile del museo Bertoni a Volandia; Francesco Spatola, presidente della commissione cultura del comune di Varese; Chiara Ambrosoli, psichiatra e componente del direttivo della Società Storica Varesina; Matteo Inzaghi, giornalista, scrittore e direttore dell’emittente televisiva Rete55; Enrico Brugnoni, perito ed esperto storico delle ceramiche del territorio.
Presentando questo saggio della Prima Autunnale che ci è costato un anno di lotta contro tutte le diffidenze e contro tutte le indifferenze, innanzi al mondo artistico lombardo che ha guardato con commozione a questa impresa di fede, io mi sento di dover promettere per me e per gli altri che il successo, se si ha prostrati fisicamente – poiché l’improba fatica fu sostenuta pochi – non ci ha prostrati moralmente. Noi abbiamo ancora la forza di riprendere a due mani questa nostra bandiera per agitarla più forte e più in alto che mai. E la riprenderemo nella Seconda Autunnale che dovrà essere e sarà la grande adunata di tutti gli artisti che vivono nella meravigliosa regione della quale noi volemmo essere la voce più fiera e più squillante. Ismaele Mario Carrera Immagini tratte dal catalogo della prima autunnale del 1920, provenienti dalla collezione del compianto Luigi (Ginetto) Piatti.
Testo tratto dal giornale: I Laghi Lombardi del 15 settembre 1920, diretto da Gino Bonfiglioli.
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Siamo molto grati all’amministrazione comunale e ai suoi collaboratori, ai col lezionisti, che hanno prestato le loro opere per la mostra, e agli sponsors, che hanno sostenuto l’iniziativa in modi diversi. Vorrei infine ringraziare i 40 soci del Circolo degli Artisti di Varese, che, seguendo la loro libera creatività nella produzione artistica, si sono impegnati a dare un valido contributo al centenario realizzando opere ricche di significato. Per concludere questo mio testo, mi rifarei a un breve scritto del compianto prof. Luigi Ambrosoli (1919-2002) che, nel lontano 1945, fece parte della cordata di intellettuali varesini, chiamati dall’avv. Lozito (presidente e fondatore dell’associazione), per dare il loro contributo allo sviluppo del Circolo e che da allora è sempre stato legato all’Associazione.
Opera esposta alla Mostra celebrativa dei 90 anni del Circolo degli Artisti di Varese al Castello di Masnago nel 2010. Idealmente sono riprodotte a mosaico 2000 opere di artisti che hanno esposto con l’associazione dal 1994 al 2010. Dimensioni 3000x4000 cm - Autore: Antonio Bandirali. Circolo degli Artisti di Varese.
In un suo testo critico sull’arte, scriveva:
Prof. Luigi Ambrosoli (archivio fam. Ambrosoli).
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“… l’arte rimane una delle forme di salvezza e la conquista del bello è parte della conquista della salvezza alla quale aspiriamo, la salvezza terrena prima ancora della salvezza ultraterrena, la salvezza che consiste nel vivere secondo ragione e nel respingere quanto non corrisponde ai suoi dettami, conquista che non può prescindere dai meriti conseguiti lungo quel percorso terreno che esige il nostro costante e disinteressato impegno”.
Videoarte: JosĂŠ Joaquin Beeme - FoundaciĂłn del Garabato. Realizzato per il centenario del Circolo degli Artisti di Varese.
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cruciverba del centenario Ideato da Antonio Bandirali
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ORIZZONTALI 1.
Ada, pittrice che espose alla Galleria Prevosti con Carrà, Carpi e Milesi nel 1922. 5. Il pittore Innocente (1889-1979), celebre anche per il suo mulino! 10. Luigi, pittore e musicista futurista di Laveno Mombello. 11. Vincenzo, pittore che nel 1992 firmò con atto notarile lo statuto del Circolo degli Artisti di Varese. 15. Emilio, giornalista e critico d’arte varesino (1886-1955). 16. Docente a Brera, è stato anche assessore alla cultura al comune di Varese, iscritto al Circolo degli Artisti di Varese. 18. Scultore dell’associazione Circolo degli Artisti di Varese, di nome Emanuele. 22. Orazio Costante, scultore (1867-1952) giudice del concorso d’arte del 1921. 24. Lo scultore Donato, che nel 1920 fondò con Bagaini e Montanari il Circolo degli Artisti di Varese. 25. Vincenzo, fu uno dei probiviri nella neonata associazione Amici dell’Arte. 26. Il maestro Renato che ha vissuto nel borgo di Velate (Varese). 28. Il pittore Giunti dell’associazione Circolo degli Artisti di Varese. 29. Marco Teodoro, componente il primo direttivo dell’associazione Amici dell’Arte. 31. Pittore, illustratore e disegnatore italiano (1853-1923) di nome Amero conosciuto anche come Amerigo. 32. L’avvocato Guido, secondo presidente dell’associazione Amici dell’Arte. 34. Ernesto, un saggio, un esteta, un imprenditore. Premio Circolo degli Artisti di Varese nel 2001. 36. Luigi, cattedratico e storico varesino. Ha ricevuto il premio Circolo degli Artisti di Varese nel 1999. 39. Vincenzo (1881-1925), conosciuto a livello internazionale per il furto della Monna Lisa al Louvre nel 1911. 40. Sonia, artista egiziana naturalizzata italiana, del Circolo degli Artisti di Varese. 42. Gianni, giornalista e scrittore, che nel 2009 pubblica “Mister Ignis”. 44. Il maestro ceramista Ruggero, già professore di disegno. Consigliere del Circolo degli Artisti di Varese. 47. Un giornale online del gallaratese. 48. È una creativa nel mondo della ricerca fotografica. Fa parte del Circolo degli Artisti di Varese. 49. Docente universitario, psichiatra, umanista e storico, è presidente della Società Storica Varesina (chiamato dagli amici Giugi).
51. Il Liceo Artistico di Varese porta il suo nome.
Ha fondato nel 1945, con Montanari e De Bernardi il Circolo degli Artisti di Varese. 53. Il conte Giuseppe, che ha ricevuto il premio Circolo degli Artisti di Varese nel 2003. 57. Pittore nato a Genova nel 1879, di nome Federico, che con Montanari e Bagaini fondò nel 1920 l’associazione Circolo degli Artisti di Varese. 59. È la direttrice artistica del premio Chiara. 62. Il comune di Gemonio (Varese) gli ha dedicato un museo. 65. Gianfranco, film-maker sperimentale. 67. Antonio, scultore, già professore di disegno. Ricoprì la carica di sindaco nel comune di Gemonio. 69. Giuseppe Montanari: di quale associazione culturale era fiduciario nel 1929? 71. Giuliano, pittore e scultore di fama internazionale, nato nel 1931 a Barberino del Mugello. 73. Fa parte del Circolo degli Artisti di Varese e il suo nome è Valeria. 76. Notaio varesino, detto Bepi, che collaborò con l’avv. Lozito nel 1945, alla nascita del Circolo degli Artisti di Varese. 78. Luca, artista poliedrico del Circolo degli Artisti di Varese. 79. Michele, pittore del Circolo degli Artisti di Varese. 80. Acquarellista di natura, il suo nome è Laura, fa parte del Circolo degli Artisti di Varese. 84. Pittore di nome Romeo, che fondò l’associazione Amici dell’Arte. 86. Lo scultore Daniele, fondatore nel 1920 dell’associazione Amici dell’Arte. 87. Il prof. Leopoldo che fondò la Società Storica Varesina. 88. Raffo, poeta, scrittore e commediografo varesino. 91. Prevosti, consigliere del Circolo degli Artisti di Varese. 94. Rossana, copre il ruolo di segretaria del Circolo degli Artisti di Varese. 96. Famoso architetto ticinese di nome Mario. Premio Circolo degli Artisti di Varese 2002. 97. Leo, pittore figurativo varesino, nato nel 1912. Era noto il suo studio a Varese in Via del Cairo. 99. Cosa festeggia quest’anno l’associazione Circolo degli Artisti di Varese? 100. Annamaria, pittrice cosmica. 101. Oreste, ultimo pittore divisionista (18871953). 103. Anno in cui si celebra il centenario del Circolo degli Artisti di Varese. 107. Manlio, direttore dell’Ufficio del Turismo di Varese, che nel 1945 collaborò alla nascita del Circolo degli Artisti di Varese.
109. Gladys, artista del Circolo degli Artisti di Va-
rese. 112. Alessia, architetto, artista. Vice presidente
del Circolo degli Artisti di Varese. 113. È stata presidente e direttore artistico del
Circolo degli Artisti di Varese. 115. Guido, noto artista e uomo di spirito, nato
nel 1873, iscritto nel 1920 all’associazione Amici dell’Arte. 118. È diretta da Marco Giovannelli. 120. Di quale giornale era direttore Gino Bon figlioli? 121. Giovanni, fondatore del giornale “La Preal pina” e dell’associazione Amici dell’Arte nel 1920. 124. Eduardo, maestro ebanista e scultore di materiale ligneo, che copre la carica di consigliere del Circolo degli Artisti di Varese. 125. Mons. Luigi, componente il gruppo di intellettuali che fondarono l’associazione Amici dell’Arte. 128. Raffaele, socio del Circolo degli Artisti di Varese. 129. Giorgio, noto fotoreporter di fama internazionale. 131. L’attuale direttore dei Musei Civici di Varese. 133. Professore, storico dell’arte, già direttore dei Musei Civici di Varese, ma non ha scoperto l’America. 135. Flaminio, nato a Masnago. Geniale car designer della Citroën (1903-1964). 136. Il pittore Zanella che lasciò il Circolo degli Artisti di Varese nel 1976 per fondare, a Gallarate, l’associazione Liberi Artisti della Provincia di Varese (nome). 137. Donatella, pittrice del Circolo degli Artisti di Varese. 138. Fausto, storico e studioso del costume e del territorio, già giornalista de “La Prealpina”. 139. Chirurgo e magnifico rettore dell’Università dell’Insubria. Premio Circolo degli Artisti di Varese nell’anno 2000. 140. Robertino, già professore e direttore d’istituto all’Università Cattolica di Milano. 142. Il poeta e scrittore Speri della Chiesa. 143. Il nome della pittrice Ambrosoli (Milano 1888-Varese 1951). 144. Il nome della pittrice figurativa Pugliano del Circolo degli Artisti di Varese. 145. Ha diretto il Circolo degli Artisti di Varese nel 1980. 146. Giovanni, drammaturgo, narratore e storico dell’arte. 147. Cenacchi de Polzer, fotografo espressivo, iscritto al Circolo degli Artisti di Varese. 148. Il nome del musicista Pedrollo fondatore degli Amici dell’Arte.
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L’avvocato Aldo, primo presidente e fondatore dell’associazione Circolo degli Artisti di Varese nel 1945. Neddu, presidente fino al 1927 dell’associazione Cenacolo Artistico. Era molto nota la sua galleria d’arte con negozio di arredamento. Punto di riferimento per gli artisti. La pittrice Mattanò del Circolo degli Artisti di Varese. Artista per eccellenza, che diede vita alla nascita delle associazioni dagli Amici dell’Arte nel 1920 al Circolo degli Artisti di Varese nel 1945. Adriano (1927-2011), scultore, nel 1956 fondò l’associazione Artisti Indipendenti. Luigi, detto Ginetto, molto noto per le sue schegge. Lucio, noto artista conosciuto per i suoi tagli. Silvia, pittrice e poetessa, che ha vinto il concorso di poesia “Camaiore”. Elio, pittore del Circolo degli Artisti di Varese. Curò con alta professionalità la segreteria del Circolo degli Artisti di Varese. Dino, scrittore e poeta, organizza ogni anno, il 10 agosto, la “Notte dei Poeti”. Una rubrica d’arte online del varesotto. Umberto, architetto, nel 1920 con Montanari e De Bernardi collaborò alla nascita dell’associazione Amici dell’Arte. Cristiano, scultore del Circolo degli Artisti di Varese. Vittorio, illustre poeta e scrittore nato a Luino nel 1913. Isabella, fotografa creativa del Circolo degli Artisti di Varese. Enrico, famoso scultore che ha realizzato l’importante Monumento ai Caduti a Varese. Antonia, designer e art director delle ceramiche di Laveno. Valeria, pittrice del Circolo degli artisti di Varese. Guido (1912-1973), scrittore e poeta di Gavirate. Giuseppe, maestro di musica, che fondò con Bagaini e De Bernardi l’associazione Amici dell’Arte. Nome del noto artista varesino di fama internazionale conosciuto per i suoi lumen. Le ceramiche di Cunardo, dette anche Fornaci.
45. Gianni, scrittore, pedagogista, giornalista 46. 48. 50. 51. 52. 54. 55. 56. 58. 60. 61. 63. 64. 66. 68. 70. 72. 74. 75. 77. 81. 82. 83. 85.
e poeta specializzato in letteratura per l’infanzia. È l’attuale sindaco di Varese. Antonio, attuale presidente del Circolo degli Artisti di Varese. Allo scrittore Piero, gli “Amici” dedicano tutti gli anni un Premio. Salvatore, fondatore dell’osservatorio Schia parelli di Varese. Marcello, noto artista, architetto e designer varesino. Il nome dell’associazione culturale che nacque nel 1920 a Varese. Walter, film-maker in forza al Circolo degli Artisti di Varese. Enrico, funambolico artista di fama internazionale. Carlo, importante pittore amico di Boccioni, Balla e Severini. Il nome della storica galleria d’arte in Via Albuzzi a Varese. Nella sua arte conta la moneta, esponente della corrente Art Money. Associazione culturale artistica, nata nel 1922, dopo la chiusura degli Amici dell’Arte. Colombo, è stato un valido pittore figurativo nel Circolo degli Artisti. Il giornalista Gino, promotore con Bagaini, Montanari, Scola e altri, della fondazione dell’associazione Amici dell’Arte. Enrica, validissima pittrice varesina, che collaborò per parecchi decenni con il Circolo degli Artisti di Varese. Alida, pittrice del Circolo degli Artisti di Varese. Augusto, geometra (scultore per passione), che ricevette il premio Circolo degli Artisti di Varese nel 2018. Cornelio, avvocato, che partecipò nel 1920 alla costituzione dell’associazione Amici dell’Arte. Giornalista, promotore con Bagaini della nascita dell’associazione Amici dell’Arte. Cesare, scultore, pittore e restauratore, il suo cognome ricorda un importante imperatore romano! Massimiliana, pittrice del Circolo degli Artisti di Varese. Angelo, fu presidente del Circolo degli Artisti di Varese nel 1977. Il dr. Carlo, che è stato segretario generale della Fondazione Comunitaria del Varesotto fino al 2019. Giuseppe (1886-1968), definito inquieto, è stato pittore, decoratore, attore di teatro, ecc.
89. Raphael, artista eclettica, consigliera del
Circolo degli Artisti di Varese. 90. Aldo, pittore e scultore, è stato direttore
artistico all’accademia di Brera (18861973). 92. Ismaele Mario, primo segretario artistico dell’associazione Amici dell’Arte. 93. Castiglioni, pittore, grafico e incisore, anima del Circolo degli Artisti di Varese. 95. Amministrava la città di Varese nel 1920. 98. Mario, scrittore, giornalista, commediografo, fotografo e un po’… 102. Il giornale fondato nel 1888 da Giovanni Bagaini. 104. Critico letterario, filologo e accademico della Crusca di nome Dante. 105. Pittore di nome Alessandro che espose alla galleria Prevosti con Carrà nel 1922. 106. Di nome Rita, fa parte del Circolo degli Artisti di Varese. 108. Con sua moglie Rosita, ha creato un’importante casa di moda. 109. Pierangela, pittrice del Circolo degli Artisti di Varese. 110. L’avvocato Geo promotore, nel 1920, della nascita dell’associazione Amici dell’Arte. 111. Ferruccio, l’avvocato che guidò il Circolo degli Artisti di Varese dal 1994 al 2016. 114. Vanni, pittore del Circolo degli Artisti di Varese. 116. Matteo, giornalista, scrittore e direttore di Rete55. 117. Domenico, eccellente pittore di Besozzo, che nel 1920 collaborò attivamente alla nascita dell’associazione Amici dell’Arte. 119. È direttore di Varesereport. 121. Giorgio (1861-1944), pittore dell’associazione Amici dell’Arte. 122. La Fumei del Circolo degli Artisti di Varese. 123. Il nome del pittore e scultore Piatti (18751962) di Viggiù. 126. Grande pittore bustese. Fondatore dell’associazione Amici dell’Arte. 127. È la rete televisiva diretta da Matteo Inzaghi. 128. Roberto, pittore del Circolo degli Artisti di Varese. 130. Giampaolo (1950-2020), per gli amici GP, filosofo, umanista, saggista e docente universitario. 132. Alberti (1860-1943), scultore e pittore. Docente all’Accademia di Brera. 134. Il nome del pittore Ravà la cui arte si esprime con i numeri. 141. Missoni, un creativo che usa il terzo occhio, conosciuto per le sue opere lunari.
Iniziative e pubblicazioni del Circolo degli Artisti di Varese dal 2010 al 2020
LA NATURA
E I SUOI QUATTRO ELEMENTI
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Circolo
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Edizioni Lativa
Edizioni Lativa
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Edizioni Lativa
IL FASCINO DISCRETO DI UNA PROVINCIA CHIAMATA DI VARESE
Comune di Maccagno con Pino e Veddasca degli
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aco di Varese Al Signor Sind Via Sacco, 5 ESE 21100 VAR
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Comune di Maccagno con Pino e Veddasca
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degli
200 anni dall’elevazione di Varese al rango di Città
Circol 1920 2020
1816-2016
isti Art
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Un francobollo per la Città di Varese
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Illustrata dal Circolo degli Artisti di Varese
IL FASCINO DISCRETO DI UNA PROVINCIA CHIAMATA DI VARESE Var se e
La Commedia Dantesca
Omaggio a GINETTO PIATTI
21 MARZO - 28 GIUGNO 2020
degli 1920 2020
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Va
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CIVICO MUSEO PARISI-VALLE Via Leopoldo Giampaolo 1 - Maccagno con Pino e Veddasca (Varese)
Circol
Circol Circol
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degli
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Edizioni Lativa
Circol
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Comune di GermiGnaGa
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Omaggio a GINETTO PIATTI
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LA NATURA
E I SUOI QUATTRO ELEMENTI
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IL FASCINO DISCRETO DI UNA PROVINCIA CHIAMATA DI VARESE
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IL FASCINO DISCRETO DI UNA PROVINCIA CHIAMATA DI VARESE 2
bibliografia consultata
Archivio storico-bibliografico famiglia Luigi Ambrosoli. Archivio storico-bibliografico Antonio Bandirali. Archivio storico-bibliografico Fausto Bonoldi. Archivio storico-bibliografico Mario Chiodetti. Archivio storico-bibliografico Laura Lozito Zanzi. Archivio storico-bibliografico Franco Prevosti. Archivio storico-bibliografico Carlo Zanzi. Archivio storico del giornale La Prealpina. Cataloghi Mostre di pittura e scultura degli anni 1920, 1921, 1936, 1937, 1949, 1951, 1955, 1964. Journal des Dames et des Modes, Paris 1912. XI Mostra d’Arte del Circolo degli Artisti e Rassegna triennale della manifestazione “Pittori in vacanza” - 1958 (Arcumeggia). Luigi Ambrosoli, Gli artisti a Varese e le loro associazioni dal 1945 ad oggi, dal catalogo della Mostra “Circolo degli Artisti di Varese: 90 anni di storia e attualità”, 2010. Maniglio Botti-Massimo Lodi, Giovanni Bagaini. Giornalista a Varese, Edizioni Lativa, Varese 1987. Luigi Brambilla-Jacob Brunner, Varese Beautiful, Macchione Editore, Varese 2005. Fabrizia Buzio Negri, A proposito di…, dal catalogo della Mostra “Circolo degli Artisti di Varese: 90 anni di storia e attualità”, 2010. Daniele Cassinelli-Cristina Pesaro, La collezione di opere d’arte del comune di Varese: alcune scoperte (1920-1940), dal catalogo della Mostra “Circolo degli Artisti di Varese: 90 anni di storia e attualità”, 2010. D. Cassinelli-S. Rebora-G. Sassi (a cura di), Immagini nel tempo. Fotografi e fotografia a Varese tra ’800 e ’900, Scalpendi Editore, Milano 1997. Silvano Colombo, Carissima Varese, Edizioni Lativa, Varese 1998. Editori e tipografi a Varese, Edizioni Lativa, Varese 2001. Luigi Piatti, Storie d’arte e d’artisti in Varese e Circondario 1920-1926, Grafica Varese Edizioni, Varese 1999. Luigi Piatti, Arte e artisti in Varese e provincia 1927-1940, Catalogo mostra 2011. Luisa Negri-Francesco Ogliari, Alfredo Morbelli fotografo in Varese 1920-1940, Edizioni Lativa, Varese 1993. Ernesto Restelli-Aldo Tronconi, Il miraggio dell’italiano nuovo, Edizioni Lativa, Varese 2017. Sindacato Provinciale Fascista. Belle Arti - Varese, Catalogo mostre 1936, 1937. Ferruccio Zuccaro, L’arte del secolo dell’associazionismo, dal catalogo della Mostra “Circolo degli Artisti di Varese: 90 anni di storia e attualità”, 2010. 164
INDICE ARTISTI
I Maestri del Novecento
Gli Artisti del Circolo di Varese
Albertini Oreste ............................................................................................................................................................. p. 75 Ambrosoli Lia .................................................................................................................................................................... p. 78 Andlovitz Guido ....................................................................................................................................................... p. 108 Baj Enrico ................................................................................................................................................................. pp. 96, 97 Bodini Floriano ............................................................................................................................................. pp. 89, 90 Bonetti Uberto ................................................................................................................................................................ p. 87 Brebbia Gianfranco ................................................................................................................................................ p. 95 Butti Enrico ............................................................................................................................................................................. p. 92 Campi Antonia ........................................................................................................................................................... p. 109 Carpi Aldo ................................................................................................................................................................................ p. 79 Cavaleri Ludovico ..................................................................................................................................................... p. 74 Chiara Piero ............................................................................................................................................... pp. 100, 101 Colombo Sergio .......................................................................................................................................................... p. 86 De Bernardi Domenico ................................................................................................................................. p. 85 Donati Carlo ......................................................................................................................................................................... p. 98 Fayer Carlo ............................................................................................................................................................................... p. 86 Fontana Lucio ............................................................................................................................................................... p. 104 Frattini Angelo ................................................................................................................................................................ p. 91 Frattini Vittore ................................................................................................................................................................... p. 87 Gariboldi Federico ................................................................................................................................. pp. 77, 78 Guenzani Aldo .............................................................................................................................................. pp. 82, 83 Guttuso Renato ......................................................................................................................................................... p. 104 Mendini Alessandro ......................................................................................................................................... p. 107 Montanari Giuseppe ........................................................................................................................ pp. 71, 72 Ortelli Gottardo ......................................................................................................................................................... p. 105 Pandolfi Alessandro ............................................................................................................................................. p. 98 Pellegatta Romeo ..................................................................................................................................................... p. 85 Pellini Eugenio .............................................................................................................................................. pp. 93, 94 Piatti Antonio .................................................................................................................................................................... p. 80 Pogliaghi Lodovico ................................................................................................................................................ p. 80 Ponti Gio ................................................................................................................................................................... p. 89, 103 Portaluppi Piero ........................................................................................................................................................ p. 106 Pozzi Ambrogio ................................................................................................................................ pp. 107, 108 Prevosti Carlo ..................................................................................................................................................................... p. 83 Robusti Gianni ............................................................................................................................................................. p. 102 Russolo Luigi ..................................................................................................................................................... pp. 81, 82 Salvini Innocente ..................................................................................................................................... pp. 75, 76 Schalk Ada van der ................................................................................................................................................ p. 73 Spaventa Filippi Leo ............................................................................................................................................ p. 84 Talamoni Giuseppe ............................................................................................................................................... p. 99 Treccani Ernesto .......................................................................................................................................................... p. 88 Turri Bonacina Enrica ......................................................................................................................................... p. 74 Vangi Giuliano ................................................................................................................................................................. p. 94
Aloisi Gioia ........................................................................................................................................................................... p. 117 Bandirali Antonio ................................................................................................................................................... p. 118 Bellea Vanni ....................................................................................................................................................................... p. 119 Bertrecchi Rita ............................................................................................................................................................. p. 120 Bolognese Floriana ............................................................................................................................................ p. 121 Brianza Massimiliana ...................................................................................................................................... p. 122 Brocca Toletti Eduardo ............................................................................................................................... p. 123 Capelli Walter ................................................................................................................................................................. p. 124 Carabelli Paola ............................................................................................................................................................. p. 125 Castiglioni Gianpiero ..................................................................................................................................... p. 126 Cattini Pierangela .................................................................................................................................................. p. 127 Cenacchi de Polzer Andrea .............................................................................................................. p. 128 Colmenares Gladys ............................................................................................................................................ p. 129 Colombo Giorgio .................................................................................................................................................. p. 130 Corti Raffaele .................................................................................................................................................................. p. 131 Cozzi Roberto ............................................................................................................................................................... p. 132 De Vittori Reizel Raphael ........................................................................................................................ p. 133 Di Giovanni Michele ........................................................................................................................................ p. 134 Favero Emanuele Ascanio ................................................................................................................... p. 135 Franzetti Antonio ................................................................................................................................................... p. 136 Fumei Flora ........................................................................................................................................................................ p. 137 Giunti Raffaello .......................................................................................................................................................... p. 138 Marrani Ruggero .................................................................................................................................................... p. 139 Mattanò Ana Ines ................................................................................................................................................. p. 140 Naccache Sonia ........................................................................................................................................................ p. 141 Novelli Drovandi Alida ................................................................................................................................ p. 142 Ottaviano Cesare ................................................................................................................................................... p. 143 Pasquetti Laura .......................................................................................................................................................... p. 144 Peter Hide 311065 ............................................................................................................................................... p. 145 Pugliano Carla .............................................................................................................................................................. p. 146 Rampinini Valeria ................................................................................................................................................... p. 147 Ranghetto Cristiano ........................................................................................................................................ p. 148 Ravà Tobia ............................................................................................................................................................................ p. 149 Rigamonti Isabella .............................................................................................................................................. p. 150 Rimoldi Elio ........................................................................................................................................................................ p. 151 Stolz Donatella ........................................................................................................................................................... p. 152 Tortoreto Alessia ..................................................................................................................................................... p. 153 Venuti Silvia ....................................................................................................................................................................... p. 154 Vitale Annamaria .................................................................................................................................................... p. 155
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INDICE GENERALE
Davide Galimberti, sindaco di Varese .................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... p. 8 Ferruccio Zuccaro, presidente onorario del Circolo degli Artisti di Varese .......................................................................................................................................................................................................................... p. 9 Raphael De Vittori Reizel, Un secolo di storia .......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... p. 10 Antonio Bandirali, Ferruccio Zuccaro, Storia del Circolo degli Artisti di Varese ..................................................................................................................................................................................................... p. 12 Francesco Spatola, Cultura a Varese dal secondo dopoguerra a oggi. A che serve la cultura a una città? ......................................................................................................... p. 17 Matteo Inzaghi, La vita in Circolo ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... p. 23 Robertino Ghiringhelli, Un varesino doc: Giovanni Bagaini ....................................................................................................................................................................................................................................................................... p. 24 Maurizio Lucchi, La Prealpina non è più solo carta ...................................................................................................................................................................................................................................................................................................... p. 25 Fausto Bonoldi, Gli aspetti storici della città di Varese ............................................................................................................................................................................................................................................................................................. p. 29 Franco Prevosti, Il “Circolo degli Artisti di Varese” e la Galleria Prevosti ..................................................................................................................................................................................................................................... p. 37 Daniele Cassinelli, Il Novecento varesino ......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... p. 41 Silvio Raffo, Varese città giardino della letteratura ......................................................................................................................................................................................................................................................................................................... p. 44 Mario Chiodetti, La ruggente Varese delle arti ....................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... p. 45 Alberto Bertoni, Flaminio Bertoni, “createur de formes” ...................................................................................................................................................................................................................................................................................... p. 54 Enrico Brugnoni, “Luoghi della ceramica” nel varesotto… ............................................................................................................................................................................................................................................................................ p. 59 Chiara Ambrosoli, Società Storica Varesina ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................ p. 64 I Maestri del Novecento ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................. p. 69 Laura Lozito Zanzi, Aldo Lozito - Primo presidente del Circolo degli Artisti di Varese sorto nel 1945 dalle ceneri delle associazioni: Amici dell’Arte, 1920 - Cenacolo Artistico, 1922 - Raduno delle Arti, 1929 ............................................................................................................... p. 112 Gli Artisti del Circolo di Varese ........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... p. 115 Antonio Bandirali, Epilogo - Anno 2020, centenario del Circolo degli Artisti di Varese ............................................................................................................................................................................... p. 156 Antonio Bandirali, Cruciverba del centenario ......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... p. 160 Bibliografia consultata ....................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... p. 164 166
La Prealpina - 11 dicembre 2020
Finito di stampare presso Grafiche Esse Zeta - Varese la notte di Santa Lucia (13 dicembre 2020) in 500 copie Edizione fuori commercio
Circol degli 1920 2020
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1920-2020 Cento anni di storia, arte e costume attraverso il Circolo degli Artisti di Varese
a cura di
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Var se e
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Circol
PER SAPERNE DI PIù
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degli 1920 2020
ANTONIO BANDIRALI Circolo degli Artisti di Varese
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Var se e
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1920 2020
isti Art
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degli
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