SKATEBOARDING AND URBANISM - skateboarding as mean of activation of public spaces.

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SKATEBOARDING E URBANISTICA

SKATEBOARDING COME MEZZO DI ATTIVAZIONE DI SPAZI PUBBLICI



accademia albertina delle belle arti di torino corso di progettazione artistica per l’impresa

skateboarding e urbanistica

skateboarding come mezzo di attivazione di spazi pubblici tesi di laurea di I livello di Alberto Della Beffa relatore prof. Tobia Oresti sessione di Marzo 2018


foto in copertina skater/trick: Marco Iaria / bs nosebluntslide location: Copenhagen, Tagensbo Skole by Nøhr and Sigsgaard Architects foto di: Alberto Della Beffa (tutte le mie foto utilizzate in questo impaginato saranno identificate tramite un pallino bianco posto in basso a destra)



INTRODUZIONE La scelta di questo argomento per la mia tesi non è casuale. Essendo un grande appassionato di skateboard, praticandolo da ormai 13 anni e lavorando professionalmente nell’ambiente sia come fotografo / filmer sia, tramite l’Associazione Skateboarding Torino, nell’organizzazione di eventi pubblici e nella progettazione di spazi adeguati, mi rendo conto sempre di più che l’aspetto culturale di questo fenomeno sociale non viene compreso appieno dalle nostre istituzioni. Avendo viaggiato molto proprio grazie allo skate, ho potuto conoscere situazioni diverse e vedere come altri paesi affrontano le problematiche progettuali e costruttive che nascono dalla considerazione dello skateboarding e del suo rapporto con l’urbanistica. Per questo motivo la mia tesi cercherà di affrontare nella maniera più completa possibile la questione dello skateboarding, del suo rapporto con il tessuto urbano e le potenzialità di una buona politica di gestione degli spazi pubblici in relazione a questo fenomeno sociale unico. L’impaginazione vuole ricordare, dal punto di vista stilistico, una pubblicazione di settore, poichè da sempre le riviste di skateboard rappresentano il cuore della cultura che è cresciuta attorno allo skateboarding. Infine questa mia relazione nasce anche come una sorta di ringraziamento nei confronti del mondo che ha fatto di me la persona che sono oggi, un mondo che mi ha dato tanto e mi ha spinto verso degli interessi che ora rappresentano le mie principali occupazioni e che in un futuro prossimo probabilmente potrebbero trasformarsi in un vero e proprio lavoro.

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INDICE 1.SPAZI PUBBLICI E SPAZI COLLETTIVI 1.1 Spazi pubblici e spazi di relazione 1.2 La comunicazione attraverso gli spazi urbani 1.3 Un esempio di comunicazione: gli sport urbani

2.LO SKATEBOARDING E L’USO DELL’ARCHITETTURA 2.1 La storia dello skateboarding Da mezzo di trasporto alla nascita di una vera e propria subcultura 2.2 L’arredo urbano Definizione, storia e rapporto con l’urbanistica 2.3 L’appropriazione degli spazi pubblici 2.4 La defensive architecture 2.5 Lo skateboarding come mezzo di attivazione di spazi pubblici

3.FASE PROGETTUALE 3.1 Lo spazio costruito: diverse tipologie di strutture 3.2 Progetto skateable design

4.CONCLUSIONI

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capitolo 1

spazi pubblici e spazi collettivi

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1.1 spazi pubblici e spazi di relazione

“L’architettura, come tutti gli altri beni culturali, non è creata una volta ma è fatta e rifatta più e più volte ogni volta che è rappresentata attraverso altri mezzi, ogni volta che i dintorni cambiano, ogni volta che persone differenti la sperimentano” 1

Affrontando un tema come l’utilizzo di un mezzo, quale lo skateboard, in uno spazio urbano e pubblico mi sembra doveroso introdurre le mie idee con un capitolo che tratti tematiche più generali sullo spazio pubblico, sulla sua percezione e su come esso diventi luogo di relazioni tra individui. Questi temi sono utili a introdurre un discorso più specifico sullo skateboard e su chi lo utilizza, lo skater, su come questo percepisca in modo “alterato” lo spazio e su come la relazione e l’aggregazione negli spazi pubblici abbia portato negli anni alla creazione di una vera e propria subcultura. perché lo skateboard non è semplicemente un’attività fisica ed uno sport, ma è piuttosto assimilabile ad una forma d’arte, un espressione di sé che coinvolge molteplici aspetti e la città è senza dubbio il suo palcoscenico. Partendo dal concetto dello spazio pubblico come spazio dove relazionarsi, il termine “relazione” indica in senso generico un collegamento che sussiste tra determinate entità. I collegamenti e le entità possono essere di qualsiasi natura e tipo, possono formare gruppi o sottoinsiemi, ma nascono tutte da un rapporto e una condivisione di un qualcosa attraverso un mezzo. Ed è proprio il tema principale che si affronterà nella tesi: la condivisione di un gesto attraverso un mezzo in uno spazio urbano.

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Adrian Forty, “Foreword” , in Borden, Kerr, Pivaro and Rendell, Strangely Familiar, p. 5.

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la condivisione di un gesto attraverso un mezzo in uno spazio urbano

skater e ragazzi seduti su monumento, Torino (2015)

Iniziamo con l’analizzare lo spazio pubblico come spazio sia fisico ed architettonico, ovvero uno spazio concreto, definibile entro certi confini che noi possiamo rappresentare, sia come uno spazio relazionale, un luogo di relazioni sociali tra individui, un luogo di incontro, dove le persone interagiscono e condividono direttamente o no, un qualcosa tra di loro . Skateboarding e Urbanistica

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Questa duplicità dello spazio serve a comprendere come lo spazio fisico, quello tangibile e utilizzabile, diventa luogo di relazione sociale e di comunicazione tra le persone. Questo spazio deve essere vissuto dalle persone, deve essere uno spazio in cui il cittadino si sente attivo e dove viene coinvolto con il contesto urbano il fruitore diventa così protagonista della realtà spaziale, come interprete e suscitatore di sempre nuovi e rinnovati episodi sociali.1 Seguendo la scomposizione di Cicalò2 dello spazio pubblico, egli ipotizza delle figure dello spazio pubblico utili alla comprensione delle sue mille sfaccettature: - lo spazio pubblico come spazio accessibile - lo spazio pubblico come spazio di visibilità - lo spazio pubblico come spazio di relazione - lo spazio pubblico come spazio di conoscenza. Queste figure servono dunque come riferimenti utili ad analizzare le differenti modalità con cui la dimensione pubblica si manifesta nello spazio. Partendo dal primo punto, lo spazio diventa accessibile quando può essere percorso, raggiunto e quando è fruibile da chiunque. Così lo spazio diviene uno spazio comune, esso è un luogo dove le sue risorse sono accessibili a tutti, consumabili e comunitarie. Queste caratteristiche dividono lo spazio pubblico da quello privato in cui invece l’accessibilità è regolata dal suo proprietario. Correlato a questo concetto c’è quello dello spazio pubblico come spazio di visibilità, dove ogni cosa che appare in pubblico può essere vista, udita e quindi giudicata da tutti, conquistando così un ampia pubblicità contrapponendosi così a tutto ciò che rimane celato nella sfera e nello spazio privato.3 È molto significativo in questo caso il concetto di città come theatrum mundi 4 in cui ogni cittadino diventa attore e recita la sua vita pubblica quotidiana in uno scenario fisso e passivo quale lo spazio pubblico. Si crea così una scena in cui i discorsi e l’azione vengono sottomessi dal theatrum mundi dove il vedere ed essere visti è molto più importante.

1 2005 2 2009. 3 4

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Portoghesi P. , “Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica”, vol. VI, 2 ed. , Gangemi, Roma, Cicalò E. ,“Spazi pubblici: Progettare la dimensione pubblica della città contemporanea ” , Angeli, Milano, Arendt H. , “Vita activa. La condizione umana ”, Bompiani, Milano, 1964. Sennett R. , “Il declino dell’uomo pubblico ”, Mondadori, Milano, 2004. cit. pp. 41.

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Lo spazio pubblico che diventa spazio di relazione è quel luogo dove secondo modalità differenti e soprattutto imprevedibili gli individui si relazionano tra di loro mediante azioni, dialoghi o altre forme di interazione, quali forme di comunicazioni visive e/o fisiche, che, come abbiamo visto in precedenza, svolgono un ruolo importantissimo nelle relazioni odierne. Dunque questi spazi relazionali diventano anche spazi immateriali, astratti. Ecco che introduciamo il concetto di sfera pubblica, ossia l’ambito in cui si edifica la società, in cui l’opinione pubblica si forma attraverso il discorso e le relazioni tra individui privati. Qui è il pubblico che diventa il soggetto principale, quale depositario della pubblica opinione.

cantante di strada al mercato del Balon

La sfera pubblica è dunque è fondamentale per la costruzione delle relazioni tra gli uomini. Queste relazioni conducono alla scoperta, alla conoscenza, e stimolano gli individui ad imparare e scoprire. Questo spazio così diventa uno spazio di conoscenza. In esso entrano in conflitto i processi di attrazione e repulsione che rafforzano il valore creativo della diversità. 1 1 Cicalò E., “Spazi pubblici: Progettare la dimensione pubblica della città contemporanea ”, Angeli, Milano, 2009. cit. pp. 47.

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Nonostante oggi sia possibile venire a conoscenza dei maggiori eventi del mondo esterno attraverso i media e alle connessioni telematiche, solo stando a contatto diretto con gli altri è possibile apprendere i più elementari e importanti dettagli della vita. Trattando lo spazio pubblico da un punto di vista più fisico e concreto vediamo che nelle società moderne gli spazi pubblici sono in gran parte luoghi di transizione o di scambio. Non vi è più uno spazio comunicativo e aggregativo forte, rappresentato dall’agorà o dalla piazza rinascimentale e neppure, fino a pochi decenni fa, dal sagrato della chiesa. Questi spazi sono stati soppiantati da tutti quei luoghi dei giorni nostri che spesso fungono come cerniere tra una zona urbana e l’altra e tra funzioni diverse, che permetto quindi solo un passaggio senza che gli individui entrino in relazione attivamente tra loro. Gli utenti percorrono gli spazi pubblici perseguendo obbiettivi diversi, interpretando questi spazi in base alle loro esigenze, senza tuttavia che ciò escluda, in alcune circostanze, la confluenza dei loro interessi e forse una loro interazione casuale. 1 Questa non-relazione e differenziazione delle esigenze è aumentata dalla tecnologia odierna, dalla velocità di spostamento con mezzi sempre più diversificati e dai sempre più punti di interesse e di attrazione dislocati in tutta la città. si formano così degli spazi pubblici eterogenei con molteplici funzionalità, nei quali non si definiscono aprioristicamente gli attori, e rendono possibile la casualità degli incontri. 2 Riprendendo il tema del theatrum mundi, vediamo come gli spazi pubblici diventano una sorta di scena, una sorta di palcoscenico dove coesistono attori sociali diversi. Queste diversità sociali alterano le relazioni tra le persone, a volte in maniera positiva, oltrepassando queste diversità, o in maniera negativa rifiutando un contatto e aumentando la tensione sociale. Ma le diversità sociali alterano anche in maniera significativa la percezione degli spazi pubblici.

1 Mela A. , Belloni M. C. , Davico L. , “Sociologia e progettazione del territorio ”, Carocci, Roma, 2000. 2 Mela A. , Belloni M. C. , Davico L. , “Sociologia e progettazione del territorio ”, Carocci, Roma, 2000. cit. pp. 185

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uno spazio viene percepito in maniera differente da ogni individuo: la percezione è un processo conoscitivo complesso, durante il quale il soggetto raccoglie e codifica informazioni su elementi diversi, li codifica, e costruisce un tutto spaziale unitario e strutturato.1 Vi sono indubbiamente differenze nella percezione e nella rappresentazione dello spazio che dipendono dalla professione esercitata, dal livello culturale, dalla classe sociale e dalla cultura etnica di appartenenza.2 Le diverse tipologie di individui di classi sociali o status sociali differenti, non avranno mai un visione uguale di uno spazio pubblico e questo fa si che molti luoghi vengano visti percepiti e rappresentati sotto un ottica molto diversa da quella usuale, si parla così di una tipologia di dissonanza percettiva, quella del sapere diffuso e del sapere esperto. La città e i suoi spazi sono percepiti in maniera differente tra individui che vivono quei luoghi, che ne hanno un’ esperienza quotidiana e magari sono legati ad essi, e chi ha invece delle competenze professionali per poterli analizzare e percepire in un modo differente. Ecco che la forma, la disposizione e soprattutto la funzione dei luoghi sia percepita in maniera diversa e spesso inusuale dai non addetti ai lavori. Per esempio un architetto che progetta uno spazio urbano trascurerà la rilevanza di alcuni luoghi, mentre un altro individuo potrà invece conferire notevole importanza ad essi, un micro giardino ritagliato tra le abitazioni potrà essere un luogo di incontro, di interazione e di svago tra i residenti delle abitazioni, quando in realtà la sua funzione “progettuale” non era propriamente quella. Così la sua funzione cambia ed assume un altro connotato, che lo rende diverso anche agli occhi di chi non ne ha esperienza diretta. L’influenza di chi lo percepisce in maniera diversa si può ripercuotere su una più grande classe di individui. Spesso persone singole o gruppi di persone si identificano in luoghi simbolici e sviluppano la propria identità grazie ad essi. La questione infatti degli spazi pubblici e delle identità collettive sviluppate in essi è di una certa importanza nello spiegare le interazioni negli spazi di relazioni. Infatti il contatto con altri nello spazio pubblico è un momento molto importante nella formazione del se individuale.

1 78 2

Mela A. , Belloni M. C. , Davico L. , “Sociologia e progettazione del territorio ”, Carocci, Roma, 2000. pp. Mela A. , Belloni M. C. , Davico L. , “Sociologia e progettazione del territorio ”, Carocci, Roma, 2000.

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”Stare insieme agli altri in un ambiente pubblico significa avviare dei processi di confronto collettivo il cui esito è l’identificazione dei simili e l’individuazione dei diversi, cioè la formazione o la costruzione di una o più identità collettive.” 1

Questi ambienti pubblici sono luoghi dove non avvengono solo contatti verbali, ritenuti più forti e diretti, ma vi sono modi di comunicazioni ritenuti più deboli e indiretti, ma che hanno un impatto comunque molto importante nelle relazioni tra individui e che possono a lungo termine creare identità collettive molto forti. 2

ballerini di breakdance si ritrovano allo storico spot del Regio

skaters usano lo spot esclusivamente quando i breakers non ci sono

1 Torres E. , “Luoghi magnetici: Spazi pubblici nella città moderna e contemporanea ”, Angeli, Milano, 2000. cit. pp. 26 2 foto di https://www.flickr.com/photos/polda_/ (in alto) e Federico Tognoli (in basso)

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1.2 la comunicazione attraverso gli spazi urbani Lo spazio urbano, come abbiamo visto, è uno spazio aggregativo molto forte, all’interno del quale avviene un contatto diretto tra gli individui, un contatto faccia a faccia. Questo contatto avviene in un suolo pubblico, di tutti, per questo si può dire che vi è una parità tra gli interlocutori, è un luogo neutro dove i diritti sono uguali per tutti.1 Inoltre la città è un soggetto collettivo che trasferisce alcuni suoi caratteri ai soggetti individuali, conferendo loro identità. Ma molto spesso avviene la relazione inversa, essa è prodotta dall’agire concreto dei cittadini: tanto quelli che vi hanno abitato nel passato, lasciando tracce materiali e immateriali, quanto quelli che la vivono nel presente, che se ne appropriano attivamente, interpretandola, modificandola ,sfruttandola conferendogli un identità.2 tavole rotte e scarpe vecchie appese ad un lampione come segno di appropriazione, Torino (2017)

intervento di subvertising dell’artista Hogre su un preesistente manifersto pubblicitario, Torino (2017)

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Mela A. , “Sociologia della città ”, Carocci, Roma, 2006 Mela A. , “Sociologia della città ”, Carocci, Roma, 2006. pp.152

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Pubblicità ed insegne luminose a Times Square, New York City

Partendo da questi presupposti, vediamo come gli spazi urbani diventano oggigiorno sempre più luoghi in cui le persone entrano in contatto diretto con lo spazio circostante, spesso in maniera veloce e fugace, e interagiscono sempre di più con le infrastrutture e le tecnologie di questi luoghi. Le forme di comunicazione dunque diventano sempre più veloci e fugaci, basate sull’attimo e sull’immediato. Basti pensare ai messaggi pubblicitari, alle insegne luminose, alle luci, alle installazioni artistiche. Possiamo dunque definire questa forma di comunicazione come la tipologia più immediata e più veloce di comunicare, quella che si affida al colpo d’occhio, che va di pari passo con il flusso della città, con i suoi spostamenti e la sua velocità. È la comunicazione istantanea che pervade in tutta la città che la rende multimediale, che la sovraccarica di informazioni ed input, e spesso rende confuso il messaggio. L’obbiettivo primario è attirare l’attenzione, cercando di coinvolgere anche per pochi istanti gli individui, cercando di stimolarli in maniera sempre più interattiva, più tecnologica, spesso cercando di accompagnare l’uso di tutti i sensi, con il tatto, con i suono e con gli odori. 18

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Ma esiste un altra funzione più direttamente espressiva degli spazi pubblici, di cui ci occuperemo. Essi vengono sempre più frequentemente usati come base materiale di messaggi di gruppi o singoli soggetti che vogliono trasmettere alla collettività o a parti di essa, oppure modi di espressione del sè.1 lo spazio diventa così un mezzo e un palcoscenico nel quale gli individui stessi possono esprimersi e comunicare in modo attivo e non rimane un semplice tramite di comunicazione passiva. Diviene così plasmato e reso parte attiva di un azione dell’individuo, entra in contatto e si trasforma con esso, diventa uno strumento, una forma di linguaggio, comprensibile a tutti, pubblico e globale. Lo spazio pubblico è molto spesso un luogo simbolo, uno spazio noto a tutti, che può diventare uno strumento comunicativo di forte impatto sociale ed emotivo. Basti pensare alle manifestazioni politiche o alle forme di arte urbana. L’espressione simbolica attuata all’interno di essa, l’uso non convenzionale e non programmato del luogo pubblico stravolgono tutti quei canoni di ordinarietà e di rigore imposti dalla città e dalla sua amministrazione.

mostra non autorizzata allestita nel tunnel del Valentino dal collettivo artistico Guerrilla Spam (2015)

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Mela A. , Belloni M. C. , Davico L. , “Sociologia e progettazione del territorio ”, Carocci, Roma, 2000.

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Ecco che molto spesso molti modi di esprimersi vengono visti come atti sovversivi, gesti eclatanti che vengono stigmatizzati e repressi. Senza dubbio deturpare lo spazio pubblico, rovinarlo e in alcuni casi distruggerlo, non è un atto civile ed è privo di senso, ma sfruttarlo e usarlo in modo ragionato, creativo, dandogli una nuova forma e una nuova espressione, è un modo per comunicare ed esprimersi in maniera diversa e spesso innovativa. per questo negli ultimi decenni si da sempre più importanza alle nuove forme di comunicazione urbane, quei gesti e quelle rappresentazioni una volta vietati ora vengono integrati nel disegno e nella progettazione urbana.

una delle tredici facciate dipinte dell’artista Millo in Barriera di Milano a Torino per il progetto B.ART

Gli esempi di comunicazione ed espressione negli spazi pubblici, sono innumerevoli e diversificati, e questo saggio si propone di spiegare e di illustrare le dinamiche proprio di una di queste forme di comunicazione, lo Skateboarding. Si tratterà in modo più approfondito questo argomento, ma si può solo accennare a come questo fenomeno si sia radicato in un contesto urbano e abbia creato una vera e propria subcultura. 20

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Questo ha portato alla creazione e allo sviluppo di una contro-cultura che va contro il sistema, contro il capitalismo e il perbenismo della società odierna. E il mezzo che sfrutta per diffondere il proprio messaggio è la città e le sue architetture. Legato a questo, si sono sviluppate parallelamente, ma non per forza insieme altre sub culture che usano la città come mezzo espressivo. Un esempio su tutti sono i graffiti. Espressione pittorica sul tessuto urbano si è sviluppata negli ultimi decenni come arte di strada e forma di comunicazione artistica e non. Il “graffitismo” , nato negli anni ’70 negli Stati Uniti dalla sub cultura dell’hip hop newyorkese, è una forma di pittura spontanea eseguita con bombolette spray, molto vivace, coloratissima che esprime una forte energia vitale. È definita come una manifestazione sociale, culturale ed artistica che consiste nell’esprimere la propria creatività e nel comunicare tramite interventi di pittura e scrittura su superfici urbane. Nata come corrente alternativa, l’arte dei graffiti ha costituito un movimento di rottura con l’arte tradizionale, da cui si allontanava per le tematiche di recriminazione sociale e per il supporto comunicativo: i muri delle città.

palazzo di NewYork conosciuto come “5Points” e considerato la mecca della graffiti art

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Non si parla infatti di tele o tavole su cui dipingere, ma vagoni ferroviari e pareti urbane, dei palazzi e dei fabbricati, per lasciare un segno tangibile e personale indirizzato direttamente al pubblico “di massa”. Movimento illegale e suburbano, molto legato ai ghetti americani, il graffitismo si è presto trasformato in una disciplina vera e propria, con tutte le caratteristiche degli altri movimenti artistici, spesso andando anche a corrompere quel significato “metropolitano” che ha dato nome alla corrente. I graffiti oggigiorno hanno svolto una funzione di abbellimento di zone urbane che altrimenti risulterebbero grigie e anonime. La capacità di trasmettere un messaggio, o semplicemente di esprimersi è fortissima nell’arte dei graffiti. Le pareti di un edificio, piuttosto che un treno che porta in giro e veicola il dipinto è sicuramente un

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gesto forte e innovativo. Nonostante il messaggio, deturpare in modo perpetuo e duraturo, un edificio, soprattutto se di valore culturale e storico è un atto inutile e stupido. Imbrattare gli edifici di un qualsiasi centro storico o di monumenti con scritte e firme, incomprensibili ai più è un gesto sicuramente da condannare, vi è una grossa differenza tra i graffiti e questi tipi di atti vandalici, quest’ultimi sono tali in quanto non vi è alcuno sforzo artistico e nessun tipo di forma espressiva, ma solo la volontà di deturpare un oggetto. Chi vuole comunicare davvero qualcosa, che siano graffiti o altro, sa bene che il suo gesto ha una potenza e un impatto sulla città e sulle persone molto più forte di un semplice atto vandalico. La sua espressione del sé lascia un gesto indelebile, non solo nello spazio ma anche nel tempo.

Keith Harring, pioniere del graffitismo, nella sua New York (1987)

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1.3 un esempio di comunicazione: gli sport urbani L’attività umana indicata con il termine inglese di ‘sport’ rappresenta un fenomeno abbastanza complesso e moderno, di cui sono state date diverse definizioni. Secondo il sociologo francese Georges Magnane, lo sport può essere definito un’attività del tempo libero la cui dominante è lo sforzo fisico, un’attività che presenta contemporaneamente le caratteristiche del gioco e del lavoro, che comporta la creazione di istituzioni specifiche e l’applicazione di regolamenti, che viene praticata in modo competitivo a livello amatoriale, ma può anche diventare professionale. 1 Oltre a questa definizione classica di sport se ne può affiancare una più moderna e libera da schematizzazioni, nella quale lo sport è visto come un’ attività fisica spontanea che si pratica in luoghi non definibili da confini precisi e molto accessibili, che sono svincolati da qualsiasi tipo di regolamento ed istituzione. Inoltre la possibilità di praticare lo sport è un diritto dei cittadini: oltre a migliorare la salute ha un ruolo educativo, culturale e ricreativo, quindi un importante fattore di sviluppo per la società. 2 Queste premesse servono ad introdurre il concetto di sport urbani, ovvero tutti quelle tipologie di attività praticate con il paesaggio circostante, la città, che sfruttano questa come un impianto sportivo spontaneo e naturale. sfruttando spazi e superfici disponibili di varia natura, lo sport si può praticare 24 ore su 24, e lo spazio urbano viene vissuto integralmente, anche nei luoghi di passaggio e di transito comunemente trascurati. La città risulta essere il campo da gioco più stimolante e attrattivo, alla portata di tutti e soprattutto libero e spontaneo. Ogni individuo ha la possibilità di determinare i propri limiti e di fissarsi dei traguardi, mettendosi alla prova singolarmente o in gruppo. Oggigiorno, inoltre, c’è una maggiore attenzione verso lo spazio pubblico, si vive sempre di più fuori casa, ci si incontra e ci si rapporta attraverso il mondo esterno attraverso numerose attività sociali e collettive; anche lo sport quindi si adatta alle nuove tendenze sociali e mettendo alla prova la propria creatività è possibile fruire in maniera alternativa dello spazio pubblico. 1 Magnane G. , “Sociologia dello sport ”, La Scuola, Brescia, 1972. 2 Spazi urbani per lo sport. www.regenerationdimarca.wordpress.com/2012/05/20/spazi-urbani-per-losport/, ultima consultazione 10/06/2013

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SKATEBOARDING Lo skateboarding è sicuramente lo sport urbano più famoso e più completo che rende a pieno l’idea di come la città diventi una vera e propria palestra e al tempo stesso momento ludico. Senza dilungarci troppo sulla sua storia e sul suo rapporto intimo con la città, che saranno descritti nei capitoli successivi, Lo skateboard nasce negli anni Sessanta in California come allenamento e prosecuzione sulla strada del surf da onda, da sempre sport in voga nelle città costiere americane. Quando le onde erano troppo piatte per essere surfate, si usava lo skateboard e si sfruttavano le discese e i pendii come simulazione delle surf marino. Ma con il tempo e con l’evoluzione tecnologica del mezzo lo skateboard è diventata una disciplina a se, praticata da milioni di persone in tutto il mondo, che si è evoluta in diverse discipline. Vi sono numerosi parchi dedicati allo skateboard, e non solo, chiamati skatepark, nei quali è possibile praticare questo sport, ma la filosofia dello skater, quella di non avere limiti di spazio e di tempo, lo porta ad usare la città nella sua interezza, nel farla diventare un immenso skatepark.

Todd Swank fotografato da Grant Brittain

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STREET SNOWBOARDING E SKI FREESTYLE Un’altra tipologia di sport urbano decisamente non usuale nel nostro paese è lo snowboarding e lo sci freestyle praticato in città. Comunemente chiamato “Street” questa disciplina ha molto a che vedere con lo skateboard. Praticato in città ricoperte di neve per quasi tutto l’inverno, questa disciplina dello snowboarding e sci freestyle, sfrutta le architetture ricoperte di neve come veri e propri snowpark montani. Si è sviluppato nello snowboard negli anni ’90 grazie alla sempre più intensa influenza dello skateboard nella pratica montana dello snowboard. Oggigiorno le nuove tecnologie e l’evoluzione della disciplina permettono di sfruttare sempre più le architetture ricoperte di neve.

Nick Dirks dalla ringhiera passa alla parete (2016)

Phil Casabon a Vancouver (2015)

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ROLLERBLADING Un altro sport individuale praticato in città è il pattinaggio in linea, nelle sue numerose varianti che spesso trovano corrispondenze con lo skateboarding. I pattini il linea, detti anche rollerblades, sono un’ evoluzione dei tradizionali pattini a rotelle, dove le ruote sono disposte in linea anziché a coppie. Sono nati per consentire ai giocatori di hockey di allenarsi anche in assenza di ghiaccio. La disciplina conosce il suo boom attorno agli anni ’80, quando l’evoluzione del pattino permette ad un sempre maggior numero di persone di avvicinarsi a questo sport, ormai non più legato a una nicchia di sportivi dello scivolamento su ghiaccio, similmente a quanto accade con lo skateboard e il surf. Infatti nel 1986 una nota marca di pattini, la Rollerblade Inc. , commercializza questo prodotto come equipaggiamento da fitness, creando un fenomeno di massa che vede persone di ogni età pattinare per le strade lungo le spiagge e nei parchi delle città. Come per altri sport, anche il rollerblading si è evoluto in differenti specialità. Nel pattinaggio di velocità in line, ad esempio, si gareggia in circuiti, nelle strade cittadine o nelle piazze, oppure su piste indoor.

pattinatrice sul lungomare di Los Angeles (1980)

primo modello Rollerblade Inc. 1986 Skateboarding e Urbanistica

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Pattinaggio Aggressive, Feeestyle e Freeskate sono invece evoluzioni più trasgressive del pattinaggio in linea, e prevedono evoluzioni su strada o spazi dedicati come per lo skateboarding, ovvero gli skatepark. Il Pattinaggio Aggressive nasce nei primi anni ’90 negli Usa e si sviluppa in Italia e in tutta Europa a partire dalle fine del 1993. Comprende sia le specialità praticabili in skateparks dedicati, sia quelle eseguibili su strada e nel resto della città, sfruttando gli arredi urbani quali corrimani, muretti, panchine, tubi vari, ecc, come supporti per compiere le evoluzioni. Il Freeskate è una disciplina del pattinaggio che rappresenta un incrocio tra il normale pattinaggio in linea e il pattinaggio aggresive. Ci si sposta infatti come nel pattinaggio fitness, ma in più si devono affrontare nella maniera più spettacolare possibile i vari ostacoli che si incontrano per la strada. La città risulta essere il posto più ideale per questa disciplina, sebbene il Codice Stradale attuale in Italia vieta l’utilizzo dei pattini al di fuori dei contesti idonei quali le piste. 1 Il Pattinaggio Freestyle, frutto dell’evoluzione avvenuta su strade, piazze e piste urbane, oggi è riconosciuto a livello mondiale da numerose federazioni di pattinaggio.

pattinatore aggressive su un passamano (2010)

1 Decreto Legislativo N. 285 del 30/04/1992, emesso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Pubblicazione della norma G.U. n. 114 del 18/05/1992, Titolo/oggetto: Nuovo codice della strada, articolo 190: Comportamento dei pedoni

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CICLISMO Legata agli ambienti urbani e alle evoluzioni negli skateparks, la BMX, abbreviazione di Bicycle Motocross, è una versione freestyle su due ruote. La BMX nasce in California nei primi anni ’70, quando un gruppo di ragazzini provano ad imitare i loro eroi del motocross con le loro biciclette. Le corse sui circuiti sterrati si diffondono in tutto il mondo nel decennio successivo e si cominciano ad organizzare le prime gare ufficiali. Comincia così una fulminea ascesa per questo sport e alla fine degli anni ’70 negli Usa i primi professionisti riuscivano a guadagnare soldi a sufficienza per fare di questo sport un vero e proprio lavoro. L’evoluzione della BMX è simile a quella dello skateboarding, che vede, all’inizio degli anni ’80, il progressivo abbandono da parte di alcuni professionisti delle gare su terra per dedicarsi all’uso acrobatico della bicicletta.

corsa di bmx su percorso sterrato (1978)

Al fianco dunque della disciplina originaria, negli anni se ne sono create altre, tutte legate al freestyle, nel quale non conta la velocità in cui si percorre la pista ma le evoluzioni che si eseguono. Queste sono: lo “Street”, che similmente allo skateboard sfrutta gli elementi del paesaggio urbano, come panchine, corrimano, scale in marmo e così via, per compiere le evoluzioni e le acrobazie, il “Flatland”, una disciplina quasi circense dove l’atleta compie delle evoluzioni sulla bicicletta senza mai dover toccare terra con i piedi, il “Dirt”, simile al race per via del tracciato in terra questa disciplina non prevede un traguardo, ma solamente l’inventiva dell’atleta nel compiere le evoluzioni più spettacolari usando le rampe in terra e infine il “Vert” che similmente allo skateboard si svolge in half pipe, rampe alte fino a 6 metri.Le biciclette per BMX sono monomarcia, piuttosto piccole e leggere, ma solide, con ruote dal diametro di 20 pollici. Skateboarding e Urbanistica

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Nel 1991 si svolse il primo campionato mondiale unificato e dal 1996 la BMX fu riconosciuta a tutti gli effetti dalla Unione Ciclistica Internazionale. Grazie all’inclusione nel programma olimpico l’interesse si è rinnovato e il movimento BMX ha ripreso piede in tutto il mondo.

bmx street

bmx flatland

bmx dirt

bmx vert

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Decisamente di un altro ambito, trovo comunque giusto accennare alla bicicletta come mezzo di trasporto urbano, che nonostante non sia un vero e proprio sport ma più un mezzo di locomozione utile per gli spostamenti cittadini, ha assunto negli ultimi anni sempre più importanza e ha cambiato l’assetto dei centri urbani e le abitudini delle persone. Simile come attitudine a molti sport urbani, il ciclismo urbano rispecchia quella che è la libertà di movimento all’interno di una giungla urbana sempre più fitta e congestionata dalle automobili. La rivendicazione dei diritti della strada come uno spazio di transito per tutti i veicoli e non solo per le macchine, è simile all’appropriazione che molti praticanti degli sporti urbani attuano sui suoli pubblici. La libertà di movimento, la sostenibilità in termini energetici e l’atteggiamento controcorrente e anti-consumismo, si sposano perfettamente con le filosofie e le sub culture urbane di questi sport. Le nuove tendenze della mobilità ciclabile hanno portato alla nascita di vere e proprie discipline e mode, le biciclette a scatto fisso ad esempio, particolari biciclette munite di un solo rapporto possibile e nessun meccanismo di “ruota libera”, per cui la pedalata è solidale con il movimento della ruota posteriore, rispecchiano un modo più aggressivo di andare in bicicletta in città, che spesso diventa una sorta di freestyle, nella quale la città e le strade sono delle vere e proprie piste. Questo ha fatto si che si creasse negli anni un movimento ed una vera e propria cultura, molto affine a quella dello skateboarding, intorno al fenomeno delle bici a scatto fisso o più semplicemente delle bicicletta da città.

ciclista con bici a scatto fisso Skateboarding e Urbanistica

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Un’altra disciplina legata sempre alle biciclette che si sta velocemente diffondendo è il Bike Polo; inventato in Irlanda nel 1891, è molto simile al gioco classico del polo, ma al posto dei cavalli si usano le biciclette. Due squadre da tre giocatori l’una hanno come obbiettivo di far entrare la palla nella porta avversaria, colpendola con una mazza e senza mai mettere i piedi a terra. Si gioca su terreni duri come campi da basket o direttamente sull’asfalto in qualsiasi luogo possibile, ed è previsto un arbitro per il monitoraggio di ogni partita. Si gioca dunque nelle piazze, nelle zone pedonali, in mezzo alla gente, in città. Come per tutti questi tipi di sport considerati più di nicchia, anche il bike polo si sta facendo conoscere grazie alle numerose associazioni fiorite nel corso degli anni e che utilizzano il web come mezzo di propaganda di questa disciplina. In particolare sono numerosi i blog di appassionati che organizzano contest o partite tra amici. Dal 1996 si sono disputate nove edizioni dei campionati mondiali con cadenza biennale, e nel 2010 anche in Italia vi è stato il primo vero campionato nazionale, tenutosi a Roma.

giocatori di una partita di bike polo

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Gli sport urbani non riguardano solamente quelli caratterizzati dall’uso di un mezzo e dalla velocità. Vi sono tutte quelle discipline che vengono praticate con il proprio corpo, senza l’ausilio di attrezzi specifici. PARKOUR Il parkour è uno sport urbano che consiste nel simulare costantemente situazioni di fuga, muovendosi con velocità per la città (o in mezzo alla natura) superando ogni ostacolo con agilità e destrezza. Panchine, muretti siepi, ringhiere e pareti non sembrano spaventare i “Traceurs” , ovvero i “creatori di percorsi” ; essi infatti hanno come obbiettivo quello di affrontare in modo creativo, atletico, leggero ed estetico, le barriere naturali o artificiali che trovano sulla loro strada. Questo sport acrobatico e molto fisico utilizza movimenti ripresi in molti casi dalle arti marziali e dai balli di strada come la breakdance. L’art du deplacement nacque in Francia all’inizio degli anni ’80 grazie agli insegnamenti di Georges Hérbert, che fu uno dei primi sostenitori del metodo di allenamento naturale che serviva inizialmente per addestrare le truppe militari. L’uso di una palestra, materassi e strumenti per apprendere tale disciplina si scontra dunque con i canoni dell’ Herbertismo. Con il tempo il parkour ha acquisito una dimensione meno ludica e più vicina ad una filosofia di vita. Se qualsiasi appiglio e ostacolo viene osservato come un punto di appoggio da superare in maniera fluida ed efficiente, ciò è applicabile anche alla vita di tutti i giorni, educando se stessi a non arrendersi mai davanti ad un problema ma al contrario a sfruttarlo per proseguire la marcia vero il proprio obbiettivo.

un traceuur salta da una sporgenza ad un’ altra

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STREET BOULDER Proprio come il parkour, nelle sue diverse forme, usa la città come “spazio di allenamento”, anche l’arrampicata sportiva dalla montagna si ripropone in ambiente urbano con lo Street Boulder. Discendente dal bouldering (tipo di arrampicata senza corde che si effettua su massi ad un’altezza massima di 5-6 metri, nata intorno agli anni settanta), questa variante cittadina è nata come reazione all’urbanizzazione crescente, grazie alla volontà di coloro che hanno scelto di “vivere la città anche in verticale”.

manifestazione di street boulder in Liguria (2017)

Per chi pratica il buildering (neologismo che fonde il bouldering alla parola build, edificio) le grigie metropoli diventano un patrimonio inesauribile: la facciata di un palazzo, un monumento, un ponte o un vecchio edificio dismesso, si trasformano in “blocchi da conquistare con le proprie mani e il proprio corpo. Ogni piccolo spigolo, ogni tipo di superficie viene percepita e sfruttata dallo scalatore urbano per risolvere il blocco. Come per le altre discipline, anche in questa il contatto fisico con l’architettura è fondamentale.Questa disciplina è nata in maniera clandestina nei primi anni del 2000, e nel 2008 è stato organizzato a Genova il primo Street Boulder contest completamente legale. Infatti l’Italia è al primo posto tra i cultori e sostenitori di questo sport non convenzionale, grazie al più elevato numero di praticanti e a una rete di organizzazione e di associazioni capillare. 1 1

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www.streetboulder.com ; www.buildering.net

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Vi sono poi le estremizzazioni: personaggi come Alain Robert ,conosciuto anche come “SpiderMan”, che si dilettano a scalare a mani nude, senza nessun tipo di corda o dispositivo di sicurezza, ogni tipo di palazzi, grattacieli o costruzione (il tutto in maniera illegale), hanno permesso a un sempre maggior numero di persone di conoscere questo uso non ordinario delle pareti e degli edifici urbani.

Alain Robert durante una delle sue scalate estreme

In conclusione si può dire che gli sport urbani sono accomunati dall’essere un modo per esprimere se stessi, nonché uno stile di vita. Fuori dalle competizioni, ciò che li accomuna è la ricerca del gesto atletico fine a se stesso, non indirizzato a un giudizio oggettivo, ma rivolto a se stessi come atto di piacere e gratificazione personale. Il divertimento e la libertà di esprimersi sta alla base di queste discipline. Il confronto in maniera informale e amichevole, l’esibizione del proprio gesto viene esaltato dal contesto urbano nei quali è possibile attirare l’attenzione su di se da un pubblico casuale. Ma la cosa più importante è il “fare proprio” il suolo cittadino attraverso lo sport e il divertimento, sentirsi parte di un sistema urbano integrando e ampliando le proprie abilità sportive con la città, e anzi sfruttandone le sue potenzialità.

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capitolo 2

lo skateboarding e l’uso dell’architettura

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2.1 la storia dello skateboarding da mezzo di trasporto alla nascita di una vera e propria subcultura Gli skateboards simili a quelli che vediamo tuttora, hanno una storia relativamente recente, nascono infatti in California negli anni ’60 dove i ragazzi che facevano surf da onda iniziarono a vedere delle analogie tra lo sport che praticavano e quello che è l’antenato dello skateboard, ovvero una tavola di legno con sotto attaccati i truck e le ruote di vecchi pattini a rotelle, che venivano usati come monopattini o come carretti per trasportare gli oggetti. Lo sviluppo di quest’idea, nel 1959 portò le prime tavole da skateboard sugli scaffali dei negozi. Lo skateboard in quel periodo veniva visto come emulazione e allenamento per il surf da onda. Le colline e i pendii venivano usate come riproduzioni delle onde marine così da poter sopperire alla mancanza di onde o alle condizioni sfavorevoli per la pratica del surf.

Jay Adams surfa le strade di Santa Monica

I movimenti sulla tavola riproducevano quelli del surf, si skateava a piedi nudi sulle esili tavolette di legno, le evoluzioni venivano fatte a filo del terreno riproducendo le tipiche curve del surf e ogni tipo di pendio veniva sfruttato come campo di pratica. Ma verso le seconda metà degli anni ‘60 ci fu un periodo di buio per lo skateboard, i conflitti e le rivolte generazionali davano poco spazio alla spensieratezza del surf e del suo stile di vita. In aggiunta l’attrezzo era ancora rudimentale: tavole strette e piatte, ruote di argilla, truck senza gommini. 1 1

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A Brief History of Skateboarding, www.skateboard.about.com/cs/boardscience/a/brief_history.htm

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Il 1972 e’ ricordato da tutti gli skater come l’anno della rivoluzione, una rivoluzione tecnica che riportò lo skateboard al successo, non solo in California, ma in tutto il mondo: un giovane ingegnere Frank Nasworthy ebbe l’idea di montare sugli skateboard le ruote in uretano che essendo più morbide permettevano manovre simili a quelle del surf. Proprio in quel periodo il livello tecnico si alzò, la ricerca di nuovi “spot” e i grandi periodi di siccità che colpirono la California in quelle estati, portò gli skaters a usare le piscine nel retro delle case come rampe che simulassero le onde. Da qui nacque il fenomeno del Pool skating (a differenza delle piscine da noi conosciute, quelle americane hanno un fondo tondo e raccordato con transizioni), i ragazzi entravano di nascosto nelle abitazioni private e skateavano le piscine vuote.

Jay Adams in pool (1978)

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Sempre di più la figura dello skater si dissociava da quella del surfer e veniva vista in maniera più negativa. Lo skater era visto come un vandalo delle strade e dei sobborghi della città. Ma nonostante questo stereotipo lo skateboarding crebbe molto in quegli anni, come popolarità e si iniziavano a vedere cospicui guadagni nel mercato di questo sport, così nacquero i primi skatepark, parchi appositi per la pratica dello skateboard e si iniziarono a svolgere le prime gare di freestyle a livello nazionale americano. 1

foto di entrambe le pagine scattate da Glen Friedman

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Si iniziarono a delineare le varie specialità che esistono ancora oggi: il freestyle, lo slalom, la discesa libera (downhill) e soprattutto lo skateboarding vert. Lo skateboarding vert consisteva nel fare manovre sulle pareti delle piscine, o in strutture appositamente costruite come i primi quarterpipe. Così facendo l’immaginario dello skateboard come emulazione del surf sulla strada si andava via via dimenticando, e sempre di più lo skateboarding diventava una disciplina vera e propria caratterizzata dalla proprie tecniche e dalla propria cultura. Questa evoluzione della pratica imponeva però anche un’evoluzione dell’attrezzo: tavole più larghe in acero canadese, ruote con cuscinetti più veloci e truck che rispondevano meglio alle sollecitazioni imposte. Con milioni di praticanti in tutto il mondo e con i sempre più proficui guadagni nel mondo dello skateboard, molti ragazzi, che prima praticavano lo skateboarding solo per passione, diventarono dei veri e propri professionisti dello sport, con stipendi decisamente alti per ragazzini che spesso non avevano neanche compiuto la maggiore età. pubblicità con Mark Gonzales per Vision skateboards

primo numero della rivista Thrasher (Gennaio 1981)

Inoltre l’apparizione di giornali specializzati che giravano nelle mani degli appassionati in tutto il mondo (nella seconda metà degli anni ‘70 il più famoso era Skateboarder Magazine, mentre negli anni ‘80 diventarono popolari le riviste Thrasher e Transworld Skateboarding) accrebbe moltissimo la popolarità dei pro skater. 40

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I primi pro degli anni ‘70 avevano il proprio nome sulle tavole costruite con il loro disegno, guadagnando una percentuale sulle vendite. Con il passare del tempo si cominciarono a organizzare dei veri contest, naturale evoluzione delle feste tra amici, che vedevano competere gli skaters a botte di manovre stile e consistenza.

Chris Miller in una delle prime bowl costruite per lo skate negli anni 80’

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Eric Dressen street skating (1983)

Negli anni ‘80, quando lo skateboard fu rimpiazzato da altri sport di tendenza (BMX, pattini a rotelle, windsurf ), molti proprietari di rampe e skatepark aperti al pubblico chiusero i battenti, dato che il numero degli skaters che erano disposti a pagare per usare le strutture non era sufficiente a coprire le spese necessarie per mantenere questi (a volte enormi) spazi. Ma proprio in questo periodo di declino si tornò alle radici, alla strada che aveva fatto da palcoscenico alla crescita dello sport negli anni ’60. Con l’invenzione dell’ollie, la manovra che permette di saltare con la tavola senza usare le mani, le manovre eseguite sul verticale si spostarono sulla strada, e questo rivoluzionò di netto lo stile e l’attitudine degli skaters. 1

foto di Grant Brittain (in alto a sx) e Luke Ogden (in basso a dx)

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Così gli skatepark non erano più necessari e la città stessa diventava come un immensa struttura da sfruttare ed esplorare. Le strutture urbane più elementari come scalinate, panchine, passamani, muretti e qualsiasi ostacolo diventavano il vero campo da gioco. Si svilupparono tutta una serie di nuove manovre e tecniche che portò lo street skating come disciplina di punta in tutto il mondo, sempre meno si praticava il vert skating, lo slalom e il freestyle. Lo “street” così facile ed immediato da praticare fece si che a fine anni ’80 lo skateboard tornasse di nuovo alla ribalta in tutto il mondo e diventasse un vero e proprio oggetto di culto. In quegli anni nuove marche indipendenti nacquero, furono girati i primi video dei team e la tecnologia applicate alle tavole cambiò nuovamente, si costruirono le prime tavole con il nose e il tail, la punta e la coda, perfettamente identici, così da permettere l’esecuzione di nuove manovre nello street skating. Jeremy Klein skaeta un marciapiede con nuove combinazioni di trick (1988)

Ray Barbee (1996)

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Steve Caballero con una jumpramp salta un’automobile (1980)

Christian Hosoi in vert in un cortile privato (1985)

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foto di Spike Jonze (in alto a dx), Tobin Yelland (sx) e Grant Brittain (le due in basso)

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(1998-2015) Ricky Oyola, Danny way, Eric Koston, Heath Kirchart, Grant Taylor foto di Mike Blabac, Dave Chami, Dave Swift e Ryan Gee

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Dopo gli alti e bassi dei primi tre decenni di evoluzione lo skateboarding si è stabilizzato, si è diffuso capillarmente in tutto il mondo e le varie discipline che lo costituiscono hanno creato i propri luoghi ed elaborato le proprie modalità. Ai giorni nostri la scena dello skateboarding mondiale vede ai massimi livelli del professionismo, skaters forti in quasi tutte le diverse discipline, quindi le suddivisioni in street, vert e bowl skaters di un tempo stanno pian piano sparendo, essendoci sempre più persone dedite a tutte le discipline. Sempre più lo skateboard si è imposto come sotto cultura giovanile e come cultura e arte di strada. Molte mode giovanili e non solo, sono nate dalla subcultura dello skateboarding, nel campo della moda, della musica e dell’arte. Questo lo ha reso un “trendsetter”, ossia una cultura in grado di influenzare veri e propri gruppi sociali, per lo più adolescenti. Oggigiorno è uno sport che conta milioni e milioni di praticanti ed è sempre in continua crescita. Per molti marchi è diventato un vero e proprio business, si organizzano numerose manifestazioni e numerose gare, seguite in tutto il mondo. Ad esempio gli “X Games” sono il circuito di gare più famoso al mondo non solo in questo sport, ma in tutte le discipline “estreme”, da cui deriva la X. Questi tipi di gare sono dei veri e propri show che permetto a tutto il mondo di conoscere queste discipline sportive, che sempre di più, non solo lo skateboarding, hanno un pubblico e un numero di praticanti sempre maggiore. Street League contest

X Games vert contest 44

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Infine come segno definitivo dell’incredibile diffusione di questo sport e della sua cultura, nel 2015 lo Skateboarding, nelle sue specialità di street e vert, è stato annesso alle discipline olimpiche e debutterà nelle olimpiadi di Tokyo 2020. Nonostante il business inevitabile dietro a questo sport, lo skateboarding ha mantenuto intatta la sua anima ribelle e libera, continuando la sua naturale evoluzione nel suo habitat: la città.

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foto di Mike O’Meally

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2.2 l’arredo urbano definizione, storia e rapporto con l’urbanistica Con questo capitolo vorrei riflettere brevemente sull’approccio dell’urbanistica verso l’arredo urbano e di come questo sia cambiato incredibilmente negli ultimi 50 anni. L’arredo urbano è uno specifico ambito progettuale che provvede ad attrezzare gli spazi pubblici urbani con manufatti fissi o mobili funzionali, e nel migliore dei casi inseriti in una immagine coordinata della città. L’arredo urbano è materia di studio delle facoltà universitarie di Architettura e Ingegneria e si occupa delle problematiche e del disegno degli spazi a verde pubblico, della segnaletica e dei dissuasori, dell’illuminotecnica urbana, e in genere di qualsivoglia manufatto a destinazione pubblica che trova collocazione nella città a complemento del disegno urbanistico e architettonico. Da sempre lo spazio urbano delle città è arredato con una serie di elementi: panchine, pannelli informativi, volumi per la gestione della viabilità dei vari mezzi, ringhiere, cestini e così via. tuttavia l’appoccio progettuale verso questa tipologia di arredi urbani è stato spesso grossolano, poco studiato e risolto da ogni città autonomamente in maniera sommaria. Solo nella seconda metà del ‘900 con l’affermarsi delle nuove correnti architettoniche e degli innovativi studi di design questo modus operandi ha progressivamente iniziato ad evolversi. Negli ultimi 50 anni infatti moltissimi studi di design si sono concentrati esclusivamente sull’arredo urbano e di come esso, effettivamente ricopra un ruolo fondamentale nelle maniera in cui noi viviamo ed apprezziamo o meno una città. Gli obiettivi da porsi nella progettazione dell’arredo urbano devono mirare a rilanciare, valorizzare e promuovere lo spazio urbano/pubblico, un luogo inteso come spazio non solo architettonico, ma anche come realtà materiale di immediato godimento per il cittadino. L’argomento più acceso nel dibattito tra professionisti del settore è il contrasto fra arredo di tipo tradizionale e arredo di tipo innovativo giacché molto spesso ci si dimentica del valore storico e artistico delle città in cui viviamo. Ognuna di esse, chi più chi meno, possiede una storia che dovrebbe essere custodita senza però togliere spazio al progresso e al miglioramento. 46

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La sfida più difficile da vincere infatti è quella di riuscire a trovare un giusto compromesso, la totale armonia tra il tradizionale e il moderno, per permettere alle città di tramandare la loro storia e cultura e allo stesso tempo evolversi per una loro maggiore funzionalità e fruibilità. I centri storici delle città italiane sono caratterizzati da una stratificazione storica e culturale che determina una forte identità dell’immagine urbana. Inserirsi in questo contesto con interventi attuali è un problema articolato, che viene risolto attraverso due correnti diverse di pensiero e di intervento: -la prima linea intende proporre arredi nuovi realizzati su disegni, modelli e tipi di materiali del passato. Questi arredi si rifanno per lo più a modelli ottocenteschi o del primo Novecento, epoche nelle quali la progettazione dell’arredo urbano era di alto livello qualitativo. Esempio calzante sono i lampioni e le panchine in ghisa; -la seconda ipotesi è proporre nuovi design e uso di materiali recenti come l’acciaio, la plastica e il cemento lasciando al progettista libertà di esprimere la propria creatività e di accavallare qualcosa di moderno alle preesistenze del passato. Nessuna delle due idee di pensiero è di per sé consigliata o da escludere. Esiste ovviamente la possibilità di una terza via in alternativa alle sopracitate : pensare e progettare il nuovo partendo da elementi di continuità con l’antico come materiali, colori, ecc. in modo che possa essere custodita anche la possibilità per ogni epoca successiva di esprimere la sua progettualità propria, inserendosi con continuità e senza rottura in un filone culturale preesistente. Oltre allo studio dei materiali e delle texture che arredano lo spazio urbano, negli ultimi anni molti studi si sono concentrati sulla multifunzionalità degli elementi di arredo. Uno dei fenomeni che ha spinto verso questa visione sicuramente è stato lo skateboarding, che come tutti gli sport urbani, vede negli oggetti sparsi sul suolo pubblico una o più nuove funzioni non previste in fase progettuale. Per questo motivo, ai giorni nostri è fondamentale cercare di prevedere queste funzioni e adattare le scelte progettuali per invogliare o eliminare la possibilità di moltreplici utilizzi dell’elemento progettato. Operando in questa maniera si possono ridurre incredibilmente i costi di produzione e manutenzione del bene pubblico.

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Nei capitoli successivi si andrĂ a trattare nei particolari questa questione, mentre qua di seguito si illustrano semplicemente alcuni esempi di ottimi progetti di arredo urbano realizzati in tutto il mondo.

Superkilen di BIG Architects, Norrebro, Copenhagen

High Line di James Corner, New York City 48

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2.3 l’appropriazione degli spazi pubblici

“Un marciapiede è un ostacolo fin quando non si scivola sopra. Un muro è una sporgenza finche non si salta giù. Una sponda di cemento è un inutile pezzo di calcestruzzo fino a che non si skatea. ”1 Lo skateboard è da sempre visto ed interpretato sotto molti aspetti e punti di vista. C’è chi lo considera uno sport, chi come uno stile di vita, qualcuno lo usa come mezzo di trasporto, altri lo usano per fare evoluzioni ed esprimere se stessi, c’è chi lo considera un attività prettamente adolescenziale e c’è chi lo vede come un atto di vandalismo. Ma se lo guardiamo sotto un altro profilo, quello architettonico, che rapporto ha lo skateboarding con l’architettura? Che rapporto intercorre tra il mezzo e il proprio campo da gioco, la città? Partendo da due concetti base come forma e funzione, da sempre gli architetti si sono interrogati sul rapporto tra queste due entità, la forma e la funzionalità di un architettura sono sempre alla base di qualsiasi progetto. 2 La forma deriva in molti casi dalla sua funzione, dall’oggetto di uso quotidiano più semplice all’edificio in cui abitiamo, è regolato da questa gerarchia, dove la funzionalità e l’uso sono programmati e ordinari, nella quale un individuo può facilmente comprenderne l’utilizzo. ma se questa funzionalità ordinaria viene a mancare e cambia, se viene percepita ed utilizzata in altro modo, se un individuo ne stravolge l’uso rendendo l’oggetto del tutto diverso allora anche la percezione della sua forma cambia. Ed è proprio questo concetto che sta alla base della relazione tra skateboarding e architettura. Uno skater vede e riutilizza la città in una prospettiva del tutto diversa dal normale, possiamo dire che gli skaters sono tra gli utenti più funzionali e impegnati dell’architettura e dello spazio urbano.

1 “Shudder Speed” , in Trasher, vol. 11 no. 11, November 1991, p. 16. 2 “Young B.” http://www.loudpapermag.com/articles/a-skateboarders-guide-to-architecture-or-an-architects-guide-to-skateboarding”

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L’architettura si pone come una ripetizione di spazi e di cose, di materia, un oggetto indivisibile a tre dimensioni riconoscibile solo nella sua totalità mentre gli skateboarders nella loro pratica si focalizzano sulla singole entità che costituiscono un’architettura, andando a ripensare e rimodellare l’essenza dell’edificio stesso, in maniera totalmente diversa da come è stata pensata e progettata dagli architetti stessi.

“Gli edifici sono per le menti aperte dei blocchi per costruire, gli skaters sono i costruttori.”1

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Ricky Oyola utilizza la rampa di accesso per saltare oltre il parapetto (1997)

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“Editorial” , in Trasher, vol. 3 no. 2, February 1983, p. 4 foto di Ryan Gee

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Riprendendo la storia dello Skateboard dal capitolo precedente, è negli anni 80 che ci fu il ritorno “nella strada dello skate” e quindi la critica del sistema capitalista. Dopo anni di Vert e pool skating, dopo che aprirono i primi skatepark, per chiudere in pochi anni, gli skaters si ritrovarono senza una collocazione, ed ecco che una intera città poteva diventare un immenso skatepark. Le città americane di quegli anni erano divise spesso in maniera netta tra i sobborghi, dove si trovavano le abitazioni dei cittadini, e il centro città, fulcro della società capitalistica e del potere economico. Imponenti palazzi, enormi piazze e monumenti, sono visti come potenti e forti dalle corporazioni, ma per uno skater sono uno spazio in cui ci si può divertire che si può manipolare a proprio vantaggio.1 Le ricche architetture e il tessuto sociale della città offrono agli skateboarders una moltitudine di edifici, relazioni sociali , tempi e spazi, la maggior parte dei quali è di libero accesso.2 In questo contesto dove la libertà di espressione è contrapposta ad uno stile di vita rigido ed autoritario, si crea una contrapposizione al capitalismo e a tutti i suoi luoghi più simbolici e si vanno a scardinare quel rigore sia sociale che architettonico. Quello che il rigido sistema, regolato dai soldi, dalla ripetitività e dalla riproduzione degli spazi, degli oggetti e delle azioni, non comprende è la non-produzione di un bene, la totale libertà dell’individuo e delle sue azioni non apporta nulla, se non un qualcosa di fastidioso e quindi inutile. Ad esempio gli skaters hanno bisogno di un mezzo, lo skateboard, con il quale performano un grande gesto ma che non produce nulla in cambio. Gli architetti invece creano una merce, gli edifici, quindi sostengono e fanno i soldi dal capitalismo, quindi esistono, sono riconosciuti. 3 la visione e l’uso che gli skaters hanno nei confronti degli edifici e degli spazi urbani, serve agli architetti per capire la necessità dell’architettura di capire il valore sociale degli edifici, per incoraggiare attività non prestabilite e quindi non creare dei modelli generalizzati.

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Jesse Neuhaus, in Garnick L. ,“The Urban Landscape” Earn beckinger, “Baltimore”, TransWorld Skateboarding, vol.15 no. 10 (October 1997), pp. 159-64 Skateboarding and architecture, www.archi-ninja.com/skateboarding-and-architecture/

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Lo skateboard e lo skater attuano un processo molto importante dell’architettura, non solo percependola in modo diverso, ma rendendola una oggetto materiale, smitizzandola e superando quella forma di celebrazione verso un edificio o un luogo, scontrandosi così con tutta una serie di dogmi e simboli della città. L’architettura non viene vista come un semplice prodotto, ma come la produzione di emozioni, di azioni, di sforzi e di piacere. Gli skateboarders non analizzano l’architettura per il suo contenuto storico, simbolico o autoritario, ma per come le superfici si presentano in quanto superfici adatte allo skate. Questa percezione e questo “occhio da skater” è una caratteristica unica nel suo genere. Il codificare la città intera in un altro modo, permette agli skaters di formare e rappresentare nel loro immaginario una città in continuo movimento, con differenti luoghi, percorsi, elementi.

“Un mondo nessun altro può vedere, un mondo che i pedoni e le macchine non possono condividere. Una realtà diversa, che coesiste su un piano differente”1

Le città sono identificate non più dai luoghi simbolo canonici, i monumenti, gli edifici storici, i parchi, le strade simbolo, ma da tutte quelle zone che offrono un potenziale e un uso per gli skaters. Si forma così una vera e propria mappa alternativa della città, fatta di scalinate, muretti, passamani, marciapiedi, barriere, ecc. che la comunità dello skateboarding conosce e si scambia. È una mappa che cambia e si espande, in una ricerca spasmodica di nuove linee e nuove possibilità che la città offre.

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”Where? Magazine”,September 1989, pp. 18

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Southbank Undercroft a Londra è il primo street spot della storia dello skateboarding europeo ed ogni anno è meta di migliaia di skaters da tutto il mondo.

La ricerca di nuovi spot infatti è di centrale importanza, legata sia al desiderio di skaetare strutture nuove, sia spinta dall’emozione di riuscire magari a filmarci un’evoluzione per primo, diventando pioniere del nuovo terreno. Infatti ogni spot è conosciuto e tramandato alla scena unito indissolubilmente alla lista delle evoluzioni realizzate su di esso e ai nomi di coloro che le hanno compiute.

lo skateboarding vive la città e la sua evoluzione, sia in maniera fisica che rappresentativa1, usa le sue architetture, trae esperienza da queste, un’esperienza fisica e sensoriale.

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Borden I. , “Skateboarding, Space and the City”, Berg, Oxford,2001, pp. 223

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Si pensi a come sono percepiti i materiali, a come una strada dissestata o una piazza in marmo liscio creino delle emozioni e sensazioni diverse nello skater. Gli skaters diventano così, in parte cartografi, in parte architetti, esperti conoscitori non solo delle forme e delle misure dei vari componenti urbani, ma anche, più in piccolo, dei materiali utilizzati per essi e le varie qualità che li distinguono. Uno skater sa bene che il marmo tenderà a non rovinare i suoi truck di metallo quanto un angolare di acciaio che li consumerà più facilmente; sa che il cemento, anche il più liscio al mondo, farà sempre più aderenza delle piastrelle in granito; sa che il legno al naturale si rovina facilmente e non grinda mentre il legno termotrattato dei moli delle località marittime scivola molto meglio ed è più resistente.

tavola e truck consumati dallo scorrere sui vari materiali

La sensazione di scivolare su un muretto, su un passamano è uno stimolo fortissimo per il corpo e per la mente, il corpo che si muove e che crea il gesto atletico si trasforma con lo spazio, con l’elemento fisico, e con la materia. Facendo una comparazione con il surf da onda, con il surfista che cavalca le onde, che si fonde con il mare e che ne fa esperienza diretta, modellandosi con la natura, lo skater si unisce con il suo ambiente naturale, la città. Proprio questo è ciò che il professore di architettura Ian Borden definisce come body space, ossia uno spazio che viene definito tramite un rapporto di lettura e di scrittura da parte dello skater, una intersezione dinamica di corpo, tavola e terreno. Skateboarding e Urbanistica

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una cosa molto importante che va evidenziata e compresa è che l’atto dello skater non è unicamente fisico ma anche mentale, è una proiezione della propria identità al di fuori di sé attraverso la tavola verso lo spazio contiguo.1 Per questo motivo lo skateboarding esula in parte dalla definizione di sport avvicinandosi piuttosto alla definizione di forma d’arte in quanto rappresentazione di sé. A tal proposito sono stati fatti studi sull’aspetto neurologico di attività creative (di musicisti, artisti e freestyle rappers), con cui hanno scoperto che durante queste gli individui sono letteralmente catapultati in uno stato mentale alterato dovuto all’attivazione di un diverso network cerebrale. Questo network fa sì che motivazione, linguaggio, emozione, funzioni motorie, elaborazione sensoriale e la rappresentazione dell’esperienza soggettiva dell’individuo interagiscano in un modo inusuale nella creazione dello stato di flow. Questo stato di flow è quindi uno stato mentale di intensa concentrazione che determina una sensazione di energico coinvolgimento in un’attività con obbiettivi ben definiti, un feedback immediato e il giusto equilibrio tra difficoltà e capacità percepite.2 Questa descrizione ci aiuta a comprendere il punto di vista dello skater, sempre in bilico tra decisioni consapevoli, legate alla scelta di un determinato percorso, e azioni spontanee/istintive nell’atto performativo che viene espresso lungo quel tale percorso, dovute alla totale assimilazione di specifici gesti atletici. Legato all’aspetto mentale c’è chiaramente anche l’aspetto sensoriale, poiché l’atto dello skaetare coinvolge più sensi. La vista prima tra tutti è ciò che ci permette di interpretare e leggere l’ambiente che ci si trova di fronte, l’udito la completa percependo sia i suoni del luogo dove ci si sta muovendo sia ciò che la vista non può percepire appieno, ossia i vari materiali che percepiamo in parte dal rumore che fanno a contatto con le ruote e con la tavola, in parte tramite il tatto e le vibrazioni che lo sollecitano. Ogni materiale ha un particolare timbro di sensazioni combinate che ci permette di comprenderne la natura anche senza vederlo. Effettivamente alcuni spot celebri possono essere riconosciuti anche solo dal rumore che restituiscono al atto dello skating e per questo motivo nei video il suono è un componente molto importante.

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Borden I. , “Skateboarding, Space and the City”, Berg, Oxford,2001, pp. 100 Flavio Pintarelli, “Stupidi giocattoli di legno” pp 47

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il continuo scontrarsi con il terreno è allo stesso tempo una sollecitazione fisica e mentale

Cosa oltremodo unica è l’abitudine che ha chi fa skate di intervenire attivamente in prima persona sull’architettura e l’arredo urbano. Gli skater da sempre modificano la configurazione dell’arredo urbano per adattarlo ancor meglio alle loro necessità, spostando panchine e bidoni dell’immondizia, sollevando tombini per farli diventare momentaneamente delle rampe, incerando le superfici per farle scivolare meglio e così via. In alcune situazioni queste attività possono essere condannate come atto di vandalismo o semplice disturbo del normale svolgimento di alcune attività cittadine, per fare un esempio, lo spazzino che deve svuotare un bidone sdraiato si troverà in difficoltà nel farlo. Tuttavia in molte altre situazioni, dove l’intervento degli skaters non crea alcun disagio per il resto della cittadinanza, un gesto simile evidenzia la loro capacità di reinterpretare e riscrivere il tessuto urbano e i suoi elementi in una maniera completamente distinta dalla funzione originale, arricchendo così la configurazione urbana con una moltitudine di funzioni. Tutta questa serie di cose ci fa capire come effettivamente gli skaters, come si diceva precedentemente, siano senza dubbio la classe sociale che più vive e conosce l’architettura nelle nostre città.

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“200 anni di tecnologia americana hanno creato senza volerlo un’immenso parco giochi di cemento dall’infinito potenziale. Ma è stata la mente di un ragazzino di 11 anni a svelare quel potenziale.” 1 2

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C.R.Steyck in “Aspects of the downhill slide”, Skateboarder vol2 (1975) foto di Mike Blabac

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la piastrella sollevata permette di compiere evoluzioni su oggetti altrimenti inskaetabili.

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2.4 la defensive architecture Nel paragrafo precedente abbiamo ampiamente parlato delle modalità con cui gli skater si relazionano con l’architettura e l’arredo urbano, tuttavia non sempre la loro presenza è gradita e, ad ostacolare le loro azioni, spesso si trovano davanti a degli interventi di defensive architecture. per defensive architecture si intende una forma di design urbano nella quale lo spazio pubblico viene costruito o alterato per scoraggiare o impedire alle persone di utilizzare quel tale luogo in una maniera che differisce da quella prestabilita. 1

esempio di defensive architecture: gli skate-stoppers.

Questa controversa forma di intervento è sempre più frequente nelle città e trova luogo principalmente in luoghi pseudo-pubblici, ossia quei luoghi pubblicamente frequentabili, ma di proprietà di privati (per esempio grossi centri commerciali). Gli spazi interessati sono sempre molto curati e devono apparire accoglienti per chiunque anche se realmente lo sono solo per quella fascia di popolazione che rappresenta un potenziale introito economico. Infatti i deterrenti utilizzati non vengono notati da chiunque, ma solo da coloro che ne vengono colpiti. 1

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https://en.wikipedia.org/wiki/Hostile_architecture

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“Quando tutto è progettato contro di te, lo sai. Le altre persone non lo noteranno, ma tu sì. Il messaggio è chiaro: tu non sei un membro del pubblico, almeno non del pubblico che è benvenuto qua.”1

I comportamenti presi di mira da questo tipo di interventi sono tutti quelli considerati elemento di disturbo del decoro urbano, un problema che va scacciato altrove. I comportamenti respinti identificano però sempre dei gruppi di persone ben precisi, primi fra tutti i senzatetto, le vittime più colpite, poiché le uniche che vivono la città 24/7 senza alcuna alternativa. Oltre a loro vengono limitati nelle loro azioni anche gli skaters e i giovani che spendono il loro tempo in determinati luoghi. Contro di questi vengono disposti una serie di stratagemmi che rendono impossibile la sosta in un luogo per un periodo prolungato oppure alcuni comportamenti in quel determinato spazio. Le forme di defensive architecture infatti sono incredibilmente varie : da punte di metallo installate sopra muretti, a sedili e panche studiati apposta per rendere impossibile la posizione coricata, da getti d’acqua intermittenti posti lungo il perimetro dei palazzi, a particolari tipologie di illuminazione fastidiosa fino a dissuasori sonori che emettono particolari frequenze udibili solo da una certa fascia della popolazione.

punte metalliche su un muretto di granito panchina che non permette la posizione coricata 1

Ocean Howell, professore di storia dell’architettura alla University of Oregon

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Camden Bench, emblema della defensive architecture arredi urbani resi “spinati” che sollevano seri dubbi riguardo la loro sicurezza

Il problema principale di queste modalità di intervento è che colpiscono sempre in maniera collaterale anche soggetti non previsti. Per esempio, rendendo ai senzatetto impossibile sdraiarsi e sedersi comodamente su una panchina, si colpiscono anche donne gravide e anziani che necessiterebbero di quelle comodità. “Rendendo la città meno incline all’accettazione della presenza umana, la rendiamo meno accogliente per tutti gli umani. Rendendo il nostro ambiente più ostile, diventiamo noi stessi più ostili al suo interno.”1 Le motivazioni dietro a questi interventi spesso vengono nascoste dietro a fini apparentemente nobili (per esempio come lotta all’inquinamento e a varie attività criminose), tuttavia lo scopo è tutt’altro e dietro la loro facciata di cura del decoro urbano si celano delle implicazioni psicologiche pesantissime per coloro che ne subiscono le conseguenze. Infatti, parallelamente al costante aumento di persone ridotte a vivere per strada per problemi economici, possiamo chiaramente vedere nelle nostre città un costante aumento di interventi di defensive architecture, che si oppongono alla loro presenza, anziché la creazione di strutture di supporto. La realtà è che questi interventi, analogamente alle punte anti-piccioni, non agiscono riducendo il numero di senzatetto nelle nostre città, ma spostano il “problema” altrove. 1 https://www.theguardian.com/society/2015/feb/18/defensive-architecture-keeps-poverty-undeen-and-makes-us-more-hostile

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“É come se la povertà esistesse come realtà parallela, ma separata. E gli urbanisti lavorano molto duramente per tenerla al di fuori del nostro campo visivo.” Questo modus operandi trasmette l’idea terribilmente negativa che le persone che vivono per strada siano inferiori al resto della popolazione e unici responsabili della loro situazione e questo modo di pensare spesso si rispecchia nei comportamenti dei cittadini. 1 “L’architettura delle nostre città è una guida potente per il comportamento, sia direttamente che nel suo simbolismo. Rivela come l’igiene collettivo abbia superato le considerazioni umane, specialmente nei distretti commerciali. È un sintomo dello scontro tra privato e pubblico, tra necessità e proprietà.” 2 Setha Low, professore di psicologia ambientale e il geografo urbano Neil Smith, nel loro libro “The Politics of Public Space” sostengono che le stesse rivoluzioni economiche e politiche che hanno liberato la gente dalle monarchie autocratiche hanno anche sancito principi di proprietà privata a scapito di una lunga tradizione di terra comune. E la perdita di spazio pubblico è direttamente correlata alla perdita di vita pubblica. Infatti, come anticipato nei capitoli precedenti, la vita pubblica è mutata fortemente nell’epoca contemporanea e mentre un tempo era legata a molteplici attività pubbliche e comunitarie, ora è per lo più connessa ad attività individuali legate a qualche forma di consumismo. quasi più nessuno vive lo spazio pubblico in una maniera fine a se stessa; si esce di casa per fare qualche commissione e poi ci si ritorna. Gruppi invece come i ragazzi che si ritrovano quotidianamente per fare skate insieme in una piazza o allo skatepark rappresentano una delle poche fasce della popolazione che continua a vivere lo spazio pubblico senza necessariamente consumare alcunché. Per questo motivo è importante comprendere come questa realtà possa convivere con la vita pubblica del resto della popolazione. 1 Nils Norman on The Guardian’s article ‘Sleeping rough opened my eyes to the city’s barbed cruelty’ 2 https://www.theguardian.com/society/2015/feb/18/defensive-architecture-keeps-poverty-undeen-and-makes-us-more-hostile

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“La nostra capacità di condividere sarà la chiave per la nostra sopravvivenza.”1 Quando si analizza lo stato attuale dell’urbanistica dal punto di vista degli skaters è importante considerare che la stragrande maggioranza delle strutture su cui essi skaetano sono state costruite nel secolo scorso quando il fenomeno dello skateboarding non era ancora diffuso e conosciuto e che quindi le modalità di intervento sul costruito sono estremamente limitate. Ai giorni nostri invece la diffusione dello skateboarding è ormai capillare e per questo motivo è fondamentale che gli urbanisti e gli architetti che lavorano sullo spazio pubblico tengano conto che gli utenti degli spazi urbani sono molteplici e che il “problema” dello skateboarding va affrontato con una progettazione molto attenta. La defensive architecture sotto forma di skate-stoppers2 in questa situazione è sicuramente la maniera più facile con cui aggirare il problema, tuttavia crea solamente tensioni, malcontento e finisce, come si è detto prima, per colpire in maniera collaterale anche altre fasce della popolazione. In questo ambito i paesi nordici sono sicuramente i più progrediti ed infatti nella progettazione urbanistica di città come Copenhagen e Malmö son andati oltre a queste modalità di intervento ridefinendo il concetto di skate-stopper. In queste città, se si vuole evitare che i giovani facciano skate in un determinato luogo, si progetta quel determinato luogo o lo si arreda in maniera da impedire gli spostamenti all’interno dello spazio. Per esempio si possono utilizzare pavimentazioni irregolari, scomode da percorrere con le piccole ruote di uno skate, oppure si posizionano aiuole, grate e arredo urbano in punti che rendano impossibile prendere la rincorsa o il raggiungimento di determinati elementi. In questa maniera si elimina completamente l’interesse degli skaters ad utilizzare quel determinato spazio per fare skate, senza dare l’idea di proibizione, scoraggiando così gli utilizzi indesiderati in maniera molto più gentile.3

1 https://www.theguardian.com/society/2015/feb/18/defensive-architecture-keeps-poverty-undeen-and-makes-us-more-hostile 2 protuberanze metalliche solitamente installate su superfici pre-esistenti per impedire l’uso dello skateboard 3 Gustav Eden, coordinatore dello skateboarding per la città di Malmö, durante la sua conferenza allo Skeittiseminaari in Helsinki.

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“Sembra ragionevole che ci venga offerto un cortese avviso, piuttosto che il freddo deterrente della security e dei muretti coperti da monotone placche di metallo.Tutti noi reagiamo meglio alla cortese guardia di sicurezza piuttosto che a quella delirante.”1

il confronto con le forze dell’ordine è un momento critico che va affrontato in maniera cortese

1

https://kingpinmag.com/features/snail-skate-stoppers-hungarys-new-style-defensive-architecture.html

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2.5 lo skateboarding come mezzo

di attivazione di spazi pubblici

Riconosciuto il profondo interesse degli skaters verso il tessuto urbano ritengo sia ora essenziale mettere in luce il potenziale di una buona politica nei confronti di un fenomeno sociale come lo skateboarding. Lo skateboarding, come si è accennato nei capitoli precedenti, è molto più di una semplice attività motoria, poiché intorno ad essa si è sviluppata una ricca subcultura connessa a molteplici ambiti. Dal mondo dell’illustrazione e dell’arte delle grafiche delle tavole, dalla fotografia, al cinema ed alla musica, necessari per la creazione di contenuti multimediali, fino al design ed alla architettura, lo skateboarding da sempre funziona nei ragazzi come propellente verso una lunga serie di interessi che molto spesso si trasformano in passioni se non addirittura in lavori veri e propri. 1 La lista di artisti, registi, architetti e fotografi di successo nati grazie alla spinta dello skateboarding è lunga. Primo fra tutti probabilmente, il regista vincitore di un premio Oscar, Spike Jonze, il quale iniziò la sua carriera negli anni ’80 filmando e dirigendo video di skate storici come Blind “Video Days”. copertina di Blind “Video Days”, prima produzione di Spike Jonze

Spike Jonze sul set del film “Her” con cui poi vincerà l’Oscar per la migliore sceneggiatura.

1

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Fabio Pintarelli “Stupidi giocattoli di legno” p7

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“Penso che lo skateboarding mi abbia scosso, mi abbia attivato. É il motivo per cui sono qua.”1

Come Spike Jonze, anche Harmony Korine (sceneggiatore), Fred Mortagne (fotografo), Ed Templeton (illustratore), Chad Muska (artista), Ty Evans (videomaker), Janne Saario (architetto), John Magnusson (costruttore) e molti altri, grazie allo skateboarding hanno conosciuto e son entrati in contatto con le passioni nelle quali ora eccellono a livello internazionale. Lo skateboarding è quindi un fenomeno sociale complesso dalle grandi potenzialità, una attività fisica con una componente mentale unica. Per molti è una maniera di evadere dalla routine quotidiana e la fuga degli skater non è solo fisica ma anche e soprattutto mentale. In essa si integrano concreto e astratto, oggetto e performance.2

“Lo skateboarding fornisce a milioni di persone un’identità collettiva.”3

per questi motivi negli ultimi anni molte città hanno iniziato a sfruttare lo skateboarding come elemento di attivazione sociale negli interventi di riqualificazione urbanistica. I primi sono stati i londinesi di “The Side Effects Of Urethane” che nei primi anni 2000 iniziarono un movimento di skateable architecture, realizzando installazioni temporanee chiamate Moving Units, destinate ad attivare degli spazi pubblici ed a presentare lo skateboarding alle masse non come sport, ma come forma d’arte. 1 Spike Jonze intervistato per il documentario di Viceland “Epicly Later’d” sulla sua storia. 2 Ian Borden “Skateboarding and the city” pp33 3 Interview: Skatepark Design With Daniel Yabar - https://kingpinmag.com/features/interview-skatepark-design-daniel-yabar.html#rQMPYDJhd7tSsaXr.97

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Moving Units installate in spazi pubblici di Londra

Negli anni successivi alle prime Moving Units, il movimento di skateable architecture, specialmente nei paesi nordici, si è sviluppato ampiamente e si è differenziato in tre modalità di intervento: skate plaza, skate spot e skaetable design. Per skate plaza si intende un luogo multifunzionale tuttavia progettato con lo skateboarding come elemento primario ordinatore. Questa modalità di intervento è lo step intermedio tra lo skatepark tradizionale, regolamentato come spazio unicamente adibito ad attività sportive, e lo skate spot, il quale invece si presenta come un componente dell’arredo urbano progettato apposta per essere sia utilizzato come arredo (per esempio come panchina o fontana) sia per essere utile alla pratica dello skateboarding. Infine quando si parla di skaetable design si intende un certo tipo di intervento sullo spazio pubblico nel quale, in fase progettuale, si tiene conto dell’eventualità che quel posto possa essere frequentato ed utilizzato da chi fa skateboard e di conseguenza lo si progetta assecondando alcuni criteri riguardanti i materiali, le forme e la disposizione degli oggetti.

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Tempelhofer Feld, skateplaza costruita a Berlino

skate spot innestato su piazza Pelgulinna Kolde a Tallin

skateable design nella Landhausplatz a Innsbruck

I principi alla base di queste differenti modalità di intervento sono i medesimi. La problematica affrontata è quella per cui nelle nostre città ci sono sempre più spazi pubblici che vengono privatizzati da grosse aziende e sempre meno luoghi pubblici liberi dalle finalità del consumismo. Parallelamente a questa situazione ci sono molti vuoti nel tessuto urbano, spazinon-luoghi privati di una passata funzione che lasciano così lo spazio pubblico al degrado ed ai vari problemi di gestione che ne derivano. alle città invece interessa molto che tutte le parti del suolo urbano siano frequentate e che i cittadini interagiscano con i luoghi. Lo skateboarding fa proprio questo, si insedia negli spazi vuoti delle città dove trova maggiore libertà di azione. Per questo motivo modalità di intervento come quelle appena citate possono essere una soluzione a questo tipo di problematiche, poiché mirano alla creazione di luoghi multifunzionali dove si creano nuove interazioni tra i cittadini e si donano nuove identità a luoghi che l’avevano perduta.1 1

Fabio Pintarelli “Stupidi giocattoli di legno” pp 35-75

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Lo skateboarding è una forma di interazione molto aperta e completa che unisce le più diverse fasce della popolazione e che si distingue dagli altri sport in quanto l’aspetto competitivo è del tutto secondario e le relazioni sono per lo più incentrate sulla condivisione di situazioni ed emozioni comuni. “Per me, uno skateboard è come un passaporto. Puoi andare ovunque ed incontrare altre persone. Ti mostreranno la loro città e vedrai luoghi, spazi ,ambienti e culture diverse.” 1 Un’altro aspetto fondamentale della cultura dello skateboarding è l’incessante ricerca di nuovi luoghi, nuove strutture e nuove modalità di azione. Questa ricerca porta gli skaters ad essere una delle fasce della popolazione che viaggia di più, infatti città come Barcellona, Copenhagen e Malmö, famose in tutto il mondo per la loro architettura ed i loro skatepark, vengono visitate ogni anno da decine di migliaia di skaters. “Gli skateboarder per loro natura sono esploratori, vogliono uscire, viaggiare, filmare, essere creativi in un ambiente nuovo e tutto ciò crea effettivamente turismo da skateboard.”2 Quindi coloro che sostengono che gli skaters non rappresentano nessun potenziale economico per una città, si sbagliano, poiché la loro visione si ferma a considerare solo un numero ristretto di utenti, mentre, attuando una buona politica nei confronti dello skateboarding e dell’urbanistica, questo numero può diventare incredibilmente rilevante. 3 “Se costruisci, loro verranno.”

4

1 Santiago Sasson intervista su http://www.placeskateboarding.de/santiago-sasson-jardin-prive/ 2 intervista al pro-skater ed architetto Rune Glifberg - https://kingpinmag.com/features/interviews/skatepark-design-rune-glifberg.html#T36bQeq0qqjKRlss.97 3 Gustav Eden, coordinatore dello skateboarding per la città di Malmö, durante la sua conferenza allo Skeittiseminaari in Helsinki. 4 intervista al pro-skater ed architetto Rune Glifberg - https://kingpinmag.com/features/interviews/skatepark-design-rune-glifberg.html#T36bQeq0qqjKRlss.97

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Sicuramente è molto importante definire bene la tipologia di intervento, diverse situazioni necessitano diverse soluzioni ed il modello di gestione è di centrale importanza poichè un concept pulito è ciò che genera l’identità del luogo.1 inoltre quando si lavora sullo spazio pubblico, con il fine di creare un luogo multifunzionale, è imperativo conoscere le modalità interne a tutti i fenomeni sociali che dovranno convivere in quel luogo. Tralasciando questo passaggio si creano delle situazioni di errata progettazione che possono rendere l’intervento un completo fallimento. Quindi quando si intende realizzare una skateplaza o uno skate spot vanno considerati i percorsi di spostamento degli skaters, dei pedoni e dell’eventuale viabilità di altri mezzi quali bici e automobili e bisogna fare il possibile affinchè non si creino problemi o rischi a vicenda. Questo per quanto riguarda la funzione, ma anche la forma, quindi l’aspetto finale dell’intervento, non va tralasciato. In quanto filmer e fotografo di skateboard so bene che uno degli aspetti centrali nella cultura dello skateboarding, è da sempre la produzione di materiale foto e video che mostri il progresso degli skaters ed i cambiamenti nell’estetica della rappresentazione. Quindi quando un luogo ha un bel design ed una configurazione non simile ad uno skatepark, ma piuttosto simile ad uno spazio urbano, guadagna un valore aggiunto e si prospetta esssere una buona scenografia per le future produzioni multimediali sia della scena skateboard locale sia di tutte quelle straniere che giungeranno per usufruirne. Progettando spazi pubblici multifunzionali bisogna fare il possibile per creare dei luoghi che non riconducano ad un unico utilizzo ma che ne incoraggino diversi . “Molti skate park sono diventati luoghi marginali perché il loro uso percepito è stato severamente limitato. La città è viva quando la norma e gli utilizzi sono giustapposti.”2 Lo skateboarding negli anni ha risollevato molti luoghi con gravi problemi di degrado e criminalità: Love Park a Philadelphia, Southbank a Londra, il Burnside DIY a Portland e Värnhemstorget a Malmö sono senza dubbio quattro ottimi esempi di questo fenomeno verificatosi in maniere diverse. 1 Skatepark Design con Daniel Yabar - https://kingpinmag.com/features/interview-skatepark-design-daniel-yabar.html#rQMPYDJhd7tSsaXr.97 2 Skatepark Design con Daniel Yabar - https://kingpinmag.com/features/interview-skatepark-design-daniel-yabar.html#rQMPYDJhd7tSsaXr.97

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Love Park (ufficialmente JFK Plaza) è una piazza situata nel centro della città di Philadelphia, soprannominata Love Park da una scultura di Robert Indiana posta al centro della piazza. Costruito nel 1965, è stato progettato da Edmund Bacon e Vincent G. Kling per un grosso intervento di urbanistica sull’incrocio dei due principali corsi che attraversano la città. Caratterizzato da un’ottima pavimentazione in marmo ed una configurazione che presenta una moltitudine di muretti, gradinate e dislivelli, fin dagli anni 90’ è stato di centrale importanza per la scena skateboard mondiale.

vista del parco dall’alto (2010) Josh Kalis, uno degli skater più influenti della scena di Love park, fotografato da Mike Blabac.

In quegli anni tuttavia il parco si presentava in condizioni sociali particolarmente critiche, frequentato per lo più da tossicodipendenti e dalla piccola criminalità, era divenuto un buco nero nel centro della città, uno spazio che gli abitanti temevano di attraversare. Ma con gli skaters che pian piano lo colonizzarono, il parco tornò ad essere uno spazio sicuro per tutti.

“Gli skaters fecero sembrare il posto di nuovo sicuro .“1

1

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Ocean Howell, ex pro-skater ed ora professore di storia dell’architettura all’università dell’Oregon.

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“Se il parco è sicuro per un ragazzino di quattordici anni che fa skate, lo è anche per il business man di trenta, per la famigliola in vacanza, per l’anziano che passeggia e così via.”1 La storia di Love park è finita però nel 2016, quando è iniziato un enorme intervento di ricostruzione dell’area per cui l’intero parco è stato demolito.

Sabotage 5 video (2016) 2

gli skaters, non hanno smesso di skaetare Love Park fino a quando non è rimasto che polvere

La storia del Southbank Undercroft a Londra si è sviluppata in maniera molto simile a quella di Love Park. Progettato negli anni 60’ da un collettivo di avanguardia architettonica chiamato Archigram, naque proprio come un luogo aperto, studiato per essere ambiguo, senza scopi predeterminati, e permettere il libero uttilizzo dello spazio da qualsiasi attività vi si fosse insediata. Il luogo, in parte coperto, caratterizzato da piani inlinati, scale e muretti di varie dimensioni è a dir poco perfetto per la pratica dello skateboarding e infatti quest’ultimo arrivò inizialmente in Europa proprio qui nel 1977 e, da allora, questo luogo è stato il fulcro della scena skateboard britannica ed europea. Nel 2003 il sito fu anch’esso sottoposto ad un’opera di ricostruzione che portò due terzi dell’area utilizzata dagli skaters alla demolizione. 1 2

Ricky Oyola, storico skater di Philadelphia, grandissimo innovatore dello street skating. foto di Jonathan Rentschler - https://paradigmpublishing.co/products/love

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prima apparizione dello skate nel 1977

skater durante la demolizione del 2003

Lo skateboarding tuttavia è sopravvissuto e ha continuato a vivere nella zona rimasta indenne, fino al 2013 quando un secondo piano di riqualifica del sito proponeva la distruzione definitiva dell’area per la realizzazione di un centro commenciale. A contrastare ciò nacque subito un’organizzazione chiamata Long Live South Bank che radunava skaters storici della scena Londinese, giovani promesse cresciute skaetando a Southbank e un grandissimo numero di sostenitori da tutto il mondo.1 Tutti insieme, grazie ad un croudfunding e a due anni di riunioni con le istituzioni della città, sono riusciti a salvare il sito dalla distruzione riuscendo a far riconoscere la grandissima importanza storica ed il valore sociale di quel luogo per la comunità dello skateboarding mondiale. “C’è una grande eredità lì, un enorme valore per la comunità e, soprattutto, un enorme potenziale per il futuro.”2 Infine, grazie all’ottimo lavoro fatto dal movimento LLSB, la relazione nata come un’opposizione tra gli skaters e le istituzioni si è trasformata in una associazione partecipata tra le due parti, per la realizzazione, attualmente in corso, di un intervento di ricostruzione dell’intero sito originario. 1 http://www.llsb.com/ 2 Louis Woodhead di LLSB - https://kingpinmag.com/features/interviews/llsb-restoration-southbank-undercroft.html#xEImf1LQ2DiX3I5F.97

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manifestazione di LLSB (2014)

Come spiega Oli Mould, docente di geografia umana presso la Royal Holloway, Università di Londra, molti dei più celebri skate spot in tutto il mondo - Embarcadero e Hubba Hideout a San Francisco, i Brooklyn Banks a New York - sono stati persi in vari tipi di riqualificazione. La distruzione di spot storici una volta che un’area diventa economicamente sostenibile non è una novità. Ciò che è sinistro, secondo Mould, è che questa dinamica possa ora essere incorporata nel processo della pianificazione urbana stessa. Questi primi due esempi di Love Park e Southbank rappresentano il caso di luoghi presistenti che vengono scoperti, colonizzati e riqualificati dallo skateboarding, tuttavia lo stesso processo di riqualifica si può verificare a partire dalla costruizione di un luogo nuovo in uno spazio privo di un’identità propria. Esempi ecclatanti di questo processo sono il Burnside DIY skatepark a Portland e l’intervento su piazza Värnhemstorget a Malmö. La cultura del DIY (Do It Yourself ) è da sempre una componente importantissima nello skateboarding, poichè davanti alla realizzazione di strutture pessime da parte dei non-addetti ai lavori e a fronte della difficoltà nel dialogare con le istituzioni, l’atto di costruirsi le strutture che si desiderano per conto proprio è una via sicuramente più breve.

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“Prendi uno spazio inutile e crei qualcosa di utile, affinché le persone possano fare skate e divertirsi. Non stiamo vandalizzando la città, stiamo contribuendo ad essa in maniera positiva. Questo approccio può essere definito una scultura sociale.”1

Il park di Burnside a Portland è attualmente uno degli skatepark DIY più belli e più estesi al mondo. La sua costruzione è iniziata all’inizio degli anni 90’ sotto un viadotto autostradale in una zona particolarmente malfamata della maggiore città dello stato dell’Oregon, Portland. Nato come intervento illegale, privo di qualsiasi autorizzazione, si è sviluppato autonomamente negli anni tramite raccolte fondi degli skaters che lo costruivano. Nel tempo ha contribuito a migliorare la vivibilità dell’area e dopo alcuni anni l’ intervento è stato riconosciuto dalla città come un progetto civico di riqualificazione e la gestione ufficializzata è stata affidata ai suoi creatori.

il Burnside DIY skatepark ai giorni nostri

1 Pontus Alv, pro skater svedese e fondatore del marchio Polar nella sua intervista sul movimento diy https://kingpinmag.com/features/pontus-alvs-diy-interview-from-issue-98.html#6oH5o44X2zgu0QJP.97

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Caso simile a quello di Portland è l’intervento operato dalla città di Malmö sulla piazza Värnhemstorget. Questa piazza, in seguito ad alcuni cambiamenti nella viabilità della città, è improvvisamente stata tagliata fuori dai percosi ordinari della popolazione e, spopolandosi, è diventata luogo di ritrovo di alcolisti e tossicodipendenti. Per far fronte a questo problema il comune, in collaborazione con l’associazione locale SkateMalmö, ha progettato delle strutture di arredo skaetabili da installare sullo spazio della piazza. Il risultato è stato quello di una vera e propria riattivazione dell’ambiente con ragazzi e ragazze di tutte le età che son tornati a vivere quel luogo grazie alla spinta dell’interesse degli skaters, che per primi sono andati ad usufruire della nuova architettura.

Värnhemstorget durante un evento organizzato da SkateMalmö

“É proprio in questi atti di risemantizzazione degli spazi della vita quotidiana che risiede il valore sociale, antropologico e politico dello skateboarding.”1

1

Flavio Pintarelli in “Stupidi giocattoli di legno” pp76

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capitolo 3

fase progettuale

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3.1 lo spazio costruito diverse tipologie di strutture l’evoluzione delle strutture da skateboard Prima di iniziare a descrivere le diverse tipologie di strutture nei particolari ritengo sia importante intraprendere un breve discorso sulle origini delle stesse. Ciò che è fondamentale notare quando si tratta di questo argomento è di come le strutture da skateboard si siano evolute durante la sua storia. Lo skate, come descritto nel breve capitolo sulla sua storia (2.2), nasce nelle strade e sfrutta gli elementi di arredo, i dislivelli, i piani inclinati e le più diverse strutture cittadine come campo da gioco. Con la rapida diffusione del fenomeno e la nascita di un fiorente business attorno ad esso, sia per motivi di sicurezza, sia per facilitare l’apprendimento delle manovre, dalla seconda metà degli anni 70’ si iniziarono a costruire delle strutture apposta per questa attività, le quali simulavano quegli spazi urbani sui quali si stava evolvendo.

fullpipe

1

1

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foto di Fernando e Grant Brittain

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loop

vert halfpipe

mini ramp 1

Partendo dai fullpipe dei canali di scolo si svilupparono in varie fasi le vert ramp, i loop, le mini ramp e tutte le strutture a sezione curva che presentano due lati paralleli tra loro. 1

foto di Bruce Hazelton e Grant Brittain

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backyard pool

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pool e bowl

Dalle backyard pool dei cortili privati della California nacquero le pool e le bowl che ora troviamo negli skatepark di tutto il mondo. Che siano quelle con il poolcoping, quelle con il tubo in ferro o quelle lo spigolo a cemento vivo, tutte provengono dalle piscine private che per prime furono insediate dalla foga degli skaters, i quali ripresero le forme e le tecniche costruttive per la realizzazione dei propri spazi.

1

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foto di Grant Brittain, Jim Goodrich e Rob Collins con Tony Hawk, Tony Alva e Small Paul

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ditch 1

bank e hip

Dai piani inclinati delle ditch (canali) presenti negli aridi sobborghi della costa californiana si svilupparono tutte le tipologie di bank e hip, ora strutture fondamentali per qualsiasi skatepark sia street sia transition. 1

foto di Grant Brittain

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strutture urbane

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DC skate plaza di Kettering, Ohio

skate agorà diBarcellona

Bryggeriet indoor park di Malmö

Infine, dalle infinite combinazioni di componenti dell’arredo urbano, quali panchine, ringhiere, muretti, scalinate, piani inclinati e così via prendono ispirazione tutti gli skatepark street e skate plaza, il cui fine è quello simulare al meglio le strutture urbane.

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caso studio 1 : strutture urbane naturali Occupandomi, con il mio progetto, di un intervento di urbanistica trovo sia naturale iniziare i casi studio concentrandomi sugli ambienti e gli spazi urbani naturali dove meglio lo skateboarding si è insediato. Nel capitolo precedente si è parlato della storia di Love Park e di Southbank che sicuramente sono due degli spazi urbani che più hanno rappresentato il processo di insediamento, utilizzo e riqualifica da parte degli skaters di un luogo pubblico. La caratteristica base delle piazze elencate è generalmente quella di avere una molteplicità di elementi quali muretti, scalinate, panchine e ringhiere concentrati in uno spazio unitario, il che rende l’utilizzo delle diverse strutture tramite il mezzo dello skateboard ideale. Dal punto di vista sociale, luoghi come questi, hanno fatto sì che si creasse una vera e propria comunità attorno ad essi, una scena che con il passare degli anni è cresciuta, si è evoluta e ha tramandato il suo operato per mezzo di produzioni video e reportage fotografici.

Embarcadero, San Francisco

Macba, Barcelona

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HDV, Place Louis Pradel, Lyon

Kulturforum, Berlin

Le Dome, Paris

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Stalin Plaza, Prague

Brooklyn Banks, New York City

Lloyd, Bristol

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Monumento Emanuele Filiberto, Piazza Castello, Torino

MC, Piazza Duca d’Aosta, Milano

Pier 7, San Francisco

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Jkwon, Radio Korea, Los Angeles

Paral lel, Barcelona

Vale Anhangabau, San Paolo

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Martin Place, Melbourne

Placa de las Cortes, Madrid

Questi sedici esempi riportati son chiaramente solo una parte di quello che è il panorama mondiale dello skateboarding. A fianco della figura della piazza pubblica come spazio risemantizzato dagli skaters, ci sono ovunque un infinità di arredi e architetture urbane singole che vengo utilizzate per la pratica dello skateboarding che vengono identificati con il termine “spot”. Alcuni di essi negli anni hanno ottenuto un riconoscimento mondiale e sono stati inseriti nella mappa di tutti i posti più famosi per lo skateboarding. Città come Barcellona, Copenhagen, Berlino, Parigi e Milano, dalle caratteristiche della loro architettura urbana, particolarmente adatta allo skating, hanno guadagnato un introito costante di skaters turisti da tutto il mondo, che vi giungono proprio per poter usufruire dei loro spazi. Skateboarding e Urbanistica

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caso studio 2 : skatepark Gli skatepark da sempre sono l’espressione della struttura da skate ideale, per lo meno quelli progettati e realizzati appropriatamente. Si possono distinguere principalmente in due macro categorie: street skatepark e transition skatepark. Il primo, come già accennato, cerca di simulare l’ambiente e gli ostacoli urbani, quindi gradinate, ringhiere muretti e piani inclinati di varie pendenze e dimensioni. Il secondo invece riunisce le varie tipologie di rampe a sezione curva in un agglomerato complesso nel quale si sviluppano diversi percorsi possibili. Alcuni skatepark vengono realizzati dalle associazioni di skateboard in collaborazione con le istituzioni, altri come il Burnside DIY sono frutto dell’impegno diretto dei soli skaters e della loro innata voglia di costruire strutture nuove. In ogni caso, che siano autoprodotti o costruiti da imprese specializzate, rimane il fatto che il così gran numero di comunità di skaters in tutto il mondo, abbia permesso lo svilupparsi di una quantità di innumerevoli stili diversi e abbia portato a una continua evoluzione e ricerca nella forma degli skatepark. Il desiderio dello skater di cambiare ed evolvere le proprie tecniche, la necessità di migliorarsi su nuovi ostacoli, e la continua ricerca di nuove forme e nuove idee permette proprio questa evoluzione nelle forme degli skatepark, creando delle architetture di grande valore non più considerate come semplici impianti sportivi ma come vere e proprie opere che fondono l’arte e la tecnica sportiva. Diventano dei laboratori creativi dove gli skaters sono gli artisti e le tele su cui dipingere sono gli skatepark.

Vans skatepark costruito da California Skateparks, Huntinton Beach

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Linda Vista skatepark costruito da California skateparks

FDR diy skatepark, Philadelphia

San Jose skatepark / California Skateparks

Combi Pool / California Skateparks, Orange, California

Stapel skatepark costruito da Bryggeriet, Malmรถ

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The Berrics costruito da California Skateparks, Los Angeles

Bryggeriet indoor park di MalmÜ, sede dell’associazione e del ginnasio

Questi pochi esempi presentati sicuramente non possono rappresentare una casistica completa, tuttavia sono alcuni dei migliori esempi delle diverse tipologie di skatepark presenti in tutto il mondo. 94

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caso studio 3 : skate plaza In questo capitolo si vuole proporre un analisi delle nuove tipologie di skatepark e sono stati scelti degli esempi ritenuti più validi per cercare di spiegare le innovazioni e il futuro in questo campo. Si tratta il caso delle skate plaza o degli skate spot artificiali, ovvero tipologie di strutture che vengono costruite e si riescono a integrare con un contesto urbano pre esistente, che quindi non sono strutture a se stanti, che hanno un design efficiente e innovativo e che fungono da attrazione e fulcro di relazioni sociali. La proposta di questo capitolo è di mostrare come queste nuove tipologie di skatepark siano il futuro nella progettazione e costruzione dei parchi e, come vedremo, siano un modello nel campo della progettazione partecipata, nell’unione tra skaters e progettisti, per creare strutture sempre più efficienti. La posizione rilevante degli skatepark è un parametro molto importante, in particolar modo nelle grandi città, in quanto la costruzione di strutture deve avvenire in una zona della città pensata per accomodare le esigenze di tutta la comunità di praticanti in termini di raggiungimento e di infrastrutture presenti nell’area. Per questo la scelta di collocare queste strutture nel centro della città è vincente in quanto diventa punto di riferimento per la comunità e perchè permette di integrare le strutture con il contesto urbano, senza relegarle in un’area sportiva, e fa si che non si snaturi la vera essenza dello skateboarding, quale attività propriamente urbana. Infatti il creare delle strutture e degli “spot” nel centro di una città permette di diminuire il fenomeno dello street skating, e quindi dell’usura e della rovina degli arredi urbani usati dagli skaters, creando un compromesso tra essi e le autorità cittadine. La “pacificazione” tra skaters e autorità è importante in quanto permette la collaborazione e la partecipazione attiva nei progetti futuri. La progettazione partecipata è sicuramente il parametro più importante tra tutti, in quanto è l’essenza della buon riuscita del progetto. Molto spesso la non collaborazione e so prattutto la non supervisione dei lavori tra progettisti e skaters, porta a spiacevoli inconvenienti, quali la poca cura dei dettagli costruttivi, la disposizione errata delle strutture e nei casi più estremi, ma purtroppo spesso frequenti, l’impossibilità di usare una struttura o un’area del parco. La giusta progettazione e costruzione di uno skatepark, e quindi la sua resa, può sembrare un operazione semplice e di poco conto per progettisti e costruttori, ma questi impianti sportivi, a differenza di altri sport come il calcio,il basket ecc. che hanno delle tipologie standard per gli impianti e che devono venir rispettate, non hanno delle vere e proprie regolamentazioni da

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seguire, è più che altro una combinazione di più elementi, di più strutture in armonia tra loro. Ma quest’armonia può essere percepita e sfruttata solamente dall’utente dell’impianto, lo skater. Per questo è importante che gli skaters, come singoli o come associazione diventino parte attiva nel lavoro di progettazione e della costruzione. Le forme degli skatepark, la loro composizione e manifattura, nonostante quello che è stato appena detto, è stata standardizzata negli anni dalle imprese specializzate in costruzione di impianti prefabbricati senza coinvolgere gli skaters. Questo ha fatto si che si siano formate delle tipologie molto simili di skatepark in tutto il mondo creando così delle forme standard, poco innovative e sempre ripetute. Per questo il design innovativo di uno skate spot, skatepark o skate plaza, è un dato importantissimo. Per questo si sono presi in esame le casistiche in cui le forme e la costruzione fossero inusuali, innovative e pensate per adattarsi ad un contesto urbano cittadino, in spazi della collettività. Una buona progettazione permette di creare sempre forme nuove, sempre più combinazioni di elementi che rendano il parco unico nel suo genere e, cosa molto importante, permettono che le strutture si integrino con l’ambiente costruito circostante. Molto spesso è più innovativo un piccolo skatepark con strutture più minute ma meglio studiate, progettate e costruite, piuttosto che una grande struttura con molti più ostacoli obsoleti e sempre ripetuti. Micropolis skate plaza, Helsinki

Micropolis è una skate plaza pubblica in Helsinki. È situata nel centro delle città, all’interno del parco che comprende molti altri impianti sportivi. Ultimata nel 2006, è stato progettata dallo skater professionista, nonché architetto, Janne Saario. Attivo già nel campo della progettazione e nelle arti, per la progettazione di Micropolis, l’architetto/skater ha seguito i precetti della tradizione architettonica finnica. 96

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Il punto di partenza nel design è stato quello di creare un collage tra le forme di un giardino e quelle adatte allo skateboarding. Micropolis è composta dalle forme tipiche di uno street spot, dalle forme di un giardino e da una piscina adatta allo skateboard. Lo scopo è quello di preservare tutti gli alberi del parco. Una rete di aree verdi, connesse da dei veri e propri corridoi di prato, corrono all’interno della plaza. Grazie alle piccole differenze di altezza e alle geometrie della plaza, la sua forma si adatta perfettamente con il parco circostante. Anche la scelta dei materiali aiuta questa fusione. Per le superfici pavimentate sono state realizzate usando mattoni di cemento non smussati di color rosso e color marrone. La pavimentazione inoltre drena l’acqua perfettamente e si asciuga in pochissimo tempo dopo le piogge, i muretti in granito completano perfettamente le superfici pavimentate. I materiali, soprattuto le pietre di granito usate per i muretti in tutto il park, arrivano direttamente dalle cave vicino alla città e unicamente dalla Finlandia. Si forma così un arcipelago di isole costriute intorno al verde, che preservano l’intorno e permettono una moltitudine di soluzioni per gli skaters, che possono creare le loro linee tra una zona e l’altra in perfetta armonia con la natura. Le finalità di questa skate plaza sono molto importanti, quelle di creare uno spazio pubblico architettonicamente piacevole e che si fonda con la natura, un’area verde accessibile e usufruibile da tutti gli utenti, e che diventi il parco perfetto per lo skateboard. 1

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Micropolis, www.jannesaario.com/Micropolis

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Pietrasanta skate plaza

La skate plaza di Pietrasanta nasce nel 2012 con un budget per la realizzazione di soli 50.000 euro. I progettisti, con a capo Marco Morigi, già curatore di molte skate plaza in Italia, in collaborazione con gli skater locali riuscirono a realizzare un’ ottima struttura a basso costo e contemporaneamente a valorizzare una risorsa tipica del territorio: il marmo bianco di Carrara estratto dalle vicinissime Alpi Apuane e tradizionalmente lavorato in zona. Scelsero di reperire presso aziende locali, scarti provenienti da altre lavorazioni del marmo, selezionarono le forme piÚ skate-friendly e progettarono la skate plaza in funzione dei moduli di marmo a disposizione. Nacquero cosÏ i quarter, i muretti ed i bank in marmo, posati o annegati nei 500 mq di cemento quarzato del basamento, il quale, da solo, copriva quasi interamente il budget a disposizione.

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foto a destra di Federico Romanello

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Valdo Fusi skate plaza, Torino

La skate plaza di Torino, situata in piazzale Valdofusi, è uno dei pochi esempi della creazione di una skate plaza all’interno di una piazza preesistente incorporando e aggiungendo strutture, mantenendo tuttavia invariato il design dell’area. Infatti il Comune di Torino in collaborazione con l’AST, l’Assocazione Skateboarding Torino, ha sviluppato e costruito nel 2012, un progetto che non cambia la forma della piazza, non modifica l’assetto, ma promuove un nuovo utilizzo dell’area, popolandola così di giovani skaters. Le problematiche del piazzale, oltre al design molto criticato dai cittadini torinesi, erano quelle dello scarso utilizzo della area dai cittadini, se non come luogo di interscambio tra l’intorno e il parcheggio delle automobili sotterraneo al piazzale. Con la costruzione delle strutture il piazzale si è ripopolato sia con gli skaters, e sia con i cittadini stessi che hanno cambiato la percezione dello spazio vedendolo come un luogo di relazione e di incontro.

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LogroĂąo skate plaza di Daniel Yabar

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http://www.danielyabar.com/en/proyectos/logro-ntilde-o-streetplaza/39

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Lemvig skate plaza di Glifberg - Lykke

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1 https://www.glifberglykke.com/built-it-lemvig-2013

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Kap 686 skate plaza, Cologne

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https://www.archdaily.com/165327/kap-686-skate-park-metrobox-architekten

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Tempelhof skate plaza, Berlin

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http://quartersnacks.com/2013/08/skate-spot-porn-tempelhof-skate-plaza-in-berlin/

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caso studio 4 : skate spot Dopo aver analizzato alcune skate plaza, quindi agglomerati complessi di diversi elementi disposti in uno spazio unitario, ora ci concentreremo sugli skate spot che invece sono arredi singoli che possono essere collocati in uno spazio preesistente con il fine di riattivarlo o arricchirlo di una nuova funzione. Come accennato già nel capitolo 2.5, il primo intervento di skateable architecture, sotto forma di skate spot, è stato quello dei londinesi di The Side Effects of Urethane, che nei primi anni 2000 progettarono ed inserirono delle panche in cemento di varie forme in spazi pubblici di Londra. Sulla scia di quei primi interventi, negli anni successivi ne sono seguiti molti altri, alcuni solo temporanei e altri permanenti, ma in ogni caso la modalità è sempre stata quella di inserire in uno spazio preesistente degli elementi funzionali sia come arredo urbano, sia come struttura da skate, con il fine di riattivarlo. Pelgulinna Kolde Avenue Square, Tallin

SkateMalmö corten banks, sculture itineranti, Malmö

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Israels Plads, Copenhagen

Concrete Waves, Copenhagen

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Volcom skate spot, Place de la Republique, Paris

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Monumento DC , Parco Dora, Torino

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RaphaĂŤl Zarka, Paving Space, mostra itinerante

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foto di Davide Biondani

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caso studio 5 : diy spot Un’altra tipologia di intervento che vale la pena analizzare è quella degli spot diy, interventi prevalente illegali, frutto della voglia degli skater di costruire strutture da skaetare. Come illustrato nel capitolo 2.5 con il caso del Burnside diy di Portland, questi interventi, assimilabili alle opere di guerrilla art, trovano luogo in quelle zone della cittĂ dimenticate da tutti, dove si ha maggiore libertĂ di azione e minore interesse da parte delle istituzioni.

jersey raccordato con il cemento, Carrara

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Molto spesso queste azioni, prolungate nel tempo, portano ad un graduale miglioramento nella vivibilità della zona in quanto si dimostrano essere un intervento civico di riqualificazione. In questi momenti di forte presa di posizione da parte degli skater nei confronti dell’architettura urbana possiamo vedere il potenziale sociale e politico dello skateboarding.

diy quarterpipe in un complesso industriale abbandonato, Torino

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Spotter DIY, Barcelona

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http://www.confuzine.com/2017/03/13/spotter-diy-barcelona-spain/

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TBS, Train Banks Spot, Malmö

pubblicità Polar skate co. su Thrasher magazine gennaio 2018

La storia del TBS spot di Malmö è un altro ottimo caso di riqualifica attuato illegalmente dagli skaters e successivamente riconosciuto dalle istituzioni. É stato costruito e continua ad essere ampliato ogni anno, lungo una pista ciclabile nella periferia di Malmö dagli skater locali, molto attivi nel movimento diy e conosciuti in tutto il mondo. Lo spot ha presto ottenuto grande fama grazie a video di successo e copertura mediatica su tutti i più importanti canali del settore ed è così diventato meta di turismo di skaters da tutto il mondo. Il comune di Malmö ha così riconosciuto il valore e potenziale di questo intervento ed ha modificato la viabilità ciclabile affinchè potesse essere conservato. Skateboarding e Urbanistica

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Underbridge DIY, Copenhagen

Ottone bowl, Lodi

Un buon esempio italiano di accordo tra gli skaters e le istituzioni per la realizzazione di strutture diy, è quello della città di Lodi e la sua Ottone bowl. Gli skater locali infatti, tramite la loro associazione, hanno ottenuto il permesso dal comune per costruire le strutture nel parco al centro della cittadina, hanno coperto loro i costi di costruzione, grazie al supporto di vari sponsor e si son occupati in prima persona della realizzazione .

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” Il miglior skatepark che una città può dare ai propri skaters è un area libera, senza niente sopra, che viene creata, progettata e costruita dagli skaters stessi.”1

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Nels Gravstad, “Bowl Builders Busted”, Thrasher, vol.12 no. 17 ( July 1992), pp. 22

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caso studio 6 : skateable design Ultima tipologia di intervento da trattare è quella degli skateable design, ossia quegli interventi di progettazione di uno spazio pubblico, nei quali, in fase di progettazione, si tiene conto dell’eventuale futuro utilizzo del luogo da parte degli skaters e si lo progetta assecondando alcuni criteri riguardanti forma, materiali e disposizione degli elementi. Landhausplatz, Innsbruck

L’esempio della Landhausplatz di Innsbruck è insolito ma allo stesso tempo di grande innovazione per lo skateboard. La Landhausplatz in Innsbruck si trova nel centro della città, è stata completata nel 2011, progettata e promossa da LAAC Arhitekten, Stefel Kramel Architecture e con la collaborazione di Christopher Gruner. Obiettivo è quello di creare un spazio pubblico che sappia valorizzare i monumenti storici presenti in questo spazio e che prima di questa opera di riqualificazione non erano percepiti con la dovuta importanza dall’intera cittadinanza. Allo stesso tempo, oltre a questa operazione finalizzata a rinnovare le simbologie urbane, scopo è anche quello di creare un’area idonea ad attrarre i praticanti di differenti discipline urbane, generando così un nuovo spazio di raccoglimento sociale in un’area che prima, a quanto pare, appariva marginale e poca considerata. 114

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La piazza dunque non è un vero e proprio skatepark, ma è più un luogo pubblico fruibile a tutti nel quale i progettisti hanno sicuramente dato un’occhio di riguardo all’utilizzo dello skateboard. Le sue forme sinuose e morbide, l’assenza di muretti e passamani e altre strutture proprie di uno skatepark, attirano certamente un pubblico legato agli sport urbani, ma non rendono l’area un esclusiva degli skaters. Si forma così una commistione di utenze all’interno della piazza, dallo skater, al bambino alla persona anziana, il disegno della piazza permette la compresenza e l’utilizzo dell’area da parte di tutti, senza intralci e intersezioni. È un progetto ambizioso che permette l’utilizzo dello skateboard in un luogo pubblico altrimenti non possibile e fa si che si crei una sorta di auto regolazione tra gli skaters e gli altri fruitori della piazza affinché vi sia il rispetto del luogo e delle persone. È un importantissimo esempio di come i progettisti e la città stessa hanno sviluppato un luogo pubblico in centro a una città, mettendo in primo piano lo skateboarding e l’utilizzo di questo luogo da parte degli skaters.

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Landhausplatz Project, http://www.landezine.com/index.php/2011/09/innsbruck-landscape-architecture/

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Jarmers Plads, Copenhagen

White Banks Basketball Court, Copenhagen

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3.2 progetto skateable design oggetto Il mio progetto consiste in un intervento di riqualificazione di uno spazio pubblico della città di Torino di circa 14.000 metri quadri presente all’incrocio di Lungo Dora Firenze e Corso Giulio Cesare. L’intervento prevede il recupero della zona, pressochè abbandonata da ormai più di 20 anni, tramite la creazione di una piazza pubblica caratterizzata da un’area verde, una stuttura in legno e una pavimentazione in cemento. Su tutta l’area vengono integrati degli elementi di arredo multifunzionali in cemento e corten che prevedono l’utilizzo dello skateboard a fianco dei normali utilizzi come sedute o elementi scultorei. PARTE A - STUDIO DEL SITO 27/2/2018

ViaMichelin : Percorsi, Mappe, Ristoranti, Traffico e Alberghi

identificazione planimetrica

300 m

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© ©2006-2017 TomTom

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27/2/2018

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ViaMichelin : Percorsi, Mappe, Ristoranti, Traffico e Alberghi

© ©2006-2017 TomTom

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© ©2006-2017 TomTom piante della città ottenute tramite il sito viamichelin.it

Skateboarding e Urbanistica https://www.viamichelin.it/print/map?latitude=45.0760663&longitude=7.6994848&zoom=14&address&departure&arrival

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Viste 3D della zona dell’intervento nelle quali si può vedere in grandi linee lo stato attuale del terreno e degli edifici circostanti. La superficie è in parte ricoperta da un basamento in cemento in pessime condizioni ed in parte da una disomogenea ed incolta zona di verde. I potenziali accessi alla piazza sono su tre lati su quattro ma tutt’ora la zona è inaccessibile poichè cintata da una recinzione. Inoltre i lati che costeggiano Lungo Dora Firenze e Corso Giulio Cesare sono sopraelevati rispetto al livello della piazza la quale si raccorda alla strada per mezzo di due piani inclinati impercorribili. 1

snapshot ottenuti tramite la vista 3D di Google Maps

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documentazione fotografica del sito

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indagine storica Si tratta di un lotto occupato nell’Ottocento da un fabbricato industriale, poi riutilizzato a sede scolastica, successivamente abbattuto per problemi strutturali e attualmente occupato, nella parte nord lungo l’asse di corso Brescia, da una disordinata presenza di costruzioni, in gran parte fatiscenti e abbandonate, probabile residuo di un secondo insediamento industriale minore. L’utilizzo produttivo dell’area è storicamente legato alla presenza del canale Ceronda oggi totalmente interrato, che attraversa diagonalmente l’intero isolato. L’area é chiusa a nord da un alto muro di confine con un complesso residenziale realizzato nel 1912 dall’impresa Grassi, caratterizzato da un sistema planimetrico “a pettine” con il fronte continuo su strada e maniche interne perpendicolari che affacciano su cortili stretti e lunghi, paralleli a corso Giulio Cesare. Si tratta di tipologie all’epoca innovative per affrontare il tema della “casa operaia”a forte densità abitativa. Sul lato sud del lotto, all’angolo tra il Lungo Dora Firenze e la via Aosta, è sorto in tempi più recenti un condominio di sei piani, con pianta a croce, totalmente avulso dal contesto degli edifici circostanti. Sotto l’aspetto morfologico va rilevato il forte dislivello tra la quota media del lotto e il piano stradale del corso Giulio Cesare; il corso risulta “sopraelevato” di circa 5 mt. rispetto al piano medio dell’area che si presenta invece sostanzialmente in linea con la quota stradale della opposta via Aosta; l’area risulta di conseguenza delimitata, lungo i due lati sud e ovest, da una “scarpata” via via degradante sul fronte del Lungo Dora Firenze, fino a scomparire del tutto in prossimità dell’incrocio con la via Aosta. L’area è connotata da rilevanza urbana in quanto porta di accesso al centro aulico, lungo l’asse principale di ingresso da nord, il corso Giulio Cesare, ed è inoltre nodo di intersezione con importanti direttrici di traffico e si caratterizza per significative relazioni paesaggistiche grazie al suo affaccio sul fiume e alla sua ampia visibilità. Il ponte Mosca e le aree sono quindi un nodo importante di un ambito urbano più ampio che rappresenta una delle “barriere storiche” della città consolidatasi alla fine dell’Ottocento oltre la Dora e caratterizzata da un tessuto disomogeneo che alterna la tipologia residenziale a quella della fabbrica. Nei disegni ottocenteschi dell’espansione oltre la Dora, nelle iniziali prefigurazioni dei piani adottati, veniva posto accento particolare alle “porte urbane” in corrispondenza dei ponti.

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Si trattava della ripresa del tema urbano dell’espansione lungo assi viari con attestamenti nelle grandi piazze ai limiti del tessuto cittadino, con caratterizzazione aulica del luogo pubblico interpretato come incontro tra il consolidato e il nuovo (si pensi tra le altre, all’esedra verso il Po con la successiva espansione di P.zza Vittorio o all’esedra della Piazza della Repubblica). In particolare, in un progetto datato 1825, l’ing. Mosca indicava un primo sistema di piazze in prossimità del ponte, e altre “esedre” vennero riproposte nei piani successivi, sempre nel medesimo contesto urbano. L’area era occupata dalla fabbrica Gilardini, il cui complesso appare già nelle carte del Piano del 1878, un edificio compatto che conferiva all’isolato un’immagine di chiusura. Nel 1831, Giovanni Gilardini impiantò in corso Ponte Mosca un laboratorio di ombrelli. In seguito,l’azienda si estese alla produzione conciaria e nel 1847 si assicurò commesse per la fornitura di equipaggiamenti all’esercito. La crescita della produzione richiese un secondo stabilimento, che fu costruito 1876 in Lungo Dora Firenze all’angolo con Corso Giulio Cesare in luogo della “Conceria e manifattura di guanti e altri generi di pelliccia” dei Fratelli Fiorio. Verso la fine dell’800 la Giardini era uno dei maggiori opifici torinesi: occupava circa 850 operai, quasi un terzo della manodopera impiegata nel settore conciario. Alla crescita dell’azienda contribuirono sia la neonata industria automobilistica “fornitura di accessori in pelle” sia la guerra di Libia e dal 1915-18 “forniture all’esercito di stivaletti da montagna, scarpe da riposo, calzature alpine, gambaletti, cinghie per fucili, finimenti” tanto che il complesso industriale si estese in via Aosta dove una sezione era adibita alla fabbricazione di bombe.

foto storica della Manifattura Gilardini 1877 Skateboarding e Urbanistica

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L’azienda passò poi alla famiglia Loggione, ma non mutò il suo andamento: crisi nei periodi di pace, crescita nei periodi bellici “guerra di Etiopia e II guerra mondiale”. Nel 1955 la produzione cessò definitivamente. Parte della fabbrica fu adibita a Liceo Scientifico Leonardo Da vinci: durante lavori di ristrutturazione crollò e fu demolita anche la bella conceria a vapore opera dell’Ing. Glaser1.1 L’ambito successivamente è divenuto di proprietà della Provincia e gli edifici industriali sono stati riutilizzati e adibiti a sede delle scuole “Aldo Moro” e “Leonardo da Vinci”. In seguito furono abbattuti per problemi strutturali, pertanto oggi l’area si configura per la maggior parte come un vuoto urbano con poche costruzioni concentrate fra via Aosta e corso Brescia (forse un residuo delle Fonderie Poccardi). 2

fabbrica Gilardini in seguito ai bombardamenti della II guerra mondiale

Nonostante la valenza aulica del sito, il contesto urbano circostante è caratterizzato da fenomeni diffusi di degrado e di emarginazione sociale; l’intervento offre pertanto l’opportunità di avviare la riqualificazione ambientale del sito e di offrire nuove opportunità di rivitalizzazione del quartiere. La forte presenza multietnica, anche nell’insediamento residenziale sopra descritto, associata al degrado materiale dei manufatti edilizi, a elementi di vuoto urbano e di scarsa illuminazione, hanno reso insicura la percezione dello spazio e creato un disagio crescente, denunciato anche all’Amministrazione con una petizione indirizzata al Consiglio Comunale già nel novembre 2004. 1 Tratto dalla pubblicazione “Il fiume di Torino – viaggio lungo la Dora Riparia”, di Andrea Bocco Guarnieri, 2010 Città di Torino. 2 http://www.provincia.torino.gov.it/speciali/2014/vendita_immobili/dwd/pontemosca/variante_252_Mosca.pdf

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In seguito a tale petizione l’Amministrazione ha conferito un incarico di ricerca al Politecnico di Torino per l’ambito considerato. Lo studio ha fornito indicazioni per la progettazione degli interventi e per valorizzare la morfologia del luogo e le sue architetture con i nuovi edifici e con il recupero di quelli storici. Il Protocollo di Intesa tra Provincia e Città di Torino, assunto dalla Città con Deliberazione di Giunta Comunale e sottoscritto in data 14 febbraio 2011 ha sancito l’interesse dell’Ente provinciale a razionalizzare la collocazione dei propri uffici anche attraverso la valorizzazione patrimoniale di due compendi (l’area di ponte Mosca e corso G.Lanza) e l’interesse della Città a cambiare la destinazione urbanistica dell’area per attuare una riqualificazione dell’ambito di ponte Mosca anche in termini coerenti alle esigenze della Circoscrizione VII. L’Amministrazione Comunale, ferme restando le necessarie verifiche di corretto inserimento urbanistico, ritiene quindi di pubblico interesse favorire il processo di revisione della destinazione urbanistica. Per quanto attiene le prescrizioni urbanistiche e di pianificazione generale si rileva quanto segue. Il sito individuato ricade prevalentemente in area che il vigente Piano Regolatore Generale destina a Servizi pubblici delle tipologie di aree per attrezzature di interesse comune, aree per spazi pubblici a parco per il gioco e lo sport e aree per altre attrezzature di interesse generale. In considerazione del valore urbano dell’area, come già detto potrà essere la porta Nord di accesso al centro storico, e del processo di riqualificazione che si sta sviluppando nelle aree limitrofe sulla sponda sinistra della Dora (ex Enel via Bologna, ex Ceat Corso Regio Parco,ecc.) si valuta proponibile una nuova destinazione d’uso prevalentemente terziaria che offra la possibilità di localizzare funzioni che contribuiscano al rinnovamento del quartiere. Si segnala, in ogni caso, che l’area oggetto di intervento non risulta sottoposta a vincolo paesaggistico – ambientale e non ricade all’interno di aree protette o vincolate, non è soggetta a vincolo archeologico e risulta esterna alle zone sottoposte a vincolo idrogeologico.1

1 http://www.provincia.torino.gov.it/speciali/2014/vendita_immobili/dwd/pontemosca/variante_252_Mosca.pdf

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impressioni, idee, suggestioni Prendendo spunto da alcuni progetti dello studio di architettura danese BIG Architects e da alcuni elementi di arredo visti di persona a Copenhagen, Malmo, Innsbruck, Barcellona e Parigi sono giunto alla progettazione degli elementi di arredo integrati nel mio progetto. Uno dei principi cardine del progetto è quello per cui si possano ottenere volumi e piani a partire dalla superficie di base incisa, estrusa e sollevata. In questa maniera si mostrano i nuovi elementi come parte dell’ambiente stesso plasmato secondo le necessità. In questo progetto si gioca molto anche sui vuoti lasciati dalle modificazioni del piano base che svelano un ipotetico substrato di prato. Questa forma rappresenta per me una metafora sociale di un quartiere come Aurora, caratterizzato da tensioni sociali e situazioni di degrado che tuttavia nascondono quello che è il grande potenziale culturale di una società multietnica. Qua di seguito si illustrano alcuni schizzi adatti alla comprensione del progetto.

le strutture sollevate che svelano il substrato erboso

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le panchine ottenute da un immaginario innalzamento della pavimentazione

zone verdi create su piani inclinati

parte di pavimentazione che “trapassa� le zone verdi

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ricerca materiale esistente - rilievo Grazie alla collaborazione con alcune studentesse del Politecnico di Torino della facoltà di Architettura sono riuscito ad ottenere un rilievo cad della zona di intervento, dal quale ho ottenuto tutte le quote necessarie per il progetto, che, viste le dimensioni dell’area, diversamente sarebbero state difficili da ottenere manualmente in loco.

scala 1:4500

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scala 1:1500

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PARTE B - PROGETTO relazione illustrativa Il mio progetto, in accordo con le prescrizioni del Piano Regolatore, prevede il recupero della zona tramite lo sviluppo di un’area pubblica aperta multifunzionale. Si vuole creare una piazza che sia fulcro di nuove relazioni sociali, luogo dove convivano ed entrino in contatto fasce diverse della popolazione. Come elemento di attivazione di tali relazioni sociali si fa forza sullo skateboarding integrando nella piazza elementi di arredo che invoglino l’utilizzo da parte degli skaters così come il normale utilizzo come sedute o elementi scultorei. Si progetta inoltre di eliminare il dislivello presente tra i piani stradali di Corso Giulio Cesare e Lungo Dora Firenze e il livello medio dell’area, tramite una struttura in legno costituita da piani inclinati, scalinate, sedute e aiuole interamente realizzate con listelli di legno termotrattato. Questa stuttura ha il compito di rendere possibile l’attraversamento diagonale dell’area, tutt’ora impossibile, garantendo un afflusso di pedoni costante nella piazza. Gli elementi scultorei presenti sul basamento di cemento devono sembrare parti integranti della pavimentazione che sono state sollevate, lasciando così scoperto un immaginario substrato di prato. Nel progetto è previsto un chiosco con dehor posizionato in maniera da chiudere la zona a L che rimane sul lato est della piazza. Quest’area, particolarmente chiusa ad il resto dell’ambiente, rimarrebbe altrimenti troppo isolata. La progettazione del chiosco non è approfondita nel mio lavoro, ma viene accennata come spunto progettuale. Tale chiosco, potrebbe fornire i servizi igenici e aumentare l’affluenza di persone nella piazza venendo adibito a bar / aula studio. Tutta l’area è infine arredata con alberi di varie dimensioni e due versioni della stessa panchina progettata in maniera analoga agli elementi scultorei. Essendo a Torino invece, i bidoni dell’immondizia e le fontanelle, non potrebbero che essere i bidoni verdi in ferro del comune e i tradizionali toret che nel progetto però non compaiono. Nell’area interessata, sulla parete dell’edificio adiacente a Corso Giulio Cesare, attualmente si possono vedere svariati graffiti di ogni tipo e nel riqualificare questa 134

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zona mi piacerebbe che tale muro potesse rimanere tale e che venisse utilizzato come superficie libera da vincoli aperta alle varie forme di street art. L’intervento sull’area si può quindi suddividere in 4 parti: la struttura in legno, il basamento in cemento, l’area verde ed il chiosco.

area struttura legno

area verde

area basamento cemento

area destinata al chiosco scala 1:2700

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schizzi ideativi

Studio linee di orientamento delle strutture La disposizione degli elementi progettati segue principalmente due reticolati composti da quadrati da quindici metri, a loro volta divisi in riquadri da cinque metri. Le strutture in legno sono disposte seguendo il reticolato parallelo alla direzione di Corso Giulio Cesare, poichè hanno il compito di giuntare il piano medio dell’area con il piano stradale del corso. La disposizione delle strutture-aiuola sul basamento in cemento e il bordo dello stesso seguono invece il reticolato parallelo alla direzione di Lungo Dora Firenze per sfruttare al meglio la forma allungata dell’area. 136

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Studio modalità di aggregazione strutture base In questo schizzo si possono vedere le diverse modalità di aggregazione delle strutture base ideate per dare forma agli elementi scuoltorei skaetabili posizionati sulla pavimentazione in cemento. Partendo da dodici stutture elementari si ottengono diciotto moduli diversi che vengono disposti seguendo dei criteri di utilizzo delle linee degli skaters. Le molteplici modalità di aggregazione studiate rendono la skate plaza uno spazio incredibilmente valido per la pratica dello skateboarding, addirittura più completo nelle possibilità di molti skatepark esistenti. Skateboarding e Urbanistica

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Studio forme strutture a sbalzo Con questo schizzo si è provato a rappresentare alcuni dei moduli progettati, con la forma finale delle strutture a sbalzo che rivelano lo strato erboso sottostante. Tale modalitĂ di realizzazione prende spunto dalla tipologia costruttiva di strutture da skateboard denominata “fill freeâ€?, per la quale si realizzano le strutture in cemento facendo largo uso di armature interne che sostengano il peso e supporti temporanei o permanenti che permettano la fase di colatura del cemento. In questa maniera si ottengono strutture dal volume minimo, estremamente resistenti e dalle forme molto eleganti e leggere.

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scheda materiali Per la realizzazione di questo progetto si son voluti utilizzare solamente tre materiali per mantenere un’uniformità visiva: il cemento, per il basamento della piazza e il riempimento di panchine e strutture-aiuola, il corten per la realizzazione delle forme delle stesse panchine e strutture skaetabili ed il frassino termotrattato per le superfici in legno. Cemento Il cemento da sempre è il materiale ideale per la costruzione di strutture da skateboard. I costi di realizzazione di superfici con questo materiale sono di gran lunga più bassi di tutti gli altri materiali utilizzabili, tuttavia per il lisciaggio di superfici curve è necessario l’operato di persone specializzate nella quarzatura dello strato finale. Il suo utilizzo nella realizzazione di volumi armati con reti elettrosaldate permette di realizzare strutture leggere e poco voluminose ma estremamente resistenti.

Concrete Waves a Copenhagen

Skateboarding e Urbanistica

139


Corten L’acciaio COR-TEN è un tipo acciaio legato con basse percentuali di rame, cromo e fosforo. La composizione negli anni ha subito alcune modifiche che hanno migliorato la sua resistenza meccanica. La principale peculiarità dell’acciaio corten è quella di autoproteggersi dalla corrosione elettrochimica, mediante la formazione di una patina superficiale compatta passivante, costituita dagli ossidi dei suoi elementi di lega, tale da impedire il progressivo estendersi della corrosione; tale film varia di tonalità col passare del tempo, solitamente ha una colorazione bruna. Il suo utilizzo per la realizzazione di strutture skaetabili non è una novità, è stato usato per il monumento DC a Torino, per le sculture itineranti di Malmo e per i moduli di Raphaël Zarka poichè è molto adatto vista la non corrosione della superficie e l’ottimo rapporto di scorrevolezza e grip che restitusce all’atto dello skating.

ultima installazione “Paving Space” di Raphaël Zarka

140

Skateboarding e Urbanistica


Frassino termotrattato Il frassino termotrattato è uno dei legni più utilizzati in Europa. Lo speciale trattamento termico, lo rende adatto all’utilizzo per l’esterno. Viene essiccato, fino a cottura, a temperature superiori ai 200°. Questo trattamento rende il legno più resistente e meno soggetto a rigonfiamenti o ritiri dimensionali. Il colore finale del legno termotrattato è marrone scuro, con venature molto visibili. Inoltre, per stabilità, durabilità e peso specifico, è perfetto anche per i rivestimenti esterni di facciate. Questo materiale non è particolarmente utilizzato per la costruzione di strutture da skateboard, poichè la sua superficie non è propriamente liscia e da nuovo è particolarmente scivoloso, tuttavia, data la sua resistenza, rimane un ottimo materiale da utilizzare per arredi destinati anche allo skateboarding.

Tagensbo Skole by Nøhr and Sigsgaard Architects a Copenhagen

Skateboarding e Urbanistica

141


sezioni strutture base Vengono di seguito riportate le sezioni delle strutture base che compongono i moduli scultura/aiuola posizionati sul basamento di cemento con relative misure e caratteristiche.

142

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

jump ramp 40cm 170cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

gobba 50cm 200cm - 150cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 80cm 120cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 100cm 140cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 100cm 160cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 120cm 160cm Skateboarding e Urbanistica


tipo struttura altezza raggio/inclinazione

street bump 35cm 20°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

canadese 65cm 20°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

china bank 80cm 35°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

china bank 100cm 35°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

bank 100cm 25°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

bank 100cm 20° scala 1:100

Le strutture sono progettate per essere realizzate come delle scatole di corten (vedi scheda materiali), dentro le quali, previa introduzione di una rete elettrosaldata, si coli il cemento che poi andrà lisciato e quarzato utilizzando i bordi del contenitore metallico come guide della curvatura della superficie. Skateboarding e Urbanistica

143


viste disposizione moduli - aiuola Rappresentazioni della corretta disposizione dei 18 moduli delle strutture-aiuola sul basamento in cemento con le relative aree verdi sottostanti. Dalla vista in pianta si può notare la disposizione delle rone verdi libere che sono posizionate in maniera alterna nei confronti delle direttrici le quali identificano degli incroci intorno ai quali si sviluppano le aiuole come quadranti incompleti.

Rappresentazione isometrica

scala 1:500

144

Skateboarding e Urbanistica


Rappresentazione in pianta

5m

10 m

10 m

5m

scala 1:500

Skateboarding e Urbanistica

145


caratteristiche aggregazioni moduli - aiuola Con queste tavole si descrivono le diverse modalitĂ di aggregazione delle strutture base che vanno a formare i moduli-aiuola. Per semplificare il riconoscimento della loro posizione i singoli moduli sono stati numerati secondo questo ordine. 1

146

13

2

14

12

3

15

11

4

16

10

5

17

9

6

18

8

7

Skateboarding e Urbanistica


Rappresentazioni isometriche 1

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

bank 100cm 25°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 120cm 160cm

scala 1:50 Skateboarding e Urbanistica

147


2

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

canadese 65cm 20°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

china bank 80cm 35°

scala 1:50 148

Skateboarding e Urbanistica


3

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 100cm 140cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

bank 100cm 25°

scala 1:50 Skateboarding e Urbanistica

149


4

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 100cm 160cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 100cm 160cm

scala 1:50 150

Skateboarding e Urbanistica


5

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

china bank 80cm 35°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

street bump 35cm 20°

scala 1:50 Skateboarding e Urbanistica

151


6

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 100cm 140cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

street bump 35cm 20°

scala 1:50 152

Skateboarding e Urbanistica


7

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

bank 100cm 25°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 100cm 140cm

scala 1:50 Skateboarding e Urbanistica

153


8

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 120cm 160cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

bank 100cm 25°

scala 1:50 154

Skateboarding e Urbanistica


9

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 100cm 140cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

china bank 100cm 35°

scala 1:50 Skateboarding e Urbanistica

155


10

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 100cm 160cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 100cm 160cm

scala 1:50 156

Skateboarding e Urbanistica


11

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

china bank 80cm 35°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

jump ramp 40cm 170cm

scala 1:50 Skateboarding e Urbanistica

157


12

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

bank 100cm 20°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

gobba 50cm 200cm - 150cm

scala 1:50 158

Skateboarding e Urbanistica


13

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

bank 100cm 20°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 120cm 160cm

scala 1:50 Skateboarding e Urbanistica

159


14

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

bank 100cm 25°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 100cm 140cm

scala 1:50 160

Skateboarding e Urbanistica


15

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 80cm 120cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

jump ramp 40cm 170cm

scala 1:50 Skateboarding e Urbanistica

161


16

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

gobba 50cm 200cm - 150cm

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

china bank 80cm 35°

scala 1:50 162

Skateboarding e Urbanistica


17

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

bank 100cm 25°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 100cm 140cm

scala 1:50 Skateboarding e Urbanistica

163


18

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

bank 100cm 20°

tipo struttura altezza raggio/inclinazione

quarter pipe 120cm 160cm

scala 1:50 164

Skateboarding e Urbanistica


Per chiarire la struttura e le dimensioni dei moduli se ne rappresenterà uno nei particolari attraverso pianta, prospetti e sezioni. Modulo campione: modulo n°7 tipo struttura altezza raggio/inclinazione tipo struttura altezza raggio/inclinazione

bank 100cm 25° quarter pipe 100cm 140cm

Rappresentazione in pianta 0,2 m

2,5 m

5m

2,5 m

scala 1:50 Skateboarding e Urbanistica

165


Prospetti

0,2 m 2,5 m 0,2 m 1m

0,2 m

0,2 m

1,2 m

5m

scala 1:50 166

Skateboarding e Urbanistica


Sezioni

2,5 m 0,2 m

1m

0,2 m

2,5 m

0,005 m

1,2 m

5m

scala 1:25 Skateboarding e Urbanistica

167


pavimentazione La pavimentazione è costituita da un basamento in cemento dello spessore di 20cm distinto in due tinte diverse che vanno a formare una texture. Le linee tracciate utilizzando la tonalità più scura hanno lo scopo di evidenziare le due direzioni principali, determinate da Corso Giulio Cesare e Lungo Dora Firenze, che hanno guidato la composizione dello spazio. Inoltre, la differenziazione di colori nella pavimentazione spezza visualmente l’eccessiva compattezza data da un’unico basamento. La pavimentazione è “forata” dalle zone verdi e dai volumi dei moduli-aiuola che vi si inseriscono. Le zone verdi vengono “tagliate” dalle strisce di pavimentazione più scura qualora si trovino sul tracciato del reticolato. Rappresentazione in pianta

32,7 m 15 m 38,1 m

15 m

27,3 m

16,3 m

85,4 m

24 m 10 m 32 m

47,8 m 168

scala 1:800 Skateboarding e Urbanistica


struttura in legno La struttura in legno progettata è un agglomerato di piani inclinati, scalinate ,gradoni e aiuole pensata per permettere la salita del dislivello esistente in maniera graduale e creando una molteplicità di mini ambienti simili a terrazze, posti a diverse altezze. Questi ambienti potrebbero risultare sia come luoghi di ritrovo, sia come strutture potenzialmente utili agli skaters. Sulla struttura base interamente in legno sono poste inoltre panchine, alberi e lampioni secondo criteri di utilità sia per i percorsi pedonali sia per i tracciati degli skaters. La profondità dei gradini è sempre di 1,25m, mentre in altezza variano da 20 a 40 cm per quelli percorribili e 60 cm per quelli destinati a sedute.

Rappresentazione isometrica

scala 1:1000 Skateboarding e Urbanistica

169


Rappresentazione in pianta

17,4 m

77,4 m 20 m

30 m

17,7 m

75,2 m

15 m 15 m 5m

27,3 m

10 m scala 1:800

170

Skateboarding e Urbanistica


Prospetti

scala 1:650

Sezioni 6m 6m

7,5 m 4m

5m

2m

6m

9m 1m

3m

4m

5m

4m

6m

5m

scala 1:650

Skateboarding e Urbanistica

171


panchine Le panche progettate seguono lo stesso principio di costruzione delle strutture a sbalzo, ossia, un contenitore di corten, al cui interno viene colato il cemento a riempire il volume. Gli spigoli che vengono costantemente grindati dagli skaters, in questa maniera, essendo in corten, fanno sÏ che il cemento non si rovini. L’aspetto delle panchine poste sul basamento in cemento, come accennato negli spunti progettuali, deve essere quello di un sollevamento della parte di scura di pavimentazione.

Rappresentazione isometrica

scala 1:50

172

Skateboarding e Urbanistica


Rappresentazione in pianta

0,6 m 3,7 m 0,6 m 3,3 m

Prospetti

45°

0,2 m

0,6 m

0,4 m

0,2 m

0,4 m

0,2 m

45°

0,6 m

0,6 m

0,2 m

0,6 m

scala 1:30 Skateboarding e Urbanistica

173


pianta totale

91

24 m

10 m 32 m

61,7 m

18,4 m

70 12,9 m

174

7,6 m

Skateboarding e Urbanistica


20,2 m

1,3 m

77,4 m

67,7 m

0,1 m 22,1 m scala 1:650 Skateboarding e Urbanistica

175


sezioni territoriali totali

176

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scala 1:350 Skateboarding e Urbanistica

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sezioni territoriali totali

178

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scala 1:350 Skateboarding e Urbanistica

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rendering finali

180

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181


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capitolo 4

CONCLUSIONI

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Gli esempi presi in considerazione ed il progetto di skateable design non rappresentano la totalità dei casi, ma solo una piccola parte delle svariate scelte e proposte. Sicuramente le tipologie di skatepark viste sono in continua crescita e sempre più comunità richiedono progetti simili. Questo perchè, come si è visto, la costruzione e la progettazione se sviluppate con la collaborazione dei futuri fruitori dell’area, gli skaters, permettono la buona riuscita del progetto, andando quindi a evitare il malcontento e lo sconforto che spesso si manifesta nei confronti di impianti non idonei. Inoltre la costruzione di piccole strutture permette di abbassare di molto i costi di produzione, mantenendo comunque molto alti gli standard di manifattura grazie all’uso di un materiale come il cemento che se ben lavorato permette una resa ottimale. Quello che si propone, solamente come spunto teorico, è la creazione nelle grandi città, già provviste di skatepark adeguati, dei “micro spot”, ovvero delle strutture artificiali, che riproducono le tipologie classiche di “street spot”, le quali vengono divise per categoria, ad esempio scalinate, passamani, muretti, ecc. , e vengono costruite in un percorso itinerante per la città. la costruzione di micro strutture all’interno delle aree verdi, nelle piazze o nei luoghi di raccoglimento, in modo non invasivo, ovvero senza creare superfici apposite, ma solamente dell’arredo urbano, finalizzato allo skateboarding, da inserire nell’ambiente costruito esistente. Tutto questo porterebbe alla nascita di veri e proprie piccole isole per lo skateboarding in tutta la città, connesse tra loro da una logica di progettazione, portando alla pacificazione gli skaters e le autorità, in quanto è auspicabile che si argini il fenomeno dello street skating e quindi della rovina e deturpazione degli arredi urbani e dei luoghi pubblici. Inoltre servirebbe a sensibilizzare i cittadini sulla presenza degli skaters e dello skateboarding come principale sport urbano. Questo è solamente un ipotesi che è scaturita dall’analisi degli esempi prima trattati, e si può dire che è una sintesi delle principali caratteristiche di ognuno di essi. Vi è poi una disponibilità nel venire in contro alle autorità, alle istituzioni e ai cittadini, cercando di sdoganare quell’immaginario dello skater ribelle e vandalo che importuna le persone e distrugge la città.

190

Skateboarding e Urbanistica


Come abbiamo già visto questo sport si è sviluppato nella città e a stretto contatto con l’architettura ed è per questo che il mondo dell’architettura dovrebbe dare atto che lo skateboarding è una forma unica di uso e di appropriazione degli spazi urbani e che la collaborazione tra le parti potrebbe portare allo sviluppo di progetti in cui i differenti punti di vista possano creare delle nuove forme di vivere lo spazio urbano.

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Attraverso questa tesi si è cercato di illustrare il mondo dello skateboard, le sue diverse espressioni e il suo rapporto con l’architettura. Vi sono certamente altre strade che si possono intraprendere per spiegare questo mondo, altri modi per analizzare queste teorie. Essendo uno sport molto creativo e pieno di sfaccettature, molto spesso accade che ogni individuo, ogni skater, abbia la propria visione delle cose e tenda a promuovere la propria idea e il proprio stile. Per mio conto ho sicuramente proposto la mia visione di questo mondo e ho cercato di renderla uniforme per creare una panoramica generale sull’argomento, altrimenti assai confuso. Si è voluto partire da un discorso molto generale sugli spazi urbani,su dei concetti molto astratti, che mi sembrava doveroso affrontare per delineare le principali tematiche seguite durante tutto il percorso di stesura. Le tematiche proposte: gli spazi di relazione e le percezioni degli spazi urbani, sono la base per un discorso più specifico sulla comunicazione e sull’espressione del sé attraverso gli spazi urbani e l’architettura. Con l’esempio dei graffiti e del loro mondo, abbiamo visto come un semplice graffito su un muro di un edificio sia un potentissimo mezzo di comunicazione che viene esposto a tutti i cittadini e di come sia diventato una vera e propria forma d’arte che va oltre al semplice atto vandalico. Basati sugli stessi principi, ma sviluppati con dinamiche diverse, gli sport urbani sono un’altra fetta di comunicazione e soprattutto di espressione attraverso la città. Lo skateboard è sicuramente la disciplina più in voga e più evoluta, ma mostrando altri esempi, si è potuto vedere come la città offra innumerevoli scelte per praticare i propri sport. Questo panoramica generale getta le basi per concentrarsi sul tema principale, lo skateboard e l’architettura. Quello che si propone e si cerca di spiegare nel secondo capitolo è come lo skater sia uno dei maggiori fruitori dell’architettura e degli spazi urbani. Il modo di vedere e di percepire la città da parte di uno skater è diversa e allo stesso unica dal resto dei cittadini. La sua critica dell’architettura, e la sua capacità di smitizzare i simboli della città moderna, lo hanno reso un simbolo di libertà e allo stesso tempo uno strumento inutile e fastidioso. La visione ancora negativa che le autorità, e la maggior parte dei cittadini, hanno nei confronti di questo sport ha sicuramente delle radici ben consolidate, ma con la giusta sensibilizzazione la figura del ragazzo ribelle che sfreccia in mezzo alla strada sul suo skateboard potrebbe presto svanire.

192

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Ed è proprio l’ultimo capitolo che propone degli esempi e infine un progetto, esempio di come gli skatepark, le strutture create ad hoc per la pratica dello skateboard, si possano integrare con il contesto urbano, di come la loro progettazione si possa sviluppare a stretto contatto con i loro fruitori e su come la creazione di una rete di piccole strutture possa arginare lo street skating e il conseguente deturpamento degli spazi pubblici, e rendere possibile la pacifica convivenza tra gli skaters, le autorità e i cittadini. Sono sempre stato convinto che lo skateboarding abbia profondamente influenzato la mia vita ed il mio percorso. Mi ha insegnato senza dubbio la perseveranza nel raggiungimento degli obbiettivi che mi pongo e mi ha introdotto agli interessi che ora rappresentano la mia maggiore occupazione e passione, sempre più simile ad un lavoro vero e proprio. Lo skateboarding è tutt’ora il motivo che mi spinge maggiormente a viaggiare e conoscere e spero che la mia tesi abbia illustrato a dovere questo potenziale e come possa essere espresso tramite una buona politica nei confronti dell’urbanistica e dei suoi più dediti fruitori: gli skaters.

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- Skeittiseminaari - Gustav Svanborg Eden https://vimeo.com/167716104?api=1

- http://www.danielyabar.com/en/proyectos/logro-ntilde-o-streetplaza/39 - https://www.glifberglykke.com/built-it-lemvig-2013 - https://www.archdaily.com/165327/kap-686-skate-park-metrobox-architekten - http://quartersnacks.com/2013/08/skate-spot-porn-tempelhof-skate-plaza-in-berlin/ - http://www.confuzine.com/2017/03/13/spotter-diy-barcelona-spain/

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Skateboarding e Urbanistica



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