Economia Veronese giugno 2014

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ECONOMIA VERONESE trimestrale n.2 - Anno 13 - giugno 2014 - Editore Apiservizi S.r.l. - Verona, via Albere 21/C - Poste Italiane S.p.A. Sped. in abb. post. 70% CNS VR - D.L. 353/2003 (conv. in L. - 27/02/2004 n 46) art., comma 1 DCB VERONA - 2,58 Euro

profili

Martini Mobili Klover Saver Borin Prosciuttificio Crosare



sommario

Anno 13 - Numero 2 giugno 2014

DIRETTORE RESPONSABILE Cirillo Aldegheri EDITORE APISERVIZI S.r.l. Via Albere, 21/C - 37138 Verona

Rivista trimestrale promossa da APINDUSTRIA

ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE MPRESE

DELLA PROVINCIA DI VERONA

www.apiverona.it

REDAZIONE c/o APINDUSTRIA Verona Via Albere, 21 - 37138 Verona Tel 045 8102001 Fax 045 8101988 economiaveronese@apiverona.net

editoriale

FOTOGRAFIE Archivio Apindustria

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attività TARES/TARI Jobs Act

Poste italiane SpA Spedizione in abbonamento postale

STAMPA Intergrafica Verona Srl - Verona www.intergraficavr.com

profili Martini Mobili Klover Saver Borin Prosciuttificio Crosare

Registrazione Tribunale di Verona n. 1393 del 22 marzo 2000

GRAFICA arteOn di Ilenia Cairo - Verona www.studioarteon.com

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Pubblicità raccolta in proprio

Apivenetofidi

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ambiente e salute 47

Donne e lavoro

fiscale La fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione

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qualità & management 52

Competenze dei manager

formazione

previdenza

Formazione finanziata per le aziende

La retribuzione

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legale

territorio Verona FabLab Gruppo Samo insignito dell'Audit FamigliaeLavoro

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Apidonne

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terza pagina Ecomuseo delle trincee della Lessinia Paolo Veronese

D.L. 353/2003 (con. in L. 27/02/2004 n°46 art. 1, comma 1, DCB Verona

Le nuove srl semplicifate Il contratto internazionale e la lettera di credito

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Apigiovani

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60

il punto 38 42

L'originale modo di far politica da cattolici

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inserzionisti Fimauto

Confer

Varmo

Banca Valsabbina

Gruppo Argenta

Arteon

Samo

Adawen

Multiutility

Information Consulting

Perlini

Viani

Mirandola Filettature

Acque Veronesi

Cattolica

Food & sweet

Dialogo

Metalpress

EBI Group

Ferrari BK Economia Veronese - giugno 2014

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editoriale

Arturo Alberti

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orpreso ma fiducioso. Così mi sono sentito dopo i risultati delle elezioni europee che hanno visto la vittoria del Pd con il 40,8%. Gli italiani hanno voluto dare un segno di continuità e stabilità votando il Governo in carica. Il nostro Paese è così passato, agli occhi del mondo, da elemento di inquinamento politico a elemento di stabilità. Nel panorama economico italiano era quello di cui avevamo bisogno: i partners esteri difficilmente investono in paesi a rischio politico e nei giorni successivi alle elezioni anche la borsa ha registrato riscontri positivi. I risultati del voto, oltre a decretare un successo personale indiscutibile di Matteo Renzi, comportano molte responsabilità, perché adesso le promesse devono essere mantenute attraverso risposte concrete. C’è bisogno di una politica del fare e non del dire, di una grande prova di credibilità operativa. Esaurita questa sensazione positiva, siamo ripiombati nella dura, consueta e abitudinaria realtà: tassare (in aumento) chi la ricchezza e il lavoro li crea. Come al solito, si continua a salassare principalmente chi i beni li espone alla luce del sole, proprietari di immobili civili e industriali. Gli 80 euro sono una bellissima idea, che però diventa odiosa per chi è chiamato a pagarla. Si erogano 80 euro a una parte dei cittadini e li si riprende sotto forma di mancati trasferimenti agli enti locali obbligando chi gestisce il territorio ad aumentare i prelievi per garantire i servizi primari. Dobbiamo fermare questa carneficina fiscale, le nostre imprese non possono continuare a sostenere e finanziare gli sprechi e le inefficienze della nostra classe politica. Tassando le imprese si tassa il lavoro e si uccide l’occupazione (che purtroppo, come le imposte, continua a aumentare) e i creatori di benessere. Ritorniamo a considerare l’impresa e i suoi beni strumentali quali sono, elementi che producono reddito e lavoro, un bene comune da salvaguardare e non un tacchino da invitare al pranzo di Natale.

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MARTINI MOBILI LA CULTURA DELL’ARREDARE CHE DURA NEL TEMPO

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ezzo secolo di successi nel settore dell’arredamento costituiscono l’indiscusso patrimonio di Martini Mobili, family company fortemente radicata sul territorio, ma con una mentalità internazionale e focalizzata su nuovi orizzonti sia in termini produttivi che di mercato. La storia di questa azienda, fondata nel 1965 da Giorgio e Gilberto Martini, inizia e si svolge a Bovolone, in quell’area della Bassa Veronese che è l’unica zona in Italia a poter vantare il Marchio di Mobile d’Arte conferito da parte del Ministero dell’Industria. Fin dalle origini Martini Mobili ha avuto chiara la sua missione: fare della qualità il fulcro dell’intera vita aziendale. La qualità come impegno globale e quotidiano, con l’obiettivo di mantenere lo standard produttivo che contraddistingue l’azienda da

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sempre. Consapevole di muoversi in un contesto in continua evoluzione, l’azienda si è efficacemente strutturata, grazie anche al fattivo contributo della seconda generazione, tutta al femminile (Arianna, Cinzia, Elisa, Serena e Simona figlie dei fondatori), per garantire un servizio qualificato e innovativo in linea con le aspettative di una clientela sempre più esigente e cosmopolita. Punti di forza sono inoltre la dotazione tecnica e tecnologica interna, la sua capacità organizzativa, l’efficienza logistica, la puntualità

delle consegne, il montaggio qualificato e l’assistenza post-vendita. Ogni fase della vita aziendale – dal marketing alla progettazione, dalla pianificazione dei processi produttivi alla selezione delle materie prime, dai test di collaudo alla certificazione dei manufatti – viene controllata e gestita in maniera meticolosa nei 18.000 mq dei diversi siti produttivi. Le creazioni a marchio Martini Mobili – cucine, soluzioni living con pareti e interpareti attrezzate, controsoffittature e boiseries, camere da letto – che si possono ammirare nello showroom di Bovolone, si ispirano agli stili di un tempo, ma sono rivisitate e personalizzate in maniera unica per creare ambienti accoglienti ed esclusivi, grazie anche alle nuances delle essenze utilizzate, alla cura delle lavorazioni, agli intarsi in marmo e pietre, alla preziosità dei fregi eseguiti manualmente o all’uso


MARTINI MOBILI

Giorgio, Gilberto Martini e figlie

profili

ché arredare una casa richiede un impegno non indifferente: è come confezionare un abito su misura. Rigorose le fasi che vengono seguite da questi esperti professionisti per la realizzazione di ogni proposta e che vanno dal rilievo delle misure, alla presentazione dei bozzetti prima e dei progetti definitivi poi, passando per la proposta dei materiali. «Scrupolosa è la scelta che effettuiamo su tutti i materiali: dal legno, ai diversi componenti, agli elementi illuminanti di ultima generazione. Il legno massello – fa notare Giorgio Martini – selezionato per garantire la perfetta omogeneità di cromatismo e venatura, proviene esclusivamente da piantagioni a deforestazione controllata e l’essicazione, effettuata in modo naturale, assicu-

di lamelle argentate e dorate. Negli ultimi anni si è passati dal funzionale concetto di abitazione a quello culturale di abitare, mettendo al centro la figura dell’abitante al quale spetta la scelta del progetto definitivo in cui poter vivere armoniosamente. Lo staff di Martini Mobili, vero e proprio coach dell’abitare contemporaneo, si muove in questa direzione, per aiutare il cliente a prendere decisioni consapevoli per-

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ra indeformabilità e assenza di tarli. La stessa attenzione la riserviamo anche ai pannelli (in listellare o in multistrato) e alla massellatura degli spessori che conferisce bellezza e durevolezza ad ogni elemento e alle vernici utilizzate, tutte rigorosamente atossiche». A riprova dell’alto concetto di qualità secondo cui opera Martini Mobili, è da sottolineare la decisione presa dall’azienda di dotarsi di un sistema di archiviazione di tutti i dati di ogni singolo progetto: finiture, codici dei tessuti e misure vengono codificati e registrati in appositi database per poter un giorno effettuare eventuali sostituzioni o complementi su realizzazioni effettuate molti anni prima. L’aver mantenuto il rigore artigianale è una delle cifre stilistiche che

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da sempre caratterizzano questa realtà imprenditoriale che, pur continuando la sua produzione nel solco della tradizione, ha saputo avvalersi della collaborazione di architetti ed interior designers per rispondere alle esigenze dell’abitare moderno, dove tecnologia e robotica si coniugano in indiscussa armonia con le linee classiche. Per poter competere anche nel settore del mobile la parola d’ordine è innovare, anticipare le richieste del mercato, creare partnership con fornitori e clienti che devono essere fidelizzati e assistiti adeguatamente e ogni processo dalla produzione al trasporto fino all’installazione, deve raggiungere il massimo dell’efficienza. «Dalla crisi che ha investito il settore negli anni ‘90 abbiamo imparato – racconta Serena Martini, responsabile commerciale – che non dobbiamo farci cogliere impreparati e inoltre che l’estero è la direttrice chiave per lo sviluppo delle aziende di arredamento, come confermato dai più importanti player del settore. Noi abbiamo reagito investendo all’estero, negli showroom e nelle fiere internazionali, implementando quel processo di internazionalizzazione che nasce da lontano grazie alla lungimiranza di mio padre Giorgio e dello zio Gilberto che avevano capito che per competere bisognava proiettarsi anche verso altri mercati. Questo percorso ci ha consentito di affermarci su molti mercati internazionali». E infatti, attualmente, il fatturato è per il 90% determinato dai mercati esteri – Russia in primis e poi Ucraina e Stati Uniti dove sono operativi due show room, a New York e a Chicago. L’export verso Stati Uniti, Russia e Far e Middle East è ritornato ai livelli pre-crisi e sta evidenziando un’apertura crescente verso il Made in Italy, elementi che dovrebbero portare a un incremento delle opportunità di business. «Per esportare – prosegue Serena –, oltre a valutare la situazione economica attuale e a medio termine dei singoli Paesi, bisogna considera-


MARTINI MOBILI

re il grado di rischio, individuare la domanda potenziale di mobili nei vari segmenti e ogni mercato che si intende affrontare deve essere preventivamente studiato con attenzione al fine di coniugare il gusto locale in termini d’arredo d’interni con il know-how italiano». Proprio a seguito di una precisa analisi dei mercati e della clientela, sempre più attenta anche a tematiche quali il rispetto ambientale o la vita in armonia con la natura, è nata nel 2012 la linea Le Stanze di Ann, un progetto di arredo totale che trae spunto dalla memoria per trovare soluzioni adatte al vivere moderno. Negli ambienti de Le Stanze di Ann l’esperienza di Martini Mobili ha saputo coniugare, sapientemente e con sensibilità, eco-sostenibilità, funzionalità e tradizione. Materiali ecologici vengono lavorati con vernici all’acqua, per costruire mobili che, pur ricordando nelle linee e nelle forme l’arredamento solido e duraturo di un tempo, acquisiscono al loro interno nuovi elementi di ergonomicità e tecnologia. Altra peculiarità che colpisce, conoscendo da vicino l’azienda, è il rapporto diretto che si è instaurato e mantenuto tra territorio, dipendenti, clienti e fornitori con il top management. Significativo è infatti

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l’apporto delle risorse umane (45 i dipendenti attuali) al successo della Martini Mobili che, come sottolinea Gilberto «ha sempre potuto contare sulla dedizione, sulla capacità, sulla cultura del fare, sulla insostituibile artigianalità manuale dei suoi collaboratori».●

MARTINI MOBILI S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Via Madonna, 410/412 37051 Bovolone (Verona) Tel. 045 7100784 Fax 045 7102423

RESPONSABILE TECNICO Arianna Martini RESPONSABILE EXPORT Serena Martini

PRODUZIONE Mobili in stile, cucine e arredamento completo in RESPONSABILE legno. Pareti componibili QUALITÀ Gilberto Martini ANNO DI FONDAZIONE 1965 FATTURATO 2013 6 milioni e 696 mila euro TITOLARI Famiglie Giorgio SUPERFICIE e Gilberto Martini AZIENDALE Totale: 8.000 mq RESPONSABILE Coperta: 2.800 mq COMMERCIALE Serena Martini RISORSE UMANE Totale addetti: 45 RESPONSABILE Addetti alla produzione: 28 PRODUZIONE Impiegati: 16 Giorgio Martini SITO INTERNET/E-MAIL www.martinimobili.it - info@martinimobili.it

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KLOVER IL CALORE CHE RISPETTA L’AMBIENTE

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l motto adottato da KLOVER – to respect our planet – racchiude in perfetta sintesi la filosofia che ispira sin dalle origini questa azienda, che da oltre trent’anni produce macchine per il riscaldamento innovative ed eco-compatibili. «Le idee, si sa, non vengono dal nulla, ma sono precedute dalla preparazione di chi ha tenacia, perseveranza e concretezza per rea-

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lizzarle. Le idee nascono dal cervello, ma anche dal cuore e dalla passione. E proprio cuore e passione per la legna – racconta Viviana Muraro, responsabile amministrativa dell’azienda – sono la molla che ha spinto mio padre Santo, con precedenti esperienze nel settore, a mettersi alla prova come imprenditore nel campo del riscaldamento e a cominciare la produzione di caldaie a

legna con soluzioni ‘rivoluzionarie’ per il mercato del tempo». È questa una storia tutta veronese che inizia negli anni settanta a San Bonifacio, dinamico distretto del riscaldamento e condizionamento, e che, grazie alla visione del suo fondatore e ad una strategia industriale all’avanguardia, ha visto KLOVER svilupparsi velocemente. Oggi infatti quest’impresa è una delle realtà più apprezzate a livello nazionale e sui principali mercati europei, come documentano alcuni significativi indicatori: un fatturato che ha superato gli 11 milioni di euro, per il 20% realizzato all’estero, 50 dipendenti, un sito produttivo di 12.000 mq, una rete commerciale che ha contribuito a consolidare la presenza dei suoi manufatti sui più interessanti spazi commerciali – Russia in primis e poi Francia, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Grecia, Belgio e tutto il Centro Europa – e che si si sta proiettando verso nuovi mercati. Motore di questa crescita è la continua ricerca per realizzare prodotti semplici ma particolarmente innovativi, sicuri ed eco-compatibili nel campo delle caldaie adatte a produrre energia termica per riscaldare tutti gli ambienti di civili abitazioni e non solo. In Italia spendiamo ogni anno 60 miliardi di euro per l’acquisto di petrolio e metano dai Paesi esteri; il 45% del consumo energetico finale è energia termica; il 40% dell’energia termica è destinata al consumo domestico e ben il 60% è prodotta con il metano importato principalmente da Russia, Algeria e Libia. Alti costi quindi e inquinamento elevato: quello dell’energia è un problema al quale urge trovare soluzione. Proprio in questa direzione sono incentrati lo studio e l’investimento in fonti energetiche rinnovabili da parte di KLOVER, da sempre impegnata a ricercare sistemi ideali all’utilizzo di combustibili alternativi, come legna e pellet per un riscaldamento meno dispendioso, che diminuisca l’effetto serra, che produca energia pulita e consenta anche una gestione personalizzata. La le-


KLOVER

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gna viene utilizzata da sempre, mentre il pellet è un combustibile più recente ottenuto dalla pressatura dei residui della lavorazione del legno (segatura): la capacità legante della lignina contenuta nella legna permette di ottenere un prodotto compatto senza collanti né vernici e quindi totalmente ecologico. Altro vantaggio dato da questo tipo di riscaldamento è la facilità di gestione della stufa-caldaia che consente intervalli di carica molto lunghi e accensione personalizzata anche da postazione remota. «La combustione KLOVER a pellet, a legna, o a pellet/legna (con camere di combustione totalmente separate) – aggiunge l’imprenditrice – rispetta l’ambiente poiché bruciare legna (o pellet) è un processo neutro rispetto alle emissioni di CO2, cioè non aggiunge ulteriore CO2 al ciclo complessivo. Il carbonio presente nella legna viene rilasciato nella stessa misura in cui lo sarebbe se l’albero si trovasse nel suo ambiente. Per questo motivo la legna come combustibile può sostituire vantaggiosamente il carbone, il gasolio e il gas naturale». Oggi l’azienda sambonifacese è in grado di proporsi al mercato con una linea diversificata di prodotti: termocucine, termostufe, caldaie, termocamini, barbeque e stufe per saune (frutto di una collaborazione tecnica con un’importante industria russa). Ogni fase della vita aziendale è soggetta a continue verifiche che coinvolgono tutto il personale, con l’obiettivo di ottimizzare le risorse, ottimizzare i servizi di assistenza ed eliminare gli imprevisti. I sistemi targati KLOVER sono sottoposti ad accurati controlli d’idoneità e tenuta; in linea con le norme vigenti per l’efficienza, la sicurezza e l’inquinamento. Sono testati dai più importanti laboratori europei di certificazione, a garanzia di totale sicurezza per l’utente finale e si fregiano di importanti certificazioni europee, quali Vkf-Aeai, Bafa, 15a B-VG e MCS, indispensabili per avere le “carte in regola” sui mercati svizzero, tedesco, austriaco e inglese. L’azienda lavora seguendo il si-

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stema MCS inglese, a controllo della qualità e dei processi produttivi (sistema molto simile all’ISO 9001, ma più restrittivo). Molte delle proposte della gamma KLOVER sono dotate del sistema SICURO top, che garantisce estrema sicurezza in ogni condizione d’uso, semplicità si montaggio e possibilità di abbinamento a caldaie murali a gas senza bisogno di scambiatori esterni o di vaso aperto. «SICURO top – spiega Mario Muraro, responsabile del reparto tecnico e di progettazione – sfrutta il sistema del “bagnomaria” e consente di scaricare l’eventuale pressione formata all’interno del prodotto e delle tubazioni in caso di ebollizione dell’acqua determinata da un improvviso black out (la legna continua a bruciare anche senza corrente elettrica!). Questa soluzione, ideata da mio padre Santo ancora molto attivo in azienda, evita di predisporre gli storici vasi di espansione, considerati da tecnici e progettisti superati anche per i limiti che hanno manifestato in passato, primo tra tutti la pericolosità in caso di ebollizione, l’elevata dispersione termica, la difficoltà di realizzo e la non compatibilità con le caldaie murali a gas di ultima generazione». «Si è trattato di una soluzione che la nostra azienda – sottolinea con una punta di orgoglio Viviana – ha applicato già quattordici anni fa e sulla quale abbiamo innescato tutta una serie di innovazioni che hanno consentito di innalzare i livelli di sicurezza dei nostri prodotti. È uno dei casi più evidenti della costante attenzione con cui analizziamo le variabili della domanda: modelli, linee, colori, decori vengono infatti studiati e realizzati tenendo conto anche delle esigenze e dei gusti

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dei mercati di riferimento. Si tratta di scelte che ci consentono di offrire alla clientela, italiana o estera, prodotti in linea con le loro aspettative e esigenze, ma anche

di continuare quel dialogo personalizzato con la rete vendita che si trova così ad essere coinvolta e responsabilizzata nelle strategie aziendali. Possiamo parlare di un vero e proprio “stile KLOVER” che ci stimola a investire in corsi di formazione e aggiornamento che interessano tutti noi, nell’ampliamento dell’area uffici, come nell’acquisto di sistemi e impianti all’avanguardia. È la fabbrica il vero cuore dell’azienda e le persone che vi operano ne sono l’anima; solo dall’armonia perfetta di questi due elementi può nascere un’impresa forte e con un futuro sicuro».●

KLOVER S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Via A. Volta, 8 37047 San Bonifacio (Verona) Tel. 045 6101859 Fax 045 6101858 PRODUZIONE Termocucine, termostufe, termocamini e caldaie funzionanti a legna e pellet. Stufe a pellet ad aria e cucine a legna tradizionali.

RESPONSABILE PRODUZIONE Mario Muraro RESPONSABILE RICERCA E SVILUPPO Mario Muraro RESPONSABILE COMMERCIALE ITALIA ED ESTERO Viviana Muraro e Mario Muraro

ANNO DI FONDAZIONE 1991

FATTURATO 2013 11 milioni e 600 mila euro

TITOLARI Santo Muraro Mario Muraro Viviana Muraro

SUPERFICIE AZIENDALE Totale: 12.000 mq Coperta: 6.000 mq

RESPONSABILE AMMINISTRATIVA Viviana Muraro

RISORSE UMANE Totale addetti: 50 Addetti alla produzione: 42 Impiegati: 8

SITO INTERNET/E-MAIL www.klover.it - klover@klover.it



SAVER Lavorazioni meccaniche di precisione

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orse né Angelo né Carlo Santi – che nel maggio del 1968 a Lavagno in una piccola officina avevano avviato un’attività basata sulle lavorazioni meccaniche – avrebbero immaginato di poter raggiungere gli obiettivi attuali: un fatturato di oltre 4 milioni di euro, una struttura moderna e funzionale in cui operano 25 addetti ad elevato profilo professionale e una committenza multiforme e fidelizzata. Avventurarsi nel campo della torneria meccanica, pur con la passione che animava i due fratelli determinati a mettere a frutto le rispettive esperienze professionali, non era una scelta sicura anche in un periodo di forte espansione economica del ‘sistema Italia’. Nasce quindi sull’onda dell’entusiasmo la Santi Carlo e Angelo S.n.c., crisalide dell’attuale SAVER, che si propone fin da subito come partner di assoluta affidabilità, di comprovata serietà professionale per le grandi aziende meccaniche veronesi. Un passaporto che è la chiave di accesso per aprire molte porte all’azienda dei fratelli Santi che grazie all’aumento degli ordinativi e alla diversificazione delle lavorazioni può assumere i primi dipendenti e programmare la costruzione dei padiglioni dell’attuale sede in via Montecurto, sempre in quel di Lavagno. Proprio in questo periodo inizia un’intesa collaborazione con alcune delle più importanti industrie trattoristiche nazionali. Un feeling che si consolida nel tempo e oggi, questo settore, rappresenta uno dei pilastri principali dell’attività di SAVER che continua a farsi preferire per l’efficienza e l’affidabilità nel campo delle lavorazioni meccaniche di precisione. «Attualmente la nostra dotazione impiantistica che poggia su torni e centri di lavoro a controllo numerico (ben 50) – sottolinea Carlo Santi, – ci consente di fronteggiare qualsiasi tipo di richiesta. Operiamo soprattutto su commessa e in particolare su disegni forniti dalla clientela con lavorazioni di grande precisione in piccola e/o media serie rifornendo con minuteria e componentistica di preci-

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SAVER

sione diversi settori merceologici che spaziano dalle industrie costruttrici di macchine per l’agricoltura, a quelle di pompe idrauliche, oltre ai grandi gruppi operanti nel campo del condizionamento e riscaldamento industriale». Una specializzazione, avvallata dalla certificazione UNI EN ISO:9001, che sta dischiudendo all’azienda lavagnese nuovi interessanti mercati esteri. Attualmente SAVER esporta in Germania, Francia, Polonia e Slovenia ma è anche impegnata nel traguardare altre nuove frontiere grazie ad un’operatività che è funzionale oltre che al comparto dell’industria agri-

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ra cooperativa: motivare i collaboratori è uno dei compiti più impegnativi e delicati che un titolare deve svolgere perché un clima di collaborazione è orientato al raggiungimento di obiettivi comuni». Scelta di politica imprenditoriale che si collega al razionale utilizzo degli oltre 2.200 mq. di superficie coperta oltre che al continuo aggiornamento del parco macchine che consta di oltre 30 torni a C.N.C. La torneria meccanica, che consiste nella produzione di parti cilindriche o coniche mediante asportazione di materiale da un manufatto esistente, con l’avvento delle mac-

da sinistra Carlo e Angelo Santi

meccanica, anche a quello del dolciario, dell’automotive, della meccanica ed elettromeccanica generale, dell’oleodinamica e della pneumatica. «L’aver ampliato la sfera della nostra clientela – sottolinea Carlo Santi – è stata una scelta obbligata sia per l’estrema competitività del mercato nel quale operiamo, sia per la responsabilità che avvertiamo nei confronti dei nostri collaboratori, molti dei quali sono con noi da più di 25 anni. Un elemento determinante per il nostro successo consiste infatti nella cultu-

chine a CNC ha vissuto una vera e propria evoluzione per questo oltre che sulla formazione dei collaboratori è importante investire anche sulle macchine utilizzate per le varie fasi produttive. Altro punto di forza della SAVER è la flessibilità e la continua ricerca per assicurare al committente servizi di assistenza ad hoc. In un contesto concorrenziale il servizio diviene strategico, e deve essere erogato con precisione e velocità, elementi che si coniugano con la competitività del prodotto, con il rap-

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produzione, Carmen Santi responsabile dell’area commerciale e Chiara Santi responsabile del settore acquisti – l’azienda continua a caratterizzarsi per la sua flessibilità oltre che per il costante monitoraggio della qualità nel corso del processo produttivo, monitoraggio che viene effettuato

utilizzando strumenti di misura a bordo macchina collegati ad un programma centralizzato di raccolta dati che attraverso griglia di controllo verifica lo standard qualitativo del pezzo e il relativo avanzamento di produzione, tutto in un unico step gestionale e in un’unica operazione.● Photo credits: Paolo Mosele

porto qualità/prezzo nel rispetto rigoroso delle procedure per il raggiungimento dell’alta qualità. Tutto questo fa di SAVER una realtà affidabile come si riscontra anche dell’ampio magazzino di materie prime (barre tonde, esagonali, quadre, tubi da 6 a 80 mm.) che consentono all’azienda di fronteggiare ogni tipologia di lavorazione che spazia dalla tornitura da barra o ripresa, alla filettatura, alla fresatura, alla foratura, alla godronatura, alla lamatura, alla lapatura fino alla sbavatura. Per alcune lavorazioni specifiche (zincatura statica o rotobarile bianca e ad alta resistenza, fosfatazione al manganese o zinco, anodizzazione) SAVER si avvale di partner esterni il che le consente di completare la sua offerta produttiva che spazia dalla raccorderia speciale, ai distanziali e boccole, alla viteria speciale, ai bocchettoni e viti forate per oleodinamica. «Attualmente – conclude l’imprenditore – siamo particolarmente competitivi nelle produzioni per quantitativi da 200 a 2000 pezzi tutti completi di trattamenti (superficiali e termici) mentre i pezzi grezzi sono confezionati dopo un accurato lavaggio nella lavasciuga a coclea». Tipico esempio di realtà a spiccata conduzione familiare – è già operativa la seconda generazione con Marco Santi responsabile della

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SAVER S.r.l SEDE AMMINISTRATIVA Via Montecurto, 14 37030 Lavagno (Verona) Tel. 045 982388 Fax 045 983355 PRODUZIONE Torneria meccanica e lavorazioni di precisione a CNC ANNO DI FONDAZIONE 1968 RESPONSABILE COMMERCIALE Carlo Santi RESPONSABILE PRODUZIONE Angelo Santi GESTIONE PROGRAMMAZIONE E QUALITÀ Marco Santi CONTABILITÀ Giovanna Menini SITO INTERNET/E-MAIL www.saver.it - info@saver.it

VENDITE Cristina Avesani, Carmen Santi ACQUISTI Chiara Santi CAPOFFICINA Giuliano Santi QUALITÀ Luca Anselmi FATTURATO 2013 4 milioni di euro CERTIFICAZIONE DI QUALITÀ UNI EN ISO 9001:2008 SUPERFICIE AZIENDALE Totale: 4.000 mq Coperta: 2.200 mq RISORSE UMANE Totale addetti: 25



BORIN «

La scelta che abbiamo effettuato oltre due anni fa, vale a dire l’avvalerci dell’e-commerce per la presentazione, vendita e gestione dei prodotti – esordisce Elena Borin, new entry nell’azienda di famiglia –, ci sta dando risultati più che stimolanti. Il nuovo canale di vendita non soltanto ci ha dato la possibilità di estendere i contatti con i potenziali clienti e di conseguenza far crescere il business aziendale, ma si è rivelato un valido mezzo per dialogare in maniera più

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LEADER NELLA PULIZIA E SANIFICAZIONE INDUSTRIALE

proficua anche con la clientela già acquisita. Non abbiamo creato un semplice sito internet, ma un sito collegato al nostro gestionale aziendale in cui i clienti hanno accesso ai diversi servizi. Si possono visualizzare costantemente tutti i prodotti e richiedere preventivi personalizzati tramite moduli-guida preimpostati. Attraverso lo storico degli acquisti è possibile emettere nuovi ordini in modo autonomo e veloce, evitando errori o perdite di tempo nel dover ricercare i prodot-

ti all’interno del sito, fermo restando che il nostro staff resta come sempre a disposizione per ogni richiesta». È presto inteso come il dinamismo sia una delle principali qualità della ditta Borin, specializzata nella progettazione, vendita, installazione e manutenzione di attrezzature per il lavaggio, aspirazione, pulizia e sanificazione delle industrie alimentari. Fondata nel 1987 da Fausto Borin, già esperto del settore, nel 2001 l’azienda viene trasferita a Sanguinetto nella nuova


BORIN

sede –15.000 metri quadrati, di cui circa 4.000 coperti – più confacente per un’attività in espansione. «Possiamo proporci – spiega Emanuele Borin, responsabile commerciale – come un fornitore competente in grado di offrire una consulenza completa. Effettuati i sopralluoghi direttamente negli stabilimenti, stendiamo i progetti e forniamo soluzioni a 360°. Grazie alla flessibilità e alla professionalità dei nostri collaboratori, abbiamo cominciato anche a realizzare macchine con il nostro marchio costruite ‘su misura’ al fine di soddisfare le esigenze del cliente». L’impresa affianca all’ampia offerta di macchine per la pulizia di superfici piane, una qualificata selezione di prodotti circa 20.000, (materiale in codice colore, attrezzature rilevabili al metal detector, abbigliamento professionale, percorsi igienizzanti come lavasuole e lavamani, arredamento locali e molto altro ancora...) che rispondono alle normative vigenti (HACCP,

IFS), volti a migliorare la qualità lavorativa delle Industrie Alimentari. «Siamo in grado – prosegue Elena – di garantire la manutenzione di tutti i macchinari, che possono essere ceduti sia in vendita che a noleggio, sia nella nostra sede che in quella dei clienti che possono stipulare contratti di manutenzioni programmate adeguati alle loro esigenze perché vogliamo che la qualità delle soluzioni tecniche acquistate rimanga invariata nel tempo. Organizziamo inoltre, su richiesta, corsi di formazione riguardanti l’utilizzo dei prodotti e delle attrezzature trattate. Prima dell’acquisto effettuiamo prove dimostrative per far visionare i nostri macchinari in azione affinché gli utilizzatori finali riescano a constatare la validità dell’offerta proposta». Ma non è tutto: Borin ha saputo effettuare investimenti mirati con l’ampliamento della sede, con la razionalizzazione dei magazzini, garantendo una consegna in 24/48 h e raggiungendo elevati livelli di perfor-

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mance. Servizio fondamentale è l’assistenza tecnica per tutti i macchinari e gli impianti, che rafforza il rapporto con la clientela, a testimonianza della politica di customer satisfaction che contraddistingue da sempre questa impresa. «In un mercato come quello odierno, caratterizzato da forte competizione – aggiunge Fausto Borin – una clientela sempre più preparata e

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sofisticata è particolarmente attenta ai costi in cui i parametri qualità-prezzo devono essere rispettati. Per questo l’ingredient branding è per noi un elemento fondamentale: un marchio famoso (un ingrediente di qualità) all’interno di un altro marchio oltre a garantire si-

nergia fra le aziende e combattere le falsificazioni, permette di proporre un manufatto con un valore aggiunto». Grazie a queste scelte, nonostante la perdurante congiuntura, l’azienda ha visto crescere il fatturato a ritmi soddisfacenti e ha saputo costruire una solida leadership nelle forniture al settore del food italiano, e non solo, grazie a sistemi estremamente innovativi. La sanificazione delle aree produttive dell’industria alimentare sta creando la richiesta di ulteriore espansione che stimola l’azienda a proiettarsi anche verso spazi internazionali che, come per ogni impresa, è uno degli obiettivi primari unitamente a quello di potenziare la sua presenza e la sua forza occupazionale sul territorio.●

BORIN S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Viale Europa, 35/37 37058 Sanguinetto (Verona) Tel. 0442 365505 Fax 0442 365506 PRODUZIONE/ ATTIVITÀ Tecnologie per pulizia e sanificazione delle industrie alimentari, prodotti per il pulito ANNO DI FONDAZIONE 1987

RESPONSABILI COMMERCIALI Fausto e Emanuele Borin FATTURATO 2013 3 milioni e 100 mila euro SUPERFICIE AZIENDALE Totale:15.000 mq Coperta: 4.000 mq RISORSE UMANE Totale addetti: 20

TITOLARE Fausto Borin

SITO INTERNET/E-MAIL www.borinsrl.it - web@borinsrl.com

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Prosciuttificio Crosare

Un prosciutto veneto ambasciatore della sua terra nel mondo

S

i dice crudo e ai più viene da pensare a un Parma o a un San Daniele. Ma parlando di prosciutti, cioè di cosce intere di maiale conservate tramite “prosciugamento” (l’etimo di ‘prosciutto’ è il latino perxuctus, ‘prosciugatissimo’), e in particolare di prosciutti DOP– Denominazione di Origine Protetta, vale la pena ricordare che, fra i prosciutti crudi italiani che si fregiano del riconoscimento europeo, c’è anche una specialità tutta ‘nostra’: il prosciutto Veneto Berico-Euganeo. È il verde della pianura che si apre, appunto, tra i Colli Berici e quelli Euganei, all’incrocio tra le province di Padova, Vicenza e Verona, la culla di questo gioiello dell’agroalimentare. La presenza dei due gruppi collinari condiziona l’andamento dei venti, la piovosità, la temperatura: un luogo unico, il cui equilibrio climatico è determinante per le fasi dell’asciugatura e della stagionatura. «L’eccellenza del prosciutto Veneto Berico-Euganeo è dovuta non solo a carni rigorosamente selezionate, ma all’ambiente sano, diviso fra aree a coltura e boschi-

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ve, e al giusto grado di umidità dell’aria – sottolinea Gian Antonio Visentin, presidente del Consorzio di tutela del prosciutto Veneto Berico-Euganeo, titolare del Prosciuttificio Crosare – ». Fondato, nel 1972, nell’omonima frazione di Pressana che con Roveredo di Guà costituisce la rappresentanza veronese nei 15 Comuni individuati dal disciplinare come area di produzione, il Prosciuttificio Crosare ha una storia che inizia negli anni 50’ e 60’, gli anni della ricostruzione di un’Italia che, uscita da una guerra devastante, aveva voglia di rialzarsi, di ritornare a vivere, sia nelle grandi città come nella lontana periferia, dove “uomini coraggiosi” cercarono di ricreare quel tessuto sociale che è tenuto assieme dal lavoro e dai rapporti che ne derivano. Amedeo e Maria Visentin appartenevano a quelle figure di coraggiosi e avviarono, in quel di Pressana, un’attività di ristorazione in una piccola trattoria-bar che diventò ben presto punto di ristoro per trasportatori di merci e agenti di commercio, certi di assaporare, tra le altre proposte culinarie, panini farciti con dell’ottimo prosciutto crudo. L’attigua “bottega” di generi alimen-


PROSCIUTTIFICO CROSARE

Gian Antonio Visentin

profili

tari, invece, si rivelò da subito il luogo finale di una filiera alimentare dove si concentravano due saperi: saper produrre e saper vendere. «Negli anni ‘70, grazie all’intuizione di Franco e Antonio, mio nonno – racconta Gian Antonio Visentin –, si passò dalla macellazione casalinga dei maiali fatta per la piccola trattoria-bottega, a un’attività più strutturata dedita alla produzione di salumi e prosciutti che io ho proseguito e che porto avanti tutt’oggi con mio nipote e le mie figlie». La norcineria è un’arte ben radicata nel Veneto. Chiuso il ciclo dei lavori all’aperto, arrivava, per i contadini, il tempo per macellare il maiale. Nel giorno fissato, uomini, donne e bambini aiutavano il macellatore, detto il “mazzin”, nella preparazione delle varie parti del maiale e il 25 novembre, giorno di Santa Caterina, nelle Fiere di Montagnana e dei paesi della dorsale Berico-Euganea i salumieri contrattavano l’acquisto delle cosce, destinate a diventare prosciutti. È sul finire del XIX secolo che nascono le prime aziende artigiane. Via via, fino ai giorni nostri, si è andato poi perfezionando il processo di industria-

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tin – è presente nei migliori ristoranti veronesi e raggiunge non solo i mercati limitrofi, ma quelli di tutta Italia dove si trova anche su alcuni banchi della GDO». L’export in Francia, Germania, Svizzera, da sempre a buoni livelli, è in continuo aumento e si sta affacciando anche su altri mercati. «La mia azienda è fornitore ufficiale della famiglia reale del Principato di Monaco: sapere che apprezzano il prosciutto Crosare ci dà molta soddisfazione e ci ripaga dell’impegno e della grande attenzione alla qualità del lavoro a cui la mia famiglia si dedica da quasi quarant’anni. Ma c’è di più: abbiamo portato il nostro prosciutto

lizzazione: ma la lavorazione artigianale non è mai stata intaccata e ha mantenuto standard di altissimo livello. Il legame del prosciutto Veneto Berico-Euganeo con il suo territorio e la storia di quest’ultimo è dunque fortissimo. «A protezione di una qualità superiore e allo scopo di evitare contaminazioni che avrebbero alterato la fisionomia peculiare, in termini di sapore, del prosciutto Veneto – ricorda Visentin – fu creato, nel 1971, il Consorzio di tutela che riunisce 11 produttori. Dopo il riconoscimento della denominazione di origine “Prosciutto Veneto Berico-Euganeo” (1981), è arrivata, nel 1996, la DOP: un segnale di come le aziende di questo comprensorio abbiano lavorato in sinergia». Ma qual è il percorso del prosciutto Crosare prima di giungere affettato sulle nostre tavole? «Partiamo da suini di razza Landrace o Large White – spiega Visentin –, nati e allevati in Italia. La prima e più importante fase è la salatura: la maestria del salatore consiste anche nel levare i prosciutti dal sale al momento giusto, in rapporto al peso delle cosce. Il prosciutto, leggermente pressato, viene posto a riposo per 90 giorni: comincia così il processo della prestagionatura, il prosciutto viene lavato, rifinito e fatto asciugare per dare inizio alla fase della maturazione naturale. Il 160º giorno circa viene eseguito un primo controllo mediante la puntatura. L’applicazione dello “stucco”, impasto naturale di farina di cereali e grasso suino, protegge la parte magra del prosciutto». Bisogna poi aspettare, per legge, almeno 14 mesi per poter gustare questa prelibatezza. «Il nostro prosciutto con il leone alato di S. Marco – afferma Visen-

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anche in Vaticano». Tanti i riconoscimenti per questa realtà – che oggi conta 11 dipendenti e una produzione annua di 60.000 prosciutti (in buona parte Veneto DOP) – tra i quali l’attestato di “Medaglia d’Oro” ricevuto per i risultati conseguiti in oltre 35 anni di attività dalla Camera di Commercio di Verona. Il prosciutto Crosare non vanta estimatori solo fra le teste coronate o i grandi prelati: gli appassionati che non vedono l’ora di degustarlo, nelle differenti stagionature, lo possono trovare nei migliori locali gourmet o, ogni anno, alla Festa del Prosciutto di Montagnana.●

PROSCIUTTIFICIO CROSARE S.n.c. SEDE AMMINISTRATIVA Via Don Carlo Bellini,3 37040 Crosare di Pressana (Verona) Tel. 0442 86066 Fax 0442 460111 PRODUZIONE Salumi e prosciutti ANNO DI FONDAZIONE 1987 TITOLARE Gian Antonio Visentin RISORSE UMANE Totale addetti: 11

SITO INTERNET/E-MAIL www.prosciuttificiocrosare.it - crosare@libero.it



attività

TARES/TARI

è possibile ridurre gli oneri?

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uesto il titolo del convegno organizzato da Apindustria il cui scopo era analizzare le differenze tra la nuova e la precedente modalità di tassazione per fornire indicazioni operative anche sulla eventuale possibilità di ottenere riduzioni su detta tassazione. TARES (ex TIA e ARSU) oggi TARI, è un tributo destinato alla gestione dei rifiuti, riscosso dai Comuni, indipendentemente dal servizio offerto dai comuni stessi. Per capire un po’ meglio le varie sigle con cui questa forma di tassazione è stata modificata nel tempo dal legislatore occorre riportare una breve cronistoria. La TARES (acronimo di Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi) è il tributo destinato alla gestione dei rifiuti introdotto dal Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201 (cosiddetto “decreto salva Italia”) e convertito con Legge 22 dicembre 2011 n. 214, in sostituzione delle precedenti Tariffa di igiene ambientale (TIA) e Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU). Il tributo TARES, in vigore dal 1º gennaio 2013, interessava chiunque possedesse o detenesse locali suscettibili di produrre rifiuti. Articolato in quattro rate annuali, aveva come obiettivo, tramite il rispettivo gettito fiscale, la copertura finanziaria per intero del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti del Comune di residenza: il calcolo della somma dovuta si basava sulla superficie dell’immobile di riferimento,

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il numero dei residenti, l’uso, la produzione media dei rifiuti ed altri parametri. La nuova TARI (tassa sui rifiuti) è stata istituita dalla Legge n. 147 del 27 Dicembre 2013, commi 639 e ss. (la Legge di stabilità 2014), decorre dal 1° Gennaio 2014 e sostituisce il prelievo vigente fino al 31 Dicembre 2013 (TARES e TIA). Rappresenta la componente relativa al servizio rifiuti dell’Imposta Unica Comunale (IUC): la IUC è, infatti, la nuova imposta introdotta dalla citata legge di stabilità 2014 e ingloba tre componenti: - l’imposta IMU (Imposta Municipale Unica) sul possesso di immobili (solo per alcune abitazioni,

non quelle principali), - la tariffa TARI (Tassa sui Rifiuti, ex TIA e Tarsu e Tares) sulla produzione di rifiuti, - la TASI (Tassa sui Servizi indivisibili), che copre i servizi comunali indivisibili (i servizi rivolti alla collettività come pubblica illuminazione, manutenzione del manto stradale, ecc,) con una quota anche a carico dei locatari. La IUC verrà regolamentata dai Comuni che dovranno anche prevedere il numero delle scadenze del tributo locale. Il relatore Giovanni Cadeddu, esperto ambientale, ha affrontato i vari temi tra cui il passaggio alla nuova TARI, illustrando le novità rispetto alla precedente disciplina TARES.


È facile fin d’ora prevedere che il nuovo prelievo sarà ben più oneroso per i cittadini e per gli operatori economici. Il nuovo tributo TARI, pur muovendosi sulla falsariga della disciplina della TARES, presenta ancora caratteri di incertezza. In particolare è stato chiarito che la TARI è destinata a finanziare integralmente i costi del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti a carico dell’utilizzatore. Il presupposto della TARI è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva. La TARI é destinata ai soggetti che occupano locali a qualunque titolo, ma non si estende alle aree di pertinenza o accessorie. Ai Comuni è riservata la facoltà di deliberare su eventuali riduzioni. Durante l’incontro sono stati illustrati, inoltre, i criteri per la determinazione delle superfici tassabili e la determinazione della tariffa, ricordando quali sono i poteri del Comune e l’ambito disciplinato dai regolamenti comunali. Si è parlato della legge 68/2014 che ha convertito, con modifiche, il Disegno di Legge 16/2014, reintroducendo meccanismi premianti per la prevenzione e il recupero eliminati da detto DL. I rifiuti assimilati sono da sempre inclusi nei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani, sia a regime TARSU, che a regime TIA, che a TARES e ora TARI. È una particolare categoria di rifiuti (si tratta

ad esempio dei rifiuti di imballaggio ecc.) che, pur provenendo da attività economiche, in casi limitati possono essere al servizio pubblico in privativa comunale. Se però il rifiuto assimilato, ad esempio, viene avviato a recupero può essere sottratto alla privativa comunale e l’azienda che dimostri di avere fatto questo ha diritto ad un’agevolazione, in modalità diverse a seconda dei vari regolamenti comunali. La legge di conversione ha reintrodotto la possibilità per i comuni di prevedere nei propri regolamenti delle agevolazioni per le aziende che recuperano i propri rifiuti assimilati. Si sono chiariti quali sono i soggetti passivi e la disciplina applicativa, sempre comparando la vecchia e la nuova disciplina. Infine sono state evidenziate le tante criticità del nuovo tributo e sono state fornite indicazioni operative su come ridurre la tassazione. Si è dato inoltre particolare rilievo proprio ai criteri di assimilazione dei rifiuti, fase fondamentale per la corretta gestione dei rifiuti stessi, trattando in particolare le definizioni principali della normativa e la difficoltà di lettura dei regolamenti locali di gestione dei rifiuti urbani. Si ricorda, infine, che Apindustria ha attivato un nuovo servizio TARES/TARI di consulenza gratuita riservato ai soli associati. Vengono programmati incontri individuali, con consulenti esperti in materia, durante i quali viene fornita una consulenza personalizzata e operativa, per ottenere informazioni sulla possibilità di contestare e ridurre gli importi dovuti, attraverso un’analisi e verifica della correttezza dei conteggi.●

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attività

JOBS ACT L

a Legge n.78/2014, di conversione del Decreto Legge 34/2014, ha definitivamente confermato la modifica delle norme che regolamentano il contratto a tempo a termine. «Gli interventi di maggiore impatto precisa Ciro Galeone di Apindustria di Vicenza - sono di certo quelli ine-

legge che ne aveva previsto l’abolizione, anche per la somministrazione è stato abolito il “causalone” come per i contratti a termine che dopo vedremo. Relativamente al DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva) per l’effettiva entrata in vigore della norma per rendere possibile la ve-

Chiara Faccioli e Ciro Galeone

renti al DLgs 368/2001 di attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, considerato che gli altri provvedimenti sono meno rilevanti. Infatti per quanto attiene l’apprendistato la legge di conversone ha reintrodotto il piano formativo, seppur in forma sintetica, rispetto al decreto

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rifica telematica e in tempo reale la regolarità contributiva delle aziende, sono necessari decreti ministeriali concertati tra il Ministero del Lavoro, dell’Economia e della Funzione Pubblica oltre che con l’Inps, l’Inail e la Commissione Paritetica per le Casse edili. Infine è stato finanziato il fondo che permette ai datori di lavoro che, in

funzione della stipula di contratti di solidarietà, attuano delle riduzioni dell’orario di lavoro, di ottenere agevolazioni contributive diversificate in ipotesi di una riduzione dell’orario superiore del 20% (riduzione del 25%) o del 35% (riduzione del 35%). Ma anche in questo caso è necessario un decreto concertato tra Ministero del Lavoro e dell’Economia». «Tornando al contratto a termine - precisa Chiara Faccioli di Apindustria Verona - possiamo sicuramente dire che mentre da una parte l’esclusione delle ragioni giustificatrici per l’apposizione di un termine al contratto con la “acausalità” per qualsiasi mansione e qualsiasi rapporto anche se non è il primo che intercorre con quel lavoratore e fino ad un massimo di trentasei mesi comprensivi di eventuali proroghe è una novità molto rilevante. Per contro, dall’altra parte, è stato introdotto per tutti i settori, anche per quelli i cui CCNL nulla avevano detto a tal proposito, il contingentamento ossia i datori di lavoro potranno stipulare il nuovo contratto a termine nel limite massimo del 20% dell’organico complessivo a tempo indeterminato alla data del primo gennaio dell’anno di assunzione». Questo per quanto attiene i datori di lavoro con un organico con oltre cinque dipendenti, in quanto fino a 5 dipendenti si potrà sempre assumere un lavoratore con contratto a termine con le nuove disposizioni. Per risolvere seppur parzialmente questo problema e poter superare il limite la legge esclude dal 20% i contratti a tempo determinato stipulati


secondo le indicazioni del comma 7 dell’art. 10 del DLgs 368/2001 cioè per le fasi di avvio di nuove attività per i periodi definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, quelli per ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalità, quelli per specifici spettacoli o specifici programmi radiofonici o televisivi ed infine quelli con lavoratori di età superiore ai 55 anni, quindi, l’indicazione della ragione potrebbe tornare necessaria. Restano altresì esclusi dal contingentamento anche altre fattispecie di lavoratori fra cui quelli assunti a termine dalle liste di mobilità ex art. 8, della legge n. 223/1991, i lavoratori con contratto di somministrazione di lavoro, gli operai nel settore agricolo, i prestatori con contratti di durata non superiore a tre giorni per l’esecuzione di servizi speciali, nei settori del turismo e dei pubblici esercizi, i dirigenti il cui contratto a tempo determinato può avere una durata non superiore a cinque anni. Il rispetto della norma risulta oltremodo doveroso se si pensa alle sanzioni amministrative previste dalle legge di conversione. Infatti i datori di lavoro che sforano il tetto del 20% saranno puniti con una sanzione pecuniaria pari al 20% della retribuzione, se la violazione si riferisce ad un solo lavoratore, del 50% della retribu-

zione se la violazione si riferisce da due o più lavoratori, fermo restando un periodo transitorio fino al 31.12.2014 data entro la quale i datori di lavoro potranno rientrare. «Alcune domande - interviene Chiara Faccioli - a questo punto sorgono spontanee: ma come sarà possibile rientrare se il datore di lavoro ha stipulato dei contratti che scadono oltre il 31.12.2014? Sarà ammessa una risoluzione anticipata rispetto alla scadenza senza risarcimenti economici ovvero senza che il lavoratore possa chiedere quanto gli sarebbe spettato dalla risoluzione effettiva del rapporto fino alla data della naturale scadenza del contratto? E ancora, sarà sufficiente che il datore di lavoro paghi, o al lavoratore rimarrà anche la possibilità di rivendicare la stabilizzazione? Ma non è finita, se in corso d’anno un’azienda ne incorpora un’altra per effetto di un’operazione societaria ai sensi dell’art. 2112 c.c. per la quale l’organico schizza a numeri molto diversi rispetto all’inizio dell’anno? E in caso di acquisizione di personale per cambio di appalto?» Speriamo che nel frattempo, da qui a fine anno, possa esserci qualche ulteriore intervento al fine di poter gestire al meglio queste problematiche che rispetto ad una prima analisi della situazione delle aziende stanno creando una certa preoccupazione. Tornando a quanto di buono può aver modificato la legge possiamo sicuramente dire che l’introduzione delle 5 proroghe nell’arco dei 36 mesi in luogo dell’unica prevista ha dato più respiro alle imprese per poter organizzare meglio il lavoro. Rimane immutata la possibilità di stipulare un nuovo contratto rispettando il periodo di pausa tra quello cessato e quello nuovo che è pari a dieci giorni in caso di primo contratto durato meno di 6 mesi ovvero venti giorni se superiore a sei mesi.●

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formazione

FORMAZIONE FINANZIATA PER LE AZIENDE CON LA REGIONE VENETO ED IL FONDO SOCIALE EUROPEO

APINDUSTRIA Verona è sempre in prima linea nel supportare le aziende del territorio per l’accesso alla formazione finanziata. Grazie alle risorse messe a disposizione dalla Regione Veneto e dal Fondo Sociale Europeo (FSE), in sinergia con il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), nell’ambito del POR 2007-2013, quattro imprese veronesi hanno potuto usufruire di consulenza specialistica e formazione dedicata per i loro dipendenti. Le aziende appartengono a settori merceologici diversi ed hanno sviluppa-

to progetti differenziati e legati alle specifiche esigenze. Mollificio Gardesano S.p.A e Alberti Lamiere S.r.l, due aziende del settore metalmeccanico, hanno affrontato un percorso di “Introduzione di tecnologie digitali innovative per il miglioramento dei processi aziendali”, che ha spaziato dall’organizzazione logistica e tracciabilità della materia prima, alla virtualizzazione dell’infrastruttura informatica, dalla dematerializzazione della gestione documentale alla gestione della knowledge base aziendale. Gruppo Centro Nord S.p.A, una media azienda operante nell’edilizia industrializzata, ha concentrato l’iniziativa sulle tecnologie ICT con la “Digitalizzazione della Knowledge Base aziendale e introduzione di tecnologie innovative: Virtualizzazione e Cloud Computing”. Entrambi i progetti sono stati finanziati dalla Direttiva per la realizzazione di piani integrati a supporto delle imprese venete per la valorizzazione dell’eccellenza e dei settori specifici (DGR 2335/12 – Valorizzazione del capitale umano. Politiche per l’occupazione e l’occupabilità). Un’ulteriore iniziativa ha interessato Tecnica Costruzioni S.r.l, società di ingegneria e di sviluppo commerciale nel settore dell’edilizia civile e industriale. Il progetto formativo ha puntato sull’innovazione di prodotto con un percorso di “Introduzione di strumenti e processi innovativi a supporto della diversificazione produttiva” ed ha compreso interventi consulenziali e formativi sulla progettazione strutturale e grafica di nuovi ma-

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una società specializzata nell’erogazione di formazione specialistica su tematiche di informatica, innovazione ed organizzazione. I primi due piani formativi sono stati sviluppati nell’arco di nove mesi del 2013, il terzo durante il secondo semestre, consentendo alle aziende di acquisire know-how tecnologico, attraverso gli interventi di accompagnamento di Action Research, ed alle risorse umane di aggiornare le proprie conoscenze e competenze e di rafforzare la propria valenza professionale, attraverso azioni formative con varie metodologie didattiche.

nufatti prefabbricati, nonché sulla informatizzazione delle procedure di calcolo e disegno CAD. Il piano è stato finanziato con gli strumenti della direttiva regionale per la realizzazione di progetti di innovazione e sviluppo ( DGR 869/13 - Rilanciare l’impresa veneta).

APINDUSTRIA Verona, che ha operato come partner di rete dei progetti, ha messo a disposizione la pluriennale esperienza nell’accesso alla formazione finanziata, partecipando all’analisi preliminare dei fabbisogni e diffondendo le best practices emerse dai piani formativi realizzati.●

I progetti hanno complessivamente coinvolto ventotto addetti, dipendenti delle aziende beneficiarie, per 256 ore di consulenza e 772 ore di formazione, ed hanno visto la collaborazione di altri due partner oltre ad APINDUSTRIA: l’ITIS Marconi, quale istituto superiore con la missione delle nuove tecnologie ICT, e la Tecnosoft S.r.l,

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territorio

apre i battenti

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i è tenuta il 25 maggio a Grezzana l’inaugurazione ufficiale del primo e (per ora) unico FabLab di Verona. Una vera e propria festa, preceduta dalla terza edizione della Fiera Roboval, che ha portato nella sede operativa del laboratorio numerosi visitatori. Sono già più di 100 i soci che hanno creduto in questo progetto; tra questi figurano importanti aziende del territorio veronese, assieme a giovani (under 35) e privati (over 35)

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con competenze in diversi campi. I motivi principali per cui si è pensato di dare vita a un FabLab a Verona si possono riassumere in quattro punti: dare la possibilità a tutti coloro che si assoceranno di sviluppare i propri progetti e prototipi; formare nuove figure professionali; mettere in rete aziende, scuole e privati; far nascere sul territorio nuovi modelli di business. Per far sì che questi punti vengano rispettati, l’Associazione

Innoval punta al coinvolgimento degli enti presenti sul territorio veronese con l’obiettivo di riadattare il modello FabLab in un servizio per aziende, scuole e privati. All’interno del laboratorio gli associati avranno a disposizione un mix tra macchinari tradizionali e innovativi: dal trapano a colonna alla sega circolare, passando per le stampanti 3D fino alla nuovissima taglio laser, oltre a molti altri strumenti (cacciaviti, pinze, chiavi inglesi,etc) utili a


formare il proprio banco da lavoro. «Ci piace l’idea che questo luogo possa essere una “palestra del lavoro” – spiega Riccardo Bertagnoli, responsabile del progetto Verona FabLab – perché al suo interno si troveranno degli strumenti utili alle proprie esigenze lavorative. Con la creazione di questo spazio condiviso vogliamo aiutare il rilancio della manifattura e offrire un luogo dove far nascere e sviluppare nuovi prodotti, nuove idee e nuovi progetti». Come associarsi al FabLab? «Innanzitutto ci preme dire

che chiunque può associarsi: dallo studente appena uscito dalle scuole superiori al pensionato, - continua Bertagnoli - ogni associato verserà un quota annua che gli permetterà di usufruire sia dei macchinari presenti nel laboratorio come anche dei corsi e dei servizi che verranno attivati all’interno». Un’altra particolarità dello spazio FabLab sono i crediti, ovvero la moneta interna del FabLab; ogni credito vale 1 euro e può essere acquistato oppure guadagnato attraverso il contributo che ogni tesserato potrà dare all’associazione. La prima riunione con tutti i soci fondatori, è stata indetta per tracciare le linee guida del progetto. Sempre più città in Italia si stanno attrezzando per poter ospitare un FabLab, sintomo dell’importanza che stanno avendo questi modelli anche sul suolo nazionale. Con il Verona FabLab, la popolazione veronese oggi ha una nuova struttura dove realizzare le proprie idee oppure per dar forma ai propri sogni tenuti per anni in un cassetto.● Per maggiori informazioni: info@veronafablab.it - www.VeronaFabLab.it facebook.com/VeronaFabLab twitter.com/VeronaFabLab

COS’È UN FAB LAB?

Il nome FabLab deriva dall’abbreviazione del termine inglese “Fabrication Laboratory” cioè un’officina/ laboratorio aperto che offre una serie di macchinari e strumenti di lavoro in grado di realizzare in maniera flessibile e semi-automatica un’ampia gamma di oggetti e lavorazioni. Un Fablab è un luogo a disposizione di aziende, privati, scuole, designer, artigiani, imprenditori e tutti coloro che desiderano trasformare le proprie idee in nuovi prodotti e prototipi. Possiamo definirla una sorta di “palestra del lavoro” dove al posto delle attrezzature per fare fitness si possono trovare attrezzature e macchinari solitamente reperibili solo in officine specializzate. La filosofia del modello FabLab è quella della condivisione di idee e dello sviluppo tecnologico sostenibile. L’obiettivo del FabLab è quello di portare innovazione e conoscenza tecnologica nel territorio in cui opera Il modello è nato dall’intuizione di un famoso inventore e scienziato, Neil Gershenfeld insegnante presso il prestigioso MIT degli Stati Uniti. La sua idea era semplice: il passaggio da personal computer a personal fabricator, un luogo che potesse fornire conoscenze, competenze, materiali avanzati e strumenti tecnologici al servizio di imprenditori, studenti, artisti, artigiani e piccole imprese. Un FabLab offre quindi la possibilità a coloro che vogliano creare qualcosa di nuovo e su misura, di poterlo fare a basso costo e in modo personalizzato in un luogo vicino a casa.

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territorio

Il Gruppo SAMO Industries

insignito del riconoscimento internazionale Audit FamigliaeLavoro La Regione Veneto ha rilasciato al Gruppo Samo il Certificato per l’Audit FamigliaeLavoro, importante riconoscimento dato alle aziende che si distinguono per una politica aziendale attenta alla famiglia che incide in modo positivo sull’organizzazione e sull’aumento dell’efficienza. Samo è stata l’unica azienda veronese ad aver raggiunto questo obiettivo, insieme ad altre sette imprese venete.

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l Veneto è la prima regione in Italia ad aver ottenuto la licenza d’uso del modello tedesco Audit FamigliaeLavoro con l’obiettivo di promuovere azioni mirate alla valorizzazione e al sostegno della famiglia nella realtà sociale. La famiglia, infatti, ha un ruolo sociale e svolge una funzione educativa, di cura e assistenza che può essere definita primaria, inoltre è un soggetto che sta nel mercato, produce e consuma reddito. La consegna è sta effettuata dall’Assessore ai Servizi Sociali, Remo Sernagiotto in occasione del convegno “Famiglia e tempo di bilancio” tenuto presso l’Università Cà Foscari di Venezia dalla Regione Veneto con l’Assessorato ai Servizi Sociali. Il riconoscimento internazionale è avvenuto al termine di un processo di valutazione svolto da tre auditrici specializzate, che hanno definito misure migliorative per la conciliabilità famiglia e lavoro che saranno monitorate per un triennio. Alcuni dei cam-

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pi analizzati sono stati la corretta comunicazione e informazione del tema conciliazione, che ha portato all’apposita creazione del logo d’informazione Samo Industries Village, la competenza dirigenziale, il pacchetto di servizi e benefits a favore del personale e delle loro famiglie. «Samo ha sempre creduto ed operato nella direzione di un forte radicamento nel proprio territorio con concrete iniziative aziendali che pongono al centro le risorse umane – afferma Diana Venturato, responsabile del progetto per Samo –. Il recente riconoscimento ne è un’alta espressione, come il brindisi inaugurale delle nuove sale ristoro per i dipendenti volutamente effettuato dai rappresentanti sindacali interni. L’intento ambizioso è di costituire sul territorio una rete di enti e imprese orientate ad un equilibrio durevole e sostenibile tra gli obiettivi dell’azienda e gli interessi dei collaboratori e collaboratrici».●



Apidonne

Marina Scavini Presidente Apidonne

UN "PLIFF" DI ROSA Storia e futuro, dal nostro Paese al Mondo, attraverso arte-cultura-manifatturiero

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o chiesto ad un manager italiano attivo sui mercati internazionali quali fossero, a suo parere, il principale ostacolo e la prima attrattiva all’ingresso degli investitori stranieri nel nostro Paese: risposta secca “la burocrazia che genera la corruzione” e “l’italianità”. È un’opinione, ma prendiamola come punto di partenza, tralasciando la prima parte, peraltro ben nota al mondo imprenditoriale, per soffermarci sulla seconda che permette di non lasciar cadere a terra gli stimoli forti lanciati su queste pagine dal professor Claudio Baccarani. Probabilmente il concetto di italianità assembla grossolanamente diversi fattori eterogenei risultando innegabilmente generico e stereotipato. Tuttavia indica un marchio di qualità che riassume un percorso con origini profonde e lontane, frutto di una cultura antropologica ovvero da quell’insieme di comportamenti, costumi, tradizioni, linguaggi, strutture sociali interagenti che permettono di individuare e caratterizzare una comunità. Difficile distinguerne la linearità, gli intrecci, i meandri, gli scambi, gli alti e bassi, i corsi e i ricorsi ma possibile coglierne gli effetti sull’odierno, fugace attimo sospeso tra il passato ed il futuro. Le culture hanno gambe, non radici. Naturalmente la cultura comprende le arti che solo

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recentemente trovano forme di autonoma maturazione rispetto al lavoro manuale nella bottega artigianale che peraltro continua a

racchiudere una stretta relazione tra la mano, il cuore ed il cervello del produttore. Arte, clima, natura, cibo, storia del nostro Paese costituiscono una incredibile risorsa economica creatrice di opportunità occupazionali ma non possiamo dimenticare di avere ancora oggi una esperienza manifatturiera che ci pone tra i primi paesi industrializzati del pianeta e che questa posizione scaturisce oggi più che mai dal contributo delle piccole e medie aziende. Sarebbe una pericolosa sciocchezza pensare ad uno sviluppo occupazionale ed economico centrato solo sul turismo e l’enogastronomia, abbandonando la manifattura, mandando al macero la sua originalità, la sua identità, la sua capacità di restare portatrice di un “agire globalmente ma pensare localmente” ancora patrimonio della diffusa realtà imprenditoriale.


L’innovazione di processo/prodotto, come una bicicletta, resta in equilibrio solo se si pedala: si deve sempre rimanere con la finestra aperta sul futuro e il binocolo messo a fuoco sui nuovi soggetti, i loro linguaggi, le loro sensibilità. Il pensiero corre ai paesi economicamente emergenti che possiamo considerare, dal punto di vista delle dinamiche sociali, come potente emersione di ampie fasce di giovani e di donne che, godendo di opportunità di crescita scolastica e sociale, apprezzano il bello, amano la qualità e si incontrano nel web con altri giovani e altre donne. Nel loro futuro si intravedono bisogni non solo primari ma anche una nuova sensibilità per il momento creativo (la forma) e quello produttivo (il contenuto). Su questi terreni l’industria manifatturiera italiana rimane in grado di conferire prodotti dove la qualità di massa e la bellezza diffusa nel mercato globale potrebbero sviluppare occupazione e investimenti, alimentando nuovi confronti e scambi creativi. L’attenzione posta da Apidonne all’arte in azienda può essere un punto di partenza: non solo possiamo, ma dobbiamo aprire le porte all’arte, alla cultura, alla nostra storia e tradizione nei suoi diversi linguaggi per trasferirli nelle nostre imprese e nei nostri

prodotti, per creare il valore aggiunto derivante dalla italianità se intendiamo intercettare i soggetti di un mercato che indica precise linee di tendenza. E possiamo anche aggiungere che il soggetto emergente più interessante, più dinamico ed economicamente espansivo sarà rappresentato dalle donne: entusiasmanti opportunità si aprono quindi anche per le imprenditrici invitate a misurare le loro sensibilità di genere con quelle delle donne di altre culture, di parlare loro attraverso il linguaggio di prodotti che contengano anche un tocco di bianco-rosso-verde ed un "pliff" di rosa. Crescita, sviluppo, occupazione saranno alla portata delle nostre capacità di rinnovamento.●


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ECOMUSEO DELLE TRINCEE DELLA LESSINIA

I

l centenario della Grande Guerra è un anniversario che ricorda uno dei momenti più toccanti della nostra storia: l’Italia, unita da appena cinquanta anni, entrò in un conflitto nel quale gli italiani, provenienti da ogni parte del Paese, combatterono fianco a fianco nelle medesime, durissime condizioni. I quattro anni di ostilità produssero una profonda trasformazione del tessuto sociale, politico, economico e civile del nostro Paese che ha pagato un pesante tributo in vite umane con 750.000 morti tra caduti in guerra (680mila) e civili. Questo evento bellico occupa uno spazio molto significativo nella memoria collettiva nazionale perché ha radicalmente cambiato il corso della storia contemporanea. La Grande Guerra è ancora oggi così coinvolgente ed emozionante per la presenza di innumerevoli tracce nei luoghi dove è stata combattuta e vissuta. In Lessinia, precorrendo le celebrazioni del centenario, già nel 2008 un evento di grande successo ricordava la prima guerra mondiale. Il geo-

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metra-alpino Flavio Melotti affiancato dai gruppi alpini di Bosco Chiesanuova e Sona, allestirono a Bosco Chiesanuova una mostra di reperti storici della guerra di trincea in Lessinia affiancata da un’esposizione fotografica dei siti che custodivano le vestigia di quel periodo. «La mostra – ricorda Flavio Melotti – ebbe, in pochi giorni, un incredibile successo di pubblico. Fu una carica di energia per noi organizzatori e ci rinforzò nell’idea che era necessario fare anche di più. Fu questo evento che diede il la al nostro progetto di realizzare un ecomuseo e di far inserire il percorso alla scoperta delle trincee della Lessinia nell'ambito delle iniziative patrocinate dalla Regione Veneto per la valorizzazione dei luoghi che sono stati testimoni della guerra. Pur non essendo stata direttamente coinvolta nelle azioni belliche, l’area lessinica ha rivestito un ruolo importante come linea difensiva, disseminata di forti e postazioni realizzati tra il 1885 e il 1911 con grande dispiego di mezzi e


uomini». La militarizzazione dell’area pre-alpina portò a profonde trasformazioni del territorio, con la realizzazione di una efficiente rete stradale per il rapido spostamento di truppe e di mezzi motorizzati e per il trasporto delle armi pesanti e delle munizioni e con la costruzione di ponti, acquedotti, linee telefoniche, caserme, comandi ospedali, polveriere. Le malghe e le abitazioni diventarono caserme e i paesi conobbero una nuova economia, quella dei servizi di guerra. Ma se molte delle opere stradali realizzate allora sono utilizzate ancora oggi, come riportare invece alla luce altre testimonianze di guerra rimaste così a lungo abbandonate? «La gente della zona – spiega Melotti – ha sempre saputo con precisione dove erano localizzate trincee e altre postazioni. Il nostro è stato però un vero lavoro di ricerca scientifica, attraverso la consultazione di tutta la documentazione e le cartografie relative alla nostra zona conservate presso l’archivio del Genio Militare. Una volta effettuate le rilevazioni e risaliti a quelle che erano le specifiche dei progetti originali, non rimaneva che ‘liberare’ gli antichi reperti dai detriti (pietre, terra, arbusti) accumulatisi negli anni. È qui che sono entrati, ancora una volta, in gioco gli alpini. Vari gruppi di alpini – in maniera assolutamente volontaria, e mettendo anzi spesso a disposizione risorse e mezzi propri – si stanno da tempo impegnando nel recupero delle trincee, in accordo e con la supervisione della Comunità montana della Lessinia e del

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Parco dei Monti Lessini». Sono stati selezionati tre itinerari storici, posti nella parte più elevata della Lessinia, che presentano le maggiori testimonianze delle opere e degli insediamenti difensivi. I percorsi, di facile percorrenza (la lunghezza totale è di circa 15 chilometri), costituiscono un itinerario storico-culturale rivolto a quanti vorranno ammirare le testimonianze ancora ben visibili non solo di trincee, camminamenti, gallerie, postazioni di artiglieri, ma anche della vita in montagna degli abitanti di allora (baracche, alloggiamenti militari, pozzi, forni, ecc). Questi itinerari sono identificabili dai capisaldi di origine militare che collegano i punti ritenuti più significativi: postazione di Malga Pidocchio, postazione di Castelberto, postazione di Cima La Guz - Cima Mezzogiorno, postazione di Cima Sparavieri - Pozza Morta - Bocca San Nazzaro - Malga San Nazzaro, postazione di Bocca del Vallone - Cima Trappola - Castel Malera - Passo di Malera. LE TRINCEE IN LESSINIA Il comando italiano riteneva che l’aspra morfologia del versante montuoso del confine austriaco, unita all’assenza di un’adeguata viabilità, potesse rendere difficoltoso il transito di truppe e artiglierie avversarie, garantendo, al contrario, una valida difesa. Sulla linea di confine posta sui ciglioni e i margini settentrionali dei Lessini (oltre 15,5 chilometri) furono realizzati circa 8.000 metri di trincee. Circa 50.000 i metri di reticolati, oltre quarantadue bocche da fuoco costituite da cannoni 87 b (bronzo), 120 ABG, obici da 75, 149 e 210 mm, centinaia le postazioni per mitragliatrici, sia in piazzole protette che in galleria o a pozzo, una settantina i ricoveri in caverna per uomini e provviste, centinaia le baracche in legno per ospitare la truppa e gli ufficiali, oltre a migliaia di metri di camminamenti e strade, impiegando stabilmente 3.500 militari del Genio e della Milizia Territoriale e 1.800 civili sottoposti alla disciplina militare. La trincea assunse per il combattente il valore di protezione, di sicurezza, di abitazione, di conforto, di luogo dove esprimere le sensazioni più intime. Inizialmente era costituita da un solco più o meno profondo dove il combattente poteva stare in piedi e sparare mentre il terreno antistante lo proteggeva dalle pallottole o dalle schegge delle artiglierie. L’andamento planimetrico della trincea, generalmente, seguiva il naturale declivio del terreno e sfruttava gli anfratti rocciosi che venivano utilizzati come alloggiamenti. RIDOTTO DIFENSIVO DI MALGA PIDOCCHIO La prima postazione recuperata dalle penne nere è la trincea di Malga Pidocchio. Si tratta di un vero e proprio fortilizio caratterizzato da trincee in parte sormontate da lastre di pietra e in parte predisposte con incisioni nelle pareti laterali per essere coperte con travature in legno e mimetizzate con ramaglie secche. Per il collegamento tra Monte Castelberto e Malga Pidocchio e il paese di Erbezzo e quindi Bosco Chiesanuova (sede di caserme, panifici e strutture di servizio), venne realizzata una strada militare, costruita dalla 10^ compagnia della Milizia territoriale del 3° Genio

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nell’arco di soli 45 giorni. Questa strada attraversa e divide il vasto sistema difensivo del Pidocchio: la sua parte sinistra è organizzata all’interno di un blocco roccioso emergente e isolato dal terreno circostante, l’altra, posta sulla destra, si estende su un ampio colle circondato da varie trincee. I due postamenti difensivi sono collegati tra loro da una galleria sotterranea che attraversa la strada. Nel blocco roccioso a sinistra, utilizzando, integrando, scavando le fessure naturali, è stato creato un reticolo di camminamenti, trincee, gallerie, postazioni in caverna. L’artiglieria era costituita da 4 cannoni da 87 b (bronzo). La presenza di un rilevato numero di soldati dislocati tra l’opera difensiva di Malga Pidocchio e Campo Retratto creò la necessità di realizzare nell’area numerosi baraccamenti. Malga Lessinia, posta a breve distanza dal Pidocchio, era in origine una caserma italiana.

Cos'è e a cosa serve un ecomuseo Come ben chiarisce l’arch. Fiorenzo Meneghelli, progettista e direttore dei lavori con il geometra Flavio Melotti dell’opera di recupero del ridotto di Malga Pidocchio, l’esperienza degli ecomusei (termine coniato da Hugues de Varine nel 1971) nasce in Francia all’inizio degli anni 70, grazie all’intuizione del museologo Georges Henri Riviére. Diversamente dagli altri musei, racchiusi in uno spazio delimitato, l’ecomuseo si caratterizza per il legame con il territorio circostante. L’ecomuseo è qualcosa in più di una sequenza di sale da percorrere per ammirare opere d’arte: è un patto con il quale una comunità si impegna a conservare e valorizzare un territorio inteso non solo in senso fisico, ma nel suo complesso. «Con il nostro progetto di ecomuseo – conclude Melotti – vogliamo salvaguardare e divulgare la memoria collettiva della nostra comunità e della Lessinia che non deve essere conosciuta soltanto per i suoi meravigliosi paesaggi e la sua natura, ma anche per la sua storia e i suoi valori. Abbiamo cominciato a coinvolgere nel nostro progetto anche le scuole e vorremmo che i giovani ci seguissero sempre di più perché davvero non si può comprendere il presente senza conoscere il passato».●

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Paolo Veronese L’illusione della realtà

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Palazzo della Gran Guardia 5 luglio – 5 ottobre 2014

’arte di Paolo Caliari detto il Veronese (n. 1528- m.1588) torna nella sua città natale con una mostra dedicata alla sua figura e alla sua opera, promossa e organizzata dal Comune di Verona, Direzione Musei d’Arte e Monumenti, insieme con l’Università degli Studi di Verona e la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, in associazione con la National Gallery di Londra. L’esposizione, al Palazzo della Gran Guardia, si colloca a

scena artistica fu uno dei principali protagonisti insieme a Tiziano Vecellio e Jacopo Tintoretto. Guidò un’operosa bottega, assistito, tra gli altri, dal fratello Benedetto e dai figli Carlo e Gabriele, che portarono avanti l’attività dopo la sua morte. In mostra saranno esposte circa 100 opere, fra dipinti e disegni, provenienti dai più prestigiosi musei italiani ed internazionali, tra cui la Gemäldegalerie di Dresda, la National Gallery of Scotland di Edinburgo, il Museo degli Uffizi di Firenze, Palazzo Rosso di

distanza di ventisei anni dalla rassegna Veronese e Verona tenutasi nel 1988 al Museo di Castelvecchio ed è curata da Paola Marini, direttrice del Museo di Castelvecchio e Bernard Aikema, dell’Università degli Studi di Verona. Il Veronese ebbe la sua formazione nella Verona di Giovanni Caroto, Antonio Badile e soprattutto Michele Sanmicheli, per poi trasferirsi (1554-1555 ca.) e svolgere la parte centrale della sua carriera a Venezia, della cui

Genova, il British Museum e la National Gallery di Londra, il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, il Museo Nacional del Prado di Madrid, la Pinacoteca Estense di Modena, la Pinacoteca di Brera di Milano, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Musée du Louvre di Parigi, i Musei Vaticani di Roma, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, la National Gallery of Art di Washington.


Verona - Palazzo della Gran Guardia 5 luglio - 5 ottobre 2014 Orari - dal lunedĂŹ al giovedĂŹ, sabato e domenica: dalle 10.00 alle 21.00 venerdĂŹ: dalle 10.00 alle 22.00


ambiente apivenetofidi e salute

Plinio Menegalli Medico Competente

NUOVO CREDITO PER LE PMI CON IL SUPPORTO DI CASSA DEPOSITI & PRESTITI SPA

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n esclusivo accordo siglato tra APIVENETO FIDI e BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA mette a disposizione delle PMI un plafond di nuovi finanziamenti, erogati con la provvista fornita da Cassa Depositi & Prestiti Spa, da destinare al sostegno di programmi di investimento, da realizzare e/o già in corso, oppure per iniziative di incremento del capitale circolante (acquisto scorte di magazzino, pagamento fornitori, iniziative commerciali, partecipazione a fiere, realizzazione di cataloghi ecc.). 1. possibilità di finanziare fino al 100% l’iniziativa e/o il progetto d’investimento (anche se IN CORSO); 2. importo adattabile ad ogni ESIGENZA da un minimo di € 50.000 a un massimo di €3.000.000;

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3. costi competitivi grazie alla provvista fornita da Cassa Depositi & Prestiti; 4. accesso al credito facilitato grazie alle garanzie fino all’80% di Apiveneto Fidi e del Fondo Centrale di Garanzia per le PMI; 5. DURATA fino a 10 anni senza ipoteca; 6. comodità di rimborso con rate semestrali posticipate a scadenza fissa e con possibilità di ottenere il preammortamento fino a 12 mesi. Sono queste le principali caratteristiche dell’esclusiva proposta riservata alle Imprese associate, realizzata per offrire un aiuto concreto alle PMI del Veneto nella realizzazione dei loro programmi di crescita e di sviluppo. Il plafond di finanziamenti è limitato e disponibile fino ad esaurimento delle risorse.


Cos’è la “Cassa Depositi e Prestiti”?

È una Società per Azioni a controllo pubblico con la missione istituzionale di finanziare lo sviluppo del Paese. CDP opera nel settore dei finanziamenti pubblici, in quello degli incentivi pubblici al settore produttivo ed alle opere strategiche, sostiene le PMI erogando provvista al settore bancario vincolata a tale scopo. Contribuisce inoltre alla stabilità finanziaria ed allo sviluppo europeo agendo assieme ad altri investitori europei di lungo periodo come la BEI.

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apivenetofidi

600 MILIONI DI EURO PER AIUTARE LA RICERCA E LO SVILUPPO Nei prossimi mesi sarà finalmente emanato il decreto ministeriale contenente le disposizioni applicative necessarie per rendere operativo il nuovo e tanto atteso incentivo del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo svolta nel triennio 2014-2016. Per la misura agevolativa sono stati stanziati 200 milioni di euro all’anno per il triennio 2014 2016, che saranno riconosciuti alle Imprese con le modalità del credito d’imposta, in misura pari al 50% degli incrementi annuali di spesa per le attività di ricerca e sviluppo rispetto all’anno precedente, con una agevolazione massima annuale di €2.500.000 per ciascun beneficiario e un limite minimo di spesa iscritta a Bilancio di €50.000. (es. spese di ricerca complessive anno 2013 €50.000. Spese ricerca anno 2014 per personale € 200.000, consulenti €50.000 totale spese anno 2014 €250.000. L’incremento di spesa di ricerca anno 2014 sul 2013 risulterebbe di €200.000. Il credito di imposta nella misura del 50% degli incrementali annuali di spesa risulterebbe di €100.000). L’agevolazione è fruibile da parte di tutte le imprese (anche per la grande impresa), indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico e dal re-

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gime contabile. Il credito d’imposta spettante va indicato in sede di dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale il beneficio è maturato, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’art 17 del d.lgs. 241/1997. Ai fini dell’ottenimento del credito d’imposta sono ammissibili le spese sostenute per le seguenti attività: • lavori sperimentali o teorici svolti aventi quale principale finalità l’acquisizione di nuove conoscenze • ricerca pianificata e/o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o per il miglioramento di quelli esistenti • acquisizione, utilizzo di conoscenze e capacità esistenti allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi • produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali. Per la determinazione dell’incentivo fiscale sono computabili: • le spese relative al Personale impiegato in attività di ricerca e

sviluppo; • le quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzo di strumenti e attrezzature di laboratorio (con un costo unitario non inferiore a € 2.000 € al netto di Iva); • i costi della ricerca svolta in collaborazione con Università e Organismi di ricerca accreditati; • la ricerca “contrattuale” (svolta mediante utilizzo di consulenti qualificati); • le competenze tecniche e i brevetti, acquisiti o ottenuti in licenza da fonti esterne. La fruizione dell’agevolazione fiscale è ottenibile mediante la presentazione da parte delle Imprese interessate di un’istanza telematica, nei termini e con le modalità previste dalle disposizioni ministeriali.●

Per la preventiva fase di valutazione di ammissibilità all’agevolazione e per l’assistenza nella formulazione e presentazione dell’istanza telematica, contattare la Divisione Finanza di APIVENETO FIDI (referente Francesca Costa; tel. 0444232241; e.mail: f.costa@apivenetofidi.it) oppure visitare i nostri siti internet agli indirizzi www.apivenetofidi.it www.nordestfinanza. net.


ambiente e salute

Plinio Menegalli Medico Competente - Ergonomo

DONNE E LAVORO S

ono diversi i rischi lavorativi che necessitano una riflessione sulle differenze di genere per mettere in atto misure efficaci di tutela della salute e sicurezza delle donne lavoratrici. Su questo tema recentemente l’Inail ha prodotto diverse pubblicazioni in cui la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro sono analizzate in ottica di genere. Una di queste pubblicazioni, dal titolo “La sicurezza sul lavoro viaggia con le donne” affronta i principali rischi presenti negli ambiti di vita e di lavoro, i loro più significativi effetti e, specialmente, le problematiche specifiche per le lavoratrici. Ci soffermiamo in particolare sul rischio stress lavoro-correlato, sui disturbi correlati all’uso del videoterminale, sulle patologie muscolo-scheletriche e sui rischi da agenti biologici e da agenti chimici. Stress lavoro-correlato Riguardo allo stress lavoro-correlato la pubblicazione ricorda che lo stress nel mondo del lavoro insieme ad altri rischi psicosociali, quali il burnout (nelle professioni sanitarie e di insegnamento), è un problema frequente e molto diffuso. I fattori che per le donne possono assumere maggior peso sono: la carenza di soluzioni organizzative atte a garantire un

giusto bilanciamento fra i tempi di vita e di lavoro, una scarsa flessibilità nei ritmi ed orari di lavoro e generali forme di impedimenti allo sviluppo della carriera; a ciò si aggiungono una maggiore esposizione a molestie sessuali, a comportamenti irrispettosi, a forme di discriminazione operate fra colleghi o da superiori. Disturbi da attività al videoterminale Dopo aver considerato i fattori di rischio peculiari e le misure di prevenzione (in relazione a pia-

no di lavoro, sedia, schermo,...), occorre confermare che l’attività è normalmente compatibile con lo stato di gravidanza; non vi sono cioè rischi per il nascituro. In passato vi erano state preoccupazioni in relazione ad una possibile esposizione a radiazioni ionizzanti (quali i raggi X), ma numerosi studi hanno escluso la possibilità che vi sia un’emissione di tali radiazioni dai videoterminali, per cui non sussiste un rischio di danno al nascituro. Tuttavia in questo periodo particolare della

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ambiente e salute

donna l’attività al videoterminale potrebbe comportare problemi di tipo posturale collegati ai cambiamenti cui va incontro il suo corpo (aumento del volume dell’utero gravidico e spostamento del baricentro verso avanti) che, insieme alla posizione fissa seduta mantenuta per lunghi periodi di tempo, possono portare alla comparsa di problemi muscoloscheletrici, tra cui principalmente la lombalgia (mal di schiena). Dunque nel periodo di gravidanza è consigliabile effettuare pause più

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frequenti, durante le quali è bene sgranchire i muscoli possibilmente camminando, e ridurre il tempo di lavoro al videoterminale. Patologie muscolo-scheletriche Abbiamo visto più volte che nel mondo del lavoro bisogna prestare particolare attenzione alla salute della colonna vertebrale e dei muscoli e che i principali rischi lavorativi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico sono correlati alla movimentazione manuale dei carichi, ai movimenti ripetuti e

alle posture fisse. Se la capacità di sollevamento e trasporto varia in funzione delle capacità fisiche individuali, varia anche, in ottica di genere, tra donne e uomini: la differenza tra la capacità di sollevamento di una donna sana è mediamente pari a due terzi rispetto a quella di un uomo. In questo senso le norme tecniche della serie ISO 11228, relative alle attività di movimentazione manuale (sollevamento, trasporto, traino, spinta, movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza), prevedono un limite del peso da movimentare per la popolazione lavorativa adulta pari a 25 Kg che protegge il 95% dei maschi ma solo il 70% delle femmine. La norma UNI EN 1005-2 (rivolta ai progettisti di macchine) suggerisce il valore di 15 Kg che protegge il 90% delle donne. In merito poi ai movimenti ripetuti l’incidenza complessiva delle patologie degli arti superiori è maggiore nelle donne (54,1% contro 45,9%), con particolare riferimento alla sindrome del tunnel carpale (65,5% contro 34,5%) ed alle patologie del polso. Danni da esposizione ad agenti biologici Il D.Lgs. 81/2008 dedica alla protezione dei lavoratori da agenti biologici l’intero Titolo X e relativi allegati, ricordando che per agente biologico si intende qualsiasi microrganismo (virus, batteri…), coltura cellulare, endoparassita umano che può provocare infezioni, allergie o intossicazioni. Alcuni studi si sono occupati anche dei casi di infezione della donna durante la gravidanza. Infatti molti agenti biologici possono agire sul nascituro; essi possono essere anche trasmessi successivamente durante e dopo il parto, nel corso dell’allattamento, o a seguito di altri tipi di stretto contatto fisico tra madre e neonato. Ricordiamo, ad esempio che il virus della rosolia può


portare ad aborto spontaneo, infezioni e malformazioni fetali e il mycobacterium tubercolosis a tubercolosi polmonare, intestinale e epatica. Occorre sottolineare che la normativa vigente in Italia, in materia di tutela della lavoratrice gestante, puerpera e nel periodo di allattamento, vieta di adibire la donna in gravidanza, e fino a sette mesi dopo il parto, a lavori di assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti per malattie infettive e per le malattie nervose e mentali e l’esposizione della lavoratrice gestante agli agenti biologici come Toxoplasma e Virus della rosolia, a meno che non sussista la prova di un sufficiente stato di immunizzazione. Effetti da agenti chimici pericolosi Se l’uso di agenti chimici classificati come pericolosi è molto

diffuso e coinvolge molte attività lavorative, vi sono anche agenti chimici classificati tossici per il ciclo riproduttivo. E l’esposizione a tali agenti – sostanze o preparati – di lavoratrici gestanti, puerpere e in periodo di allattamento può compromettere l’ esito della gravidanza, oppure provocare danni al feto, oppure provocare danni al lattante allattato al seno (certi agenti passano nel latte materno). Questi alcuni esempi di sostanze note per i loro effetti negativi sulla riproduzione femminile: monossido di carbonio (normalmente emesso come sottoprodotto di combustione); composti del piombo (impiegati, ad esempio, come pigmenti per vernici e pitture); dialchilftalati (usati come plastificanti per resine e plastiche); glicoleteri (presenti

come solventi nelle vernici e nei prodotti per la pulizia dei vetri); antiparassitari (es. Warfarin); farmaci (es. antimicotici, antiblastici). Ricordiamo che gli agenti tossici per il ciclo riproduttivo sono riconoscibili da una specifica etichettatura.Anche riguardo agli agenti chimici pericolosi, il datore di lavoro per tutelare la salute delle lavoratrici ha l’obbligo di allontanarle dalle mansioni a rischio, per tutto il periodo della gravidanza e fino a sette mesi dalla nascita del bambino. Le lavoratrici devono essere spostate ad altre mansioni che non prevedano l’esposizione ad agenti tossici per il ciclo riproduttivo. Ove detto spostamento non sia possibile, il Ministero del lavoro può disporre l’interdizione dal lavoro delle interessate.●


fiscale

La fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione

L

a Finanziaria 2008 al fine di “semplificare il procedimento di fatturazione e registrazione delle operazioni imponibili” ha stabilito che “... l’emissione, la trasmissione, la conservazione e l’archiviazione delle fatture emesse nei rapporti con le amministrazioni pubbliche … deve essere effettuata esclusivamente in forma elettronica”, eliminando in questo modo i documenti cartacei con documenti informatici. Con l’emanazione del Regolamento attuativo della disciplina sono state definite le regole tecniche, stabilite le date di decorrenza dell’obbligo della fattura elettronica e precisamente il 6.6.2014 per i Ministeri, Agenzie fiscali ed Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale (INPS, ENPAM, CNPADC, CIPAG, ENPACL, INARCASSA, ecc.) e il 6.6.2015 per le altre Amministrazioni, mentre per le Amministrazioni locali la data deve essere ancora definita. Ne consegue che l’invio della fattura avverrà tramite il Sistema di interscambio (SDI) e dovrà essere in formato XML e con firma digitale. Il Dipartimento delle Finanze e il Dipartimento della Funzione Pubblica hanno fornito una serie di chiarimenti. Codice univoco Ogni ufficio sarà contraddistinto da uno specifico Codice Univoco che dovrà comunicare ai propri fornitori i quali saranno tenuti a riportarlo direttamente nelle fatture emesse.

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Emissione della fattura elettronica La fattura elettronica si intende trasmessa e ricevuta dall’Amministrazione dopo il rilascio al cedente della ricevuta di consegna da parte del Sistema di interscambio (SDI). Al ricevimento della fattura, il Sistema dopo una serie di controlli provvede ad inoltrarla al competente ufficio dell’Amministrazione committente, identificato tramite il Codice Univoco riportato nella fattura. Il Sistema rilascia quindi una ricevuta di consegna in caso di esito positivo o una notifica di mancata consegna in caso di esito negativo: va evidenziato che la fattura si considera emessa anche con ricevuta negativa, in quanto fornisce la prova dell’emissione della stessa.

Mancato recapito della fattura Non può esserci recapito della fattura se l’amministrazione è censita in IPA ma non ha il codice univoco. In questo caso il fornitore che non riesca ad individuare in modo univoco l’ufficio competente, può utilizzare il codice dell’Ufficio Centrale denominato “Uff_eFatturaPA”. Sarà quindi il sistema a verificare la possibilità o meno di identificare univocamente il codice ufficio respingendo la fattura e segnalando l’ufficio competente oppure inoltrando la fattura all’ufficio centrale identificato dall’Amministrazione. Se invece l’Amministrazione non è censita nemmeno in IPA, il fornitore deve utilizzare un codice predefinito (Codice FE Centrale). Anche in questo caso il SDI dopo la ricerca dell’esistenza di un unico ufficio destinatario:


- se verifica la presenza di un solo ufficio invia al fornitore una notifica di scarto segnalando il codice ufficio identificato; - se individua più uffici della stessa P.A. invia al fornitore una notifica di scarto identificando il codice ufficio centrale della P.A. individuata; - in tutti gli altri casi il SDI rilascia al fornitore una “Attestazione di avvenuta trasmissione della fattura con impossibilità di recapito”. L’Attestato è “sufficiente a dimostrare che la fattura in esso contenuta è pervenuta al SDI nel rispetto delle regole tecniche di cui al DM 55/2013 e che non è stato possibile recapitarla all’amministrazione committente per cause non imputabili al fornitore”. Il fornitore quindi può trasmettere direttamente la fattura all’Ammini-

strazione tramite altri canali diversi quali il normale servizio di posta elettronica. L’Amministrazione alla ricezione del predetto Attestato “può prendere visione della fattura in esso contenuta, e viene a conoscenza del fatto che la medesima fattura è stata correttamente inviata al SDI. La fattura elettronica contenuta nell’attestato può pertanto ritenersi ricevuta dall’amministrazione committente”. Da ultimo se l’invio fallisce per guasti tecnici (dimensioni allegati, problemi con la PEC) sarà cura della struttura del SDI contattare il referente per velocizzare la risoluzione del problema. Trascorsi più di 10 giorni, al mittente viene rilasciato in ogni caso un Attestato di avvenuta trasmissione della fattura al SDI con impossibili-

tà di recapito. Anche in questo caso il fornitore, con l’Attestato in esame può inviare direttamente il documento all’Amministrazione destinataria, che provvederà al pagamento. Senza fattura elettronica nessun pagamento Trascorso un periodo di transizione di tre mesi dalla data di decorrenza dell’obbligo della fattura elettronica, le Pubbliche Amministrazioni “non possono procedere ad alcun pagamento nemmeno parziale, sino all’invio delle fatture in formato elettronico”. Mentre per le fatture cartacee emesse prima della decorrenza dell’obbligo e non ancora pagate alla scadenza dei successivi 3 mesi l’Amministrazione è tenuta a effettuare il pagamento.●


qualità & management

Francesco Domaschio

Dottore Commercialista

COMPETENZE DEI MANAGER E MARCATURA CE

secondo il Regolamento UE 305/2011

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ell’articolo precedente ci siamo posti alcune domande cruciali per capire chi sono e cosa fanno i manager, e ci siamo dati queste risposte: i manager sono coloro che fanno sì che le cose avvengano all’interno di un’organizzazione, e ciò che fanno i manager è come fare perché le cose avvengano. Ci siamo anche soffermati sul fatto che i manager, nello svolgimento delle loro funzioni, necessitano di una molteplicità di competenze (abilità o skill): - cognitive: saper cogliere il quadro d’insieme di un problema - tecniche: conoscenze specifiche su una area manageriale: finanza, marketing, produzione, … - gestionali: capacità di organizzare le attività - relazionali: capacità di interagire con i collaboratori per renderli una squadra.

Le competenze cognitive sono indispensabili per definire cosa fare, e in questo senso sono prioritarie rispetto alle altre, che determinano come fare. Cerchiamo allora di capire qual è la portata di questo sapere cosa fare, prendendo spunto da un problema reale e di estrema attualità per quanto, ahinoi, in gran parte sconosciuto o trascurato: ci riferiamo alla ormai imminente entrata in vigore del Regolamento UE 305/2011, che renderà obbligatoria la marcatura CE per le componenti strutturali per l’edilizia, con particolare attenzione alle componenti in acciaio o alluminio. Alzi la mano chi ne ha sentito parlare! Su questo tema Apindustria ha organizzato un importante convegno per illustrare alle aziende coinvolte la portata e le implicazio-

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ni della nuova normativa che sta per rivoluzionare tutto il comparto delle costruzioni, sia civili sia industriali. Ciò che ha impressionato maggiormente gli addetti ai lavori in tema di opere d’ingegneria civile è la sostanziale non conoscenza che il settore dei costruttori sta manifestando in merito alla normativa in questione, emanata il 9 marzo 2011 ed entrata in vigore immediatamente anche nel nostro ordinamento, pur prevedendo un periodo di adeguamento volontario, in coabitazione con il Decreto Ministeriale del 2008 contenente le Norme Tecniche per le Costruzioni, periodo che andrà a scadere il prossimo 1° luglio quando il Regolamento UE 305/2011 sarà pienamente obbligatorio a tutti gli effetti. Sulla questione giova ricordare che si tratta di un regolamento comunitario e non di una direttiva la quale, per ciò stesso, richiederebbe una legge di recepimento dello Stato Italiano per essere applicabile nel nostro ordinamento, mentre il regolamento è immediatamente applicabile anche sul territorio italiano. Inoltre, essendo un regolamento, ben difficilmente potrà beneficiare di una proroga all’italiana, in quanto occorrerebbe mettere d’accordo tutti i 27 Stati dell’Unione Europea su una nuova scadenza, cosa piuttosto improbabile. Cosa impone il Regolamento UE 305/2011? È presto detto: a partire dal 1° luglio tutte le componenti strutturali in acciaio o alluminio di opere di ingegneria civile dovranno essere corredate della marcatura CE e di una dichiarazione di prestazione per essere immesse sul mercato e circolare liberamente sul territorio dell’Unione Europea. Attenzione: la marcatura CE non riguarda l’opera nel suo complesso ma le sue componenti strutturali in acciaio o alluminio, cioè quei suoi elementi che hanno funzione portante; inoltre, per opera di ingegneria civile non si intendono solo gli edifici abitativi, ma anche quelli industriali e qualsiasi manufatto, con componenti strutturali, destinato ad essere incorporato stabilmente in un opera di ingegneria civile. Qualche esempio? tutte le componenti strutturali in acciaio o alluminio di condomini, ponti, capannoni industriali, impianti e macchine industriali stabilmente ancorate al suolo e incorporate in immobili ad uso industriale (silos, impianti di verniciatura, catene di montaggio, supporti dei carri ponte o delle tubature di impianti industriali, …). Il campo di applicazione è vastissimo e impegnativo: per


poter apporre la marcatura CE è necessario infatti l’intervento di un Organismo Notificato che dovrà eseguire le cosiddette prove di tipo su un prototipo rappresentativo della produzione e verificare, con un audit presso lo stabilimento aziendale, che il piano di fabbricazione e controllo è in grado di garantire la realizzazione di manufatti con caratteristiche uguali o migliori a quelle riscontrate sul prototipo campione: è inoltre necessaria la qualifica del processo di saldatura e dei saldatori secondo le norme applicabili (ISO 3834, …). Eravamo partiti, all’inizio del nostro discorso, con l’intento di comprendere l’importanza delle competenze cognitive dei manager, basandoci su questo problema concreto che le aziende coinvolte dovranno affrontare. Il punto chiave è proprio questo: ciò che emerge dal ritardo con cui le imprese stanno adeguandosi alla normativa in oggetto è indice di una certa difficoltà nel guardare dall’alto il problema. Non è solo l’ennesima tra le già tante incombenze burocratiche da espletare, ma è una svolta nel mercato: se la si vive passivamente si tratta di una minaccia, perché per operare l’impresa dovrà sottostare a norme, audit, controlli interni, …, ma se la si affronta positivamente è più esattamente un’opportu-

nità, poiché l’impresa che si adegua prontamente potrà affrontare ad armi pari i competitor non solo sul mercato italiano ma sull’intero territorio dell’Unione Europea: la marcatura CE infatti apre le porte alla libera circolazione delle merci sul territorio europeo, quindi è un fattore propulsivo dell’internazionalizzazione delle nostre imprese. Interpretato con questa visione d’insieme, il Regolamento UE 305/2011 indica chiaramente cosa fare: adeguarsi al nuovo standard come occasione di crescita. Il come adeguarsi sarà invece suggerito dalle altre competenze manageriali, ovvero quelle tecniche (definizione dei componenti da marcare CE, dei processi e del personale da qualificare, del piano di fabbricazione e controllo da certificare, …), gestionali (pianificazione del progetto di adeguamento al Regolamento UE) e relazionali (creazione e motivazione del team dedicato al processo di adeguamento).● (*) Chi fosse interessato ad approfondire gli aspetti tecnici del Regolamento UE 305/2011 può scaricare dal sito di Apindustria il materiale informativo distribuito in occasione del convegno sopra citato.



previdenza

LA RETRIBUZIONE

Dall’art. 36 della Costituzione alla retribuzione incentivante

L

a retribuzione costituisce l’obbligo fondamentale del datore, e caratterizza il contratto di lavoro come a prestazioni corrispettive. Sappiamo come la corrispettività nel rapporto di lavoro trovi spesso deroghe in favore del lavoratore per gli istituti retributivi c.d. indiretti, cioè senza un legame diretto con la prestazione effettivamente svolta ovvero con riferimento a periodi protetti, esempio malattia, infortunio, gravidanza, ecc. Sappiamo che chi determina la retribuzione da un punto di vista quantitativo e qualitativo, anche se non si tratta di una competenza esclusiva, è la contrattazione collettiva che deve rispettare alcuni principi dettati dalla Costituzione, fra i quali quello della sufficienza ovvero retribuzione minima, quello della proporzionalità, di non discriminazione, di parità retributiva e non da ultimo il criterio di ragionevolezza sancito oltre che dalla Carta costituzionale anche dai principi del diritto internazionale. Rispetto alla parità di trattamento economico a fronte di mansioni uguali svolte da lavoratori diversi la Cassazione in alcune sue pronunce ha ritenuto che altrettante sentenze costituzionali concedessero ai lavoratori un diritto assoluto ad un trattamento uguale a parità di mansioni. Questo orientamento però avrebbe comportato un’ingiustificata oltre che eccessiva limitazione all’autonomia delle parti, così, la stessa Cassazione, anche a S.U. ha ribadito che un datore di lavoro potrà prevedere trattamenti differenziati, purché non fondati su motivi discriminatori e illeciti. Per quanto riguarda le tipologie (a tempo o a cottimo) o sistemi retributivi, come previsto dall’art. 2099 c.c. La forma principale è sicuramente il sistema a tempo, con indicatore a mese, che ha del tutto soppiantato il sistema di cottimo. La retribuzione a tempo può essere anche a ore, giorni o anno e nel rapporto di lavoro subordinato rappresenta la parte fissa, rispettosa del canone della sufficienza. La forma di retribuzione a cottimo, ormai in disuso

e per alcuni contratti addirittura vietata (apprendistato) ha tuttavia ripreso piede, se la consideriamo come retribuzione collettiva o variabile, legata al rendimento/performance dell’azienda. La retribuzione in natura, pure menzionata dall’art. 2099 c.c., seppur poco utilizzata, deve intendersi come vitto e alloggio, così come mensa, indumenti di lavoro, ma soprattutto si tratta dei fringe benefit ovvero concessioni di alloggi, automobili in uso promiscuo e così via. Altre forme di retribuzione sono quelle della partecipazione agli utili derivanti dal bilancio approvato, di cui all’art. 2102 c.c. e provvisionale, che comportano un fattivo coinvolgimento/partecipazione personale dei lavoratori. Queste ultime tipologie retributive sono incenti-

vanti e, come si diceva hanno sostituito il sistema del cottimo, basandosi comunque su redditività e produttività. Tuttavia si è potuto verificare come tali forme hanno avuto una diffusione marginale perché di fatto è difficile far traghettare le parti coinvolte, OO.SS. comprese, sul versante della vera e propria redditività, riducendosi purtroppo nella maggior parte dei casi a premi fissi, non quindi legati a fattori ben più innovativi come ad

Economia Veronese - giugno 2014

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previdenza

esempio il margine operativo lordo, ovvero a fattori industriali. Altre esperienze riguardano la partecipazione azionaria e le stock options cioè il diritto di opzione di acquisto di azioni ad un prezzo predeterminato.

Sarebbe necessario un sistema di relazioni sindacali più partecipativo oltre che sviluppare rapporti più stabili e solidi tra le parti. Nella nostra Costituzione vi è una norma – inattuata - che prevede proprio la “collaborazione alla gestione delle aziende” (art. 46). Il c.d. merit pay dovrebbe essere destinato a rappresentare il futuro della struttura retributiva, in quanto maggiormente connesso alla ability to pay delle singole aziende, più che alla generica capacità retributiva del sistema di imprese. A tal proposito nel 1993 con il Protocollo Ciampi era trattato anche il tema degli spazi attribuiti alla contrattazione collettiva aziendale in materia di retribuzione di produttività, per una maggiore partecipazione economica dei lavoratori ai possibili margini di ulteriore produttività a livello aziendale. Era infatti previsto che “ (…) le erogazioni del livello di contrattazione aziendale sono strettamente correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, avendo come obiettivo incrementi di produttività, di qualità e altri elementi di competitività di cui le imprese dispongano, compresi i margini di produttività, che potrà essere impegnata per accordo tra le parti, eccedente quella eventualmente già utilizzata per riconoscere gli aumenti retributivi a livello di Ccnl, nonché ai risultati legati all’andamento economico

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dell’impresa”. Resta tuttavia il problema della rappresentatività sindacale e delle modalità di fare sindacato in azienda, che evidentemente incide non poco sulla possibilità di decollo dei contratti di secondo livello, senza parlare della c.d. contrattazione di “prossimità”, prevista dal noto art. 8, Legge n. 148/2011. Abbiamo visto come la retribuzione sia costituita da mescolanza di elementi. Per riassumere possiamo partire da: - retribuzione base, o minima o tabellare, corrispondente ad una qualifica di inquadramento ricoperta dal lavoratore, utile al calcolo degli altri istituti indiretti della retribuzione, oltre che differiti. Si può dire che detta retribuzione base comprenda anche la tredicesima, oltre all’ex indennità di contingenza; - aumenti di merito, o superminimi riconducibili ad una sorta di indennità “forfetaria di qualifica”; - scatti di anzianità, legati appunto all’anzianità di servizio; - aumenti o maggiorazioni collegate allo svolgimento della prestazione in modi e luoghi particolari; - elementi retributivi incentivanti e/o partecipativi, ivi compresi alcuni benefits; - trattamento di fine rapporto, dovuto indipendentemente dalla causa di cessazione del rapporto, inteso come istituto retributivo differito, perché la sua corresponsione avviene al momento della cessazione del rapporto. Per concludere la corresponsione della retribuzione si regge sul principio della post-numerazione, ovvero al termine del periodo di riferimento (mensile), con obbligo in capo al datore di lavoro di elaborare un prospetto di paga, la cui violazione costituisce inadempimento e illecito amministrativo punito con un ammenda.●



legale

Le nuove Srl semplificate L

a normativa che regolamenta questo tipo di società è molto complessa, quando non contraddittoria. Ciò dipende dal sovrapporsi di disposizioni talvolta disarticolate le une dalle altre. Uno studio del Notariato di fine 2013 ha cercato di fare chiarezza per chi ha intenzione di intraprendere una nuova iniziativa d’impresa tramite Srl ordinaria (capitale sociale pari o superiore a 10.000 euro) o Srl semplificata (capitale sociale compreso tra 1 e 9.999,99 euro), per la quale è necessario attenersi all’atto costitutivo (modello standard) non modificabile fornito dal regolamento. Attualmente, con la conversione del c.d. Decreto Lavoro o Decreto sulle liberalizzazioni diventa più semplice e meno costoso aprire una società a responsabilità limitata. Sono infatti state introdotte alcune novità di rilevante interesse, come ad esempio la possibilità del capitale sociale ad 1 euro, oltre ad agevolazioni e semplificazioni negli adempimenti burocratici, il tutto con la modifica del nostro Codice Civile nella parte relativa al libro quinto, capo settimo, dedicato alle Società a responsabilità limitata, introducendo, per l’appunto, la Srl semplificata. La Srl semplificata è a tutti gli effetti un soggetto giuridico al pari di una Srl comune, non richiede ai soci costituendi limiti minimi di età (è stata eliminata la soglia dei 35 anni), è stato rimosso anche l’obbligo di vigilanza del Consiglio Nazionale

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del Notariato e i requisiti obbligatori sono: da 1 a 9.999 euro di capitale, persone fisiche come soci ammissibili, il capitale deve essere interamente versato all’atto della costituzione e la denominazione sociale deve essere indicata nell’atto costitutivo con uno spazio elettronico destinato alla comunicazione telematica ad accesso pubblico. Diversamente, per aprire una Srl

all’esenzione dagli onorari notarili, va segnalata l’esenzione dall’imposta di bollo e dai diritti camerali e la possibilità che l’amministratore della società possa essere anche un non socio. In concreto, per aprire una Srl semplificata o in seguito per procedere ad una modificazione dello statuto, sarà sufficiente la comunicazione, per tutte le fattispecie, di una semplice comunicazione te-

“normale“ sarebbe necessario un capitale sociale minimo di 10.000 euro, con la previsione di un atto costitutivo con molte norme relative all’amministrazione della società, al recesso o all’esclusione dei soci, al controllo dei conti, ai termini per l’approvazione del bilancio e alle competenze dei soci e degli amministratori. Con le nuove Srl semplificate, oltre

lematica al Registro delle Imprese mediante la procedura della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) o delle altre procedure messe a disposizione dal legislatore. Per quanto concerne la stesura dell’atto costitutivo e dello Statuto, la forma dovrà essere quella standard prevista dal Decreto 138 del 2012. Essendo attenuato, per così dire, il


regime di garanzia nei confronti dei terzi, la denominazione sociale e la corrispondenza dovranno contenere la dicitura “Società a responsabilità limitata semplificata”. Il vero problema di questa tipologia di Srl riguarderà tuttavia il finanziamento. Sarà difficile, infatti, che una banca conceda finanziamenti senza fideiussioni o altre garanzie dei soci o dei loro familiari.

Il legislatore avrebbe tuttavia previsto la stipulazione di un accordo tra il Ministero dell’Economia e l’ABI (Associazione Bancaria Italiana) per fornire credito a condizioni agevolate. Grande successo per le Srl semplificate (Srls) in Italia e, secondo i dati Unioncamere sulla distribuzione territoriale delle nuove Srls, il boom si concentra in particolare nelle zone

di Roma e Napoli. A fine settembre 2013 erano 17.198 le nuove società semplificate che prevedono un capitale minimo di un euro e comunque inferiore ai 10 mila. La motivazione del boom risiede probabilmente anche nell’abolizione del Dl lavoro (76/2013) delle Srl a capitale ridotto (Srlcr) e dei vincoli inerenti alle Srls, permettendo che queste venissero aperte da soci di qualsiasi età.●


legale

Pierluigi Fadel Avvocato

Il contratto internazionale e la lettera di credito

S

empre più frequentemente ci viene richiesto di fornire assistenza contrattuale a nostre aziende che intendono avviare rapporti commerciali con clienti esteri complice anche e sopratutto la recessione che attanaglia il nostro Paese che pare non favorire gli scambi commerciali. La voglia di estero va sicuramente incentivata senza, però, non sottovalutare quelli che potrebbero essere i rischi contrattuali e di credito sottostanti. È, infatti, bene sapere che alla base di ogni intesa contrattuale vi deve essere un contratto redatto in modo chiaro, sintetico e possibilmente sicuro posto che in caso di contestazione l’imprenditore deve poter fare valere le proprie ragioni in Italia al fine così di ottenere una pronuncia giudiziale in tempi brevi e certi; diversamente si dovrebbe affrontare una controversia giudiziale all’estero con tutto ciò che questo potrebbe comportare in termini di costi e tempi. Fondamentale, quindi, nel contratto prevedere la competenza del tribunale e la norma di diritto sostanziale di riferimento applicabile. Una volta stabilita la regola processuale applicabile si dovrà prevedere anche la modalità di pagamento che dovrà garantire l’imprenditore da spiacevoli sorprese. A questo riguardo una modalità che viene suggerita è la lettera di credito irrevocabile, nulla di difficile ma anche a questo riguardo tale strumento andrà “maneggiato” con la massima attenzione. Volendo esemplificare, e riservando gli aspetti tecnici ai professionisti incaricati dall’imprenditore, la lettera di credito, che dovrà essere rilasciata nella forma irrevocabile, costituisce un impegno di pagamento che le banche pre-

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scelte dall’imprenditore e dal cliente dovranno osservare. In particolare la banca si dovrà impegnare a soddisfare il credito solo con la verifica dell’esatta rispondenza dei documenti, si parla difatti, nel gergo tecnico, di credito documentario. Questo sta a significare che l’unica verifica che la banca sarà tenuta ad effettuare sarà solo in relazione alla regolarità dei documenti ad esempio: fattura, bolla di consegna, polizza di carico, ecc., una volta verificata la regolarità della documentazione e verificata la tempistica concordata si dovrà provvedere al pagamento e si dovrà, quindi, prescindere dal merito quale circostanza sottostante all’emissione della documentazione, insomma una sorta solo di controllo di legittimità. In particolare, se vogliamo andare più nello specifico, e se vogliamo esemplificare ulteriormente, un credito documentario può essere definito come l’impegno scritto di una banca (emittente) emesso per ordine di un comprato-


re (Ordinante) a favore di un venditore (Beneficiario) ad effettuare un pagamento (a vista o differito) contro ritiro di determinati documenti giudicati conformi al testo del credito stesso. È il testo del contratto, il c.d. regolamento negoziale, che definisce quali documenti dovranno essere presentati e con quali caratteristiche, il documento più importante per queste operazioni rimane, comunque, il documento di trasporto, che attesta l’avvenuta spedizione della merce. Nelle transazioni commerciali ed in particolare nel commercio internazionale le parti risiedono di regola in luoghi distanti e sovente hanno difficoltà a concludere affari perché hanno esigenze di salvaguardia diverse e contrapposte, il credito documentario è lo strumento che la prassi bancaria e commerciale hanno messo a punto per ovviare a questo inconveniente. Nei contratti internazionali, il principale rischio che ciascuna parte si trova a fronteggiare è l’inadempimento contrattuale della controparte come ad esempio: la mancata spedizione della merce da parte del venditore, la spedizione

tardiva, il mancato pagamento da parte dell’acquirente. Il credito documentario nasce appunto per mitigare questo rischio, in quanto chi spedisce (il venditore, beneficiario del credito) può fare affidamento sul fatto che, se rispetterà tutte le condizioni del credito, il suo credito verrà soddisfatto da una banca, mentre chi acquista è consapevole che la propria banca pagherà solo a fronte di presentazione di documenti conformi, e che in particolare la spedizione ha avuto luogo nei modi e nei termini prestabiliti. Fondamentale, quindi, verificare i documenti che dovranno essere poi riconosciuti e confermati dalla banca chiamata al pagamento opportuno quindi farsi rilasciare in copia la bozza di lettera di credito e i documenti a corredo. Diversamente altre modalità di pagamento individuate dalle parti esporrebbe l’ imprenditore ad un rischio di insoluto sopratutto quando la relazione commerciale è occasionata dal web senza che vi sia una storicità del rapporto (cliente di vecchia data) che possa in qualche modo costituire un’implicita garanzia.●


Apigiovani

Thomas Ambrosi vice presidente Apindustria

LA VERA FORZA

DELLO SPIRITO ASSOCIATIVO I

n diritto si definisce l’associazione come riunione volontaria di individui che perseguono uno scopo comune senza fini di lucro. Proprio con questo principio mi sono avvicinato anni fa ad Apindustria e ho partecipato alle riunioni del consiglio giovani prima e senior poi, non pensando mai all’Associazione come a una fonte di possibili finanziamenti o sgravi fiscali per la mia azienda, ma come luogo in cui arricchirmi delle esperienze altrui. Lo spirito che, da sempre, anima le mia presenza è il desiderio di confronto con altri imprenditori che, come me, sono sì travolti ogni giorno da parole come crisi, difficoltà, problemi, morsa del credito, ma continuano anche ad avere incredibile energia, voglia di fare, progettualità. Posso quindi affermare, per esperienza diretta, che nel panorama associativo la nostra Associazione costituisce un esempio davvero speciale! Ogni azienda, di qualsiasi dimensione, ha lo stesso ‘peso’, ognuno è libero di esprimersi senza timore di essere zittito da chi ha idee e opinioni diverse. Noi siamo ‘animali’ da azienda; le aziende sono le nostre case. Viviamo tutti a contatto diretto e giornaliero con i nostri collaboratori, siamo il loro esempio, dobbiamo ricordarci che, senza esserne sempre coscienti, influiamo su quanto accade nelle loro famiglie. Ogni tanto diciamo che vorremmo andare via… via… ma dove? Dove, se il nostro cuore è qui, se le persone care sono qui? E allora… ripartiamo proprio da qui! Ripartiamo dall’energia dei giovani imprenditori di prima generazione che, puntando su flessibilità e innovazione, mantengono vive le aziende e sono capaci di confrontarsi con il mondo, produrre con profitto, met-

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tersi in gioco in prima persona, magari rubando tempo agli affetti più cari, mai per egoismo, ma per proteggerli, per dire anche a loro: guardatemi, sono il vostro faro, fate come me, siate positivi, liberate la mente, sviluppate idee, trovate soluzioni, aggredite possibilità, vedrete che la crisi diventerà una palestra, crescerete con muscoli elastici pronti allo scatto, saprete centellinare le energie per il momento della zampata decisiva, saprete gestire i vostri tempi valutando meglio le emergenze e ottimizzando le vostre risorse, avrete sempre più carica da redistribuire a chi vi sta attorno. È palpabile, in noi imprenditori, nonostante le difficoltà che ci assillano ogni giorno, la voglia di fare, di non mollare, di ideare nuovi progetti per uscire tutti insieme da una situazione tanto complessa. Un luogo dove confrontarsi, incontrarsi fra imprenditori: ecco spiegato a cosa serve un’associazione. Serve a riunire persone che perseguano uno scopo comune. Il fine è la crescita, la formazione diretta o indiretta, magari carpita dalla positività del collega che ti sta vicino. Vivere l’Associazione ti aiuta a capire che non si è soli ad affrontare difficoltà e cambiamenti. Molte sono le opportunità di fare rete e le occasioni di scambio che si possono trovare partecipando attivamente alla quotidianità associativa: dagli eventi conviviali organizzati dal Gruppo Giovani e dal Gruppo Donne, alle iniziative formative/informative proposte. L’Associazione è una risorsa per tutte le imprese del territorio, uno strumento che ci permette di affrontare, insieme, la straordinaria avventura di essere imprenditori.●




il punto

L’originale modo di far politica da cattolici

M

i sta molto incuriosendo un dibattito, anche se un po’ sottotono, sull’identità politica di Renzi, in quanto cattolico. Scriveva Galli Della Loggia sul Corsera all’inizio di giugno: «Matteo Renzi non è un democristiano; altrettanto certamente però è cattolico. Lo è in modo pubblico e noto (nei pochissimi mesi da che è presidente del Consiglio non si contano le foto che lo ritraggono all’uscita dalla messa domenicale, da solo o con la famiglia. Dietro l’agire di Renzi c’è il

cattolicesimo. Nel nostro caso un particolare tipo di cattolicesimo. Non quello che improntava di sé tanta parte della vecchia Democrazia cristiana con le sue radici nel primo Novecento. Il suo è il cattolicesimo dei Dossetti, dei La Pira, dei don Milani. Una versione da boy scout, che trova una spia quanto mai significativa non solo nell’uso continuo che il presidente del Consiglio fa del “tu” e del termine “ragazzi” – che si tratti dei giornalisti o dei suoi collaboratori – ma soprattutto nell’assai percepibile dimensione del capobranco, dell’Akela, che egli incarna rispetto a coloro che gli sono più vicini, ai fedelissimi dell’inner circle». Che il “ragazzo” piaccia al mondo cattolico è fuori discussione. Non si porta a casa il 40 e passa per cento dei consensi, se dentro le sacristie l’avessero visto come il fumo negli occhi. Del resto, per avere la prova del nove, basterebbe leggere i commenti entusiastici del direttore di Avvenire, l’indomani delle elezioni europee, o la stessa intervista rilasciata al Sir, Agenzia della Cei, da parte del sociologo cattolico Garelli, inneggiante al nuovo enfant prodige. Certamente queste diagnosi vanno lette tenendo conto che alcune affermazioni non sono ancora di merito, ma semplicemente Economia Veronese - giugno 2014

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di metodo. E il metodo vuole che la Chiesa tenda a salire sempre sul carro del vincitore. Sarà anche un po’ cattivello dirlo, ma la storia è sempre andata così, a dispetto di Papa Francesco, che non sembra avere molti timori reverenziali per la classe politica. A questo proposito basterebbe ricordare la Messa ad essa riservata in San Pietro nello scorso maggio, quando

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obbligò i parlamentari ad una levataccia alle cinque di mattina, per poi dare loro dei farisei, senza tanti complimenti. Per tornare a Renzi, è importante chiedersi: oltre all’aspetto di metodo e all’entusiasmo che ha prodotto, volendo entrare nel merito, qual è la sua politica da cattolico? È vero che egli si inserisce nel solco dei Dossetti, La Pira, Milani? Evidentemente

no. Lo stacco si avverte proprio sul fronte della dottrina sociale della Chiesa, che ha come zoccolo duro i temi della famiglia e della vita e che ha prodotto una Costituzione con grande attenzione alla persona e ai suoi diritti. Ora è difficile vedere nei primi passi di Renzi, e lo affermo senza voler essere un giudizio, un’attenzione particolare per questi temi. È vero invece il contrario. Il divorzio breve e la possibilità di adozione da parte delle coppie gay, sostenuta dai suoi ministri, l’assenza di qualsiasi riferimento alla sussidiarietà o alla famiglia come bene sociale, mentre incombe l’approvazione della legge sull’omofobia (di fatto una legge liberticida) sono lì a testimoniare un cattolicesimo in libera uscita, di cui Renzi non è causa, ma testimone. Né più né meno di quanto non accada a milioni di altri cattolici, che hanno confinato la loro fede nella dimensione privata, togliendole qualsiasi ricaduta sul versante pubblico. È chiaro che non si tratta di riproporre il partito dei cattolici, quanto di registrare la progressiva secolarizzazione del fatto religioso, ridotto alla sua dimensione più banale, quella ad uso folcloristico e di immagine o, se volete, da boy scout.● Tse Tse


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