Economia Veronese Dicembre 2013

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ECONOMIA VERONESE trimestrale n.4 - Anno 12 - dicembre 2013 - Editore Apiservizi S.r.l. - Verona, via Albere 21/C - Poste Italiane S.p.A. Sped. in abb. post. 70% CNS VR - D.L. 353/2003 (conv. in L. - 27/02/2004 n 46) art., comma 1 DCB VERONA - 2,58 Euro

profili

Le Fablier Enter Marmi S. Rocco Idraulica Fiorini Cartongraph



sommario

Anno 12 - Numero 4 Dicembre 2013

DIRETTORE RESPONSABILE Cirillo Aldegheri

GRAFICA arteOn di Ilenia Cairo - Verona www.studioarteon.com

EDITORE APISERVIZI S.r.l. Via Albere, 21/C - 37138 Verona Rivista trimestrale promossa da APINDUSTRIA

ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE MPRESE

DELLA PROVINCIA DI VERONA

www.apiverona.it

REDAZIONE c/o APINDUSTRIA Verona Via Albere, 21 - 37138 Verona Tel 045 8102001 Fax 045 8101988 economiaveronese@apiverona.net

editoriale

STAMPA Intergrafica Verona Srl - Verona www.intergraficavr.com FOTOGRAFIE Archivio Apindustria

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profili Le Fablier Enter Marmi S. Rocco Idraulica Fiorini Cartongraph

6 10 14 18 22

attività Siglato da Confimi Impresa Meccanica il nuovo contratto Premio Verona Giovani 2013 Médinit EXPO 2013

Apigiovani

Poste italiane SpA Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (con. in L. 27/02/2004 n°46 art. 1, comma 1, DCB Verona Pubblicità raccolta in proprio

terza pagina MyPolis arte e dintorni

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Apivenetofidi

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ambiente e salute 52

Rischi cancerogeni

qualità & management 26 30 36

Com’è Il vostro bicchiere?

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Apidonne

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fiscale Il benchmarking

Registrazione Tribunale di Verona n. 1393 del 22 marzo 2000

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PDCA Plan–Do–Check–Act

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legale Trust Risk Management

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previdenza 62

Le ispezioni in azienda

territorio

il punto

Telearena accoglie le sfide del futuro Carrera for Quid

Per la donna un destino in salita

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44 45

inserzionisti Fimauto

Sierra

Gruppo Argenta

Banca Popolare

Albrigi

B&C

Step

Unicredit

Viani

Multiutility

Nordest

Cattolica

Samo

Alchemy

Merlini

Avesani

Usarci

De Carli

Adawen Economia Veronese - dicembre 2013

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editoriale

Arturo Alberti

R

icordare una vita intensa come quella di Lelio Solci spentosi il 26 settembre scorso a Parma, in seguito ad incidente stradale, non è per me compito facile. Solci è stato una di quelle figure di spicco che hanno saputo valorizzare e rappresentare Verona, pur non essendo nato nella nostra città. Originario di Rivarolo Mantovano e trasferitosi poi a Bozzolo, conseguita la laurea in Economia e Commercio all’Università di Parma, approdò a Verona nel 1973 per entrare in Apindustria quale responsabile dell’Ufficio Sindacale. Nel 1976 fu nominato direttore dell’Associazione incarico che ricoprì fino al momento della pensione (2003) impegnandosi sempre nella promozione della piccola e media industria scaligera. Il suo acume professionale si coniugava con una innata predisposizione nel saper creare solidi rapporti non solo con il mondo imprenditoriale ma anche con quello politico, istituzionale, sindacale riuscendo così a consolidare una rete di collaborazioni che hanno contribuito ad esaltare il dinamismo economico e produttivo che la città e l’intero comprensorio provinciale avevano assunto in quegli anni nel contesto nazionale ed europeo. Instancabile testimone della centralità del ruolo svolto dalla PMI veronese nel panorama industriale, è stato al fianco degli imprenditori come consulente accorto ed equilibrato, sempre alla ricerca di adeguate soluzioni alle problematiche che l’azienda si trovava via via ad affrontare. Solci, è ricordato quale prezioso collaboratore dai presidenti che mi hanno preceduto – da Battaglino a Tacchella, da Della Bella a Bissaro, da Giustacchini a Bortolazzi ad Aldegheri – ai vertici dell’Associazione e per 30 anni ha rappresentato un punto fermo per tutti noi, imprenditori e colleghi e proprio grazie alla sua connaturata sensibilità e capacità di ascolto è stato un confidente ed un vero amico sul quale si sapeva di poter contare sempre.

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LE FABLIER MOBILI DA FAVOLA

L

’inizio della storia di Le Fablier è tutto racchiuso nel suo nome, dal francese “raccolta di favole”. E, proprio come accade nelle favole, dove personaggi, situazioni ed eventi nati nella nostra mente acquistano concretezza e diventavano reali, andando a soddisfare le nostre necessità e il nostro bisogno di immaginazione e di avventura, anche nelle collezioni Le Fablier a prendere forma sono le case dei sogni. La storia di Le Fablier inizia una trentina d’anni fa, nel 1981, quando, dopo una lunga e infruttuosa ricerca di mobili che corrispondessero all’idea di arredamento per la loro casa futura, Michela Barona e Ezio Zuccotti pensarono di diventare mobilieri per dare vita a creazioni in cui lo stile della tradizione italiana si coniugasse con le tendenze del design contemporaneo. Nacque così una linea che, pur nella

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sua ispirazione classica, risultava anche particolarmente innovativa, coniugando eleganza e funzionalità, robustezza e flessibilità d’impiego. «È stata una sfida coraggiosa – ricorda Michela Barona, amministratore unico di Le Flablier SpA – dare il via a questa avventura, proponendo una tipologia di arredamento che, pur nella sua dimensione classica, riuscisse a captare l’interesse e l’attenzione delle giovani coppie aggiungendo quel quid di contemporaneo e andando a ricercare un

comune denominatore tra estetica, tecnologia, creatività ed emozione. Con le nostre soluzioni abbiamo sempre inteso creare un luogo intimo e personale in cui lo stile italiano si sposa con le tendenze cosmopolite più aggiornate». Il sistema azienda è stato impostato, fin dalle origini, per seguire le periodiche modificazioni della domanda del mercato, tanto interno quanto internazionale. Quello di Le Fablier si è rivelato un progetto imprenditoriale adattabile, che ha saputo mutare per restare al passo con i tempi. Fin dall’inizio viene avviato un intenso dialogo con i progettisti d’arredo, collaborazione indispensabile per intercettare in maniera sempre più efficace i gusti della clientela. Nel 1994 altre importanti svolte: è in quest’anno che Le Fablier lancia la prima campagna di comunicazione per trasmettere al grande pubblico i valori e la filosofia dell’azienda e che trasferi-


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sce la propria sede da Castelnuovo alla location attuale nella zona industriale di Valeggio sul Mincio. Ha quindi avvio un ciclo espansivo che vede il marchio cominciare la sua diffusione in alcuni importanti mercati esteri (2004). Gli anni duemila sono un crescendo: dalla realizzazione della collezione di lampade nata dalla collaborazione con il maestro vetraio muranese Paolo Crepax (2007), allo studio delle prime collezioni contemporanee (2009), dalla collezione “L’Abbraccio” (2010), disegnata da Gaetano Pesce, in cui il legno si fonde con la resina, all’acquisizione del marchio Grande Arredo, con cui si amplia la gamma degli arredi di lusso fino alle più recenti sperimentazioni con nuovi materiali come nei lavori di

Paolo Ulian in cui è protagonista il marmo (2011). «Essere all’avanguardia nella progettazione – prosegue Michela – è uno dei principi fondanti di Le Fablier, la cui identità si va rafforzando. Abbiamo un’identità, un nostro carattere, una nostra originalità e ci proponiamo, con un linguaggio chiaro, una cultura dell’abitare improntata alla qualità e al benessere della persona. Qualità che comincia dalla scelta delle materie prime per diffondersi in ciascuna fase della lavorazione, sottoposta a controlli severi e costanti. Utilizziamo essenze naturali – come noce, ciliegio, tiglio e frassino – e selezioniamo scrupolosamente le aziende, in prevalenza attive nell’area veronese, che, su nostri studi e prototipi,

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realizzano in maniera rigorosamente artigianale le collezioni che oggi compongono il nostro catalogo e i concept personalizzati». Dal 2011 l’azienda valeggiana ha attivato anche un servizio “Sartoria” per fornire ai consumatori mobili su misura, sia singoli pezzi che arredamenti completi. Da una semplice cabina armadio a un’intera residenza, Le Fablier è un brand in grado di rispondere con professionalità a ogni esigenza, operando in sinergia con il cliente e mettendo a sua disposizione eccellenza artigianale e intelligenza industriale. Sempre in un’ottica di personalizzazione è presente nel sito web aziendale una sezione dedicata, “My Le Fablier”, alla quale l’utente può accedere per richiedere ‘I consigli dell’architetto’: un team di lavoro dedicato è pronto a sviluppare un progetto personalizzato e gratuito in base alle esigenze e preferenze del richiedente. Altra importante divisione operativa (nata nel 2008) è il Contract: Le Fablier amplia la sua offerta fornendo arredi completi chiavi in mano per hotel, complessi residenziali, centri benessere. Numerose le realizzazioni, in ogni parte d’Italia e del mondo che testimoniano come anche in questo settore l’azienda curi le sue creazioni in ogni minimo dettaglio. Nei programmi 2014 è previsto il lancio di una nuova una linea d’arredo cucina. «Il nostro impegno ci ha premiati – riconosce Michela – e ci ha consentito di

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raggiungere sui mercati una leadership significativa. L’internazionalizzazione è per noi un concetto chiave. Siamo presenti nei Paesi dell’Est Europa e del Nord Africa, in Australia, in Turchia, Kazakistan e Mongolia e stiamo portando avanti questa strategia di diffusione nei Paesi esteri anche attraverso la messa a punto di nuove collezioni pensate in sintonia con i gusti della clientela straniera che ama soluzioni eleganti e ricche, impreziosite anche dall’uso della foglia oro e del legno combinato con lacche pregiate». Una qualità, quella dei prodotti Le Fablier, confermata anche da diverse certificazioni europee: UNI EN ISO 9001:2000, GOST-R (certificazione di igiene sanita e sicurezza), GOSSTANDART che dimostra il valore del Made in Italy nel mondo. Alta pure l’attenzione per l’ambiente: l’azienda sostiene attivamente la salvaguardia del Parco del Mincio e interventi di valorizzazione del Centro Parco Bertone e del Centro Reintroduzione Cicogna Bianca e ha ottenuto la certificazione UNI EN ISO 14001 - Sistema di Gestione Ambientale che attesta concretamente la sostenibilità ambientale delle sue produzioni. È inoltre il primo produttore italiano di mobili classici ad adottare la Social Accountability 8000 (norma SA 8000), uno standard volontario, riconosciuto da un ente terzo a livello internazionale (il TÜV), che prova il grado di eticità e responsabilità sociale dell’azienda e il totale rifiuto di comportamenti lesivi


LE FABLIER

della dignità personale di tutti coloro che lavorano con e per Le Fablier E il futuro? «Investiamo molto nel futuro e nei giovani – conclude Michela –: l’età media dei lavoratori è di appena 33 anni e ci avvaliamo della collaborazione di giovanissimi designer e architetti di livello internazionale. Anche gli acquirenti dei mobili Le Fablier sono under 40: il 60%

di loro ha un’età compresa fra i 25 e i 35 anni. Una bella responsabilità soddisfare la fiducia che ripongono in noi e per questo ci impegniamo ogni giorno a costruire un rapporto di trasparenza con la clientela. Ci piace pensare che i nostri clienti possano immaginare quanta passione mettiamo nel nostro lavoro e li vogliamo ringraziare perché ci permettono di

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essere quello che siamo: un’azienda fatta di persone che amano quello che fanno, che amano i mobili che entreranno nelle case delle persone per far parte della loro vita, sia nella quotidianità sia nei loro momenti speciali, con la consapevolezza delle aspettative che genera la realizzazione dell’arredamento della loro casa e dei sogni di una vita».•

LE FABLIER S.p.A. SEDE AMMINISTRATIVA Via Del Lavoro, 2 37067 Valeggio Sul Mincio (Verona) Tel. 045 6372000 Fax 045 6372001

RESPONSABILE PRODUZIONE Marco Mantovani

RESPONSABILE TECNICO Agostino Cunico

PRODUZIONE

Arredamento Residenziale e Contract

FATTURATO 2012

ANNO DI FONDAZIONE

SUPERFICIE AZIENDALE

1981

TITOLARI

Michela Barona, Elio Zuccotti

RESPONSABILE ACQUISTI Viviana Luciani

12 milioni e 895 mila euro

Totale: 16.900 mq Coperta: 8.350 mq

RISORSE UMANE

Totale addetti: 55 Addetti alla produzione: 26 Impiegati: 29

RESPONSABILE COMMERCIALE Claudio Romano

SITO INTERNET/E-MAIL www.lefablier.it info@lefablier.it

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ENTER PROGETTA IL FUTURO

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el mondo dell’economia vince chi sa meglio dosare e mescolare tecnica, ricerca, qualità e servizi con fattore umano, spirito agguerrito, competenze, risorse e tanta voglia di vincere. E lo ha ben capito Alberto Ruggin che con Enter, ditta fondata con alcuni soci, opera dal 1996 nell’ambito delle lavorazioni meccaniche, in particolare quelle di precisione. Un’avventura imprenditoriale in continua evoluzione tanto dal punto di vista metodologico che organizzativo, grazie alle scelte fatte da Ruggin che ha saputo adottare da subito quei concetti di flessibilità, affidabilità e innovazione che rappresentano la linfa vitale dell’industria moderna. Enter opera con macchine e impianti d’avanguardia, sia di tipo tradizionale che a CNC che le consentono di produrre un’ampia gamma di particolari componenti meccanici per il settore farmaceutico, alimentare, energetico, biologico, industriale e flexografico. «Quello della meccanica di precisione – spiega Ruggin – è un settore che richiede la massima attenzione in tutte le fasi di progettazione e lavorazione a partire dal disegno tecnico sino all’ottimizzazione e collaudo del “pezzo” prodotto e occorre che sia garantito un livello qualitativo assoluto. Grazie al know-how e alle originali soluzioni proposte dal nostro staff di engineering possiamo sviluppare qualsiasi progetto, risolvere ogni problematica relativa alle lavorazioni meccaniche, come le operazioni di fresatura, eseguire lavori di fusione e microfusione con mascheraggi particolari. L’adozione di sofisticate tecnologie informatiche e l’alta specializzazione raggiunta ci permettono di realizzare componenti meccanici con pregiate finiture e di effettuare operazioni di fresatura di elevato profilo professionale partendo da piatti, sagomati-pantografati, tagliati al laser, o da fusioni». Un sistema gestionale integrato, inoltre, garantisce a Enter il controllo dei flussi produttivi, la tracciabilità dei prodotti e la reperibilità immediata delle informazioni in ogni singola fase di lavorazione che si traduce in una riduzione dei tempi di risposta al cliente, e in una ottimizzazione della flessibilità organizzativa per soddisfare ogni

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ENTER

richiesta come assemblaggio, montaggio, o rettifica che l’azienda effettua, anche per conto terzi, nella sede distaccata di Bovolone (su un’area di oltre 1.000 mq). Dunque, una realtà dinamica il cui fatturato – riferisce Giorgia Manzini responsabile commerciale – oscilla intorno ai 5 milioni di euro e che dimostra di avere le caratteristiche per andare alla conquista di aree di un mercato sempre più ampio. A questo obiettivo l’azienda di Minerbe si sta presentando con le carte in regola da cui emergono la certificazione ISO 9001, la costante formazione professionale-informatica dei dipendenti/collaboratori che è fondamentale per lo sviluppo dei supporti informatici (sito internet, blog, social network,

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skype, gestione data base...) in uno scenario in cui le fabbriche diventano sempre più “adaptive”, “digital”, “virtual”, “networked”, “knowledgebased. Ma vero fiore all’occhiello di Enter è il suo ricco portafoglio brevetti che va dalla linea semiautomatica per il trancia-taglia tralicci elettrosaldato per solaio, alla riempitrice semiautomatica dei fusti di birra in pet, dal distributore di enzimi, all’incollatrice vetri e assemblaggio finestre, alla lavapannelli solari automatica clean power. Un esempio di impresa che conferma una cultura manageriale sana che non si adatta al day-by-day, soprattutto in questa fase in cui nei mercati internazionali si possono aprire interessanti opportunità sfruttando al massimo la

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cessi di globalizzazione, l’apertura internazionale dell’impresa è divenuta una scelta obbligata per la crescita dell’azienda stessa e pensiamo di coinvolgere in questo nuovo progetto altre aziende a noi complementari per portare avanti quel programma di “rete d’impresa” che può assicurare a realtà imprenditoriali della nostra dimensione risultati incoraggianti sia sotto il profilo economico che occupazionale».•

grande attrazione che il Made in Italy continua a suscitare nel mondo come mostrano i dati relativi all’ultimo trimestre 2013. Per competere sul mercato globale si richiedono oggi alle imprese manifatturiere metalmeccaniche una maggiore velocità di reazione (time-to-market) e una ulteriore spinta all’innovazione di prodotto-processo per rafforzare la leadership tecnologica che ha sempre caratterizzato il ruolo dell’industria metalmeccanica in Europa e in Italia e in questo percorso le tecnologie informatiche avranno sempre più rilevanza nell’integrazione su scala mondiale. «Investire nell’innovazione, essere unici, e soprattutto avere coraggio, è il nostro credo aziendale – sottolinea Ruggin – . Coraggio di guardare lontano, di non fermarsi davanti ai confini italiani, consapevoli di proporre brevetti particolarmente interessanti e innovativi. Con il dispiegarsi dei pro-

ENTER S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Viale dell’Agricoltura, 37 37046 Minerbe (Verona) Tel. 0442 642122 Fax 0442 642122

RESPONSABILI PRODUZIONE

Gianmarco Maronati, Simone Falamischia

PRODUZIONE

RESPONSABILE TEMPI E METODI

ANNO DI FONDAZIONE

FATTURATO 2012

TITOLARE

SUPERFICIE AZIENDALE

Meccanica di precisione 1996

Alberto Ruggin

RESPONSABILE COMMERCIALE Giorgia Manzini

RESPONSABILE AMMINISTRATIVO Marika Scevarolli

Valentino Ruggin 5 milioni di euro

Totale: 2.500 mq Coperta: 2.000 mq (Minerbe+Bovolone)

RISORSE UMANE

Totale addetti: 14 Addetti alla produzione: 10 Impiegati: 4

RESPONSABILE QUALITÀ Simone Isolan

RESPONSABILE INGEGNERIZZAZIONE Livio Dal Lago

RESPONSABILE TECNICO Michele Perazzolo

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SITO INTERNET/E-MAIL www.entersrl.eu info@entersrl.eu



MARMI S. ROCCO passione per il marmo I

l distretto industriale veronese del settore lapideo rappresenta il principale polo italiano per la lavorazione di marmo e granito ed è il più importante a livello mondiale per l’attività di trasformazione e produzione di lavorati e semilavorati. È caratterizzato dalla presenza di numerose imprese manifatturiere di piccole e medie dimensioni che si contraddistinguono per un grado di specializzazione molto elevato. La storia del marmo, a Verona, è anche la storia di voglia di lavorare, di capacità manuale, di coraggio e tenacia: doti che accomunano molti uomini intraprendenti che hanno saputo scommettere sulla loro capacità di poter avviare un lavoro in proprio. Ne è un esempio Albino Gaburro che nel 1981, dopo un tirocinio pluriennale iniziato nel 1972 (a 22 anni) come artigiano contoterzista per un’azienda locale, decise di scommettere su se stesso e rotti gli indugi, “armato” di una tagliablocchi di seconda mano iniziò il proprio percorso imprenditoriale. Sono trascorsi più di trent’anni e oggi Marmi S.Rocco grazie alle strategie attuate e al costante monitoraggio delle dinamiche dei mercati, è riuscita a superare indenne le difficoltà cicliche che il comparto lapideo si è trovato ad affrontare e si presenta sul mercato con un’offerta sempre più qualificata e affidabile. Il dinamismo mercantile ha consentito all’azienda di segnare nel passato esercizio, dopo un biennio di stasi, un incremento del fatturato del 30% con la previsione di una crescita ulteriore del 10% per l’anno

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in corso. Il fatturato 2012 che si è attestato intorno a 2,8 milioni di euro, è stato realizzato per il 50% sul mercato interno, per il 40% tra Europa (in prevalenza) e Stati Uniti, dove esporta soprattutto lastre e semilavorati, e per il 10% in Asia, Hong Kong e Singapore in primis. Abbiamo cominciato con la lavorazione dei marmi italiani, Botticino, Breccie, Rosso Verona, Bianco Carrara, con gli anni il nostro catalogo si è allargato ad altri materiali anche esteri, come la Pietra Grey, lo Jura, il Crema Luna, il Giallo Atlantide ed il Kaesar Brown. «Le competenze tecniche, la professionalità, la dotazione di macchinari e impianti sofisticati, l’utilizzo di materiali di prima scelta lavorati con scrupolosa attenzione e con grande professionalità grazie a una manodopera altamente specializzata – ci racconta Gaburro – sono i nostri punti di forza. La flessibilità operativa inoltre ci ha consentito di ampliare ulteriormente la nostra offerta che consiste principalmente nella realizzazione di marmette, la cui produzione spazia dal modulmarmo con uno spessore di 1 cm al pavimento fino alle varie misure richieste dal committente, o di lastre che oltre agli spessori classici (2 e 3 cm) possiamo fornire in diversi spessori grazie all’impiego della monolama, sia per piccoli che per grandi quantitativi. Abbiamo adattato la produzione alla variabilità di quei mercati su cui abbiamo consolidato la nostra presenza sen-


MARMI SAN ROCCO

za però tralasciare l’opportunità di guardare a quelle aree che possono rivestire un certo interesse per la nostra attività futura». Una modularità che ha consentito a Marmi S.Rocco di rispondere alle richieste e alle indicazioni di un utilizzatore sempre più consapevole ed esigente e di diventare partner di rinomati studi di architettura e di progettazione con i quali ha collaborato nella realizzazione, tra le altre, di importanti costruzioni – come

Amedeo Gaburro

Albino Gaburro

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una modernissima chiesa ad Indianapolis (USA), pavimentazioni e rivestimenti dell’Hotel Conrad, sempre a Indianapolis, oltre a realizzazioni in Francia, Inghilterra e Stati Uniti che rappresentano il “marchio” del Made in Verona nel mondo. Anche il passaggio generazionale, che costituisce spesso un delicato processo di cambiamento per dare continuità all’azienda di famiglia, non ha colto impreparata Marmi S.Rocco dove è già operativa la seconda

Manuela Gaburro

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generazione con Manuela responsabile commerciale e Amedeo legale rappresentante e responsabile acquisti. Giovani imprenditori motivati pronti a cogliere le grandi opportunità derivanti dall’esportazione e che puntano sull’ innovazione che è alla base di una impresa al passo con i tempi e che impatta su vari fronti, dalla sicurezza alle modalità operative, ai metodi di applicazione delle nuove tecnologie, alla creazione di un ambiente di lavoro idoneo per le esigenze dei lavoratori di oggi. «Fra i driver dell’innovazione, aggiunge Amedeo hanno grande rilievo, anche per una realtà come la nostra, i temi del risparmio energetico e dell’impatto ambientale, così come l’utilizzo integrato delle tecnologie informatiche evolute». Il rispetto della tradizione e dell’equilibrio tra funzionalità ed estetica è un valore insostituibile per l’azienda di Volargne e Albino Gaburro ha saputo trasmettere la sua passione per il marmo che lo ha portato a una profonda considerazione della

pietra naturale, pensata non più come prodotto bensì come una materia che va capita e interpretata per il potenziale estetico che le deriva dalla sua stessa natura e che si esplica a prescindere dall’uso che se ne fa. «Ogni blocco, ogni lastra, ogni frammento di marmo è sempre maestro e guida sapiente alle nostre linee, al nostro mestiere – sottolinea Gaburro – e proprio per questo preferiamo scegliere direttamente le materie prime nei luoghi di estrazione e in questa scelta si colloca la nostra decisione di avviare una fornitura esclusiva con una cava croata».•

Marmi S. Rocco S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Via Del Marmo, 285/E 37020 Dolcè (Verona) Tel. 045 7731825 045 6861159 Fax 045 6860732

PRODUZIONE

Settore lapideo, lavorazione blocchi in pavimenti e rivestimenti, lastre e lavorati

ANNO DI FONDAZIONE 1981

RESPONSABILE COMMERCIALE Manuela Gaburro

FATTURATO 2012

2 milioni e 800 mila euro

SUPERFICIE AZIENDALE

Totale: 2.500 mq

RISORSE UMANE

Addetti alla produzione: 7 Impiegati: 3

TITOLARI

Albino Gaburro, Amedeo Gaburro, Giuseppe Albrigi

LEGALE RAPPRESENTANTE/ RESPONSABILE ACQUISTI Amedeo Gaburro

RESPONSABILE PRODUZIONE Albino Gaburro

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SITO INTERNET/E-MAIL www.marmisanrocco.it info@marmisanrocco.it



IDRAULICA FIORINI

Affidabilità e professionalità per competere

I

l quadro generale che emerge dal settore edilizio che, con il suo indotto (dai laterizi al trasporto, dall’arredo all’impiantistica…) fa da traino per l’intera economia, non è troppo confortante ma fortunatamente ci sono anche in terra veronese imprese che, grazie all’affidabilità e alla professionalità, mantengono sul mercato la posizione acquisita nel tempo. Ne è un significativo esempio Idraulica Fiorini, azienda di Campagnola di Zevio, che da oltre cinquanta anni opera nel settore degli impianti idraulici. Tutto ha inizio nel 1962 quando Guglielmo Fiorini, dopo una breve esperienza lavorativa, decide di mettersi in proprio e, in quel di Raldon, avvia una nuova attività artigianale nel comparto dell’installazione e manutenzione di impianti termosanitari, condizionamento e di im-

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pianti antincendio ad uso civile ed industriale. Comincia così un percorso imprenditoriale in cui qualità, efficienza organizzativa e professionalità assicurano all’azienda importanti commesse che le permettono di affermarsi sia nel contesto regionale che nazionale. Il passaggio ad impresa di medie dimensioni, la trasformazione nel 1994 in S.r.l. con un capitale di 52mila euro interamente versato, il konw how maturato negli anni, la progressiva dotazione di attrezzature, impianti e mezzi all’avanguardia consentono poi all’azienda di farsi conoscere e apprezzare da una clientela sempre più vasta. «Per assicurare la qualità delle prestazioni, e necessitando di uno spazio adeguato alle esigenze dell’attività in costante evoluzione – ricorda Marco Fiorini che ha raccolto dal

padre il testimone – abbiamo deciso di fare un significativo investimento acquistando una sede più spaziosa (3.500 mq di cui 1.500 coperti) e trasferirci a Campagnola di Zevio dove potevamo lavorare agevolmente ed implementare la mole di lavoro. È questo un ulteriore passo in avanti che consente all’azienda di occupare altre posizioni sul mercato interno, di attivare nuovi servizi, di procedere alla certificazione del sistema qualità UNI EN ISO 9001, di qualificare la squadra dei saldatori dotandoli di regolare patentino, rilasciato dall’Istituto Italiano della Saldatura di Genova, e di aggiornare la loro preparazione con corsi di formazione sulle normative di sicurezza in cantiere e all’interno della struttura operativa. «Parlare di formazione in momenti congiun-


IDRAULICA FIORINI

turali particolarmente difficili come quelli che sta attualmente attraversando la nostra economia, in cui è necessario tagliare i costi, potrebbe forse sembrare anacronistico visto che le priorità aziendali della maggior parte delle PMI sembrano essere altre, ma crediamo che la via d’uscita dall’attuale situazione, per un qualsiasi sistema produttivo passi proprio attraverso lo sviluppo di una cultura della qualità (TQM) e dell’innovazione – spiega Marco Fiorini –.

Per questo la nostra attività di aggiornamento è costantemente rivolta all’efficienza interna oltre che alla qualità nell’esecuzione delle commesse che realizziamo in ambito industriale, con impianti ad alta pressione per resine o particolarmente delicati come sale operatorie e reparti ospedalieri, in ambito dell’urbanizzazione primaria, reti gas, acqua ed antincendio o in quello civile con impianti in alberghi, piscine, civili abitazioni e cantieristica in genere».

profili

Per assicurare le più ampie garanzie sui lavori eseguiti oltre all’attività di installazione, Idraulica Fiorini ha costituito una task force specializzata e “su chiamata” dedicata all’assistenza e/o alla manutenzione degli impianti di qualsiasi tipo che si aggiunge al servizio post vendita effettuato con la stipula di contratti di assistenza programmata. «Abbiamo ottimizzato la struttura e l’organizzazione – sottolinea Marco Fiorini – per offrire ai clienti la massima garanzia e una

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IDRAULICA FIORINI S.r.l. risposta altamente professionale alle diverse esigenze grazie anche al nostro ufficio tecnico interno che è in grado di individuare le migliori soluzioni e proporre progetti personalizzati a costi altamente competitivi». Idraulica Fiorini è quindi un’azienda che vanta un attivismo interessante e intelligente e una buona capacità di analisi e formulazione di proposte di rilancio, frutto anche della lunga tradizione e dell’esperienza. Significativo il carnet dei lavori effettuati che vanno per gli Enti pubblici, dalle strutture ospedaliere di Verona (B.go Roma e B.go Trento), agli Uffici Comunali, al Centro Polifunzionale di Lazise, alla Casa di Riposo, alla Palestra. Un elenco che si arricchisce con gli interventi effettuati, nel settore alberghiero-ricettivo, con gli impianti residenziali, con quelli industriali e con quelli per strutture religiose e universitarie (Università degli Studi de L’Aquila, Tribunale di Verona, etc.), tanto per citarne solo alcuni.•

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SEDE AMMINISTRATIVA Viale Edison, 23 37059 Campagnola di Zevio (Verona) Tel. 045 8730066 Fax 045 8739063

PRODUZIONE

Installazione e riparazione di impianti termosanitari, condizionamento e di impianti antincendio ad uso civile ed industriale

FATTURATO 2012

2 milioni e 430 mila euro

SUPERFICIE AZIENDALE

Totale: 3.500 mq Coperta: 1.500 mq

RISORSE UMANE

Totale addetti: 17 Addetti alla produzione: 14 Impiegati: 3

ANNO DI FONDAZIONE 1962

TITOLARI

Guglielmo e Marco Fiorini

SITO INTERNET/E-MAIL www.idraulicafiorini.it info@idraulicafiorini.it



Una efficace strategia di comunicazione, promozione e marketing

P

resente dal 1959 nel mondo della grafica e cartotecnica per il settore promozionale-pubblicitario, CartonGraph, ha attraversato negli anni un mercato caratterizzato da profondi cambiamenti adeguandosi e aggiornando costantemente la gamma dei suoi prodotti, consolidando e ampliando la posizione raggiunta in oltre 50 anni di attività. Ma il successo di questa impresa veronese va ricercato anche nella creatività e nella leadership del fondatore che è stato lungimirante e capace di ideare e realizzare una “business idea” vincente. Grazie ad un forte senso di immedesimazione nella propria impresa Giancarlo De Paoli ha saputo garantirne lo sviluppo attraverso la realizzazione di un progetto di continuità aziendale costruendo una collaborazione efficace tra gli esponenti di seconda, e terza generazione che condividono obiettivi, metodo, piano operativo e contenuti per conseguire i risultati desiderati. La tradizione e la specializzazione di Car-

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tongraph sono oggi un marchio affidabile che con un servizio full service, è in grado di offrire prodotti di alto livello mediante l’utilizzo di carte certificate, studi di immagine e comunicazione mirate attraverso P.O.P. (Point of Purchase), espositori verticali, orizzontali e in movimento, packaging, isole promozionali, bancarelle per supermercati, floor stands. Tutto questo è il merito di un design originale, di una ricerca minuziosa che va dalla elaborazione grafica alla stampa, dalla creatività alla realizzazione del prodotto finito. Alla base di questa realtà veronese, opera un team professionale impegnato a trovare e proporre soluzioni originali, funzionali, di qualità per assicurare ai brand che abbracciano i settori più diversi (alimentare-dolciario, abbigliamento, farmaceutico…) una visibilità sempre maggiore. «Con l’avvento della Grande Distribuzione Organizzata – conferma De Paoli – è aumentata notevolmente l’importanza del rapporto tra le aziende (industriali o com-


CARTONGRAPH

merciali) e i consumatori finali. Di conseguenza la comunicazione ha dovuto adeguarsi e anche i singoli punti vendita sono diventati dei veri e propri luoghi d’incontro tra domanda e offerta. Oggi i punti vendita non sono visti solo come uno spazio di distribuzione, ma soprattutto come un’entità comunicativa perché sappiamo bene che un prodotto non esposto o esposto male è un prodotto compromesso». «Anche il packaging – continua il figlio Franco, responsabile commerciale – ha assunto una notevole importanza e da semplice imballaggio è diventato oggi un elemento da studiare e da ottimizzare per rendere più appetibile il prodotto: un packaging riuscito è un vero e proprio media che funziona dal punto di vista estetico, funzionale, produttivo. Per questo il suo studio è essenziale e richiede un uso corretto del colore, del formato e della dimensione». Nonostante il perdurare della crisi e

profili

una concorrenza sempre più agguerrita il fatturato Cartongraph non ha subito forti contraccolpi (si è attestato sugli oltre 3,5 milioni di euro) e il suo export verso i paesi europei (Finlandia e Germania in primis) tiene. Risultati che sono il frutto di una valida organizzazione interna, del costante aggiornamento del parco macchine e dell’attività a ciclo completo che è in grado di soddisfare in termini di qualità ed efficienza qualsiasi tipo di richiesta. Lo studio, la realizzazione di prototipi, la contemporanea stampa in 4 colori, la preparazione delle fustelle, la fustellatura, manuale o automatica, il confezionamento con l’utilizzo di incollatrici automatiche, il rivestimento (sempre in automatico) diventano un unicum all’interno della struttura aziendale, al pari dell’accuratezza dei controlli nelle varie fasi di lavorazione e la supervisione sul prodotto finito. Nel reparto confezione, infine, completamente gestito dalla figlia

Da sinistra: Marina, Luca, Daniela, Franco e in primo piano Giancarlo De Paoli

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Daniela, sono concentrate le qualificate operazioni manuali di incollatura, piegatura, rivettatura, assemblaggio e confezionamento di linee di prodotto mentre per alcune particolari operazioni l’azienda ricorre all’automatizzazione dei processi avvalendosi di apposite attrezzature realizzate al proprio interno in modo artigianale. Cartongraph non solo ha saputo gestire con efficacia la delicata tutela della con-

tinuità, oltre ai figli Daniela e Franco sono già ‘scesi in campo’ i nipoti Marina e Luca, ma ha saputo puntare anche sull’ottimizzazione dell’organizzazione per favorire la convergenza strategica e l’allineamento sia della famiglia che delle risorse umane interne, favorendo cosi la creazione di una “squadra” motivata e competitiva che è elemento fondante per il successo di qualsiasi impresa.•

CARTONGRAPH S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Via T.A. Edison, 25 ZAI 37136 Verona Tel. 045 500049 Fax 045 501376

PRODUZIONE

Grafica e cartotecnica per il settore promozionale-pubblicitario

ANNO DI FONDAZIONE 1959

PRESIDENTE

Giancarlo De Paoli

RESPONSABILE COMMERCIALE

RESPONSABILI CONTROLLO E QUALITA’

Franco e Daniela De Paoli

FATTURATO 2012

3 milioni e 500 mila euro

SUPERFICIE AZIENDALE

Totale: 4.000 mq Coperta: 3.000 mq

RISORSE UMANE

Addetti alla produzione: 22 Impiegati: 3

Franco De Paoli

RESPONSABILE AMMINISTRATIVO Daniela De Paoli

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SITO INTERNET/E-MAIL www.cartongraph.it giancarlo36@cartongraph.it



attività

Siglato da

CONFIMI IMPRESA MECCANICA IL NUOVO CONTRATTO TRIENNALE Un nuovo strumento per le imprese

I

ncremento salariale di 130 euro per oltre 200 mila lavoratori e nuove prospettive di rilancio per le piccole e medie imprese. Sono queste le significative novità inserite nel nuovo contratto nazionale di lavoro per il settore metalmeccanico firmato a Roma da Confimi Impresa Meccanica con i sindacati Fim-Cisl e Uilm-Uil. Un contratto che coinvolge 12 mila piccole e medie imprese, tra le quali molte sono dislocate nel territorio veronese, e che punta ad unire la centralità del valore del lavoro a quello dell’impresa, a partire dalla definizione di un aumento salariale che possa contribuire a far fronte ad una situazione di reale disagio sociale. Aiutare i lavoratori dipendenti si-

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gnifica far ripartire i consumi e, di conseguenza, le vendite e la produzione, restituendo così uno slancio all’intero sistema, con benefici per tutti, compreso lo Stato. L’accordo prevede inoltre la possibilità per le Parti Sociali di modificare anche a livello territoriale e aziendale gli aspetti normativi ed economici del contratto nazionale per favorire lo sviluppo e la crescita. Sono inoltre previsti, sempre a livello territoriale e aziendale, interventi mirati per sostenere le aziende in crisi perché è ormai indispensabile adeguare la normativa sul lavoro alle specificità dei territori per garantire alle aziende il massimo funzionamento e la massima competitività anche verso l’esterno, fermi restando

i diritti di chi presta la propria manodopera. Sono stati disciplinati anche gli orari di lavoro alfine di rispondere sempre meglio alle esigenze imposte dalla competitività del sistema industriale, nel rispetto delle esigenze delle persone. Di grande rilevanza è inoltre la possibilità di ricorrere più facilmente alla flessibilità degli orari, per far fronte a esigenze produttive, attraverso l’incremento dell’orario settimanale fino a 48 ore, compensato da analoga riduzione fino a 32 ne periodi di difficoltà aziendale. La normativa sulla malattia darà invece sostegno al Iavoratore in caso di eventi gravi, ma consentirà allo stesso tempo di limitare comportamenti scorretti, attraverso una pena-


lizzazione per chi ricorrerà impropriamente alle ripetute malattie brevi che si realizzano nell’arco dell’anno. In questo frangente da sottolineare che, per la prima volta in un contratto Nazionale di Lavoro, viene individuata la possibilità di coinvolgere l’Ordine dei Medici nel caso di complicità e/o coperture nei confronti di lavoratori non corretti. Sempre in tema di assistenza sanitaria, il nuovo contratto introduce la possibilità di aderire in forma libera e volontaria ad un nuovo fondo integrativo. L’accordo firmato dalle tre organizzazioni ha durata triennale, con validità da giugno 2013 fino al 31 maggio 2016. L’aumento a regime di 130 euro mensili sarà corrisposto in tre tranches: 1 settembre 2013, 1 giugno 2014 e 1 giugno 2015. Inoltre, verrà erogata una somma una tantum onnicomprensiva di 105 euro a copertura dell’aumento

di collaborazione reciproca tra le parti contraenti. Segno questo che quando al centro del confronto vengono posti i reali problemi presenti nel comparto meccanico è possibile raggiungere buoni risultati. Non serve affrontare la discussione da approcci ideologici ma pragmatici e così è stato. In questo caso lo abbiamo fatto, lavorando tutti nel comune interesse e con l’obiettivo di raggiungere un accordo che fosse il più attinente possibile alle reali esigenze delle imprese metalmeccaniche e dei lavoratori, tenuto conto del periodo difficile che ciascuno sta attraversando». Per questo il nuovo contratto rappresenta un significativo passo avanti per le relazioni industriali, non solo all’interno del comparto metalmeccanico, ma per l’intero sistema manifatturiero italiano. Da più di mezzo secolo, inoltre, non veniva siglato un contratto di lavoro al di fuori della ristretta cerchia di attori consolidati, soprattutto dal versante datoriale: nel giro di pochi mesi dopo la sua nascita, invece, Confimi Impresa Meccanica è riuscita ad affermarsi come interlocutore negoziale, non soltanto affidabile, ma anche innovativo. «Sarebbe stato ben più facile, in realtà, limitarsi a firmare “per adesione” un CCNL già vigente recependone integralmente i contenuti ed evitando così i rischi e i tempi lunghi di una trattativa sindacale – spiega Busato – ma la strada scelta è stata un’altra: prima denunciare e disapplicare gli obblighi di iscrizione/versamento a enti bilaterali di emanazione Confapi, che nei fatti servono solo a drenare soldi delle imprese a vantaggio del sistema associativo, e poi disconoscere i successivi rinnovi contrattuali effettuati da qualsiasi altra organizzazione datoriale. Si è trattato di un approccio drastico, ma coerente con il “dna” di Confimi Impresa, basato notoriamente sul rigetto di qualunque forma di bilateralità impropria, ovvero finalizzata non al

per il periodo giugno/settembre 2013. A dimostrazione di come le imprese continuano ancora oggi a credere nel contributo essenziale dei propri lavoratori, che devono trovare gli stimoli giusti per diventare parte attiva nella crescita della realtà aziendale in cui operano e vivono.

MASSIMO BUSATO

Un passo avanti ma è solo l’inizio Alla firma del contratto nazionale di lavoro metalmeccanico tra Confimi Impresa Meccanica, Fim-Cisl e Uilm-Uil ha preso parte anche Massimo Busato, Presidente Apindustria Verona per la categoria metalmeccanici, nonché vice presidente nazionale di Confimi. Busato manifesta la soddisfazione per l’accordo raggiunto sottolineando che «La firma di questo accordo è arrivata dopo due soli mesi di contrattazione durante i quali è emerso un clima

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attività

servizio di imprese e lavoratori, ma solamente al finanziamento surrettizio del sistema di riferimento». Massimo Busato non nasconde come il confronto tra Confimi e sindacati a tratti sia stato acceso. Ma se il tutto è andato a buon fine in tempi brevi è stato grazie ai contenuti che hanno prevalso sulle posizioni precostituite. «In pratica abbiamo adottato del sano pragmatismo che non punta ad uscire dalla trattativa con un vincitore e un vinto, ma a potersi considerare entrambi vincitori nell’interesse di tutti. Ora però si tratta di tradurre il risultato raggiunto a livello nazionale in un metodo di lavoro anche per il nostro territorio. Il Contratto apre infatti ad intese territoriali che, anche modificando parti delle intese nazionali, possono rispondere alle specificità veronesi. Si tratta di iniziare il confronto con il Sindacato anche perché la crisi degli ultimi anni ha dimostrato che o si cresce insieme; o si muore insieme».

manifatturiero – prosegue il Presidente – proprio come l’impegno che sta alla base delle scelte di Confimi Impresa: valorizzare il sistema manifatturiero nel rispetto delle imprese e dei lavoratori». Quello siglato a Roma in ottobre è il primo contratto collettivo di lavoro firmato da categorie appartenenti al sistema Confimi Impresa.

ARTURO ALBERTI

Riconosciuto il ruolo di Confimi. Il presidente di Apindustria soddisfatto per il nuovo contratto «È buon contratto!». Con queste parole Arturo Alberti, Presidente Apindustria Verona, esprime la profonda soddisfazione per il rinnovo sottoscritto da Confimi Impresa Meccanica. «Sono passati pochi mesi dalla costituzione di Confimi Impresa, che già è riuscita a farsi riconoscere come nuovo soggetto maggiormente rappresentativo all’interno del sistema delle piccole e medie imprese nazionale – spiega Alberti – e che trova ulteriore conferma con la sottoscrizione del nuovo contratto nazionale della categoria più rappresentativa». «È una risposta concreta e positiva all’intero comparto

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Attualmente Confimi Impresa rappresenta circa 23 mila aziende manifatturiere in tutta Italia, con 20 sedi territoriali e 350 mila dipendenti. «Sono certo che le imprese metalmeccaniche troveranno all’interno di questo contratto collettivo gli strumenti idonei e più opportuni per la loro crescita – continua Alberti – e che si sia realizzato un buon equilibrio tra le esigenze di competitività delle aziende e la tutela dei lavoratori. Il mio auspicio è che anche altre organizzazioni sindacali possano sottoscrivere l’accordo». ll riferimento è alla mancata partecipazione della Fiom-Cgil che, invitata numerose volte a partecipare al tavolo negoziale, ha deciso liberamente di non rispondere. Eppure il confronto negoziale tra le parti coinvolte, come ricordato anche dal Presidente nazionale di Confimi Impresa Meccanica Riccardo Chini, è sempre stato trasparente e costruttivo. Infine Alberti ha ricordato che l’organizzazione imprenditoriale è stata e sarà sempre pronta al confronto sul merito delle questioni, partendo da temi veri e di interesse per le imprese e per i lavoratori. «Noi non abbiamo paura a parlare ed affrontare tutti i temi, anche i più scottanti, purché si mettano al centro il valore del lavoro e dell’impresa. E sulla base di questi principi, grazie al nuovo contratto, da oggi si può ripartire con più fiducia». Certamente i meccanici hanno aperto una strada, ora si tratta di proseguire anche perché è l’intero comparto manifatturiero che deve avere delle risposte.•



attività

PREMIO VERONA GIOVANI 2013

“Quando i ‘piccoli’ sanno andare lontano puntando sulla forza del team”

È

stato consegnato giovedì 5 dicembre a Gigi Fresco, nella sede di Apindustria Verona, il Premio Verona Giovani 2013, ideato e promosso dal Gruppo Giovani Imprenditori. Il Premio Verona Giovani, nato per segnalare, ogni anno, un veronese di successo, è tornato a premiare in questa edizione una figura legata al mondo dello sport: il 53enne Luigi “Gigi” Fresco, da 31 anni allenatore e presidente del club scaligero Virtus Vecomp - Borgo Venezia. Fresco, laureato in pedagogia, opera nel settore della scuola come segretario scolastico e da sempre è nel mondo del calcio. Ha iniziato ad allenare a 12 anni, aiutando il mister; a 16 anni ha preso in mano i Pulcini, poi gli Esordienti, i Giovanissimi e quindi gli Allievi; a 21 anni la prima vera panchina importante in Seconda Categoria. Appena 22enne è stato eletto alla

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guida della Virtus B.V. iniziando un cammino straordinario, sempre in crescendo, che ha portato una ‘piccola’ squadra di quartiere dalla Terza Categoria, alla serie D, fino alla Seconda Divisione di Lega Pro (ex C2), attirando l’attenzione dei media nazionali su questa favola vera, su Verona e su Borgo Venezia. Gigi Fresco è riuscito a dare vita ad un sogno, a rendere solida realtà un progetto che poteva apparire utopico. Ha gestito la società sportiva con un impegno totale, considerandola una grande famiglia, e ha saputo avvalersi di un team di amici ai quali demandare ruoli e collaborazioni significative. La Virtus, nata nel lontano 1921, è oggi senza alcun dubbio la società calcistica più singolare del panorama italiano. Non è soltanto una polisportiva con mille tesserati fra calcio e pallavolo (caso unico in

Italia, la Virtus ha un seconda squadra di calcio che gioca in Promozione veneta), ma una realtà che si distingue anche per iniziative umanitarie (esiste la Onlus Vita Virtus che si occupa di progetti di natura sociale e dell’integrazione degli extracomunitari e che vive sulla passione dei suoi volontari) e che coinvolge attivamente tutti gli abitanti del quartiere. «Pensando alla incredibile storia di Gigi Fresco e della Virtus – spiega Alessandro Ferrari, presidente GGI Api – abbiamo voluto quest’anno focalizzare l’attenzione sul tema “Quando i ‘piccoli’ sanno andare lontano puntando sulla forza del team”. I risultati eccellenti raggiunti dalla Virtus sono la prova che le piccole dimensioni di una impresa - perché anche una società calcistica lo è - non costituiscono un ostacolo al raggiungimento di grandi traguardi. Se anche noi imprenditori,


e alla sera... si festeggia!

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attività

PREMIO VERONA GIOVANI 2013

come ha fatto Gigi Fresco, sapremo guardare, prima che al risultato, al capitale umano delle nostre aziende, i nuovi obiettivi non ci faranno più paura. È proprio vero che “l’unione fa la forza” e il gruppo di lavoro è, soprattutto nelle PMI, il patrimonio più grande da valorizzare sempre, fidelizzare e ‘amalgamare’ per creare una vera squadra. Fresco è stato maestro nel motivare e trascinare i suoi team. Dobbiamo prendere esempio dalla sua forza di volontà, dalla tenacia e dalla dedizione che ha sempre messo nel perseguimento di un risultato e ciascuno di noi deve applicare, nel proprio ambito, la grinta di chi è convinto che nulla sia impossibile se ci sono impegno, passione, determinazione e costanza». «In un anno di grandi successi – afferma Gigi Fresco – il Premio Verona Giovani è un’ulteriore soddisfazione. Cosa vorrei ancora? Rimanere in Lega Pro e salire di un’altra categoria portandoci al livello dell’Hellas di 3 anni fa, la ex C1. Toccando ferro, se il campionato finisse oggi, noi ci saremmo: speriamo vada avanti così. Un ottimo risultato si può ottenere in tutti gli ambiti, basta volerlo: ho cercato sempre di insegnarlo ai miei ragazzi e sono contento che questo mio messaggio sia arrivato anche ai

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giovani imprenditori. Mi ha fatto immensamente piacere ricevere questo riconoscimento: in un momento così difficile per tutte le aziende italiane è ammirevole che i Giovani di Apindustria abbiano trovato tempo, risorse, entusiasmo per mantenere in vita il Premio. Sono fiero del fatto che abbiano pensato proprio a me: in Italia le piccole medie imprese sono la linfa vitale, il cuore pulsante dell’economia e essere premiato da questo tipo di realtà è doppiamente motivo di orgoglio». • Beatrice Paglialunga

La storia del Premio Istituito nel 2008 in occasione del ventennale della costituzione (19 maggio 1988) del Gruppo Giovani per segnalare figure di veronesi particolarmente distintesi in ambito economico, culturale, politico, sociale, sportivo, dello spettacolo, il Premio Verona Giovani è giunto quest’anno alla sua sesta edizione. Questo l’albo d’oro: sindaco Flavio Tosi (2008), ricercatori Francesco Bifari e Ilaria Decimo (2009), regista Gaetano Morbioli (2010), direttore d’orchestra Andrea Battistoni (2011), atleta e campionessa paralimpica Francesca Porcellato (2012).


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attività

Médinit EXPO 2013

Apindustria in Marocco

S

i è svolta a Casablanca, Marocco, all’Hyatt Regency Hotel, dal 13 al 16 novembre 2013, la IV edizione di Médinit Expo (www.medinit.it), il Salone italiano del design e delle tecnologie per le finiture d’interni e per le costruzioni organizzato da Médinit Srl. Anche quest’anno, dopo l’esperienza del 2012, Apindustria ha scelto di partecipare alla manifestazione con un buon numero di sue aziende, alcune delle quali aggregate in filiera. La Fiera Médinit Expo si rivolge esclusivamente ad aziende italiane operanti nei settori merceologici delle costruzioni, delle finiture di interni, del design, delle infrastrutture, dei materiali e delle tecnologie: 147 gli espositori e oltre 2.300 i visitatori qualificati. La visita alla manifestazione è riservata esclusivamente a specialisti del settore (architetti, ingegneri, promotori immobiliari, imprenditori edili, costruttori, retailer,…) ed è possibile solo su invito, formale e personale, ricevuto da Camera di Commercio Italiana in Marocco, Banco Popolare, Banque Populaire du Maroc, Conseil Régional des Architectes Du Centre, Union Nationale des Ingénieurs Marocains, Fédération National des Bâtiments et Travaux Publiques (FNBTP), Fédération des Industries de Matériaux de Construction (FMC). La formula della manifestazione prevede che per ogni espositore siano preventivamente organizzati alcuni incontri B2B mirati con interlocutori d’interesse. Questi i trade sectors: Edilizia abitativa e industriale (materiali edili, impermeabilizzazioni, bagni, sanitari, accessori, marmi, pavimenti, rivesti-

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menti,…), Edilizia stradale, Finiture d’interni (mobili per abitazioni residenziali e uffici,…), Trasporti, Servizi. Gli incontri Qualificate le presenze istituzionali: Luca Pezzani - segretario generale della Camera di Commercio Italiana in Marocco, Roberto Natali - Ambasciatore d’Italia in Marocco, Essaid Zniber - Ministere de l’Habitat du Maroc, Rachid Agoumi – presidente Banque Populaire du Maroc, Karim Sbai - presidente Ordre National des Architectes Conseil Regional du Centre, David Toledano - presidente Fédération des industries des matériaux de construction, Badia Arab - Union Nationale des Ingénieurs Marocains, FNBTP. Per la prima volta sono stati a Médinit i rappresentanti degli Ordini Nazionali degli Architetti di Nigeria, Repubblica Democratica del Congo e Senegal che hanno incontrato le aziende nel corso della tavola rotonda “Scambio di idee sullo sviluppo del continente africano e modelli di business per la cooperazione tra Italia e Africa”. Cangrande builders group Allo stand D1-D2 del padiglione Galileo, per la prima volta 8 aziende associate ad Apindustria hanno esposto i loro prodotti e servizi riunite in ‘rete di imprese’. Cangrande builders group – questo il nome dell’aggregazione nata proprio in occasione della partecipazione a Médinit – ha visto congiunte in filiera l’immobiliare Gruppo Centro Nord e Ape - ditta che si occupa della realizzazione di strutture prefabbricate, Pluvitec - realtà specia-

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attività

lizzata in tecnologie impermeabili, Concordia Marmi - azienda che realizza pavimenti, rivestimenti, scale e componenti di arredo in marmo e pietra, Saveplac – produttrice di pannelli placcati in legno, Santo Passaia - leader nel settore dei mobili di lusso e delle boiserie su misura, Mainardi Sistemi - produzione e vendita pareti mobili e arredo uffici, Samo - azienda di primaria importanza nelle soluzioni doccia. A fare da capofila Lorenzo Bossi, responsabile dell’ufficio fiscale di Apindustria Verona, che da anni si occupa di reti d’impresa. «Sono convinto – afferma Bossi – che siano moltissimi le opportunità e i vantaggi dischiusi alle PMI dal ‘mettersi insieme’. Oggi più che mai, per competere sugli scenari internazionali sempre più complessi, la qualità eccelsa dei prodotti Made in Italy, da sola, non è più una garanzia. È necessario differenziarsi e unire le forze per offrire alla clientela un pacchetto completo; un servizio che il ‘piccolo’ non è in grado di garantire». «Le forme dell’internazionalizzazione – fa eco Raffaello Ferrari, titolare della Concordia Marmi – sono molto variegate e passano attraverso il rapporto con le banche, le società di consulenza, le fiere. Sono molto soddisfatto di questa partecipazione con il Cangrande builders group e credo sia un esperimento da ripetere: davvero le reti d’impresa possono dare un contributo all’internazionalizzazione del nostro sistema». «Abbiamo scelto di replicare l’esperienza in Marocco – prosegue Bossi – perché è un Paese che offre molte opportunità: basti pensare che è il secondo Stato del continente africano, dopo il Su-

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dafrica, nell’attrarre investimenti stranieri. Sicuramente questa prima collettiva Apindustria avrà un seguito; per le imprese di piccole dimensioni collaborare non è una risorsa utile, ma essenziale. Il far da sé, il non fidarsi dell’altro, ha più svantaggi che vantaggi: fare rete è, prima che un fatto organizzativo, una rivoluzione culturale. Il vincolo tra le imprese in rete, complementari l’una all’altra, viene stipulato per completare la filiera tecnologica, per mettere in sicurezza il know how, per ampliare il mercato di riferimento».

Altre aziende Apindustria Presenti con stand individuali altre aziende associate: Le Fablier - leader nelle soluzioni d’arredamento classico e contemporaneo, Domos - realtà rivolta alla progettazione e realizzazione di soluzioni in marmo, pietra e granito, Ges Group - produzione di mobili arredo per spogliatoi, IBuild - impresa di costruzioni e ristrutturazioni, III Millennium agenzia di comunicazione e laboratorio creativo.• B.P.



Apigiovani Alessandro Ferrari

COM’È IL VOSTRO BICCHIERE?

D

icembre è tempo di bilanci per far conoscere le attività svolte e gli obiettivi raggiunti dai giovani imprenditori Apindustria che hanno saputo mettersi in gioco affrontando sfide a volte oggettivamente stressanti “solo” per puro spirito d’appartenenza. Le attività hanno, tra l’altro, la finalità di creare eventi che generino seguito e adesione tra gli associati e proprio per questo abbiamo organizzato: - la Cena d’Estate nel corso della quale sono stati raccolti fondi da destinare alla fondazione onluss “Oscar per tutti”; - la Cena di Natale e il Premio Verona Giovani, giunto alla 6^ edizione e istituito per premiare un veronese che si è distinto per la propria attività; - l’Apihour, momento ludico per eccellenza durante il quale i partecipantii hanno saputo coniugare divertimento e business; - Interventi alla trasmissione “My Generation” di Radio Verona che ci hanno consentito di dare visibilità alle nostre attività. Altro ruolo chiave del gruppo è quello di svolgere attività affini alla formazione come: - Il ciclo d’incontri “L’imprenditore ci racconta”, format che ha come protagonisti imprenditori che raccontano ad altri imprenditori le iniziative intraprese in azienda per combattere e vincere le sfide di ogni giorno. Siamo stati ospiti di Gianluca Tacchella della Carrera Jeans e di Diana e Sandra Venturato della Samo Docce; - la partecipazione alle attività e al Consiglio del Cosp (Comitato Provinciale Orientamento Scolastico Professionale) e del Provveditorato agli Studi; - lo sviluppo della “Scuola per L’imprenditoria” attraverso la quale si sta pensando di creare una Super G (una Consulta con i Presidenti giovani delle associazioni di Verona). Le sfide affrontate quest’anno, dentro e fuori l’associazione, mi spingono a con-

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dividere con Voi un’esperienza vissuta quest’estate, che mi ha fatto molto riflettere come imprenditore e come uomo e che spero possa essere di stimolo per tutti noi imprenditori. Nel mese di agosto ho trascorso un paio di settimane a Melbourne come ospite “lavoratore” (working holiday) nell’azienda di alcuni parenti. L’intento era quello di conoscere da vicino le dinamiche di una realtà molto più grande della mia (1300 dipendenti) in un mercato totalmente diverso (l’Australia) per imparare e magari replicarle nella mia attività. Sono state due settimane veramente intense, considerando che solo il viaggio è durato 24 ore, e ho avuto modo di vedere l’operatività dell’azienda a 360°, seguire i lavori in cantiere dalla fase produttiva a quella realizzativa, partecipare con i manager ai meeting dove venivano discusse le problematiche legate ai budget… insomma ne avevo di cose da imparare… ma quello che mi ha più colpito e che con vero piacere mi sono riportato a casa è quello che penso sia il segreto del loro successo. Queste persone sono partite dall’Italia in nave negli anni sessanta facendo un viaggio di 40 giorni (altroché 24 ore), senza conoscere la lingua, senza una casa, senza un lavoro, senza la famiglia… senza nulla…. avevano una valigia piena di sogni, di voglia di fare e di Umiltà…. ecco questo a mio avviso è il ‘segreto’… e mi viene da pensare (sognare) che nonostante le difficoltà che stiamo vivendo noi imprenditori in questo momento, forse non sono paragonabili alle difficoltà e sofferenze vissute da chi, come loro, ha dovuto crearsi un futuro partendo dal nulla… E allora vale la pena guardare quello che abbiamo attorno, questo può essere un ottimo punto di partenza per la conquista di nuovi importanti mercati… insomma il mio bicchiere ora è sicuramente mezzo pieno… e il Vostro? Buon 2014 a tutti!•

A “Oscar per tutti” i fondi raccolti da Apigiovani Il Gruppo Apigiovani è tornato ad occuparsi di solidarietà con la raccolta fondi organizzata in occasione della Cena d’Estate 2013, un format consolidato il cui obiettivo è anche quello di cercare, a partire da un gesto di generosità condiviso, di contribuire ad alleviare le sofferenze o le difficoltà di quanti hanno bisogno d’aiuto. «È un modo – afferma Ferrari – per ricordare a noi stessi che nella vita ci sono priorità che vanno oltre le preoccupazioni del quotidiano. Intendiamo incentivare questo sentimento di attenzione dell’impresa verso la società civile: oltre alla capacità di produrre reddito, il merito di un’azienda si misura anche dalla capacità di attivarsi a beneficio della collettività». L’attenzione si è focalizzata sull’associazione “OSCAR… PER TUTTI”, onlus costituita nel 2007 per promuovere e organizzare la raccolta di fondi da destinare alla ricerca in campo oncologico e il cui obiettivo è il finanziamento di progetti di ricerca tramite borse di studio (collabora con altre associazioni come l’AIRC, Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) dedicate alla specializzazione professionale di ricercatori medici. «Le borse di studio che riusciremo a finanziare grazie anche al contributo del Gruppo Apigiovani – sottolinea Diana Venturato – saranno dedicate non solo a mio fratello Oscar ma anche a tutte le persone sfortunate che, come lui, hanno dovuto scontrarsi e perdere la battaglia contro il cancro. Speriamo che questa terribile malattia possa essere sconfitta e che le generazioni future non debbano vivere le nostre sofferenze. Siamo particolarmente grati al Gruppo Giovani e auspichiamo che questa attenzione al sociale si diffonda sempre più anche grazie a chi, come noi, vuole investire su progetti di ricerca medica, utili… PER TUTTI».

Le iniziative sono consultabili nel sito Apindustria al link: http://www.apiverona.it/categories/view/15/50


Apidonne

APIDONNE 2013

“Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei proprio sogni” (Eleonor Roosvelt)

Auguriamo a tutti un 2014 ricco di fiducia, passione e successi! Potete seguirci sulla pagina Apid del sito di Apindustria www.apiverona.net e sulla pagina Facebook APID – ApiDonne Verona www.facebook.com/ApidVerona

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fiscale

Cara azienda, come stai?

Il benchmarking come misurazione comparativa dei risultati economico-finanziari

C

’è stato un tempo in cui l’imperativo aziendale era la focalizzazione sul prodotto; in un secondo momento, in corrispondenza dell’inasprirsi della concorrenza, l’attenzione è stata rivolta alle tecniche di vendita. E ora? Come misurare, dopo l’avvenuto potenziamento dell’offerta e della domanda, i risultati raggiunti per creare (o mantenere) un vantaggio competitivo? Comprendere appieno la salute economico-finanziaria della propria impresa, individuarne tempestivamente i sintomi, reagire con i giusti rimedi ai punti di debolezza

settore, un problema di aumento del fatturato “non del tutto sostenibile” perché a discapito dei margini, con valori e trend ben diversi fra azienda A e Settore (oltre che area geografica di riferimento).

In un altro settore, quello vitivinicolo, (tabella 2) si è tradizionalmente in presenza di un basso ricorso al capitale di terzi a favore delle risorse interne (capitale proprio). Vi sono, però, aziende che vanno controtendenza, come nel caso dell’azienda C (ed A).

e far leva sui punti di forza. Questi i principali vantaggi di elaborare ad intervalli periodici l’analisi della performance aziendale. Analisi che risultano ancor più significative allorché gli indicatori rilevati vengano posti a confronto con quelli dei concorrenti. Fare benchmarking significa confrontare gli indici di bilancio della propria azienda con quelli medi di settore e/o con quelli dei propri concorrenti diretti (soprattutto nel caso si operi all’interno di una nicchia di mercato). Indispensabile è prendere in considerazione un arco temporale più o meno ampio (3-5 anni). Una volta completata la fase tecnica, fondamentale diventa l’interpretazione dei risultati: la mia azienda come si pone rispetto agli altri quanto a sviluppo, redditività, solidità e liquidità? Scopo è quello di assumere decisioni in piena coscienza del grado di utilizzo della leva finanziaria (per migliorare i rapporti con gli istituti di credito), della tesoreria (per attenuare gli eventuali problemi di liquidità), ma anche sapendo il limite massimo di fatturato e di investimenti sostenibile, tenuto conto del trend in atto nel settore di riferimento.

Evidenze da alcuni settori Nella tabella 1 (commercio all’ingrosso di macchine agricole) l’analisi evidenzia, sia nell’azienda A che nell’intero

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È questo un risultato negativo o, letto in altra luce, un possibile punto di forza? Gli esempi sopra citati dimostrano come il confronto con i concorrenti aiuti a meglio valutare l’effetto di decisioni strategiche (ridimensionamento del mercato di sbocco a favore di una maggiore redditività, riposizionamento del prodotto, aumento del capitale a scapito dei debiti), piuttosto che di tipo operativo (negoziazioni con le banche). Perché fare benchmarking è confrontarsi per migliorare. Anche (e soprattutto) in tempo di crisi. Per informazioni e commenti: Prof. Paolo Roffia paolo.roffia@univr.it, Dott.ssa Francesca Panarotto panarotto.francesca@gmail.com


PUBBLIREDAZIONALE


territorio

Telearena accoglie le sfide del futuro 1979: Telearena fa il suo debutto e con le sue trasmissioni comincia a coprire i 98 comuni del territorio veronese. Novembre 2013: Telearena inaugura, dopo lo switch off al digitale terrestre, un’altra fase del suo percorso di rinnovamento che vedrà la realizzazione del nuovo modello entro gennaio 2014 e si presenta in veste tutta digitale. Diventata on demand, l’emittente scaligera è ora completamente digitale: dalle riprese televisive, al montaggio dei servizi e delle trasmissioni, all’emissione via etere, alla diffusione su iPad, iPhone e iPod Touch grazie all’applicazione gratuita scaricabile dal suo sito web www.telearena.it. Con questo sistema Telearena potrà distribuire il flusso dei suoi dati su tutti i mezzi disponibili oltre alla televisione e potrà così raggiungere un pubblico sempre più vasto ed eterogeno. «Ci seguono abitualmente quasi 300mila telespettatori, il che significa 1 veronese su 3 – sottolinea Giambattista Bianchi, direttore di rete e del network tv del Gruppo editoriale Athesis – un buon risultato ma vogliamo fare ancora meglio». La conquista di questo significativo traguardo è stata presentata con una serata evento al Crowne Plaza Hotel: un momento di aggregazione tra chi la televisione la fa e chi la utilizza per la propria comunicazione commerciale o istituzionale. Così ad accogliere gli ospiti – imprenditori, amministratori pubblici, istituzioni – c’erano lo staff dell’emittente e quello della concessionaria di pubblicità Publiadige che in un anno particolarmente difficile per tutta l’economia è riuscita a raggiungere risultati in linea con l’anno precedente. Questo grazie anche alla ricchezza del palinsesto, che spazia dalla cronaca allo sport, dalla politica agli spettacoli, alle trasmissioni di approfondimento e di servizio. La serata, che ha avuto come tema conduttore il cambiamento e il coraggio di cambiare, ha mostrato un gruppo editoriale dinamico che, con il quotidiano «L’Arena», Telearena e Radio Verona, è pronto ad affrontare le sfide tecnologiche del futuro pur mantenendo inalterata la serietà dell’informazione che è il suo tratto distintivo. Oggi nei blog, nei social network, nella rete in generale siamo tutti sommersi da una miriade di dati, spesso non verificati, non attendibili, frammentari, ma sotto l’insegna dei mezzi Athesis gli utenti troveranno sempre notizie vere e verificate. «La nostra è una realtà che guarda al futuro e alla multimedilità – ribadisce Alessandro Zelger amministratore delegato del Gruppo Editoriale –, ma che vanta radici solide che sono quelle dell’affidabilità della notizia, della serietà e dell’impegno dei nostri giornalisti che sono validi professionisti e che nella storia della loro carriera all’interno del gruppo hanno sempre perseguito e sono sempre stati guidati verso la serietà dell’informazione che declinano».•

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Carrera for Quid la nuova linea di t-shirt

QUID: quel qualcosa in più che unisce il sociale e la sostenibilità ambientale con il mercato

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osa hanno fatto nel 2012 cinque giovani amici – laureati in economia, relazioni internazionali, scienze dei beni culturali, della comunicazione, lettere, – con capi di fine serie o lievemente difettati e altri materiali di scarto messi loro a disposizione gratuitamente da aziende d’abbigliamento? Si sono inventati un brand, Quid, che nel nome ha già quel “qualcosa in più” che vuole fare la differenza, e che, se non bastasse, ha per logo una molletta, a indicare la volontà di “pinzare” insieme gli aspetti sociali e ambientali con quelli di mercato. I giovani amici, diventati nel frattempo otto, hanno recentemente realizzato per la Carrera – realtà leader nel settore dell’abbigliamento casual – una nuova linea di t-shirt ad alto contenuto creativo: Carrera for Quid. In un apposito corner nel negozio Carrera di Stallavena si possono scegliere capi firmati Quid che sono tutti pezzi personalizzati, recuperati, riprogettati e le cui modifiche sartoriali sono state fatte a mano. È questa un’altra tappa significativa per i giovani che hanno scommesso su questo coraggioso progetto nato – come ricorda la portavoce Quid, Lucia Dal Negro – «dalla voglia di contribuire al cambiamento scegliendo di donare tempo e competenze per dar vita sul territorio a un progetto concreto volto al reinserimento nella comunità di lavoratori socialmente emarginati, grazie anche alla collaborazione con altre cooperative locali che si occupano di ragazze svantaggiate (invalidità, dipendenze, tratta della prostituzione). Inse-

gniamo in questo modo alle nostre ragazze a “fare qualcosa”: non c’è business più bello e gratificante che aiutare qualcuno a “ri-cucire” il suo futuro». «Quid – aggiunge Gianluca Tacchella, amministratore delegato di Carrera S.p.A. –, proprio come il nostro brand, si rivolge ad un pubblico giovane, attento alla moda ma anche al business sociale, all’ambiente e al prezzo. Tutti questi temi sono i segni distintivi della nostra filosofia aziendale e costituiscono il vero collante Carrera-Quid. A riprova Carrera ha da poco lanciato sul mercato anche una nuova linea di scarpe a KmZero, un prodotto tutto italiano che contribuisce a tutelare, oltre all’ambiente, la tradizione manifatturiera del Made in Italy e a dare nuovo impulso alle piccole aziende locali. Anche per questo mi auguro che la nuova linea di tshirt incontri sempre più il favore dei consumatori: il suo successo avrà indubbi risvolti ambientali, sociali, etici che non possono essere sottovalutati e soprattutto sarà un’occasione di occupazione per molte donne che purtroppo sono ancora alquanto penalizzate nel mondo del lavoro».• Beatrice Paglialunga

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terza pagina

MyPolis arte e dintorni Dalla divulgazione di tecnologie libere alla promozione dell’arte contemporanea

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’Associazione culturale MyPolis nasce, quattro anni fa, dalla volontà di un gruppo di professionisti di promuovere e diffondere attività culturali nel senso più ampio del termine. L’Associazione intende essere una sorta di spinta, un impulso innovativo a quei fermenti culturali presenti nel tessuto cittadino, ma che spesso rimangono relegati ad un livello puramente intenzionale. Lo spazio privilegiato in cui si propone è quello del web, in quanto consente a tutti gli utenti di partecipare attivamente e in modo immediato a idee e progetti. Le competenze e i piani operativi trovano, infatti, nella rete un luogo di fruizione molto più ampio e veloce. Una delle finalità dell’Associazione è proprio quella di generare una diffusa condivisione di sinergie culturali, non solo tra i diversi utenti-soci, ma anche tra altre realtà in linea con le finalità di MyPolis per arrivare ad elaborare programmi sempre più aperti, vivi e coinvolgenti. Internet è il luogo di interazione per eccellenza per la condivisione di idee e visioni culturali ma, se ci si limitasse solo a questo, resterebbe un qualcosa di meramente virtuale e aleatorio; il web è sì il punto di contatto, la linea di partenza, ma è poi nella realtà pratica che stimoli e prospettive devono concretizzarsi. Alcune delle proposte ideate da MyPolis hanno già trovato realizzazione sul campo, mentre ad altre si sta ancora lavorando. Tra le esperienze già messe in atto con successo ricordiamo il Grand Tour. Si tratta di una serie di visite guidate nelle più importanti gallerie private di arte contemporanea di Verona, allo scopo di avvicinare il pubblico ai nuovi linguaggi, portandolo a conoscere in diretta un mondo straordinario ma che troppo spesso appare distante e indecifrabile. L’Associazione non intende, infatti, limitarsi a proporre istanze culturali, ma desidera essere una sorta di guida, di interprete dei desideri dei cittadini, accompagnandoli in un iter assolutamente trasversale di scoperta e riscoperta del territorio e dei suoi protagonisti. È per questo che MyPolis ha pensato di dare vita anche ad un “archivio degli artisti veronesi”, una vera e propria banca dati online in cui inserire una selezionata documentazione su artisti nati nel veronese o che qui si sono trasferiti e hanno lavorato (o lavorano). Si tratta di un “work in progress” che richiederà un paio d’anni per essere ultimato e che avrà necessariamente bisogno di un costante aggiornamento. MyPolis però non vuole limitare il suo contributo al pur fondamentale ambito artistico-culturale e sta lavorando per poter dotarsi di un’aula informatica itinerante,

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al fine di organizzare corsi di alfabetizzazione, video editing e comunicazione. Infatti, vuole offrire un servizio ai cittadini e quindi prevede di prestare temporaneamente la propria strumentazione a scuole o altre associazioni che ne facciano richiesta (per necessità contingenti). L’utilizzo di tecnologie libere (ad esempio, Linux) costituisce un altro punto fermo dell’associazione che se ne serve per i propri indirizzi web (www.veronalive.it e www.mypolis.it) e che ne vorrebbe promuovere un impiego di più ampio respiro attraverso l’ideazione di un’ “aula itinerante”. Scommettere sul nuovo e dare spazio a proposte inedite o comunque poco praticate (siano esse artistiche o informatiche o di altra natura) costituisce il motore fondamentale, la filosofia ispiratrice di MyPolis.

Il magazine VeronaLive: un viaggio verso il web Veronalive, la prima guida alle mostre e agli eventi di Verona, viene pubblicata per la prima volta nel dicembre 1999 (edita da Comunicazione&Eventi). Tutte le copertine del periodico vengono realizzate o dedicate ad artisti contemporanei emergenti. Ogni numero del periodico contiene una vignetta del “dissacrante” Gianni Burato, che vi aggiunge un tocco deliziosamente irriverente. Ad affiancare Mara Vicentini, anima della rivista, nella direzione di Veronalive è Luigi Meneghelli, giornalista, critico d’arte e curatore museale. Il “magazine” ha una tiratura di 10000 copie e viene distribuito in tutte le edicole di Verona e provincia. A partire dal dicembre del 2006 la pubblicazione cartacea passa il testimone ad un’edizione online (che già da qualche tempo la affiancava), dando ascolto a quelle che sono le richieste di un mercato in veloce evoluzione. Nel 2010 la testata online Veronalive (consultabile all’indirizzo www.veronalive.it) viene acquisita da MyPolis. L’apporto innovativo fornito dall’Associazione trova immediata concretizzazione nel rinnovamento grafico del sito, nel passaggio alle tecnologie libere e nella volontà di dare vita ad una collaborazione diffusa tra i diversi utenti, ispirandosi al modello wikipedia. Il portale-magazine di Veronalive è diventato ormai uno strumento di grande utilità per chiunque voglia conoscere e diffondere esperienze artistiche e saperi nei più disparati campi della cultura (dall’arte alla musica, dalla letteratura al teatro, fino a toccare le dinamiche relative alla comunicazione e alle tecnologie libere): ma utile anche per chi voglia semplicemente essere aggiornato sugli eventi in corso. Grazie alla sua dimensione virtuale e alla facilità di accesso a internet, il sito di Veronalive è diventato un utile mezzo di informazione culturale (prevalentemente sul territorio veronese) fruibile non soltanto dai veronesi ma pure dal turista di passaggio, che desideri avere una conoscenza del luogo un po’ più profonda del generico “mordi e fuggi”. E, dunque, l’Associazione, anche grazie al suo sito, si fa vivace promotrice del territorio veronese e delle sue caratteristiche più interessanti, inserendosi in quella logica di rivalutazione del patrimonio artistico e culturale locale quanto mai attuale in un tempo di globalizzazione esasperata.

Il Grand Tour a tinte pop Il Grand Tour è un’iniziativa ideata da MyPolis che ha visto la luce per la prima volta nell’aprile di quest’anno, ma che intende di-

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ventare un appuntamento annuale fisso. Si tratta di un ciclo di incontri (sei nella prima edizione) in alcune delle più importanti gallerie d’arte contemporanea della città. Il Grand Tour 2013 ha avuto come prima tappa la Galleria dello Scudo, in occasione della mostra dedicata ad Alberto Burri. È stata poi la volta dello spazio Artericambi che presentava una personale dell’artista emergente Christian Manuel Zanon. Il Tour è proseguito poi presso lo Studio La Città per analizzare la mostra collettiva “Rosa Piero, Rosa Tiepolo, Rosa Spalletti, Rosa…”. Alla galleria Boxart, è stato possibile conoscere il pensiero artistico del cinese Liu Bolin. L’incontro successivo è stato alla Fama Gallery con le opere di un altro giovane artista, Giorgio Guidi. L’ultima tappa del viaggio ha avuto come protagonista la Galleria La Giarina e i lavori del vicentino Andrea Bianconi. Il curatore della mostra o il gallerista hanno cercato di stimolare la curiosità dello spettatore, interagendo con lui e illustrando la storia di questi artisti e delle loro opere. L’idea è stata quella di fornire l’occasione di scoprire e imparare a conoscere quelli che sono alcuni dei luoghi più rappresentativi del “sistema arte”. È in questi spazi, spesso poco conosciuti, che gli artisti emergenti possono esporre i loro lavori, è qui che avviene il fondamentale punto di contatto tra l’artista, il mercato dell’arte e la dimensione museale. È nelle gallerie d’arte contemporanea che si “scommette” sui futuri sviluppi dell’arte. Spesso, infatti, i musei pubblici espongono le opere di artisti che godono già di una fama consolidata. Certo, all’interno delle gallerie non mancano i grandi nomi, ma la ricerca e la sperimentazione giocano sempre un ruolo di primo piano. Così lo scopo dell’Associazione

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diventa quello di avvicinare i cittadini a un mondo che sembra troppo spesso a sé stante, quasi autoreferenziale. Secondo un comune sentore, infatti, entrare in uno di questi spazi può mettere il visitatore occasionale un po’ in soggezione, forse perché presenta dinamiche diverse da quelle del ben più noto e familiare sistema museale. Ciò che MyPolis intende fare è rompere questa sorta di barriera tra le gallerie e il cittadino, cercando di mostrare come in realtà si tratti di una realtà affascinante e “accogliente”.

Work in progress Uno dei progetti a cui sta lavorando l’Associazione riguarda la creazione di un archivio degli artisti veronesi (dal primo Novecento ad oggi), una sorta di catalogo (consultabile sul sito di Veronalive) in cui inserire biografie, bibliografie, ma anche immagini e schede critiche sul linguaggio impiegato da ogni singolo artista. L’iniziativa è ancora ad uno stadio embrionale; al momento, infatti, è disponibile solo un elenco degli artisti: sono necessari sia un

completamento della ricerca che un costante aggiornamento dei dati. MyPolis vorrebbe avviare a tal fine una collaborazione proficua e dinamica con l’Università di Verona, l’Accademia Cignaroli e le istituzioni museali. L’intenzione è quella di dare il giusto spazio a figure che fanno parte della nostra storia e hanno contribuito (e contribuiscono) a plasmare l’identità cittadina: cosa che permetterebbe anche di operare un confronto con le ricerche artistiche che si sono sviluppate (e si sviluppano) nel nostro Paese, inserendo Verona in un contesto culturale di più ampio respiro. MyPolis non vuole però limitare il proprio campo d’indagine solamente al settore artistico: è per questo che si sta muovendo per dare vita ad una serie di iniziative che coinvolgano ambiti cinematografici, letterari, musicali e turistici, sempre nell’ottica di una riscoperta e rivalutazione del territorio veronese. Tra i vari progetti in corso si può menzionare l’intenzione di pubblicare una collana di racconti per bambini (allo scopo di sensibilizzare i più piccoli, in modo leggero e divertente, sul tema dell’ecologia e del riuso). Sono poi in programma visite guidate, che seguono diversi percorsi tematici (anche in formula on demand) e “Incontri con l’autore”, accompagnati da mostre di artisti emergenti e concerti in luoghi dismessi o abbandonati. • MyPolis – Assocciazione no profit Il direttivo è composto da Roberto Capuzzo (presidente), Laura Lorenzoni (vicepresidente), Davide Marchi, Gianmarino Battistella e Mara Vicentini. www.mypolis.it - www.veronalive.it tel. 3371983902


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FORME ALTERNATIVE AL FINANZIAMENTO BANCARIO MINI BOND Il cd. Decreto Sviluppo (D.L. 83/2012), convertito in legge dal provvedimento n. 134 del 7 agosto 2012, ha introdotto la disciplina dei cd. MINI BOND, strumenti finanziari obbligazionari che le piccole e medie imprese (“PMI”1) potranno emettere a determinate condizioni. L’art. 32 del Decreto Sviluppo, dedicato a “Strumenti di finanziamento per le imprese” prevede la facoltà per le PMI che abbiano determinati requisiti di accedere al finanziamento di terzi mediante l’emissione di cambiali finanziarie (strumenti di debito a breve termine) e obbligazioni e/o titoli similari ed obbligazioni partecipative subordinate (congiuntamente alle cambiali finanziarie, i Mini Bond). Potranno quindi emettere i Mini Bond, le PMI che soddisfino le seguenti condizioni: a) si facciano assistere nell’emissione dei titoli da uno sponsor (banca, impresa di investimento, SGR, società di gestione armonizzata, SICAV e intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del Testo Unico Bancario) che fornisca il supporto all’emissione e che agisca quale collocatore dei titoli; b) abbiano sottoposto a revisione contabile il bilancio dell’ultimo esercizio, da parte di un revisore legale o di una società di revisione legale iscritti nel Registro dei revisori legali e delle società di revisione, c) emettano i titoli, e ne limitino la

circolazione, esclusivamente in favore di investitori qualificati – 34-ter del Regolamento Consob n. 11971 del 1999 – che non siano, direttamente o indirettamente, neanche per tramite di società fiduciaria o interposta persona, soci della medesima impresa emittente; inoltre tali titoli dovranno essere destinati alla circolazione esclusivamente tra tali investitori. Il ruolo dello sponsor pertanto sarà quello di supportare le società nella fase di emissione e di collocamento, sottoscrizione e mantenimento nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, di una quota dei titoli, facilitando la liquidità degli scambi sui titoli per tutta la durata dei titoli stessi. I Mini Bond potranno essere quotati sul mercato Extra Mot di Borsa Italiana. Nel caso di mancata quotazione di questi ultimi, lo sponsor dovrà procedere a una valutazione periodica del loro valore, nonché ad una classificazione delle società emittenti in una categoria di rischio alla luce della sua qualità nel rispettare i propri obblighi. In particolare, lo sponsor avrà l’obbligo di mantenere nel proprio portafoglio fino alla scadenza una quota dei titoli emessi nella seguente misura: a) una quota non inferiore al 5% del valore di emissione, per le emissioni di valore fino a cinque milioni di euro; b) in aggiunta alla quota precedente, un ulteriore 3% del valore di emissione

eccedente i cinque milioni di euro, fino ad un valore di dieci milioni di euro; c) sempre in più rispetto alle precedenti quote, il 2% del valore di emissione eccedente i dieci milioni di euro; facilitando altresì la liquidità degli scambi sui titoli per tutta la durata dell’emissione. Lo sponsor dovrà anche provvedere a classificare la categoria di rischio dell’emittente, tenendo conto della qualità creditizia dell’impresa (cfr. Comunicazione della Commissione Europea 2008/C 14/02 e successive modificazioni) e dovrà fornire aggiornamenti almeno trimestrali sulla classificazione di rischio ed ogni qualvolta intervenga un elemento straordinario. Caratteristiche tecniche dei Mini Bond Le emissioni assumono generalmente le caratteristiche del bullet (operazione di debito con rimborso del capitale in unica soluzione a scadenza) con durata generalmente quinquennale e liquidazione delle cedole con frequenza semestrale. La sottoscrizione dello strumento è riservata a investitori istituzionali. I bond potranno essere quotati nell’Extra MOT di Borsa Italiana oppure non quotati. La quotazione dello strumento non comporta anche la necessaria quotazione dell’impresa emittente. L’emissione e il rimborso a scadenza sono previsti alla pari. Regime fiscale dei Mini Bond Con riferimento al regime fiscale in capo ai titolari, i Mini Bond, se quota-

1. Per “piccole” si intendono le imprese con meno di 50 dipendenti ed un fatturato annuo o uno stato patrimoniale annuo inferiore a Euro 10 milioni mentre per “medie” si intendono le imprese con meno di 250 dipendenti ed un fatturato annuo inferiore a Euro 50 milioni o un totale dell’attivo dello stato patrimoniale inferiore a Euro 43 milioni. Dalla disciplina in oggetto sono espressamente escluse le banche e le micro-imprese, ovverosia quelle con meno di 10 dipendenti e che realizzano fatturato o bilancio annui fino a 2 milioni di euro.

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ti (sia su mercato regolamentato che non regolamentato) in paesi europei white list, non sono soggetti a ritenuta al momento della distribuzione degli interessi dall’emittente al fondo. In caso di mancata quotazione degli stessi si applicherà la ritenuta del 20%. Con riferimento al regime fiscale in capo all’emittente, se le obbligazioni o le cambiali finanziarie saranno ammesse a negoziazione in mercati regolamentati o non regolamentati europei white list, gli interessi passivi potranno essere dedotti con la limitazione del 30% dell’EBITDA, senza essere soggetti all’ulteriore limitazione (prevista dal comma 115 dell’articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549) in base alla quale gli interessi passivi di un prestito obbligazionario sono deducibili a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non sia superiore: a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni e i titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo inclusi nella white list o collocati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione; b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, delle obbligazioni e dei titoli similari diversi dai precedenti. Qualora il tasso di rendimento effettivo all’emissione sia superiore ai limiti di cui sopra, gli interessi passivi eccedenti l’importo derivante dall’applicazione dei predetti tassi sono indeducibili dal reddito di impresa. Tuttavia, per beneficiare di quanto sopra (i.e. non applicazione dell’art. 3 della L. 28 dicembre 1995, n. 549), le obbligazioni dovranno essere sottoscritte esclusivamente da investitori professionali che non detengano più del 2 per cento del capitale o del patrimonio della società emittente•

ALCUNI DATI STATISTICI

IL MERCATO NAZIONALE

IL MERCATO REGIONALE

Secondo recenti stime le PMI venete con rating investment grade potenziali emittenti di mini bond sarebbero circa 4.600 (su un totale di 35.000 imprese nazionali). Il campione svilupperebbe un fatturato complessivo stimato di circa 100 miliardi di euro occupando 230.000 dipendenti

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apivenetofidi

Sistema delle garanzie per investimenti nell’innovazione e per l’imprenditorialità POR 2007 – 2013 REGIONE VENETO Asse 1 – Linea di intervento 1.2 – Azione 1.2.1

La Regione Veneto, rendendo nuovamente operativa la misura 1.2.1 del Piano Operativo Regionale (POR) 2007 -2013, prosegue l’obiettivo di favorire l’accesso al credito delle Piccole e Medie Imprese del Veneto mediante la concessione di garanzie agevolate, emesse dalla rete dei Confidi regionali. In particolare la misura è diretta a promuove gli investimenti innovativi e lo sviluppo di nuova imprenditorialità mediante finanziamenti a medio lungo termine di durata compresa tra 18 e 120mesi, prestiti partecipativi e operazioni di locazione finanziaria (leasing).

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ambiente e salute

Plinio Menegalli Medico Competente - Ergonomo

Rischi cancerogeni: esposti, sorveglianza sanitaria e prevenzione

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ul sito della Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione si ricorda che il nuovo Piano nazionale di prevenzione sulle malattie professionali, un piano che si pone l’obiettivo di favorire la conoscenza e competenza sui fattori di rischio negli ambienti di lavoro e incidere sui comportamenti quotidiani dovrebbe soffermarsi in particolare su due filoni: il rischio muscoloscheletrico e il rischio cancerogeno. Proprio per favorire la consapevolezza dei problemi sul rischio cancerogeno in ambito lavorativo è necessario portare alcune riflessioni, con riferimento a diversi documenti e articoli: - tra i primi 95 agenti classificati dalla IARC come ‘cancerogeni certi per l’uomo’, 44 sono agenti occupazionali; - è legittimo, etico ed economico assumere scelte ed azioni di sanità pubblica anche per i cancerogeni ‘probabili’ e ‘possibili’ dato che molti di essi sono agenti occupazionali; - molti degli agenti di cui ai due punti suddetti sono tuttora presenti nel tessuto produttivo nazionale. Riguardo poi agli esposti a cancerogeni occupazionali oggi in Italia si ricorda la realizzazione di un sistema informatizzato di registrazione delle esposizioni professionali denominato SIREP. Ad esempio al 31 dicembre 2008 risultavano pervenuti all’Inail/ex Ispesl e analizzati in SIREP registri di esposizione ad agenti cancerogeni ex art. 243 DLgs 81/08 per circa 6.000 ditte, circa

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79.000 lavoratori, circa 164.000 esposizioni e circa 100.000 misurazioni di esposizione. I settori interessati ad esposizione a cancerogeni sono soprattutto la fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali, l’industria del legno e dei prodotti del legno, la produzione di metallo e fabbricazione di prodotti in metallo.

A partire da tali basi di dati è necessario compiere dei passi per abbattere le esposizioni e per definire le strategie di controllo dei danni alla salute che comunque si vadano a verificare. Con quanti tumori professionali abbiamo a che fare in epoca attuale in Italia? Ogni anno si valuta che si verifichino in Italia un po’ meno di 300.000 nuovi casi di tumori. E attualmente, nei Paesi ad alto reddito (come l’Italia), i tumori considerati come un unico assieme presentano una letalità complessiva attorno al 60% (il che vale a dire che circa il 60 % dei pazienti che hanno ricevuto una diagnosi di tumore muore poi per quella causa). Tra tutti i casi di tumore si stima che circa il 4% dei tumori abbia una origine di natura professionale (quindi circa 12.000/


anno con 7.000 decessi). Cosa si può fare? Registrare tutti e mettere tutti (esposti per qualunque pattern di intensità e durata, potenzialmente esposti, ex-esposti…) in sorveglianza sanitaria, qualunque essa sia? Fare (anche) qualcosa di diverso, ad esempio per evitare o almeno attenuare le esposizioni? L’attivazione di una sorveglianza sanitaria sui lavoratori esposti ed ex-esposti a cancerogeni e mutageni occupazionali ha senso se fondata su un minimo di evidenza di efficacia e comunque non sostituisce una qualsiasi azione di prevenzione e protezione. Inoltre una registrazione degli esposti e degli ex-esposti che venisse attuata a mero titolo precauzionale sarebbe non-legittima, non-etica nonché non-economica. In altri termini, non sarebbe normativamente e deontologicamente corretto (oltre che costituire uno spreco di risorse) andare a un’etichettatura/schedatura di tutti quei lavoratori per i quali sia semplicemente congetturata un’esposizione a cancerogeni/mutageni ovvero per i quali detta esposizione venga poi aprioristicamente dichiarata ‘bassa’’irrilevante’, in ogni caso senza che ciò derivi un qualche programma di miglioramento. Ricordiamo l’interessante schema di processo proposto

nel 1983 dal National Research Council statunitense: identificare gli agenti pericolosi; definire delle relazioni dose-risposta; caratterizzare le esposizioni; stimare i rischi. In Italia la sorveglianza epidemiologica di tutti i tumori professionali a livello istituzionale centrale, potrebbe essere un elemento forte di indirizzo e controllo; il monitoraggio dell’evoluzione del quadro delle esposizioni (anche come risultato delle azioni di miglioramento) dovrebbe procedere in parallelo al monitoraggio nel tempo dell’andamento dei tumori professionali. Ricordiamo anche gli obblighi stabiliti dal D. Lgs. 81/2008: - art. 236: il datore di lavoro valuta l’esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni; - art. 242: se la suddetta valutazione ha evidenziato un rischio per la salute si attiva la sorveglianza sanitaria obbligatoria; - art. 243: se la suddetta valutazione ha evidenziato un rischio per la salute si attiva anche la registrazione degli esposti e delle esposizioni. Ma le aziende si chiedono: come deve essere intesa l’espressione “rischio per la salute” nel caso di un’esposizione a cancerogeni/mutageni normata da una legge


ambiente e salute

per la protezione di sicurezza e salute dei lavoratori? Alcune possibili risposte sono: a) qualsiasi livello di rischio, compresi quelli dello stesso ordine di grandezza della popolazione generale non professionalmente esposta a cancerogeni /mutageni; b) secondo il principio di specialità, un livello di rischio diverso da quello della popolazione generale non professionalmente esposta a cancerogeni /mutageni, significativamente più alto di questo. Secondo la prima risposta il passaggio logico dalla valutazione dell’esposizione a quella del rischio risulta inutile e privo di effetti pratici. Secondo la seconda risposta il passaggio logico dalla valutazione dell’esposizione a quella del rischio

comporta un’operazione di classificazione e selezione delle diverse situazioni che può e deve avere importanti effetti pratici. In ogni caso è ovviamente indispensabile distinguere tra coloro che sono esposti a livelli significativi rispetto a quelli con livelli di esposizione molto piccoli (anche se non necessariamente irrilevanti dal punto di vista degli effetti sulla salute). Una possibile soluzione è quella di delineare un sistema che potremmo definire ‘semaforico’ a tre fasce (verde, gialla, rossa) e due soglie (valore d’azione e valore-limite vero e proprio), in piena analogia a quanto già è stabilito, per gli agenti chimici in generale dalla norma UNI EN 689/97. Inoltre potrebbe essere sviluppato, applicando quanto già nel-

le Linee Guida a loro tempo emanate dal Coordinamento delle Regioni per l’applicazione del D. Lgs 626, un sistema informativo di vasi comunicanti fra tre diversi contenitori informativi: registro dei lavoratori potenzialmente esposti a cancerogeni tra i quali, per motivi pratici, vanno compresi i lavoratori effettivamente esposti, ma a livelli inferiori al ‘valore d’azione’ (in quanto si ritiene ragionevole tener conto della non remota possibilità che questi ultimi, in particolari condizioni sfavorevoli, subiscano un pur inauspicabile upgrading dell’esposizione); registro dei lavoratori effettivamente esposti a cancerogeni a livelli superiori al “valore d’azione”; soggetti (ancora lavoratori o non più tali) ex-esposti a cancerogeni in ambiente di lavoro”.•


qualità & management

Francesco Domaschio

Dottore Commercialista

PDCA: Plan–Do–Check–Act L’azione

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bbiamo visto, nei precedenti articoli, come il modello PDCA – Plan, Do, Check, Act (pianifica, esegui, verifica, agisci) permette di pianificare gli obiettivi e i risultati desiderati per i processi aziendali direttivi (politica e obiettivi aziendali), ausiliari (amministrazione, gestione delle risorse, manutenzioni,…) e produttivi (vendita, progettazione, acquisti, produzione, magazzino e spedizioni, consegne e assi-

ficato? È la fase conclusiva del ciclo PDCA, il momento dell’azione (act) o, per dirla con i principi organizzativi della Qualità, il momento del miglioramento continuo. Prerequisito imprescindibile per l’efficace svolgimento della fase di azione, come già ricordato anche per le precedenti fasi del ciclo PDCA, è che le situazioni e i problemi da affrontare, e auspicabilmente risolvere, siano adegua-

dati di fatto, cioè su dati oggettivi, affidabili. Siamo tutti consapevoli che prendere decisioni sulla base di informazioni e dati non significativi o addirittura errati è assolutamente da evitare, con potenziali conseguenze negative sulla gestione aziendale: pertanto, fattore critico per decidere in modo consapevole è il complesso sistema informativo, deputato a raccogliere, classificare, sintetizzare e rappresentare i dati afferenti agli

stenza), di eseguire le attività necessarie al loro conseguimento e di monitorarli sistematicamente per verificarne il grado di raggiungimento. La domanda che ci poniamo ora è: di quali strumenti e leve operative disponiamo per cercare di assicurare il raggiungimento degli obiettivi prefissati qualora il monitoraggio evidenzi un fuori controllo, cioè una situazione tale da compromettere il conseguimento di quanto piani-

tamente documentati, ovvero resi verificabili, oggettivi, e pertanto condivisibili, sulla base di dati, registrazioni, rapporti, …: in pratica, occorre disporre delle informazioni rilevanti, cioè dei dati significativi per la soluzione dei problemi in questione. Questo aspetto è spesso trascurato: non a caso la norma ISO 9000 pone tra gli otto principi fondamentali della Qualità l’assunzione di decisioni basate su

accadimenti e ai fatti aziendali nel succedersi del loro svolgimento. Step altrettanto importante e delicato è procedere all’analisi dei dati significativi, e solo di quelli, per adottare decisioni di miglioramento: disporre delle informazioni giuste per risolvere un problema ma non essere in grado di analizzarle e interpretarle compiutamente è di poca o scarsa utilità. La capacità di analisi dei dati dipende dalle competenze tec-

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fiscale

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niche e specialistiche di cui si dispone ma anche, e in buona misura, dalla capacità di classificarli, sintetizzarli e interpretarli: è utile ricordare che nell’ambito delle norme ISO 9000 sono proposte alcune tecniche statistiche e di analisi particolarmente efficaci per tale scopo. Alcune delle metodologie proposte sono da specialisti, ma altre sono alla portata di chiunque abbia un minimo di dimestichezza con le funzioni di base del foglio elettronico. Tra queste ne ricordiamo due di così grande importanza da essere considerate dei capisaldi della Qualità: l’analisi causaeffetto e il principio di Pareto, talvolta denominato principio 80-20.

riconducibili a 5 gruppi o classi: cause riferibili agli impianti (means: macchine, attrezzature,…), o alle persone (men: competenze, capacità, formazione, addestramento, …), o alle procedure (methods: istruzioni e procedure operative, monitoraggi in process,…), o ai materiali (materials: materie prime, semilavorati, specifiche chimico-fisiche,…) o alle misurazioni (measures: strumenti di misura, tolleranze, taratura,…). Classificare tutte le possibili cause del problema che si desidera risolvere nei rispettivi gruppi permette di disporre di un quadro sufficientemente chiaro delle aree su cui sarà necessario intervenire, e delle corrispondenti responsa-

Insieme rappresentano una lineaguida per risolvere i problemi: concentrarsi sulle priorità. L’analisi causa-effetto permette di definire e classificare in modo semplice e immediato le possibili cause di un problema, con eventuali cause di secondo, terzo, … livello. Si basa sulla constatazione, tratta dalla realtà operativa, che in genere, nei problemi aziendali, agiscono cause

bilità per riportare la situazione in stato di controllo. Il principio di Pareto afferma invece una realtà elementare e in genere sempre valida: tra le numerose cause che possono provocare un determinato effetto indesiderato (il problema che ci proponiamo di risolvere), spesso ve ne sono poche (4, 5 o non molte di più) che determinano circa il 70-80% dell’effetto. In altre parole,

circa l’80% di un effetto è determinato da un numero limitato (circa il 20%) di cause: se questo è vero, ed è vero nella grande maggioranza dei casi, non ha alcun senso, dal punto di vista economico, cercare di rimuovere tutte le cause dalle quali scaturisce il problema; è molto meglio concentrarsi sulle poche cause che determinano la maggior parte dell’effetto indesiderato perché, rimosse queste, si avrà già l’80% del beneficio atteso. I risparmi generati rimuovendo gli aspetti preponderanti del problema permetteranno, se necessario e conveniente, di investirne una parte per rimuovere altre cause e cercare di ridurre ancora il residuo 20% di effetto non voluto. Utilizzando in sequenza l’analisi causa-effetto e il principio di Pareto si individuano le cause dei problemi e il loro peso sui medesimi, in pratica le aree su cui conviene concentrare gli sforzi per il miglioramento; a questo punto non resta che adottare le decisioni più opportune. OK, ma … come? Si tratta di adottare ancora una volta, anche se in modo ristretto, il ciclo PDCA: c’è un obiettivo da raggiungere, il miglioramento desiderato, si hanno risorse e tempo limitati a disposizione, bisogna assicurare dei risultati. Bene, occorre allora assumere una decisione e trasformarla in un’azione pianificata (plan: decidere chi fa che cosa e quando), attuarla nel tempo definito (do), verificare alla scadenza prefissata se l’azione ha prodotto il risultato auspicato (check) e, se il problema persiste, adottare soluzioni alternative (act). Ricordiamo che tutti gli elementi indicati (decisione e azione pianificata, responsabilità e modalità di attuazione, termine e criteri di verifica), è bene che siano formalizzati in un rapporto documentato, o altro, e comunicati adeguatamente ai responsabili incaricati per la loro


attuazione, altrimenti tutto potrebbe restare lettera morta. C’è un altro aspetto che merita di essere precisato: solitamente le azioni di miglioramento, dirette a modificare risultati indesiderati, sono adottate nel corso di riunioni, cioè il soggetto decisore è costituito da un gruppo di persone (consiglio d’amministrazione, comitato,…). Occorre pertanto attrezzarsi per gestire adeguatamente la riunione pianificando gli argomenti, predisponendo la documentazione di supporto necessaria, coordinando la discussione e gestendo le complesse dinamiche che sempre si manifestano all’interno dei gruppi, per giungere alla scelta dell’alternativa che, alla luce dei dati oggettivi, appare la più promettente e coerente con i risultati attesi. Non bisogna di-

menticare infatti che spesso, alle riunioni di lavoro i partecipanti non portano solo problemi in cerca di

soluzioni, ma anche soluzioni in cerca dei relativi problemi, e ciò può essere fuorviante.•


legale

I

l Trust è uno strumento giuridico che permette di regolare una molteplicità di rapporti giuridici di natura patrimoniale tra i quali: isolamento e protezione di patrimoni, gestioni patrimoniali controllate ed in materia di successioni, pensionistica, diritto societario e fiscale. È un istituto del sistema giuridico anglosassone di “common law” che lentamente, ma in maniera sempre più frequente, sta iniziando a prendere piede anche in Italia. Proprio per cercare di fornire un’ampia panoramica di questo istituto, oltre ad altri istituti giuridici di natura similare per la protezione del patrimonio personale dell’imprenditore, è stato organizzato un convegno nella sede di Apindustria con il Notaio Bonini di Verona, che ha illustrato agli imprenditori presenti tutte le

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possibilità offerte da questo strumento giuridico. Non esiste, infatti, un modello unitario e rigido di Trust, ma tanti possibili schemi che si possono costruire e personalizzare in base alla finalità che si intende raggiungere. I soggetti del Trust sono solitamente tre: la figura del settlor o grantor ovvero colui che promuove o istituisce il Trust, la seconda è rappresentata dal trustee, ovvero dall’amministratore, la terza figura è quella del beneficiario. Posizione eventuale è quella del guardiano o protector. In sostanza, il disponente intesta beni mobili/immobili all’amministratore il quale ha il potere/dovere di gestirli secondo le regole del Trust fissate dal disponente. Il tutto a beneficio di una terza persona. Da un Trust valido conseguono vari effetti: separazione e protezione del patrimonio,


intestazione all’amministratore (che tuttavia non ne diventa proprietario vero e proprio), gestione fiduciaria vincolata e responsabilizzazione dei beni. La mancanza, nel diritto civile italiano, di una fattispecie simile non crea alcun problema: sono ormai numerose le sentenze di tribunali italiani di vario grado che riconoscono gli effetti del Trust, con particolare riguardo a quello cosiddetto interno, intendendosi per tale il Trust che presenta quale unico elemento di estraneità, rispetto all’ordinamento italiano, la legge regolatrice che deve essere necessariamente straniera (generalmente inglese), stante la mancanza nell’ordinamento italiano di norme specifiche in materia. Nel nostro ordinamento, l’istituto del Trust trova ampia applicazione per varie finalità: gestioni fiduciarie, passaggi generazionali di beni ed aziende familiari, destinazioni di beni a finalità caritatevoli, protezione patrimoniale, tutela dei minori e dei soggetti diversamente abili, etc. I vantaggi sono evidenti soprattutto con riferimento alla flessibilità dell’istituto rispetto ai tradizionali e noti strumenti del diritto italiano, anche se, la

scarsa conoscenza del Trust tra i giuristi italiani non agevola il radicamento dell’istituto e la sua diffusione. L’atto con cui i beni immobili vengono trasferiti dal disponente al trustee va trascritto nei registri immobiliari e la prassi notarile è nel senso di accompagnare a tale trascrizione (eseguita contro il disponente e a favore del trustee) una seconda trascrizione (eseguita contro il trustee) al fine di far emergere con maggiore chiarezza il vincolo sui beni nascente a seguito dell’istituzione del Trust. Si ripete che i beni, pur essendo trasferiti al trustee, tuttavia non divengono suoi a tutti gli effetti; in altre parole non diventano di sua proprietà (ad esempio in caso di morte del trustee non entrano in successione), poiché sono “segregati“ ossia separati dal patrimonio del trustee in quanto finalizzati ad uno specifico scopo. Precisiamo altresì che l’utilizzo del Trust per celare i beneficiari effettivi di somme di denaro provenienti da reato o al fine di elusione fiscale oltre ad essere perseguito penalmente è spesso inefficace.•


legale

Risk Management: costo o investimento? Perché gestire i rischi di Barbara Gaudenzi (Prof. Assoc. Economia e Gestione delle ImpreseDirettore Corso di Perfezionamento in Risk Management) Le imprese, piccole e grandi, per essere competitive devono oggi ottimizzare simultaneamente gli obiettivi di efficienza, economicità, innovazione e sviluppo. Molte vulnerabilità e rischi insiti nei processi ‘chiave’ minacciano spesso e seriamente il perseguimento di questi obiettivi. Si tratta, frequentemente, di rischi a basso impatto e per questo non considerati una priorità di gestione. Tuttavia, essendo per loro natura molto frequenti, questi rischi sono in grado di generare importanti perdite, in termini - tipicamente - di efficienza, servizio ed efficacia commerciale. Si pensi ad esempio ai rischi ‘operativi’ legati alle spedizioni (in termini di puntualità e correttezza); ai fornitori (non solo in termini di dipendenza da essi, ma anche in termini di puntualità di servizio e qualità); al processo produttivo (gli errori di programmazione o produzione); al rapporto commerciale con i clienti. Si pensi anche ad alcuni rischi finanziari spesso sottovalutati,

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quali i rischi di prezzo o i rischi connessi alla liquidità disponibile (le politiche di dilazione di pagamento ai/dai clienti/fornitori o la natura delle scorte di magazzino). Questi sono solo alcuni esempi, ma ve ne sono molti altri. Le imprese più attente investono sul monitoraggio e trattamento dei rischi critici, il cui impatto complessivo è tanto importante quanto quello dei più visibili (e oggi più facilmente controllabili) rischi catastrofali, per cui tutte le imprese sono oggi (super) assicurate. Il trattamento efficace dei rischi significa innanzitutto prevenzione dei rischi, intesa come il mix di strategie, azioni e cultura gestionale che permettono di agire sulle cause del rischio. Il punto chiave è saper investire (energie, tempo e denaro) in misure di prevenzione e protezione dei rischi il cui costo sia complessivamente inferiore dei benefici ottenibili in termini di controllo degli eventi avversi, inefficienze, sopravvenienze negative, extra-costi. L’indicatore di riferimento (il KPI, per usare un noto termine anglosassone) è il Cost of Risk. Molte imprese lo conoscono, i manager più attenti lo monitorano costantemente. Per maggiori informazioni: www.riskmaster.it.

Sapere come individuarlo, valutarlo e gestirlo in modo integrato può significare la sopravvivenza e il successo dell’azienda. L’evento avverso non è solo conseguenza di un errore umano o di un evento esterno, ma il frutto di una complessa interazione tra fattori tecnici, organizzativi ed economici. di Fabio Ferrari (Senior Partner-Risk Management Network) Gianluigi Lucietto (Partner- Risk Consulting Network/XXLGlobal). È inutile negare l’evidenza: ogni giorno affrontiamo eventi e situazioni che impattano economicamente sulla capacità di generare profitti delle nostre Aziende. Perché in Azienda è richiesto un grado di approfondimento maggiore? Un’Azienda nasce e si sviluppa per creare profitto e valore reale, per l’Imprenditore e tutte le Persone che concorrono a perseguire questo obiettivo (c.d. stakeholders).Raggiungerlo è sempre stato complesso, ancor di più in un periodo perdurante di congiuntura economica negativa. Il Risk Management è uno strumento che protegge la creazione di valore reale. L’obiettivo di un sistema integrato di Risk Management è massimizzare gli effetti positivi (risparmio premi assicurativi, mantenimento clienti esistenti, aumento di fatturato … ) e minimizzare quelli negativi (implicazioni legali, danni rilevanti, riduzione quota di mercato, perdita di immagine, …), prendendo in esame a 360° le aree di rischio dell’Azienda. In Azienda le situazioni ed i rischi cambiano continuamente, forzatamente, per seguire le variazioni di un mercato iper-competitivo che non fanno


distinzione tra aziende grandi o piccole, capitalizzate o in difficoltà: semplicemente accadono. E se ci trovano poco preparati, colpiscono dritto al cuore economico e patrimoniale della nostra Azienda, anche se è una PMI. Infatti, non è corretto affermare che il Risk Management è riservato o serve solo alle grandi Aziende, perché tutte possono subire un inasprimento della concorrenza, l’ennesima regolamentazione, una stretta creditizia o un’alluvione, incorrendo in una condizione nella quale si è sempre impreparati: la crisi. Sul piano internazionale l’importanza del Risk Management è, da anni, ampiamente riconosciuta e apprezzata tra i manager esteri d’azienda, perché una corretta valutazione e gestione del rischio aiuta a proteggere crescita e profitti. Nella nostra pratica professionale incontriamo molte Aziende che strategicamente hanno deciso di delocalizzare la produzione all’estero, con investimenti ingenti di capitali per strutture e macchinari, impegno e tempo dedicato. Tuttavia, riscontriamo spesso un approccio piuttosto superficiale. Ad esempio il sito non viene sottoposto a ispezione tecnica né i beni da assicurare a corretta valutazione. La stipula delle polizze -che dovrebbero garantire gli investimenti- è delegata a Persone non esperte in materia assicurativa. Una verifica corretta sul pieno adempimento delle legislazioni locali, potrebbe farci scoprire che gli ex proprietari della fabbrica smaltivano materiale inquinante in modo inappropriato o che lo stabilimento giace su un’area inquinata. Provate ad immaginare quanto costa sanare la

situazione o, più semplicemente, fare “retromarcia”? Prevenire costa meno che curare! L’imprenditore e o il manager, ha la necessità di pianificare e supportare le attività considerando più indicatori di rischio specifici. Ha però bisogno che questi vengano espressi in termini economici, per dare un valore al loro possibile impatto negativo sui margini, per decidere cosa fare e stabilire le priorità di intervento. Essere in grado di valutare i rischi, non solo dal punto di vista qualitativo/informativo ma anche quantitativo/economico, diventa fondamentale. Questo è uno dei principali ostacoli rilevati nella diffusione del Risk Management. Ma come si può fare tutto ciò? Nel processo di Risk Management I.M.T.I.A.®, messo a punto con il supporto di alcuni Professori dell’Università di Verona e del Corso di Perfezionamento in Risk Management, abbiamo fatto proprio questo: la valutazione dei “Rischi Critici” in termini economici, non solo singolarmente ma considerando l’inevitabile correlazione che gli uni possono avere sugli altri. Per l’Imprenditore una prima vera soluzione, non semplicistica, non semplificata: semplice. Per approfondire il tema e “testare” il modello di valutazione – su 30 indicatori di rischio –, Vi diamo appuntamento all’incontro della rassegna “Pillola di imprenditorialità” 2014 organizzato da Apindustria. Per maggiori informazioni: www.rmnetwork.it•


previdenza

LE ISPEZIONI IN AZIENDA

G

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li organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista una sanzione possono, per l’accertamento delle violazioni di competenza, acquisire informazioni, procedendo con ispezioni di cose e di luoghi, diversi dall’abitazione privata del datore di lavoro. In caso di controllo in materia di lavoro e legislazione sociale, i funzionari ispettivi del Ministero del lavoro e degli enti previdenziali hanno l’obbligo di redigere uno specifico verbale detto di accertamento ispettivo che è da considerarsi elemento implicitamente necessario della procedura di irrogazione delle sanzioni amministrative pecunia, quindi, in virtù dell’obbligo di trasparenza dell’azione amministrativa i funzionari ispettivi sono obbligati a redigere questo verbale in ogni caso in cui l’esito dell’ispezione costituisca il presupposto per irrogare sanzioni amministrative pecuniarie o per realizzare anche coattivamente un credito contributivo e/o assicurativo. I verbali di accertamento sono atti amministrativi di conoscenza, che attestano ciò che il Pubblico ufficiale verbalizzante ha fatto, visto o sentito nel corso dell’accesso ispettivo e sono tesi

do in tal modo alla Direzione Territoriale Lavoro competente di applicare la sanzione conseguente agli illeciti accertati. Ma partendo dall’inizio secondo la Direttiva del Ministero del Lavoro 18.09.2008 i funzionari ispettivi hanno l’obbligo di utilizzare modulistica semplificata e unificata che si costituisce di 1) verbale di primo accesso ispettivo; 2) verbale interlocutorio 3) verbale conclusivo degli accertamenti ispettivi, ed eventualmente 4) provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale. Il verbale di primo accesso deve contenere una serie di informazioni, riportate dal personale ispettivo, fra le quali una descrizione dell’organizzazione complessiva del lavoro dell’impresa, eventuali dichiarazioni acquisite dal personale trovato intento al lavoro e dalle eventuali R.S.U., eventuale sequenza degli accadimenti ai quali il verbalizzante ha assisto personalmente, ecc. oltre ovviamente all’ora ed al giorno d’inizio e di fine delle operazioni compiute; le modalità di svolgimento dell’ispezione; la specificazione delle attività ispettive compiute nel corso dell’accesso e, non da ultimo, le richieste, anche documentali, utili per la definizione dell’accertamento. Per quanto ri-

a fornire una certezza legale ai fatti ivi documentati. Detti verbali, infatti, hanno valore di atto pubblico e fanno fede fino a querela di falso delle dichiarazioni acquisite dalle parti e degli altri fatti che il funzionario ispettivo dichiari d’esser avvenuti in sua presenza o da lui stesso compiuti, permetten-

guarda l’identificazione dei lavoratori trovati intenti al lavoro, è utile precisare che l’ispettore può procedere l’identificazione di tutti i lavoratori trovati solo se l’ispezione è stata effettuata con lo specifico scopo di contrastare il lavoro sommerso (ad es. il lavoro nero, la somministrazione irregolare,

ecc.). Negli altri casi, l’ispettore dovrà procedere a campione, ovvero in modo più snello e meno gravoso, operando anche ad un mero rinvio alle generalità del personale impiegato così come risultante dalle scritture obbligatorie (ad es. il LUL o le comunicazioni di assunzione obbligatorie). Il verbale di primo accesso può riportare anche l’elenco analitico di tutta la documentazione necessaria per la definizione dell’accertamento (come, ad es. il LUL, le buste paga, le fatture, i contratti, le lettere d’assunzione, ecc.). Al contempo, non è possibile chiedere la produzione di documenti non afferenti all’accertamento, o che possano essere acquisiti d’ufficio. A tal proposito, si ricorda che il personale ispettivo può avere accesso a qualunque documentazione amministrativa e/o contabile, civile e/o fiscale in possesso del datore di lavoro. Per quanto non sia stato espressamente previsto da una specifica norma legislativa, il Ministero del lavoro ha rammentato l’esistenza del verbale interlocutorio, da redigere in occasione di accertamenti particolarmente lunghi o complessi, con indicazione di tutte le ulteriori attività di indagine compiute dagli ispettore, al fine di informare il datore di lavoro circa l’allargamento (temporale, oggettivo e soggettivo) dell’accertamento. Questo verbale deve essere notificato al datore di lavoro a mano o mediante raccomandata A.R. Di norma, il personale ispettivo raccoglie le prove relative alle violazioni da sanzionare, anche tramite l’acquisizione di atti e documenti e, soprattutto, delle dichiarazioni dei lavoratori e di altri soggetti terzi trovati al lavoro o comunque presenti in azienda al momento dell’accesso ispettivo, che saranno poi consacrate nel verbale conclusivo di accertamento, che deve contenere gli aspetti salienti e significativi dell’attività ispettiva, senza dover necessariamente ricomprendere la descrizione minuziosa di tutti i fatti riscontrati e di tutti gli atti compiuti. Le dichiarazioni dei lavoratori sono raccolte in appositi verbali di acquisizione e sottoscritte dai lavoratori e dai verbalizzanti devono rimanere anonime, non devono rendere riconoscibile in alcun modo il dichiarante, né rendere acquisibili dati sensibili e, se il verbale è impugnato dal datore di lavoro, consentono al Giudice e alle parti processuali di operare un adeguato controllo, nonché un’efficace valutazione di quanto ivi asserito, arrivando in tal modo ad ammettere l’attribuzione di valore probatorio di fede assoluta agli atti ispettivi e a rendere


superfluo l’espletamento di ogni altro mezzo istruttorio. L’efficacia probatoria assoluta delle dichiarazioni acquisite in sede di accertamento ispettivo è limitata alla provenienza della dichiarazione e alla corrispondenza tra quanto dichiarato e quanto verbalizzato, quindi pur godendo di un certa attendibilità, non hanno una piena efficacia probatoria. Secondo gli artt. 2730, 2731 e 2735 c.c., la dichiarazione del datore di lavoro su fatti storici o circostanze concernenti l’oggetto dell’accertamento ispettivo può avere senz’altro valenza confessoria, purché sussista oggettivamente la consapevolezza e la volontà di ammettere e riconoscere la verità di un fatto a sé oggettivamente sfavorevole, cioè tale produrre un concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante e un corrispondente vantaggio per il destinatario della dichiarazione. Le dichiarazioni raccolte nel corso dell’accesso ispettivo non hanno valore probatorio precostituito ma devono essere confermate in giudizio dai dichiaranti, essendo insufficiente la sola conferma, seppure necessaria, del verbale da parte del verbalizzante. Per le dichiarazioni rese da lavoratore, il cui rapporto di lavoro non sia stato correttamente regolarizzato è necessario accertare la verità rispetto al predetto rapporto tramite altri mezzi di prova, onde poter riconoscere il debito retributivo e contributivo a favore del lavoratore. Ciò detto è nel potere del Giudice interrogare liberamente il lavoratore e di valutarne liberamente le dichiarazioni al fine di trarne elementi utili al giudizio. Nel caso di difformità tra la dichiarazione resa dal lavoratore agli ispettori e quella resa in giudizio, sia in sede d’esame testimoniale che d’interrogatorio libero, il Giudice risolve il contrasto valutando liberamente il contenuto di entrambe le dichiarazioni secondo il suo prudente apprezzamento e motivando in sentenza la scelta effettuata. Il verbale di acquisizione della dichiarazione conserva

comunque la sua forza probatoria privilegiata relativamente alla corrispondenza tra quanto dichiarato dal lavoratore all’ispettore e quanto da quest’ultimo verbalizzato e, di conseguenza, può essere impugnato soltanto attraverso la querela di falso. In ogni caso, i verbali di dichiarazioni acquisite nell’immediatezza dei fatti e nella ipotizzabile assenza di condizionamenti da parte del datore di lavoro verso i lavoratori interrogati godono di un apprezzabile grado di attendibilità, al punto che, in caso di contrasto tra dichiarazioni rese dallo stesso soggetto (lavoratore), il Giudice può legittimamente privilegiare le dichiarazioni acquisite senza alcun preavviso nel corso dell’accesso ispettivo, ritenendole più genuine e sincere. Infine preme precisare che è in vigore un Codice di comportamento ad uso degli ispettori del lavoro, emanato dal Ministero del Lavoro, che integra principi e doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta cui gli ispettori devono adeguarsi nell’espletamento delle loro mansioni. Il rapporto tra soggetti ispezionati e personale ispettivo deve essere improntato ai principi di collaborazione e rispetto e l’accertamento deve arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività dell’azienda. Il personale ispettivo deve informare il datore di lavoro della sua facoltà di farsi assistere dal consulente del lavoro. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro abbia optato per la tenuta del LUL presso il consulente del lavoro abilitato, questi è tenuto ad esibirlo entro 15 giorni dalla richiesta espressamente formulata a verbale dagli organi di vigilanza; se invece viene conservato in azienda l’esibizione è immediata. Resta inteso che laddove il datore di lavoro abbia optato per il deposito del LUL presso il consulente del lavoro è nella possibilità di non consegnare alcun documento al momento dell’ispezione.•



il punto

Per la donna un destino in salita

V

orrei dedicare queste righe, illuminate dagli auguri natalizi e da quelli di un nuovo anno, a tutte le donne che subiscono violenza. La cronaca ci parla di femminicidi, ma si tratta di un brutto neologismo e soprattutto riduttivo. Quando una donna paga con la vita, quello non è che la punta dell’iceberg, sotto il quale si nasconde una montagna di mille altri casi di violenza, che non poteranno mai alla morte fisica, ma a quella spesso più subdola e dolorosa della morte sociale e psicologica. Parlarne mi sembra utile per almeno due ragioni. La prima è quella di aiutarci a prenderne maggiore coscienza. A renderci conto che il problema c’è ed è diffuso oltre qualsiasi ottimistica immaginazione. I dati ufficiali ci sono e parlano da soli. E così diventa urgente una diffusa sensibilizzazione che potremmo paragonare a quanto succede quando decidiamo di cambiare macchina. Fino a quel momento passavamo per strada nella più assoluta indifferenza. Poi un bel giorno decidiamo di puntare su un modello. Ecco, quella sarà la mia nuova macchina. E da quel giorno cominciamo a osservarla ogni volta che la incrociamo. Scopriamo così che sono tante quelle in circolazione e soprattutto cominciamo a studiarne i particolari per conoscerla sempre meglio. Una seconda ragione per parlarne è quella di chiamare i maschi a una sorta di esame di coscienza pubblico, per valutare le possibili sfumature di comportamenti che potrebbero rientrare nelle logiche della violenza. Che sono tante, com’è possibile immaginare. Si può essere violenti con le mani, sessualmente, ma anche e più subdolamente con le parole, con l’ironia, con il tono di voce, fino a distruggere il senso di auto stima di una persona, nel

condizionare economicamente la vita del partner, nel giocare su sottili ricatti tirando in ballo i figli e via discorrendo. Le cronache ci consegnano ogni giorno storie crude e tristissime. I casi di morti violente ormai sono all’ordine del giorno, mentre l’Italia, insieme con la Spagna, occupa tristemente i vertici della classifica. Ma perché la violenza sulle donna conosce una Economia Veronese - dicembre 2013

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simile recrudescenza? Ritengo che le motivazioni siano diverse e di diverso tipo. Si va da cause psicologiche ad altre sociologiche, senza escludere motivazioni etiche. Tra le prime la causa principale è certamente la crisi profonda del concetto di amore. Leggevo tempo fa un libro molto interessante di vari autori, Amore

non è amare, edito da Mondadori. Veniva messo a nudo l’equivoco di una società che tende sempre più a concepire il partner come oggetto di piacere. L’altro come causa del mio star bene, ma assolutamente rimovibile o contestabile, non appena esso deluda le mie aspettative. Una sorta di mercificazione delle persone, ridotte quasi a prodotto commerciale, a proprio uso e consumo. Se a questo si aggiunge l’abbassarsi della soglia di resistenza alla frustrazione e al sacrificio, l’esito finisce per diventare assolutamente scontato. Sul piano sociologico è indubbio che assistiamo al ritorno di un nuovo maschilismo aggressivo e pre-

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datorio. Probabilmente è tutta la cultura, dai film alla politica, che induce a questo spirito di rissosità e contrapposizione. Ed è evidente che quando l’aggressività si sgancia dalla razionalità, quella del maschio diventa prevaricazione fisica. Quando non si ragiona, la ragione è di chi ha i muscoli più forti, con buona pace delle donne. Un clima aggressivo che si nota ovunque, da quando siamo al volante (stare sempre attenti prima di litigare con qualche altro autista, non si sa mai), ai toni verbali dello scontro politico, alle bande che scorrazzano nelle metropolitane, al bullismo di generazioni sempre più inclini alla rissa e allo scontro fisico. Quale investimento si può sperare per il futuro, se la violenza risulta strategia prima di sopravvivenza e metodo di relazione? Credo infine che sul piano sociale vada segnalata la progressiva erotizzazione della popolazione. Lo si nota forse in maniera più marcata con le nuove generazioni. Oggi con i nuovi social network c’è un mercato senza limiti sul piano erotico e pornografico, con l’immediata conseguenza di un abbassamento anagrafico dell’esercizio sessuale. Sessualmente efficienti ma psicologicamente irresponsabili. Ma quali prospettive ci attendono, soprattutto pensando alle donne, davanti ad una promiscuità senza regole, dove anche una ricarica telefonica trasforma una sprovveduta adolescente in oggetto di piacere? La violenza sulle donne fiorisce sempre dentro scenari di mancata integrazione e di relazione autentica tra maschi e femmine. La cronaca ce ne consegna assaggi quotidiani, senza che la società e la politica, in primis, diano cenni di volere affrontare la questione in maniera adeguata. Forse ci vorrebbe uno Spisal anche per le donne, o un sindacato che le tuteli come avviene nel mondo del lavoro. Provocazione triste per dire di un’umanità che ha perduto l’alfabeto della convivenza umana, fatta di rispetto e di civiltà.• Tse Tse




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