luca mannino assemblaggi
luca mannino assemblaggi dall’19 al 13 giugno 2010 June 19th - 13st 2010 Galleria 1 Roma via dei Coronari 137 tel. +39 06.68392234 www.galleriauno.it info@galleriauno.it
Mostra a cura di Fabrizio Pietrolati Progetto grafico di Giulio Bordonaro Antonio Cusimano
luca mannino assemblaggi
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biografia
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uca Mannino nasce a Palermo nel 1980 città dove attualmente vive e lavora. Nel 2007 consegue il titolo in pittura nell’accademia della stessa città. Si impegna in una ricerca artistica vorticosa e in continua evoluzione, che coinvolge qualunque tipo di supporto, senza fare distinzione tra i vari metodi espressivi, questi infatti spesso si toccano e si contaminano vicendevolmente. Fotografia, pittura, assemblaggi, e video, si alternano in una sorta di staffetta lasciando il posto di volta in volta, alla necessità concettuale ed espressiva dell’artista. Nel 2007 con Antonio Cusimano e Angelo Cultrera dà vita al progetto BOX36 un collettivo artistico tutto palermitano, impegnato nel campo della video istallazione, che indaga con un’originale ricerca le innumerevoli interazioni tra arte e tecnologia. 7
Assemblaggi a cura di Tiziana Talocci
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assemblaggio in arte è una tecnica che prevede l’accostamento di materiali eterogenei, mentre in un senso più ampio è riferito all’unione di più parti che costituiscono un intero dotato di coerenza ed identità. Le opere di Luca Mannino incarnano entrambe le interpretazioni, e sono frutto della sua abilità nel porre insieme parti di alcuni oggetti al fine di creare qualcosa d’altro: cavi elettrici, viti, rondelle, spine ed altri componenti funzionali di apparecchiature elettriche ed elettroniche di cui si fa uso quotidiano - le quali sono ormai mezzi imprescindibili delle nostre possibilità di interazione con il mondo - diventano per lui materiale per dare vita ad oggetti dotati di una nuova funzione, di nuovi significati. Utilizzare i rifiuti prodotti in grande quantità dalle società consumistiche, affinché possano costituire una utile risorsa per qualcos’altro, è una tendenza fortemente in crescita oggi. Mannino sembra in parte prendervi ispirazione, ma soprattutto porre l’accento sulle conseguenze del rapporto uomo-macchina, oggigiorno riconducibile a uomo-tecnologia, che ha comportato non solo l’avvento della società di massa sopra menzionata, ma anche grandi cambiamenti dal punto di vista relazionale. Una tendenza alla meccanicizzazione dei comportamenti, il rischio di una sempre maggiore superficialità nello scambio interpersonale sono le riflessioni alla base dell’opera di Mannino, che nella 8
superficie, seppure tridimensionale, dei suoi quadri sembra voler suggerire una possibile lettura di questa relazione uomo-tecnologia, risolvendola nell’ipotesi di una nuova specie di esseri viventi-cyborg, fatti appunto di scarti di oggetti elettronici. In quest’ottica l’assemblaggio può allora valere anche da invito a nuove forme di unione, di relazione, e rappresentare non solo una critica del rischio delle usuali modalità di comunicazione di venir meno. A rendere particolarmente originale l’opera di Mannino è un sapiente uso della tecnica, associato ad una chiara vena ironica palpabile in tutti i suoi lavori. Questo artista è un capace “assemblatore”che dimostra di saper usare con abilità le competenze acquisite dalla formazione accademica in pittura, non solo attraverso la scelta dei colori ma anche e soprattutto nell’accurata selezione dei pezzi che vanno a comporre le particolarità anatomiche delle sue creature, le quali si avvalgono di una verosimiglianza con gli esseri del mondo vivente ma che rifuggono dal mero esercizio di stile attraverso accurati accorgimenti. È qui che entra in gioco l’ironia, fatta della evidente somiglianza di alcuni assemblaggi ad animali o insetti ma contraddetta da un gioco di parole nel titolo dell’opera (O.struzz.o.nism, Strana), oppure riferita a opere famose nella storia dell’arte o ancora a figure istituzionali dell’immaginario collettivo (Il Sindaco). Ogni assemblaggio è una creazione artistica giocata dunque sullo straniamento,
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sull’abilità tecnica, che Mannino ha scelto di inquadrare per lo più nel formato classico del quadro, della tela. Ciò è da attribuirsi probabilmente ad una “deformazione professionale”, ma forse è anche frutto una scelta voluta di non incorrere nel rischio che le sue opere perdano la capacità di far riflettere, di essere oggetti d’arte votati alla “contemplazione” e alla comunicazione di emozioni, in una veste come quella del quadro che da secoli gode di questo statuto; allo stesso tempo ciò potrebbe essere semplicemente un intenzionale omaggio alla sua formazione. Il complesso rapporto tra uomo e tecnologia che influenza e affascina Mannino si riflette anche nell’opera dell’artista come parte del collettivo Box 36, in cui insieme ad artisti specializzati in altri settori (grafica multimediale, musica elettronica, graphic design) Luca si cimenta nella sperimentazione delle potenzialità dello spazio, che lo stesso collettivo definisce un “catalizzatore percettivo” per lo spettatore, chiamato ad essere parte 10
integrante di installazioni visivo-sonore-percettive. Box 36 è anche un “open project”, un progetto aperto al contributo di idee e contenuti da parte di artisti o persone interessate (tendenza di grande attualità questa che rientra nella mentalità sempre più in voga dell’open source, che il sociologo De Kerckhove aveva già intuito essere la manifestazione di una “intelligenza connettiva” [La pelle della cultura: un’indagine sulla nuova realtà elettronica, Genova, Costa & Nolan, 1996]), il cui scopo è dunque indagare sulle possibilità che offrono i media digitali di ricercare nuove frontiere dell’essere nel mondo e con gli altri, in linea con l’intenzione degli assemblaggi di suggerire delle alternative relazionali. Luca Mannino è un artista emergente che della nostra epoca sa sentire con chiarezza le contraddizioni e può intravedere delle proposte, forte della sua pungente ironia e delle sue doti tecnico-artistiche che potrebbero condurlo a interessanti scoperte.
Intervista di Tiziana Talocci
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a riflessione da cui si sviluppa il ciclo di opere “Assemblaggi” è relativa ad un rapporto uomo-tecnologia nel quale tu ravvisi la causa di una insana tendenza alla meccanicizzazione delle relazioni sociali. Riguardo a quali aspetti in particolare dello scambio, della comunicazione interpersonale tu hai questo tipo di percezione? Considerando che ho cominiato a rispondere dall’ultima domanda non credo sia più necessario rispondere alla prima… ti ringrazio e ti saluto. De Kerckhove è stato tra i primi a sviluppare l’intuizione di Lévy rispetto alla possibilità delle reti di dare vita ad una nuova forma di intelligenza chiamata “connettiva”, fatta della sinergia e delle potenzialità dei singoli soggetti messi insieme per raggiungere un obiettivo comune. Indipendentemente da questo filone, credo sia innegabile che le nuove tecnologie digitali abbiano permesso uno sviluppo (e una riscoperta, per alcuni aspetti) di capacità cognitive un tempo solo immaginabili. Dal momento che il tuo lavoro evidenzia il lato critico del rapporto uomomacchina, qual è la tua posizione in merito ai contributi “positivi” portati dalla tecnologia nei rapporti sociali? Ritengo che il concetto di rete sia molto più antico e insito nella nostra natura di quanto le persone normalmente siano orientate a credere. Ognuno di noi è collegato a milioni di fili invisibili: l’etica, la bontà, il perbenismo, la perversione, le catastrofi, i traumi, le stragi, le nevrosi dell’umanità, la cultura, la religione, sono solo degli esempi. Il presente è costituito da fili
che collegano, in un sistema reticolare, le esperienze collettive del presente e del passato dell’umanità ad ogni essere umano; quest’ampia rete all’interno della quale ci muoviamo e costruiamo la nostra esistenza, è la realtà. Oggi è possibile grazie ad internet simulare questo processo avvenuto in centinaia di migliaia di anni: in pochi secondi possiamo entrare in una “realtà parallela”, da attori consapevoli, al suo interno. Tutte le tecnologie sono strumenti formidabili, dal rasoio elettrico alle bio-tecnologie mediche, il rifiuto dell’innovazione è troppo legato a una visione di tipo cattolico. L’innovazione è una grande opportunità di libertà, sta a noi farne un buon uso; anche la democrazia è libertà, ma osservando le società occidentali, ci rendiamo conto che questa stenta a concretizzare i suoi obiettivi, perché manca il contributo conspevole di ogni individuo; proprio per questo motivo oggi la democrazia è divenuta lo scudo di despoti e corporazioni. Cercare di comprendere il rapporto tra uomo e tecnologia in termini “positivi” o “negativi” porterebbe comunque a dare una lettura semplicistica del fenomeno. È piuttosto l’approccio di ogni singolo individuo che determina la potenzialità dei mezzi che utilizza. A mio avviso i benefici portati nei rapporti sociali sono inquantificabili, ma l’umanità è ancora ben lontana dal concetto di intelligenza connettiva; il fatto che abbiamo questa grande opportunità ci deve rendere più responsabili e più liberi, senza rischiare di esserne inghiottiti. 11
Il tuo lavoro muove da uno sguardo critico sulla realtà e sull’evoluzione dei comportamenti sociali. È questo il principale campo di interesse nel quale vorresti procedere o sei interessato anche a sperimentare altre dimensioni (come, ad esempio, un discorso introspettivo o di riflessione sui linguaggi dell’arte)? Come osservi, il mio lavoro “prende vita” dall’analisi della fenomenologia del quotidiano, e quindi dall’osservazione dell’insieme di relazioni che intercorrono tra esseri umani e tecnologia, tra marito e vicina di casa, tra il potere e la rinuncia al poter fare, tra maschietto e femminuccia, tra persona e individuo, tra cane e bambino; si tratta solo della partenza, sono gli input che ricevo giornalmente, ciò che è importante è il risultato finale, che è l’opera d’arte. Le mie opere sono il risultato ultimo, l’espressione, di un processo di elaborazione che non esclude né la riflessione sui linguaggi dell’arte, né la ricerca tecnica, o la tecnica pittorica, piuttosto che quella tenologica. Non mi importa se le persone davanti a un mio lavoro cerchino di risalire alla relazione che l’ha ispirata, e quindi a chi l’ha realizzata; non è importante la direzione che decido di intraprendere; la cosa importante per dire che un’opera è buona sta nel provocare la “reazione alchemica”: tra l’opera e chi l’osserva si deve creare una relazione indipendente che generi nello spettatore un’esperienza unica e intima. Le opere d’arte propongono significanti, per questo non si chiamano libri e non hanno alfabeti da decodificare; è giusto e sacrosanto che ognuno possa leggere ciò che vuole nei miei lavori ed è giusto che io mi faccia da parte in questo momento. Domanda banale, ma forse fondamentale per comprendere anche attraverso di te come si evolve
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lo scenario del linguaggi artistici. Quello che attraversiamo è un periodo di profonda crisi che investe la società in maniera trasversale e totale, e che costringe a grandi ripensamenti e riflessioni sul passato e sul presente. Tu quale sentore hai del futuro dell’arte e qual è la tua posizione in merito? Mi diverto molto a sfogliare quei catalogoni pieni di immagini degli artisti contemporanei e mi fermo davanti a quelli che mi divertono o mi ispirano una riflessione, o davanti a quelli ai quali posso rubare una buona intuizione e penso… bbravoooo… questo è bravo… poi vado avanti… no… no… questo è una schifezza… e poi ancora… no no attenzione fermi tutti bravvoooo questo è bravo… mi fermo solo se mi piace non mi frega se è Damian Hirst, Bacon o R.Mutt o il zio; e alle mostre mi fermo solo quando sono colpito da qualche cosa, posso passare davanti a Monet senza dargli confidenza. Oggi si tende a riempire gallerie ed esposizioni con tante firme, ma i lavori veramente importanti di un artista sono proprio pochi, il resto è contorno. Credo che valga la pena, per quanto rigurda la storia, di avere il piacere di entrare in contatto con quelle poche opere che hanno cambiato i linguaggi dell’arte; penso anche che per molte altre, altrettanto importanti, i libri siano più che sufficienti. Per quanto riguarda il contemporaneo dobbiamo essere più voraci che mai, e non lasciarci sfuggire nulla; il Novecento ha distrutto tutto e noi siamo fortunati perché possiamo utilizzare tutti i linguaggi tutte, le tecniche e inventare nuove ricette, mescolare vernici con video e programmazzione con immondizia, tecniche del Quattrocento con resine e idraulica. Credo che sia un momento florido per l’arte un momento meravigliosamente stimolante, un’opportunità enorme e ritengo che saremmo degli stupidi se facessimo come gli emo.
opere
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Il sindaco 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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Robo.do.go 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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Leggi di Asimov 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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2007, assemblaggio su tavola, cm100x100
Ragazza con la pistola
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Pork 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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Dama con l’ermellino 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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Fly 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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Evinroud 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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Oscar 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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O.struzzo.nism 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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Pizzicottina 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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Vespapapapa 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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Strana 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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Spider 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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Camaleonte 2010, assemblaggio su tavola, cm100x100
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lucamannino.com
GALLERIA1 ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA