Paesaggi [ir]reversibili
Trasformazioni dei territori abbandonati e recupero ambientale dei siti contaminati
La rigenerazione dell’Amiantifera di Balangero Alessandra Vai
collana
archivi/temi
collana archivi/temi direzione Antonio Angelillo / Milano Jordi Bellmunt / Barcellona Joao Nunes / Lisbona coordinamento Susanna Curioni / Milano
Risorse ambientali sfruttate fino al quasi totale esaurimento e lasciate, poi, in stato di desolazione, suoli occupati da grandi complessi industriali, la cui dismissione causa l’ involuzione di grandi aree suburbane ed extraurbane, terrenni al confine tra città e campagne trasformate in accumulatori di rifiuti, dalla difficile riconfigurazione. Questi sono alcuni esempi degli spazi residuali, bloccate in un limbo spazio-temporale, in attesa. Il lavoro di tesi vuole investigare sulle dinamiche di trasformazione, recupero e riuso di paesaggi e territori compromessi dall’ intervento dell’uomo e dalla sua voracità produttiva. La lettura e la narrazione dei paesaggi dello scarto passerà anche attraverso una serie di progetti, che mostrano differenti approcci nella rigenerazione degli spazi abbandonati e nella loro nuova valorizzazione paesaggistica ed ambientale,sia alla scala urbana che alla scala territoriale.
Environmental resources stretched to almost total exhaustion and leave , then , in a state of desolation , land occupied by large industrial complexes , whose disposal causes ‘ involution of large suburban areas and rural areas , ground in the border between the cities and countryside transformed into accumulators waste , whose reconfiguration seems impossible . These are some examples of residual spaces , locked in a space-time limbo , waiting wasted land. The thesis wants to investigate the dynamics of transformation , recovery and reuse of landscapes and territories compromised by ‘ human intervention and its voracity productive . Reading and narrative landscapes scrap will also include a series to I projects , which show different approaches in the regeneration of abandoned spaces and in their new environment and landscape improvement , both at the urban scale that the territorial scale .
indice
07 Introduzione 08 I paesaggi dello scarto. Paesaggi post-industriali: il residuo, il rifiuto e strategie di recupero Un piano alla scala urbana di riciclo degli spazi residuali: Detroit Future City Residuo tossico. Brownfields contaminati. Dalla bonifica alla rigenerazione.
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Focus |Tecnologie di bonifica
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Casi Studio a confronto
Aree produttive dismesse/ Ile Seguin Aree produttive dismesse/ Parco Dora, Torino Discariche dismesse/ Discarica Vall’en Joan Discariche dismesse/Basse di Stura, Torino Cave dismesse/ IBA Furst Puckler Land Cave dismesse/ Cokerie Droucourt, Europan 8 Cave dismesse e siti contaminati/Amiantifera di Balangero
19 L’amiantifera di Balangero - Corio
dal piano di bonifica alle future ipotesi di rigenerazione ambientale e riqualificazione paesaggistica -Il Concorso di Idee -Timeline -I Siti di Interesse Nazionale e le procedure di bonifica attuate nel sito dell’amiantifera -Il metodo del Capping negli interventi di messa in sicurezza d’emergenza e nelle procedure di ripristino ambientale di siti contaminati -Bonifiche in Italia _ Quadro normativo -Strategie di intervento per la transizione di un paesaggio (ir)reversibile
51 Glossario 53 Bibliografia 55 Sitografia
Introduzione
“Allora ecco che il paesaggio e fatto di cose del genere, scarti o detriti prodotti di accadimenti in seguito ai quali tutto cio che è passato, deperito, invecchiato, disusato, diventa segno, orma, scrittura: tracce o racconti di ciò che la storia via via produce e mette da parte, inesorabilmente”1 Questa definizione di paesaggio evidenzia la natura metamorfica dei territori, la cui trasformazione passa attraverso cicli di riaffermazione della propria forza derivati da processi di continua destrutturazione e ricostruzione. Coglie le dinamiche del paesaggio dello scarto. Nelle considerazioni fatte da Eugenio Turri nel suo testo, si coglie la volontà di non definire questi paesaggi come feriti, come irrecuperabilmente distrutti, ma come paesaggi “sovvertiti”. La manipolazione morfologica di questi territori, infatti, ad opera dell’uomo, ne ha rovesciato il paradigma, li Ma non si esclude un processo di reversibilità, quantomeno parziale, che possa portare a paesaggi il cui riuso e la cui rimodellazione ne riaffermino il valore. I processi che hanno coinvolto questi paesaggi hanno lasciaro dei residui sul territorio. Questa sedimentazione può diventare strumento di trasformazione dei territori stesi, così come afferma 1
E. Turri, Il paesaggio e il silenzio, biblioteca Marsilio, Venezia 2010
Corboz. Egli, infatti, sostiene che i territori non siano da considerarsi come un vuoto a perdere, equiparabile ad un prodotto di consumo, ma anche nelle trsformazioni subite dall’uomo celano la loro unicità. Egli afferma: “Ciascun territorio è unico, per cui è necessario riciclare, grattare una volta di più (ma possibilmente con la massima cura) il vecchio testo che gli uomini hanno scritto sull’insostituibile materia del suolo, per deporvene uno nuovo, che risponda alle esigenze d’oggi, prima di essere a sua volta abrogato” 2
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Corboz A., Il territorio come palinsesto, in A. Corboz, Ordine sparso. Saggi sull’arte, il metodo, la città e il territorio,
a cura di Paola Viganò, Franco Angeli, Milano 1998.
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I paesaggi dello scarto
Paesaggi post-industriali: il residuo, il rifiuto e strategie di recupero l”...]’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piuttosto l’espellere, l’allontanare da sé, il mondarsi da una ricorrente impurità.” La città di Leonia descritta da Italo Calvino nel 1972, sembra presagire gli effetti deleteri dello sviluppo industriale e del boom economico. La società del consumo si svela così come la città dello spreco, del rifiuto, dello scarto. Alan Berger, professore di Architettura del Paesaggio e Progettazione urbana al MIT Massachusetts Institute of Tecnology, da tempo si occupa, nelle sue ricerche accademiche del rapporto tra il consumo delle risorse naturali ad opera dell’uomo e la distruzione del paesaggio. Il suo approccio al recupero dei paesaggi decostruiti è stato da lui stesso definito come “systemic design”, “progetto sistemico”, volto al reinserimento dei paesaggi svuotati e danneggiati nei territori urbanizzati, nonchè nei sistemi ecologici territoriali. Il recupero dei paesaggi dismessi viene da lui teorizzato nel suo libro “Drosscape: wasting land in urban America”. Egli focalizza la sua attenzione soprattutto sulle grandi aree residuali lasciate dalla dismissione di attività produttive industriali. Dalla lettura di questi ambiti, viene elaborato il Drosscape Manifesto. Per drosscape si intende letteralmente il “paesaggio -
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01 Leonia, Italo Calvino, Le città invisibili 02 Gordon Matta Clark, Conical intersect, 1975
03 Esempio di territorio del rifiuto 04 Mappatura dei drosscapes in Atlanta..
scoria”, il “paesaggio - rifiuto”, che assume un nuovo valore derivato da un processo di rimodellazione. Il drosscape presuppone la creazione di una nuova condizione in cui superfici abbandonate siano modellate in considerazione di nuovi programmi e nuovi insiemi di valori che sostituiscano gli attuali aspetti geomorfologici e sociali di quel luogo. Per poter attuare questi meccanismi di trasformazione del territorio-rifiuto, affinchè possano ridefinirsi sullo stesso nuove risorse economiche ed ambientali, è necessario soprattutto un cambiamento culturale, che fondi le politiche di trasformazione, di progetto, di uso di un territorio. la gestione di queste aree deve essere parte integrante di un processo più ampio di trasformazione del territorio e della comunità che lo abita. Si ritiene definire, quindi, un piano di trasformazione del luogo abbandonato che giunga ad una risignificazione di quello spazio finora sottratto al territorio e/o al contesto urbano-periurbano di cui fa parte e lo inserisca in una visione strategica più ampia. L’obiettivo di rigenerazione di un territorio-scarto deve assumere una dimensione transcalare, che coinvolga, quindi, non solo il contesto e la comunità locale, ma la rete dei territori che gravita intorno ad esso.
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Un piano alla scala urbana di riciclo degli spazi residuali: Detroit Future City Detroit è il paradigma dell’abbandono dell’era postindustriale. Può considerarsi la città simbolo della crisi post-fordista. Nella prima metà del Novecento la città inizia a crescere come distretto automobilisticoe negli anni Cinquanta vede quadruplicare la popolazione, estendendosi su un’area urbana che si espande sempre di più, passando da 26 a 360 chilometri quadrati. L’industria automobilistica trasforma quindi la città in una cittò compatta e densa. Ma già nel 1945 Henry ford profetizza il futuro di Detroit scrivendo “la convinzione che un paese industrializzato debba concentrare la produzione è infondata. Quella è solo una fase temporanea dello sviluppo. L’industria si decentralizzerà da sola. Se la città dovrà scomparire nessuno la ricostruirà secondo il disegno attuale.” Dalla fine degli anni CInquanta e, succesivamente, con la crisi petrolifera del 1973, la città inizia il suo declino. Negli utimi venti anni del Novecento la città è in preda ad abbandono e spopolamento e subisce la distruzione di intere parti della downtown. Detroit diventa una “shrinking city”, una fotografia in negativo, dove a prevalere è il vacant lot. Nel 2013 la città di Detroit viene dichiarata insolvente per 18,5 miliardi di dollari. Ma già nel 2012, l’ufficio dei lavori pubblici pubblica il piano DFC _ Detroit Future City. Il Detroit Future City Strategic Framework si pone l’obiettivo di elaborare strategie innovative di trasformazione dei
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vuoti, che affida le sue speranza nel paesaggio in quanto infrastruttura. Una delle azioni previste dal piano, infatti, è la creazione di un open space network, una rete di spazi aperti, in cui i differernti vacant lot sono pensati come tasselli di un ampio sistema infrastrutturale verde. Lo studio identifica cinque nuovi scenari di paesaggio: - community green spaces - ecological landscapes -Blue+green infrastructures - Working productives landscapes - transitional landscapes Questi scenari sovrapposti e compenetranti contribuiscono alla costruzione della resilienza urbana di Detroit. Il concetto di reslilienza implica progetti, in questo caso alla scala urbanistica, basati sul riciclo, riattivando le strutture dismesse e gli spazi abbandonati, tramutandoli in nuove risorse, in nuove opportunità di sviluppo del sistema socioecologico della pianificazione urbana.
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Residuo tossico: brownfields contaminati. Dalla bonifica alla rigenerazione. Recenti dossier d’indagine stilati da Legambiente e da Greenpeace testimoniano come la complessa questione della gestione dei siti contaminati e del loro risanamento ambientale non abbia trovato una chiave risolutiva efficace. Tempi burocratici dilatati, l’ombra della speculazione di organizzazioni criminali, in stretta relazione con la mancanza di fondi sufficienti per le procedure d’intervento sono tra gli ostacoli più ostici da superare per il proseguimento di questo difficile processo di rigenerazione, auspicato con i primi strumenti normativi quali il DM 471/99, seguito poi dal DLgs 152/06 e s.m.i. Le interazioni con i paesaggi dello scarto inquinati seguono due direzioni principali: -la questione ambientale _la questione sanitaria Con il presente studio si vuole porre l’attenzione sull’importanza di ricomporre un mosaico ambientale all’interno del quale le aree abbandonate dismesse, inquinate costituiscono una tessera danneggiata. Ma è importante sottolineare come questi siti producano serie conseguenze sulla vita delle comunità che vivono nei territori contaminati. Tra il 1995 e il 2002, il progetto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), che vede la collaborazione tra l’università Sapienza di Roma e l’Organizzazione Nazionale e Mondiale della Sanità, ha portato a galla dati allarmanti relativi alla percentuale di
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07 ILVA Taranto. Stabilimento siderurgico e quartiere Tamburi 08 Terra dei Fuochi
BROWNFIELDS
SITI CONTAMINATI
La gestione dei rifiuti e dei terreni di bonifica deve trasformarsi da processo oscuro e nascosto a filiera visibile e virtuosa. Il danno ecologico deve quindi trasformarsi in opportunità, in strumento al servizio del riequilibrio ambientale.
AREE DISMESSE
cittadini colpiti da gravi patologie strettamente correlate alle contaminazioni ambientali dei siti inquinati. Sul territorio nazionale vengono individuati 44 siti direttamente responsabili della proliferazione di tumori tra i residenti. (tra questi il sito minerario di Balangero, di cui parlerò successivamente). Modelli di produzione industriali e di relazione con i loro rifiuti, pericolosi, azzardati, obsoleti, hanno avuto la grave conseguenza di non poter stimare con certezza, quindi di non poter circoscrivere il fenomeno delle morti da esposizione ad inquinanti provenienti da siti contaminati. Una delle questioni e degli obiettivi prioritari nell’affrontare il problema del recupero di queste aree, è come contenere i danni alla salute della collettività. Per fare questo sono necessarie nuove strategie di bonifica del territorio, che consentano di reinnestare il tassello di teritorio sottratto dal sito contaminato, nel tessuto teriitoriale, periurbano, urbano circostante. Un progetto di recupero ambientale di un sito contaminato deve muoversi in due direzioni: - nello spazio, ragionando in termni stratigrafici relazionali sul suolo contaminato; - nel tempo, riflettendo sulle opportunità di adattamento e resilienza dei luoghi Si auspica quindi la capacità, attraverso il progetto, di riciclare un territorio che sembra definitivamente perso, inserendolo in un nuovo ciclo di vita, in un percorso di riappropriazione. E’ necessario trasformare un processo irreversibile, in un progetto integrato di rigenerazione ecologica ma anche di nuovo sviluppo economico dell’area.
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Focus | Tecnologie di bonifica
processi di bonifica
biologico
in situ
chimico
fisico
ex situ
Sono individuabili differenti strategie ed approcci processuali di bonifica dei siti contaminati. il processo in situ prevede il recupero della matrice ambientale direttamente nel sito, senza alcun tipo di manipolazione dello stesso; Il processo ex - situ, secondo cui la matrice ambientale viene trattatta e trasformata in un luogo differente dal sito di origine. Entrambi i processi sono a loro volta suddivisi in : -biologico -chimico -fisico.
PROCESSI BIOLOGICI IN SITU biostimulation e iniezione diretta di nutrienti tecnica per ripulire terrreni coinvolti da sversamenti di prodotti petroliferi. Prevede l’iniezione di specifici nutrienti per sviluppare la crescita di microorganismi indigeni, in grado, attraverso la loro attività biologica, di assimilare le sostanze inquinanti presenti nel sito. biostimulation
bioventing Degradazione di composti organici asorbite dalle particelle di suolo nella zona insatura.Pozzi di immissione ed estrazione per l’introduzione di ossigeno e nutrienti che stimolano l’attività di batteri autoctoni bioventing
biosparging utilizzata soprattutto per il trattamento di acque di falda, che agisce nella zona satura. Utili per il risanamento da prodotti petroliferi leggeri.
biosparging
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bioaugmentationĂš Aggiunta di microorganismi, aventi capacitĂ metobolica di degradare i composti organici presenti nel sito di bonifica. Utilizzato per contaminanti come ammoniaca, insetticidi e prodotti petroliferi. bioaugmentation
barriere attive permeabili si definisce una zona di trattamento con microorganismi, che stimolano la crescita di batteri indigeni. Le barriere intercettano e trattano i pennacchi delle acque sotterranee contaminate. barriere attive permeabili
fitorisanamento Sfrutta la capacitĂ di alcune piante di estrarre e utilizzare i contaminanti. Una volta terminata la bonifica, le painte devono essere sradicate e confinate in modo adeguato.
fitorisanamento phytoremediation
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Focus | Tecnologie di bonifica
landfarming
PROCESSI BIOLOGICI EX SITU landfarming Disposizione di strati di terreno contaminato e di modificatori come i nutrienti, su una superficie impermeabile, periodicamente lavorati per favorire l’aereazione e per sviluppare popolazioni microbiche in grado di assimilare le sostanze tossiche presenti. bio-pile Impilazione di terreno e di modificatori. Alla base è posto un letto di trattamento e un sistema di aereazione, con consente approvigionamento di sostanze nutritive e la raccolta di percolato. Tra i vari strati sono posti tubi forati e .tubi di estrazione dell’aria dell’ammasso
bio-pile
PROCESSI CHIMICO-FISICI IN SITU ossidazione chimica Iniezione di sostanze chimiche ossidanti (perossido di idrogeno, permanganato di potassio o ozono) nei pressi della sorgente di contaminazione del pennacchio.
ossidazione chimica
soil venting extraction Pozzi posti vicino alla fonte di contaminzione creano un vuoto d’aria. all’interno di questo vuoto, i costituenti volatili “evaporano” ed i vapori vengono estratti dai pozzi di estrazione e quindi trattati (ad esempio con assorbimento con carboni attivi) e successivamente rilasciati in atmosfera. soil venting extraction
air sparging Iniezione di aria priva di contaminanti nella zona satura, consentono la trasforazione di idrocarburi assorbiti dal suolo o disciolti nella acque sotterrranee in vapore. L’aria viene poi estratta dalla zona di inserimento. air sparging
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soil flushing Iniezione di una soluzione di acqua e additivi, attaverso pozii o gallerie, nelle zone di terreno interessate dalla contaminazione, per migliorare la solubilitĂ dei contaminanti. Questi si sciolgono nelle soluzioni di lavaggio, vengono dilavati nella acque sotterranee, a loro volta estratte e trattate. Tecnica utilizzata soprattutto per terreni a bassa permeabilitĂ sottoposti a contaminazione da metalli pesanti e pesticidi. desorbimento termico Contaminanti organici volatilie semivolatili sono scladati fino ad una temperatura sufficiente a desorbirli e volatilizzarli, qindi separarli da suoli contaminati, attraverso meccanismi di scambio termico diretto ed indiretto.
soil flushing
desorbimento termico
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Casi Studio a confronto
Aree produttive dismesse/ Ile Seguin Aree produttive dismesse/ Parco Dora, Torino Discariche dismesse/ Vall’en Joan Discariche dismesse/Basse di Stura, Torino Cave dismesse/ IBA Furst Puckler Land Cave dismesse/ Cokerie Droucourt, Europan 8 Cave dismesse e siti contaminati/Amiantifera di Balangero e Corio (Torino_IT)
Il giardino post-industriale dell’Ile Seguin
L’Ile Seguin si trova nella zona ovest di Parigi, tra la piana di Boulogne Billancourt e la collina di Meudon al confine con il comune di Sévres. Nasce come isola naturale ma subisce una trasformazione totale, tramutandola in “isolafabbrica” galleggiante. L’isola, infatti, introno agli anni ‘20 del Novecento verrà trasformata in una appendice dello stabilimento automobilistco Renault, già presente sulla riva destra della Senna. Sull’isola si giunge allo sviluppo di ben 60 stabilimenti. La produzione automobilistica, soprattutto negli anni Sessanta raggiunge il suo apice. Ma negli anni Novanta, si assiste ad un calo dell’offerta. L’ile Seguin viene abbandonata. Le strutture fatiscenti dimenticate rimangono in piedi fino agli anni 2000. L’Ile Seguin diviene un luogo di grande trasformazione: dal 07 Vista dell’Ile de Seguin 20
2000 al 2007 è oggetto del progetto del paesaggista francese Michel Desvigne. Egli crea un sistema di pieni e vuoti, reinterpretando le tracce del passato industriale di quel luogo. Le impronte delle fosse delle presse industriali., vengono trasformati in rettangoli di cemento e sabbia stabilizzata, organizzati secondo la griglia della precedente disposizione industriale con sequenze geometriche, a vari livelli, su cui crescono erbe e vegetazione. L’isola diventa il primo spazio pubblico accessibile dopo la dismissione e la successiva trasformazione dell’area industriale Renault. Ne costituisce un punto di osservazione privilegiato e rappresenta il primo elemento di ricucitura dell’area con il tessuto urbano circostante, nonchè un suo ritorno, seppur mediato, alla sua origine naturale, al centro della Senna.
Lo scarto industriale come substrato di generazione di un nuovo parco urbano: Parco Dora
Questo parco “post-industriale” costituisce il fulcro del processo di trasformazione dell’area “Spina 3”, area caratterizzata dalla presenza predominante di aree industriali, dismesse intorno agli anni Ottanta.. Il progetto del parco è il risultato di una gara internazionale a procedura aperta, avviata nella primavera 2004; vincitore del concorso il gruppo diretto da Peter Latz. Il progetto è caratterizzato dall’alternanza di superfici naturali, con elementi preeesistenti, mantenuti e caricati di nuovo valore. Tra questi, la torre di raffreddamento Michelin, la struttura dello strippaggio e la centrale termica delle acciaieri Fiat. Interessante il rapporto con il fiume Dora, anch’esso integrato nel sistema - parco, garantendone l’accessibilità.
La riqualificazione delle sponde del fiume si inserisce nel più vasto progetto Torino Città d’Acque e prevede la realizzazione di un percorso ciclopedonale che unirà l’area di Spina 3 ai tratti ciclabili già esistenti lungo il corso della Dora.. Il progetto viene realizzato, per step programmati, tra l’autunno del 2007 e la primavera del 2012. I primi lotti realizzati sono stai quelli precedentemente occupati da Michelin, Ingest e Vitali. Successivamente viene sviluppata l’area Valdocco, divisa in due lotti, a sud e a nord del fiume Dora. Il lotto sud è interessato da un processo sperimentale di bonifica dei terreni, attraverso phytoremediation. Il too nord, invece, interagisce con la realizzazione di un nuovo snodo infrastrutturale, il cosiddetto Passante Ferroviario.
08 Vista di Parco Dora/ Lotto Ingest/ Latz+Partner, Servizi Tecnologie Sistemi S.p.a., Studio Cappato, Gerd Pfarrè, Ugo Marano, Studio Pession Associato. 21
Vall’en Joan: un’ex discarica nel Parco del Garraf
Vall d’en Joan è situtata nel Parco Naturale del Garraf, nel territorio di Baix Llobregat. Dal 1974 questa valle chiusa venne utilizzata come discarica di rifiuti solidi urbani e venne sfruttata per tale scopo fino al 2006. Il progetto di recupero di Bttle i Roig si pone tre obiettivi specifici: il risanamento ambientale dell’area, la sua trasformazione in spazio pubblico, la sua riconcigliazione con il paesaggio. La geometria derivata da terrazzamenti e terrapieni consente di accogliere sistemi di smaltimento e stoccaggio dei percolati. Il terrazzamento ha consentito una sigillatura ottimale dei percolati dei rifiuti organici, originariamente occultati solamente da una coltre di 20 centimetri di terra. Nella vallata è in funzione un impianto che annualmente recupera, dalla fermentazione anaerobica della frazione 09 La Scuola in fattoria interviene nei settori personali, sociali e ambientali. 22
organica residua, circa 38,5 milioni di metri cubi di biogas i quali consentono di produrre 61,6 GWh di energia elettrica. Nonostante la discarica sia chiusa l’estrazione del biogas continuerà fino al suo esaurimento, previsto per il 2050. Il processo di rinaturalizzazione della vegetazione, è iniziato con la semina delle specie autoctone più resistenti al clima e al terreno aridi. Successivamente, le piantumazioni sono state organizzate in strutture vegetali funzionali all’orografia delle terrazze, dei campi, delle scarpate, dei drenaggi e dei percorsi a zig zag che si dipanano all’interno del territorio
BdS 2040: visioni per la discarica dismessa di Basse di Stura
L’area Basse di Stura oggetto del Workshop BdS2040, occupa la zona nord della Città di Torino ed è delimitata da alcune arterie veicolari quali la Tangenziale Nord di Torino, la Superstrada Torino-Caselle e la “Strada dell’Aeroporto” che collega Torino con Caselle. Area estremamente eterogenea circondata da attività miste di produzione e artigianato,residenza e fattori di pressione (campo nomadi, orti urbani, discariche abusive, tiro a segno militare, produzione pigmenti organici, area agricola coltivata a prato, mais e orzo…). L’area è lambita dal Torrente Stura e in essa ritroviamo alcuni presidi agricoli (35 cascine attive , tra cui tre di antica tradizione) La discarica per lo smaltimento dei rifiuti urbani, è dismessa
dal 2009. L’AMIAT (Azienda Multiservizi Igiene Ambientale Torino S.p.A.) ha previsto un piano di recupero con una timeline action suddivisa in quattro tappe, 2015, 2020, 2030 e 2040. Nell’ambito del progetto “Trasmettere la Città Sostenibile” Il workshop con il contributo attivo di gruppi di studenti, elabora alcune possibili strategie di recupero e rigenerazione dell’area. L’area è ora uno dei tasselli che compongono il progetto TOCC Torino Città da Coltivare, che ha come obiettivo lo sviluppo di un Parco Agricolo Rururbano a nord della città di Torino.
10 Vista della ex- discarica di Basse di Stura 23
IBA Furst Puckler Land
rigenerazione della regione mineraria della Lusazia (Brandeburgo)
L’ esposizione internazionale IBA SEE, svoltasi nel decennio2000-2010 nel territorio del Furst-Puckler-Land in Lusazia si pone come questione fondamentale il processo di riqualificazione dei paesaggi post-carbone. Sul territorio insistono 17 miniere di carbone e lignite a cielo aperto, circondate da 30 laghi derivati dalla riconversione di altre ex cave. Il progetto dell’esposizione si articola intorno a sette tematiche principali, che si snodano attraverso nove isole di paesaggio(“landscape islands”) L’idea delle isole del paesaggio è stato concepito nella fase iniziale della IBA. I 30 progetti rientrano in sette categorie principali: Patrimonio industriale, Paesaggi 11 Vista di una ex cava di carbone 24
marini, paesaggi di energia, un nuovo territorio, paesaggi di confine, paesaggi urbani, paesaggi di transizione. Uno di questi percorsi tematici è interamente dedicato ai paesaggi dell’energia (“energy landscapes”), e si sviluppa in particolare nell’isola di paesaggio attorno al centro rurale di Welzow. Lo stesso ambito sarà oggetto di altri due percorsi di ricerca: REKULA,2003 - ReSOURCE,2007
Grand Parc des Iles di Droucourt
un progetto partecipato di riqualificazione di cave di carbone
La Communauté d’Agglomération Hénin-Carvin è il principale attore delle azioni di recupero delle terre abbandonate, precedentemente occupate da miniere di carbone- coke, nel territorio di Droucourt. L’obiettivo principale è riportare alla natura un’ara deturpata dalle lavorazioni industriali di estrazione del minerale, e riconnettere l’area con le aree urbane di Rouvroy , Drocourt e Hénin - Beaumont. Il progetto di un parco prende le mosse dall’osservazioni di cumuli di residui e scorie di lavorazioni presenti sull’area. Il disegno del nuovo parco alterna, con gesti geometrici, aree di scavo trasformate in vasche artificiali, con aree in
rilievo, derivate dai materiali di accumulo degli scavi, isole di vegetazione, delimitate da gabbioni di pietra, richiamo alla natura minerale del luogo.
12 Vista aerea del Parc des Iles di Droucourt 25
L’amiantifera di Balangero - Corio.
Dal piano di bonifica alle future ipotesi di rigenerazione ambientale e riqualificazione paesaggistica
L’amiantifera di Balangero e Corio, ha conosciuto i suoi fasti a partire dagli anni ‘50, con la costituzione dell’Amiantifera di Balangero SpA. Negli anni ‘70 la miniera era tra i primi produttori internazionali di amianto crisotilo, derivato dalla serpentinite asbestifera. La miniera è stata la più grande d’Europa, fino a che alla fine degli anni ‘80, con la vendita della società inizia il declino, che porterà al fallimento nel 1990. Nel 1992, La legge 257 stabilisce la cessazione di estrazione, comercializzazione e utilizzo dell’amianto. Nel 1994 si costituiscea RSA srl, società per il risanamento, lo sviluppo ambientale e la riqualificazione dell’ex miniera. Il degrado ambientale derivato dai lavori in miniera, hanno dato importanza prioritaria a interventi di messa in sicurezza del territorio, con regimazione delle acque superficiali e interventi di ingegneria 13 Il bacino artificiale nell’invaso dell’Aminatifera di Balangero 26
naturalistica sui suoli. Questi interventi sono in pieno stato di avanzamento. La programmazione del futuro utilizzo della miniera identifica tre questioni centrali: - la dimensione ecomuseale: trasformare il sito in un museo che racconti il patrimonio culturale e la storia delle comunità locali sotto l’influenza dell’attività economica-produttiva dell’Aminatifera. - le fonti rinnovabili: il territorio svuotato dell’amiantifera come substrato per la realizzazione di campi fotovoltaici e di una microcentrale idroelettrica - l’educazione ambientale: la promozione di un centro di educazione ambientale che apra uno sguado sulla discarica lapidea, riflettendo sulle questioni della bonifica e su progetti di riqualificazione sosteniible del sito.
Criteri di confronto
USI Il processo di reversibilità di un territorio dismesso, contaminato, abbandonato, a quali nuovi utilizzi è destinato?
DINAMICHE SOCIALI La rigenerazione di un’area potenzialemnte dannosa per la salute della popolazione, quali dinamiche sociali innesca?
RELAZIONE CON IL CONTESTO Il recupero di un’area abbandonata o di un territorio contaminato come dialoga con il territorio limitrofo, con il contesto di appartenenza?
GESTIONE DEI PROCESSI DI TRASFORMAZIONE I processi di recupero ambientale ed in particolare di bonifica dei siti contaminati, quale iter percorrono?
REINSERIMENTO AMBIENTALE Il recupero ambientale di un sito abbandonato o contaminato definisce la ricucitura di un territorio precedentemente lacerato?
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Tabella di confronto
Il giardino post-industriale dell’Ile Seguin (FR) Parco Dora (IT)
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Vall’en Joan (ES) Basse di Stura - BdS 2040 (IT) IBA Furst Puckler Land (DE) Gran Parc des Iles de Droucourt (FR) Amiantifera di Balangero e Corio (IT)
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L’amiantifera di Balangero - Corio
Dal piano di bonifica alle future ipotesi di rigenerazione ambientale e riqualificazione paesaggistica
“In una collina tozza e brulla, tutta scheggioni e sterpi, si affondava una ciclopica voragine conica, un cratere artificiale, del diametro di quattrocento metri : era in tutto simile alle rappresentazioni schematiche dell’Inferno, nelle tavole sinottiche della Divina Commedia. Lungo i gironi, giorno per giorno, si facevano esplodere le volate delle mine : la pendenza delle pareti del cono era la minima indispensabile perchè il materiale smosso rotolasse fino in fondo, ma senza acquistare troppo impeto.“” Così Primo Levi, chiamato nel 1941, in qualità di dottre in chimica, ad eseguire ricerche per la valutazione dell’estrazione del nichel dalla roccia di serpentino, descrive, nel suo racconto Nichel , il sito dell’Amiantifera di Balangero. La sua ricerca non porterà i risultati 30
attesi, ma da questa sua esperienza Levi traccia un ritratto di questo paesaggio industriale moltonetto. Scriveva ancora “C’era amianto dappertutto, come una neve cenerina : se si lasciava per qualche ora un libro su di un tavolo, e poi lo si toglieva, se ne trovava il profilo in negativo ; i tetti erano coperti da uno spesso strato di polverino, che nei giorni di pioggia si imbeveva come una spugna, e ad un tratto franava violentemente in terra”. Da queste parole si coglie lìimpatto delle lavorazioni in miniera sul territorio circostante e sul tessuto urbanizzato. Il polverino ,così come vengono chiamate le fibre di amianto dsperse nell’aria, ricopre le superfici dei tetti e sedimenta sulla terra, sottoponendo l’area, i suoi cittadini, ed i lavoratori della miniera, ancora inconsapevolmente, a gravi
L’amiantifera di Balangero - Corio
danni per la salute. Italo Calvino, nel 1954 giornalista dell’ Unità, trasforma un articolo giornalistico sullo sciopero dei lavoratori della miniera per il mancato premio di produzione, in un racconto neorealista, in cui descrive la vita e le fatiche degli operai de La fabbrica della montagna, scrivendo: “ All’ora in cui monta un nuovo turno, gli operai vengono su dai sentieri del bosco, quelli di Balangero, quelli di Coassolo, quelli di Corio, con la loro aria di montagnini, con le giacche di fustagno, gli scarponi, i berretti col passamontagna. E paiono cacciatori che vadano per lepri ; o soltanto per funghi, visto che non hanno il fucile. Ma non ce n’è di lepri nel bosco, non crescono funghi nella terra rossa dei ricci di castagno, non cresce frumento nei duri campi dei paesi intorno, c’è solo il grigio polverone d’asbesto della cava che dove arriva brucia, foglie e polmoni, c’è la cava, l’unica così in Europa, la loro vita e la loro morte.” Negli anni ‘50 sembra quindi già nota con evidenza la pericolosità della polvere d’amianto, eppure l’amiantifera, così come gli stabilimenti industriali presenti sul territorio piemontese ( Eternit di Casale Monferrato e di Cavagnolo), continueranno a lavorare
questo materiale fino alla fine degli anni ‘80, ampliando il danno ambientale e sanitario dei territori coinvolti. Dal punto di vista ambientale l’attività estrattiva provoca uno sconvolgimento evidente del territorio. Le coltivazini a gradni dello scavo in roccia frantumano lo spartiacque tra Balangero e Corio, un riporto di terra di più di 45.000 mc di pietrisco di scarto di lavorazione rimodellano i versanti e riempono intere valli, 50-60.000 mc di fanghi contenenti amianto vengono stoccati insiti di sedimentazone lungo i corsi d’acqua principali. La bonifica dell’area, avviata dal 1994, non deve, quindi operare solo per limitare l’incidenza di una contaminazione naturale, ma deve fare i conti anche con lo sfruttamento antropico di questa risorsa e sullo sconvolgimento del palinsesto ambientale di questo territorio. Il sito minerario di Balangero e Corio è stato iscritto nell’elenco dei SIN (Siti contaminati di Interesse Nazionale), con la legge 427 93
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L’amiantifera di Balangero - Corio
Alle dinamiche ambientali compromesse, corrisponde anche un’appropriazione del territorio da parte di edifici industriali dalle grandi superfici, che si estende su un’ampia area di questo territorio. Gli edifici presenti in prossimità della cava si sviluppano infatti su40.000 mq. Le azioni da intraprendere su quest’area, quindi, seguono due direzioni: - il recupero ambientale del territorio - la rigenerazione degli edifici produttivi dismessi
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Osservando questa mappa, si evince come l’invaso diella Miniera di Balangero e Corio si trovi al centro di un sistema ambientale complesso ed articolato racchiuso all’interno del perimetro della Corona Verde. Intercetta il corridoio fluviale dello Stura, e sembra costituire il fulcro del sistema dei parchi della Mandria Definire un complesso processo di rigenerazione ambientale e paesaggistica di questo sito costituisce un forte tassello di ricomposizione della rete ambientale del territorio delle Valli di Lanzo. Come attuare questo processo di reversibilità territoriale? Nel 2010 Regione Piemonte, Ordine degli Architetti di Torino, e Società RSA Srl, cercanoi risposte a questo quesito, istituendo un Concorso d’Idee a procedura aperta.
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Il Concorso d’idee Riqualificazione e sviluppo del sito minerario di Balangero-Corio
Con Determinazione Dirigenziale n. 651 del 26.11.2009, la Direzione Programmazione Strategica, Politiche Territoriali ed Edilizia della Regione Piemonte ha stabilito il cofinanziamento del concorso di idee per la riqualificazione e sviluppo del sito minerario di Balangero e Corio, sostenuto dall’Ordine degli Architetti di Torino,e considerato dalla società RSA srl come strumento efficace di restituzione progettuale plurale di ipotesi di recupero e rigenerazione dell’area. Il bando del concorso definisce una serie di vincoli che guidano il percorso progettuale oggetto del concorso, qui evidenziate con alcune parole chiave: - archeologia industriale: l’aminatifera come patrimonio storico, testimonianza di una memoria industriale complessa, trasformabile in elemento di interesse turistico e culturale, attribuendo all’area una vocazione ecomuseale. -testimonianza storica. La riqualificazione del sito deve mantenere i caratteri essenziali e mirare alla preservazione del patrimonio storico che rappresenta.
quanto consentito nel recupero di discariche di materiale lapideo con presenza di polveri così nocive per la salute, quindi con i dovuti limiti di sicurezza derivabili dalla fruizione di questo sito. - sviluppo economico e culturale del territorio, agendo soprattutto sul recpero dell’area estrattiva, della palazzina, dei fabbricati industrialie degli impianti di proprietà dei RSA srl. - impronta ecologica e sostenibilità, veicolando il progetto all’individuazione di soluzioni per la realizzazione di una piattaforma tecnologica per la produzione energetica da fonti rinnovabili; - mitigazione. Le zone delle discariche lapidee non completamente restituibili alla fruizione pubblica, considerati i limiti imposti dalla presenza di materiale contaminato nel sottosuolo, costituiscono superfici di restituzione ambientale in termini di ripristino adeguato della copertura vegetale e individuazione di biotopi idonei al ripopolamento di fauna selvatica.
- tutela e riqualificazione ambientale del territorio, per 34
Il concorso d’idee cita inoltre la Legge Regione Piemonte n. 31/1995 che incentiva l’istituzione di ecomusei allo scopo di ricostruire, testimoniare e valorizzare la memoria storica, la vita e le tradizioni, la cultura materiale, le relazioni tra ambiente naturale e ambiente antropizzato, che hanno caratterizzato l’evoluzione del territorio. Il Concorso si pone come obiettivo la possibile realizzazione del Parco Minerario di Balangero e Corio, parco inseribile in un più esteso progetto regionale di tutela e valorizzazione delle aree verdi come la Corona Verde e la Tangenziale Verde. Il Bando recita “L’istituzione di un ecomuseo può restituire la complessità territoriale della zona e l’identità locale, non sintetizzabili solo con il recupero del sito industriale, oltrepassando i confini della tutela ambientale per coinvolgere la popolazione: la bonifica del sito non intende limitarsi a restituirne il territorio, ma vuole dare corso a iniziative per la sua ripresa economica.” Punto di forza importante, quindi, di questo bando di concorso è l’obiettivo di restituire un paesaggio menomato e danneggiato dall’azione antropica, al sistema naturale e pesaggistico non solo del territorio delle Valli di Lanzo, di cui ne il fulcro/voragine, bensì di un ambito territoriale più
allargato. Il Parco minerario viene pensato come fulcro all’interno di un sistema ambientale che si estende dalle Valli di Lanzo al sistema dei Parchi prossimi al capoluogo torinese, definendo una sequenza di paesaggi complessi e diversificati: - il Parco Minerario - il corridoio verde del Parco della Mandria - la Corona di Delizie e le Residenze Sabaude.
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Nella Cava Monte S. Vittore si inizia ad estrarre il serpentino, da cui si ricava amianto crisotilo
1920
Si raggiunge il picco di lavorazione ed estrazione del materiale. la Società diventa importante a scala internazionale
1951
Si costituisce ufficialmente la Società Amiantifera di Balangero SpA
1970
La Legge n.257 del 27/03/1992 sancisce la cessazione dell’impiego dell’amianto. All’art. 11 si prevede il risanamento ambientale della miniera,con indicazione sulle relative modalità di esecuzione
1990
1992
La Società Amiantifera di Balangero SpA cessa la sua attività, causa fallimento.
timeline
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La società RSA srl, a totale capitale pubblico,viene acquisita sotto il controllo della Regione Piemonte (Legge Regionale 14/2006). Si sottoscrive il secondo Accordo di Programma tra il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, la Comunità Montana Valli di Lanzo, i Comuni di Balangero e Corio.
Si costituisce la RSA srl (Società a capitale pubblico per il risanamento e lo sviluppo ambientale della miniera di Balangero e Corio)
1992
1994
Si sottoscrive il primo Accordo di Programma tra gli enti locali interessati territorialmente all’attività di risanamento ambientale e i Ministeri competenti.
1995
La Regione Piemonte, mediante convenzione, affida a RSA srl l’incarico di effettuare gli studi, le opere e le attività necessarie per il risanamento ambientale del sito minerario.
2007
2009
Inizia il processo Eternit. Dopo la prima sentenza di annullamento, il pm Guariniello riprende le indagini partendo dal caso Balangero, cava satellite dell’azienda di Schmidheiny.
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I Siti di Interesse Nazionale e le procedure di bonifica attuate nel sito di Balangero-Corio
I Siti di interesse nazionale (SIN) sono istituiti con la L 426/1998, che identificava un primo elenco di interventi di bonifica di interesse nazionale e definiva il Programma Nazionale di bonifica, da adottare per ogni SIN individuato. I SIN costituiscono aree contaminate dall’estensione territoriale molto ampia, riconosciute dallo Stato italiano come pericolose e che necessitanti interventi di bonifica del suolo, del sottosuolo e/o delle acque superficiali e sotterranee, per evitare e/o limitare rischi di danni ambientali e sanitari. I SIN vengono classificati come tali in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali e ambientali. Con DM 11/01 2013, 18 dei 57 siti iniziali non sono più ricompresi tra i siti di bonifica di interesse nazionale e la competenza per le necessarie operazioni di verifica ed eventuale bonifica al loro interno è stata trasferita alle Regioni territorialmente interessate che subentrano nella titolarità dei relativi procedimenti. L’art. 251 del DLgs del 3/04 2006, n. 152 stabilisce che le Regioni, sulla base dei criteri definiti dall’APAT (ora ISPRA), predispongano l’anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica, la quale deve contenere l’elenco dei siti sottoposti a intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi, così come l’individuazione dei soggetti cui compete la bonifica e gli Enti pubblici di cui la Regione intende avvalersi, in caso di inadempienza dei soggetti obbligati. Consultando l’Anagrage Regione Piemonte relativa a siti contaminati, L’Aminatifera di Balangero risulta sottoposta, come tipologia d’intervento a messa in sicurezza permanente. I rischi specifici individuati per l’area e riportati nelle schede di sintesi, sono la presenza di inquinanti dovuta alla scorretta gestione dei rifiuti, nonchè alla
cattiva gestione di impianti e strutture. In merito alla scorretta gestione dei rifiuti vi,ene individuato un intervento specifico, relativo a 2780 mq di superficie dell’area interessata, indicato come capping. Sulla restante superficie d’intervento pari a 4900 mq, la tecnologia d’intervento applicata è costituita da scavo di pietrisco e del terreno sottostante e successiva rimozione. Il Polo Amianto di Arpa Piemonte, in collaborazione con Spresal ASL TO4 ha valutato la documentazione prodotta da RSA srl per gli interventi di bonifica, e segnala come realizzate le seguenti opere di messa in sicurezza di emergenza: - sistemazione idrogeologica ed idraulica delle vasche di decantazione del Rio Pramollo - realizzazione canale di gronda per le acque provenienti dal lago di cava - realizzazione canale scolmatore del bacino di coltivazione dell’ex miniera - sistemazione statica, idrogeologica e idraulica del vrsante settentrionale del sito, su lato Corio - sistemazione idrogeologica e idraulica delle aree di discarica lapidea poste a est degli stabilimenti di produzione lato Balangero - dissesto della discarica Fandaglia - lavoro di ripristino rete di acque superficiali afferenti al dissesto della zona ovest a monte dell’area degli stabilimenti - lavori di bonifica nell’area stabilimenti e demolizione delle strutture metalliche facenti parte dell’area semicrollata (Corpo A). Nello specifico, RSA srl, decrive in un video gli interventi di bonifica eseguiti al settembre 2015. Un primo stanziamento di 15 milioni di euro è stato utilizzato per interventi di messa in sicurezza di emergenza. Con l’accordo di programma del 2007 stipulato tra gli enti territoriali e il ministero dell’ambiente sono stati 38
previsti investimenti per complessivi 30 milioni di euro dei quali ad oggi sono stati impiegati circa 14 milioni di euro completamento delle attivita’ di bonifica vi è una costante attività di manutenzione necessarie per mantenere in efficienza le opere eseguite, e consentire accesso sicuro alle aree di cantiere. La rete viaria interna viene costantemente bagnata per ridurre al minimo il sollevamento di polveri. nell’area degli stabilimenti è stato realizzato un deposito autorizzato per rifiuti pericolosi gestito dalla società ed è in funzione un impianto di lavaggio per la bonifica dei rottami ferrosi, gestito da privati su una superficie di circa 6000 mq. la società privata proprietaria degli impianti è stata incaricata di redigere il progetto di bonifica su circa 30.000 metri quadri di capannoni industriali contenenti macchinari contaminati da amianto. E’ stata completata la demolizione del cosiddetto corpo A mediante la rimozione degli impianti collassati i cui materiali ferrosi sono destinati alla fusione al termine del processo di lavaggio nell’area adiacente è stata portata a termine la bonifica mediante svuotamento dei due silos contenenti fibre di amianto. Alcune delle gallerie conservate in buono stato saranno utilizzate per il confinamento permanente dell’amianto in fibra libera proveniente dalla bonifica del sito I fanghi e ogni altro materiale contenente amianto troveranno invece collocazione all’interno del volume confinato in corso di progettazione individuato sull’area pianeggiante di roccia compatta La messa in sicurezza permanente del versante sud sarà completata con l’esecuzione dei lavori previsti dal progetto giunto alla fase esecutiva che prevede diffuse opere di regimazione delle acque e opere di consolidamento mediante interventi di ingegneria naturalistica. Interventi eseguiti in precedenza nella zona sommitale
della discarica hanno consentito di stabilizzare i versanti in frana e ridurre entro limiti di sicurezza la dispersione dell’amianto mediante estesa copertura verde delle superfici. grazie agli interventi di messa in sicurezza e bonifica esiguiti fino ad ora, presso il sito minerario da anni non vengono rilevati superamenti delle concentrazioni di fibre aerodisperse nei centri abitati di Balangero e Corio Sul versante a nord e verso Corio, le attività minerarie hanno lasciato in eredità un volume in discarica di materiale lapideo. Al piede della discarica è stato creato un rilevato di contenimento di sicurezza per eventuali smottamenti di materiale, di supporto alla porzione critica del versante. Per la messa in sicurezza idrogeologica è stato eseguito una riprofilatura della porzione sommitale della massa, con movimentazione di circa 260 mila metri cubi di pietriscoe la costruzione di gradonatura, per uno sviluppo di circa 5000 metri.
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Il metodo del Capping negli interventi di messa in sicurezza d’emergenza e nelle procedure di ripristino ambientale di siti contaminati
La rapida copertura dell’area interessata da inquinamento del suolo è una delle azioni preliminari adottate per la messa in sicurezza di siti inquinati ed è una tecnica particolarmente utilizzata per le discariche. Il capping evita l’inquinamento di falde e corsi d’acqua per infiltrazione o dilavamento, la dispersione di odori, fluidi gassosi e polveri contaminanti; nonché la proliferazione di insetti e la presenza di animali randagi ed uccelli, potenziali veicoli di infezioni. La copertura del sito inquinato, può essere: - temporaneo, in attesa dell’asportazione del materiale contaminato o dei suoi assestamenti - definitivo, a cui fa seguito una seconda copertura di terreno, successivamente rinaturalizzato con piantumazione. Una copertura di solo terreno argilloso non garantisce un’impermeabilità assoluta, soprattutto nel caso di manufatti in rilevato, con sponde pendenti ed elevate, interrotte da serie di berme rompitratta. Inoltre essa risente particolarmente di alcuni fattori climatici, come pioggia (sovrasaturazione e lisciviazione) e variazioni di temperatura (disseccamento e screpolatura). È necessario dunque l’utilizzo di rivestimenti adeguati, come guaine geosintetiche e geotessuti,
in grado di rispondere a precisi requisiti come: - facilità e rapidità di posa in opera anche su vaste aree, in elevazione e con sponde ripide ed irregolari; - elevata resistenza a trazione e punzonamento, per contrastare efficacemente tensioni indotte sia dal peso della copertura vegetale sia da eventuali cedimenti differenziali e assestamenti del substrato; - costi e tempi di realizzazione contenuti.
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Bonifiche in Italia _ Quadro normativo
L 10/05 1976, n. 319 (Legge Merli) Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento (GU n. 141, 29/05/1976). DPR 10/11 1982, n. 915 Attuazione delle direttive 75/442/CEE relativa ai rifiuti, 76/403/CEE relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e 78/319/CEE relativa ai rifiuti tossici e nocivi (GU n. 343, 15/12 1982). Art. 18, L 8/07 1986, n. 349 Istituzione del Ministero dell’Ambiente e norme in materia di danno ambientale (GU n. 162, 15/07 1986). Configura per la prima volta l’ambiente come bene giuridico autonomo, oggetto di tutela in sè e per sè e obbliga il responsabile al risarcimento, ove il soggetto titolare del risarcimento è lo Stato. Art. 5, L 29/12 1987, n. 441 Conversione in legge,con modificazioni, del DLgs 31/08 1987, n. 361, recante disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti (GU n. 255, 31/10 1987) Art. 9, L 9/11 1988, n. 475 Conversione in legge, con modificazioni, del DL 9/09 1988, n. 397, recante disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti industriali (GU n. 264, 10/11 1988).
parziale, disciplina delle bonifiche. Il Ministero dell’Ambiente fissa i criteri e le linee guida per l’elaborazione e la predisposizione dei piani, una lista di priorità e gli strumenti finanziari di intervento, sia per la progettazione che per la realizzazione delle opere di bonifica. Ma non prevede norme per la definizione univoca di sito contaminato, per le procedure di prelievo e analisi dei campioni, per le modalità di intervento, per la redazione e approvazione dei progetti. La regolamentazione concreta viene demandata interamente alle leggi regionali, con conseguenti difficoltà di ordine pratico e con la mancanza di un adeguato supporto tecnico-scientifico idoneo ad accreditare le relative scelte politiche locali.
DLgs 27/01 1992, n. 132 Attuazione della direttiva 80/68/CEE concernente la protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose e DLgs 27/01 1992, n. 133 Attuazione delle direttive 76/464/CEE, 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 88/347/CEE e 90/415/CEE in materia di scarichi industriali di sostanze pericolose nelle acque (GU n. 41, 19/02 1992, Supplemento Ordinario n. 34). Regione Emilia Romagna, LR 12/07 1994, n. 27 Disciplina dello smaltimento dei rifiuti (BU n. 65, 15/07 1994).
Disciplinano l’individuazione e il finanziamento degli interventi di bonifica dei siti contaminati, affidando la redazione e approvazione di appositi piani regionali. Senza però disciplinare i criteri per la redazione di tali piani.
Art. 3, L 28/12 1995, n. 549 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
DM 16/05 1989 Criteri e linee guida per l’elaborazione e la predisposizione, con modalità uniformi da parte di tutte le Regioni e Province autonome, dei piani di bonifica, nonché definizione delle modalità per l’erogazione delle risorse finanziarie.
Regione Piemonte LR 28/07 1995, n. 71 Istituzione del fondo di rotazione per interventi urgenti di bonifica di aree inquinate da rifiuti (BU n. 36, 6/09 1995).
Con questo decreto si viene a delineare una prima, seppur
Istituisce un tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi.
Regione Abruzzo LR 28/11 1996, n. 117 Istituzione di un fondo regionale per la realizzazione di interventi di 44
prevenzione e bonifica delle aree contaminate (BU n. 23, 20/12 1996). Regione Toscana LR 18/05 1998, n. 25 Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati (BU n. 19, 28/05 1998). Art. 17, DLgs 5/02 1997, n. 22 (Decreto Ronchi) Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/ CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio (GU n. 38, 15/02/1997, Supplemento Ordinario n. 33). L 9/12 1998, n. 426 Nuovi interventi in campo ambientale (GU n. 291, 14/12 1998). DM 25/10 1999, n. 471 (Bonifica dei siti inquinati) Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell’art. 17, DLgs 22/1997 e successive modificazioni e integrazioni (GU n. 293, 15/12 1999, Supplemento ordinario n. 218/L).
nazionale interessate dalla presenza di amianto, ai sensi dell’articolo 20 della L 23/03 2001, n. 93 (GU n. 106, 9/05 2003). Parte IV, Titolo V_Bonifica di siti contaminati_ DLgs 3/04/2006, n. 152 (Testo unico ambientale) Norme in materia ambientale (GU n. 88, 14/04/2006, Supplemento Ordinario n. 96). DM 10/08 2012, n. 161 Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo (GU n. 221, 21/09 2012). Art. 41/41bis/41ter, L 9/08 2013, n. 98 Conversione in legge, con modificazioni, del DL 21/06 2013, n. 69, recante: “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” (GU n. 194, 20/08 2013, Supplemento Ordinario n. 63/L).
L 23/03 2001, n. 93 Disposizioni in campo ambientale (GU n. 79, 4/04 2001). DM 18/09 2001, n. 468 Regolamento recante: “Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale” (GU n. 13, 16/01 2002, Supplemento ordinario n. 10). Art. 18, L 31/07 2002, n. 179 Disposizioni in materia ambientale (GU n. 189, 13/08 2002). DM 18/03 2003, n. 101 Regolamento per la realizzazione di una mappatura delle zone del territorio 45
Strategie di intervento per la transizione di un paesaggio (ir)reversibile
Il progetto di rigenerazione per territori come quello dell’amiantifera di Balangero, sembra trovare la giusta direzione seguendo due paradigmi fondamentali, il riequilibrio ambientale e la resilienza. L’Amiantifera ed il contesto territoriale ad esso circostante diventano il substrato di un complesso processo di recupero e riqualificazione basato su poche procedure flessibili ed adattabili. Interventi armonizzati con le trasformazioni del territorio. Sono necessarie nuove strategie di manutenzione del territorio, applicando procedure innovative di bonifica. Trasformare il progetto di rigenerazione del paesaggio in un processo definibile come ciclo di vita di rigenerazione del sito. Un progetto d’intervento così strutturato non parte dalla presa d’atto delle condizioni del sito post-bonifica integrale. Non muove i propri passi quindi da un terreno completamente ripulito, da quello che può definirsi un ”greenfield artificiale”. Il progetto di rigenerazione si muove a partire proprio dal processo di bonifica, secondo le strategie definite di adaptive reuse e adaptive remediation. Per adaptive reuse s’intende la trasformazione di un sito preesistente basato sulle specifiche condizioni della preesistenza e nell’intento di minimizzare gli interventi necessari al riuso. L’adaptive remediation parte dal presupposto che le condizioni del sito diventano fondamentali per definire il progetto del suo riuso, e che il progetto di riuso verrà definito in modo da minimizzare il costo degli interventi di bonifica necessari, a parità di condizioni di sicurezza garantite ai cittadini e alle comunità locali. Nella adaptive remediation le bonifiche vengono quindi organizzate nello spazio e nel tempo all’interno di un progetto integrato di rigenerazione. Il contenimento dei costi, la distribuzione degli interventi
nel tempo e nello spazio in armonia con le previsioni di usi futuri liberano risorse per interventi positivi a favore dei territori, consentendo di attivare cicli lunghi di rigenerazione territoriale con esternalità positive, che compensino attivamente il passato danno ambientale subito dai luoghi e delle comunità che li abitano.
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Glossario
Brownfield
Termine anglosassone adottato per identificare genericamente porzioni di territorio urbanizzate, utilizzate per usi industriali o commerciali. Un brownfield è solitamente un sito dismesso in attesa di riqualificazione e spesso presenta problemi di contaminazione causati dagli usi precedenti. Viene solitamente utilizzato in antitesi con il termine greenfield.
Capping
Intervento di messa in sicurezza permanente finalizzato a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti; le vie di esposizione alle matrici contaminate vengono interrotte mediante l’installazione di una copertura a bassa permeabilità, che solitamente può consistere in una soletta in calcestruzzo o in materiale bituminoso, oppure in una interposizione di strati impermeabili e strati drenanti.
Fitobonifica
Sistema innovativo di bonifica in situ che sfrutta le caratteristiche di determinate specie vegetali per ridurre o rimuovere la contaminazione nei terreni. A seconda delle specie impiegate, può avvenire una vera e propria degradazione del contaminante o una più semplice estrazione. Questo processo ha costi più contenuti rispetto a una bonifica tradizionale e interessanti vantaggi ambientali, ma richiede tempi lunghi e non sempre permette di raggiungere gli stessi risultati di altre tecnologie.
Fitoestrazione
Procedura ricompresa nella più ampia famiglia della fitobonifica, sfrutta le caratteristiche estrattive di determinate specie di piante, che sono in grado di trasferire i metalli pesanti presenti nel terreno dall’apparato radicale ai rami e alle foglie. Il processo di fitoestrazione prevede quindi che determinate specie vegetali vengano piantate in aree contaminate da metalli pesanti e che gli sfalci contenenti metalli pesanti vengano poi appositamente smaltiti o in alternativa bruciati, smaltendo poi correttamente le ceneri ottenute.
Greenfield
Termine anglosassone adottato per identificare genericamente porzioni di territorio non urbanizzate, generalmente allo stato naturale o utilizzate per scopi agricoli. I greenfield sono solitamente contrapposti ai brownfield e rispetto a questi ultimi hanno generalmente maggiore appetibilità in termini di sviluppo urbano o edilizio perché non vincolati da usi precedenti non gravati da possibili situazioni di contaminazione.
Messa in sicurezza permanente
L’insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d’uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici. (DLgs 152/2006 Parte IV,
Titolo V art. 240)
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Ripristino ambientale
Gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanistici. (DLgs 152/2006 Parte IV, Titolo
V art. 240)
Sito contaminato
Un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l’applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all’Allegato 1 alla Parte IV del DLgs 152/2006 sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati. (DLgs
152/2006 Parte IV, Titolo V art. 240)
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