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ECONOMIA VERONESE trimestrale n.1 - Anno 13 - marzo 2014 - Editore Apiservizi S.r.l. - Verona, via Albere 21/C - Poste Italiane S.p.A. Sped. in abb. post. 70% CNS VR - D.L. 353/2003 (conv. in L. - 27/02/2004 n 46) art., comma 1 DCB VERONA - 2,58 Euro

profili

Sica Zeno Galvan Imballaggi Infind Tiller Elettromeccanica Pizzamiglio



sommario

Anno 13 - Numero 1 marzo 2014

DIRETTORE RESPONSABILE Cirillo Aldegheri EDITORE APISERVIZI S.r.l. Via Albere, 21/C - 37138 Verona

Rivista trimestrale promossa da APINDUSTRIA

ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE MPRESE

DELLA PROVINCIA DI VERONA

www.apiverona.it

REDAZIONE c/o APINDUSTRIA Verona Via Albere, 21 - 37138 Verona Tel 045 8102001 Fax 045 8101988 economiaveronese@apiverona.net

editoriale

Poste italiane SpA Spedizione in abbonamento postale

STAMPA Intergrafica Verona Srl - Verona www.intergraficavr.com

D.L. 353/2003 (con. in L. 27/02/2004 n°46 art. 1, comma 1, DCB Verona

FOTOGRAFIE Archivio Apindustria

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profili Sica Zeno Galvan Imballaggi Infind Tiller Elettromeccanica Pizzamiglio

Registrazione Tribunale di Verona n. 1393 del 22 marzo 2000

GRAFICA arteOn di Ilenia Cairo - Verona www.studioarteon.com

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Pubblicità raccolta in proprio

ambiente e salute Alimentazione corretta e lavoro

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fiscale Delocalizzare rischi e opportunità

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qualità & management 54

Cosa fanno i manager

attività Processo Internazionalizzazione Polonia Sistri Autorizzazione Unica Ambientale

Apidonne

previdenza 30 32 34

Il contratto di agenzia a tempo determinato e il diritto all’indennità di fine rapporto

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legale

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Legge anticorruzione L’anatocismo

59 61

normative 63

Il trattamento termico

terza pagina Parco Natura Viva

42

Apivenetofidi

46

56

il punto Omofobia, più reale o ideologica?

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inserzionisti

Banca Valsabbina

Ferrari BK

Acque Veronesi

Multiutility

Vertours

Usarci

Samo

Albrigi

Gruppo Argenta

Sphera

Confer

Viani

Bizeta

Adawen

Avesani

Cattolica

Perlini

Fimauto Economia Veronese - marzo 2014

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editoriale

Arturo Alberti

D

a Prodi a Berlusconi, da Monti a Letta e ora Renzi: tutti gli ultimi Presidenti del Consiglio si sono spesi (a loro dire) nella spasmodica ricerca di fondi da stanziare per abbassare la pressione fiscale e rilanciare l’economia. Riforme su riforme, che reggono a mala appena il tempo di essere pubblicate sui giornali. Tentativi sempre falliti e i risultati, purtroppo, raccontano un altro film: un’economia alla deriva, dove la disoccupazione (specie giovanile) aggiorna continuamente (in negativo) il proprio record e le imprese chiudono con cadenza oraria più che giornaliera. Sono, siamo, stanchi di parole. Attendiamo i fatti se mai arriveranno. Nella speranza che i vantaggi, promessi a imprese e lavoratori, non si debbano poi pagare con nuove imposte certe che, pur nella fantasia dei nomi, colpiscono sempre gli stessi. Credo che l’assunto per cui il sistema manifatturiero è il perno su cui regge il nostro Paese sia elemento noto a tutti, dai politici al cittadino comune. Il problema è che in un’Italia fatta di corporazioni, di caste, di sistemi autoprotetti questo assunto incontra difficoltà (e ostacoli laddove tocca interessi di parte) a trovare pratico riscontro. Dal confronto con altri imprenditori, emerge la necessità e la disponibilità a firmare cambiali in bianco a chi, di qualunque colore politico – bianco, rosso, nero, verde, arancione o viola e spero di non aver dimenticato nessuno –, abbia il coraggio e gli attributi per rovesciare tutto. Ma credo sia solo un auspicio e una speranza. Nel frattempo, concentriamoci sulle nostre imprese, sulle nostre famiglie, sui nostri collaboratori e sulle loro famiglie, cercando di garantire loro il pane quotidiano. È il nostro dovere e dimostriamo a tutti di saperlo svolgere fino in fondo.

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SICA

Bruciatori in pole position

O

ltre mezzo secolo di storia e di successi nel settore di bruciatori e componenti costituisce l’indiscusso patrimonio di SICA, realtà fortemente radicata nel territorio, ma con una mentalità internazionale, che ha saputo rendere la propria connotazione italiana un autentico plus. Fondata da Ampelio Carpi a Legnago nel 1963 come azienda metalmeccanica, SICA cresce in maniera esponenziale negli anni ’90, quando passa al figlio Steno Carpi che, focalizzandosi su nuovi orizzonti, imprime all’impresa la svolta decisiva. Ha così inizio una trasformazione radicale della società che consolida la sua posizione sul mercato diventando un punto di riferimento per molte realtà internazionali operanti nel comparto dei bruciatori. Con l’ingresso in azienda del fratello, Alessandro Carpi, si implementa anche la parte tecnica di progettazione e grazie ad una attività gestionale mirata e alla continua ricerca della To-

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tal Quality, SICA si dimostra un partner sempre più all’avanguardia, che sa crescere al crescere dei bisogni del cliente. SICA, il cui fatturato 2013 si è attestato sui 6 milioni di euro – il 50% realizzato all’estero – è una realtà industriale strutturata su un’area coperta di 6.000 mq., dove 45 addetti operano secondo lo standard Internazionale OHSAS 18001:2007 in materia di salute e sicurezza del lavoro. L’azienda ha adottato anche altri standard di riferimento internazionalmente riconosciuti nel sistema di gestione e nel processo di produzione. Fin dal 1998, si fregia della Certificazione

UNI EN ISO 9001:2000 per la qualità del prodotto. Le Certificazioni ASME IX, UNI EN 287 e UNI EN 15614, si riferiscono alla specializzazione raggiunta nelle lavorazioni, mentre la Certificazione ISO 14001:2004 dimostra la sensibilità sotto il profilo ambientale. L’impegno di SICA nel miglioramento del processo di sviluppo del prodotto investe anche l’aspetto organizzativo, con la recente adozione del processo di “Lean Manufacturing”, teso a minimizzare gli sprechi fino al loro annullamento, puntando su una produzione snella e flessibile. «Nostro punto di forza – conferma Steno Carpi, CEO di SICA – è proprio l’area produttiva: suddivisa in razionali reparti, area tecnica-gestionale, R&D e articolata in strutture ben distinte, mostra un concentrato di tecnologia arricchito di un knowhow di eccellenza. Operiamo per diversi comparti – residenziale, industriale, petrolchimico ed energetico –, ma comune denominatore resta l’elemento “bruciatore”, realizzato


SICA

su progetto del committente. Nostri principali interlocutori sono i progettisti: effettuiamo preliminarmente studi di fattibilità o di riprogettazione per poi passare all’industrializzazione del processo produttivo e per

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finire alla certificazione dei materiali utilizzati o delle procedure di costruzioneÂť. A seconda del mercato di riferimento la domanda potrĂ essere orientata verso turbolatori, deflettori, tubi in fiamma, swirler, wind

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box o dumper: SICA non conosce limiti alla produzione customizzata, riuscendo a soddisfare con la molteplicità di articoli e le potenzialità produttive anche le lavorazioni dei progetti più complessi. «Tra i fattori del nostro successo – prosegue Carpi – ritengo siano di ineguagliabile valore il bagaglio della nostra storia familiare-imprenditoriale e il capitale umano, composto da personale altamente specializzato. Le risorse umane sono centrali nella nostra azienda e rappresentano la base fondamentale per perseguire gli obiettivi fissati e per realizzare performance efficaci ed efficienti. Ritengo che sia importante mantenere un buon clima aziendale, dotare il personale dei mezzi necessari per svolgere bene il proprio lavoro, creare consapevolezza del ruolo, ricercare occasioni per condividere conoscenze ed esperienze,

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SICA

verificare l’efficacia dei processi formativi». Per questo SICA organizza periodicamente corsi di formazione interni (per saldatori) e incentiva la partecipazione a corsi esterni per garantire la preparazione e il continuo aggiornamento del personale impegnato in tutte le fasi di produzione, dalle lavorazioni particolari al funzionamento dell’intero processo industriale, della gestione aziendale o della qualità. Completa il quadro un impegno assiduo nella ricerca & sviluppo. Costanti sono gli investimenti in nuova tecnologia, e tra le new entry si possono annoverare le linee robotizzate di saldatura e un ulteriore impianto laser (per garantire precisione, massima qualità e velocità di esecuzione), che si aggiungono al già fornitissimo e moderno parco macchine aziendale. Sempre più brand affermati riconoscono in SICA il partner ideale per il loro business, relativo a piccoli o grandi burner sia in termini di dimensioni che di volumi. L’interazione tra cliente e produttore è continua e costante, dal preventivo alla fabbricazione del prodotto, nel rigoroso rispetto delle condizioni contrattuali di riservatezza. «La soddisfazione del cliente – conferma Carpi – è per noi prioritaria e lo dimostrano i rapporti che intratteniamo con le più importanti aziende a livello internazionale e che ci contattano per progetti prestigiosi». Le commesse provengono principalmente da Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, Paesi Scandinavi, Stati Uniti e Medio Oriente e proprio

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rappresentanza che sarà punto strategico per accelerare le pratiche burocratiche e punto di riferimento per i suoi clienti del Middle East.•

a Dubai, vista l’importanza commerciale che gli Eau rappresentano da diversi anni per l’Italia in questo settore, SICA ha aperto un ufficio di

SICA S.p.A. SEDE AMMINISTRATIVA Via V. Moratello, 2 37048 Z.I. San Pietro di Legnago (Verona) Tel. 0442 27455 Fax 0442 2601095

RESPONSABILE TECNICO Alessandro Carpi

PRODUZIONE Costruzioni meccaniche per bruciatori ed affini

FATTURATO 2013 6 milioni di euro

RESPONSABILE RGQSA Francesco S.

SUPERFICIE ANNO DI FONDAZIONE AZIENDALE 1963 Totale: 14.000 mq Coperta: 6.000 mq TITOLARI Steno Carpi RISORSE UMANE Alessandro Carpi Totale addetti: 42 Addetti RESPONSABILE alla produzione: 31 COMMERCIALE Impiegati: 11 Steno Carpi RESPONSABILE PRODUZIONE Antonio P. SITO INTERNET/E-MAIL www.sicaspa.it - company@sicaspa.it

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ZENO

Una garanzia di tenuta per ogni applicazione

«

Le guarnizioni industriali possono sembrare accessori secondari, ma in realtà sono dei grandi protagonisti perché sono componenti essenziali per una molteplicità di prodotti nei più diversi settori (elettrodomestici, casalinghi, impianti idraulici, oleodinamici, chimici, automobilistici, rubinetteria, metalmeccanici, alimentari, sanitari, riscaldamento, ecc.) e sono utilizzati come elementi per la tenuta statica o dinamica ai fluidi come oli diatermici o acidi aggressivi, per il passaggio di prodotti alimentari o chimici, per le alte o basse temperature oppure in presenza di vapori saturi o gas». Con questa sottolineatura i fratelli Marco e Gianluca Zecchin cominciano a parlare dell’accessorio grazie al quale, agli inizi degli anni Sessanta, il padre Luciano, la

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mamma Anna Maria e un socio fondarono a San Giovanni Lupatoto, la ZE-NO S.n.c. dedita alla produzione di guarnizioni industriali ed articoli per calzaturifici. Nel 1970 i due fondatori intrapresero strade diverse e Zecchin decise di proseguire l’attività con l’attuale ZENO focalizzandosi soprattutto sulla produzione di guarnizioni per caldaie ed elementi radianti, considerando che nell’area veronese si concentravano alcune fra le più importanti industrie italiane attive in questo comparto. Fu quella una decisione che gettò le basi di una solida realtà, avvalorata in seguito dall’ingresso in azienda di Marco e Gianluca che, vivendo da sempre l’ambiente aziendale – le loro giornate scolastiche come le vacanze si concludevano in azienda


ZENO

da sinistra: Gianluca e Marco Zecchin

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–, erano già “formati” per imprimere a ZENO una nuova fisionomia che, se pur legata al passato, doveva svilupparsi nel futuro. «Accanto agli impianti esistenti e alle “storiche” macchine operatrici – ricordano gli imprenditori – abbiamo installato macchinari moderni per velocizzare la produzione, abbiamo programmato una serie di investimenti e infine abbiamo iniziato a lavorare, oltre alle giunture, anche altri materiali, come sughero, cartoncini isolanti, plastica PP PET gomme, tessuti gommati, neoprene, epdm, nbr, siliconi, espansi per diversificare la produzione e ampliare così i nostri mercati di riferimento. Si è trattato di una scelta improcrastinabile, sia per l’avanzare di una concorrenza che stava arrivando dai paesi emergenti, sia per i cambiamenti che caratterizzavano una domanda tanto variegata». È iniziato così per l’azienda lupatotina, che produce non solo prodotti propri ma lavora anche su commessa e su disegno del cliente, un profondo e progressivo restyling nel campo dell’organizzazione interna e in quello della produzione che è stata affiancata dallo stampaggio di materie plastiche per realizzare articoli utilizzati dall’industria energetica e del riscaldamento, da quella alimentare, delle costruzioni di impianti e macchine per il comparto meccanico, alimentare, marmo o agricolo, solare e automobilistico o da quella della raccorderia e manutenzioni. Una “inversione di rotta” che si è rivelata tanto indovinata da rendere necessario l’ampliamento della sede con nuovi uffici e moderni capannoni (3.000 mq complessivi con un’area esterna di 6.000 mq) e con il potenziamento delle macchine a CNC per le quali sono state studiate ed effettuate modifiche ad hoc per dotarle di robot in grado di compiere operazioni particolari (un tempo eseguite manualmente) come il controllo del prodotto, il conteggio o il confeziona-

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mento. «Nell’ultimo quinquennio, nonostante la difficile congiuntura che sta subendo anche gran parte del sistema imprenditoriale veneto – sottolineano i due imprenditori –, il nostro fatturato è cresciuto leggermente ma in maniera costante, una parte di questo circa il 5% viene destinato annualmente alla formazione continua dei nostri 16 collaboratori, perché siamo convinti che la competenza è fondamentale per valorizzare un patrimonio insostituibile come quello umano e per immettere sul mercato un prodotto di qualità». ZENO vanta infatti un elevato know-how riconosciuto dalla sua fidelizzata clientela e una credibilità di sistema basato non sulla standardizzazione ma su un ciclo di lavoro per ogni prodotto e per ogni cliente perché moltissime sono le variabili da tenere in considerazione. Lo staff tecnico interno supporta il cliente con specifiche analisi di fattibilità perché la produzione – per le caratteristiche di tenuta e resistenza richieste a elementi come guarnizioni per tenute a fluidi aggressivi, o particolari in plastica per elementi strutturali, deve essere costantemente monitorata per garantirne una totale efficienza. L’elevata produttività e la scelta di utilizzare materiali tecnici legati ad una struttura flessibile e attenta alle oscillazioni del mercato rendono gli articoli ZENO altamente speciali ma

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anche particolarmente competitivi. «Recentemente – concludono i fratelli – abbiamo pensato di offrire ai nostri clienti un ulteriore servizio: abbiamo allestito un’area magazzino riservata a chi ne farà richiesta in cui stocchiamo la merce commissio-

nataci, provvedendo a evadere l’ordine del cliente con un LEAD-TIME massimo di 24 ore dalla richiesta. Una prestazione in più con la quale abbiamo voluto rendere evidente alla clientela quale sia la nostra attenzione nei suoi confronti».•

ZENO S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Via Monte Comun, 13 37057 San Giovanni Lupatoto (Verona) Tel. 045 546006 Fax 045 9251050 PRODUZIONE Guarnizioni industriali. Stampaggio materie plastiche. Articoli tecnici ANNO DI FONDAZIONE 1969 TITOLARI Gianluca e Marco Zeccchin RESPONSABILE ACQUISTI Marco Zecchin

RESPONSABILE COMMERCIALE Gianluca Zecchin RESPONSABILE PRODUZIONE Marco Zecchin RESPONSABILE TECNICO Gianluca Zecchin SUPERFICIE AZIENDALE Totale: 6.000 mq Coperta: 3.000 mq RISORSE UMANE Totale addetti: 16 Addetti alla produzione: 12 Impiegati: 4

SITO INTERNET/E-MAIL www.zeno-vr.it - zeno@zeno-vr.it



GALVAN

IMBALLAGGI

Come spedire in sicurezza

C

’è un antico adagio che recita: la necessità aguzza l’ingegno. E a questo principio ha uniformato il proprio impegno Luca Galvan, fresco di laurea in ingegneria gestionale, quando, nel 2011, ha fatto il suo ingresso “ufficiale” nell’azienda di famiglia, fondata nel lontano 1977 dal padre Gianni e dalla nonna paterna Noris Buffo per produrre pallets e imballaggi leggeri. Una ventata di modernità e uno spirito votato all’innovazione hanno infatti caratterizzato l’ultimo biennio di attività della Galvan Imballaggi che ha effettuato significativi investimenti nell’ambito delle infrastrutture, della formazione costante dei 25 addetti, dell’automazione sempre più spinta degli impianti e infine dell’efficienza energetica. «Abbiamo investito 1 milione di euro – conferma Luca Galvan – per un grosso impianto fotovoltaico. Utilizziamo solo il 30% dell’energia prodotta da questo impianto per il fabbisogno interno; il restante 70% viene distribuito. Il nostro riscaldamento, inoltre, funziona con parte degli scarti di lavorazione. Altri scarti vengono riciclati da aziende esterne per la produzione dei pellets per le stufe e così effettuiamo un riciclo totale del legno». Operazioni commerciali-produttive e gestionali che hanno aumentato la qualità dell’offerta e creato servizi specifici e personalizzati per la clientela, tanto che nel 2013 Galvan Imballaggi ha realizzato un fatturato di quasi 2 milioni di euro, riuscendo a superare le precedenti stagnazioni dovute al perdurare della crisi. Questi mutamenti sono la diretta conseguenza del monitoraggio del mercato che l’azienda ha saputo effettuare e grazie al quale si è incanalata in una produzione di nicchia – quella degli imballaggi su misura – per i trasporti eccezionali delle aziende


GALVANI IMBALLAGGI

che esportano in Paesi quali Cina, Russia, Brasile, Argentina, Cile, Dubai, Qatar. Quindi, chiediamo, anche per voi la crisi è stata l’occasione per modificare il sistemaazienda? «Si è trattato di un vero “new deal” – sottolinea soddisfatto Luca Galvan – i cui risultati ci hanno incoraggiati a proseguire con determinazione e che si avvertono sia sul fronte economico, che su quello della fidelizzazione della clientela che guarda alla nostra azienda per la professionalità, la qualità del prodotto, l’affidabilità nelle consegne. Abbiamo modificato le linee produttive aggiungendo a quella standard una seconda linea che è ora quella principale e che è esclusivamente dedicata alla realizzazione di casse su misura per la movimentazione di merce di grandi dimensioni». Un cambio di rotta che vede l’azienda di Vigasio, tra le poche realtà del comparto in Italia, specializzarsi per produrre imballaggi in legno personalizzati e studiati per i costruttori di macchine utensili per il settore alimentare-dolciario o cosmetico (Ferrero, Barilla, Oreal), per quello dell’imbottigliamento, della lavorazione del legno e del marmo, o per il mercato dei forni. Galvan Imballaggi ha oggi in catalogo un’ampia gamma di prodotti che realizza con

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macchine d’avanguardia tutte a controllo numerico, che spazia dai pallet in legno, a 2 e 4 vie (certificati anche per l’imballo di prodotti chimici), basamenti in legno con lunghezze di oltre 15 metri e pesi da 25.000 chili, casse in legno per trasporti di 300-400 o addirittura 700 quintali, casse in OBS (materiale dalle caratteristiche fitosanitarie simili al compensato), gabbie in legno, casse pieghevoli, parietali standard e su misura, casse pieghevoli di grandi dimensioni. Tutti i manufatti, realizzati in abete per la sua grande flessibilità, sono sottoposti al trattamento fitosanitario e di fumigazione ISPM 15 FAO (International Standards For Phytosanitary Measures No.15), che consiste in un processo per l’abbattimento dei batteri e parassiti del legno e che certifica la conformità del materiale alle normative internazionali vigenti. Lo standard prevede inoltre che su ogni imballaggio venga riportata una timbratura con un codice che identifica produttore e lotto di produzione e questa è una prassi necessaria per spedire in molti Paesi extra-europei. «Per questo tipo di certificazione e lavorazione, la professionalità del fornitore è essenziale, la mancanza delle corrette procedure, infatti, può

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comportare il sequestro della merce al porto di arrivo dove solitamente vengono effettuati i controlli attraverso una breve analisi chimica. Ecco perché – spiega l’imprenditore –, tutti i nostri imballi vengono trattati direttamente presso i nostri impianti in maniera da poter garantire al cliente una spedizione sicura». Ampia è anche la gamma di accessori che l’azienda di Vigasio può fornire al cliente, accessori che spaziano dall’accoppiato barriera (per isolare la merce dall’umidità), alle buste o sacchi di sali disidratanti, al VCI per proteggere i materiali ferrosi, a angolari, lamierini, pluriball, films estensibili, regge per bloccare le merci, tiranti. Ma non è tutto. Grazie alla sua flessibilità la Galvan ha realizzato un nuovo servizio di montaggio e confezionamento che si articola in due linee principali: squadre interne specializzate si recano direttamente nelle sedi dei committenti dove, a seconda che la spedizione avvenga via mare o via aerea, vengono studiati l’imballo migliore e la protezione da effettuare per proteggere la merce dai danni causati dagli agenti atmosferici o da eventuali urti. I macchinari vengono messi “sottovuoto” con apposita pellicola e sigillati all’interno delle casse, oppure, ultimamente, si predilige il VCI una sostanza chimica che si trasferisce direttamente sulle parti metalliche e le protegge. Sempre per rispondere alle esigenze della clientela, Galvan ha realizzato, nella propria sede, un apposito centro di logistica dove, per imprese che hanno più siti produttivi o che si avvalgano di imprese terziste per produrre parti e/o componenti, provvede all’as-

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semblaggio delle merci da spedire e a tutti i servizi connessi (pesa, imballaggio e successiva consegna allo spedizioniere). «Noi lavoriamo quasi esclusivamente su commessa, i nostri imballaggi sono nell’80% dei casi personalizzati e, per offrire un prodotto “sartoriale” a costi com-

petitivi – conclude Luca Galvan –, contiamo di terminare a breve anche il processo di automatizzazione del magazzino, di parte della produzione, del reparto taglio, del reparto assemblaggio, il che ci permetterà di contenere i costi e di essere concorrenziali sul mercato».•

GALVAN IMBALLAGGI S.r.l SEDE AMMINISTRATIVA Via Dell’Artigianato, 4 37068 Forette di Vigasio (Verona) Tel. 045 7363289 Fax 045 6685222 PRODUZIONE Imballaggi in legno ANNO DI FONDAZIONE 1977 TITOLARE Gianni Galvan RESPONSABILE ACQUISTI Barbara Cavicchioli

RESPONSABILE COMMERCIALE Francesca Signorini RESPONSABILE PRODUZIONE Claudio Nardi RESPONSABILE TECNICO Ing. Luca Galvan FATTURATO 2013 2 milioni di euro SUPERFICIE AZIENDALE Totale: 8.500 mq Coperta: 3.500 mq

SITO INTERNET/E-MAIL www.galvanimballaggi.it - info@galvanimballaggi.it



INFIND Testa i fari delle nostre auto

Q

uella di INFIND è una storia straordinaria. Una di quelle storie che testimoniano come, anche di questi tempi, l’inventiva e la creatività italiane siano ancora delle ottime carte che il sistema imprenditoriale del Belpaese si può giocare per affermarsi sui mercati internazionali. Fondatore e “anima strategica” di INFIND è Antonio Vangi: una laurea in Scienze dell’Informazione con specializzazione in Tecnica Elettronica e la determinazione di volersi realizzare nel campo della sua formazione lo portano lontano da Corato (Ba) e lo fanno approdare nel 1979 a Verona dove comincia a lavorare in un’azienda di computer come progettista di sistemi a microprocessori. È quello un periodo di grandi fermenti e ben presto Vangi, spinto dalle indubbie capacità professionali, da un forte decisionismo e da un innato spirito tecnologico, trova la forza di fare il grande passo e mettersi in proprio. Siamo nel 1982 e Vangi fonda l’Informatica Industriale, progenitrice dell’odierna INFIND, dedita allo studio di progettazione software nell’ambito dell’automazione industriale. Seguono grandi successi e fortunate coincidenze: collaborando come consulente con un’azienda produttrice di vetri per i fari delle automobili, l’imprenditore realizza la sua prima camera fotometrica per l’analisi della quantità, del colore e della variazione della luce. «La continua ricerca, il costante adeguamento alle nuove tecnologie, e le esperienze maturate nel campo delle camere fotometriche – racconta Vangi – mi hanno motivato a progettare e costruire banchi per l’assemblaggio e il controllo di qualità dei fanali per automobili. Questi banchi, realizzati completamente al nostro interno, consistono in un nuovo sistema che, mediante lenti ottiche di grandi dimensioni e telecamere, in soli 20 secondi, grazie a un tunnel di 1,5 metri, consente di effettuare tramite simulazione il controllo fotometrico dei proiettori e dei fari che saranno installati sugli automezzi». I fari, come ci spiega l’imprenditore, sono in continua evoluzione, diventano sempre più complessi, per ospitare anche lampade infrarosso o led, ideali per migliorare la qualità della visione

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INFIND

da sinistra: Fabio Venuto, Marco Morandini, Antonio Vangi

notturna, e, oltre agli aspetti funzionali, devono rispondere anche a determinati canoni estetici: per questo i controlli che prima erano effettuati a campione oggi vengono fatti sulla totalità dei pezzi installati. INFIND, certificata ISO 9000, lavora con le maggiori case costruttrici di auto e motoveicoli come Mercedes, Land Rover, Fiat, Ferrari, Maserati, Ducati, Volkswagen, Audi, Renault, Peugeot e Skoda. Esporta in molti Paesi come il Brasile - dove ha anche aperto un ufficio commerciale e ha diversi partner - il Messico, la Polonia e la Romania. Nel 2010 l’azienda di Pescantina ha iniziato a esportare in India e Turchia dove sta valutando collaborazioni e partnership con aziende locali. «E dal 2013 – spiega

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Vangi – stiamo effettuando forniture di banchi ad aziende costruttrici di auto negli Stati Uniti e in Russia». Semplificando l’attività delle aziende dell’industria automobilistica, INFIND è divenuta partner irrinunciabile per i colossi dell’auto; è una realtà che si confronta oggi da pari a pari con pochissimi competitor operanti in Germania, Cina e Giappone e il suo fatturato è cresciuto progressivamente fino a tagliare, stando alle prime proiezioni, il traguardo dei 3 milioni e mezzo alla fine di quest’anno: un dato significativo se si considera che solo cinque anni fa era di circa 1 milione di euro. «Oggi – sottolinea Antonio Vangi – con 22 dipendenti tutti in possesso di un elevato livello professionale e di esperienze maturate all’interno della nostra struttura, INFIND, pur mantenendo la sua impronta di impresa familiare, si accinge a conquistare nuovi mercati e a rafforzare la propria posizione su quello russo, indiano, polacco, romeno e brasiliano, dove realizziamo ben il 40% del fatturato». Grande attenzione viene posta all’innovazione del prodotto che necessita di un costante processo di aggiornamento cui partecipano attivamente due dei tre figli di Vangi, uno laureato in Ingegneria Meccanica e l’altro in Informatica, e i due soci Ing. Fabio Venuto e Marco Morandini (ex dipendenti) tutti in stretto rapporto con gli altri componenti del reparto ricerca e sviluppo: un team di eccellenza che rende l’azienda protagonista sul mer-

da sinistra: Lorenzo, Antonio, Andrea Vangi

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cato mondiale. «I nostri banchi – sottolinea il nostro interlocutore – sono dotati di ben 12 telecamere che contribuiscono a fare un test minuzioso dell’apparato di illuminazione dell’autovettura che deve avvenire in tempi brevi. Ora, stiamo sperimentando un banco di ultima generazione che semplifichi le attuali procedure di verifica riducendone i tempi di esecuzione e soprattutto, grazie ad un robot che sostituirà le telecamere, si potrà ottenere una visione tridimensionale dell’oggetto. Penso che lo presenteremo alla nostra clientela a breve e questo ci consentirà di fare un ulteriore passo in avanti sul mercato: saremo così in grado di offrire una garanzia in più ai nostri committenti. Operiamo esclusivamente su commessa. I costruttori di auto ci forniscono i prototipi dei vari modelli grazie ai quali componiamo il banco di prova appropriato: i fari, oltre ad avere bisogno dell’analisi fotometrica, hanno bisogno di ulteriori controlli come la “tenuta” che verifica che non ci siano infiltrazioni d’acqua e i controlli “pokayoke” che accertano che i componenti siano montati bene e al punto giusto». Il mercato dell’auto pur penalizzato dalla lunga crisi economica, per poter essere competitivo ha puntato sulla sicurezza e sulla “total quality”e molti costruttori hanno istituito dei capitolati standard stabiliti dal sistema ISO TS, sviluppato per uniformare e migliorare globalmente la qualità dei prodotti e servizi dell’indotto automobilistico, ai quali i fornitori devono attenersi. E anche INFIND che sulla qualità e sulla affidabilità ha sempre investito, ha conseguito il più importante standard automobilistico a livello mondiale, confermandosi così come partner affidabile per le più importanti case automobilistiche.•

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INFIND S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Via E. Fermi, 21 37026 Z.I. Settimo di Pescantina (Verona) Tel. 045 6750055 Fax 045 6750071 PRODUZIONE Progettazione e costruzione banchi di assemblaggio e controllo per fanali anteriori e posteriori di autoveicoli ANNO DI FONDAZIONE 1982 TITOLARI Antonio Vangi Marco Morandini Fabio Venuto RESPONSABILE AMMINISTRATIVA Donatella Morando RESPONSABILE ACQUISTI Jole Segattini SITO INTERNET/E-MAIL www.infind.it - infind@infind.it

RESPONSABILE COMMERCIALE Luisa Bertoni RESPONSABILE PRODUZIONE Tomas Scasserle RESPONSABILI TECNICI Ing. Fabio Venuto Ing. Lorenzo Vangi Sig. Marco Morandini FATTURATO 2013 2 milioni e 500 mila euro SUPERFICIE AZIENDALE Totale: 1.100 mq Coperta: 900 mq RISORSE UMANE Totale addetti: 22 Addetti alla produzione: 19 Impiegati: 3



TILLER Amici della natura

M

ettere l’innovazione e la ricerca scientifica nell’ambito della fertilizzazione al servizio della natura. Questa la molla che ha spinto Beppino Momi ad avviare un’attività tutta sua che potesse, come l’imprenditore ama sottolineare, «conciliare il “fare business” con principi etici fondamentali, come sostenibilità, basso impatto ambientale, filiera corta, per poter fare prodotti efficaci e rispettosi non solo dell’ambiente ma anche delle persone e della loro salute». È nel 1994 che Momi, dopo un’esperienza lavorativa nel settore dei prodotti per l’agricoltura, grazie alla sua determinazione e alla sua capacità progettuale, fonda Tiller. L’azienda nasce a Negrar, ai margini di un territorio, la Valpolicella, dove l’agricoltura si esprime ai massimi livelli nelle produzioni viticole e frutticole. Tiller, acronimo di Tempestività - Iniziativa - Linearità - Lavoro - Esperienza - Ricerca, viene da subito impostata sulla qualità dell’offerta. Già nel 1996 l’impresa si evolve passando da azienda commerciale (che distribuisce fertilizzanti speciali con il proprio marchio) ad azienda produttrice. Il 2002 è l’anno della completa autosufficienza nelle produzioni e dell’inaugurazione del laboratorio chimico interno. Un percorso di continua crescita che, nel 2012, ha visto la società compiere un altro grande investimento con l’ampliamento e trasferimento della sede produttiva in quel di Pescantina, zona logistica-

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mente più attrezzata. Tiller festeggia quest’anno l’importante traguardo dei 20 anni di attività e di permanenza sul mercato. «Il progressivo aggiornamento delle conoscenze e delle competenze è per noi fondamentale – sottolinea Beppino Momi –: siamo proiettati nel rintracciare soluzioni d’avanguardia, sempre con il supporto delle più sofisticate tecnologie. Vogliamo poter garantire alla nostra affezionata clientela un’ampia selezione di formulati di certificata qualità, in tempi in linea con le esigenze della moderna agricoltura. Per questo motivo ci


TILLER

profili

siamo organizzati anche con un laboratorio analisi dove vengono eseguiti controlli rigorosi sulle materie prime in entrata e sui prodotti finiti in uscita. Questo centro ricerche interno è il nostro fiore all’occhiello: ci consente di fronteggiare qualsiasi richiesta e di sperimentare di continuo nuovi formulati. Attualmente abbiamo disponibili ben 127 prodotti in grado di soddisfare ogni esigenza». Tiller produce concimi calibrati che rispondono alla specificità dei bisogni più diversi. Il suo catalogo comprende concimi fogliari speciali, liquidi o in polvere solubile, a base di microelementi, concimi specifici per l’agricoltura biologica, concimi per la fertirrigazione. «Per riuscire a rispondere con efficacia alle esigenze del cliente – sottolinea Alessandro Momi, figlio di Beppino, che mette a disposizio-

ne dell’azienda la sua formazione di agronomo – un continuo confronto diretto non è tutto. La tecnica di Tiller prevede prove di applicazione in campo e analisi sul posto delle caratteristiche pedoclimatiche in cui il nostro prodotto dovrà operare. Per ottenere dei buoni risultati è importantissimo conoscere il ph del terreno. Le valutazioni che si ottengono attraverso un’analisi diretta sono essenziali affinché il formulato, che vie-

ne poi ulteriormente testato in laboratorio, esplichi tutta la sua efficacia». «In effetti il nostro – ribadisce Beppino Momi – è un operare “su misura”. Consigliamo il prodotto più idoneo in base alle reali esigenze della coltura presa in considerazione, dopo il sopralluogo nell’areale da trattare. Vogliamo garantire all’ agricoltore il miglior risultato al costo più contenuto». Tiller si rivela un partner di grande affidabilità e di certificata serietà.

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dei tessuti, maggiore nutrimento delle gemme a fiore per l’anno successivo. Quality Vite, per queste caratteristiche, si addice anche ai frutteti, in particolare pesco, melo, pero, actinidia e agrumi, e, se somministrato da metà ciclo sino a maturazione, porta ad un miglioramento del livello della serbevolezza, della consistenza e della colorazione dei frutti. «Come l’uomo ha bisogno del giusto apporto di sostanze nutritive per crescere forte e sano, così vale anche per le colture – conclude Alessandro

Particolare attenzione è dedicata anche all’organizzazione interna del lavoro, allo stoccaggio delle merci e a quello dei prodotti finiti, alla sicurezza degli addetti. La filiera di esecuzione è un ingranaggio perfetto: si evitano sprechi e sono rispettate le tempistiche di consegna. L’azienda, con oculata pianificazione, si è posta obiettivi di lungo-medio periodo, tra cui il rafforzamento della linea di prodotti per il giardinaggio, attualmente “sotto osservazione”, e la loro mirata commercializzazione. Le lunghe e laboriose ricerche non spaventano Tiller, abituata alle ‘fatiche’ che preludono a grandi risultati. Una linea particolare, ad esempio, è nata pensando ai bisogni della coltivazione della vite. Quality Vite - questo il nome del prodotto - è un fertilizzante fogliare unico nella sua categoria. I suoi componenti sono stati rapportati ed equilibrati fra loro per poter essere facilmente assimilati dalle piante. Microelementi, gruppi vitaminici e un’elevata quantità di potassio ricavato da un sale tecnico purissimo di nuova concezione, ne fanno un formulato dalle proprietà eccezionali, che consente di conseguire importanti risultati quali: maggior accumulo di zuccheri nei frutti, ispessimento della buccia nelle uve, aumento dell’attività fotosintetica, frutto più colorato, maggiore consistenza

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ti per completare le scorte di nutrienti del suolo con sostanze minerali che possono essere rapidamente assorbite e utilizzate. La moderna agricoltura specialistica è sempre più convinta che la Scienza sia al servizio della Natura. È quanto crediamo anche noi di TIller. Siamo nati dalla passione per il territorio e vogliamo festeggiare i nostri 20 anni impegnandoci a continuare in questo percorso, sempre accompagnati dalla dedizione quotidiana del nostro staff e dal sostegno della clientela».•

TILLER S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Via W. Fleming, 3 37026 Pescantina (Verona) Tel. 045 6000142 Fax 045 6000145 PRODUZIONE Fertilizzanti per l’agricoltura ANNO DI FONDAZIONE 1994 TITOLARI Beppino Momi Graziella Mastrototaro Alessandro Momi RESPONSABILI ACQUISTI Graziella Mastrototaro Veronica Boni SITO INTERNET/E-MAIL - info@tiller.it Momi –: i fertilizzantiwww.tiller.it vengono utilizza-

RESPONSABILI COMMERCIALI Beppino e Alessandro Momi RESPONSABILI PRODUZIONE Beppino e Alessandro Momi RESPONSABILI TECNICI Beppino e Alessandro Momi SUPERFICIE AZIENDALE Totale: 3.780 mq Coperta: 2.100 mq RISORSE UMANE Totale addetti: 8



Elettromeccanica

PIZZAMIGLIO Multidisciplinarietà vincente

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anni di esperienza nel settore elettrico e meccanico, con un ventaglio così vario di attività e competenze che l’ha resa partner privilegiato per le grandi realtà industriali del comparto: questo il bagaglio di Elettromeccanica Pizzamiglio S.r.l. di Valeggio sul Mincio, azienda fondata nel 1982 da Ivo Pizzamiglio e dal fratello Renato (in seguito uscito dall’azienda), oggi come ieri punto di riferimento per un intero territorio. Proprio la flessibilità o, meglio, la multidisciplinarietà operativa di questa impresa ha costituito, in questo frangente particolarmente delicato per il ramo dell’edilizia, il valore ag-

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giunto che ha consentito a Elettromeccanica Pizzamiglio di affrontare comunque con fiducia il mercato. L’azienda, specializzata nella progettazione e installazione di impianti elettrici civili e industriali, nella manutenzione e installazione di apparecchi di sollevamento quali gru a ponte, gru a bandiera e paranchi elettrici in genere, nella costruzione di strutture di carpenteria per la movimentazione dei materiali, offre prodotti (grazie alla collaborazione con marchi di assoluto livello) e servizi di elevata qualità. «L’attenzione alla nostra clientela, acquisita o da fidelizzare – spiega Luca Pizzamiglio, figlio di Ivo,

insediatosi alla guida dell’Elettromeccanica dopo un lungo tirocinio aziendale –, è il nostro principio ispiratore. Operiamo esclusivamente su commessa, seguendo il cliente passo passo per poter rispondere al meglio alle sue necessità ed esigenze. Il nostro supporto in fase preliminare comprende la consulenza tecnica per lo studio di impianti nel momento operativo e l’analisi per la scelta oculata dei materiali da impiegare che prende in considerazione sia l’aspetto estetico/qualitativo che quello economico in modo da raggiungere sempre la soluzione migliore. Passiamo in seguito a una analitica valutazione economica dei


ELETTROMECCANICA PIZZAMIGLIO

profili

costi, definibile durante la trattativa in base alle esigenze quantitative e qualitative del committente. Nella fase realizzativa siamo poi in grado di garantire rapidità di esecuzione dei lavori, mettendo a disposizione attrezzature idonee – dalla minuteria alle piattaforme aeree semoventi che permettono di operare fino a 18 metri di altezza in perfetta stabilità – e a norma di legge. La qualità dell’opera è comprovata dal collaudo finale corredato dalla dichiarazione di conformità che garantiamo a tutti». Ma non è finita qui: Elettromeccanica Pizzamiglio completa oggi la sua offerta con un accurato servizio di assistenza post-vendita, scelta questa che sta ottenendo positivi riscontri. «Proponiamo – prosegue Luca – contratti di manutenzione di diversa periodicità (trimestrali, semestrali o annuali) sugli impianti che abbiamo realizzato, e non solo. Siamo inoltre in grado di eseguire attività come il controllo del ciclo residuo della macchina e degli impianti operanti, ma anche riparazioni, revisioni e manutenzioni straordinarie di qualunque tipo di impianto o di macchina. Eseguiamo infine, in linea con i contenuti della nuova legge di settore, l’analisi dei cicli di vita degli impianti di sollevamento in attività». Elettromeccanica Pizzamiglio si distingue nella realizzazione completa di impianti elettrici (dalla progettazione e dalla predisposizione del capitolato tecnico e computo metrico, all’esecuzione dell’impianto in ottemperanza alle varianti richieste in corso d’opera, al collaudo e alle prove di funzionalità), ma anche nell’installazione e manutenzione degli apparecchi di sollevamento (che spaziano da quelli di 250 Kg. a quelli da 65 ton.) e nella esecuzione di opere di carpenteria generale. È qua-

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lificata nella riparazione, commercializzazione e installazione di gru a ponte o a bandiera come nella realizzazione di paranchi elettrici, a catena o a fune, nella realizzazione di limitatori di carico e in quella dei carrelli porta cavi. Grande attenzione è riservata anche alla commercializzazione di quadri elettrici per automazione, di distribuzione, di controllo comando, bilancini di sollevamento, strutture di carpenteria. Per operare in un settore sempre più competitivo l’azienda valeggiana si avvale di attrezzature per il lavoro in quota di ultima generazione: piattaforme su autocarro, piattaforme semoventi e cestelli sollevamento persone, mezzi grazie ai quali può effettuare riparazioni tempestive su chiamata assicurando tanto la manutenzione ordinaria trimestrale con registrazione libretti I.s.p.e.s.l. quanto le manutenzioni straordinarie (impianti elettrici a bordo macchina, quadri elettrici di automazio-

ne, la revisione dei carri argano, accorciamento/allungamento gru a ponte e gru a bandiera con nuova immatricolazione della macchina e conseguente rilascio di certificati e documentazioni CE). Con un fatturato superiore ai 2 milioni di euro, Elettromeccanica Pizzamiglio si conferma una realtà solida e che può guardare con ottimismo al futuro. «Ci sentiamo sicuri – conclude Luca Pizzamiglio – grazie anche alla straordinaria professionalità dei nostri 34 addetti, tutti altamente specializzati e formati sia a livello tecnico che in materia di sicurezza sul lavoro. I nostri tecnici impiantisti sono infatti costantemente aggiornati e seguono corsi di formazione che li impegnano per oltre 120 ore all’anno. La nostra azienda, inoltre, è certificata ISO 9001:2008 non solo per l’installazione e manutenzione degli impianti di sollevamento ma anche per gli aspetti gestionali nel suo complesso».•

ELETTROMECCANICA PIZZAMIGLIO S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Via Dell’Artigianato, 21 37067 Valeggio sul Mincio (Verona) Tel. 045 6370933 Fax 045 6379007 PRODUZIONE Impianti elettrici civili e industriali. Automazione cancelli. Manutenzione e apparecchi di sollevamento. Impianti di automazione. ANNO DI FONDAZIONE 1982 TITOLARI Luca e Andrea Pizzamiglio RESPONSABILE ACQUISTI Luca Pizzamiglio

RESPONSABILE COMMERCIALE Luca Pizzamiglio RESPONSABILE PRODUZIONE Andrea Pizzamiglio RESPONSABILE TECNICO Andrea Pizzamiglio FATTURATO 2013 2 milioni di euro SUPERFICIE AZIENDALE Totale: 1.200 mq Coperta: 850 mq RISORSE UMANE Totale addetti: 34 Addetti alla produzione: 32 Impiegati: 2

SITO INTERNET/E-MAIL www.elettromeccanicapizzamiglio.it - info@elettromeccanicapizzamiglio.it

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attività

Dott. Romeo Pastore

IL PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE

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econdo i dati forniti dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre, l’export italiano ha superato nel 2013 i livelli pre-crisi: rispetto al 2008, infatti, l’incremento medio nazionale è stato del 2,6%. In particolare nei primi nove mesi di sei anni fa l’Italia ha esportato merci e servizi per un valore di 282,2 miliardi di euro; nello stesso periodo dell’anno scorso, il volume complessivo delle vendite all’estero ha toccato i 289,5 miliardi. Questo risultato è stato ottenuto da quasi 191.000 imprese italiane che operano direttamente nei mercati esteri. Il dato

definizione di processo di Internazionalizzazione. Il compianto prof. Claudio Demattè, docente di Economia Aziendale e fondatore della scuola di direzione della Bocconi, definiva l’internazionalizzazione come quel processo attraverso il quale le imprese non solo dispiegano le loro vendite su più mercati esteri, ma dagli stessi mercati o da altri attingono anche per i loro approvvigionamenti di materie prime, di componenti, di impianti, di attrezzature, di risorse finanziarie, di forza lavoro; esso comporta spesso anche la localizzazione

sconvolgente è che queste aziende sono pari al 4,3% del totale delle aziende presenti nel nostro Paese. Gli addetti, invece, che trovano lavoro in queste realtà produttive sono quasi 4.615.000 (pari al 27,5% del totale). Ponendo pari a 100 il valore complessivo delle esportazioni, le Pmi (quelle con meno di 250 addetti) rappresentano il 53,9% del totale: le grandi imprese, invece, “solo” il 45,7%. Ma allora, se la vocazione dell’Italia, che non dispone di materie prime proprie, è quella dell’export, come mai sono così poche le aziende che vendono direttamente all’estero? Per cercare di dare una risposta a questo quesito, proviamo anzitutto a dare una

su più mercati esteri delle attività produttive o di parti di esse. Così definito il processo, e volendo soffermarsi solo sulla semplice attività di vendita all’estero, sembrerebbe che internazionalizzarsi non sia poi così complicato. Ma allora perché solo pochi ci riescono? In base alla mia esperienza di manager e di imprenditore posso dire che molto ha influito un certo approccio che definirei storico-culturale. Non mi riferisco al fatto che in azienda ci siano pochi laureati ma più semplicemente al fatto che molte aziende siano nate con una mentalità produttiva e non commerciale. Fin dal momento della ricostruzione post bellica, i nostri imprenditori sono sta-

ti orientati al prodotto e molto meno al mercato: a diventare imprenditore è stato molto più spesso un ex operatore alla macchine utensili, un ex responsabile di produzione, raramente un ex direttore commerciale. Fino a poco tempo fa bastava essere bravi (e gli imprenditori italiani lo sono sicuramente stati) a realizzare un prodotto perché questo si vendesse da solo. Gli investimenti erano allocati principalmente sulle strutture (capannoni) e sui macchinari. Efficienza e produttività sono state principalmente ottenute con investimenti in questo senso. Investimenti in risorse umane e in organizzazione sono stati invece relegati in secondo piano. Investire in un progettista o in un buon commerciale era sempre visto come un rischio e a livello commerciale era meglio delegare all’agente piuttosto che definire piani di marketing, programmare le vendite, dare obiettivi e far crescere le risorse interne. Andare all’estero però comporta anzitutto apertura mentale e disponibilità a comprendere il mercato. Sia ben chiaro: ciò non significa che gli imprenditori italiani non siano flessibili e pronti a soddisfare le esigenze dei clienti, anzi, ma semplicemente che il processo di comprensione del mercato deve essere controllato dall’azienda e non delegato. Vendere all’estero significa investire su risorse commerciali al fine di poter controllare e gestire il cliente finale senza lasciarlo ad altri. Molto spesso però le aziende italiane vendono all’estero in un’ottica limitante di “conto terzismo”, che in una prima fase può sicuramente andare bene ma poi deve mirare al controllo del mercato. Il secondo limite allo sviluppo del processo di internazionalizzazione è sicuramente rappresentato dalle dimensioni aziendali. I numeri della CGIA parlano chiaro: il 45,7% delle esportazioni arriva da aziende con oltre 250 dipendenti e non c’è dubbio che il restante 54,3


arriva per la maggior parte da aziende con almeno 50 dipendenti (realtà comunque importante in Italia ma praticamente insignificante quando si va all’estero). Peraltro non va dimenticato che approcciare i mercati esteri costa, sia perché bisogna dedicarci delle risorse, sia perché è impensabile ottenere immediatamente dei risultati. A questo punto, compreso che bisogna passare

da un atteggiamento orientato al prodotto ad un atteggiamento orientato al mercato, quali azioni bisogna intraprendere per “fare massa critica”? A mio parere bisogna associarsi, consorziarsi, fare network. Non entro in merito su quale strumen to usare (il contratto di rete, il consorzio, la ATI), non è questo il punto. Il punto vero è che bisogna condividere le strategie e gli investimenti. La concorrenza estera è molto ben organizzata e agguerrita e non è più vero che a fare bene i prodotti ci siamo solo noi italiani. Qualcuno potrebbe obiettare che nella maggior parte dei Paesi esteri nostri concorrenti non ci sono i lacci e laccioli che ci sono in Italia. Tutto vero. Ma io ritorno all’inizio dell’articolo: le aziende che esportano, con successo e con buoni utili, sono solo il 4,3 % del totale e hanno ottenuto i loro risultati con i lacci e laccioli. Perché dunque non seguire il loro esempio, cercando di “inventarci” nuove soluzioni in grado di superare i limiti culturali e dimensionali?• Amministratore di Romiri Srl Presidente Cda di Romiri Data management ROMIRI SRL Tel. 041 971992 Fax. 041 5054759 E- mail. relazioniesterne@romiri.it


attività

POLONIA Focus sul settore costruzioni ed infrastrutture

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erona World Made e la Camera di Commercio e dell’Industria Italiana in Polonia, in collaborazione con Apindustria Verona, hanno organizzato un seminario per analizzare le opportunità offerte dalla Polonia a tutta la filiera delle costruzioni e delle infrastrutture. I rappresentanti della CCI Italiana in Polonia Piero Cannas, presidente, e Stefano Barbieri hanno illustrato il settore delle infrastrutture in Polonia, la normativa generale sugli appalti e come prepararsi ad affrontare le gare d’appalto nel Paese (modalità di ingresso nel mercato).

Un Paese su cui scommettere

La Polonia è un Paese in cui investire è una garanzia: da anni attrae l’interesse di un numero sempre crescente di imprese (europee e non), che operano nei settori più diversi, da quelli ad alto contenuto tecnologico a quelli manifatturieri. È il Paese estero con la più alta concentrazione di investitori italiani. Le autorità polacche sono aperte agli investimenti stranieri e numerosi sono i benefit e le agevolazioni conseguenti alla presenza di 14 SEZ (Zone Economiche Speciali) e alla disponibilità di significative risorse stanziate dall’UE negli ultimi anni (risorse destinate ad aumentare dai 62 mld del periodo 2007-2013 ai 73 mld previsti per il periodo 2014-2020). Si tratta dell’unico Paese europeo che negli ultimi anni

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ha sempre registrato un PIL in crescita: - è il più grande e stabile dei mercati europei emergenti, - dal 2007 (e sicuramente fino al 2020) ha ottenuto i maggiori finanziamenti europei a livello CEE, - ha fortissimi legami col mercato tedesco, - è in uso la valuta nazionale.


Perché investire in Polonia Aspetti economici

•L’andamento dell’economia e le prospettive di sviluppo nei prossimi anni, pur con la dovuta prudenza, restano migliori che nel resto d’Europa. La crescita del PIL, intorno al 1,8% nel 2013, dovrebbe ritornare, secondo le stime del FMI, oltre il 2% nel 2014 grazie anche al flusso di fondi strutturali europei. •La recente crisi globale ha messo in luce la consistenza dell’economia polacca, unica in Europa a mantenersi positiva anche nel 2009, e la solidità del suo sistema bancario. •La Polonia si segnala per la stabilità economica e monetaria. Il rapporto debito-PIL è inferiore al 60% e il superamento di tale soglia è vietato per norma costituzionale dal 1997. Il tasso di cambio EUR-PLN è in via di progressiva stabilizzazione. •La dotazione assegnata dall’UE alla Polonia per il periodo 2014-2020 è stata aumentata a circa 72,9 mld di euro per la Politiche di Coesione e 28,5 mld di euro per la Politica Agricola Comune. •Aliquota unica per le imprese pari al 19%. •I settori maggiormente presenti e in grande sviluppo sono il bianco (elettrodomestici), automotive, business processing outsourcing (BPO) ed energie rinnovabili. •Grandi privatizzazioni in corso con opportunità di investimenti in diversi settori. Geografia – popolazione - infrastrutture •Si trova al centro dei corridoi N/S (Baltico–Adriatico) ed E/O (Ue-Russia). • Ha una popolazione di 38,5 milioni di persone, 35 anni l’età media; alta la scolarizzazione, soprattutto in ambito tecnico-scientifico e pratico •Oltre 2.000 km di autostrade e altre infrastrutture da realizzare (porti aeroporti, altra viabilità, ferrovie, ecc.)

Scambi commerciali Italia-Polonia

• Il livello degli scambi commerciali è costantemente in crescita dal 1990. Il volume complessivo degli scambi tra i due Paesi nel 2011 è stato di circa 15,5 mld di euro • Questi i dati del secondo quadrimestre 2013 dell’interscambio Italia-Polonia: -Esportazioni verso l’Italia (4,5%) – 3,4 mld di euro – 6° posto dopo la Germania (25,0%), il Regno Unito (6,4%), la Rep. Ceca (6,1%), la Francia (5,8%) e la Russia (5,3%). -Importazioni dall’Italia (5,1%) – 3,8 mld di euro – 4° posto dopo la Germania (21,2%), la Russia (12,7) e la Cina (9%). (Fonte: ICE)

Fiscalità IVA

•L’aliquota ordinaria è del 23%. Aliquote ridotte per: -8% per alcuni generi alimentari, prodotti per bambini, libri e giornali, materiali medicinali e sanitari, prodotti artigianali, servizi alberghieri, turistici, di trasporto, trattamento dei rifiuti, costruzione di case per abitazione, gastronomia -5% per cereali, patate, verdura, frutti, animali vivi, pesci, carne, prodotti di latte, mangimi per animali, pane, zucchero, pasta, succhi di frutta -0% per le esportazioni IRES •L’aliquota è fissa e pari al 19% dal 2004 •La tassazione dei dividendi è conforme alle direttive dell’UE •Le direttive dell’UE riguardanti la tassazione degli interessi e tasse di licenza saranno applicate per un periodo transitorio di 8 anni. Oggi per i soggetti italiani questa tassazione ammonta al 10% IRPEF •Le aliquote sono graduali: 18% e 32% con un importo libero di 556,02 PLN. •

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attività

SISTRI

SISTEMA DI CONTROLLO DELLA TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI

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l SISTRI istituito con DM 17.12.2009, è nato come strumento informatico con la finalità di una possibilità di un controllo maggiore per combattere i reati ambientali e le organizzazioni criminali. Con questo sistema ogni operazione di gestione dei rifiuti aziendali viene registrata e tracciata, pertanto in caso di errore anche formale l’azienda rischia immediate sanzioni elevate. La piena operatività del SISTRI è prevista per il 3 marzo 2014, termine dal quale – salvo proroghe – dovranno essere obbligatoriamente operativi anche i produttori di rifiuti pericolosi. Molti aspetti sia tecnico-procedurali che interpretativi di raccordo con le normative esistenti non sono stati ancora completamente chiariti e inoltre si riscontra una insufficiente interoperabilità con i sistemi informatico-gestionali di numerose aziende. Il sistema, infatti, è operativo dal 1° ottobre 2013 per i trasportatori, gli impianti, gli intermediari dei rifiuti e i nuovi produttori di rifiuti speciali pericolosi, che hanno iniziato ad usarlo e nel corso di questi primi quattro mesi di parziale operatività numerose sono le inefficienze riscontrate e segnalate dagli operatori coinvolti. È ipotizzabile che con la piena entrata in vigore, che coinvolgerà un numero maggiore di imprese, SISTRI potrà segnare una nuova fase d’arresto, in quanto molte aziende, causa la crisi attuale e la poca disponibilità a investire, non hanno potuto adeguare la loro struttura interna informatizzata e/o formare il personale preposto. Molte delle aziende che rientrano tra gli obbligati sia del primo che del

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secondo termine hanno difficoltà nel verificare l’attualità dei dati e delle informazioni trasmesse e nel procedere all’aggiornamento e riallineamento dei dispositivi. Inoltre, sono ancora molti i dubbi nell’utilizzo dei dispositivi stessi dato il permanere della scarsa chiarezza del sistema e della disciplina di riferimento.

Per fornire adeguate informazioni e chiarimenti necessari sulle modalità di utilizzo di SISTRI, Apindustria Verona ha organizzato l’incontro dal titolo: “Sistri operativo: indicazioni pratiche per trasportatori, smaltitori/recuperatori e produttori di rifiuti pericolosi” durante il quale Giovanni Cadeddu consulente


esperto ambientale, ha illustrato i seguenti aspetti: - analisi e chiarimenti sulle procedure di accesso e gestione delle informazioni trasmesse al SISTRI; - procedure di riallineamento dei dati e delle informazioni; - indicazioni pratiche sull’utilizzo dei dispositivi elettronici; - trasporto, recupero e smaltimento: le procedure di registrazione e sottoscrizione digitale; - registrazioni e adempimenti dei produttori iniziali di rifiuti pericolosi. Indipendentemente da eventuali proroghe, l’applicazione delle sanzioni è sospesa fino al 31 luglio 2014; pertanto in questa fase gli adempimenti che le imprese devono mantenere obbligatoriamente sono quelli di tenuta dei registri di carico/scarico rifiuti e dei formulari di trasporto cartacei. Le aziende devono comunque prepararsi alla scadenza effettuando le seguenti operazioni: - recuperare e riordinare tutto il materiale relativo al SISTRI quali dispositivi USB, il nome utente, password per l’accesso al sistema, ecc; - effettuare l’accesso al sistema tramite il portale per verificare il funzionamento della chiavetta e la correttezza della propria anagrafica inserita provvedendo gli eventuali aggiornamenti. Apindustria, per mezzo di CONFIMI presente ai tavoli tecnici con le istituzioni ministeriali, si è fatta portavoce presso il Ministero dell’Ambiente del malcontento e delle proteste raccolte attraverso un monitoraggio promosso tra le oltre 3.000 imprese manifatturiere rappresentate. «Siamo convinti, sottolinea il direttore Apindustria Luciano Veronesi, che sia indispensabile garantire un più efficace controllo sulla gestione dei rifiuti in tutte le fasi della filiera produttiva. Da sempre sosteniamo l’importanza di un sistema che favorisca una corretta e legale gestione dei rifiuti nel nostro Paese, anche perché

i comportamenti illeciti in tale settore non solo danneggiano pesantemente l’ambiente, ma anche penalizzano le aziende che operano correttamente costrette a sostenere costi maggiori. L’obiettivo del sistema dovrebbe essere quello di semplificare le procedure e ridurre i costi che le imprese sostengono, mentre con l’entrata in vigore del SISTRI si sta ottenendo il risultato opposto. Il SISTRI continua ad essere lento, poco fruibile, con difficoltà di connessione e di interoperabilità, con procedure macchinose e una pesante manualistica. È un sistema che ha comportato e comporterà inevitabilmente nel tempo un aggravio di costi per le PMI rispetto all’adozione del precedente sistema cartaceo che continua ad essere, come ripetutamente sottolineato dai nostri imprenditori, un sistema più pratico, meno oneroso e in ogni caso collaudato e consolidato». Invece finora SISTRI si è dovuto sostenere, non solo con l’esborso effettuato per il pagamento del contributo annuale, ma anche con i costi per gli adeguamenti gestionali e organizzativi (corsi di formazione per il personale dedicato, strumenti operativi per la gestione informatica, abbonamenti per connettività internet etc.). SISTRI non può funzionare così come è stato creato, ma le continue richieste avanzate per la sua abolizione, a favore di un sistema più semplice, efficace, che tenesse contro della realtà delle PMI italiane, non sono state ascoltate. A tutt’oggi si riscontrano difficoltà nell’utilizzo e i test di funzionamento effettuati dal Ministero (i cosiddetti Click day) non sono stati rappresentativi della realtà, dato il numero limitato di operatori che vi hanno aderito. Per questo si sta sollecitando il Ministero a riaprire un confronto con le associazioni di categoria e nel contempo è stata chiesta una proroga dei termini ed inoltre è stato presentato anche un emendamento al Decreto Milleproroghe per lo slittamento dell’operatività di SISTRI ma per la risposta occorrerà attendere la conversione in legge del Decreto.•

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attività

AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE Nuovo regolamento e circolari esplicative

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os’è l’AUA, chi la può chiedere, quando chiederla, a chi si chiede…? Per rispondere a queste ed altre domande ed illustrare gli adempimenti amministrativi derivanti dalla nuova disciplina autorizzatoria AUA, Apindustria Verona ha organizzato un incontro in collaborazione con la Provincia di Verona settore ecologia, la Camera di Commercio di Verona e lo sportello SUAP del Comune di Verona chiarendo il campo di applicazione, le modalità e gli strumenti telematici di inoltro, la funzione dei SUAP dei comuni, con una modalità di approccio pratico operativo. Con DPR n. 59 del 13 marzo 2013 è stato emanato il regolamento per l’Autorizzazione Unica Ambientale cosiddetta “AUA”. Il regolamento prevede che con un unico atto autorizzativo vengano incluse fino a sette autorizzazioni ambientali. Il provvedimento riguarda tutte le imprese, ad esclusione di quelle soggette all’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). L’ente di riferimento per questo nuovo procedimento è lo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) del Comune dove ha sede l’azienda interessata. In particolare, l’AUA sostituisce: l’autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali, meteoriche, assimilate alle domestiche; l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera (ex art. 269 D.Lgs. 152/06); l’autorizzazione generale alle emissioni in atmosfera (ex art. 272 D.Lgs. 152/06); la comunicazione o il nulla osta relativi all’impatto acustico dell’attività produttiva; le comunicazioni preventive per l’esercizio di attività di smaltimento e/o di recupero rifiuti in regime semplificato (ex artt. 215 e 216 D.Lgs. 152/06); l’autorizzazione all’utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura; la comunicazione preventiva per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenien-

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ti dalle aziende ivi previste. Con Circolare n. prot. 49801 del 7 novembre 2013 il Ministero dell’Ambiente ha fornito alcuni chiarimenti, in particolare ha precisato che la richiesta dell’AUA è sempre obbligatoria alla scadenza del primo dei sette titoli abilitativi dell’elenco (salvo due casi previsti dalla norma per cui il gestore può non avvalersi dell’AUA) La Regione del Veneto con Delibera della Giunta Regionale 2 ottobre 2013, n. 1775 (BURV n. 91 del 29/10/2013) ha fornito indicazioni operative in merito all’applicazione della disciplina relativa all’AUA. In particolare ha ribadito che sono soggette all’AUA tutte le imprese che, indipendentemente dalla loro dimensione (piccole, medie o grandi), non sono soggette ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e hanno la necessità di dotarsi di almeno uno dei titoli autorizzativi dell’elenco indicato dal DPR n. 59/2013. La nuova Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) è entrata in vigore il 15 giugno 2013 ma ad oggi molte aziende non sanno ancora come utilizzarla e quali sono i vantaggi e gli obblighi derivati. Relatori dell’incontro tenutosi in Apindustria sono stati Carlo Poli, dirigente Settore Ecologia della Provincia


di Verona, Annalisa Danzi e Andrea Nanni, funzionari Ufficio Registro Imprese della CCIAA Verona, Fabio Barosso, funzionario Infocamere, Anna Lisa Sguazzardo, referente SUAP del Comune di Verona. Questi gli aspetti trattati: Anna Lisa Sguazzardo ha spiegato cos’è il SUAP Lo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) rappresenta lo strumento esclusivamente telematico voluto dal legislatore per assumere il ruolo di unico interlocutore tra l’Impresa e la Pubblica Amministrazione. Il DPR 160/10 lo definisce come: “unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva in grado di fornire una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni comunque coinvolte nel procedimento” (art. 1).Il SUAP risulta essere l’unico punto di accesso, attraverso il portale impresainungiorno.gov.it per le pratiche amministrative relative allo svolgimento dell’attività imprenditoriale e consente di poter avviare l’impresa in un solo giorno, assolvendo a tutte le procedure previste per lo start-up d’impresa. Nello specifico il SUAP: • svolge compiti di coordinamento con gli Uffici interni dell’ente destinatario del procedimento amministrativo e con gli Enti esterni (A.s.l., A.r.p.a., Vigili del Fuoco, etc.) coinvolti nelle varie fasi e a diverso titolo nell’ambito dello stesso; • agisce secondo modalità telematiche, avvalendosi di strumenti tecnologicamente innovativi, quali un proprio

portale (impresainungiorno.gov.it), la posta elettronica certificata – P.E.C., la firma digitale, il protocollo informatico, in grado di conferire rapidità nelle risposte, trasparenza e tracciabilità dei procedimenti trattati; • comunica all’utente impresa/intermediario gli esiti della presentazione dell’istanza, consentendo così l’avvio certo d’impresa; • provvede, attraverso il portale, alla gestione dei procedimenti, comprese le fasi di ricezione delle domande, la divulgazione delle informazioni, l’attivazione degli adempimenti, il rilascio di ricevute all’interessato e il pagamento dei diritti e delle imposte. I procedimenti da attuare tramite il SUAP sono quello Automatizzato, nei casi in cui l’avvio di un’attività di produzione di beni o di prestazione di servizi, sia soggetto a SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) l’impresa può iniziare l’attività dalla data di presentazione della segnalazione alla pubblica amministrazione, e Ordinario, nei casi in cui l’impresa debba presentare preventivamente un’istanza alla pubblica amministrazione: l’attività di produzione di beni/prestazione di servizi potrà quindi iniziare solo a seguito del rilascio di un’autorizzazione da parte della pubblica amministrazione. Carlo Poli ha illustrato attraverso una serie di schemi procedurali come si applica l’AUA, per uno o più titoli abilitativi (scarichi, emissioni, ecc) quali sono le autorità competenti, come si procede per il rinnovo dell’autorizzazione, come si chiede una modifica dell’autorizzazione. Infine ha spiegato come la disciplina regionale

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attività

(DGRV 1775/2013) abbia differenziato l’autorità competente, dalla regione alla provincia al comune, all’ente gestore delle fognature. Le aziende non soggette ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), devono richiedere l’AUA qualora siano soggette ad almeno una delle seguenti autorizzazioni: agli scarichi, alle emissioni in atmosfera in procedura ordinaria, autorizzazione all’utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura. L’AUA deve essere chiesta in oc-

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casione della scadenza di uno dei 7 titoli, oppure in occasione del rilascio di almeno uno dei sette titoli abilitativi AUA. È fatta comunque salva la facoltà dell’azienda di non avvalersi dell’autorizzazione unica ambientale nel caso in cui si tratti di attività soggette solo a comunicazione, ovvero ad autorizzazione di carattere generale, ferma restando la presentazione della comunicazione o dell’istanza per il tramite del SUAP. L’AUA non può essere richiesta se

il progetto è soggetto alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), l’AUA ha una durata di 15 anni a decorrere dalla data di rilascio e il rinnovo deve essere chiesto almeno sei mesi prima della scadenza. La domanda deve essere presentata allo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP) del Comune competente territorialmente che verifica la completezza formale della domanda entro 30 giorni trasmette la domanda di AUA ai soggetti competenti (provincia, comune, ente gestore fognatura) che intervengono nei procedimenti sostituiti dall’AUA. Se l’AUA è di sola competenza della provincia il SUAP trasmette alla Provincia la pratica ,che verifica la completezza della documentazione entro 30 giorni, istruisce l’istruttoria (CSI, CdS) e a seguito di questa emette una decisione AUA che inoltra al SUAP che poi inoltra la decisione AUA all’azienda. Se invece l’AUA comprende altri titoli abilitativi, la decisione sull’adozione dell’AUA emessa dalla provincia passa al SUAP che con una conferenza dei servizi prende una decisione sul provvedimento AUA, e poi lo trasmette all’azienda. Andrea Nanni e Annalisa Danzi collegandosi con il sito: www.impreseinungiorno.it hanno simulato la richiesta di un’azienda al SUAP di un’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, mostrando i vari passaggi fino all’inoltro.•



Apidonne

Maria Elena Benetti Vicepresidente Apidonne

PERCHÉ NON SOCCHIUDERE LE PORTE ALL’ARTE IN AZIENDA? PROVARE PER CREDERE

C

hi ha avuto l’occasione di conoscere Claudio Baccarani, Professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all’Università degli Studi di Verona, sa quanto sia illuminante tenere una conversazione con lui! Tutte le volte che l’ho incontrato sono entrata nel suo studio per avere delle risposte e me ne sono andata con mille domande! Parlare con lui è un susseguirsi di informazioni, curiosità, idee ma soprattutto riflessioni. Ed è stato proprio riflettendo su un suo articolo che mi sono sorte alcune domande; domande che ho posto direttamente a lui e le cui risposte spero vi diano spunti per una cultura dell’impresa che non miri solo al profitto e al prodotto ma che coltivi, come suggerisce la sua etimologia, “la pianta dell’intelletto perché possa fiorire e fortificare!” Professore, qualcuno mi ha detto tempo fa, citando l’infelice uscita dell’allora ministro Giulio Tremonti, che con la cultura non si mangia, so che come me non sarà d’accordo, può aiutarmi però a capire in che modo la cultura può contribuire allo sviluppo di un’impresa? Effettivamente si è trattato di una battuta infelice. Basterebbe guardarsi attorno per vedere quante attività culturali esistono – nonostante tutto – in campo artistico. Ed esistono perché c’è “fame” di cultura. Ma non credo che Lei si riferisse a questo tipo di “cibo” con la sua domanda. Invero, la cultura può soste-

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nere l’impresa – ogni impresa – nel proprio percorso creativo e di innovazione, perché aprendo le porte ai colori che dipingono il mondo in cui vive l’organizzazione apre alla curiosità, alle domande, al nuovo. L’isolamento culturale del management in un ostinata chiusura nella conoscenza professionale, non può che condurre alla lunga all’asfissia delle proposte e all’inaridimento

della forza competitiva espressa dall’impresa. Quindi c’è differenza tra conoscenza e cultura? Certo. La conoscenza è solo una parte della cultura di una persona, una parte rilevante, ma una parte. Essa rappresenta la consapevolezza acquisita attraverso lo studio e l’esperienza in merito ad un qualcosa. La conoscenza tende alla specializzazione. La cultura è concetto più ampio perché non può prescindere dai valori di ognuno, dai tratti comportamentali della comunità di riferimento e dal dialogo con il mondo nelle varie forme in cui questo si esprime. Gaetano Salvemini la definiva come “quella raffinata educazione dello spirito, reso agile ad ogni lavoro, ricco di molteplici e sempre deste curiosità, in quella capacità di imparare cose nuove che abbiamo acquistata studiando le antiche”. In effetti, come scrive lei stesso, uno dei limiti della conoscenza, soprattutto nei momenti di crisi e cambiamento, sta nel fatto che essa è superata (per fortuna… ndr) dall’immaginazione. Immaginazione intesa come la capacità di costruire una rappresentazione di qualcosa che ancora non c’è … per fare questo però occorre “disarticolare il cervello” come dice l’anticonformista Giovanni Bonotto, imprenditore del settore tessile. Ma come possiamo “disarticolarlo” questo cervello? Ho trovato sin dall’inizio molto sti-


molante questa affermazione di Giovanni Bonotto. Disarticolare il cervello significa evitare di farlo vivere solo di procedure e di schemi predefiniti dalla conoscenza specialistica disponibile, significa renderlo capace di produrre sempre nuove idee e visioni derivanti dalla contaminazione con mondi diversi dal proprio. E questo è mestiere dell’arte in qualunque forma essa si esprima e attiri l’attenzione, perché l’arte per sua natura crea scompiglio nel pensiero specialistico ed accosta istinto, bellezza e divertimento alle fredde valutazioni tecnico-economiche attivando un meccanismo di rinnovamento continuo dell’organizzazione. Così, l’azienda potrà evitare di ricorrere alle consulenze del “disorganizzatore aziendale”, che le professioni del futuro chiamano in causa per ricreare l’iniziale spinta imprenditoriale nell’organizzazione. Quindi l’Arte, intesa nel senso stretto del termine, deve irrompere nelle nostre imprese? Se l’impresa vuole mantenere la propria”freschezza”, sì, dovrebbe, però c’è un ma. L’arte di per sé non ha la forza di irrompere nell’azienda. L’arte irrompe nell’organizzazione

solo quando il pensiero manageriale che in essa prevale le socchiude la porta. E questa porta, purtroppo, è spesso chiusa da forti catenacci, che vorrebbero salvaguardare l’azione interna dalle perturbazioni che un’apertura al pensiero ed alle riflessioni porterebbe a una quotidianità guidata da un limitante principio di efficienza. Non è facile proporre qualche strada in proposito. Quando si parla di pensiero – e l’arte per sua natura attiva il pensiero – in azienda si sollevano sempre barricate difensive o si propongono complimenti canzonatori a chi osa introdurre il tema. Mentre in azienda si è consapevoli che più tempo si dà al pensiero in fase di progettazione più si riducono gli errori, non esiste la consapevolezza della stessa relazione con la creatività e l’innovazione. Che dire? Non si può fare altro che provare visitando una mostra di pittura o di fotografia, leggendo un libro che magari racconta della lentezza, o qualche favola di Gianni Rodari, per non dire del guardare un film o assistere ad uno spettacolo teatrale o leggere una poesia, ma anche ascoltare musica e canzoni facendo attenzione in quest’ultimo

caso ai testi, o ancora fermarsi a riflettere su un aforisma. Quello che posso dire è che sono certo che l’investimento di tempo per chi lo farà avrà un inaspettato ritorno positivo nei termini del vivere l’azienda e del tracciare il suo futuro competitivo. A questo punto mi deve consentire una domanda per l’imprenditore: dove e quando ha incontrato l’arte nell’ultimo mese, negli ultimi tre mesi, negli ultimi sei mesi, nell’ultimo anno? Avrei molte altre domande per lei ma ho finito lo spazio a mia disposizione! Voglio terminare questo pezzo riportando fedelmente un estratto del suo articolo: “In fondo la cultura, come sottolineava Eduard Herriott, è ciò che ci resta quando si è dimenticato quello che ci hanno insegnato e che è servito a rendere più duttile, fertile e vigoroso il nostro approccio intellettuale. Ammesso, però, che nel nostro viaggio abbiamo avuto la fortuna di incontrare sulla nostra strada maestri del dubbio, della critica e della logica e non semplici costruttori di erudizione”. … e io ho incontrato il professor Baccarani!•


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Parco Natura Viva 45 anni di passione per la natura e di impegno a sostegno della biodiversità

I

l Parco Natura Viva è oggi un moderno Parco Zoologico, importante centro di tutela per le specie minacciate, che ha saputo evolversi nel tempo per assumere un ruolo attivo nella conservazione della biodiversità. Il Parco nasce dall’idea dell’architetto Alberto Avesani, che negli anni ‘60 trasformò parte della propria azienda agricola di Bussolengo in area faunistica, per raccogliere animali della fauna locale. In seguito, dopo aver ospitato temporaneamente gli animali di un circo, decise di realizzare un giardino zoologico. Inaugurato nel giugno del 1969 con un primo settore di 10 ettari – l’attuale Parco Faunistico – Parco Natura Viva si è via via ampliato con il settore del Parco Safari (1973) in cui si possono osservare (a bordo del proprio autoveicolo) i grandi mammiferi africani e molte specie di uccelli Nel 1978 la struttura venne ulteriormente ampliata con nuovi percorsi: l’Aquaterrarium, la Serra Tropicale e il Parco Dinosauri, dove i visitatori, per la prima volta in Italia, poterono ammirare modelli a grandezza naturale dei rettili del passato. Dal 1985 si è avviato un importante progetto di riqualificazione generale che ha coinvolto e coinvolge tutt’ora diversi aspetti fondamentali: zoologico, architettonico e manageriale. Il ruolo dei parchi zoologici è evoluto nel tempo: il parco, da semplice esposizione di animali esotici, è dive-

nuto un attore fondamentale della loro conservazione. L’utilità e la necessità di un moderno giardino zoologico sono state ufficialmente definite dalla Conferenza di Rio del 1992, in cui si è enunciato il valore della strategia

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di conservazione ex situ (di specie animali lontane dal loro luogo di origine) integrata a quella in situ (azioni a favore della tutela delle specie minacciate che vengono attuate nelle aree di origine delle specie stesse) nella


lizzati, per rispondere in maniera adeguata alle esigenze specifiche degli animali ospitati. Nel 2010 si è concretizzato un significativo programma di rinnovamento con il percorso Sentieri d’Africa, in cui una parte del Parco Safari è stata chiusa alle auto e trasformata in area pedonale, in modo che i visitatori possono ammirare gli animali africani in tutta sicurezza e da una prospettiva completamente nuova. Gli animali possono vivere così in ampi spazi che riproducono fedelmente i loro habitat di origine, eliminando il disagio provocato dal passaggio dalle auto. Questa scelta verrà applicata presto anche al resto del Parco Safari, permettendo a tutti gli animali ospitati di beneficiarne. Anche il Parco Dinosauri è stato rivisto e trasformato nel nuovo Extinction Park che, con i suoi modelli in scala reale di riproduzioni fedeli di animali del passato, offre la possibilità di ammirare giganti dinosauri e molti altri sorprendenti antenati. Parco Natura Viva è uno dei principali centri italiani per la conservazione delle specie animali in pericolo di estinzione e per l’educazione ambientale perché ha saputo trasformarsi per ricoprire un ruolo da protagonista nell’allevamento delle specie minacciate, rinforzando le attività di conservazione, di educazione ambientale

protezione e tutela della biodiversità. Il Parco si è adeguato ai più elevati standard mondiali, con la realizzazione di reparti sempre più ampi e natura-

e di ricerca scientifica e mantenendo una fitta rete di contatti con strutture nazionali e internazionali, al fine di coordinare la gestione della popolazione animale per

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promuovere iniziative di reintroduzione in natura di specie minacciate. Con oltre 250 specie animali appartenenti ai 5 continenti, il Parco ospita una tra le più grandi collezioni zoologiche italiane. Durante il percorso suddiviso per aree geografiche, immersi in un’oasi naturale, è possibile osservare la grande varietà di specie del nostro pianeta: giraffe, zebre, antilopi, leoni, tigri, rinoceronti, ghepardi,

Parco Natura Viva è parte di una grande rete internazionale, orientata a sensibilizzare i visitatori sulle tematiche ambientali e a formare biologi e veterinari per affinare sempre più la tecnica di gestione del patrimonio comune della fauna selvatica. In quest’ottica ha collaborato con l’Università di Padova alla realizzazione di un Master di Primo Livello, importante occasione per i laureati in medicina veterinaria, scienze naturali e biologiche e scienze forestali per acquisire competenze nell’ambito della gestione della fauna selvatica in ambiente controllato.

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La salvaguardia della natura continua a essere tema centrale grazie al Settore Ricerca e Conservazione e al Dipartimento Educativo che affiancano le maggiori istituzioni universitarie offrendo l’opportunità di tesi e tirocini agli studenti laureandi, sviluppando inoltre, in collaborazione con le scuole, percorsi specifici per ragazzi, visite guidate e laboratori didattici. Il 2014 è iniziato già all’insegna di grandi novità: nel mese di febbraio sono nati un cucciolo di saki dalla faccia bianca, una simpatica scimmietta sudamericana (non se ne conosce ancora il sesso: nelle prime settimane di vita i piccoli hanno un colore simile a quello della madre, bisognerà aspettare qualche mese per vedere se assumerà la colorazione definitiva da maschio o da femmina), e un piccolo maschio di tapiro di nome Pinto.

IL PARCO IN CIFRE

1.500 animali 250 specie 38 ettari di collina morenica 3 h tempo di percorrenza medio del Parco Faunistico 1 h tempo di percorrenza medio del Parco Safari 23 keeper (addetti alla cura degli animali) 2 keeper (addetti alla manutenzione dei reparti) 2 keeper (addetti alla cura del verde) 1 keeper (addetto anche al primo soccorso) 5 responsabili di settore Lista della spesa 13.000 kg carne rossa 10.000 kg carne bianca 4.500 kg pesce 190.000 kg fieno 95.000 kg frutta e verdura Consumi energetici 1.850 mW\h energia elettrica 16.000 m3 acqua 9.500 m3 GPL 150.000 gasolio

Nell’ambito del programma europeo di riproduzione è inoltre stata trasferita al Parco di Bussolengo una giovane coppia di leopardi delle nevi che hanno già cominciato ad ambientarsi nella loro nuova dimora. Inaugurato lo scorso dicembre il nuovo reparto Borealia diventerà quest’anno una delle più grandi attrazioni per conoscere da vicino gli animali del nord, come lo splendido gufo siberiano o le renne di Babbo Natale, ambasciatori al Parco di “Pole to Pole”, campagna internazionale di sensibilizzazione indetta dall’EAZA (European Association of Zoos and Aquaria) per attirare l’attenzione sui due poli del pianeta, sugli animali che vi vivono e sulle problematiche legate alla loro sopravvivenza connesse allo scioglimento dei ghiacciai a causa dei nostri “stili di vita poco eco-sostenibili”.•

Ricerca e conservazione Oltre 20 convenzioni con Università e Istituzioni Italiane 10 laureandi in scienze biologiche, scienze naturali e veterinaria 20 tirocini per studenti delle diverse Università Italiane 15 progetti di Conservazione in situ 15 progetti di Ricerca 65 specie del Parco Natura Viva nei programmi di conservazione ex situ Europei 9 network nazionali e internazionali di conservazione (WAZA, EAZA, UIZA, CBSG, ISIS, UZI, ANMS, AEECL, IZE) 4 associazioni di settore (EAZWV, Sivazoo, Sivae, Api). Oltre 1.000 arricchimenti preparati al giorno

Aperto tutti i giorni (9:00 -16:00: orari in base alla stagione) info@parconaturaviva.it Tel. 045 7170113 www.parconaturaviva.it Facebook: parconaturaviva

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ambiente apivenetofidi e salute

Plinio Menegalli Medico Competente

APIVENETO FIDI

PER LE IMPRESE

Agevolazioni a sostegno degli investimenti

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a Divisione Finanza di Apiveneto Fidi, nata per rispondere alle esigenze delle piccole e medie imprese nel complesso mondo della finanza e del credito agevolato, monitora con attenzione ogni opportunità di incentivo e di agevolazione che possono rappresentare un valido aiuto per le PMI nella realizzazione dei loro programmi di crescita e di sviluppo. Di seguito sono raccolti i principali interventi agevolativi pubblici attualmente attivati in favore delle PMI

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del Veneto e finalizzati al sostegno dei programmi di investimento, mediante contributi a fondo perduto, agevolazioni in punto interessi, bonus fiscali e altro ancora. Gli aiuti sono ottenibili dalle Imprese non solo per investimenti in impianti, macchinari e attrezzature ma anche per l’accesso alle tecnologie digitali, per la sicurezza, il risparmio energetico, la ricerca e l’innovazione, la riorganizzazione produttiva e commerciale, tutti ambiti di importanza fondamentale, che consento-

no alle nostre Imprese di aumentare la loro competitività sui mercati internazionali e di agganciare più facilmente la tanto attesa ripresa. • Per informazioni e chiarimenti e per valutare i Vostri progetti di investimento, Vi invitiamo a contattare la Divisione Finanza di Apiveneto Fidi (riferimento Francesca Costa; telefono 0444/232241, e-mail: f.costa@apivenetofidi.it ) e visitare i nostri siti internet agli indirizzi www. apivenetofidi.it; www.nordestfinanza.net.


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ambiente e salute

Plinio Menegalli Medico Competente - Ergonomo

ALIMENTAZIONE CORRETTA E LAVORO

L

a recente letteratura in tema di tutela e promozione della salute dei luoghi di lavori offre interessanti spunti sui motivi che dovrebbero promuovere una corretta alimentazione dei lavoratori. Un rapporto dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) ha messo in evidenza come un regime alimentare troppo povero o un’alimentazione troppo abbondante sul luogo di lavoro possono provocare una perdita di produttività del 20% circa. Una delle più frequenti

e gravi conseguenze della scorretta alimentazione è l’obesità che ha ripercussioni negative anche sull’attività lavorativa sia influendo sullo svolgimento del lavoro che favorendo gli infortuni. Una maggiore informazione ed un miglioramento della gestione dei pasti dei lavoratori nella pausa pranzo (ma anche fuori dal lavoro) possono determinare un buon livello di performance mentale e fisica e ridurre sia le assenze per malattia che gli infortuni sul

lavoro. A partire da queste considerazioni alcune aziende, anche di medie dimensioni, hanno intrapreso programmi per il miglioramento dello stato di salute dei lavoratori anche finalizzati a migliorare l’alimentazione oltre che a ridurre l’abitudine al fumo ed il consumo di alcolici. Nelle nostre realtà lavorative il risultato più grave della scorretta alimentazione è l’obesità: è più frequente nei lavoratori la cui occupazione prevede elevata sedenta-

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ambiente e salute

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rietà e in coloro che svolgono lavoro a turni. Gli obesi si assentano più spesso per malattia e hanno un maggior rischio di sviluppare malattie professionali. L’obesità può contribuire può predisporre allo sviluppo dell’asma professionale, è un fattore di rischio per malattie dell’apparato muscolo scheletrico (ad esempio sindrome del

lavorativo nel senso che un lavoro stressante è associato ad un maggior Indice di Massa Corporea. Uno studio ha dimostrato che chi è esposto a stress cronico in ambiente lavorativo ha il 50% in più di probabilità di diventare obeso. Gli obesi risultano essere discriminati in ambito lavorativo e presentano una bassa autostima. Anche

tunnel carpale), l’osteoartrite del ginocchio, ed è un ulteriore fattore di rischio per le malattie cardiovascolari nell’esposizione lavorativa ad agenti cardiolesivi. Gli obesi sono più suscettibili alle vibrazioni e se esposti a sostanze cancerogene hanno rischi aumentati di sviluppare taluni carcinomi. L’obesità è anche correlata a stress

la sindrome metabolica (obesità, iperglicemia, dislipidemia, ipertensione,…) può essere correlata allo stress, è dovuta a dieta ipercalorica e scarsa attività fisica, è molto diffusa, triplica il rischio di malattie cardiovascolari e aumenta di circa quattro volte quello di ammalarsi di diabete. L’obesità può determinare anche importanti limitazioni fi-

siologiche nei movimenti e nell’agilità nello svolgimento dell’attività lavorativa con conseguente riduzione della sicurezza. È stato dimostrato che in caso di incidente stradale le persone obese sono quelle che subiscono le conseguenze più gravi. Secondo uno studio cui ha partecipato l’INAIL il 59% degli autisti era in sovrappeso ed il 20% era obeso. L’obesità può essere la causa della sonnolenza diurna e delle abitudini di sonno irregolari e il 10% degli intervistati riferiva di soffrire di apnea notturna, una patologia pericolosa per la sicurezza stradale. Una precedente indagine dell’INAIL ha dimostrato che la maggior parte degli infortuni avviene nelle ore successive al pranzo, probabilmente anche a causa del tipo di alimentazione inadeguata. Per il giudizio di idoneità, le ridotte mobilità e agilità del lavoratore obeso vengono considerate come rischio aggiuntivo di infortunio. I lavoratori obesi hanno inoltre maggiore difficoltà a reperire i DPI idonei alla loro conformazione fisica (respiratori, guanti, indumenti, …) che spesso vengono indossati male e risultando scomodi non assicurano la necessaria protezione. Secondo uno studio condotto nel Regno Unito i lavorati obesi hanno una possibilità di assenteismo 1,5 volte rispetto ai colleghi normopeso. Uno studio effettuato su adulti diabetici o a rischio di diabete ha evidenziato che i lavoratori obesi con diabete di tipo II sono meno produttivi rispetto ai colleghi normopeso e dimostrano meno efficienza e maggiore perdita di tempo lavorativo. Da quanto riportato è evidente che il problema dell’alimentazione dei lavoratori, a casa e fuori, ha notevoli ripercussioni sulla loro salute psicofisica e sulla sicurezza sul lavoro. Consigliamo alle aziende attività di promozione della salute nell’ambito della


corretta alimentazione, per modificare stili di vita e comportamenti scorretti nella certezza che ciò può produrre una ricaduta favorevole non solo

sul benessere del lavoratore ma anche sul fattore umano per la sicurezza sul lavoro, sul rendimento lavorativo e sulla produttività aziendale. I Medici Competenti durante le visite mediche possono informare i lavoratori sui rischi della non corretta alimentazione e valorizzare gli effetti positivi della dieta sulla salute. Inoltre, per chi è in sovrappeso o francamente obeso, per i soggetti affetti da disturbi del comportamento alimentare e per i lavoratori con problemi di salute (ipertensione arteriosa, diabete, ipercolesterolemia, sindrome metabolica,…) i Medici Competenti possono praticare il counselling nutrizionale che non è solo un consiglio ma una modalità relazionale per aiutare il lavoratore a prendere in considerazione l’opportunità di modificare le abitudini scorrette. Ritengo inoltre che i Medici Competenti debbano proporre e gestire campagne aziendali di promozione della salute non solo per affrontare le problematiche legate all’alimentazione ma anche al fumo, all’abuso di alcolici, a stili di vita poco attivi o sedentari, allo stress offrendo ai lavoratori attività di formazione ma anche di counselling di gruppo ed individuale per dei percorsi efficaci di miglioramento del loro stato di salute.•


fiscale

DELOCALIZZARE

rischi e opportunità M

olti imprenditori sono tentati di delocalizzare la propria attività all’estero per la possibilità di risparmiare sul costo del lavoro, di beneficiare di regimi fiscali più vantaggiosi o anche per creare

sede amministrativa o l’oggetto principale della propria attività. Quindi se la società italiana ha trasferito la propria sede all’estero, ma gli amministratori sono tutti italiani o operano dalla casa madre italiana, continuerà

sugli incrementi di valore maturati in passato. Quindi la chiusura della struttura italiana e la contestuale apertura di una società simile all’estero potrebbe essere qualificata come trasferimento all’estero dell’a-

sinergie con partner esteri. La delocalizzazione, tuttavia, incontra talune criticità di natura fiscale che gli operatori devono tenere ben presente per evitare spiacevoli conseguenze in sede di accertamento. Di seguito saranno analizzati alcune fattispecie particolarmente delicate.

ad essere considerata residente in Italia. Per evitare ciò sarebbe opportuno nominare amministratori locali ed evitare scambio di comunicazioni dalla direzione italiana.

zienda. Va ricordato che nel caso di trasferimento in un Paese comunitario il problema è in parte attenuato in quanto la tassazione è sospesa fino al realizzo dei beni aziendali.

La tassazione delle plusvalenze latenti Se la delocalizzazione della sede all’estero avviene con il trasferimento della residenza dei soggetti che esercitano l’impresa commerciale si ha il realizzo, a valore normale, dei componenti dell’azienda: questo per evitare che le imprese fuggano all’estero senza scontare le imposte

La tassazione per trasparenza Altro caso frequente di delocalizzazione riguarda le imprese che lavorano prodotti spediti dall’Italia per ottenere riduzioni del costo del lavoro e dell’imposizione fiscale. Il rischio per tali strutture riguarda la disciplina delle “controlled foreign companies” white list. Tale disciplina attrae al regime di trasparenza fiscale (con

La residenza della società costituita all’estero Una società è considerata residente nel nostro Paese quando per la maggior parte del periodo di imposta ha in Italia anche solo una delle seguenti condizioni: la sede legale, la

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tassazione quindi in Italia) i soggetti quando vi è un rapporto di controllo, la tassazione è inferiore alla metà di quella italiana e la maggior parte dei ricavi sono dividendi o servizi infragruppo. E questo accade per le imprese trasferite in tutti i Paesi e non necessariamente in quelli c.d. black list Il Transfer pricing Altro tema caldo riguarda i cosiddetti prezzi di trasferimento. Infatti i ricavi derivanti da operazioni con società non residenti sono valutate in base al valore normale dei beni o servizi prestati o ricevuti. Spesso chi delocalizza vende merce italiana a prezzi inferiori per trasferire materia imponibile nel Paese a più bassa pressione fiscale oppure eroga

finanziamenti infruttiferi alla struttura estera o trasferisce tecnologia senza corrispettivo. Va ricordato che se la società italiana controlla o è controllata da una società estera non può determinare i prezzi delle transazioni intercompany liberamente. La stabile organizzazione Ulteriore rischio deriva dalla possibilità che l’Amministrazione finanziaria contesti la stabile organizzazione nello Stato estero assoggettandone in Italia i redditi prodotti. Due ipotesi a rischio sono l’agente monomandatario e la società interamente controllata. Nel primo caso l’agente dipendente dalla casa madre estera è considerato una stabile organizzazione con

conseguente inclusione dei relativi redditi nel bilancio dell’impresa preponente italiana e la relativa tassazione in Italia, sia pure con la concessione del credito per le imposte pagate all’estero. Nel secondo caso se una società italiana controlla una società estera e quest’ultima risulti totalmente asservita alle strategie della controllante, l’Amministrazione finanziaria potrebbe considerare la struttura estera come uno stabilimento o ufficio privo di autonomia decisionale e assumere la sussistenza della stabile organizzazione. Per evitare tali criticità può essere conveniente rinunciare da subito all’autonomia giuridica delle filiali estere e operare direttamente attraverso stabili organizzazioni.•


qualità & management

Francesco Domaschio

Dottore Commercialista

COSA FANNO I MANAGER

C

on questo articolo inauguriamo sulla nostra rivista «Economia Veronese» una nuova rubrica dedicata alla Qualità e al Management: ci occuperemo dei molteplici argomenti legati in modo specifico ai Sistemi di Gestione per la Qualità e più in generale alla Direzione e Organizzazione Aziendale. I temi da approfondire sono ampi e variegati, per cui sarà necessario fare delle scelte per concentrarci volta per volta su argomenti definiti e precisi, ma questo non ci impedirà di avere sempre una visione sistemica, appunto, e di volgere continuamente lo sguardo verso un quadro generale del funzionamento aziendale, per non perdere mai la bussola della gestione integrata d’impresa. Ad esempio, in merito ai Sistemi di Gestione per la Qualità, forse non molti sanno che lo standard ISO 9000 non è un’unica norma, ma è costituito da una famiglia di norme che,

oltre alle tradizionali ISO 9000, il “vocabolario” della Qualità, ISO 9001, lo schema certificativo, e ISO 9004, il modello per il successo durevole, si allarga anche alle norme della famiglia ISO 10000, quali la ISO 10002 per la gestione della soddisfazione dei clienti e dei reclami, la ISO 10014 sul conseguimento dei benefici economici mediante la Qualità, la ISO 10015 sulla formazione del personale, la ISO 10017 sulle tecniche statistiche relative alla Qualità, etc. E non possiamo dimenticare le norme della serie 11000 emanate dall’Ente Nazionale Italiano di Unificazione (UNI), quali la

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UNI 11097 sugli indicatori per la Qualità, la UNI 11098 sugli indicatori per la soddisfazione del cliente, etc. Naturalmente, più che badare alla serie di appartenenza o al codice numerico degli standard citati come esempio, occorre prestare attenzione al contenuto degli stessi, ai principi che essi si propongono in qualche modo di strutturare all’interno delle aziende, principi ispirati a un criterio generale di buon senso e di sana ed efficace gestione d’impresa. Si tratta infatti di un corpus normativo esauriente, diretto ad attivare all’interno delle imprese una serie di tools pratici e operativi per gestire con efficienza ed efficacia taluni aspetti spesso vitali per le organizzazioni produttive, commerciali o di servizi. Ma non ci limiteremo agli standard normati, trarremo spunto anche dagli aspetti organizzativi più sentiti dalle imprese; tra questi: la lean production e il lean thinking, ovvero come gestire l’azienda in modo snello, senza sprechi e con la massima efficienza possibile; oppure l’activity based management, la gestione basata sulle attività/processi con il correlato metodo di calcolo dei costi per attività; la leadership e la gestione delle risorse umane; la programmazione e gestione della produzione; il marketing e la strategia d’impresa, etc. Nella nostra navigazione seguiremo sempre la rotta del fare impresa, con la praticità e il pragmatismo richiesti. Che si tragga spunto da un modello normato e codificato in uno standard o da teorie e temi caldi per le imprese, cercheremo sempre di puntare agli aspetti pratici e operativi della gestione d’impresa, perché questo vogliamo fare: spremere standard e teorie per trarne linee guida operative e concrete. In una parola: il management. Negli articoli si daranno le pennellate sufficienti per farsi un’idea chiara e precisa degli argomenti trattati, mentre approfondimenti potranno essere disponibili sul sito di APIndustria che si arricchirà di una nuova pagina, intitolata anch’essa Qualità & Management, sugli stessi argomenti. Dunque, cominciamo: poiché tratteremo di management, non possiamo partire che da questa domanda: cos’è il management? Rispondiamo semplicemente: il management è ciò che fanno i manager. Ma cosa fanno i manager? Quali mansioni hanno in azienda? Che ruolo ricoprono? Una risposta più esauriente è questa: il management è far sì che le cose avvengano all’interno di un’organizzazione, e ciò che fanno i manager è come fare perché le cose avvengano.


Possiamo già fare la prima constatazione: tutti hanno bisogno dei manager. Non c’è organizzazione, strutturata o meno, che non debba raggiungere determinati obiettivi: che si tratti di un’impresa quotata in borsa, di una media impresa, di un’azienda famigliare, di un ente caritatevole o di un’associazione privata, c’è sempre bisogno di qualcuno che si faccia carico dell’onere di guidare l’organizzazione verso il successo, inteso come raggiungimento dei suoi obiettivi. Questo fatto è talmente importante che spesso, in determinati settori, la differenza tra imprese di successo e no dipende in buona misura dai loro manager e dalla leadership che sanno esprimere. Possiamo ora fare la seconda constatazione: il ruolo dei manager consiste nel gestire risorse e, soprattutto, persone: i manager devono quindi pianificare gli obiettivi da raggiungere e organizzare le risorse per conseguirli (plan); devono poi guidare, dirigere, attuare e motivare verso gli obiettivi le risorse e gli operatori (do); quindi dovranno controllare e assicurare che quanto pianificato sia eseguito come previsto (check), e infine attivare le azioni correttive se qualcosa non segue i piani (act). (*) I manager possono appartenere all’Alta Direzione (manager gestionali) o al livello operativo (management operativo), e

svolgono attività volta per volta amministrative, tecniche, relazionali. Per le funzioni manageriali si richiedono pertanto specifiche competenze: - competenze cognitive, molto importanti per i manager dell’Alta Direzione: capacità di cogliere il quadro generale e di scomporlo nelle sue parti costitutive, per prendere decisioni adeguate; - competenze tecniche, essenziali per i manager operativi: strumenti e tecniche specifiche del settore o area operativa di appartenenza, quali la contabilità, la produzione, il marketing, … - competenze gestionali: capacità di organizzare secondo il ciclo plan, do, check, act; - competenze relazionali: capacità di interagire con gli operatori, di motivarli e guidarli. Definiti così i manager e il loro ruolo, nei prossimi articoli potremo dedicarci ai problemi concreti che essi, quotidianamente, incontrano nel loro lavoro. (*) Chi fosse interessato al ciclo Plan, Do, Check, Act può leggere i relativi articoli pubblicati nei quattro numeri del 2013 della rivista «Economia Veronese».•

pubbliredazionale


previdenza

Il contratto di agenzia a tempo determinato e il diritto all’indennità di fine rapporto

P

reme principalmente ricordare che la Suprema Corte di Cassazione ha più volte ribadito con proprie sentenze che nel contratto di agenzia la fissazione di un termine finale al rapporto è rimessa alla piena autonomia delle parti

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e ne deriva il seguente principio di diritto, secondo il quale diversamente che nel contratto di lavoro subordinato non vi è l‘esigenza di limitare con norme rigorose la possibilità di stipulare contratti a termine in elusione della disciplina legislativa.

Non solo, con una recente pronuncia del 2013 è stata contemplata pure la legittimità della clausola di rinnovazione tacita «di anno in anno salvo disdetta» del rapporto di agenzia, senza che dalla reiterata rinnovazione del contratto a termine possa


trarsi la conseguenza di un unico contratto di agenzia a tempo indeterminato. Questo principio come noto è da considerarsi abbastanza rivoluzionario giacché precedentemente la questione del rinnovo tacito veniva intesa come volontà da parte della mandante di spezzettare il rapporto in una pluralità di contratti a termine con il fine di eludere quelle norma che riconoscono all’agente un trattamento diverso in relazione alla durata complessiva del rapporto ovvero preavviso e altri diritti relativi alla cessazione di fine rapporto. C’è anche da osservare che in dottrina mancherebbe una norma imperativa secondo la quale la successione dei contratti a termine mirerebbe ad eludere delle norme di legge, non solo, si è osservato altresì che l’esistenza di un termine preciso al rapporto in taluni ipotesi soddisfar oltre che un’esigenza della preponente anche l’interesse dell’agente, in considerazione che il contratto a tempo indeterminato è irrecedibile ante tempus, – fatte salve ovviamente l’ipotesi di giusta causa – e riconosce comunque il diritto a percepire l’indennità di fine rapporto nel caso di cessazione del contratto a tempo determinato per scadenza del termine pattuito tra le parti. Fatta questa premessa risulta interessante anche precisare che l`art. 1751 c.c., nel testo modificato dal decreto legislativo n. 505/1991, stabilisce che: “All’atto della cessazione del rapporto, il preponente è tenuto a corrispondere all’agente un’indennità (...)”. La norma, diversamente da quanto previsto nella versione precedente al menzionato decreto legislativo, non limita il riconoscimento del diritto all’indennità

di fine rapporto solo all’ipotesi di scioglimento del contratto a tempo indeterminato. Questo sta a significare che il legislatore ha voluto estendere la maturazione del diritto all’indennità di fine rapporto anche al caso di cessazione del contratto per decorrenza del periodo di durata stabilito dalle parti dai contraenti. In sostanza non esistono incompatibilità tra le norme in materia di indennità di fine rapporto e la figura del contratto a termine, incompatibilità che si limitano semmai all`applicazione dell’istituto del preavviso. Chiarito anche questo aspetto risulta ora importante entrare nel merito di comprendere qual’è il momento di maturazione del diritto all`indennità nel caso un contratto a tempo determinato che non cessi alla scadenza pattuita tra le parti, ma continui ad essere eseguito in forza della stipulazione di un altro (o di altri) contratto a termine o a seguito di proroga espressa o, infine, per effetto di una rinnovazione tacita in virtù di una specifica clausola contenuta nel contratto

a termine originario. In questi casi, utilizzati abbastanza di frequente, infatti, stabilire se il diritto all’indennità di fine rapporto sorga alla scadenza di ciascuno dei contratti a termine succedutisi nel tempo in forza di rinnovo espresso o tacito, o alla cessazione effettiva del rapporto, assume importanza fondamentale quanto meno sotto un duplice profilo: la quantificazione dell’indennità e la decadenza dal diritto e/o la prescrizione del diritto. Per quanto riguarda il primo punto si osserva che, sia l’art. 1751 c.c. sia gli Accordi Economici Collettivi prevedono criteri di determinazione delle indennità legati alla durata del rapporto. L’art. 1751 c.c. infatti stabilisce che l`indennità non può essere superiore ad un’annualità di provvigioni calcolata sulla media degli ultimi cinque anni del rapporto e gli AA.EE.CC. prevedono un incremento progressivo della percentuale da applicare alle provvigioni maturate anno per anno. Lo stesso dicasi per la quantificazione dell’indennità merito-

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previdenza

cratica per la quale assume rilevanza l’aumento delle provvigioni guadagnate nel corso del rapporto. In merito al secondo aspetto ovvero alla decadenza ed alla prescrizione si ricorda che l’art. 1751 c.c., 6° comma, prescrive che l`agente decade dal diritto all’indennità se, nel termine di un anno dallo scioglimento del rapporto, omette di comunicare al preponente l’intenzione di far valere i propri diritti, mentre gli importi si prescrivono nel termine di dieci anni dal momento in cui il diritto può essere esercitato e cioè dalla data di cessazione del rapporto. La decadenza e la prescrizione decorrono dalla scadenza dei termini di durata del rapporto convenuti dalle parti nei loro successivi accordi contrattuali o risultanti dall’applicazione di una clausola di rinnovazione tacita. È facile prevedere che in questi casi l’idea dell’agente di continuità sostanziale del rapporto, lo porta a trascurare di richiedere formalmente l’indennità in questione allo scadere di ogni termine contrattualmente convenuto, esponendosi così a facili eccezioni di decadenza o di prescrizione da parte del preponente, in caso soprattutto di rapporti di più lunga durata. La maturazione del dritto all’indennità di fine rapporto alla scadenza di ciascuno dei contratti a tempo determinato (piuttosto che alla fine effettiva del rapporto) potrebbe comportare, quindi, come appena detto, pesanti effetti sfavorevoli per

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l’agente. Alla luce di queste considerazioni, ovviamente, è stata posta la questione di legittimità della successione dei contratti a termine e dell`uso (abuso) di questi strumenti contrattuali, che potrebbero fondare una ipotesi di frode alla legge con l’effetto di imporre la nullità delle singole clausole appositive del termine e di riconoscere la durata a tempo indeterminato della rapporto di agenzia. Però come si diceva all’inizio la Corte di Cassazione ha sancito che il rapporto così frammentato non può essere considerato un unico contratto a tempo indeterminato. A tal proposito si deve precisare che gli Accordi Economici Collettivi hanno assunto consapevolezza della problematica e dei possibili abusi in danno all’agente prevedendo specifiche disposizioni in materia, quanto meno, di determinazione dell’ammontare dell`indennità. Per esempio l’AEC Settore Industria prevede espressamente, limitatamente all’indennità meritocratica che sia corrisposta: “nei termini e nelle condizioni di cui sopra, anche per lo scioglimento del contratto a termine, che sia stato rinnovato o prorogato”. Per sicurezza quindi gli agenti dovrebbero impedire la decadenza e la prescrizione inviando apposite comunicazione formali alle mandanti ad ogni termine che si rinnova tacitamente o che venga prorogato, anche in presenza di prosecuzioni in via di fatto.•


legale

Legge anticorruzione D

opo le leggi 110 e 112/12 che hanno ratificato la Convenzione di Strasburgo del 1999 sulla corruzione, la Legge 190/2012 è stata prospettata quale normativa idonea per la prevenzione e la repressione della corruzione. La legge non contiene una definizione di “corruzione”, ma come tale deve intendersi l’abuso, da parte di un soggetto, del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati. In data 26 novembre 2013, è stata pertanto approvata dalla C.I.V.I.T., Autorità nazionale anticorruzione, la proposta del Piano Nazionale Anticorruzione elaborata dal Dipartimento della funzione pubblica in base alla legge n. 190 del 2012. Secondo il contenuto del Piano Nazionale, ciascuna amministrazione dovrà adottare e comunicare al Dipartimento il proprio Piano Triennale di Prevenzione, che di regola include anche il Programma Triennale per la Trasparenza e l’Integrità, entro il 31 gennaio 2014. Con l’approvazione del Piano Nazionale prende concretamente avvio la fase di attuazione del cuore della legge anticorruzione attraverso la pianificazione della strategia di prevenzione a livello decentrato. Fondamentale sarà, per le PP.A.A., l’obbligo di trasparenza e di pubblicazione, nei siti web istituzionali delle Pubbliche Amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, con particolare riferimento a: • Procedimenti di autorizzazione o

concessione; • Scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta; • Concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e

privati; • Concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera Saranno pubblicati, inoltre, nei siti web istituzionali, anche i bilanci delle Pubbliche Amministrazioni, i conti consuntivi, nonché i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai

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cittadini. Con riferimento poi ai procedimenti di cui al comma 16, lettera b),ovvero gli appalti pubblici, le stazioni appaltanti saranno in ogni caso tenute a pubblicare nei propri siti web istituzionali:la struttura proponente, l’oggetto del bando, l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte, l’aggiudicatario, l’importo di aggiudicazione i tempi di completamento dell’opera, servizio o fornitura e l’importo delle somme liquidate Disposizioni sulla trasparenza sono previste anche in relazione a:incompatibilità, cumulo di impieghi ed incarichi, prevenzione del fenomeno della corruzione nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici, tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, conflitti d’interessi e incarichi dirigenziali È interessante soffermarsi sui punti più significativi di questa norma: innanzitutto si dà praticamente per scontato che la corruzione si annidi e si sviluppi nella Pubblica Amministrazione, con rilevante impatto esterno tale da influire anche sul complesso di rapporti economici della nazione; in secondo luogo si stabilisce che la lotta alla corruzione debba avere origine all’interno stesso della P.A., con conseguente ideazione di un sistema di controlli (sulla cui validità ed efficienza vigilerà lo Stato)

interni alla stessa P.A.. Infine, si stabilisce a chiare lettere che, pur essendo generalizzata l’attività di controllo, la responsabilità di questa attività dovrà essere ricondotta a persone specifiche che risponderanno per le eventuali omissioni, ovverossia dovrà essere individuato un Responsabile amministrativo della prevenzione della corruzione, che avrà l’incarico di redigere il Piano triennale anticorruzione. La legge di cui sopra è stata molto criticata; viene considerata a volte insufficiente a volte addirittura eccessiva. È da considerare encomiabile il tentativo di dotare il Paese (per la prima volta) di un “sistema quadro” contro la corruzione che non si limiti a semplici misure repressive penali, ma che contenga importanti misure preventive, in linea con le best practices internazionali e con le richieste che più di un organismo internazionale aveva rivolto all’Italia. Il vero problema è che questo sistema preventivo consta, più che altro, di misure programmatiche che dovranno poi essere riempite di contenuti concreti da successive disposizioni e, pertanto, occorrerà attendere l’emanazione di tali disposizioni secondarie per valutare la portata effettiva di questo nuovo “sistema quadro”.•


legale

Avv. Pierluigi Fadel

L’anatocismo

alla luce della modifiche operate dalla legge di stabilità 2014

L

a legge di stabilità interviene a modificare sensibilmente la disciplina dell’anatocismo bancario già introdotto con la previgente normativa a parziale deroga di quanto previsto dall’art. 1283 del codice civile. Prima di affrontare, però, quelle che sono state le modifiche introdotte sarà opportuno dare un’esatta definizione di anatocismo. Per anatocismo si deve intendere la capitalizzazione dell’interesse ovvero la corresponsione dell’interesse composto. A questo riguardo, la giurisprudenza di legittimità con due sentenze ha sancito la nullità dell’anatocismo trimestrale per poi giungere a dichiarare la nullità dell’anatocismo annuale in favore della banca e la legittimità di quello annuale in favore del cliente. Dal 1° gennaio 2014, il vecchio testo del TUB è stato modificato, il testo oggi in vigore stabilisce che debbano essere determinate modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria. Nelle operazioni in conto corrente deve essere assicurata, nei confronti della

clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori e gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.

lato con la sorte capitale. Facendo un passo indietro invece tipica era la clausola contrattuale adottata dalla banca per regolare il rapporto di apertura di credito ove la stessa a titolo esemplificativo poteva recitare: “gli interessi dovuti dal correntista… producono a loro volta interessi nel-

Scopo della norma oggi sarebbe quello di creare un monte interessi che non si capitalizza e che non dovrà essere cumu-

la stessa misura, capitalizzati nei singoli periodi trimestrali di contabilizzazione del rapporto i conti che risultino, anche

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saltuariamente, debitori vengono chiusi contabilmente, in via normale, trimestralmente e cioè a fine marzo, giugno, settembre dicembre”. Tale disposizione è stata dalla giurisprudenza ritenuta nulla in quanto essa non risponde ad un uso negoziale: ai sensi dell’art. 1283 c.c. la produzione di interessi sugli interessi, è consentita esclusivamente nel caso in cui sia stata pre-

sentata specifica domanda giudiziale oppure sia stata stipulata idonea convenzione posteriore di almeno sei mesi alla loro scadenza. E, pertanto, non è consentita dal nostro ordinamento una pattuizione preventiva della capitalizzazione trimestrale degli interessi non ancora scaduti non potendosi neppure parlare di usi normativi posteriormente formati.

Sarà pertanto opportuno operare, con l’aiuto di professionisti qualificati, un’attenta verifica ai rapporti bancari in essere e negoziati per valutare la presenza e la legittimità di eventuali clausole contrattuali che dispongono la capitalizzazione dell’interesse composto al fine di ripetere, laddove ne sussistano le condizioni, quanto in eccesso corrisposto•


normative

Alberto Faggioni Apigiovani

IL TRATTAMENTO TERMICO HT ISPM-15 FAO PER L’ESPORTAZIONE C

on il progressivo aumento della circolazione delle merci a livello mondiale nel 2002 la FAO ha redatto le nuove linee guida sui materiali da imballaggio in legno che potrebbero contenere insetti pericolosi stabilendone uno Standard. Infatti la circolazione indiscriminata delle merci e quindi dei relativi imballaggi ha creato problemi di tipo fitosanitario che sono stati risolti con questa nuova normativa. Lo Standard ISPM n.15 della FAO è ormai operativo in molti Paesi e, sicuramente, sempre più Paesi richiederanno imballaggi in legno per l’esportazione conformi allo Standard. L’obiettivo non è solo quello della protezione delle foreste dagli organismi nocivi importati, ma il libero commercio mondiale in quanto il materiale da imballaggio in legno, sotto forma di pallet, casse, gabbie o materiale di stivaggio, è utilizzato nell’ 80% circa di tutte le spedizioni internazionali. La soluzione adottata è stata quella di rendere il legno sterilizzato, eliminando ogni organismo pericoloso, mediante tipi diversi di trattamenti. Inizialmente essi erano due, quello di tipo termico e quello utilizzato con il bromuro di metile: mentre il primo è rimasto l’unico autorizzato in Italia, il secondo è stato bandito nel 2010. Il trattamento HT (Heat Treatment) consiste nel portare il legno a una temperatura superiore ai 56°C per almeno 30 minuti e viene effettuato solo dalle aziende certificate e autorizzate che sono in possesso o di un forno industriale dedicato o di materiale già trattato e pronto all’assemblaggio. Attualmente gli stati aderenti sono oltre 120, anche se va ricordato che per spedire imballaggi in legno all’in-

terno della EU non serve nessun tipo di fumigazione, tranne che per il Portogallo. Periodici controlli da parte di Enti terzi garantiscono il rispetto dello Standard e quindi la salvaguardia dell’ambiente. È sempre più di attualità la salvaguardia ambientale attraverso questa prevenzione, in Italia come nel resto del mondo. È auspicabile che cresca sempre di più la consapevolezza da parte degli Stati non ancora membri, e questo nell’interesse sia di chi spedisce l’imballaggio e soprattutto di chi lo riceve, per garantire così la sicurezza della massima tutela fitosanitaria.•

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il punto

Omofobia, più reale o ideologica?

C

’è un fantasma che aleggia sopra le nostre teste. È il fantasma dell’omofobia, ossia la paura verso la diversità sessuale. Non lo chiamo così perché sia senza consistenza. Il problema c’è, eccome. E non solo da noi. A guardare quanto succede in giro per il mondo, c’è da restare basiti. La Nigeria, ultima arrivata, nonostante le sue ricchezze sconfinate e primati in ambito tecnologico, ha promulgato nei giorni scorsi una legge, che colpisce gli omosessuali con la pena dell’ergastolo. Ma non siamo ancora al peggio, visto che molti altri Paesi, soprattutto musulmani, arrivano perfino alla condanna a morte. Segno che nell’attrazione per il proprio sesso le culture ancestrali vedono ancora una minaccia alla procreazione e quindi alla continuità della razza e della specie. Insomma una sorta di istinto di sopravvivenza che si sente minacciato dalla cultura gay. Qualche volta la questione è ideologica. Putin ha deciso che dalla Russia non verranno dati in adozione bambini a quei Paesi che riconoscono i matrimoni omosessuali, facendo nel contempo divieto di fare propaganda in materia davanti ai minori, pena la reclusione. Insomma, l’omosessualità vista come la cifra del declino di un Occidente da cui prendere le distanze, per dare compattezza ideologica e identitaria a quella Russia sempre più intenta a rimettere insieme i cocci di quella che fu la potentissima Unione Sovietica. I gay come la Crimea a servizio dell’unico sogno. Se in giro per il mondo le cose vanno in un certo modo, da noi il fantasma ha la fisionomia dello spauracchio, come se ci trovassimo davanti ad una epidemia. Eppure è dal ’94 che le aggravanti previste dalla legge Mancino vengono applicate a

tutte quelle azioni discriminatorie che nascono da motivi abbietti, come la diversità sessuale. Certamente la cultura omofobica non può appartenere al linguaggio della civiltà. In una società evoluta non esistono diversi, ma soltanto persone. Ed è a partire da queste convinzioni che nel nostro Paese s’è scatenata da tempo una campagna così tignosa e determinata, che qualcuno vorrebbe vedere come una forma di eterofobia. E come sempre succede a questo mondo, il pericolo è che a voler strafare si rischia di ottenere l’effetto opposto. Economia Veronese - marzo 2014

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A Venezia hanno distribuito nelle scuole materne, a spese del Comune, quarantasei fiabe gay. Se lavaggio del cervello si deve fare, si cominci da subito devono aver pensato i solerti educatori, pe-

raltro privando l’innocenza di un bimbo del mistero più autentico della vita. Ometto di raccontarvi il caso Barilla, costretto a fare dietrofront per aver dichiarato che per gli spot della sua pasta preferiva la famiglia tradizionale. Boicottato in simultanea, in tutto il mondo, è stato costretto a un dietrofront, di fatto una vera e propria gogna, degna di una purga di Mao. Nei mesi scorsi l’UNAR (Ufficio Nazionale anti Razzismo), organismo voluto dal Dipartimento per le Pari Opportunità, ha diffuso, nelle scuole dei tre gradi, una trilogia di manuali (ricerca e preparazione dei testi, costata dieci milioni di Euro) dal titolo pretenzioso: “Educare alla diversità a scuola”. Nei testi c’è una parte dedicata alla conoscenza delle parole e al loro significato e una parte dedicata ad esercizi pratici da fare con gli alunni, dalla prima elementare alla quinta superiore. Concetti espressi con chiarezza senza incertezze. «Essere omosessuali è una normale espressione della sessualità umana». Se poi una persona sta male per la sua condizione questo dipende esclusivamente dai pregiudizi sociali.

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Pregiudizi che hanno alcune sorgenti privilegiate, stando agli estensori dei testi. «Il grado di religiosità è uno degli elementi che delinea il ritratto dell’omofobo. Come appare evidente, maggiore risulta il grado di ignoranza, di conservatorismo politico e sociale, di cieca credenza nei precetti religiosi, tanto maggiore sarà la probabilità che un individuo abbia un’attitudine omofoba». Sul piano strettamente didattico si va poi dal compitino di aritmetica in cui si chiede all’alunno quanto ha speso uscendo con i suoi due papà, fino all’invito agli insegnanti ad evitare gli stereotipi, come «chiedere a un bambino se da grande sposerà una donna, se guarda la Formula 1 o gioca a calcio, e alle ragazze se fanno shopping o cucina». Ma è davvero così diffusa l’omofobia in Italia? Cito qualche dato. Il 4 giugno 2013 il Pew Research Center di Washington pubblica un’indagine sull’omofobia nel mondo. L’Italia è tra i dieci Paesi più gay friendly, con un 74% di favorevoli, subito dietro alla Francia con il 77 e la Gran Bretagna col 76. Sempre nel giugno scorso la SWG, Agenzia di indagini statistiche pubblica Scenari di un’Italia che cambia. Vengono resi noti i “nemici”, percepiti come tali dagli italiani. Si va dai mafiosi e gli evasori fiscali, vicini al 50% per arrivare ai meridionali, col 2%, e ai settentrionali con l’1%. Non c’è traccia di omosessuali. L’Istat pubblica una ricerca del 2012. Emerge che il 60% degli italiani è favorevole ai matrimoni omosessuali, mentre i dati su episodi di omofobia, registrati dagli organi di Polizia (offese, aggressioni, vessazioni…) sono 28 in un anno, uno su oltre due milioni di abitanti. Non andrebbe dimenticato che due Regioni italiane, la Puglia e la Sicilia, sono governate da due persone dichiaratamente omosessuali, senza che questo abbia generato assolutamente eventuali pregiudizi dei cittadini. Ognuno tiri le conclusioni che crede.• Tse Tse




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