CoMoDo - Confederazione Mobilità Dolce Chi siamo Co.Mo.Do. è una confederazione di Associazioni che si occupano di mobilità alternativa, tempo libero e attività outdoor. Co.Mo.Do. è un tavolo allargato di discussione e proposta sui temi della mobilità dolce, dell’uso del tempo libero, del turismo e dell’attività all’aria aperta con mezzi e forme ecocompatibili. Obiettivi di Co.Mo.Do sono la promozione, attraverso forme e modi da definire, di una rete nazionale di mobilità dolce che abbia come requisiti fondamentali: il recupero delle infrastrutture territoriali dismesse (ferrovie, strade arginali, percorsi storici ecc.); la compatibilità e l’integrazione fra diversi utenti; la separazione dalla rete stradale ordinaria, o in certi casi la protezione della mobilità dolce sulle strade promiscue con i mezzi motorizzati a bassa intensità di traffico; l’integrazione con il sistema dei trasporti pubblici locali e con la rete dell’ospitalità diffusa. Aderiscono a Co.Mo.Do.: Associazione Italiana Città Ciclabili Associazione Italiana Greenways Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche Associazione Utenti del Trasporto Pubblico - Camminacittà Cescam Club Alpino Italiano Federazione Italiana Amici della Bicicletta onlus Federazione Italiana Turismo Equestre e Trec Federparchi Associazione Direttori Parchi Naturali Italiani Ferrovie Turistiche Italiane Inventario per le vie di comunicazione storiche Italia Nostra Legambiente WWF Italia Iubilantes Possono aderire a Co.Mo.Do. tutte le associazioni, gli Enti e le imprese private che ne condividono gli obiettivi, partecipando in modo attivo ai periodici incontri di lavoro. Per informazioni sulle condizioni di adesione è possibile rivolgersi alla segreteria della Confederazione Mobilità Dolce (CoMoDo), Via Borsieri 4/e - Milano. Le iniziative di Co.Mo.Do.: stesura di una proposta di legge nazionale per la conservazione, il recupero e la valorizzazione delle ferrovie abbandonate e delle infrastrutture territoriali dismesse; iniziativa a favore del recupero della ex-ferrovia Voghera-Varzi e sua trasformazione in pista ciclo-pedonale; studio di una segnaletica direzione comune a tutti i fruitori della mobilità dolce (ciclisti, pedoni, cavalieri ecc.); attribuzione di un marchio di qualità a tutte le iniziative e i progetti di mobilità dolce che rispondano ai requisiti fondamentali della rete.
Costituzione di COMODO
Confederazione di associazioni ed enti per lo sviluppo della Mobilità Dolce I rappresentanti di un ampio cartello di associazioni ed enti - formato da FIAB, Associazione Ferrovie Turistiche, Associazione Italiana Città Ciclabili, Associazione Italiana Greenway, Associazione Utenti del Trasporto Pubblico, CAI, Cescam Facoltà di Ingegneria di Brescia, Federazione del Turismo Equestre, Federparchi, Inventario Vie di Comunicazione Storiche, Legambiente, WWF – hanno dato vita alla Confederazione Mobilità Dolce - COMODO approvando il protocollo d’intesa che segue. La Confederazione come tavolo di concertazione della rete dove far convergere le proposte, coordinare i singoli progetti in uno schema nazionale, avanzare una piattaforma di interventi di livello nazionale.
Dal locale al generale: transizione da un sistema diffuso di percorsi e itinerari locali a una rete organica e integrata di percorsi e itinerari multifunzionali nazionali.
Carattere multifunzionale della rete, aperta a ogni fruitore con mezzi ecologici. Caratteristiche tipologiche e dimensionali della rete: piste ciclabili, sentieri, percorsi equestri ecc.
Definizione della segnaletica unitaria; strategie per il recupero ai fini della mobilità dolce dei vari tipi di sedimi utilizzabili; salvaguardia delle strade minori da considerare alla stregua di beni culturali.
Studiare forme di pubblicizzazione delle rete nazionale (Internet, pubblicazioni, cartografie ecc.).
Stimolare l’integrazione fra trasporto pubblico locale (ferrovie, autobus, linee di navigazione interna) e rete ‘dolce’ mediante tariffe preferenziali, frequenze mirate, trasporto combinato.
Fare in modo che le stazioni ferroviarie siano realmente punto di interconnessione fra trasporto su ferro e tratte (sentieri, piste ecc.) della rete di mobilità dolce.
Stimolare la ricettività diffusa in alloggi di campagna che appoggino in modo particolare la mobilità dolce (escursionisti in transito, stalle per cavalli, officine per biciclette, punti noleggio, preparazione di cestini da viaggio per escursionisti, rete di alloggi a distanza giornaliera).
Stimolare l’integrazione sovraregionale e sovranazionale delle reti esistenti tramite accordi di programma fra province, regioni, Stati nazionali anche attraverso i programmi europei di sviluppo (Interreg, Obiettivo 2 ecc.).
Incrementare la costruzione ‘vegetale’ e il carattere ecologico dei percorsi e degli itinerari della rete di mobilità dolce, favorire al massimo la sua separazione dal traffico motorizzato, appoggiare il recupero di tutte le infrastrutture territoriali dismesse (exferrovie, ex-strade, argini e alzaie di fiumi e canali, sentieri e percorsi storici, strutture edilizie di supporto).
Incentivare in prima istanza le connessioni fra parchi nazionali e altre aree protette con ‘canali verdi’, favorire la realizzazione di ‘stazioni verdi’ e di ‘svincoli verdi’ presso i Centri Visita e le foresterie di tali aree protette, istituire qui dei Centri informativi sulla rete di mobilità dolce.
Rete di mobilità dolce come etichetta di qualità per quei progetti e realizzazioni che vanno nella direzione dei requisiti sopra indicati.
Il ruolo politico della Confederazione
Stanza di compensazione e composizione di possibili conflitti negli utilizzi diversi degli spazi per la mobilità dolce; protocolli di buon vicinato.
Azione di lobbying - mediante la costituzione del pacchetto di mischia rappresentato dalla stessa Confederazione delle associazioni ed organizzazioni - nei confronti delle istituzioni pubbliche nazionali, regionali e locali, e nei confronti delle aziende fornitrici di servizi pubblici.
Sensibilizzazione e sollecitazione degli operatori economici e delle loro organizzazioni per dare impulso alla mobilità dolce.
I Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate Nel mese di febbraio 2007 è stato presentato in Parlamento un progetto di legge per il riuso del patrimonio ferroviario in abbandono e per la creazione di una rete nazionale di mobilità dolce, aperta a pedoni, ciclisti, cavalieri, utenti a mobilità ridotta ecc. In appoggio al progetto è stata raccolta una petizione popolare con oltre 6000 firmatari. Attualmente tale progetto di legge è in corso di esame alla Commissione LL.PP. del Senato. Per tale ragione e al fine di accelerare la sua marcia, ma anche per mantenere costante nell’opinione pubblica l’attenzione al tema, Co.Mo.Do. ha deciso di proclamare una Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate, la cui prima edizione si terrà domenica 2 marzo 2008 con iniziative ed eventi sparsi per tutta Italia. Vale la pena ricordare che il patrimonio ferroviario dismesso ammonta a oltre 5000 km. e tende ad aumentare con la costruzione di rettifiche o varianti di percorso. Solo una piccola parte di questo patrimonio è stato riutilizzato sottoforma di percorsi ciclo-pedonali. Al tempo stesso alcune ipotesi di ripresa del servizio ferroviario si scontrano con la miopia dei decisori politici. Co.Mo.Do. ritiene che questo patrimonio vada riutilizzato nel modo e nella misura più efficaci e funzionali possibili, alla stessa stregua di quanto si sta facendo in Spagna, nel Regno Unito, nel Belgio, in Francia. Ma non solo. In tutto il Paese esistono piccole ferrovie che potrebbero potenzialmente funzionare come veicoli per un turismo diverso, meno impattante sull’ambiente, più vicino alle realtà locali, ai territori emarginati. Così come esiste tutto un patrimonio di impianti (stazioni, depositi, ponti, gallerie ecc.) e di rotabili che meritano considerazione e rispetto per la ricerca ingegneristica che li ha creati. Tale giornata è dedicata anche a questo aspetto del ‘mondo’ ferroviario dimenticato, o quanto meno sottoutilizzato.
Il recupero delle ferrovie dismesse nella legge finanziaria dello Stato per il 2008 Grazie ad un emendamento alla Legge Finanziaria dello Stato, presentato alla Camera dal Gruppo dei 'Verdi' (deputato Bonelli), è stato stanziato un fondo di 2 milioni di Euro per il recupero di alcuni tracciati ferroviari in disuso e per la loro trasformazione in piste ciclo-pedonali. Il testo dell'emendamento è il seguente:
LEGGE FINANZIARIA 2008 (Legge 24 Dicembre 2007, n. 244) Art. 2 […] 342. È istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un fondo di 2 milioni di euro per l'anno 2008, per l'avvio di un programma di valorizzazione e di recupero delle ferrovie dismesse. 343. Per l'attuazione del programma di cui al comma 342, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e con il Ministro dei trasporti, individua criteri e modalità per la realizzazione di una rete di percorsi ferroviari dismessi da destinare a itinerari ciclo-turistici e avvia progetti di fattibilità per la conversione a uso ciclabile delle tratte ferroviarie dismesse di cui alla tabella 4 annessa alla presente legge.
Ordine del giorno La Camera premesso che: il disegno di legge in esame prevede incentivi e risorse finanziarie per la promozione e il sostegno dello sviluppo del trasporto pubblico locale, con attenzione al riequilibrio modale degli spostamenti quotidiani in favore del trasporto pubblico locale e in particolare per soddisfare la domanda di mobilità pubblica conseguente al fenomeno del pendolarismo; sempre nell'ambito delle politiche per la mobilità sostenibile, la finanziaria in via di approvazione, prevede l'istituzione di un fondo per avviare un programma di valorizzazione e di recupero delle linee ferroviarie dismesse, da destinare a itinerari ciclo-turistici e la loro conversione a uso ciclabile, individuando le tratte interessate dalla suddetta valorizzazione; la possibile trasformazione di un sedime ferroviario dismesso in pista ciclo-pedonale non pregiudica, in nessun modo, un successivo,
potenziale ripristino del servizio ferroviario, ma anzi consente una più efficace conservazione del tracciato, difendendolo da situazioni di degrado e di abbandono, da abusi e da indebite occupazioni, rendendo inevitabilmente più agevole il recupero dell'originaria destinazione; impegna il Governo: a valutare attentamente la specifica situazione di ogni singola tratta, provvedendo all'immediato recupero delle linee dismesse per la realizzazione degli itinerari ciclo-turistici quando non vi sia alcuna possibilità di ripristino del servizio ferroviario, e ad effettuare un'analisi dei costi-benefici relativamente alle tratte che potrebbero essere restituite all'uso ferroviario, tenendo conto degli eventuali tempi di realizzazione; a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere l'elenco delle tratte ferroviarie, modificandolo od integrandolo, sulla base delle considerazioni anzidette 9/3256/334. Dunque, tale emendamento risulta importante per i seguenti motivi:
per la prima volta è stato introdotto in Parlamento il concetto del possibile recupero di una ferrovia in disuso e ciò depone anche a favore della futura approvazione della legge sul recupero delle ferrovie in disuso (Disegno di legge, Senato, n.1170 del 15.11.2006, presentato dalla senatrice Anna Donati) in quanto argomento coincidente e concordante.
si introduce anche il concetto di rete nazionale di percorsi ferroviari dismessi da destinare alla mobilità dolce, similarmente ad altri Paesi europei, come il caso famoso della Spagna; ciò significa poter gestire in modo unitario e con un programma d'immagine pubblica comune l'intero fondo finanziario a disposizione.
infine, rafforza e stimola l’azione di Co.Mo.Do. anche in previsione della Prima Giornata delle Ferrovie Dimenticate.
Ferrovie minori in Italia Quelle che oggi vengono definite ferrovie “minori” sono soprattutto quelle che fin dall’800 ma fino ai primi decenni del secolo scorso, hanno permesso a tante città e territori, non direttamente coinvolti dalla costruzione delle direttrici principali, di non perdere… il treno dello sviluppo che il nuovo mezzo prometteva. Non va dimenticato che all’inizio non fu lo Stato a finanziare queste costruzioni ma spesso le stesse comunità ed Amministrazioni Locali che quindi nei decenni più recenti, vedendosi togliere treni (e binari), vedevano anche sparire il frutto della volontà e determinazione delle popolazioni di un tempo di potersi servire di un servizio di trasporto fondamentale per l’economia di quelle zone. Per questo anche nel caso delle tante ferrovie “minori” chiuse (o mai aperte) oppure a rischio di chiusura è necessario ripensarne l’uso o il riuso a favore del territorio che nei secoli scorsi le aveva fortemente volute. Nel caso di tratti ancora in funzione ma con scarso traffico locale (pensiamo a tante linee piemontesi, venete, appenniniche, dell’Italia meridionale), l’opzione turistica è certamente una delle più fattibili visto che molto spesso si snodano in zone d’Italia tra le più belle e caratteristiche quando non addirittura in Parchi o Riserve Naturali. Per questo è necessario uscire dalla logica, ormai ristretta, che il treno sia solo per pendolari o per treni ad alta velocità. Può quindi
benissimo diventare uno strumento fondamentale per un turismo non necessariamente motorizzato, più rispettoso dell’ambiente e, perché no?, più lento. È quindi auspicabile una più coerente collaborazione tra enti ferroviari, Amministrazioni Locali ed associazioni territoriali perché anche in Italia rimanga tutta la rete ferroviaria minore che continua comunque a rappresentare un patrimonio da non disperdere ma, al contrario, da valorizzare sull’esempio di quanto fatto un po’ in tutta Europa e non solo.
Ferrovie in disuso Il progetto "Ferrovie abbandonate" nasce da un'iniziativa dell'Associazione Italiana Greenways per conservare la memoria dei tracciati ferroviari non più utilizzati esistenti in Italia. Infatti, anche nel nostro paese, a partire dagli anni '40-50 lo sviluppo dell'industria automobilistica ha portato alla dismissione di migliaia di chilometri di linee ferroviarie, cui si aggiungono i tratti di linee attive abbandonati in seguito alla realizzazione di varianti di tracciato. Si tratta di un patrimonio importante, fatto di sedimi continui che si snodano nel territorio e collegano città, borghi e villaggi rurali, di opere d'arte (ponti, viadotti, gallerie), di stazioni e di caselli (spesso di pregevole fattura e collocati in posizioni strategiche), che giacciono per gran parte abbandonati in balia dei vandali o della natura che piano piano se ne riappropria. Un patrimonio da tutela e salvare nella sua integrità, trasformandolo in percorsi verdi per la riscoperta e la valorizzazione del territorio o ripristinando il servizio ferroviario con connotati diversi e più legati ad una fruizione ambientale e turistica dei luoghi.
Allegati:
“Ex-Ferrovia, il ‘falso’ pericolo delle piste ciclabili” di Albano Marcarini (Presidente Co.Mo.Do. – Confederazione mobilità dolce).
Proposta di legge (Co.Mo.Do) “Norme per la tutela e valorizzazione del patrimonio ferroviario in abbandono”.
Comunicato stampa incontro 16 febbraio 2008 - Costituzione Gruppo di lavoro per la condivisione e realizzazione di un itinerario di mobilità non motorizzata lungo la Ferrovia Dimessa “Vizzini – Ragusa – Siracusa”.
EX-FERROVIE, IL ‘FALSO’ PERICOLO DELLE PISTE CICLABILI Albano Marcarini (Presidente Co.Mo.Do. – Confederazione mobilità dolce) Il recente provvedimento governativo - art.81 quinquies della Legge Finanziaria dello Stato per il 2008 - che stanzia un fondo finanziario a favore della trasformazione di alcune linee ferroviarie dismesse in piste ciclabili sta provocando la reazione di alcune associazioni e comitati vari, sintetizzabili, per intenderci, nella generica sigla di ‘Amici della ferrovia’. La loro preoccupazione è quella di veder vanificati, dopo anni di condivisibili rimostranze e proposte, i loro obiettivi di un ripristino completo del servizio ferroviario anche laddove il treno è ormai un lontanissimo ricordo. Ebbene, senza entrare nello specifico della convenienza economica di tali operazioni, che devono essere ovviamente valutate caso per caso, occorre ribadire con estrema chiarezza che la possibile trasformazione di un sedime ferroviario dismesso in pista ciclo-pedonale non pregiudica, in nessun modo, un successivo, potenziale ripristino del servizio ferroviario. Non lo pregiudica nè in senso tecnico, nè, più in generale, nel comune concetto che abbiamo di un’infrastruttura pubblica di trasporto. Vediamo di dimostrarlo mettendo anzi, in evidenza, come il conferimento di una nuova destinazione d’uso, anche se diversa da quella desiderata dai sostenitori delle ferrovie, comporti dei vantaggi immediati che vanno anche nella direzione da loro desiderata. Il primo. È noto come un’infrastruttura in abbandono e non mantenuta corra il rischio di degradarsi rapidamente. Non si tratta solo di problemi di stabilità idro-geologica o di vegetazione infestante, ma anche di possibili accaparramenti abusivi, di più o meno tollerate interruzioni di continuità, di possibile comparsa di discariche o comunque di altri fenomeni di degrado ambientale. Lasciata com’è, e magari disarmata, di una ferrovia si perde anche, negli anni, il ricordo… Nel momento di un possibile ripristino del servizio, i costi per riportare il sedime in uno stato praticabile sono sicuramente alti e le procedure complesse, soprattutto se la continuità della linea è stata compromessa. Sulla fatica di mantenere in efficienza un sedime dismesso ne sanno qualcosa gli amici della ex-ferrovia Pesaro-Urbino che ogni anno, volontariamente e con enorme sforzo, effettuano un servizio di decespugliamento proprio per mantenere viva la presenza del tracciato. La trasformazione, l’uso anche provvisorio del sedime in pista ciclo-pedonale previene l’abbandono, il generarsi di situazioni di degrado ambientale, gli utilizzi abusivi, gli accaparramenti dei frontisti. In altre parole conserva, in una prospettiva futura, il capitale fisso dell’infrastruttura e, anche, la sua ‘memoria storica’. Un dato non da poco. Inoltre la trasformazione in pista ciclo-pedonale comporta il trasferimento della proprietà del sedime, l’affitto o il comodato d’uso dello stesso, a un Ente
pubblico, normalmente una Provincia o una Regione, che ne garantisce l’integrità e la conservazione. Ne qualità di Ente di livello locale, al quale spettano anche scelte in materia di trasporto pubblico, è proprio una Regione o una Provincia che può stabilire quando, come e con quali fondi ripristinare un eventuale servizio ferroviario. E lo può fare più facilmente se già possiede o ha in uso l’infrastruttura. Il secondo. Torniamo un attimo sulla questione della ‘memoria storica’. All’estero, dove operazioni di questo tipo sono state avviate da tempo, ci si è sempre preoccupati di valorizzare tutti gli aspetti storici legati al riutilizzo di un’infrastruttura dismessa. Così capita, in Spagna, nel Belgio, nel Regno Unito, di percorrere a piedi o in bicicletta una vecchia linea ferrata e di ammirare le stazioni (non decadute o demolite, ma convertite in punti di ristoro), alcuni impianti fissi restaurati (scambi, tratti di rotaia, respingenti, segnali ecc.) che erano rimasti in luogo, materiale rotabile pure riportato in sede, gallerie e ponti (che se abbandonati, sarebbero diventati fonte di pericolo per incauti abitanti del luogo). Possiamo, in tutta sincerità, affermare che esista oggi in Italia la stessa attenzione sulle centinaia di chilometri di ferrovie in disuso? No, perché nessuno coltiva questa ‘memoria’, a parte alcuni episodici e meritevoli eccezioni (cito l’operato delle Ferrovie Turistiche Italiane, l’esperienza della Valmorea e della Val Metauro). Ma soprattutto, così facendo, si mantiene viva nella popolazione l’attenzione, e vorrei dire l’amore per la ferrovia, per ciò che è stata per l’economia locale, i vantaggi che ha portato, elementi di conoscenza che altrimenti, passando le generazioni, si cancellano. Senza questa opera di conservazione della memoria diventa più difficile motivare ogni ragione, anche quella di un possibile ripristino di un servizio ferroviario. Il terzo. E veniamo all’aspetto tecnico. Coloro che temono la perdita definitiva di ogni ‘opzione’ ferroviaria se venisse scelta la via della trasformazione in pista ciclabile non è vera neppure sotto il profilo pratico. Intanto abbiamo già sottolineato come il riuso conservi il sedime e le opere d’arte che vi sussistono. Inoltre il sottile manto asfaltato della pista (se si sceglie questa soluzione, ma è possibile anche mantenere il fondo naturale che dà ancora meno problemi) è facilmente asportabile se si decidesse di riportare i binari. In quel momento un’eventuale opposizione da parte dei sostenitori della bicicletta potrebbe anche essere conciliata con lo scostamento della ciclabile a margine della linea ripristinata, come passaggio di servizio. Come si vede le soluzioni esistono e sono praticabili. Sarebbero anche possibili con una linea ancora ‘armata’, cioè con i binari posati, utilizzando il margine della massicciata o l’interasse del binario.
Il quarto. Il beneficio economico e sociale. Avere una risorsa disponibile e non poterla utilizzare è grave. Ancor più grave se questa risorsa va a vantaggio della popolazione, della salute, del paesaggio e dell’ambiente, del tempo libero, della protezione dal traffico, della mobilità sostenibile, del turismo. Una pista ciclo-pedonale su una ferrovia dismessa ha infatti tutti questi immediati vantaggi e con costi decisamente ridotti, assolutamente ottimali rispetto a questi benefici sociali. Tenere una linea ferroviaria in abbandono, solo nell’ipotetica prospettiva di un suo futuro riutilizzo in quanto ferrovia, è un lusso che non possiamo permetterci, soprattutto se è dimostrabile, come ho voluto dimostrare, che non esiste conflittualità se nel frattempo viene usata per altri scopi. Addirittura si potrebbe convenire che nell’atto d’uso della pista-ciclabile venga inserita una norma che prevede espressamente l’eventuale spianto della stessa in caso di ripristino del servizio ferroviario. La proposta di legge che Co.Mo.Do. ha presentato nel 2006 al Senato, grazie alla senatrice Anna Donati, prevede espressamente questa possibilità. Una ulteriore garanzia a beneficio di coloro che tendono verso questa prospettiva. In definitiva vedo in questa sterile contrapposizione solo la difesa di piccoli interessi, magari certamente motivati da un amore e una passione per una cosa perduta e che si vorrebbe riavere, ma che non coglie le opportunità anche positive di riutilizzare nell’immediato e con compatibilità questa vecchia infrastruttura.
PROPOSTA DI LEGGE (Co.Mo.Do.) Norme per la tutela e valorizzazione del patrimonio ferroviario in abbandono. Relazione Il progressivo abbandono di una parte significativa della rete ferroviaria nazionale – le cosiddette ‘ferrovie secondarie o economiche’, quelle che la motorizzazione su gomma ha reso meno convenienti sotto il profilo economico, o i tronchi di altre linee sostituiti con la costruzione di ‘direttissime’ o ‘varianti’ – apre nuove prospettive per una loro diversa utilizzazione sottoforma di percorsi di tipo ecologico (a piedi, in bicicletta, a cavallo ecc.). Tale nuova scelta non pregiudica, anzì rinnova, la storica funzione di ‘collegamento’ tra luoghi, parti di territorio e la memoria della vecchia infrastruttura come elemento del patrimonio culturale locale. A questa rete ferroviaria in disuso, e con le stesse prospettive di riutilizzo e valorizzazione, andrebbero aggiunti in una seconda fase: i sentieri e i percorsi pedonali e mulattieri, non soltanto montani, aventi particolare rilevanza storica per forma, struttura e memoria; alcuni tronchi di strade carrozzabili del XIX e XX secolo che, attualmente sostituiti da nuovi e più moderni vocazione
collegamenti, turistica
e
mantengono furono
frutto
purtuttavia di
una
notevole
rilevantissima
perizia
tecnico-
ingegneristica. L’idea di utilizzare questi corridoi di collegamento ‘già pronti’ per una nuova forma di ‘mobilità’, che possiamo definire ‘dolce’, è invitante perché non si può immaginare di realizzare un percorso ‘verde’ (ciclabile, pedonabile o percorribile a cavallo) là dove manca un itinerario che svolge, o che ha svolto nel passato, una funzione di comunicazione o là
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dove i costi per una infrastruttura da realizzare ex-novo risultano molto elevati. Va inoltre rilevato che il recupero di tali infrastrutture dismesse favorisce anche una corretta gestione del territorio, sottraendole al degrado e all’abbandono. Inoltre sposterebbe una quota sempre più crescente di utenti, dalla sede stradale promiscua con gli autoveicoli e con il traffico pesante, a percorsi separati e protetti, con evidente vantaggio della sicurezza stradale. Va infine detto che tali percorsi, specie quelli ferroviari, di moderata pendenza e di completa separazione dalla viabilità ordinaria, possono essere ottime palestre di esercizio per bambini, disabili
e
anziani
altrimenti
privi
di
strutture
dove
svolgere
l’indispensabile esercizio di movimento salutare quotidiano. Da un altro punto di vista i manufatti che costituiscono materialmente questa rete ferroviaria in abbandono sono a volte di notevole spessore tecnico. Si tratta di viadotti, gallerie, stazioni, scali, altri equipaggiamenti tipici di queste infrastrutture e sui quali si è esercitata una vera e propria disciplina ingegneristica. Inoltre il tracciato stesso delle linee diventa spesso un ideale itinerario nel paesaggio, con tutte le sue positive valenze di fruizione estetica dei luoghi. Infine la memoria di una vecchia ferrovia è spesso legata alla vista sociale di una piccola comunità, alla sua storia e alle sue vicende economiche. Il mantenere in vita, anche sotto una forma in parte differente questo patrimonio, è operazione culturale corretta e formativa. Tutte queste considerazioni mirano a identificare un’infrastruttura di questo genere alla stessa stregua di un bene paesistico, in ogni caso meritevole di considerazione. Se si accetta tale punto di vista occorre anche rivedere il complesso iter che conduce all’alienazione e, spesso, alla perdita definitiva di questo patrimonio ferroviario. Uno dei concetti ispiratori del presente disegno di legge parte dal presupposto che un bene paesistico, così identificato, non può essere posto sul libero mercato delle
aree,
ma
deve
essere
mantenuto
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nel
demanio
tramite
il
trasferimento dell’atto di proprietà ad un Ente pubblico che ne garantisca una destinazione a uso sociale. Vale la pena rammentare che la costruzione di queste linee, avvenuta a cavallo fra il XIX e il XX secolo, prevedeva l’acquisizione dei terreni tramite esproprio per pubblica utilità. La finalità sociale può essere condivisa anche oggi nel momento in cui si prefigura un serio e realistico riutilizzo della linea come percorso ‘verde’ ad uso pubblico. Similmente si procede nella realizzazione di parchi o altre aree a verde. L’obiettivo diventa quindi quello di inserire tra i beni paesistici del nostro Paese anche le infrastrutture territoriali dismesse, in particolare i loro sedimi e gli assi lineari che rappresentano, in quanto espressione di una storia, di una cultura e di una tradizione, in parte perduti e dei quali possono rappresentare la memoria. E non sarebbe una ‘imposizione’ incomprensibile, ma coglierebbe perfettamente il sentimento diffuso di simpatia nei confronti delle vecchie linee ferroviarie. Va ricordato che in altri Paesi europei tali operazioni di recupero hanno già ottenuto lusinghieri risultati sia come razionale (ri)utilizzo delle risorse territoriali sia come nuove e concrete voci di sviluppo del turismo e del tempo libero. Bastino citare il progetto spagnolo delle ‘Vìas Verdes’ che portato al recupero, nello spazio di pochi anni, di oltre 1000 km di ferrovie dismesse, o a quello inglese della NCN (National Cycle Network) rivolto alla realizzazione di una rete viabile, in special modo ciclabile, alternativa alla
rete
stradale
ordinaria.
E
ricordare
anche,
l’intensa
opera
dell’associazione americana Rail to Trail che ha portato alla rinascita di migliaia di chilometri di ex-ferrovie negli Stati Uniti d’America. Gran parte di queste infrastrutture sono al momento abbandonate o sottoutilizzate, quindi facilmente usufruibili. Ma non bisogna dimenticare che, specie parlando di ferrovie, si potrebbe ipotizzare anche la riattivazione del servizio, proprio grazie al vincolo che, con questa legge, permette di salvaguardare il corridoio di collegamento. Questa è una considerazione da non sottovalutare perché è senz’altro allettante la
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presenza di percorsi ciclabili e pedonali protetti al posto delle vecchie ferrovie, ma se si registra una consistente domanda di mobilità nel tratto della ex ferrovia, anche in funzione turistica, potrebbe anche essere studiata la fattibilità di un ripristino del trasporto su ferro. In tal caso, la pista ciclopedonale ha avuto la benefica funzione di conservare nel tempo il sedime originario dell’infrastruttura. La proposta di legge si prefigge, dunque, i seguenti obiettivi: - prevedere il principio di tutela delle infrastrutture territoriali in disuso, in particolare della rete ferroviaria, dei suoi sedimi, pertinenze e degli immobili di pregio che ne sono connessi (si pensi alle vecchie stazioni ferroviarie, che potrebbero essere utilmente riqualificate e adibite a luoghi di sosta e ristoro) come parte integrante del patrimonio di beni paesistici del nostro paese; - monitorare e mappare la rete di tali infrastrutture, la loro disponibilità e stato patrimoniale, verificare la fattibilità di una loro conversione alla mobilità dolce; - istituire un osservatorio sulla mobilità dolce che abbia come finalità la realizzazione di una rete di percorsi ‘verdi’ basati sul recupero delle infrastrutture territoriali in disuso e in tal modo faciliare le procedure di acquisizione e favorire il recupero e la trasformazione delle ferrovie dismesse in percorsi ciclo-pedonali; - modificare il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 136, Capo II della legge 6 luglio 2002, n. 137”; Testo della proposta di legge Articolo 1 (Finalità della legge)
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La legge intende salvaguardare e valorizzare i tronchi ferroviari in disuso, riconoscendo loro un importante valore testimoniale e storico, un particolare rilievo sul piano ambientale e paesaggistico e, nondimeno, una finalità di uso pubblico e sociale per il turismo e il tempo libero. Ai fini dei benefici previsti dalla presente legge, le linee ferroviarie in disuso di cui al comma 1, nonché le loro pertinenze, presenti sul territorio nazionale, sono individuate tramite elenco, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri per i beni e le attività culturali e dell'ambiente e della tutela del territorio, da emanarsi entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge. Con il medesimo decreto sono determinati altresì lo stato di fatto e di proprietà dei singoli tratti ferroviari. Articolo 2 (Definizioni) Ai fini della presente legge si intende per: mobilità dolce: le forme di mobilità caratterizzate da elevata sostenibilità ambientale e finalizzate principalmente alla fruizione dell’ambiente e del paesaggio; ferrovie in disuso: tracciati ferroviari sui quali sia stata disposta la sospensione del servizio, appartenenti alla rete ferroviaria statale o a società private ovvero in concessione governativa, o in qualsiasi altra forma di proprietà o gestione; ai fini della presente legge sono equiparate alle ferrovie anche le tramvie extraurbane e in genere le altre infrastrutture su ferro in abbandono o non più utilizzate correnti prevalentemente in sede propria. Articolo 3 (Destinazione delle ferrovie in disuso)
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Gli ex-tracciati ferroviari, tutelati ai sensi della presente legge, possono essere destinati ai seguenti usi: - percorsi ciclabili; - percorsi pedonali e per utenti a mobilitĂ ridotta; - percorsi per il turismo equestre; - linee ferroviarie ad uso turistico; Sulla base delle caratteristiche e della tipologia del tracciato si possono anche individuare forme promiscue di utilizzo dei tracciati in disuso. Articolo 4 (Ripristino del servizio ferroviario) Gli ex-tracciati ferroviari sono in ogni caso destinati prioritariamente al servizio di trasporto passeggeri e merci su rotaia. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e gli Enti locali, ognuno per quanto attiene alla propria competenza, verificano periodicamente la fattibilitĂ del ripristino del servizio
ferroviario,
anche
sottoforma
di
ferrovia
turistica
o
metropolitana, tenuto conto di determinati parametri di convenienza economica e di redditività dell’esercizio. Qualora esistano le condizioni favorevoli, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti adotta le misure necessarie al ripristino del servizio ferroviario. Articolo 5 (Modifiche al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) Al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 sono apportate le seguente modifiche: all’articolo 136, comma 1, dopo la lettera d) sono aggiunte le seguenti: d-bis) ferrovie in disuso, di pregevole valore paesaggistico o inserite in ambiti territoriali di particolare valenza ambientale;
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d-ter)
strade
dismesse,
sentieri
e
tratturi
di
rilevante
valore
paesaggistico, ambientale o storico; All’articolo 137, comma 1, le parole “e d)” sono sostituite dalle seguenti “, d), d-bis) e d-ter)”. Articolo 5 (Proprietà delle aree di sedime) La proprietà delle aree di sedime delle ferrovie in disuso e incluse nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 2, viene trasferita a titolo gratuito alle Regioni o ad altri Enti pubblici, in modo da salvaguardare la continuità del percorso con il vincolo di destinare tali aree agli usi previsti dall’art.2. Qualora il tracciato ferroviario sia stato in parte alienato e adibito ad altre finalità
l’ente
territoriale
competente
provvede
al
ripristino
dello
continuità del percorso ovvero alla definizione di eventuali varianti. Le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle proprie competenze di pianificazione e programmazione territoriale, sono tenute al recupero, alla riqualificazione e alla valorizzazione dei tronchi ferroviari in disuso, sia attraverso la predisposizione di appositi programmi, sia attraverso l’inserimento nella pianificazione territoriale e urbanistica. Articolo 6 (Rete nazionale della mobilità dolce) Entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge il Ministro dell’ambiente e del territorio, d’intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dei beni e attività culturali e delle attività produttive, sentita la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle province
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autonome, elabora una rete nazionale di mobilità dolce avente i seguenti requisiti: -
che contempli il recupero e il riutilizzo delle infrastrutture territoriali in disuso o diversamente utilizzate;
-
che operi la compatibilità e l’integrazione fra diversi utenti; che miri alla separazione o alla protezione dalla rete stradale per i veicoli a motore;
-
che preveda l’integrazione con il sistema dei trasporti pubblici locali e con la rete dell’ospitalità diffusa.
La Rete nazionale di mobilità dolce, di cui al comma 1, è realizzata preferibilmente utilizzando le seguenti tipologie di percorsi: - linee ferroviarie dismesse; - argini e alzaie di fiumi e canali; - tronchi stradali dismessi dall’Anas o da altre Amministrazioni pubbliche; -
strade
secondarie,
vicinali,
campestri
e
interpoderali
a
bassa
percorrenza veicolare; - strade appartenute al demanio militare; - sentieri, mulattiere, tratturi, le cui caratteristiche ambientali e di sicurezza siano compatibili con la presenza di escursionisti. Inoltre, a supporto della Rete nazionale di mobilità dolce concorrono, con particolari facilitazioni d’uso, sia tariffarie sia di carico, le seguenti categorie di mezzi di trasporto pubblico in esercizio: - ferrovie in esercizio della rete del trasporto locale; - ferrovie turistiche in esercizio; - linee di navigazione interna; - impianti a fune; - autolinee pubbliche. La rete, così come individuata al comma 2, è destinata, salvo casi di servizio e manutenzione, a una circolazione non motorizzata.
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Articolo 9 (Osservatorio sulla mobilità dolce) Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dei beni culturali e ambientali, istituisce l’Osservatorio sulla mobilità dolce. L’Osservatorio di cui al comma 1 è coordinato da un rappresentante designato dal Ministero dell’ambiente ed è inoltre composto da: due rappresentanti designati dal Ministero dell’ambiente; due rappresentanti designati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; due rappresentanti designati dal Ministero dei beni culturali e ambientali; due rappresentanti designati dal Ministero delle attività produttive; tre rappresentanti designati dalla Conferenza per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano; tre rappresentanti delle associazioni nazionali per la promozione della mobilità dolce, individuati dal Ministero dell’ambiente; tre rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale di cui all’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349; L’Osservatorio di cui al comma 1 persegue le seguenti finalità: - vigila sull’attuazione della legge 19 ottobre 1998, n. 366, recante “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica”; - promuove e coordina tutte le iniziative finalizzate all’incentivazione e alla diffusione della mobilità dolce sia mediante l’organizzazione di una giornata nazionale dedicata alla mobilità dolce; - dà impulso al coordinamento delle attività degli organismi istituzionali ai quali la legge affida responsabilità e competenze; - collabora alla individuazione dei tronchi di ferrovie dismesse da sottoporre a tutela ai sensi dell’articolo 1;
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- promuove la realizzazione della rete nazionale di mobilità dolce tramite accordi fra Regioni e Province, e la realizzazione di connessioni intermodali che ne facilitino la fruizione. Articolo 9 (Disposizioni finanziarie) Per le finalità di cui alla presente legge è autorizzata la spesa di un milione di euro annui a decorrere dall’anno 2006. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, determinato nella misura massima di un milione di euro annui a decorrere dall'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Art. 10. (Sponsorizzazioni) All'attuazione dei programmi di cui all'articolo 2 concorrono anche i proventi di sponsorizzazioni da parte di aziende private, lasciti ed erogazioni liberali, finalizzati alla realizzazione della Rete nazionale di mobilità dolce.
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COMUNICATO STAMPA Da Presidente Cooordinamento Associazioni FIAB Regione Sicilia Giampaolo Schillaci Scicli (Rg) Tel 338.9329045 Ieri mattina (sabato 16 febbraio 2008) si è volta una riunione nei locali del Consorzio Universitario di Ragusa Ibla, organizzata dal Coordinamento delle Associazioni FIAB Regione Sicilia. Il tema della riunione ha preso spunto dal provvedimento contenuto nella Finanziaria 2008 e ha riguardato la costituzione di un gruppo di lavoro per la condivisione e la realizzazione di un itinerario di mobilità non motorizzata lungo la Ferrovia Dismessa Vizzini – Ragusa – Siracusa. Alla riunione sono stati invitati i sindaci dei comuni attraversati dalla Ferrovia, i presidenti delle 3 provincie, Assessori e funzionari degli enti competenti. Sono convenute, fra le presenze istituzionali, la dottoressa Parrinello dell’Assessorato Regionale Trasporti, la dottoressa Greco, Sovrintendente ai Beni Culturali della provincia di Ragusa, il dott. Nino Attardo, del’Azienda Forestale. Per le interconnessioni fra turismo di qualità e territorio produttivo hanno partecipato il dott. Giuseppe Re, presidente dall’Ordine dei Dottori Agronomi, la responsabile regionale Coldiretti Donna Impresa Dorotea Bonvento, mentre per lo sviluppo di ipotesi di sinergie con altre azioni sul territorio ibleo è intervenuto l’Assessore provinciale al Territorio Ambiente dott. Mallia. Presenti anche tecnici dei suddetti enti e idirigenti delle Associazioni FIAB siciliane. Fra gli esperti e gli studiosi della materia erano presenti la dottoressa Alessandra Trigilia, il dott. Daniele Pavone e la dottoressa arch. Alberta De Guidi, Il primo obiettivo della riunione, ovvero quello di verificare la condivisione da parte dei presenti di ipotesi di recupero della ferrovia dismessa Vizzini – Ragusa - Siracusa come di grande valore per il nostro territorio, è stato presto raggiunto, pur essendo chiara la necessità di coinvolgere nel prosieguo altre forze e altre componenti istituzionali. La visione condivisa è quello di una valorizzazione della tratta abbandonata come autentica spina dorsale del territorio Ibleo volta alla mobilità non motorizzata e intermodale nei punti di snodo con le ferrovie in esercizio. Una struttura preziosa in quanto idonea alla destagionalizzazione dei flussi turistici e alla canalizzazione nelle aree interne di parte dei flussi attesi sugli itinerari costieri come l’europeo Eurovelò n. 7 (Capo Nord – Pozzallo, ora con richiesta di prolungamento sino a Marina di Ragusa) e la nazionale Ciclopista del Sole (Brennero – Pozzallo – Palermo). Altro scopo raggiunto è consistito nell’individuare strumenti idonei alla protezione della linea dismessa in attesa dell’auspicato recupero turistico- trasportistico, per evitare che possa andare perduta per annessioni più o meno legittime o più spesso abusive da parte di frontisti o per evitare che stazioni e caselli possano essere sottoposti ad opere di ristrutturazione che possano definirsi quantomeno improprie. Infatti, se per il tratto ragusano è in via di completamento una procedura di vincolo, è emerso altresì, grazie al contributo di specialisti presenti, che tutta la tratta potrebbe essere considerata un'area tipizzata e come tale essere inserita nel piano paesistico in corso di redazione, con importanti effetti di tutela. Questa procedura verrà approfondita, essendo probabilmente idonea ad essere estesa a tutte le tratte dismesse siciliane (ed anche delle altre regioni), ovvero su ben 811 km di ferrovie abbandonate, con un impatto incalcolabile a favore di quel turismo naturalistico non motorizzato che sta facendo la fortuna di altri paesi europei più attenti del nostro. In merito ai possibili finanziamenti, prendendo lo spunto dal provvedimento contenuto nella finanziaria 2008, art. 2 commi 342 e 342, sono state evidenziati i contenuti della Programmazione 2007 – 2013, che comprendono le opere in questione. Il dibattito è proseguito su come pervenire ad
un progetto esecutivo per la conversione della ferrovia dismessa, in quanto le norme della nuova programmazione non consentono più agli enti locali di presentare un semplice progetto di massima. A questi fini si è stabilito di collazionare gli studi di fattibilità già a vario titolo realizzati sulla, tratta ferroviaria, con l’intento di verificarne le risultanze e dare loro un prosieguo. Infine, da parte dei rappresentanti delle Associazioni e di alcuni Operatori turistici presenti ed operanti nel campo del cicloturismo, è stata avanzata una richiesta di incontro con gli Enti preposti alla tutela della Riserva di Pantalica, Riserva che intercetta il percorso della ferrovia dismessa per circa 13 km e preserva con grande merito un ambiente ritenuto fra i più interessanti ed affascinanti dell’Isola, al fine di presentare una ipotesi di fruizione cicloturistica programmata e rispettosa dei vincoli di tutela ambientale. La richiesta verrà inviata formalmente nei prossimi giorni dal Coordinamento Regionale FIAB. Una seconda riunione verrà convocata non appena recepiti gli studi di fattibilità effettuati sulle ferrovia dismessa. Si valuterà, nell’occasione, l’opportunità di confluire in uno dei tavoli tecnici attualmente aperti con lo scopo di valorizzare i territori Iblei.