ECONOMIA VERONESE trimestrale n.3 - Anno 12 - settembre 2013 - Editore Apiservizi S.r.l. - Verona, via Albere 21/C - Poste Italiane S.p.A. Sped. in abb. post. 70% CNS VR - D.L. 353/2003 (conv. in L. - 27/02/2004 n 46) art., comma 1 DCB VERONA - 2,58 Euro
profili
Marcolini Marmi Officine Airaghi Vetreria DO.LA.KA. B&G Produzioni Tecknow
personaggio
Nicola Sartor
sommario
Anno 12 - Numero 3 Settembre 2013
DIRETTORE RESPONSABILE Cirillo Aldegheri
GRAFICA arteOn di Ilenia Cairo - Verona www.studioarteon.com
EDITORE APISERVIZI S.r.l. Via Albere, 21/C - 37138 Verona Rivista trimestrale promossa da APINDUSTRIA
ASSOCIAZIONE PICCOLE E MEDIE MPRESE
DELLA PROVINCIA DI VERONA
www.apiverona.it
REDAZIONE c/o APINDUSTRIA Verona Via Albere, 21 - 37138 Verona Tel 045 8102001 Fax 045 8101988 economiaveronese@apiverona.net
editoriale
STAMPA Intergrafica Verona Srl - Verona www.intergraficavr.com FOTOGRAFIE Archivio Apindustria
5
profili Marcolini Marmi Officine Airaghi Vetreria DO.LA.KA. B&G Produzioni Tecknow
6 10 14 18 22 26
attività Nuove opportunità per lo sviluppo economico tra la Lituania e il Veneto Globale ed etica, i valori della nuova manifattura
terza pagina Verso Monet
44
Apivenetofidi
48
Apigiovani
Formazione? Sì, grazie...
51
I buoni dispositivi di protezione e gli indumenti da lavoro
30 32
legale
52
56
Clausole sul Foro competente 36
38 40
59
previdenza Custodia cautelare e detenzione del lavoratore
61
il punto Per integrarsi non servono i timbri
Apidonne Arte e impresa: un’unione vincente
Pubblicità raccolta in proprio
PDCA Plan–Do–Check–Act
territorio Pakelo Progetto sicurezza
D.L. 353/2003 (con. in L. 27/02/2004 n°46 art. 1, comma 1, DCB Verona
fiscale
formazione Il nuovo progettista
Poste italiane SpA Spedizione in abbonamento postale
ambiente e salute
il personaggio Nicola Sartor
Registrazione Tribunale di Verona n. 1393 del 22 marzo 2000
65
42
inserzionisti
Fimauto
Albrigi
Gruppo Argenta
Banca Popolare
Step
Varmo
Cattolica
B&C
Viani
Dellas
Alchemy
Multiutility
Samo
Vefim
Veneta Engineering
Merlini
Usarci
Martini Mobili
Adawen Economia Veronese - settembre 2013
3
editoriale
Arturo Alberti
ROTTURA STORICA
S
iamo in presenza di una rottura storica, non ci stiamo confrontando con una semplice crisi. Non ci sono precedenti a memoria d’uomo di quanto è successo nel mondo dal 2007 e di quanto ancor peggio è successo nel nostro Paese. Siamo arretrati di vent’anni e non sappiamo quanti anni ci vorranno per riprenderci. La mia opinione è che non torneremo più dove eravamo, non ci sono più le condizioni che negli anni ottanta ci hanno portato a vivere bene. Erano anni di economia drogata da indebitamento e da una congiuntura europea sostanzialmente favorevole alla crescita. In Italia muoiono circa 364.000 aziende all’anno, 1.000 al giorno e non se ne ricreano altrettante. Se siamo quindi in presenza di una rottura storica con il passato e vogliamo prepararci ad un futuro diverso, le soluzioni devono essere a loro volta di rottura. Non soluzioni o provvedimenti tampone, ma un’autentica rivoluzione dell’intero Paese. Serve un nuovo modo di pensare da parte delle istituzioni, delle imprese, dei sindacati. Portiamo dietro ciò che c’è di buono. Servono però decisi interventi di chirurgia e di trapianto: non il solito cachet per il mal di testa che la politica quotidiana ci propina. Una politica forte che vuole rinnovare il Paese non fa provvedimenti provvisori di dilazione del problemi (IVA e IMU) ma attua provvedimenti decisi e magari impopolari di sostanziale rottura con il passato. La parola d’ordine è proprio questa: rottura con il passato. Occorre spingere l’Italia verso una forte innovazione con investimenti per modernizzare il Paese con, per esempio, interventi di efficientamento energetico, di recupero dei centri storici, di infrastrutture e trasporti, di adeguamento delle strutture scolastiche. Su queste cose si possono fare i debiti: il Paese e l’Europa a fronte di un progetto industriale nazionale non possono che essere d’accordo. Se vogliamo avvicinarci al sistema europeo, dobbiamo farlo liberando risorse per le imprese e i lavoratori. Un governo forte deve senza indugio tutelare i settori strategici ed investire perché l’Italia torni a mettere la manifattura al centro della sua economia. Un governo coraggioso deve, prima di ogni cosa, liberarsi dal complesso sistema autoreferenziale proprio degli apparati di stato e del pubblico impiego. Questo sistema va svecchiato, riformato e sburocratizzato. In alternativa, la situazione non è più sostenibile a lungo. La BCE ci ha finora aiutato ad evitare il peggio. Ma adesso sta a noi risolvere il decadimento del Paese, il credit crunch killer di imprese e famiglie. Manca a tutti gli effetti una visione di lungo termine, una politica formata da statisti (almeno uno!) che guardino alla prossima generazione e non alle prossime elezioni. L’alternativa è una nave con pilota automatico programmato su una rotta che porta agli scogli: il comandante resterà questa volta a bordo?
Economia Veronese - settembre 2013
5
MARCOLINI MARMI
AMBASCIATORI DELLA PIETRA NATURALE NEL MONDO
D
all’alto di oltre mezzo secolo di attività, si propone come una delle aziende leader nel panorama lapideo scaligero, ovvero in quel comprensorio considerato ai vertici mondiali nella lavorazione della pietra: Marcolini Marmi, fondata all’inizio degli anni ‘60 a Stallavena da Calisto Marcolini e trasferita, nel 1968, nell’attuale sede nella zona industriale di Grezzana, è una realtà con una storia di professionalità tutta da raccontare. Cimentatasi prevalentemente, agli inizi, nella lavorazione del marmo e, solo in seguito, in quella del granito,
6
Marcolini Marmi ha saputo cambiare profondamente e radicalmente nel tempo, plasmando la sua concezione d’impresa sulle tendenze che si andavano definendo nel comparto (e, spesso, anzi, precorrendo le novità), e ha mantenuto tuttavia costanti quell’entusiasmo e quella passio-
ne che sono sempre stati ingredienti essenziali della sua forza e dei suoi successi. L’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, tutte a controllo numerico, la razionale disposizione dei capannoni, un ambiente accogliente, un metodo di lavoro incentrato sull’efficienza, sull’innovazione, sulla verifica minuziosa in ogni fase della lavorazione, dal prodotto grezzo a quello finito: è questo lo stile Marcolini Marmi. «Lavoriamo in maniera pressoché esclusiva su commessa – spiega Nicoletta Marcolini, figlia del fondatore – e abbiamo gradatamente spostato l’operatività su pilastri che
MARCOLINI MARMI
profili
Calisto Marcolini
Armando Brunelli
ci hanno permesso di superare gli scogli di una competitività sempre più agguerrita: sono state privilegiate una importazione e un’organizzazione interna che rispondono a caratteristiche di flessibilità tali da farci fronteggiare ogni possibile domanda del mercato e dell’utenza, in un continuo adeguamento delle produzioni agli standard qualitativi richiesti dalla clientela». Un ingranaggio aziendale perfettamente oliato, che parte dall’approfondita conoscenza delle materie prime (Calisto Marcolini è un vero guru, e ancora oggi ama condividere la grande competenza con il nipote Paolo, addetto agli acquisti dei materiali più esclusivi direttamente in cava in tutti i Paesi del mondo): un eccezionale parco macchine sviluppato attraverso una proficua collabora-
Economia Veronese - settembre 2013
7
zione con i migliori produttori italiani di impianti per la lavorazione del marmo, una dinamica rete rivenditori, la struttura logistica impeccabile fanno il resto. «Il progetto aziendale del fondatore – sottolinea Nicoletta – è fortemente condiviso da tutti i collaboratori, attivi in azienda. Il sapere e l’esperienza maturati nella nostra storia sono patrimonio comune con i nostri collaboratori, persone preparate, motivate, sempre pronte ad adattarsi alle diverse situazioni, interessate a ricercare e scoprire nuovi materiali o lavorazioni particolari. Si va inoltre facendo sempre più intenso il dialogo con l’universo di progettisti, interior designer, architetti, collaborazioni professionali divenute in questi ultimi anni, per noi, elemento di primaria importanza». Marcolini Marmi offre un’amplissima gamma di materiali – marmi di tutte le fogge e colori, graniti, limestone, quarziti, alabastri, porfidi, travertini, onici, ... –, visibili dalla clientela in un bellissimo show room, moderno e razionalmente organizzato, una vera e propria maison del marmo. «La vastità dell’esposizione nello show room – sottolinea orgogliosamente Calisto Marcolini – testimonia come sia davvero completo il catalogo della nostra offerta. Una volta che il cliente ha compiuto la sua scelta, siamo in grado di consegnare in tempi ragionevolmente brevi i materiali richiesti. Crediamo che immediatezza nelle risposte, chiarezza e trasparenza siano le caratteristiche principali per offrire un buon servizio: per questo abbiamo ideato la nostra Stone-Gallery online, disponibile anche come App su dispositivi mobili per rivenditori e clienti, aggiornata giorno per giorno, in tempo reale, sulla disponibilità di marmi, graniti e pietre (dati su: materiale, tipo di lavorazione, dimensione della lastra e disponibilità a magazzino – sia in totale metri che in pezzi di lastre). Nell’Outlet, inoltre, presentiamo una serie di prodotti (sia lastre che marmette) in offerta speciale». «L’asset vincente della nostra politica aziendale – prosegue Armando Brunelli, direttore generale – è la capacità di trasmettere quelle sensazioni di eleganza e funzionalità che la pietra naturale possiede e che, grazie alle professionalità interne, possiamo valorizzare al massimo anche attraverso il confronto con la clientela che supportiamo con un dialogo costante al fine di massimizzare le sue richieste. La natura è geniale, crea materiali unici e inimitabili e la
8
campagna di comunicazione da noi scelta è un inno a questa genialità». NATURA GENIALE è proprio il titolo di una serie di immagini in cui Marcolini riscopre e interpreta la bellezza del marmo, raccontando una storia ogni volta diversa così come diversa è la suggestione che ogni singolo pezzo sa regalare. Cosa c’è di più perfetto di un pezzo di marmo? Bisogna amarlo e capirlo per mettere in luce tutto il suo fascino. Ogni suo centimetro è diverso da quello seguente in un rincorrersi di sfumature infinite ed irripetibili. Marcolini racconta la poesia delle materie prime utilizzando lastre di materiali pregiati che diventano, seguendo i disegni delle venature e le sfumature, mare (Azul Macaubas) per una bianca barca a vela, cielo notturno (Galaxy Black) in cui sono visibili le costellazioni dell’Orsa Minore e del Capricorno, deserto (Yellow Sunset) in cui spunta, solitario, un cactus, e così via... Il profondo rispetto e la conoscenza della particolarità delle materie prime, della loro continuità, affidabilità e stabilità cromatica sono ciò che fa sì che l’azienda di Grezzana sia in grado di lavorare così bene marmo e granito, che dai tempi più remoti hanno rappresentato le architetture più maestose e imponenti delle civiltà antiche. «Realizzare progetti con materiali naturali – illustra Nicoletta – richiede il coinvolgimento simultaneo e coordinato di tutte le attività e figure professionali necessarie per portarli a compimento. La disponibilità di tecnologia avanzata non è altro che il completamento indispensabile per integrare le altre fasi, dalla verifica di fattibilità con lo studio dei disegni esecutivi, fino all’imballaggio e al coordinamento dei tempi di spedizione dei vari lotti». Alla realizzazione di grandi opere Marcolini Marmi ha dedicato una specifica divisione all’interno dell’azienda. «Serietà e conoscenza – continua – ci hanno portato alla realizzazione di alcuni tra i più impegnativi e prestigiosi progetti in tutto il mondo, capolavori di cui ci fa piacere ricordare alcuni esempi tra i più significativi quali l’Hotel Marlow e l’Harvard University Library a Boston (Massachusetts), la Trump Tower a Chicago, il Mongomo Leader’s Club in Guinea Equatoriale, il Paradise Hotel di Seoul (Corea), le stazioni Victory Park e Strogino della metropolitana di Mosca (Russia), 5 navi da crociera della Scenic Fleet, il palazzo Kennedy di Brescia, senza contare le numerose, sontuosissime residenze private
MARCOLINI MARMI
tra le quali ricordiamo quella dell’attore francese Gérard Depardieu». Marcolini Marmi ha “conquistato”, giorno per giorno, spazi e consensi sempre più ampi. Sintonizzando le proprie strategie di produzione e di commercializzazione sulle dinamiche dei mercati, questa impresa ha saputo presentarsi nel difficile agone del comparto lapideo con quel plus di innovazione di processo e prodotto che le ha consentito una sicura affermazione sui maggiori mercati internazionali. Oggi il suo fatturato è prodotto per il 94% all’estero – in particolare sui mercati del Nord Europa, degli Stati Uniti, della Russia, degli Emirati Arabi e della Gran Bretagna – e solo per il 6% sul mercato interno. Ma il profitto non è tutto, per l’impresa di Grezzana: nella sua filosofia si è fatta strada una sempre maggiore attenzione verso gli equilibri ambientali, sia per quanto riguarda il problema dello smaltimento dei fanghi di lavorazione, sia per quanto concerne i grandi temi del risparmio energetico e dell’utilizzo diffuso di fonti energetiche rinnovabili. «L’impianto di pannelli solari di cui ci siamo dotati – aggiunge l’imprenditrice – ci garantisce oggi l’autosufficienza energetica contribuendo ad un risparmio notevole dei costi fissi aziendali». La storia della Marcolini Marmi è un bell’esempio di azienda che pur conservando le caratteristiche di family business, ha sviluppato un mix di valori e una sensibilità nel programmare il proprio futuro che le consentono e le consentiranno di affrontare nel giusto modo ogni sfida.•
profili
MARCOLINI MARMI S.p.A. SEDE AMMINISTRATIVA
FATTURATO 2012
PRODUZIONE
SUPERFICIE AZIENDALE
Viale Carrara, 24 37023 Grezzana (Verona) Tel. 045 8650150 Fax 045 8650444
Trasformazione di materiali lapidei, marmi, graniti e pietre
ANNO DI FONDAZIONE 1960
Crescita del 33% rispetto al 2011. Trend di crescita del 2013 pari al 35% rispetto al 2012
Totale: 40.000 mq Coperta: 15.000 mq interamente coperta da pannelli solari
RISORSE UMANE
TITOLARI
Famiglia Marcolini
DIRETTORE GENERALE
Totale addetti: 60 Addetti alla produzione: 40 Impiegati: 15
Armando Brunelli
RESPONSABILE ACQUISTI Paolo Marcolini
RESPONSABILE COMMERCIALE Giulio Damini
RESPONSABILE PRODUZIONE Mauro Giacomelli
SITO INTERNET/E-MAIL www.marcolini.it marcolini@marcolini.it
RESPONSABILE TECNICO
Ing. Davide Signorini
Economia Veronese - settembre 2013
9
Officine Airaghi Ricambi sicuri per l’industria cartaria
C
’è un detto secondo cui la prima generazione crea un’azienda, la seconda la conserva e la terza la distrugge. Ebbene, il caso delle Officine Airaghi dimostra che è un detto sbagliato. Uno dei segreti è quello di saper ricreare a ogni generazione lo stesso spirito imprenditoriale dei capostipiti e la famiglia Ghibellini, che ha raccolto il testimone del fondatore, ne è l’esempio. La storia delle Officine Airaghi ha inizio
10
nel secondo dopoguerra grazie alla determinazione di Ezio Airaghi che, a San Martino Buon Albergo, decise, in una Verona che si accingeva a recuperare la propria identità imprenditoriale, di cimentarsi in una nuova attività che fosse legata all’industria cartaria che lui conosceva bene avendo lavorato per molti anni in quel settore. Grazie alle competenze, alla continua ricerca e all’intraprendenza del suo fondatore, le Officine Airaghi, trasferitesi intanto nella sede attuale a San
Giovanni, sono ben presto diventate uno dei più significativi simboli imprenditoriali del territorio scaligero e un partner insostituibile per i più importanti produttori di macchine per cartiere oltre che per le cartiere stesse. Una svolta significativa nel percorso di questa impresa avvenne nel 1993 quando Mario Ghibellini, a seguito della prematura scomparsa del suocero ed assieme al fratello ingegnere Bruno, decise di proseguirne l’attività nonostante la con-
OFFICINE AIRAGHI
Luca Ghibellini
Mario Ghibellini
temporanea professione di medico, convinto che un simile patrimonio non poteva e non doveva andare disperso. E così con l’avvento del nuovo millennio, prima Luca – responsabile commerciale – e poi Michele Ghibellini – responsabile qualità e produzione – hanno reso operativa la terza generazione che ha fatto propri gli anni di esperienza e professionalità, ma che ha saputo puntare sull’innovazione di tecnologia e di prodotto e sulla specializzazione per proiettare l’azienda in un contesto internazionale. «La profonda conoscenza dei problemi tecnici e di manutenzione – spiega Luca – ci consente di progettare e produrre in tempi brevi, grazie al nostro moderno
Michele Ghibellini
parco macchine, svariati tipi di ricambi per macchinari destinati all’area “preparazione impasto” della cellulosa nelle industrie cartarie». Vasta l’offerta di pezzi meccanici in acciaio inox, di componenti per la raffinazione come dischi e coni per raffinatori, prodotti per la depastigliazione, lamiere e settori forati per spappolatori, bussole di usura per protezione albero, giranti e alberi per pompe, rotori per pulper, turboseparatori e rotori per cestelli, cestelli a fori o fessure, coni depuratori. «Lavoriamo esclusivamente su commessa e selezioniamo con cura nuovi materiali – continua Michele – rivolgendoci a fornitori qualificati per l’approvvigiona-
profili
mento della materia prima grezza. Tutte le guarniture a marchio Airaghi sono costruite con speciali leghe di acciai inox antiusura che assicurano così la massima durata e affidabilità del ricambio tenendo anche in considerazione le tipologie di prodotto da trattare. Queste leghe sono state messe a punto dall’ufficio tecnico interno con la collaborazione di acciaierie specializzate e dopo lunghe sperimentazioni pratiche in cartiera. Ogni ricambio viene trattato termicamente per ottenere la durezza appropriata per l’uso al quale è destinato e per conferire allo stesso stabilità e performance adeguate». Le Officine Airaghi sono in grado di consentire un notevole risparmio di materiale, dato che forniscono prevalentemente ai loro clienti prodotti non usa e getta ma rilavorabili. Questo per garantire il massimo sfruttamento delle materie prime impiegate nonché per evitare sprechi nell’ottica di una sempre più attenta tutela dell’ambiente. Di riflesso, inoltre, ne consegue una convenienza diretta per il cliente nelle forniture dato che il costo del materiale riutilizzato viene detratto dal prezzo finale. L’azienda, che mantiene una posizione costante sul mercato interno nonostante la stagnazione del settore cartario, è da tempo impegnata
Economia Veronese - settembre 2013
11
in un processo di internazionalizzazione sia del proprio marchio che dei propri prodotti e manufatti, che, come conferma Luca, «hanno uno sbocco decisamente importante in mercati quali Indonesia (che rappresenta attualmente il 30% della voce export), USA, Nord Africa, Svizzera, Polonia, area Balcanica, Spagna, Francia e Gran Bretagna», Paesi alquanto interessanti con i quali gli imprenditori hanno instaurato un rapporto di collaborazione e fidelizzazione. Inoltre, uno dei punti forti dell’azienda lupatotina è l’attività di consulenza e di assistenza post vendita incentrata sul cliente e sulle sue specifiche esigenze. Infatti i fratelli Ghibellini sono promotori di una gestione personalizzata della clientela, traducibile nella scelta di materiali, servizi, studi tecnologici, intrecci relazionali rivolti alla realizzazione di prodotti “su misura” per ogni singola richiesta e sempre rispettosi dei canoni dell’alta qualità. Proprio la ricerca della massima personalizzazione ha portato allo sviluppo, negli ultimi anni, di alcuni prodotti innovativi (uno dei quali già brevettato internazionalmente) che, se da un lato sono volti a miglioramenti tecnici nel trattamento dell’impasto, dall’altro si prefiggono l’obiettivo di raggiungere un sempre maggiore risparmio energetico. Le questioni (ed i costi) legati all’energia, infatti, suscitano una crescente sensibilità all’interno mondo cartario essendo questa un’industria energivora in ogni fase di lavorazione. L’elevato standard di specializzazione raggiunto dall’azienda è confermato dalla certificazione ISO 9001: VISION 2000. Le Officine Airaghi sono un concreto esempio di come per disegnare il rilancio è necessario focalizzarsi su quel concetto chiave che è la centralità del manifatturiero, l’unico settore in cui l’Europa non perde la propria competitività a livello internazionale.•
12
OFFICINE AIRAGHI S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Via Garofoli, 239 37057 San Giovanni Lupatoto (Verona) Tel. 045 545674 Fax 045 546723
PRODUZIONE
Ricambi e pezzi meccanici per cartiere
ANNO DI FONDAZIONE 1948
DIREZIONE E RESPONSABILE ACQUISTI
RESPONSABILE QUALITÀ E PRODUZIONE Michele Ghibellini
FATTURATO 2012
1 milione e 560 mila euro
SUPERFICIE AZIENDALE
Totale: 3.000 mq Coperta: 1.200 mq
RISORSE UMANE
Addetti alla produzione: 7 Impiegati: 3
Dott. Mario Ghibellini
RESPONSABILE COMMERCIALE Luca Ghibellini
SITO INTERNET/E-MAIL www.officineairaghi.it info@officineairaghi.it l.ghibellini@officineairaghi.it mk.ghibellini@officineairaghi.it
Vetreria
DO.LA.KA.
La qualità che dura nel tempo
L
a scoperta del vetro si perde nella notte dei tempi. Reperti archeologici di grani di collane, intarsi, lamine e sigilli ne rivelano la comparsa in Medio Oriente già tra il 3500 e il 3000 a.C., ma furono i Fenici a diffondere gli oggetti e le tecniche della lavorazione del vetro nel bacino del Mediterraneo. Inizialmente questo materiale era molto prezioso, ma intorno al 50 a.C. divenne di impiego comune e molto presente nelle aree d’influenza ellenistica. Il suo utilizzo non ha conosciuto e non conosce sosta nell’oggettistica, nell’arredamento e nell’edilizia. Nella straordinaria fase del boom economico che il nostro Paese ha attraversato negli anni ’50, il vetro ha vissuto un’altra stagione di grande successo grazie allo sviluppo dell’edilizia popolare: si assisté allora alla nascita di moltissime imprese artigianali del settore del vetro legate al mondo dell’abitare. È proprio nel 1948, lungo il viale che conduce in piazza Brà, cuore pulsante dell’economia scaligera del tempo, che, grazie all’intuizione del vetraio Bruno Faccini e del
14
fratello Mario, aprì i battenti la Vetreria DO.LA.KA. che si contraddistinse da subito per l’impostazione altamente specializzata delle lavorazioni e per i macchinari utilizzati. Fu, infatti, tra le prime aziende in Veneto a dotarsi di un impianto per la tempera (o tempra) che consiste in un processo termico mediante il quale si inducono particolari tensioni in una lastra di vetro, allo scopo di elevare le caratteristiche di resistenza alla flessione e allo shock termico. Nel 2002 l’azienda è stata rilevata da Roberto Sparesato, Alberto e Marco Borchia, Renzo Gennari, Massimo Ieva – ex dipendenti e soci attuali – che, pur seguendo la strada tracciata dal fondatore, hanno saputo proiettarsi nel futuro individuando, tra gli innumerevoli campi di applicazione di questo materiale, delle produzioni di nicchia verso le quali indirizzare le proprie forze e competenze. DO.LA.KA. è così diventata partner primario di importanti aziende, leader nel settore dell’arredamento – Le Fablier, Selva, Accademia del Mobile – e in quello dei forni di panificazione – Mondial
VETRERIA DO.LA.KA.
profili
Forni, Zucchelli Forni, Lo Giudice Forni, Real Forni – che necessitano di manufatti dalle specifiche caratteristiche. «Grazie ai progressi fatti nello sviluppo, nella produzione e nella lavorazione di questo versatile materiale – sottolinea Sparesato – oggi disponiamo di vetri che possono essere impiegati in vario modo e che soddisfano, oltre alle esigenze estetiche, anche quella della sicurezza, requisito irrinunciabile in tutti i campi di applicazione specie in quello dei forni». Pur non venendo mai meno alla loro for-
prestazioni di massima precisione come taglio, molatura, bisellatura, foratura, sagomatura, serigrafia a freddo, tempera a caldo (300°), sabbiatura, forno tempera piano che permette di verificare rapidamente l’effettiva fattibilità di un progetto e di applicare aggiustamenti e modifiche in tempi brevissimi. In questa vera e propria boutique del vetro si lavorano lastre monolitiche da 3,20 x 2,40 mm o da 2,18 fino a19 mm, float (procedimento fabbricativo secondo il quale il vetro fuso galleggia su di un bagno di stagno fuso per trasformarsi in lastra piana) e extrachiare
mazione “artigianale”, i cinque soci, per poter essere competitivi e al passo con i tempi sin dall’inizio della loro avventura, hanno riservato la massima attenzione ai macchinari, insostituibili “compagni” di lavoro, effettuando importanti investimenti: significativo quello più recente che si aggira intorno ai 100 mila euro. Il parco macchine DO.LA.KA., di ultima generazione, garantisce prestazioni eccellenti sia in termini di qualità che di affidabilità: costanti sono infatti gli aggiornamenti, la manutenzione è programmata e particolareggiata. Alta è la professionalità del personale che assicura un controllo accurato e scrupoloso dei prodotti, durante tutte le fasi della lavorazione, fino alla consegna. L’ausilio di sistemi automatizzati CNC consente
per realizzare satinati, specchi, specchi colorati e anticati, stratificati, stampati, verniciati, vetri colorati acquario. «Il vetro – prosegue Sparesato – è eterno e inossidabile alle mode e, nel corso degli ultimi decenni, ha assunto un’importanza considerevole nel mondo dell’industria, dell’edilizia, dell’arredamento, dando anche impulsi decisivi all’architettura e al design contemporanei. Proprietà come la resistenza agli agenti chimici, la riciclabilità e l’indiscussa valenza estetica ne fanno un materiale essenziale che si presta a numerosissime applicazioni. Il gioco delle trasparenze, dei colori e le sue caratteristiche, combinati con la creatività dell’arredatore e il gusto dell’utente, consentono di realizzare elementi decorativi che contrad-
Economia Veronese - settembre 2013
15
distinguono e personalizzano l’arredamento in cui sono inseriti. Sono infatti molti gli architetti e gli interior designer che si avvalgono di vetri, vetrate, scale, per realizzare progetti di indiscusso impatto visivo: anche noi, che lavoriamo su commessa, da tempo collaboriamo con studi rinomati e ci siamo pertanto specializzati nell’arredamento e nell’architettura d’interni con la realizzazione, tra l’altro, di tavoli, tavolini, scale per interno, box doccia, pareti divisorie con funzione alquanto decorativa». Tecnologia, innovazione, professionalità, qualità di prodotto, disponibilità a sviluppare nuovi progetti, prezzi trasparenti, puntualità e consegna con propri automezzi sono elementi distintivi di DO.LA.KA. che ha raggiunto nell’ultimo esercizio un fatturato di 1 milione e 200 mila euro realizzato per l’85% in Italia e per il 15% all’estero. La qualità del servizio al cliente condiziona fortemente le decisioni di acquisto
dei consumatori – specie quelli italiani – che sono molto attenti al livello delle prestazioni offerto: il 90% afferma che un efficiente servizio influenza le decisioni di acquisto quasi quanto il rapporto tra prezzo e qualità; proprio per questo i soci DO.LA.KA. hanno puntato particolarmente sul customer service tanto da fare anche dell’imballaggio uno dei punti di forza aziendali.
Grazie alla versatilità delle attuali fardellatrici hanno infatti messo a punto e collaudato un sistema per proporre un imballaggio personalizzato secondo il mezzo di trasporto, il luogo di destinazione e le esigenze o le indicazione di ogni singolo cliente, “confezionando” i diversi manufatti o con bollini in sughero, o con carta gommata, bollinata o da riciclo.•
Vetreria DO.LA.KA. S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Via Binelunghe, 11 37139 Verona Tel. 045 8511530 Fax 045 8510569
PRODUZIONE
Vetri per i settori arredamento, industriale, architettura d’interni
ANNO DI FONDAZIONE 1948
TITOLARI
Roberto Sparesato, Alberto e Marco Borchia, Renzo Gennari, Massimo Ieva
RESPONSABILE PRODUZIONE Marco Borchia
FATTURATO 2012
1 milione e 200 mila euro
SUPERFICIE AZIENDALE
Totale: 2.870 mq Coperta: 1.800 mq
RISORSE UMANE
Addetti alla produzione: 9 Impiegati: 2
RESPONSABILE COMMERCIALE Massimo Ieva
SITO INTERNET/E-MAIL www.dolaka.it info@dolaka.it
16
B&G Produzioni Comunica le virtù del rame
M
olti continuano a lamentare gli effetti alquanto negativi di questa lunga crisi – economica e finanziaria – eppure, come insegna la storia, è proprio durante le crisi che emergono le virtù, le idee e i grandi propositi che danno vita a nuovi progetti di sviluppo. E visto che i problemi sono tanti, solo gli ottimisti sanno scorgere nella crisi le nuove opportunità, basta affrontare il tutto con la pas-
18
sione necessaria. Entusiasmo che ha animato, e anima, Giovanni Antonio Belletato e Giovanni Giarola da quando, alla fine del 2009, hanno pensato di avviare in quel di San Pietro di Morubio una nuova attività costituendo la B&G Produzioni S.r.l. «Concluso il mio impegno in ambito ricettivo – racconta l’amministratore unico Belletato –, sono stato coinvolto in questa avventura dal mio socio, vero esperto del settore, e nel 2010 abbiamo iniziato a produrre con-
cimi a base di rame solfato, ossicloruro, idrossido e zolfo, diventando una delle tre aziende italiane operative in questa nicchia di mercato». Il rame, infatti, nel suo viaggio attraverso i secoli, ha trovato applicazione nei campi più vari e verso la fine dell’800 l’impiego dei prodotti rameici ha fatto il suo ingresso anche nel settore agrario, che in questi tempi sta vivendo un momento favorevole e che anche per questo rappresenta, per la B&G Produzioni, un’importante quota
B&G PRODUZIONI
Giovanni Belletato
Giovanni Giarola
di mercato. «La difesa delle piante agrarie da agenti fungini – spiega Giarola – è basata principalmente sull’impiego di prodotti rameici che svolgono un’attività di controllo preventivo nei confronti di molti funghi patogeni. Questo aspetto positivo li ha resi il principale mezzo di tutela, contro una vasta gamma di crittogame e batteri in frutticoltura, viticoltura, ortofloricoltura, olivicoltura, agrumicoltura. Il verderame classico viene inoltre adoperato nei mangimifici (soprattutto come antibatterico) e in zootecnia è particolarmente utile per la pulizia degli zoccoli degli animali o per curarne la zoppia». L’uso del rame è oggi consentito anche nell’agricoltura biologica: dieci anni fa il suo utilizzo si era un pò ridotto per il ricorso a nuovi prodotti come i sistemici (i classici antibiotici) che però non si sono rivelati efficaci in anni particolari come quello attuale in cui, a causa delle condizioni meteorologiche (caldo e piogge copiose), si sono sviluppate numerose malattie tra le quali la peronospora della vite o la tignola dell’olivo. Con la sua linea produttiva l’azienda veronese ha inteso rispondere alla direttiva europea contro i nitriti e i nitrati, infatti, continua Giarola – responsabile produzione e marketing – «il nostro prodotto è biologico al 100% e l’agricoltura si sta spostando in questa direzione perché si ha lo stesso risultato, se non migliore, di quello che si ottiene con i prodotti sistemici. Abbiamo scelto
profili
proprio questo canale e non intendiamo spostarci anche se abbiamo creato delle linee flow, prodotti liquidi (non si respira la polvere) sempre a base di solfato di rame, ossicloruri, idrossido di rame e solfato tribasico, richieste soprattutto al Nord. Facciamo, in prevalenza, miscelazioni-formulati di polveri varie con diversi titoli di rame in base al loro impiego e insacchettamento in confezioni di peso diverso. Lavoriamo su commessa e produciamo sia con marchio B&G che, a richiesta, con il marchio dei nostri clienti e, per offrire loro un servizio completo, ci siamo dotati di un moderno centro stampa dove “studiamo” e realizziamo le etichette con il logo aziendale dei committenti, personalizzando prodotto e confezione». B&G Produzioni, realtà giovane e dinamica, ottenuta la certificazione ISO 9001:2008, ha saputo ritagliarsi uno spazio importante anche nell’industria: è diventata un fornitore qualificato per molte trafilerie che eseguono la ramatura dei fili per saldatura continua (utilizzati nell’industria automobilistica per la saldatura delle varie parti dell’auto) e per molte lattonerie che effettuano la trafilatura delle grondaie. «Abbiamo raggiunto un fatturato importante – prosegue Belletato – che quest’anno pensiamo di incrementare di un ulteriore 10%. Una soddisfazione enorme, per noi, che ci conferma la bontà delle nostre scelte: vale sempre la pena ricordare che siamo partiti da zero. Il fatturato è oggi costituito per circa il 70% dal mercato interno e per il restante 30% da quello estero: il rame è molto usato anche nel resto dell’Europa. Noi lavoriamo soprattutto nel Sud Italia dove, proprio come avveniva un tempo, il solfato di rame sciolto con l’acqua e neutralizzato con la calce viene usato per la preparazione della poltiglia bordolese». La materia prima, proveniente dalle miniere del Cile, viene trasformata attraverso una linea di lavoro completamente automatizzata che consente una riduzione notevole dei tempi di produzione. I clienti? «Ci rivolgiamo in esclusiva ai grossisti – svela Giarola –. Abbiamo una rete di vendita ben articolata che curiamo direttamente, il che ci consente di monitorare in tempo reale l’andamento del mercato». I prodotti B&G, in base alla normativa CE del 2006, non sono considerati fungicidi, ma concimi, e pertanto non necessitano del possesso del patentino da parte dell’utilizzatore finale ma sono di libera
Economia Veronese - settembre 2013
19
vendita e tutti sono accompagnati da una scheda di sicurezza che contiene informazioni utili che vanno dall’identificazione della sostanza/del preparato e della Società, all’identificazione dei pericoli fino alle misure da tenere in caso di pericolo. L’azienda è iscritta all’Associazione Italiana Fertilizzanti e la completezza e la correttezza delle etichette dei suoi prodotti, rispondenti rigorosamente ai criteri CEE, sono certificate da ARVAN, società leader in Italia nell’assistenza a produttori e utilizzatori di fertilizzanti. «Nonostante siano note alcune problematiche correlate con l’utilizzo prolungato di prodotti a base di rame, che hanno portato, in particolare, all’introduzione di un regolamento che limita l’uso di prodotti rameici in viticoltura (non si può superare la dose di 6 kg/ ha di rame metallo nel corso dell’annata, fino ad un massimo di 36 kg/ha in 6 anni) – conclude Giarola –, vanno ricordati anche gli aspetti positivi di questo materiale, che è comunque e sempre riciclabile. Per quanto riguarda la nostra azienda, poi, mi piace sottolineare che abbiamo particolarmente a cuore il rispetto e la difesa della natura. Non inquiniamo, nulla viene disperso nell’ambiante e recuperiamo sia gli scarti che l’acqua della lavorazione che, una volta opportunamente ritrattata, viene riutilizzata».•
20
B&G PRODUZIONI S.r.l. SEDE LEGALE
Via Rossellini, 34 37045 Legnago (Verona)
SEDE PRODUTTIVA E AMMINISTRATIVA
Viale del Lavoro, 6 Loc. Bonavicina 37050 San Pietro di Morubio (Verona) Tel. 045 7125474 Fax 045 7125529
RESPONSABILE MARKETING E PRODUZIONE Giovanni Giarola
SUPERFICIE AZIENDALE
Totale: 2.300 mq
RISORSE UMANE Addetti: 5 Impiegati: 1
PRODUZIONE
Miscelazione concimi a base di rame e composti azotati
ANNO DI FONDAZIONE 2009
AMMINISTRATORE UNICO
Giovanni Antonio Belletato
SITO INTERNET/E-MAIL www.begproduzioni.com begproduzioni @yahoo.it
TECKNOW SOLUZIONI D’AVANGUARDIA
T
ecknow, impresa guidata da Mariano e Marco Luzzi, si propone come player di alto profilo con competenze tecniche specifiche in impianti tecnologici / energie rinnovabili / risparmio energetico. Tutto ha inizio dalla determinazione e dalla passione di Mariano Luzzi deciso a mettere a frutto l’esperienza maturata nel campo dell’elettrotecnica e dell’elettronica nel corso della sua attività professionale svolta presso le Ferrovie dello Stato. Siamo nel 1999 e Luzzi pensa di voltare pagina e realizzare così un suo progetto imprenditoriale che prende forma con la costituzione della Tecknow S.r.l., realtà che diventa in breve tempo centro d’incontro di professionalità complementari per
22
l’ideazione, progettazione, realizzazione ed installazione di sistemi elettrici ed elettronici per applicazioni infrastrutturali nell’ambito dei settori del trasporto (ferroviario in primis), commerciale, industriale e civile, sfruttando sistemi hardware/software. Un’ampia gamma produttiva che consente all’azienda lupatotina di rappresentare, per la sua unicità operativa e per le competenze di cui dispone, il punto di riferimento per industrie di livello internazionale - Rete Ferroviaria Italiana-RFI, ECM, Alstom, Ferrovie Emiliano Romagnole-FER, RANA, Acque Veronesi … nell’ambito della system integration. «La nostra azienda – sottolinea Mariano Luzzi, legale rappresentante di Tecknow – ha consolidato la propria attività in molteplici
TECKNOW
Marco Luzzi
campi. Punti di forza sono il Light Design (progettazione layout, fornitura sorgenti luminose e corpi illuminanti di produzione standard e custom, dall’illuminazione per la sicurezza del traffico ferroviario SIL4 alla valorizzazione dell’opera d’arte) e il Power Center (progettazione, fornitura, installazione e collaudo sistemi NO-BREAK da 0,5 a 400 KVA, multi sorgente e ridondanti, SIL compliance). Per il comparto delle infrastrutture del sistema ferroviario abbiamo messo a punto un metodo ad hoc, Lightening proof (progetta-
Mariano Luzzi
zione + forniture + installazione), volto a dare continuità d’esercizio, evitando guasti da scariche atmosferiche, sbalzi di tensione o anomalie nei sistemi di alimentazione e nei supporti di comunicazione up to 15.000 V.». L’attività si completa con la realizzazione e manutenzione di apparecchiature e impianti di alimentazione e distribuzione dell’energia, a corrente continua e/o corrente alternata, in media e/o bassa tensione, con la progettazione e fornitura di alimentatori custom, con quella dei si-
profili
stemi di supervisione, tele gestione e telecontrollo e con i servizi di consulenza tecnica, progettazione, installazione, manutenzione (preventiva/predittiva/su chiamata). Tecknow persegue un aggiornamento costante che le consente di operare in segmenti di nicchia, progetta e realizza al proprio interno tutte le apparecchiature richieste, può contare infatti su un proprio ufficio tecnico, un laboratorio e su squadre esterne specializzate preposte all’installazione, collaudo e manutenzione. «L’approccio con il cliente – sottolinea Marco Luzzi – si sviluppa dall’analisi del contesto/cultura operativa dello stesso e della destinazione tecnica e sociale del prodotto/servizio fornito: da queste premesse si definiscono la qualità e l’affidabilità richiesta al prodotto/servizio oltre che i tempi e i metodi di intervento atti a soddisfare le attese della committenza». «Nel momento stesso in cui il cliente ci espone l’incarico che intende affidarci – continua Mariano Luzzi – siamo in grado di assicurare un team di lavoro capace di rispondere con efficacia e economicità, oltre che con la flessibilità necessaria, alle diverse problematiche che l’impegno richiede. Il tutto in un arco di tempo decisamente ragionevole, consapevoli del fatto che il “tempo è denaro”. Gli esperti di cui ci avvaliamo ci consentono di assicurare una gamma completa di servizi: dallo studio di fattibilità alla messa in opera dell’impianto, all’attività di consulenza che garantiamo anche nella fase di post vendita». Tecknow segue attivamente anche l’evoluzione delle tecnologie legate al fotovoltaico mantenendo costante la propria presenza all’interno di workshop o gruppi di lavoro dove le diverse esperienze, di progettisti e di installatori, si incontrano con player di mercato per maturare soluzioni sempre più vincenti. L’utilizzatore finale ha così la certezza di ricevere un accurato supporto tecnico per lo
Economia Veronese - settembre 2013
23
sviluppo, insieme al team di progettisti e squadre di installatori, della miglior soluzione. «Lo scenario nazionale sul fotovoltaico è in continua evoluzione – sottolinea Mariano Luzzi – ed è passato dal concetto di investimento a quello del risparmio, obbligando perciò ad una diversa visione del generatore fotovoltaico, che verrà integrato con sistemi di accumulo e potrà lavorare in isola». Altro campo in cui l’azienda lupatotina è particolarmente attiva è quello del LED-LEP. L’applicazione del concetto di efficienza al consumo di energia ha infatti determinato una vera e propria rivoluzione del mercato mondiale dei dispositivi elettronici. L’illuminazione è stata uno dei
precursori del cambiamento, forte di una tecnologia in continuo sviluppo, volta ad abbattere costi e consumi a favore di una maggiore qualità della luce emessa. La Tecknow, all’interno di un lungimirante progetto, ha creduto nel binomio energie rinnovabili ed illuminazione a LED (Light Emitting Diode). La struttura progetta e propone soluzioni illuminotecniche integrate sia per impianti esistenti che nuovi, per applicazioni industriali e residenziali. «L’illuminazione led sarà ancora maggiore – spiega Mariano Luzzi – quando riusciremo ad accumulare l’energia prodotta di giorno con l’impianto fotovoltaico, consumandola gradualmente all’occorrenza. Inoltre, per applicazioni con necessità di
potenze elevate, proponiamo soluzioni innovative ed efficienti sfruttando la tecnologia LEP (Light Emitting PlasmaTM2012), simile al LED per i consumi, ma con maggior resa luminosa». Tecknow si fregia della certificazione UNI EN ISO 9001:2008 e dell’attestazione SOA OS9 e OS30 (che le permette di partecipare alle gare d’appalto bandite da enti pubblici) ed è iscritta all’Albo nazionale degli installatori di impianti di segnalamento ferroviario. Il consolidato know how, la duttilità operativa, la serietà, il valore delle proprie prestazioni e la competenza con cui riesce ad interpretare i bisogni della committenza le hanno consentito di imporsi all’attenzione generale.•
TECKNOW S.r.l. SEDE AMMINISTRATIVA Via San Giovanni Lupatoto, 25 37134 Verona Tel. 045 8752897 Fax 045 8778286
SEDE PRODUTTIVA
Via G. Garibaldi, 5/29 37057 San Giovanni Lupatoto (Verona)
PRODUZIONE
Progettazione, realizzazione e installazione di sistemi elettrici ed elettronici per applicazioni infrastrutturali. Applicazioni hardware software
ANNO DI FONDAZIONE 1999
SOCI AMMINISTRATORI Mariano e Marco Luzzi
LEGALE RAPPRESENTANTE Mariano Luzzi
RESPONSABILE COMMERCIALE Marco Luzzi
SITO INTERNET/E-MAIL www.tecknow.info info@tecknow.info
24
NICOLA SARTOR Rettore dell’Università degli Studi di Verona
C
ultura e formazione delle future generazioni. L’ateneo scaligero, già fra i più prestigiosi, ha oggi nuove opportunità di crescita e sviluppo. Partendo da questi presupposti, come intende attuare il suo mandato? L’analisi della qualità della ricerca italiana – promossa dall’A.N.V.U.R. (Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario) e conclusasi di recente – ha mostrato come l’Ateneo scaligero sia ai primi posti a livello nazionale. Parallelamente, si stanno avviando valutazioni sulla qualità della didattica e, più in generale, delle attività svolte dalle università. Si tratterà quindi di trarre spunto da questi processi di valutazione per identificare le aree suscettibili di miglioramento. È mia intenzione avvalermi della collaborazione di giovani Colleghe e Colleghi con specifiche competenze e di dare spazio all’entusiasmo e allo spirito di servizio assai diffuso tra coloro che, a vario titolo (docenti, personale tecnico e amministrativo) svolgono la loro attività professionale presso l’Università di Verona. Sarà anche necessario rafforzare le relazioni internazionali già presenti in alcuni gruppi di ricerca e di sollecitarne di nuove. Verona è nota in tutto il mondo e ha grandi potenzialità attrattive: dall’intensificazione delle relazioni internazionali potrà trarre beneficio tutto il Territorio, anche attraverso lo sviluppo di relazioni informali. Una delle più importanti risorse del sistema produttivo è rappresentata dal “capitale umano”. Cosa può fare, a suo giudizio, la nostra università per essere realmente ponte fra le giovani generazioni e le imprese? Si dovrà agire in diverse direzioni. Sarà necessario rafforzare e migliorare, dal punto di vista qualitativo, le opportunità di far svolgere ai nostri studenti stages e tirocini realmente formativi. Sarà necessario individuare, in collaborazione con le imprese, aree di formazione e aggiornamento professionale post lauream. Più in generale, ritengo che nel medio periodo grandi benefici possano derivare anche da iniziative mirate a divulgare la conoscenza dei principali risultati del progresso scientifico e
26
NICOLA SARTOR
tecnologico anche tra i cittadini. Tra quelli più giovani, ciò aiuterà anche a identificare i percorsi formativi maggiormente utili e a loro congeniali. Il tessuto imprenditoriale italiano – veneto in particolare – è costituito per oltre il 90% da PMI che, in un sistema di economie globalizzate, spesso vincono grazie alla carta dell’innovazione. L’università veronese può aiutare il mondo dell’impresa su questa strada? Certamente. Sono in atto riflessioni sui modi per diffondere i progressi nelle conoscenze tra le imprese e per rafforzare in modo sistematico i rapporti tra gruppi di ricerca e sistema produttivo. Confido che da queste riflessioni, condotte insieme a rappresentanti del mondo produttivo, emergano nuove possibilità di sviluppare in modo sistematico spin-offs universitari e start-ups imprenditoriali. Anche l’intensificazione delle relazioni internazionali, incluse quelle che riguardano l’attività didattica, potranno essere occasione di crescita per le imprese. A un periodo di grandi fermenti e progettualità, ha fatto seguito un periodo di stasi. A Verona, eccezion fatta per Cueim, diverse istituzioni, come ad esempio Star, che avrebbero dovuto, e potuto, affiancare le esigenze del sistema produttivo, sono scomparse o inattive. Quali, secondo Lei, i motivi? L’esperienza internazionale, oltre che nazionale, mostra come un ingrediente fondamentale nelle iniziative di successo sia rappresentato dalla contiguità, anche fisica, tra
personaggio
i gruppi di ricerca e i soggetti interessati a testare e sviluppare nuove iniziative imprenditoriali. Potrà sembrare strano o secondario, ma il rapporto quotidiano consente di interagire e di discutere anche informalmente sulle nuove frontiere delle conoscenze: spesso è da questi colloqui che sorgono nuove idee imprenditoriali. Oltre al rafforzamento degli spin-offs e delle attività di start-ups, cercheremo di rafforzare i canali per la diffusione delle informazioni relative ai principali filoni di ricerca attivi nel nostro Ateneo. Non mi sorprenderei se si scoprisse che alcune competenze, che negli anni passati si cercavano altrove, sono presenti a Verona. In questo, sarà necessario, da parte di coloro che svolgono la loro attività in Ateneo, uno sforzo nella semplificazione nelle relazioni e del linguaggio che spesso rappresentano un ostacolo nell’instaurazione di rapporti di collaborazione tra dipartimenti e PMI. Ritiene che uno dei maggiori ostacoli sia stata anche l’incapacità delle istituzioni veronesi di fare sistema fra loro e sapersi raccordare a quel reticolo aziendale composto da imprese di piccola e media dimensione non in grado di impegnarsi in investimenti sul fronte della ricerca? A livello generale, è sicuramente vero che negli ultimi decenni nel nostro Paese è prevalso l’individualismo. La libertà e l’iniziativa individuale sono sicuramente alla base dello sviluppo. Ma esse non bastano: il successo individuale (a livello personale come anche d’impresa) richiede di poter vivere in una comunità armoniosa e in un contesto in cui sono presenti infrastrutture collettive sia materiali,
Economia Veronese - settembre 2013
27
sia immateriali. Tali infrastrutture non nascono dal nulla: richiedono progettazione comune e identificazione di risorse da condividere. Perché ciò avvenga, è necessario che ciascuno di noi alzi lo sguardo rispetto ai propri immediati interessi per contribuire a identificare ciò di cui la collettività ha bisogno. A sua volta, questo richiede l’individuazione di uno o più sentieri di sviluppo strategico. Nel suo programma ha immaginato un ateneo “aperto” alla città e al territorio. Come ipotizza di realizzare un simile progetto in quel quadro di pervaso agnosticismo in cui Verona sembra caduta da quale anno a questa parte? Non credo che Verona sia pervasa da agnosticismo. Caso mai, da una certa ritrosia nel discutere, anche pubblicamente, di alcuni temi di grande interesse da parte di gruppi tra loro culturalmente diversi. In tutti i campi in cui sono presenti all’interno dell’Ateneo scaligero adeguate competenze scientifiche, credo che il contributo alla discussione che può dare l’Università di Verona sia assai grande. Anche il sistema degli atenei italiani è al centro di quella spending review che si va sbandierando da oltre un anno. Quale fonti di reddito può o potrà attivare la nostra università per essere all’altezza della situazione attuale e, soprattutto, per essere funzionale alle esigenze del sistema imprenditoriale del comprensorio regionale? La missione istituzionale di un Ateneo non è quello di produrre reddito ma di sviluppare e diffondere le conoscenze cha costituiscono un ingrediente fondamentale non solo per produrre reddito, ma anche (direi soprattutto) per contribuire a diffondere la cultura, il senso civico senza i quali non si possono attuare gli obiettivi che l’Italia si è data nell’adottare l’attuale Costituzione. Circa gli aspetti speci-
28
NICOLA SARTOR
fici relativi alla spending review, la mia esperienza governativa, durante la quale ho potuto interagire con la Commissione tecnica sulla finanza pubblica a suo tempo presieduta dal prof. Gilberto Muraro (Università di Padova), ha contribuito a rafforzare il convincimento che effetti duraturi richiedano interventi strutturali di medio periodo. Affinché ciò possa avvenire, è necessaria la condivisione degli obiettivi e delle priorità da parte di tutta la classe politica. Ciò, finora, è mancato e quindi si è assistito alla sterile politica dei “tagli” alla spesa, metodo che certo non fa parte della spending review. Infine, per quanto riguarda la nostra università, è mia intenzione avviare da subito una riflessione sulla riorganizzazione dell’Ateneo e dei propri modi di operare al fine di elevare il livello di efficienza e di efficacia dei nostri servizi.•
Prof.
personaggio
NICOLA SARTOR
Luogo e data di nascita Bolzano, 14 marzo 1953.
Luogo di lavoro
Dipartimento di scienze economiche, via dell’Artigliere, 19 - 37129 Verona. Tel. (+39) 045 8028 508 Fax (+39) 045 8028 529 E-mail: nicola.sartor@univr.it
Istruzione
1971 Diploma di maturità classica, Collegio “S. Pio X”, Treviso. 1976 Laurea in Economia e Commercio, Università Ca’ Foscari, Venezia. 1979-80 Master of Science in Economics, Università di York (U.K.).
Professione
2000 a oggi Professore ordinario di Scienza delle finanze, Facoltà di Economia, Università degli studi di Verona.
Altri incarichi professionali correnti
2006 a oggi Componente del Comitato scientifico della Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali, Modena. 2009 a oggi Consigliere con funzioni di censore, Banca d’Italia, Sede di Verona. 2010 (ott.) a oggi Componente del Consiglio generale della Fondazione Cariverona, Verona. 2011 (gen.) a oggi Componente (esperto esterno) del Comitato finanza della Fondazione Cariverona, Verona.
Precedenti esperienze professionali
2006 (giu.) - 2008 (mag.) Sottosegretario di Stato, Ministero dell’economia e delle finanze, con delega per la finanza pubblica. Rappresenta il governo in parlamento durante la discussione della legge finanziaria e di bilancio e degli altri provvedimenti con effetti sulla finanza pubblica. 2003 (ott.) - 2006 (mag.) Preside, Facoltà di Economia, Università degli studi di Verona. 2003 (mag.) - 2006 (mag.) Componente del consiglio di amministrazione della “Cassa di risparmio di San Miniato s.p.a.”. 2002 (apr.) – 2006 (mag.) Componente della “Consulta” della “Cattolica Assicurazioni s.p.a.”, Verona. 2002 (ott.-dic.) Componente del “Comitato ordinatore” dell’Accademia nazionale dei Lincei per l’organizzazione di un convegno sui temi della bassa fecondità. 2001 (ott.) - 2003 (set.) Rettore vicario, Università degli studi di Verona. 2000 - 2006 (mag.) Componente del “Nucleo di valutazione” della Provincia di Verona. 1993 (nov.) - 1999 Professore associato di Scienza delle finanze, Facoltà di Economia, Università degli studi di Verona. 1994 – 1998 Componente del “Consiglio tecnico-scientifico per la programmazione economica”, organo consultivo del Ministro per il bilancio e la programmazione economica. 1993 e 1997 Membro di 3 commissioni di studio nominate dal Ministro delle finanze su argomenti legati alla riforma dell’imposta personale sui redditi. 1993 – 1994 Consigliere economico del Ministro del bilancio e della programmazione economica (On. prof. Beniamino Andreatta e prof. Luigi Spaventa). 1990 (lug.) – 1993 (ott.) Economista, Servizio studi della Banca d’Italia, Roma (grado finale: condirettore). Titolare di un’unità di ricerca (capo Ufficio problemi dell’economia pubblica) 1988 (apr.) – 1990 (giu.) Economista, Monetary and fiscal policy division, Department of economics and statistics, O.E.C.D. (Parigi). 1981 (mag.) – 1988 (mar.) Economista, Servizio studi della Banca d’Italia, Roma. 1978 (lug.) – 1981 (apr.) Funzionario, Banca d’Italia, Sede di Torino.
Principali aree d’interesse scientifico
· Debito pubblico e politica di bilancio: sostenibilità ed equità intergenerazionale; · Effetti economici e finanziari dei mutamenti demografici; · Sistemi pensionistici pubblici; · Giustizia distributiva e politiche per la famiglia; · Tassazione diretta.
Economia Veronese - settembre 2013
29
attività
“NUOVE OPPORTUNITÀ PER LO SVILUPPO ECONOMICO TRA LA LITUANIA E IL VENETO”
I
ncontro organizzato dall’’Ambasciata della Repubblica di Lituania in Italia, in collaborazione con il Comune di Verona, la Camera di Commercio di Verona e la Camera di Commercio Italo-Lituana “Nuove opportunità per lo sviluppo economico tra la Lituania e il Veneto”: questo il tema dell’incontro tenutosi a Verona allo scopo di fornire agli imprenditori veneti informazioni utili sulla Lituania e di fare il punto sulle opportunità di intervento offerte dal mercato lituano, sui potenziali partner commerciali, sulle agevolazioni fiscali per gli investitori stranieri, nell’ottica di valutare quale interesse ne possono trarre le nostre aziende. Presenti all’incontro, tra gli altri, Ugo Meucci segretario generale della Camera di Commercio Italo-Lituana a Roma, il consigliere commerciale Vaidotas Karvelis in rappresentanza dell’Ambasciata di Vilnius, Arturo Alberti presidente Apindustria Verona, Alberto Bertoldi console a Venezia, Eimuntas Kiudulas, direttore di FEZ Klaipeda (porto franco sul Baltico), Justinas Pagirys di Invest Lithuania. La Lituania, con una superficie di 65.300 kmq, è il più esteso dei Paesi Baltici (gli altri sono Lettonia ed Estonia), Repubblica indipendente dal 1991, membro dell’UE e della NATO, dal 2007 incluso nel trattato di Schengen. La Lituania è inoltre membro della World Trade Organization (WTO) e ha sottoscritto più di 30 trattati internazionali bilaterali per mutua protezione e promozione degli investimenti, nonché per evitare la doppia tassazione: tra i Paesi si annovera anche l’Italia. Le voci più significative della sua struttura produttiva sono costituite dalle
30
industrie alimentari, tessili e del legno, ma i settori più attivi sono quelli dell’IT e dei servizi. Grazie alla posizione geografica la Lituania funge da ponte naturale tra ovest ed est per il commercio di transito. È un Paese dinamico che in questo 2013 sta registrando una cresci-
ta del 3%, un’inflazione di circa 3 punti percentuali. Il suo rapporto commerciale con l’Italia è cresciuto negli ultimi anni del 20% e può svilupparsi ulteriormente perché la Lituania beneficerà, nell’arco di tempo compreso tra il 2014 e il 2020, di forti aiuti dei fondi strutturali europei.
Di recente è stata pubblicata la classifica annuale della libertà economica dei Paesi del mondo – a cura della fondazione Heritage e del Wall Street Journal – dalla quale è emerso che la Lituania si colloca tra i migliori sistemi in Europa e occupa la 22a posizione nel mondo, con un grado di libertà economica del 72,1% in aumento dello 0,6% rispetto all’anno precedente, (l’Italia è oggi 83a con un +1,8% a quota 60,6%). Il debito pubblico lituano si aggira intorno al 41,2%; il sistema bancario a matrice scandinava e dall’avanzata tecnologia favorisce l’impresa e le relazioni commerciali, senza troppa burocrazia. Si può aprire un’azienda in un solo giorno, l’esenzione per una nuova impresa e sugli immobili è allo 0% (per diversi anni!), mentre l’imposta societaria ammonta al 15% (Italia: 31,4%). Un ulteriore vantaggio concesso a chi investe in Lituania deriva dalla presenza di due Zone Economiche Libere, aree produttive speciali in cui l’investitore straniero è praticamente esente da tasse: una a Klaipeda, favorita dalla vicinanza del porto, e l’altra adiacente all’aeroporto di Kaunas. Nel suo intervento Arturo Alberti, presidente Apindustria Verona, ha fatto un excursus sull’economia italiana che sta ancora vivendo una fase di profonda difficoltà, in cui le debolezze strutturali sono acuite dallo sfavorevole momento congiunturale; nell’arco di un quinquennio ha dovuto far fronte alla crisi finanziaria, all’instabilità del mercato del debito, a due profonde recessioni. Ma l’anno scorso l’export italiano (con 390 miliardi di euro) è cresciuto del 3,7% – pari a un incremento di poco superiore, in termini di valore, ai 13,8 miliardi di euro – e il 2012 si è chiuso con un surplus della bilancia commerciale di quasi 11 miliardi di euro grazie alla contrazione delle importazioni. Il saldo positivo complessivo è stato sostenuto dall’ampio avanzo nell’interscambio con i mercati appartenenti all’Unione europea (+9,7 miliardi di euro). Anche il Veneto, ha sottolineato Alberti, ha risentito gli effetti della recessione nei settori della metallurgia, della moda, dell’industria del legno, dell’arredamento, della carta e stampa, che coprono quasi il 60% della manifattura regionale. Riferendosi all’economia veronese il presidente ne ha sottolineato la polisettorialità che si manifesta nel settore alimentare e delle bevande, metalmeccanico, del mobile, tessile-abbigliamento-
calzature. Un comparto di fondamentale importanza è quello della lavorazione del marmo (514 imprese registrate). Il valore delle esportazioni di marmo veronese nel 2012 (con 372,9 milioni di euro) ha registrato un aumento su base annua del 4,2%. I primi due mercati di destinazione, Germania e Stati Uniti, che rappresentano una quota del 46,2% hanno segnato rispettivamente un +3,9% e un 17,2%. Nel 2012 la provincia di Verona, con un valore complessivo dell’export che – secondo i dati provvisori diffusi dall’Istat – supera i 9 miliardi di euro, si conferma al terzo posto a livello regionale e migliora il proprio posizionamento in ambito nazionale rispetto al 2011, qualificandosi come decima provincia italiana per valore delle esportazioni. Il 2012 si è chiuso con un aumento del valore delle esportazioni provinciali del +3,4%, confermando la forte vocazione all’internazionalizzazione del tessuto economico veronese. I due Paesi hanno quindi spazio per una proficua collaborazione in molti settori e l’export veronese verso la Lituania può puntare su macchine agricole, prodotti lapidei, agroalimentari e vino. • B.P.
Economia Veronese - settembre 2013
31
attività
S
i è tenuta a Roma la prima assemblea annuale di Confimi Impresa – Confederazione dell’Industria Manifatturiera Italiana e dell’Impresa Privata – costituita per rappresentare le imprese italiane manifatturiere e delle attività ad esse collegate che si sono poste come primo obiettivo quello di tornare ad essere il “sindacato” degli imprenditori. «Globale ed etica, i valori della manifattura questo il tema scelto per la nostra assemblea – ha esordito il presidente Confimi Impresa Paolo Agnelli – perché abbiamo riposizionato il ruolo dell’industria manifatturiera che deve riappropriarsi del compito che le compete: quello di creare lavoro, ricchezza e benessere per il territorio in cui vive, per i lavoratori e per le loro famiglie. L’Italia è un paese industriale, manifatturiero e dobbiamo ripartire da qui per tornare a crescere. È tempo di agire: da settembre del 2008 ad oggi hanno chiuso quasi 450 mila imprese di queste circa 75 mila sono manifatturiere e ogni mese si sono verificati 1.000 fallimenti. Quando queste aziende chiudono non solo perdiamo un’impresa e i relativi posti di lavoro, ma si perde un patrimonio che non si può più ricostruire».
32
Ancora prima di essere sul mercato le aziende italiane sono tassate tre volte con gli immobili industriali “che stanno alle imprese manifatturiere come l’abitazione principale sta al cittadino”: la prima con l’indeducibilità ai fini IRES del valore del terreno su cui sorge lo stabile; la seconda con l’IMU; la terza con l’indeducibilità dell’IMU ai fini reddituali. Secondo la Banca Mondiale, ha continuato Agnelli, le tasse incidono sulle imprese italiane per il 68% degli oneri totali e la burocrazia impegna un’impresa per 36 giorni all’anno: quasi 790 adempimenti per dar corso, partendo dall’assunzione, ad una busta paga tipo. In 20 anni l’indice della produzione industriale dell’attività manifatturiera ha perso 5 punti e quasi 18 punti negli ultimi 10 anni. Si parla di crescita e di politiche per la crescita ma come si fa a parlare di crescita da un lato e contemporaneamente tassare chi investe per la crescita? Cosa fare per il rilancio delle imprese manifatturiere? Questa, secondo Agnelli, la ricetta da adottare: bisogna togliere ogni forma di tassazione sul lavoro e sugli investimenti, liberare il lavoro e la crescita. In particolare bisogna agire subito sull’IRAP, strumento anacronistico e non in sintonia con le
azioni richieste dai vari Governi. Bisogna negoziare subito con l’Unione Europea condizioni meno vessatorie sul rientro del nostro debito e bisogna poter agire con margini di manovra fuori dal 3% del rapporto deficit/ PIL. «Servono scelte coraggiose – ha concluso Agnelli – pertanto chiediamo al Governo un’azione di reale sostegno all’impresa che non può prescindere dalla riduzione del costo del lavoro». A fargli eco Dino Piacentini, Presidente Aniem (Associazione nazionale imprese edili manifatturiere aderente a Confimi Impresa) che ha detto: «Alleggerire gli oneri che gravano sull’impresa, liberare risorse a vantaggio dei lavoratori, avvicinare finalmente il nostro sistema a quello europeo superando il paradosso insostenibile di avere il costo del lavoro più alto e i livelli salariali più bassi. È questa una priorità che coinvolge tutto il sistema produttivo italiano». Appelli che Maurizio Lupi – ministro alle Infrastrutture e Trasporti – ha colto e condiviso sottolineando che la vera sfida è proprio quella di essere protagonisti responsabili rivendicando il ruolo che spetta all’Italia e agli imprenditori proprio perché il manufatturiero italiano non deve temere rivali. •
Siglato da Confimi Impresa accordo interconfederale con CGIL, CISL e UIL sulla rappresentanza sindacale «Siamo molto soddisfatti per il riconoscimento della nostra rappresentanza sindacale nell’ambito delle PMI, in un contesto di nuove relazioni industriali e di sostegno allo sviluppo del settore manifatturiero italiano. Ora dobbiamo lavorare insieme avendo come obiettivo principale il rilancio della competitività del Paese e il bene delle imprese e dei lavoratori». Così si è espresso Paolo Agnelli – Presidente Confimi Impresa – dopo la firma con CGIL, CISL e UIL dell’accordo interconfederale sulla rappresentanza sindacale. È stato un confronto continuo
Accordo tra Apindustria Verona e sindacati per una tassazione agevolata del 10%
ed intenso – prosegue Agnelli – che ha portato ad un accordo proficuo e che individua un percorso di relazioni industriali e contrattuali all’interno di un sistema regolato fra le parti che ha l’obiettivo di agevolare l’occupazione e la valorizzazione delle risorse umane, la competitività e la produttività delle imprese. Al fine di rendere operativo l’accordo sottoscritto Confimi Impresa e CGIL, CISL e UIL hanno da subito convenuto di istituire una commissione paritetica per definire in tempi brevi le necessarie intese applicative e siglato l’accordo sulla detassazione del salario di produttività così come previsto dalla normativa per l’anno 2013 a vantaggio delle imprese associate e dei lavoratori da queste dipendenti.•
in momento come quello attuale, un valido strumento per incentivare la capacità di spesa che potrà
essere applicato fino al raggiungimento di un tetto massimo salariale di 2.500 euro all’anno.•
Apindustria Verona e Organizzazioni sindacali hanno siglato un accordo, consentito dalla Legge Finanziara, per una tassazione agevolata del 10 per cento per gli elementi retributivi legati agli incrementi di produttività, alla qualità, all’innovazione e all’efficienza organizzativa. Arturo Alberti, (presidente Apindustria) e i segretari generali Lucia Perina (Uil), Michele Corso (Cgil) e Massimo Castellani (Cisl) hanno sottolineato l’importanza dell’accordo che costituisce,
Economia Veronese - settembre 2013
33
formazione
Il nuovo progettista:
dal sistema CAD alla modellazione tridimensionale e simulazione su modelli digitali
H
a preso il via nuovo progetto di formazione, inserito nei programmi integrati per l’inserimento al lavoro e patrocinato da Fondo Sociale Europeo e Regione Veneto, organizzato da Apiservizi Verona, società di servizi del sistema Apindustria Verona attiva da quasi 30 anni nei settori dell’aggiornamento, della formazione e della riqualificazione professionale nel tessuto economico-produttivo veronese. Il nuovo progettista: dal sistema CAD alla modellazione tridimesionale e simulazione su modelli digitali è un intervento di formazione di lunga durata rivolta a un gruppo di 7 tirocinanti (disoccupati o inoccupati alla ricerca di nuova occupazione o iscritti alle liste di mobilità). L’obiettivo è quello di completare le conoscenze base che ciascun tirocinante già possiede all’inizio del percorso con una formazione altamente specializzante che va dalle lezioni frontali all’applicazione delle nozioni nell’attività pratica. 7 le aziende aderenti – Piva Group S.p.A., Hydraulic Components S.r,l, AXTRA S.r.l, SINECTRA S.r.l., Gruppo Centro Nord S.p.A., Venplast S.r.l., Central Fluid S.r.l. – che ospiteranno gli alunni per un periodo di stage variabile tra i 2 e i 6 mesi. «La continua evoluzione delle tecnologie ICT (Information and Communication Technologies) – spiega Luciano Veronesi, direttore Apindustria Verona – rende ineludibile, per le aziende, un aggiornamento costante. Le PMI manifatturiere già da tempo si sono trovate a dover investire in innovazione e avvertono ora la necessità di disporre di risorse umane in grado di utilizzare
36
efficacemente gli strumenti innovativi. Purtroppo molto spesso i diplomati tecnici hanno ricevuto una formazione non adeguata sui sistemi di grafica computerizzata: hanno magari una generica cognizione di cosa si può fare con il CAD, ma non sanno sfruttarne tutte le potenzialità in un contesto
stema CAD (Computer Aided Design) e si affacciano alle nuove frontiere della modellazione tridimensionale e della simulazione su modelli digitali. Queste tecnologie consentono l’approccio progettuale della cosiddetta “concurrent engineering”, dove diversi progettisti possono lavorare “con-
aziendale. Con questa iniziativa intendiamo colmare il “gap” fra formazione scolastica e fabbisogno delle aziende, nell’impiego dei sistemi di progettazione e disegno assistiti da computer». Obiettivi formativi Il progetto intende offrire alle aziende personale altamente specializzato con competenze molto approfondite nelle nuove tecnologie di progettazione computerizzata, che superano i limiti della classica disegnazione con il si-
temporaneamente” sui vari aspetti del modello, con l’obiettivo di ridurre il “time to market”, il lasso temporale che va dall’ideazione del prodotto alla sua disponibilità sul mercato. La specializzazione sugli applicativi CAD 2D e 3D sarà integrata da un approccio formativo più ampio, a partire dalle nuove tecnologie, basate su Internet e sul Cloud Computing ,che consentono di operare in ambienti collaborativi e di condividere documenti e progetti.
Obiettivi interventi di sistema/stage/accompagnamento Il progetto prevede sia un modulo di orientamento al ruolo e verifica dell’apprendimento che attività di stage. Sarà fatta una panoramica delle competenze base dalla quali si parte e di quelle specifiche alle quali si vuole arrivare, in ottica di soddisfacimento dei bisogni che il mercato ha evidenziato. Al termine dell’attività formativa verranno verificati i saperi acquisiti. Il progetto prevede, inoltre, un intervento di stage durante il quale gli allievi avranno modo di acquisire ulteriori conoscenze e informazioni inerenti allo specifico ambito professionale per migliorare, integrare o rivedere quanto già appreso durante la formazione. Il tirocinio favorisce l’ingresso nel mondo del lavoro mettendo a disposizione delle aziende figure con competenze tecniche altamente specializzate e consente di sperimentare “sul campo” quanto appreso durante il modulo formativo in aula. Destinatari I destinatari del progetto sono stati selezionati attraverso un colloquio conoscitivo nel quale si sono valutate sia le competenze tecniche che motivazionali. Altro requisito importante che il potenziale candidato fosse già in possesso delle conoscenze base nel disegno CAD. Le competenze acquisite saranno valutate in itinere tramite project work e rilevate poi tramite prova finale. Tipologie di intervento Questa work experience prevede un intervento formativo di lunga durata - 100 ore - per creare un percorso direttamente collegato ad una specifica e puntuale richiesta di professionalità legata al mondo della produzione. Figure professionali utilizzate Per la realizzazione delle attività Apiservizi si avvale di consulenti (liberi professionisti, collaboratori a progetto, ...) e dipendenti che operano nel settore della formazione con esperienza pluriennale. Tecnologie e attrezzature La formazione avvviene in aula didattica attrezzata, dotata di una postazione di lavoro per ciascun utente (stazione
grafica, suite di produttività individuale Google Apps, software CAD 2D e 3D, applicativi CAD per il disegno meccanico e architettonico). Descrizione del profilo professionale La figura professionale del Progettista CAD si inserisce in aziende di dimensioni medio-piccole con funzioni di raccordo tra la fase di progetto e la fase produttiva, in quanto esperto sia nell’efficiente organizzazione delle informazioni da lui manipolate, sia nelle specifiche abilità e competenze tecniche. La professionalità conseguita al termine del percorso formativo prevede la capacità di lavorare in autonomia con la stazione grafica, di sviluppare modelli tridimensionali di prodotti industriali e di produrre elaborati grafici esecutivi degli stessi, collaborando con gli altri specialisti inseriti nella filiera produttiva dell’azienda. Il Progettista CAD potrà essere immediatamente operativo al suo primo inserimento aziendale, nonché portare in azienda le conoscenze e le abilità allineate allo stato dell’arte della tecnologia della progettazione assistita. Nell’ambito aziendale l’allievo sarà inizialmente in grado di produrre con il sistema CAD il disegno esecutivo su specifiche progettuali di dettaglio, con tecniche e modalità avanzate e in contesti 2D e 3D. In seguito, la figura professionale potrà evolvere verso la funzione di progettista con il sistema CAD, traendo da quest’ultimo benefici ancor più consistenti.•
Economia Veronese - settembre 2013
37
territorio
Pakelo San Bonifacio
Lubrifica il mondo... e raddoppia la sede
I
l fenomeno della delocalizzazione delle imprese italiane è sempre più frequente e grandi e piccoli gruppi industriali trasferiscono la loro produzione dal territorio nazionale in altri paesi dove il costo del lavoro è più basso – anche del 75% rispetto alla paga di un lavoratore italiano – generando così la perdita di migliaia di posti di lavoro. Servono azioni politiche e meno burocrazia dicono gli imprenditori per continuare ad operare in Italia o perché imprenditori stranieri vengano ad investire in Italia. Molti stranieri si sono però resi conto che il costo del lavoro è solo uno dei tanti costi e profili di rischio che un’impresa affronta quando sposta all’estero la produzione e aziende di altri Paesi (p.es. gli Stati Uniti) hanno già iniziato ad intercettare il trend di ritorno. Ma c’è anche chi non ha mai espatriato e questo è il caso della Pakelo di San Bonifacio, leader indiscusso nel settore dei lubrificanti, che proprio di recente ha addirittura ampliato di altri 6mila metri quadrati il suo spazio produttivo/espositivo. Risale al 1930 (grazie a Italo Rino Polacco affiancato nel 1964 dai figli Giuseppe ed Elio) l’inizio dell’attività di questa azienda ambasciatrice del Made in Italy, che oggi esporta in oltre trenta paesi i suoi lubrificanti di alta tecnologia utilizzati in tutti i settori – autotrazione, movimento terra, navale, industria, agricoltura – e che inoltre produce per l’industria alimentare lubrificanti a bassa tossicità certificati dall’NSF. Il 5% dei 21 milioni di fatturato si deve alla collaborazione con diverse scuderie a più livelli nel settore corse, dalla Formula 1 alla Fia GT, dal Gran Turismo Italia al Superturismo, dal Rally all’Off Shore, dalla Superbike allo Speedway e, da poco, alla Moto GP. Da anni l’azienda è anche fornitore ufficiale della scuderia Ferrari AF Corse che ha scelto l’olio Pakelo oltre che per la
38
sua qualità anche per l’alta professionalità, l’impegno e la disponibilità dello staff dell’ufficio tecnico. Pakelo è infatti dotata di un centro ricerche e sviluppo e di un laboratorio all’avanguardia dove vengono eseguiti analisi e test personalizzati secondo le singole esigenze dei clienti allo scopo di individuare i guasti degli organi lubrificati e poter così prevenire o risolvere possibili fermo macchine. Sono queste le caratteristiche che unitamente al know how acquisito fanno di questa realtà – alla cui guida è già operativa la terza genera-
zione con Rino, Aldo e Alberto Polacco – un referente affidabile e insostituibile. Lo testimonia, il triennale accordo commerciale per la distribuzione di lubrificanti che PaKelo ha siglato recentemente con il gruppo cinese Sinopec, colosso asiatico del comparto petrolchimico: un risultato lusinghiero che consente all’azienda di San Bonifacio, che oggi dà lavoro a 63 dipendenti, non solo di raddoppiare la propria sede ma anche di assicurare e implementare, in un prossimo futuro, l’occupazione sul territorio.•
territorio
Povegliano Veronese
Progetto Sicurezza Imprenditori di Povegliano
G
li imprenditori di Povegliano Veronese hanno dato vita ad una iniziativa denominata Progetto Sicurezza Imprenditori di Povegliano siglando un accordo con la società di vigilanza Rangers del Gruppo Battistolli, sottoscritto da 25 aziende che operano nelle ZAI 1 e 2 del comprensorio. «Scopo di questa idea, che gode il sostegno dell’Amministrazione Comunale, è quella di mettere finalmente in sicurezza le ZAI di Povegliano Veronese dopo che molte che molte aziende sono state fatte oggetto di numerosi raid notturni – spiega Carlo Barba imprenditore del settore confezioni, consigliere comunale e referente locale di Apindustria Verona – . Si tratta della prima iniziativa a livello provinciale, di collaborazione tra imprenditori e vigilanza privata. Speriamo che grazie anche a questa nostra scelta i furti finiscano e che gli imprenditori possano concentrarsi unicamente sul proprio lavoro per uscire dalla crisi, salvaguardare la produttività e quindi i posti di lavoro». Ma conosciamo nel dettaglio i termini di questo accordo. Una pattuglia con a bordo una guardia giurata armata e munita di radio, collegata con la centrale operativa e il Comando dei Carabinieri, vigilerà ininterrottamente le due aree industriali ogni notte. La guardia avrà il compito di monitorare, ai fini di deterrenza e di prevenzione contro furti e atti vandalici, le aziende aderenti, presso le cui sedi è stato attivato un dispositivo
40
elettronico per la rilevazione dei controlli e un pannello ben visibile riportante la scritta ‘Area sorvegliata da agenti di vigilanza Rangers’. «La conferma della validità di questa iniziativa continua Barba si è avuta dopo le ultime incursioni vandaliche che hanno causato alle aziende danni per oltre 270 mila euro. Abbiamo potuto constatare che l´intervento della vigilanza è stato fondamentale ed è auspicabile che tutti gli imprenditori
della zona industriale aderiscano al servizio. Sul posto si sono prontamente recati anche i carabinieri e abbiamo avuto prova che la collaborazione tra vigilanza privata e pubblica funziona, anche se i ripetuti raid rappresentano una sconfitta per la sicurezza sociale. Sono solidale e dispiaciuto per le aziende che hanno subito furti e sottolineo il fatto che le ditte che hanno creduto nella nostra proposta hanno evitato danni».•
Apidonne
APIDARTE Arte e impresa: un’unione vincente
A
PIDARTE è il nome della nuova iniziativa promossa dalle imprenditrici di Apid Verona con il preciso intento di rinvigorire il legame tra arte e impresa. L’arte viene da molti percepita come un’attività slegata dalla vita di tutti i giorni e di conseguenza anche dal mondo del lavoro e dall’impresa. Ad una superficiale analisi, infatti, potrebbe sembrare che questi due universi siano non solo diversi, ma anche molto lontani fra di loro. Ma così non è: il concetto di arte inteso nel suo significato più ampio è strettamente legato all’impegno creativo che è proprio di ognuno di noi nel modellare la propria esistenza e il mondo in cui vive e l’arte può, e deve, contribuire allo sviluppo della coscienza umana, al miglioramento dell’organizzazione sociale. L’arte, infatti, da sempre, riflette i fermenti e i valori della società e ha avuto il merito di offrire all’umanità nuovi punti di vista e sorprendenti orizzonti. È accomunata all’impresa dalla ricerca, dalla sperimentazione e dalla capacità di studiare la realtà circostante, di cogliere i cambiamenti in atto e di prevederli indirizzando le scelte del futuro. Ma, soprattutto, l’arte può diventare – come dice Marina Scavini, presidente Apidonne – una leva utile per spezzare la routine che spesso si vive in azienda, per mettere in discussione abitudini e pratiche organizzative, per trovare soluzioni innovative. L’arte può aiutare a rompere gli schemi mentali, aumentare la capacità di affrontare
42
gli imprevisti, i cambiamenti e le sfide per cogliere le occasioni e creare qualcosa di nuovo, unico e vincente. Con APIDARTE vengono proposti alle donne imprenditrici una serie di appuntamenti – le prime tappe sono state la mostra Da Botticelli a Matisse e AMO - ArenaMuseOpera –, visite guidate a mostre, musei, monumenti, siti archeologici validi spunti per sensibilizzare imprenditori, e non, sulle ricchezze culturali che il territorio offre e per fornire suggerimenti e idee per tornare a casa, e in azienda, con nuovi stimoli e rinnovate energie e conoscenze. «L’arte, con il suo sguardo diverso sul mondo – spiega Marina Scavini – ci aiuta nell’esercizio del rielaborare per poter percorrere strade non ancora battute. Anche l’imprenditore deve cambiare il suo ‘modo di vedere’ per giungere a un’intuizione di successo. In una società complessa, trovare risposte ai bisogni non è semplice: l’unica via per essere competitivi è l’innovazione costante nella direzione dell’unicità, della funzionalità e della bellezza. Abbiamo appreso dalla crisi che l’individualismo e il sapere specialistico non bastano più: al saper fare bene bisogna aggiungere altro!» Un invito a imparare a “sfruttare” il grande giacimento culturale che abbiamo in Italia: un patrimonio non solo “fisico” ma anche sul piano delle idee. Prossimo evento in calendario la mostra Verso Monet - Il paesaggio dal Seicento al Novecento.•
Il prefetto Stancari incontra le imprenditrici
I
l Prefetto di Verona, Dott.ssa Perla Stancari ha ricevuto a Palazzo Scaligero una rappresentanza del Consiglio Apidonne, il Gruppo Donne Imprenditrici di Apindustria Verona. L’incontro è stato occasione per un confronto – da una prospettiva tutta al femminile – fra il mondo delle istituzioni e quello delle categorie produttive. «Problematiche e esigenze, ma anche opportunità di un territorio sono emerse nel corso di questo primo momento conoscitivo – dichiara Marina Scavini, presidente Apidonne –, al quale seguiranno altre occasioni di fattivo scambio di idee su temi concreti che riguardano in particolar modo le donne lavoratrici quali patto sociale, flessibilità, conciliazione famiglia-lavoro».•
terza pagina
Verso MONET Storia del paesaggio dal Seicento al Novecento
L
Verona, Palazzo della Gran Guardia, 26 ottobre 2013 - 9 febbraio 2014
a mostra Verso Monet intende raccontare lo studio della natura, a partire dal XVII secolo fino a giungere alle ninfee dipinte da Claude Monet nella prima parte del Novecento. Un centinaio le opere, provenienti da alcuni tra i maggiori musei del mondo e da preziose collezioni private ed esposte in cinque sezioni, che descriveranno i momenti fondamentali legati alla narrazione della natura come fatto autonomo e indipendente rispetto all’inserimento delle figure. Insomma, una sorta di emancipazione dell’immagine in cui il paesaggio non è più visto come semplice fondale scenografico, ma campeggia quale divinità assoluta e dominante. La rassegna prenderà in esame i punti di snodo di una vicenda divenuta sempre più centrale nella storia dell’arte fino a giungere all’Ottocento, giustamente, denominato “il secolo della natura”. Il titolo dell’esposizione sancisce l’idea dell’enorme cambiamento attuato da Claude Monet a partire dalla seconda metà degli anni sessanta del XIX secolo, periodo in cui era impegnato a dipingere nella foresta di Fontainebleau e sulle coste della Normandia sulla scia di Boudin. Monet trapasserà dal senso, pur nobile, della realtà e si spingerà con le ninfee finali, ma già con le “serie” dell’ultimo decennio dell’Ottocento, verso il campo aperto di un paesaggio che, pur non dimenticando la realtà, si appoggierà quasi totalmente ormai sull’esperienza interiore. È l’apertura ad alcune delle manifestazioni più belle e nuove della natura dipinta nel corso del Novecento: Monet è il punto di attraversamento tra un prima e un poi, tra un paradigma e il paradigma successivo. Per questo motivo la sua presenza coprirà una parte ampia dell’intera esposizione – con venti dipinti – andando a costituire una vera e propria mostra nella mostra. Nuclei di opere selezionate, a cominciare dalle sette di Vincent van Gogh, grazie alla usuale, preziosa collaborazione del Van Gogh Museum di Amsterdam e del KröllerMüller Museum di Otterlo, due dei prestigiosi musei prestatori, che vanno dalla National Gallery di Washington al Museum of Fine Arts di Boston, dal Philadelphia Museum of Art al National Museum of Wales di Cardiff, dallo Stedelijk di Amsterdam allo Szepmuveszeti di Budapest. Il percorso prende il via da “Il Seicento. Il vero e il falso della natura” proseguendo in “Il Settecento. L’età della veduta”, quindi “Romanticismi e Realismi”, poi “L’Impressionismo e il paesaggio” per approdare a “Monet e la natura nuova”.
44
Verso Monet - sezione I Il Seicento. Il vero e il falso della natura Alcune esperienze pittoriche nell’ultima parte del Quattrocento e nel Cinquecento cominciano ad autorizzare ampiamente l’idea che la natura possa diventare elemento
autonomo della descrizione. È il Seicento, però, il secolo nel quale la natura emerge non più come fondale unicamente scenografico, ma si impone come centro della visione e proprio per questo motivo la mostra inizia il suo percorso da qui, costruendo un rapporto tra il vero e il falso della natura. Rapporto che continuerà a essere valido sino alla conclusione dell’Ottocento, nella relazione tempestosa che si instaurerà tra gli impressionisti e i pittori del Salon ufficiale. Nel XVII secolo questo rapporto tra vero e falso della natura vede le esperienze, monumentali e sotto il segno dell’Arcadia, di Poussin, Lorrain, straordinari artisti francesi che a lungo operano in Italia, e Salvator Rosa, anticipati dalla presenza di due pittori, Annibale Carracci e Domenichino, entro il cui clima si sono formati. Una sezione con dieci disegni – Lorrain, Rembrandt, Van Ruisdael – metterà in evidenza questa tecnica fondamentale. La sezione indaga inoltre quella stagione olandese sublime che aprirà alla modernità: da Hobbema a Van Ruisdael, da Van Goyen a Seghers, pittori che anticipano il lungo ciclo del realismo ottocentesco e poi del primo impressionismo, ponendo la natura, con due secoli di anticipo, al centro della scena e dell’indagine dell’occhio fisico. Verso Monet - sezione II Il Settecento. L’età della veduta Una ventina di dipinti, alcuni anche di grande dimensione, illustrano una delle svolte maggiori che la pittura dedicata al vero della natura ricordi: si è scelto di concentrare il capitolo riservato al Settecento su quel momento storico che è ovunque conosciuto come l’età della veduta. Gli artisti veneziani, e prima di loro Gaspar van Wittel, sono al centro di questo percorso e, soprattutto, con la loro grazia e il loro grado di anticipazione del futuro, emergono le figure di Canaletto, Bellotto e Guardi. Molte delle opere qui esposte provengono da musei americani: si tratta, quindi, di prestiti normalmente poco accessibili per il pubblico italiano, che si troverà a scoprire meraviglie per la prima volta. Il Bacino tra piazza San Marco e l’isola di San Giorgio molto spesso domina la scena, specialmente in Canaletto. Con la sua nitidezza di visione, dovuta anche all’uso della camera ottica, il Canaletto apre a un mondo che l’occhio fino a quel momento pareva aver tenuto nascosto e spacca la linea della pittura. Sulla sua scia si porranno, pur con accenti diversi, Bellotto e Guardi, quest’ultimo anticipando alcune soluzioni che verranno poi riprese nel secolo successivo. Verso Monet - sezione III Romanticismi e realismi Una sezione molto importante, perché si colloca in un punto di svolta ormai definitivo dell’intero percorso dedicato alla descrizione della natura, raccogliendo gli esiti delle esperienze dei due secoli precedenti e proiettandosi verso la rottura definitiva ed epocale dell’impressionismo. Ampio anche nel numero delle opere, una trentina, il capitolo occupa i decenni che vanno dall’apertura del secolo fino agli anni sessanta dell’Ottocento. In sequenza com-
paiono le sublimi prove romantiche di Friedrich, Turner e Constable tra Germania e Inghilterra, e poi i diversi realismi, sia in America che in Europa. Uno strepitoso, e quasi impossibile, prestito dalla Kunsthalle di Amburgo mette Caspar David Friedrich nella posizione di colui che apre l’età romantica in pittura, dentro una luce che è mentale e della natura insieme, mentre tende al senso dell’infinito.
Economia Veronese - settembre 2013
45
terza pagina
Turner e Constable, poi, modulano il sentimento romantico tra dispersione nel cosmo e concentrazione nel quotidiano, mille volte percorso e indagato. Proprio il senso del quotidiano che Constable offre a Corot segna il punto di passaggio, attraversando il canale della Manica, tra Inghilterra e Francia, nell’avvio della cosiddetta Scuola di Barbizon che, assieme a Corot, vede in mostra anche gli altri due principali esponenti, Millet e Courbet. In questa parte dedicata ai realismi si inserisce uno dei motivi di novità dell’intera esposizione: il rapporto costruito tra le contemporanee esperienze dei pittori meravigliosi della Hudson River School in America – da Church a Bierstadt, da Kensett a Heade – e quelle di vari pittori europei non francesi, dalla Scandinavia di Von Wright fino all’Est Europa di Lotz e Grigorescu, solo per fare alcuni nomi, che vede confrontarsi lo spazio americano, sconfinato, e quello europeo, più domestico.
46
Verso Monet - sezione IV L’impressionismo e il paesaggio A radicalizzare del tutto, e definitivamente, il cambio di passo nella visione che i realisti avevano tratto dalle esperienze degli olandesi del Seicento e dei veneziani del Settecento giungono, infine, i pittori impressionisti. In Francia, a partire dalla metà degli anni sessanta del XIX secolo, accade uno di quei miracoli come poche altre volte si è visto nella storia della pittura. Il paesaggio e la descrizione del paesaggio sono il terreno e il teatro di questa inarrivabile novità. Attraverso venticinque opere sceltissime, fanno la loro comparsa sulla scena artisti del calibro di Renoir e Pissarro, Degas e Sisley, Van Gogh e Gauguin, Cézanne e Caillebotte. Ben evidenziano come tutto sia cambiato, attorno a Parigi, in quegli anni. Dapprima, negli anni sessanta, per il contatto con i pittori della generazione precedente, soprattutto Corot e Courbet, e il loro lavoro nella foresta di Fontainebleau, e poi nel pieno decennio impressionista (anni settanta), in cui si verificano le prime, sofferte affermazioni dei pittori del gruppo nelle esposizioni nuove, inaugurate nel 1874 nello studio di Nadar. Gli anni ottanta sono il decennio più indagato nella mostra, quello della crisi proprio del paesaggio impressionista, dovuto a una sorta di rigetto, per alcuni, verso la pittura enplein-air. Da questo segno, che dischiude l’avvicinarsi del Novecento e l’introspezione anche legata all’immagine della natura, nasceranno cose diverse. Verso Monet - sezione V Monet e la natura nuova Una vera e propria mostra nella mostra, con i caratteri dell’eccezionalità: è Claude Monet il protagonista assoluto dell’ultima sezione. Il progetto espositivo, firmato da Marco Goldin, individua nella figura di Monet, che porta a compimento le lunghe stagioni della “bella pittura” e poi trasforma quella stessa pittura in esigenza della visione spirituale e interiore, il punto di arrivo di questa grande storia dedicata alla natura dipinta. A cosa tende quel suo lungo tempo conclusivo a Giverny se non alla trasformazione della natura vista nella natura interiore, anticipando mirabilmente alcune
delle ricerche più alte e innovative dell’astrazione novecentesca? Facendo ricorso a venti opere di Monet, in arrivo da musei sia americani che europei, la sezione traccia l’intera sua parabola artistica, a partire dai quadri che nascono sulla scia di Boudin, sulla costa di Normandia, per giungere al decennio canonico dell’impressionismo, quello legato alla sua permanenza ad Argenteuil fino al 1878. Sono poi gli anni ottanta a essere particolarmente rappresentati, per segnare quello scatto verso la modernità nel descrivere il paesaggio, e, assieme al tempo finale di Giverny, con le ninfee in primo piano, tutti quegli spostamenti che hanno fatto di Monet un viaggiatore incantato della pittura. Si trovano in mostra opere realizzate nelle sue lunghe peregrinazioni in Normandia, a Vétheuil lungo la Senna, sulla costa del Mediterraneo attorno ad Antibes, lungo la valle della Creuse, oppure davanti alla cattedrale di Rouen, a Londra e a Venezia nei primi anni del Novecento. Un alfabeto che fa della natura un miracolo dipinto. • Info Orario: da lunedì a giovedì: ore 9-19 venerdì e domenica: ore 9-20 sabato: ore 9-21 - 24 dicembre: chiuso - 25 dicembre: ore 15-20 31 dicembre: apertura straordinaria - 1 gennaio 2014: ore 10-20 Biglietti: con prenotazione Intero € 13,00 Ridotto € 10,00: studenti universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni Ridotto € 7,00: minorenni (6-17 anni) senza prenotazione (acquistabili solo in mostra) Intero € 12,00 Ridotto € 9,00: studenti universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni Ridotto € 6,00: minorenni (6-17 anni)
Economia Veronese - settembre 2013
47
FONDO REGIONALE DI GARANZIA EX LR 19/2004 Operazioni di riassicurazione del credito
L
a Regione Veneto, in collaborazione con i Confidi e le Banche, ha messo a disposizione parte del “Fondo regionale di garanzia e controgaranzia” costituito nel 2005 in attuazione della Legge Regionale n. 19/2004, per operazioni di riassicurazione delle garanzie prestate dai Confidi a vantaggio delle PMI venete, finalizzate a sostenere e migliorare la capacità di accesso al credito delle stesse colpite dalla situazione di recessione determinata dalla recente crisi finanziaria.
Le operazioni di riassicurazione a valere sul Fondo prevedono le seguenti “Linee d’Intervento”: LINEA A sostegno a operazioni di riscadenziamento dei termini di rientro del credito; riguardano finanziamenti bancari ordinari chirografari per i quali le Banche finanziatrici abbiano deliberato il riscadenzi ameno dei termini di rientro del credito. LINEA B sostegno a operazioni di consolidamento dell’indebitamento; riguardano finanziamenti bancari ordinari chirografari finalizzati al consolidamento dell’indebitamento a breve e medio termine. LINEA C sostegno al circolante, con esclusione di finanziamenti che prevedono un rimborso rateale; riguardano operazioni finanziarie bancarie aventi durata massimo 18 mesi meno un giorno, diverse dai finanziamenti e finalizzate all’ottenimento di finanza addizionale ed al rinnovo delle linee in scadenza. DOTAZIONE All’operatività prevista dalle Linee d’Intervento di cui al punto precedente, sono riservate risorse per complessivi Euro 16 milioni. La Regione Veneto si riserva la facoltà di rideterminare tale importo, sulla base dei dati di monitoraggio operativo comunicati dal Gestore e riguardanti l’impiego delle stesse. Al fine di assicurare una “riserva minima” di operatività per ciascuna delle Linee d’Intervento, sono stabiliti i seguenti plafond minimi: LINEA A Euro 2 milioni LINEA B Euro 2 milioni LINEA C Euro 2 milioni
48
BENEFICIARI Possono beneficiare della riassicurazione del Fondo le PMI: - rientranti nei parametri di cui all’Allegato 1 del regolamento CE 800/2008 (definizione di PMI); - iscritte ai pubblici registri; - con sede legale o almeno una sede operativa nel territorio della Regione del Veneto; - operanti in tutti i settori fatta eccezione per i casi di esclusione individuati dal Regolamento CE n. 1998/2006 (de minimis); - per le quali non sussistano cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 10 della L. 575/1965 e di tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’art. 4 del D.Lgs 490/1994; - in attività, che non si trovino in stato di liquidazione volontaria o in difficoltà ai sensi dell’art. 7, comma 1 del Reg. CE 800/2008 della Commissione del 06 agosto 2008 (GUUE L. 214 del 09 agosto 2008). Non è considerata impresa in difficoltà l’impresa costituita da meno di 3 anni, a meno che non sia stata aperta nei suoi confronti una procedura concorsuale per insolvenza. Inoltre, le PMI, al momento della presentazione alle Banche della domanda di finanziamento: - non devono avere posizioni debitorie classificate dalla Banca come “sofferenze”, “partite incagliate”, esposizioni ristrutturate” o “esposizioni scadute/sconfinanti da oltre 90 giorni”, né procedure esecutive in corso (PMI “in bonis”); - nei 18 mesi antecedenti la domanda non devono essere state oggetto di protesti e/o di iscrizioni e/o trascrizioni pregiudizievoli, con esclusione di quelle volontariamente concesse; - non devono avere patito, nei 12 mesi antecedenti la domanda, la revoca per inadempimento di finanziamenti o altri affidamenti bancari; - devono avere merito di garanzia in base alla normale policy di credito dei Garanti e delle Banche. IMPORTI FINANZIATI - importo massimo delle operazioni bancarie riassicurabili per ciascuna Linea: Euro 300 mila; - importo massimo delle operazioni bancarie riassicurabili per impresa nel caso di più Linee: Euro 400 mila
apivenetofidi
Economia Veronese - settembre 2013
49
REGIME DI AIUTO E CUMULO Il Regolamento Comunitario de minimis” (Reg. CE 1998/2006) prevede una misura massima dell’agevolazione pari ad Euro 200.000 nell’arco di tre (3) esercizi finanziari consecutivi (Euro 100.000 per le imprese attive nel settore del trasporto su strada). Gli aiuti sotto forma di garanzia soggetti a regime “de mini-
Euro 1.500.000 negli altri settori. In ogni caso, le agevolazioni saranno concesse nel rispetto dei limiti di cumulo di incentivi stabiliti dalla normativa europea e nazionale. A tale fine le PMI richiedenti saranno tenute a rilasciare tutte le dichiarazioni e attestazioni necessarie, prodotte nelle forme previste dal DPR 445/2000. Il rispetto del mas-
mis” non possono superare l’80% del finanziamento garantito. L’importo garantito non può superare Euro 750.000 nel settore del trasporto su strada ed
simale è verificato sommando l’agevolazione concessa ai sensi delle Disposizioni Operative con quelle in regime “de minimis” già ottenute dal Benefi-
ciario nell’arco temporale indicato dalla Disciplina Comunitaria di riferimento. Non sono ammissibili alle agevolazioni operazioni per le quali si venga a determinare il superamento del massimale previsto. Qualora il superamento del massimale sia accertato dopo l’ammissione alle agevolazioni, il Gestore procederà alla revoca delle agevolazioni concesse e la riassicurazione sarà considerata inefficace. L’accesso ai benefici previsti dal Fondo non esclude al Beneficiario l’accesso ad altre agevolazioni, nei limiti consentiti dai Regolamenti comunitari di riferimento e quindi nel rispetto dei massimali stabiliti in materia di aiuti di Stato. In particolare, è consentito il cumulo dell’agevolazione concessa ai sensi delle Disposizioni Operative con altre agevolazioni ottenute per diverse voci di costo disciplinate da differenti regimi di aiuto. È consentito, altresì, il cumulo dell’agevolazione concessa ai sensi delle Disposizioni Operative con agevolazioni ottenute per le stesse voci di costo, disciplinate da differenti regimi di aiuto, purché non sia superata l’intensità prevista da tali regimi. L’intensità dell’aiuto erogato ai sensi delle Disposizioni Operative per le operazioni di riassicurazione del credito, è misurata in Equivalente Sovvenzione Lorda (ESL).•
Regolamento CE 1998/2006 e s.m.i. “de minimis” ESCLUSIONI
cializzazione di prodotti agricoli elencati nell’Allegato 1 del Trattato nei seguenti casi: • quando l’importo dell’aiuto è fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate; • quando l’aiuto è subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito a produttori primari. • aiuti ad attività connesse all’esportazione verso Paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi
esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l’attività di esportazione; • aiuti condizionati all’impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti d’importazione; • aiuti ad imprese del settore carboniero ai sensi del Reg. (CE) n. 407/2002; • aiuti destinati all’acquisto di veicoli per il trasporto di merci su strada da parte di imprese che effettuano trasporto di merci su strada per conto terzi; • aiuti concessi a imprese in difficoltà.•
• aiuti concessi a imprese attive nel settore della pesca e dell’acquacoltura che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio; • aiuti concessi a imprese attive nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli di cui all’Allegato 1 del Trattato; • aiuti concessi a imprese attive nella trasformazione e commer-
50
Apigiovani Gianpaolo Benedetti
FORMAZIONE? Sì, GRAZIE…
G
iovani o meno giovani, il denominatore comune degli imprenditori di successo è il continuo e costante miglioramento, personale e del proprio team. Troppi fattori, in questo momento storico, ci obbligano a guardare fuori dalla porta delle nostre aziende per trovare soluzioni innovative e vincenti. Scegliere un percorso di formazione in azienda significa offrire la possibilità di rendere i collaboratori autonomi, fiduciosi, proattivi e padroni del proprio cammino professionale. Le performance ottenute da un’azienda, infatti, derivano dal contributo di ogni elemento del team, ne segue che maggiore è la capacita di ogni singolo, maggiori saranno i risultati ottenuti. Quando parlo di formazione, non mi riferisco solo a quella di tipo tecnico, ma soprattutto alla formazione sulle risorse umane, che tocca temi quali leadership, comunicazione, public speaking, gestione del tempo, gestione efficace del team, tecniche di vendita, tutti temi fondamentali per il successo di un’azienda. Per l’imprenditore, per il manager che si affaccia per la prima volta in questo mondo è importante informarsi prima di scegliere il corso o il percorso formativo che ritiene più adatto alle proprie necessità. Può essere utile parlare con qualche conoscente che ha già sperimentato in prima persona la formazione o rivolgersi alla propria Associazione di categoria. Faccio riferimento alla mia esperienza personale. Nel 2007, a 31 anni, dopo aver assunto il ruolo di amministratore dell’azienda che mio padre Gabriele aveva fondato parecchi anni prima, sento la necessita di crescere ulteriormente a livello professionale. Inizio a cercare allora dei libri sul tema della crescita personale tuttavia, nonostante lo studio, ho
difficoltà a replicare sul campo quanto appreso leggendo: è a questo punto che decido di farmi affiancare da un coach esperto in materia. Inizialmente non è facile fidarsi di una persona che scava a fondo – come dei raggi x – nella tua vita personale e professionale,per comprenderne dinamiche e processi, ma i risultati non tardano ad arrivare e la fiducia in me stesso e nella persona che mi segue aumentano! Da questo momento in poi la mia sete di conoscenza aumenta giorno per giorno, ed oltre all’affiancamento, partecipo a moltissimi seminari tenuti anche da formatori di fama internazionale – Brian Tracy, Antony Robbins, William Ury, Robin Sharma, per citarne qualcuno –. Sento di essere sulla strada giusta, ma ancora manca qualcosa… spesso confrontandomi con i miei collaboratori li trovo su un “piano diverso”, li vedo poco attivi, e senza spirito di iniziativa, con tante paure ... È in questo momento che si accende la lampadina. Siamo su “piani differenti” perché non ho ancora dato loro la possibilità di fare il mio stesso percorso formativo. Insieme studiamo un piano di crescita specifica per ogni singolo elemento del team, in relazione alla mansione svolta e in pochi mesi i risultati arrivano: il gruppo lavora con molto più entusiasmo e con ottimi risultati! Una cosa che mi ha colpito in maniera particolare è che in alcuni casi adesso sono io che invito i collaboratori a “diminuire la pressione” su qualche attività, in passato succedeva il contrario... Considero il capitale umano la risorsa più importante di ogni azienda, ogni giorno cerco il modo migliore per trasmettere questa mia convinzione ai collaboratori, in cambio ricevo un supporto che fino a qualche anno fa non avrei immaginato. E nonostante le difficoltà quotidiane, ora non si parla più di problemi in azienda,
ma solo di situazioni da risolvere! Quando qualche collaboratore sbaglia, non pensiamo di aver perso tempo o denaro, ma solo di aver investito nella sua formazione! (sperando che la prossima volta faccia bene!). Ora non ci preoccupiamo più di quello che potrà accadere, piuttosto ci occupiamo di quello che possiamo fare per dare ogni giorno il meglio di noi stessi! Ci tengo a sottolineare che la formazione in sè non fornisce soluzioni, ma offre degli strumenti per arrivare prima agli obiettivi stabiliti. In sintesi: formazione e intuizione imprenditoriale sono la ricetta giusta per tirar fuori il meglio dalle nostre aziende. Convinto di questo, dal 2011 sono diventato membro del club mondiale della formazione, un circuito di imprenditori, la cui mission è quella di divulgare la cultura dello sviluppo personale e rendere facilmente fruibili tecniche, strategie e metodi di successo Per migliorare la qualità della propria vita e professione. Per informazioni vi invito a visitare il sito www.clubmondialedellaformazione.com o a contattarmi direttamente, sarà un grande piacere per me condividere la mia esperienza. Un grande in bocca al lupo a tutti!!•
Economia Veronese - settembre 2013
51
ambiente e salute
Plinio Menegalli Medico Competente - Ergonomo
I buoni dispositivi di protezione e gli indumenti da lavoro
S
ia i dispositivi di protezione individuale (DPI) che gli indumenti da lavoro, specialmente quando hanno una specifica funzione protettiva, concorrono nel prevenire ed evitare infortuni e problemi di salute nel mondo del lavoro. Per affrontare il tema dei dispositivi di protezione, con attenzione anche alla funzione protettiva di molti indumenti da lavoro è disponibile una pubblicazione elaborata dall’Ente Bilaterale Nazionale del Turismo (EBNT), il “Vademecum della sicurezza. Manuale per la informazione e la formazione degli operatori del settore Turismo”. A proposito dei dispositivi di protezione individuale, si segnala che tali dispositivi sono trattati in modo particolare nel D. Lgs. 81/2008, Titolo III, Capo II. Va ricordato che l’adozione dei DPI è in realtà una misura estrema: quando tutto il possibile è stato fatto (in termini di organizzazione del lavoro e di adozione di mezzi di prevenzione e protezione collettiva) per eliminare o ridurre al minimo i rischi, e rimane tuttavia un certo rischio a carico del singolo lavoratore, allora si deve obbligatoriamente ricorrere al dispositivo di protezione individuale. La normativa coglie anche un problema: i DPI oltre che una necessità possono in molti casi essere anche un fastidio, un ingombro, una fonte di disagio: un corpo estraneo che limita la libertà dei movimenti e l’abitabilità dello spazio. Dunque il legislatore prescrive che i DPI “devono essere adeguati alle condizioni di lavoro, non devono comportare un rischio maggiore di quello che dovrebbero
52
prevenire, devono tener conto delle esigenze ergonomiche e fisiologiche del lavoratore e devono adattarsi alle necessità del singolo utilizzatore. Se, in presenza di rischi multipli, si rende necessario usare più DPI simultaneamente, si deve fare in modo che siano fra loro compatibili”. Due sono gli obblighi principali di legge: per il datore di lavoro fornire ai lavoratori i necessari e idonei mezzi di protezione, dopo aver eseguito accurate valutazioni (che riguardano l’entità dei possibili rischi, la frequenza dell’esposizione del lavoratore a tale rischio, le caratteristiche dei posti di lavoro e le prestazioni dei DPI); per i lavoratori di osservare le norme
e le disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di uso dei mezzi di protezione individuale messi a propria disposizione (avendo cura dei DPI a propria disposizione, non apportandovi modifiche di propria iniziativa e segnalando a chi di competenza ogni difetto o inconveniente). Ricordiamo quali sono gli obblighi specifici a carico del Datore di lavoro: - una valutazione analitica sui rischi che non possono essere evitati se non con l’uso dei DPI; - una scelta oculata dei dispositivi autorizzati disponibili sul mercato (tale scelta deve essere fatta con la collaborazione del medico competente che può dare un importante contribu-
to in termini di tutela della salute e di ergonomia) e l’aggiornamento degli stessi, in caso di significative variazioni di esposizione al rischio e/o di evoluzione tecnologica dei dispositivi stessi; - l’individuazione delle condizioni di impiego dei dispositivi, in particolare per quanto riguarda la durata; - il mantenimento dell’efficienza e dell’igiene, nonché la manutenzione dei dispositivi; - la disponibilità in azienda e sul posto di lavoro di adeguate informazioni su ogni DPI; - l’informazione del lavoratore circa i rischi dai quali il DPI lo protegge e una formazione adeguata che può comportare, in taluni casi obbligatoriamente, anche specifici corsi di addestramento. Inoltre per tutti vi è l’obbligo di sorveglianza: dal datore di lavoro ai dirigenti e ai preposti, dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e ai colleghi tutti. E, non dimentichiamoci: il lavoratore non può sottrarsi all’informazione – formazione – addestramento, né tanto meno all’uso corretto, consapevole e collaborativo del dispositivo. Se
l’adozione dei DPI è dettata dall’ambiente, dai suoi rischi, dalle sue caratteristiche, in generale è possibile dire che i “buoni dispositivi” possiedono le seguenti caratteristiche: - sono efficaci ed efficienti: raggiungono lo scopo per cui sono stati costruiti e lo fanno con la maggiore possibile economia di mezzi; - sono certificati/autorizzati: un’autorità tecnica li ha passati al vaglio; - sono appropriati all’uso: non sono mai generici; - sono ergonomici e confortevoli: adatti alla personalità fisica e psicologica destinata ad indossarli; - sono facili da pulire e disinfettare; - sono personali o personalizzabili, adattabili alle esigenze personali. Anche agli indumenti da lavoro è necessario dedicare una adeguata attenzione nella scelta e nella gestione. Se il modo di vestirsi sul luogo di lavoro tende ad essere sempre più libero, legato al gusto personale e sempre meno legato all’uniforme, è bene tuttavia prestare attenzione alle controindicazioni che l’ambiente di lavoro contiene.
ambiente e salute
Intanto è bene ricordare che un vestito serve almeno a tre cose: protegge (ad esempio dal freddo), avvicinandosi così ad un DPI; identifica un ruolo, in quanto rende riconoscibile chi lo indossa come appartenente a una certa categoria di persone, avvicinandosi così ad una divisa; abbiglia, diventando esclusivamente espressione del gusto. In particolare il riconoscimento della funzione (l’effetto divisa) è indispensabile quando si opera su un fronte esposto al pubblico, ma il più delle volte è la stessa funzione di riconoscimento a contenere elementi di prevenzione e protezione: - il cappello e la canottiera del bagnino (obbligatoria) proteggono e identificano; - il grembiule del cuoco protegge dalle macchie e identifica; - la divisa ad alta visibilità dei soccorritori ne consente l’identificazione immediata e li protegge da investimenti quando operano sulla strada; - il giubbotto in uso per lavorare nelle celle frigorifere è prima di tutto una protezione, ma è anche il segnale di una funzione;
54
- le scarpe antiscivolo, usate in certe situazioni lavorative, aggiungono alla funzione principale (protettiva) una funzione non meno importante: sono igienizzabili. L’importante è indossare il vestiario da lavoro come un vestito, non come un impiccio; accettarlo come un’opportunità e non criticarlo come un’imposizione. Questa accettazione si può ottenere se la scelta degli indumenti è condivisa con i lavoratori o i loro rappresentanti anziché imposta dal datore di lavoro. Veniamo infine ai materiali, distinguendo tra le varie tipologie di fibre: - fibre tessili naturali: lana e cotone assicurano una buona protezione igienica, resistono bene alle abrasioni e all’usura, presentano un buon isolamento termico, ma assorbono molta umidità, quindi hanno una scarsa capacità di isolamento elettrico. Il cotone non offre una sufficiente protezione agli agenti chimici. Lino e seta sono materiali molto resistenti; buono l’isolamento termico, scarso l’isolamento elettrico (assorbono umidità); - fibre tessili sintetiche e altri materiali: “le fibre acriliche sono resistenti
agli acidi, alla rottura, all’abrasione, bruciano lentamente, resistono bene al calore, hanno un buon isolamento termico ed elettrico, ma si restringono al lavaggio. I poliammidi (nylon), i poliesteri (dacron), le fluorfibre (teflon) hanno le stesse caratteristiche, e per di più sono molto leggeri; infatti vengono usati anche per il confezionamento dei normali vestiti. La gomma naturale e sintetica viene usata per indumenti impermeabili, per calzature, maschere, guarnizioni e cinghie. Resiste bene ad acidi e sostanze saline, ma in genere non è impermeabile ai solventi. Il cuoio non resiste né all’acqua (non va usato in ambienti umidi), né alle sostanze corrosive. È utilizzato principalmente in lavorazioni che comportano maneggio di lamiere, di oggetti da punta e da taglio, di lastre di vetro. Le materie plastiche, infine, hanno buona resistenza alle sostanze corrosive (acidi, alcali, sostanze saline, solventi), ma hanno scarsa resistenza alle temperature e sono chimicamente inerti. Inoltre, essendo meno porose della gomma, vengono impiegate per la protezione della cute da sostanze tossiche.•
fiscale
Francesco Domaschio
Dottore Commercialista
PDCA: Plan–Do–Check–Act La verifica
D
opo aver introdotto il modello PDCA – Plan, Do, Check, Act (pianifica, esegui, verifica, agisci) diretto ad assumere decisioni e governare i processi aziendali di tipo direttivo (definizione di politica e obiettivi aziendali), ausiliario (servizi di supporto: amministrazione, risorse, manutenzioni,…) o produttivo (vendite, progettazione e sviluppo, approvvigionamenti, produzione, magazzino, consegne e assistenza), e dopo esserci soffermati sulla prime due fasi del modello, la pianificazione (plan) e l’esecuzione dei processi (do), con questo articolo ne prendiamo in considerazione il terzo momento: la verifica (check) di quanto pianificato ed eseguito. È necessario un chiarimento preliminare: cosa intendiamo per verifica (o monitoraggio)? Tecnicamente è la conferma, sostenuta da evidenze oggettive, che i requisiti specificati sono soddisfatti; in pratica si tratta di un’attività diretta a rilevare dati e informazioni (le evidenze oggettive) che diano la certezza (la conferma) che quanto eseguito sia corrispondente a quanto pianificato (i requisiti specificati); potremmo tradurre l’attività di verifica o monitoraggio con il più familiare controllo, ma correremmo il rischio di confondere il significato inglese del termine (governo, direzione di un processo verso il risultato atteso) con il significato italiano (ispezione), per cui
56
conviene attenersi a verifica o monitoraggio. Chiarito cosa intendiamo per verifica resta da capire come possiamo applicarla ai processi direttivi e a quelli produttivi e ausiliari. Con riferimento ai processi direttivi ciò significa in poche parole verificare se la strategia pianificata è stata attuata con decisioni, azioni e comportamenti ad essa coerenti. Ricordiamo che la strategia aziendale comprende sia l’orientamento strategico di fondo, cioè l’insieme di valori, idee guida e atteggiamenti che definiscono l’identità desidera-
ta e futura dell’azienda, sia gli indirizzi strategici che concretizzano l’orientamento di fondo, ovvero le scelte di assetto societario (proprietà, forma societaria, organi sociali,…), patrimoniale (localizzazione, infrastrutture, know-how,…), organizzativo (organigramma, autorità, responsabilità, deleghe, competenze del personale,…) e commerciale (mix di prodotto, mix delle condizioni commerciali,…). Si tratta evidentemente di un processo di verifica condotto al livello della Direzione aziendale, coinvolgente il Consiglio d’Amministrazio-
ne e il top management, per accertarsi che l’impresa stia marciando lungo la rotta prevista. Come sottolineato negli articoli precedenti la verifica sarà realmente efficace solo se ci si era premurati di formalizzare in forma scritta l’orientamento strategico di fondo e gli indirizzi strategici che lo attuano, altrimenti la coerenza interna delle decisioni e azioni intraprese risulterà non confrontabile con un dato oggettivo, con una strategia esplicitata in tutte le sue variabili chiave, ciò che nella definizione iniziale abbiamo chiamato i requisiti specificati. Le conseguenze sulla gestione aziendale può essere rilevante poiché non sarà possibile un confronto chiaro, schietto e condiviso sugli assetti patrimoniali, organizzativi, produttivi, commerciali e reddituali desiderati e quelli concretamente
realizzati, con lo scopo di rimuovere eventuali distonie tra il piano strategico e le decisioni reali. Durante questo importante confronto sarà fondamentale verificare i dati e le informazioni che attestano i risultati raggiunti presso i clienti (la voce dei clienti), i risultati economici e finanziari e di efficacia ed efficienza dei processi (la voce dell’azienda) nonché lo stato delle risorse umane (la voce delle persone), per individuare le aree di miglioramento da attuare con la successiva azione di miglioramento (quarta fase del modello: act). Con riferimento ai processi produttivi, ma lo stesso potrebbe dirsi per i processi ausiliari, l’attività di verifica consiste nel quotidiano monitoraggio del loro stato di controllo: sul punto è fondamentale osservare che su un qualunque processo
possono agire due tipologie di fattori che possono portare ad un fuori controllo: i fattori casuali e i fattori sistematici. La differenza tra i due è notevole: i fattori casuali sono tutte quelle cause naturali di micro deviazioni di un processo produttivo dai requisiti specificati, quali i parametri di processo e di prodotto, che però non influiscono sulla qualità dei prodotti finiti, in quanto tendenzialmente seguono le leggi statistiche della distribuzione degli errori casuali e pertanto tendono a compensarsi vicendevolmente lasciando sostanzialmente stabile il processo, ben all’interno delle tolleranze previste; molto più incisiva invece è l’azione dei fattori sistematici, che causano deviazioni significative e sistematiche dei processi e dei prodotti dalle rispettive specifiche e determinano per questo motivo errori, difetti, non
fiscale
conformità,… cioè il superamento delle tolleranze considerate accettabili, generando così elevati costi occulti per il loro trattamento e correzione. Una buona verifica dei processi produttivi deve pertanto mirare a individuare i fattori sistematici di fuori controllo nei centri di lavoro, nella successione delle operazioni produttive, nell’impiego dei materiali e nelle lavorazioni eseguite, al fine di rimuoverle e prevenire le future non conformità, rendendo perciò stabile il rispetto delle specifiche di prodotto e di processo. Un processo produttivo si dice infatti in stato di controllo quando non è sottoposto all’azione di fattori sistematici di deviazione dalle specifiche prefissate, restando pertanto soggetto ai soli fattori casuali che, per definizione, non causano il superamento delle tolleranze specificate e non compro-
mettono così la qualità dei prodotti finiti. Raggiungere lo stato di controllo dei processi produttivi comporta la definizione precisa dei parametri da impostare sui macchinari, delle specifiche e delle istruzioni per le operazioni critiche per la qualità del prodotto, la definizione dei punti e dei momenti di monitoraggio dei prodotti e dei processi, delle tolleranze ammesse e delle soglie di accettabilità per le misure rilevate… Ma tutto questo non basta! Perché c’è un altro fattore da considerare, importantissimo e sovente non adeguatamente valorizzato: il personale o, in generale, le risorse umane. È su questo fronte che spesso si riscontra un fattore di distonia o incoerenza analogo a quello incontrato per i processi direttivi: le procedure dicono una cosa ma operativamente si eseguono altre cose, a causa
di una gestione inadeguata delle risorse umane. Lo standard sulla Qualità (ISO 9000) prevede su questo elemento una successione operativa semplice ma incisivo: in primis definire le competenze richieste al personale per l’efficace svolgimento delle attività produttive cui sono adibite, in termini di conoscenze, capacità, abilità ed esperienza lavorativa; successivamente fornire la formazione/addestramento e le altre azioni necessarie per conseguire le competenze richieste; in fine verificare l’efficacia delle azioni e della formazione/addestramento svolti, fornendo contemporaneamente adeguata motivazione al rispetto delle procedure. Solo così si potranno tenere in stato di controllo i processi e puntare al loro miglioramento continuo, come vedremo nel successivo articolo.•
legale
Clausole sul Foro competente
L
a scelta del Foro competente a decidere di una determinata controversia si rivela spesso decisiva non solo ai fini della durata del processo ma anche per il suo esito. Nel caso di attività all’estero, ad esempio, è opportuno porsi il problema del Foro di competenza fin dall’instaurarsi dei rapporti commerciali, anche se, soprattutto all’inizio, l’ipotesi di una contestazione giudiziaria possa apparire improbabile. Il Regolamento 44/2001/CE prevede, all’art.23, la possibilità di stipulare delle cosiddette “clausole attributive di competenza“; in altre parole, le parti potrebbero fissare, di comune accordo, quale sia il Tribunale destinato a conoscere delle controversie eventualmente nascenti tra loro. Un accordo del genere potrebbe essere definito in qualunque momento, in assenza di precedente scelta del Foro competente in sede di stesura del contratto. Secondo l’esperienza, tuttavia, quando la contestazione è già insorta, un tale accordo non è più raggiungibile o diventa molto difficile il farlo e pertanto sarebbe opportuno pensarci in occasione della conclusione del contratto. La clausola attributiva di com-
petenza deve essere redatta per iscritto oppure oralmente ma con conferma scritta. Più precisamente, la clausola in questione può essere conclusa “in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere, ovvero sia ampiamente rispettato nel ramo commerciale considerato“. Essendo peraltro difficile individuare gli usi e le pratiche commerciali di riferimento è consigliabile definire sempre per iscritto una clausola attributiva di competenza giurisdizionale.
Spesso però risulta estremamente difficile accordarsi sull’attribuzione di competenza ai giudici dello Stato di appartenenza di uno dei contraenti: in pratica bisognerebbe tentare di inserire con destrezza la clausola di competenza più vantaggiosa utilizzando, ad esempio, le condizioni generali di contratto. Tali condizioni, tuttavia, per vincolare l’altra parte devono divenire parte integrante del contratto, cosa che, ovviamente, non accade qualora la controparte vi si opponga. Può capitare che le clausole sul Foro competente vengano inserite
Economia Veronese - settembre 2013
59
legale
nei documenti contrattuali, come nelle accettazioni delle fatture o nelle bolle di consegna. In tal modo, però, anche se la controparte non si oppone all’applicazione delle stesse nei propri confronti, le suddette clausole non diventano automaticamente parte del contratto. Se invece, per esempio, a seguito di una conferma d’ordine contenente le suddette clausole si riceva la merce, si potrebbe considerare tale circostanza come un tacito accordo sul Foro competente. È comunque molto importante indicare precisamente il Foro competente. Inoltre, bisognerebbe anche sottolineare che si tratta di un Foro esclusivo in maniera tale da non lasciare dubbio alcuno sulla scelta di un Foro piuttosto di un altro. Infine, si ricorda che esiste anche
la possibilità di derogare all’ordinaria competenza territoriale; ma, nell’ambito delle condizioni generali, tale deroga deve derivare da una dichiarazione espressa o univoca da cui risulti, in modo chiaro
e preciso, la concorde volontà delle parti non solo di derogare all’ordinaria competenza territoriale, ma altresì di escludere la competenza del foro designato con quelli previsti dalla legge in via alternativa.•
previdenza
Custodia cautelare e detenzione del lavoratore
Effetti sul rapporto di lavoro
C
on il provvedimento che dispone la custodia cautelare, il giudice ordina agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria che l’imputato sia catturato e immediatamente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell’autorità giudiziaria. L’articolo 137 del codice penale, rubricato “custodia cautelare”, dispone che “la carcerazione sofferta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile si detrae dalla durata complessiva della pena temporanea detentiva o dall’ammontare della pena pecuniaria. La custodia cautelare è considerata, agli effetti della detrazione, come reclusione o arresto”. Nel caso in cui il licenziamen-
to consegua alla condanna del lavoratore in sede penale per fatti commessi nell’esercizio delle sue funzioni, si è in presenza di un licenziamento
di tipo disciplinare che soggiace unicamente ai requisiti di cui all’art. 7 L. 300/70 – Statuto dei Lavori – ovvero immediatezza della contesta-
Economia Veronese - settembre 2013
61
previdenza
62
zione, osservanza del diritto di difesa e comminazione a seguito della condanna riportata in sede processuale o anche in anticipo rispetto alla
tuale, non si è in presenza di un inadempimento bensì di un fatto oggettivo determinante una sopravvenuta impossibilità temporanea della
sentenza qualora il datore disponga di elementi sufficienti per procedere disciplinarmente, senza dover attendere l’accertamento della rilevanza penale dei fatti contestati e la decisione circa la pena applicata. Qualora invece vi sia detenzione (custodia cautelare in carcere o di arresti domiciliari) per fatti estranei al rapporto di lavoro, la situazione si fa più complessa. In linea di principio, quando il lavoratore è assente dal lavoro a causa dello stato di carcerazione preventiva o, comunque, di detenzione a seguito di condanna per fatti estranei al rapporto contrat-
prestazione lavorativa ex art. 1464 c.c., secondo il quale se la prestazione di una parte (lavoratore) è divenuta impossibile, l’altra parte (datore di lavoro) può anche recedere dal contratto. Questo sostanzialmente significa che il licenziamento non avviene per inadempimento, cioè per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo (motivo imputabile al lavoratore). Il datore di lavoro potrà però procedere con un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell’art. 3, L. 604/1966, ovvero per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funziona-
mento di essa. È bene precisare anche che la carcerazione preventiva o conseguente a una condanna penale per fatti estrani al rapporto di lavoro non giustifica di per sé un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ma soltanto nella misura in cui, in relazione alla prevedibile durata dell’assenza, alle dimensioni dell’azienda, alla natura e importanza delle mansioni del lavoratore detenuto, detta assenza determini problemi organizzativi non fronteggiabili con il restante personale e non persista più l’interesse del datore di lavoro a ricevere le ulteriori prestazioni del dipendente detenuto. Ovviamente la prova di una simile circostanza deve essere fornita dal datore di lavoro. Qualora il datore di lavoro occupi più di 15 dipendenti, ricorrendo un’ipotesi di giustificato motivo oggettivo di licenziamento come sopra evidenziato, è obbligato al rispetto della procedura alla Direzione territoriale del lavoro ex art. 7, L. 604/66. Se il lavoratore è stato ingiustamente detenuto, l’art. 102 bis delle Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale dispone che chiunque sia stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere o a quella degli arresti domiciliari e sia stato per ciò stesso licenziato dal posto di lavoro ha diritto di essere reintegrato nel posto di lavoro medesimo qualora venga pronunciata in suo favore sentenza di assoluzione, di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero venga disposto provvedimento di archiviazione. Per la compilazione del LUL (Libro Unico del Lavoro) oc-
corre tenere in considerazione che l’assenza dal lavoro per custodia cautelare o la detenzione in attesa di giudizio, configurano un’ipotesi di assenza giustificata non retribuita, determinando inevitabili riflessi nella compilazione del Libro Unico del Lavoro in quanto la retribuzione legata alle giornate di assenza costituisce un importo che riduce le competenze spettanti ai lavoratori dipendenti. I condannati ammessi a misure alternative di detenzione rientrano tra i soggetti con i quali è possibile stipulare tirocini formativi e di orientamento, che come noto non costituiscono rapporti di lavoro. La tipologia di tirocini che riguarda i soggetti che
hanno avuto problemi con la giustizia è quella dei tirocini di orientamento e formazione o di inserimento/reinserimento, previsti in favore di disabili di cui all’articolo 1, comma 1 della Legge 68/99, persone svantaggiate ai sensi della legge n. 381/91 (invalidi fisici, psichici e sensoriali, ex degenti di ospedali psichiatrici anche giudiziari, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, persone detenute o internate negli istituti penitenziari, condannati e internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno, persone individuate con appositi decreti), nonché
i richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale. La durata massima è pari a 12 mesi. Secondo le recenti disposizioni l’indennità individuata come congrua per questi tipi di tirocinio deve essere di un importo non inferiore a € 300 lordi mensili. Particolari agevolazioni sono previste a favore delle cooperative sociali nonché delle aziende pubbliche o private che assumono o affidano attività lavorative a persone detenute o internate negli istituti penitenziari, ex degenti di ospedali psichiatrici giudiziari e persone condannate e internate ammesse alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno.•
il punto
PER INTEGRARSI NON SERVONO I TIMBRI
U
ltimamente, anche per merito del nuovo ministro per l’Integrazione sociale, la signora di colore Cecilia Kyenge, è tornato alla ribalta il tema della cittadinanza ai cittadini stranieri. Un dibattito che ha visto schierate opposte fazioni. Da una parte gli intolleranti, dall’altra i buonisti. Dei primi abbiamo visto la stupidità, soprattutto nei gesti ostili al ministro. Buttare le banane sul palco dove va a parlare non è argomento. E neppure ordinare un Crodino, evocando l’orango della pubblicità. È stupidità e basta. Dei secondi abbiamo colto le buone intenzioni, ma non sempre supportate da lucidi ragionamenti. Ma cosa vuol dire integrazione? Se andiamo al vocabolario della lingua italiana scopriamo almeno due significati di fondo. Il primo riguarda la dimensione sociale. In questa prospettiva, integrarsi vuol dire «disponibilità degli individui che vivono in una società a coordinare le proprie azioni, mantenendo a un livello tollerabile i conflitti». Per dirla in breve, la capacità di vivere insieme accettando di rispettare reciprocamente le regole, per non pestarsi i piedi. In una seconda accezione, quella razziale, integrarsi vuol dire mettere insieme razze diverse, in modo particolare persone bianche e di colore, evitando le segregazioni. In definitiva, vivere insieme cercando di non mettere in piedi le caste, con cittadini di serie A, B, C… È evidente da queste brevi premesse, che sono due le piste che devono essere seguite perché si realizzi un’autentica integrazione. Da una parte bisogna partire da un pacchetto comune di leggi condivise, ossia le regole della casa. Se non si vuol pestarsi i piedi è fondamentale che all’immigrato sia richiesto lo stesso rispetto delle norme, richiesto ad un italiano. Se questo non avviene, il conflitto sociale si sprigiona da solo ed immediatamente. Mi confidava un negoziante di Cremona: «Sto pensan-
do di portare fuori su un banchetto i miei prodotti, insieme a quelli dei venditori abusivi. Magari per vedere se ci multano insieme per evasione fiscale». Il ragionamento è provocatorio, ma l’esempio è quanto mai eloquente. Se ci sono regole devono valere per tutti e tutti le devono osservare. La culEconomia Veronese - settembre 2013
65
tura del chiudere un occhio è la prima causa della non integrazione. Sul versante razziale, prima ancora che il rispetto delle regole, conta invece la cultura. Ossia quella degli italiani e quella di chi viene in Italia. Ma di questo dirò tra poco. Il ministro Kyenge sembra privilegiare, almeno in questa prima fase del suo operato, il riconoscimento della cittadinanza come via maestra per l’integrazione. Lo ha detto anche recentemente alla Mostra del Cinema di Venezia: «Cittadinanza subito a tutti quelli che nascono in Italia, anche per sbaglio». Opinione rispettabilissima anche se trovo che non sia questa la soluzione per dare risposta alle due esigenze di cui parlavo sopra. L’integrazione non può avvenire con un atto giuridico, ossia con un timbro sulle carte, per dirla più banalmente. Essa, perché sia vera, deve passare sempre dalla vita. Certamente si tratta di una questione che va affrontata e risolta. Oggi in Italia vige un rigoroso principio dello jus sanguinis (diritto di sangue). Ossia tu hai diritto ad essere cittadino italiano se i tuoi genitori o almeno uno dei due è nostrano. A questo principio si oppone lo jus solis (diritto di suolo), fortemente sostenuto dal ministro. Ossia, tu sei cittadino italiano se sei nato o residente sul territorio. Dico subito che trovo le due posizioni entrambe poco equilibrate. Come accennavo sopra, l’integrazione può avvenire soltanto dal rispetto delle regole e dalla cultura. Faccio un esempio per spiegarmi meglio. Quando negli anni ’50 tanti nostri connazionali si trasferiro-
66
no in Svizzera per lavoro, furono due le regole che dovettero osservare. La prima riguardava il rispetto della legge. Chi sgarrava se ne tornava indietro a calci nel sedere. Non si trattava di una forma di intolleranza, ma di rispetto per tutti. Per gli svizzeri, ma anche per gli italiani onesti. La seconda regola fu l’obbligo per i giovani figli degli immigrati di andare a scuola. Fu un rospo duro da digerire, perché tanti nostri connazionali, senza cultura, avrebbero fatto volentieri di quei figli mano d’opera per portare a casa un po’ di soldi. Gli svizzeri furono su questo inflessibili. Chi voleva diventare cittadino di quel Paese doveva istruirsi, conoscerne la lingua (senza la quale non ci sarà mai, dico mai, alcuna integrazione), la storia, le tradizioni, gli usi e i costumi… A quelle condizioni e solo a quelle si poteva far parte dello Stato. Vi sembra crudeltà chieder oggi le stesse condizioni? Credete che l’aver fatto dell’Italia un paese dei Balocchi, dove alcune etnie sanno di poter delinquere all’infinito sia un buon modo per integrarsi? O pensate che lo sia il rifiuto ad apprendere la nostra lingua, la nostra storia e le nostre tradizioni? In un istituto superiore della Bassa veronese un esperto del ministero venuto a parlare di integrazione, s’è sentito rispondere da una immigrata, madre di alcuni ragazzi frequentanti la scuola: “questo è un problema che non ci riguarda. A noi di integrarci non ce ne importa proprio nulla”. Basterà concedere la cittadinanza sulla carta per fare dell’Italia un Paese senza conflitti?• Tse Tse