Progetto di tesi

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L.UN.A Anno Accademico 2016/2017 Progetto di Tesi di Achille Amadei: Martin Margiela e Rei Kawakubo, invisibili ispiratori tra decostruzione e contaminazione


LO SCARTO E L’ECCELLENZA DA DUCHAMP E TAR ANTINO ALL A MODA D’AVANGUARDIA

Il costante plagio di Zara

Dagli scarti che spesso la società o la mente umana volontariamente o accidentalmente produce si può ottenere spesso qualcosa di magnifico. Non sto ovviamente parlando solo di riciclo differenziato, ma di una serie di processi e di comportamenti responsabili in diversi campi, dalla scelta ecosostenibile dei materiali, all’uso consapevole di territori non sempre per forza destinati a meri scopi abitativi, alla rivalutazione stessa di spazi urbanistici definiti nonluoghi quali sale d’attesa, stazioni o centri commerciali. L’eccellenza è presente anche in architetture storiche tristemente abbandonate per lasciar spazio ad edifici impersonali che spesso diventano luoghi cardine della vita quotidiana; e non di meno perfino in capannoni industriali perfetti per una rivalutazione sociale e urbanistica. Vi è una crescente spersonalizzazione e omologazione e quindi anche perdita di eleganza nella moda, non vi è più la ricerca e soprattutto il piacere di una rivisitazione propria di cosa si indossa e di come lo si porta ma un’infima appropriazione di trends che spesso non ci appartengono, ci sentiamo quasi obbligati a rientrare in certi schemi che la società con la pubblicità ci propina; è qui che la moda è solo uno scarto e non un eccellenza.


Marcel Duchamp, Fountain, 1917

Piero Manzoni, Merda d’Artista, 1961

Vi furono artisti in passato che da un oggetto definito scarto realizzarono un’opera d’arte e anche una vera e propria corrente artistica. E’ ad esempio il caso del ready-made di Marchel Duchamp che nel 1917 taggando un orinatoio gli ha fornito un altro significato rendendolo da semplice oggetto prodotto in serie una vera opera d’arte. L’artista poteva essere anche colui che decideva che quella cosa, qualsiasi cosa estrapolata dal suo contesto potesse esser esposta in un museo o in una galleria, senza sostanziali modifiche; è una rinascita dell’oggetto stesso, quindi anche una eccellenza che prima non era considerata. Duchamp volle inoltre sminuire la figura dell’artista impostato secondo i canoni dell’epoca ed estremamente rigido, addirittura ha “urinato” sull’arte. Qual è forse lo scarto più comune a tutti noi se non le proprie feci? Piero Manzoni fece un’operazione praticamente analoga a Duchamp nel 1961 con la sua “Merda d’artista” la quale rese un suo escremento un oggetto “prezioso”, vanificando le opere maestose di tanti artisti, infatti sigillò a suo dire escrementi in 90 barattoli di latta e vi applicò sopra l’etichetta: “Merda d’artista peso 30gr” come se fosse un barattolo di carne.


Che cos’è quindi davvero la bellezza durevole, l’eccellenza? Per Baudelaire ad esempio la comprensione della modernità e di tutti i suoi risvolti non avviene all’interno della civiltà e del passato corso dell’arte, dell’antichità, ma da uno sguardo costante alla realtà che ci circonda per carpirne ogni minima sfumatura, anche la più effimera, la stessa sfumatura che poteva aver colto Duchamp in una latrina. Il bello è fatto di un elemento perpetuo difficile da determinare ma anche di uno relativo e occasionale, che si percepisce di volta in volta contemporaneamente alle mode e ai costumi dell’epoca. E senza questo secondo elemento, che è quello sicuramente più percepibile e stimolante, il primo elemento sarebbe indigeribile alla natura umana. Nella bellezza convivono sempre questi due elementi, sono complementari. Bisogna allenarsi a scorgere il fascino anche nelle cose in apparenza più volgari e sfuggenti ed è un percorso tortuoso poiché è la società stessa che spesso ci distrae. Siamo quindi perennemente circondati da meraviglie ma non ce ne accorgiamo.

Foto di Charles Baudelaire


Locandina de “La Grande Abbuffata”, 1973

Alcune locandine di film di Tarantino

Nel cinema come nell’arte in generale, del brutto e dello squallido si è creato ad esempio il filone del Grottesco del regista Marco Ferreri in film quali “La grande abbuffata” nei quali si esaltano i vizi capitali e le abitudini distruttive di un gruppo di ricchi amici che annoiati dalla loro vita decidono di suicidarsi in un continuo baccanale. Anche opere cinematografiche low-budget e quindi di scarto per i canoni del grande cinema Hollywoodiano, definite “trash" dalla critica come i B-movie anni 70’ e 80’ sono stati sublimati da una fetta di persone o da registi del calibro di Quentin Tarantino sul quale ha addirittura costruito il suo cinema. In ogni B-movie degno di nota come in qualsiasi altra opera che permanga nel tempo e nell’immaginario collettivo, è presente anche se talvolta non in modo apparente, uno Know How conscio utilizzo dei mezzi e delle tecnologie disponibili, ma anche della storia e dei suoi significati passati: solo cosi si può creare qualcosa di eterno. Non lasciamoci sopraffare dallo spirito del tempo in cui viviamo come se fosse l’unico percorso, opponiamo resistenza, e l’unico modo per farlo è quello appunto di conoscere anche le epoche passate e da qui rivisitare e rileggere la società contemporanea.


Proprio partendo dal concetto di dare nuove forme e nuovi significati ad un oggetto e da un’ampia conoscenza della storia applicata alla moda e all’arte e quindi volta a ridefinire il presente, negli anni ’70 e ’80 si fecero strada, seppure con influssi e radici culturali diverse, due designer che segnarono profondamente il corso della moda e ne dettarono una rivoluzione. Sto parlando di Martin Margiela e Rei Kawakubo.

Rei Kawakubo di Comme des Garcons

Martin Margiela di Maison Margiela


L’AVANGUARDIA NEL RICICLO E NELLA DECOSTRUZIONE Questo lavoro si prefigge di evidenziare alcuni momenti del processo creativo delle aziende di moda Maison Martin Margiela e Comme Des Garcons e dei loro rispettivi ideatori. Proseguendo sia tramite il mio studio ed elaborazione del tema e sia tramite citazioni di riviste specializzate, curatori di mostre, giornalisti di moda che promettono legittimazione sia ai fashion designer, che alle Maison, che al prodotto culturale riconoscendolo come creativo, si evidenzieranno quelli che sono, dal punto di vista delle dinamiche micro-sociali e macro sociali, i tratti spettacolari e anti-convenzionali della Maison Martin Margiela e del brand Comme des Garcons di Rei Kawakubo. Spesso definiti avanguardisti e sperimentali, hanno sempre espresso la loro creatività attraverso il riciclo, la trasformazione e reinterpretazione, come fosse un’emozione.

Comme des Garcons deconstructed jacket


Le loro sfilate sono un flusso intenso di immagini e sensazioni che ammalia, sconvolge e turba lo spettatore. Una proposta di costume senza tempo che sovrasta tutte le regole e leggi. Ho scelto di dedicare a entrambi la mia tesi sia per una passione soggettiva per le loro creazioni e per un’attinenza fra il mio e il loro pensiero nel vedere la moda sia per evidenziare le differenze e i punti in comune fra i due e render chiara la rivoluzione che provocarono soprattutto negli anni ‘90 nella moda, e non di meno l’influenza che hanno avuto e che continuano ad avere per generazioni di stilisti successivi quali Raf Simons, Shayne Oliver di HBA o Demna Gvasalia e i brand giapponesi Undercover, Sacai e Facetasm che successivamente analizzerò. E’ evidente che certi trend e correnti stilistiche attualmente imperanti nel fashion system abbiano le radici nelle visioni dei due designer, fra i più influenti degli ultimi 20 anni. Margiela Baseball Gloves Patchwork Dress, Fall 2012

CDG 2017


MAISON MARGIELA


VISION Partendo dalla constatazione che il mondo attuale è governato dal caos, che le leggi conosciute, da sempre linee guida per le aziende, sono crollate, il nuovo orientamento prevede la contraddizione come un vanto e ne fa il proprio cavallo di battaglia. L'industria fashion sul finire degli anni ’80 era in piena epoca di eccessi e neobarocco ma qualcosa stava cambiando, e necessitava di un impulso vigoroso che partiva dalla consapevolezza che i modelli imposti sono importanti ma limitati, variabili e non necessariamente veri e che sopratutto possono stancare. La forza del brand Margiela sta nella capacitĂ di disfarli proponendone di nuovi, considerando la confusione che da essi nasce. I modelli presentati non sono un mezzo per spiegare come stanno le cose, l'apertura al disordine appare come l'unico modo per vedere la realtĂ .

Margiela Couture Fall 2011


Il disordine è qualcosa di interessante e stimolante e non qualcosa da sopprimere. Non solo proponeva un'estetica umana e aspra, celebrazione del difetto come segno, fatta di riciclo e reinterpretazione, alcuni capi addirittura erano repliche esatte di pezzi da mercatino delle pulci, ma si rifiutava di apparire in pubblico, presentava le collezioni in luoghi fatiscenti su modelle dai volti nascosti ed etichettava gli abiti con un cartellino tutto bianco. Il bianco, o meglio i bianchi perché ne usa tutte le sfumature, è un'espressione di unità e purezza. Sottolinea la forza e la fragilità del passare del tempo. Cancella le differenze. Un’idea che è sempre andata contro all’ideale piano di marketing, ma proprio questa negli anni è diventata la sua forza.

Margiela FW 12-13


STORIA

Martin Margiela e Jean Paul Gaultier

The Antwerp Six

Maison Martin Margiela è una casa di moda fondata nel 1988 al 102 di Rue Reamur di Parigi da un’idea di Martin Margiela. Laureato alla Royal Academy of Fine Arts di Anversa, che frequenta dal 1977 al 1979, é considerato da molti come il “settimo degli Antwerp Six”, un gruppo di influenti designer d'avanguardia, studenti di Anversa, il cui lavoro presenta una radicale visione della moda in contrapposizione all'idea del lusso e del fashion anni ’80: la loro è una battaglia che si combatte a colpi di capi sproporzionati, con maniche lunghissime, fodere, cuciture e orli a vista, ispirata alla stilista giapponese Rei Kawakubo di Comme des Garcons che influenzò la moda gia a partir dagli anni 70. Anche da qui parte il concetto di “decostruzione” che diventerà caro a Margiela e che sarà la sua dichiarazione di moda. Dopo la laurea, i primi anni di carriera lo vedono lavorare come designer free-lance per diventare, dal 1985 al 1987, design-assistant di Jean Paul Gaultier.



Grazie all'appoggio finanziario di Ms.Jenny Meirens, proprietaria a Bruxelles di una boutique di abiti creati da giovani designer emergenti, tra cui CDG che descrive Margiela come “the most talent young designer she had ever seen”, nel 1988 fonda la sua casa di moda. La prima collezione ready-to-wear donna di “Maison Martin Margiela” è dell’ottobre 1988. Nella piena convinzione che sia il designer stesso a doversi porre come modello identitario e garante del valore del prodotto, Margiela sceglie quello che verrà poi chiamata il “culto dell'invisibilità” come filosofia di vita per lui e per l'intero staff. Lungo tutta la sua carriera mantiene un “basso profilo”: non rilascia interviste faccia a faccia, non appare mai al termine delle sfilate, non vi sono immagini del backstage e le fotografie dello stilista stesso sono reperti rarissimi. Tutta l'attenzione è puntata sul prodotto moda e non sul produttore. Arriva persino a svuotare le etichette delle sue creazioni: bianche nella prima linea da donna, o con numeri cerchiati nelle altre (da 0 a 23).

Jenny Meirens

Etichetta vuota Fall 90’

Etichetta numerata


“Stalker” di Swarovski e De Bombourg nella boutique Margiela di Miami

La prima boutique apre a Tokio nel 2000, la seguono Bruxelles, Parigi e Londra. Dal 1997 al 2002 Martin Margiela diventa direttore creativo di Hermés. Il 2002 é un anno importante: segna l'ingresso in borsa della Maison, la nascita della prima linea da uomo e l'acquisizione per la quota di maggioranza dal gruppo Diesel. Si apre un periodo, se possibile, ancora più misterioso: gli addetti del settore non capiscono se la decisione di Margiela é dovuta a incompatibilità creative o al semplice desiderio di godersi la vita lontano dal mondo della moda. Vengono fatti diversi nomi: quello di Raf Simons come possibile erede delle chiavi del regno di Margiela e quello di Haider Ackermann come nuovo direttore creativo. Entrambe le offerte vengono declinate dai diretti interessati. Nel 2009 è Renzo Rosso, fondatore di Diesel, a fare un po' di luce sulla questione decretando la definitiva uscita dal marchio di Margiela: “Martin non è stato qui per molto tempo. Lui é qui, ma allo stesso tempo non é qui. Abbiamo un nuovissimo team di designer. Ci stiamo concentrando sui giovani, energia reale per il futuro”. Concretamente il gruppo ha sempre bypassato qualsiasi commento sulle reali ragioni che hanno causato l'uscita di Margiela.


Le linee donna e uomo vengono completate, nel 2005, dalla linea di accessori. Nella storia del brand si susseguono diverse esposizioni. Degli ultimi anni sono la nascita di una linea di profumi e la collaborazione con aziende di arredo per una collezione di mobili, con l'inaugurazione, nel luglio 2011, del primo hotel parigino completamente griffato MMM. É di ottobre 2014 la notizia della nomina di John Galliano come direttore creativo della Maison. Conseguentemente all'arrivo di Galliano l'azienda ha abbreviato il suo nome in Maison Margiela, proprio come Yves Saint Laurent quando arrivò di Hedi Slimane che diventò Saint Laurent.

John Galliano al termine della SS 17 con il “camice” Margiela


ASSENZA = PRESENZA Contenuto simbolico “Leave it where it is and it makes a mess of your jacket. Remove it and no one will ever know your clothes are designer” (The Independent Saturday Magazine, Marzo 1999)

Boutique Tokyo

La strategia che ha sempre connotato il brand è racchiusa in quella che viene identificata come “culto dell'invisibilità”, che lo accomuna seppur in maniera ancora più estrema a Rei Kawakubo. Questa espressione prevede l'identificazione tra produttore e prodotto nella piena convinzione che la rarità del produttore faccia la rarità del prodotto. Ciò che si propone non contiene solo un valore materiale ma anche, e soprattutto, un valore simbolico che permette l'identificazione tra chi produce e cosa è prodotto. Le scelte di non apparire al termine delle sfilate, di non rilasciare interviste, la rarità delle fotografie dello stesso stilista, la grande fede nel lavoro di gruppo, hanno come scopo principale il rafforzare l'identità proposta al consumatore degli abiti, che rispecchiano essi stessi la perfetta corrispondenza tra strategie estetiche e strategie commerciali.


A siglare questo valore è la firma, che in questo caso corrisponde ad una etichetta bianca cucita con quattro punti che vengono dati a mano nelle linee di semi-couture Artisanal e Replica, a macchina nelle altre linee. Il bianco è onnipresente e ne se utilizzano svariate gradazioni. Il packaging è monocromatico e sprovvisto di logo. I modelli delle sfilate spesso appaiono in passerella con il volto coperto. I posti alla sfilata seguono la filosofia del “primo arrivato, primo servito” andando a sconvolgere completamente le regole gerarchiche convenzionali dei posti a sedere che prevedono le prime file per le personalità di spicco. Non a caso, anche qui entra in gioco la spersonalizzazione. Il marchio utilizza la prima persona plurale nelle risposte a qualsiasi richiesta ed in generale nei comunicati stampa, sottolineando la piena collaborazione e la collettività di pensiero, superiore all'identità personale del singolo soggetto. L'estetica della fotografia di Maison Martin Margiela ricorda, come scrisse Derek McCormack su The National Post, la fotografia spiritualista del XIX secolo. I modelli sono sfocature misteriose all'interno di scatti sbiancati da luci invisibili.

Margiela Fall 95’, pic by Anders Edström


Rari scatti di Martin e del suo team negli anni 90


NUOVA VITA Dal 1988 Maison Martin Margiela si impegna nella sua battaglia contro le “cuciture ordinarie” dell'alta moda. Famoso per aver trasformato oggetti inutilizzati e appartenenti al passato come vecchie parrucche, tele e sciarpe di seta in indumenti couture, Margiela dimostra sin dagli inizi la sua predilezione per ciò che potrebbe normalmente apparire come abietto, di seconda mano, con particolare interesse per lo scarto industriale. Seppur non abbia mai fatto esplicitamente riferimento al termine, lo stilista è spesso identificato come designer “decostruzionista” dove “decostruire è inteso come pratica del disfare, come autocriticità stessa del sistemamoda, come una capacità di guardarsi a raggi x, per rivelare le condizioni che permeano di fascino la moda. In una rara intervista per la rivista Elle, nel 1991, Maison Margiela dichiara, a proposito del processo creativo che lo vede utilizzare oggetti di seconda mano, il suo intento di riportare gli abiti alla vita sotto diversa forma: la nuova vita appare all'esterno, dopo averne trascorsa un'altra, di nascosto, all'interno di qualche altro abito.


COME UN ARCHITETTO

Margiela Fall 14’ Detail

Frank Ghery, Lou Ruvo Brain Institute, Las Vegas

In una successiva intervista, rilasciata al magazine Interview, nell'anno della celebrazione dei venti anni della Maison, il lavoro del gruppo di designer si paragona al lavoro degli architetti proprio come quello di Rei in Comme des Garcons. Tutti e due condividono lo stesso punto di partenza: il corpo umano. Entrambe le discipline hanno la funzione di proteggere e riparare il corpo. Entrambi i lavori pensano in termini di proporzioni, strutture, volumi e materiali. L'architetto di riferimento è, nello specifico, Franck Gehry, spesso definito come “decostruttivista” seppur non abbia mai sostenuto, come Margiela, alcuna alleanza formale con qualche movimento in particolare.


IMPORTANZA DELLA STORIA E DELLE PERSONE

Margiela Street Casting Fall 2007

La traccia che Margiela intende lasciare nel mondo della moda affonda le sue stesse radici sulla storia della moda dalla quale tutto il lavoro dipende. Sono i lavori di epoche passate a permettere l'innovazione e la creatività delle opere dello stilista. Quasi a voler concretizzare tutte le possibili definizioni del termine “decostruzione”, in particolare quella che lo intende come il contrario di costruzione: gli abiti sono incompiuti, disfatti e volutamente distrutti. Il lavoro della Maison si orienta su un percorso bidirezionale: for mare e de-for mare, costr uire e distruggere, fare e disfare. Pur proponendo molti temi racchiusi in ogni abito fatto sfilare in passerella, il brand è convinto che è chi indossa, che mette in risalto le personalità dei modelli, spesso non professionisti, a dare significato ai tessuti, ai disegni e alle forme. La Maison non prevede interpretazione per il proprio lavoro. Margiela punta su un'alta tecnica sartoriale e, nonostante spesso gli abiti appaiano come non finiti, la loro qualità si può definire finita. I vestiti sono unici per l'attenzione ai dettagli.


"Quando non sono indossati questi pezzi sono completamente piatti.�

La sfida per la primavera del '98 ha coinvolto la geometria, in particolare come fare vestiti bimodali che sarebbero perfettamente piatti se non su un corpo tridimensionale.


UP-CYCLED La moda di Margiela è stata definita anche come upcycled fashion: gli indumenti si compongono di materiali inconsueti come la porcellana, le carte da gioco, il nastro adesivo in un lavoro di bricolage fashion. L’up-cycling è un processo di riutilizzo nel quale alla materia viene aumentato il valore culturale, facendo sì che il prodotto moda diventi un prodotto culturale, bene immateriale diretto ad un pubblico di consumatori che lo vedono in funzione espressiva ed estetica più che esplicitamente pratica. Il lavoro al quale l'abito è sottoposto lo porterà ad aumentare lo status originale, ad elevarsi rispetto alla sua incarnazione primitiva. Banalmente rapportato al processo di riciclaggio, l'upcycling prevede un balzo non indifferente dalla condizione di materiale di scarto a pezzo unico da haute couture. Margiela Porcelain Vest, 1989


IL TEMPO In tal senso il lavoro dello stilista può essere visto alla stregua del lavoro dadaista di Marcel Duchamp, citato nell’introduzione che, con i suoi ready-made, oggetti quotidiani spesso effimeri elevati a opere d’arte senza tempo. A dare l'alto valore che caratterizza gli abiti di Margiela sono il significato intrinseco dell'oggetto, il tempo che l'abito contiene, plusvalore non indifferente che si va a sommare al lavoro di up cycling, e il nuovo contesto nel quale il prodotto è inserito. I sarti e modellisti della linea Artisanal infatti vengono pagati a cottimo, ovvero in base alle ore effettive di lavoro impiegato. Artisanal basa tutta la sua essenza sul tempo che è sia, come anticipato, il tempo di realizzazione del capo, riportato sull'etichetta, che il tempo trascorso, fonte di valore emotivo ed emozionale. Al di sopra di tutto la possibilità per Margiela di concedere la seconda chance, la possibilità di reincarnazione, la conversione di mazzi di carte in gilet, la metamorfosi di vecchi guanti che, disposti a collage, diventano giacconi, l’accorpamento di inutilizzati festoni natalizi che appaiono come una giacca di pelliccia.

Margiela Spring 99’, artisanal silver painted tweed blazer


SS 2006 Artisanal

MM Travel jacket

Artisanal Comb Dress 2009


DA 0 A 14 Le linee della Maison sono: – Linea '0 Linea Artisanal, introdotta per la Primavera-Estate 2006, è presentata durante la settimana della moda Haute Couture di Parigi. Ogni pezzo della collezione, realizzato a mano con l'intento di dare nuova vita a pezzi vecchi e abbandonati, è dotato di una “scheda illustrativa” che riporta la collezione di riferimento, numero del capo e breve titolo, descrizione, colore, quantità di capi realizzati, dimensioni e ore di lavoro. – Linea '1 Linea originale e primaria di Maison Martin Margiela del prét-à-porter che ha debuttato in primavera-estate del 1989 a Parigi, al Café de la Gare. Le collezioni di questa linea sono state più volte il soggetto principale di mostre ed esposizioni. A caratterizzarle l’etichetta completamente bianca. Sfila solitamente a Parigi durante la settimana della moda.

– Linea '3 Linea di profumi creata in collaborazione con L'Oreal Luxury Products Division.

– Linea '4 Linea basica donna, costituita da quei capi che non dovrebbero mai mancare in un guardaroba femminile.


– MM6 Seconda linea womenswear, creata nel 1997, il nome rimanda all'approccio ai codici della Maison senza compromessi. È una linea più casual, caratterizzata da tagli e stampe contemporanee. Idee concettuali si fondono con tessuti unici per creare un guardaroba di tutti i giorni dai tratti distintivi.

– Linea '8 Collezione di occhiali creata, per la prima volta, nella stagione P/E 2008.

– Linea '10 L'equivalente al maschile della Linea '1, ha debuttato nel mese di ottobre del 1998, dieci anni dopo la nascita del brand, per la collezione primavera estate del 1999.

– Linea '11 Collezione di accessori per donne e uomini costituita da borse, cinture, piccola pelletteria e alcuni articoli di gioielleria.


– Linea '12 Collezione di gioielli realizzata in collaborazione con il gruppo Damiani nel luglio 2008. —La linea '13 è stata introdotta nel 1999 con una selezione di oggetti. per la casa. Si è rafforzata nel 2010 con l'uscita di una collezione di mobili. – Linea '14 Equivalente della linea '4 per la donna, linea composta da pezzi essenziali per il guardaroba maschile. Ne fa parte la Linea Sartoriale, capsule collection, identificabile dalla scritta corsiva in oro “Maison Martin Margiela” nel rivestimento della tasca della giacca. —Linea '22 La collezione A/I 2005/06 è la prima a contemplare un'intera selezione di scarpe uomo e donna. Un numero circoscritto di calzature veniva solitamente presentata come parte delle linee '1 e '10.


—Replica Ogni stagione, dal 1994, attualmente nelle linee '4 e '14, inizialmente nelle linee '1 e '10, vengono inseriti alcuni indumenti e accessori che vengono chiamati “Replica”, sono capi già esistenti che la Maison vuole rimangano esattamente come sono stati trovati, senza subire modifiche. Vengono riprodotti e riportano una seconda etichetta che illustra la loro origine, la funzione e a che periodo risalgono. I designer della Maison hanno il compito di garantire la riproduzione dei capi il più verosimilmente possibile. I capi che fanno parte di queste collezioni hanno già superato la prova del tempo. – Interior Design Oltre alle collezioni, l'identità unica che caratterizza la Maison si riconosce anche negli spazi (showroom e negozi) con elementi caratteristici e distintivi come l'uso dei bianchi, tessuti in cotone, i trompe-l'oeild, i mix di stili ed epoche con l'introduzione di componenti ironiche al fine di creare una particolarissima atmosfera.

Maison Champs Elysées arredata da Margiela


COMUNICAZIONE Il prodotto culturale proposto dalla Maison, inteso come bene immateriale, diretto ad un pubblico di consumatori per i quali ha funzione estetica ed espressiva, ci fa trovare davanti ad abiti che non hanno una finalità puramente commerciale, e che contengono un insieme di significati che sono veicolati tramite i più o meno classici canali di comunicazione. Nell'intento di preservare l'anonimato, per il brand è necessario trovare altre vie di comunicazione, rispetto alle canoniche interviste. In questo senso i social-media si rivelano utilissimi: utilizzandoli è possibile raggiungere direttamente i consumatori senza apparire direttamente e preservando la componente misteriosa. Nel sua pagina web in cui è presente anche l’E-shop si è sempre aggiornati su eventuali presentazioni o campagne in giro per il mondo come il video che han ideato per la collaborazione con H&M.

Street Marketing per la collaborazione con H&M


DESIGN DEMOCRATICO La progettazione è vista come processo collettivo, non a caso, in ogni intervista, la Maison parla in prima persona plurale. Come ognuno ha un ruolo all'interno della squadra, ognuno deve avere voce all'interno del gruppo di lavoro. Il termine design democratico è riferito anche e soprattuto alla visione del consumatore come di colui al quale l'azienda non richiede alcuna interpretazione specifica per il proprio lavoro. Pur proponendo molti temi in ogni collezione, la Maison è convinta che l'interpretazione spetti solo a chi indossa il capo. Team Margiela in Camice Bianco


IL BIANCO Il bianco, nella sua totalità di gradazioni è l'anonimo per MMM, ciò che è concettualmente indefinito. È l'opposto di nero, una posizione precisa, ma anche una tela bianca, una nuova possibilità di espressione, uno spettro di tonalità. L'intero team di progettazione nell'head quarter e il personale di vendita negli store indossano camici bianchi: simbolo di appartenenza ad uno stesso gruppo, rifiuto della gerarchia e omaggio agli atelier dell'alta moda di un tempo. Bianco è anche la contraddizione di chi lo indossa, la volontà di rimanere anonimi vestendo il colore della luce.

SS 2005 white dirty bike leather jacket


STANDARDIZZAZIONE E’ un'altra caratteristica che rafforza l'identità del marchio e la sua spettacolarizzazione. Margiela fa spesso riferimento al manichino (stockman), oggetto standard e stereotipato, che si fa mezzo di comunicazione per trasmettere, paradossalmente, il desiderio di non parlare e di non concedere interviste. Manichini in movimento diventano spesso le modelle sulle quali bocche, occhi o corpi compaiono, in diverse occasioni, strisce orizzontali piuttosto che maschere, piÚ o meno decorate, a copertura integrale del volto.

Iconic Stock-man Dress From SS 1997


LUOGHI Per le sue sfilate Margiela sceglie posti non comuni, spazi performativi che sa rendere performanti. Le locazioni variano, a partire da quel Caffè de Guerre che nel 1988 a Parigi è stato scelto come luogo dove proporre la primissima collezione e dove modelli e modelle sfilavano su una passerella di cotone bianco. Uno show al confine con la performance artistica, in cui modelle “bagnate” di vernice rossa sfilano con il volto completamente coperto da una maschera di stoffa, un giusto escamotage per focalizzare l’attenzione unicamente sugli abiti. L'anno seguente la scelta ricade su un area deserta del ventesimo arrondissement. Negli anni si susseguono il corridoio di un grande magazzino, un parcheggio immenso e vuoto a nord di Parigi, i vagoni della metropolitana di Saint Martin in disuso dal 1939, il deposito dell'Esercito della Salvezza. Questi “spettacoli simultanei” prendono vita in un ospedale abbandonato a Montmartre, nella tromba delle scale di una vecchia casa a Pigalle, in un supermercato vuoto e nel 1994 in quello che diventerà poi lo showroom Margiela: il primo laboratorio di motori elettrici della metropolitana di Parigi. Margiela P/E 1988, rare pic


A/I 1989 – Schizzo esplicativo per un’uscita della sfilata; gilet realizzato con il tessuto usato come passerella per la sfilata P/E 1989

Gli inviti per la sfilata P/E 1990 furono realizzati dai bambini delle scuole vicine all’head-quarter della maison.

P/E 1990: Una canottiera ingrandita in scala 200% costretta in una maglia di rete aderente si trasforma in drappeggiato abito lungo da sera


La sfilata Primavera Estate 1992 si tenne nella stazione della metropolitana Saint-Martin di Parigi, chiusa dal 1939 e illuminata appositamente per lo show con la luce di 1600 candele.

Sulla pelle delle modelle erano dipinti motivi decorativi tratti dai capi indossati e sul naso, vicino all’angolo interno degli occhi erano applicati due brillanti.


ARTISTA ≠ STILISTA La scelta di Renzo Rosso è stata coraggiosa e, secondo i primi commenti, molto apprezzata, soprattutto da coloro che vedono, in questo strambo matrimonio, il tanto auspicato ritorno alla sartoria e confezione dei capi. Negli anni sono state diverse le performance artistiche che hanno visto protagonista la Maison di moda e i suoi prodotti, a ulteriore conferma del sodalizio che vede l'arte e il fashion sempre più spesso affiancati. Il brand sostiene, in realtà, che il lavoro dell'artista e il lavoro del designer di moda, siano molto diversi in quanto l'azienda fashion ha tempistiche da rispettare e diverse attività realizzate in collaborazione. Lo stesso prodotto è presentato tramite solito mezzo, in un contesto industriale, servendosi di attrezzi industriali per produrlo. Gli artisti, al contrario sono liberi di determinare gli strumenti con i quali esprimersi, gli intervalli con i quali presentare i propri lavori, i mezzi con i quali produrre e i modi di vendere l'opera d’arte. Ad accomunarli c'è, sostanzialmente, la creatività.

Abito con muffe


L'esposizione artistica diventa però uno strumento di comunicazione importantissimo per veicolare contenuti e messaggi. Tra le mostre più importanti si ricorda la “4/9/1615” allestita a Rotterdam nel 1997 all'interno del museo Boijmans van Beuningen. Nel padiglione di vetro della struttura sono esposti 18 manichini, vestiti con le riproduzioni dei capi più rappresentativi delle collezioni precedenti. Grazie alla collaborazione di un importante microbiologo olandese, ogni abito viene trattato con ceppi diversi di batteri, lieviti e muffe. Il tutto è isolato dall'aria e l'azione dei batteri fornisce diversi colori e texture ai capi, dei quali viene cambiato completamente l’aspetto.

Mostra 4/9/1615 con alcuni capi iconici sotto l’azione dei batteri


JOHN GALLIANO La P/E 2015 vede il ritorno di uno dei più grandi couturier degli ultimi anni, quel John Galliano cacciato da Dior dopo la pubblicazione di un video che lo ritrae, ubriaco in un locale di Parigi, inneggiare al nazismo. Lo scorso ottobre Renzo Rosso, presidente del gruppo OTB, ufficializza la proclamazione dello stilista inglese a direttore creativo di Maison Margiela con non pochi dubbi e polemiche: si teme che una personalità forte, dai tratti così caratteristici vada a scontrarsi con quella che è sempre stata la filosofia della Maison, il non servirsi dell'immagine fisica di un designer per promuovere il lavoro, con la certezza che l'assenza fisica possa vendere prodotti, creare un marchio forte e attirare seguaci devoti. Nonostante Galliano abbia sempre avuto un approccio alla moda meno minimale e più barocco e sfarzoso questa collaborazione si sta rivelando sempre più interessante. Lo stilista supervisionerà la progettazione di tutte le linee Margiela.

Spring 2017,effetto Trompe l’oeil


ANONIMATO L’invisibilità nel cinema e nella musica

Le maschere ricorrenti di Margiela che raffigurano l’alienazione degli individui dalla realtà

L'anonimato ha un potere profondo e nell'epoca in cui tutto è sovraesposto, anche e soprattutto grazie ai social-media, non è mai stato più potente e redditizio. Pensiamo ad esempio all'artista Banksy, che da anni provoca la società con i suoi graffiti senza che nessuno conosca il suo volto, solo ultimamente si vocifera sia Robert del Naja dei Massive Attack oppure Blu e il suo team di Street Artist da sempre senza volto. L'anonimo è mistero e da sempre il mistero affascina inconsciamente l’uomo. Cosi come Martin anche altri artisti famosi son noti per proporre il mito dell’assenza proprio in un mondo che non può rinunciare all’immagine. Sto parlando di anni in cui non sempre l’invisibilità si trattava di tecnica di marketing come può esserlo ora ma anche semplicemente di riservatezza. Sto parlando dell’ attrice Greta Garbo, ritiratasi dalle scene al colmo del suo successo a soli 36 anni sfuggendo per sempre alla notorietà sino alla sua morte, dei cantanti italiani Mina Mazzini, ormai da quarant’anni ritiratasi nella sua residenza in svizzera ma ancora molto attiva, Lucio Battisti sempre restio ad apparire in pubblico e in ultimo della leggenda letteraria contemporanea di Elena Ferrante, scrittrice di successo internazionale che nessuno ha mai visto.


Mina e Battisti, Teatro 10, 1972

Greta Garbo, ritratto di Clarence Sinclair Bull, 1931


Comme des Garcons


GLI INIZI Kawakubo nasce nel ’42, nel Giappone occupato dagli americani. Uno dei suoi primissimi ricordi è legato allo scoppio della bomba atomica. Bonnie English riferisce che il periodo dell’infanzia di Rei Kawakubo è storicamente noto in Giappone come kuraitani, la Valle Oscura, per l’estrema povertà e crisi sociale, culminata poi con la tabula rasa di Hiroshima e Nagasaki. Laureata all’Università di Keio in Letteratura e Filosofia a ventidue anni, Kawakubo vuole più di ogni altra cosa essere indipendente ed inizia a lavorare nel reparto pubblicità dell’azienda di moda Asahi Kasei. Fonda il marchio Comme des Garçons nel 1969, iniziando a sperimentare le sue decostruzioni quando in Occidente si impazzisce per la minigonna di Mary Quant, le fantasie optical di Pierre Cardin, le suggestioni levigate dell’era spaziale di Paco Rabanne, gli epigoni della Swinging London e le tuniche etniche della Summer of Love. Rei Kawakubo continua per la sua strada durante gli anni Settanta delle zampe d’elefante, delle sinfonie di colori caldi, delle varie eredità glam rock.


Pierre Cardin, Optical Fantasies Paco Rabanne, Vogue Italia 1966


Leonardo daVinci Sketch

Maglione CDG fotografato da Peter Lindbergh nell’82’ e shirt Destroy della Westwood

Rei Kawakubo mostra fin da subito una visione avanguardista incredibile, che la fa essere in anticipo sul corso della moda di una generazione, se non di due. Per intenderci, nella fenomenologia degli stili dell’arte, Leonardo da Vinci era in anticipo di una generazione, ovvero faceva quello che avrebbero fatto in massa i pittori nati venticinque anni dopo di lui. Nel 1973 Kawakubo apre la sua prima boutique in Giappone. Il suo scioccante debutto alle sfilate di Parigi avviene nel 1981. In mezzo ai colori sgargianti e alle forme trapezoidali dell’edonismo anni Ottanta, in mezzo ai viola, ai fucsia e ai blu elettrici, Rei Kawakubo propone una collezione completamente nera. Josh Sims afferma che “a lei va il merito di aver introdotto toni scuri nella moda, ma anche tessuti invecchiati, cuciture a vista e buchi fatti apposta.” Con l’esclusione della coeva Vivienne Westwood, sulle passerelle non si erano mai viste lacerazioni e buchi nei maglioni, come nel celeberrimo capo fotografato da Lindbergh nell’82.


COME UNA BOMBA ATOMICA: Hiroshima Chic La prima collezione Hiroshima Chic fin dal titolo fa riferimento alla catastrofe, alla distruzione totale, al post-apocalisse. Il nero è quello dei fiocchi di cenere di un fall out radioattivo che tutto cancella, ma, nello stesso tempo, è anche quello della terra resa più fertile dall’antica pratica di incendiare i campi. Caroline Newell sostiene che fin dal suo debutto nel 1981, Rei Kawakubo è rimasta fedele al colore nero. I volti dei modelli di una delle prime collezioni sono segnati da macchie di trucco che alludono a cicatrici ed esiti radioattivi. Le teste sono coperte da bande nere annodate in copricapi di fortuna, che rimandano anche ad un’idea occidentale di Medioevo, per la somiglianza con gli elaborati turbanti dei ritratti gotici e fiamminghi.

SS 1982, Hiroshima Chic


Copricapi che ricordano quelli dei ritratti gotici o fiamminghi


COME I RAGAZZI Sbarcata a Parigi in un periodo di colore e buon umore in cui vivace era sinonimo di “griffato” Rei ha ricercato e perfezionato il carattere androgino delle sue sfilate; ha dipinto di nero il ventunesimo secolo. Kawakubo anche con la volontà di restar in secondo piano, per quanto riguarda le pubblicità, con la sua politica di concedere interviste solo di rado e dando alla società un nome criptico in francese “Come i ragazzi” di c u i a m av a i l s u o n o h a d i m o s t r a t o , s e mp r e controcorrente, di percorrere strade non battute. Priva di formazione nel disegno di moda dice di se stessa: ”non so come sarei stata se avessi ricevuto un addestramento formale nella moda, forse Comme des Garcons si sarebbe evoluto in maniera diversa, la cosa più importante è che abbia iniziato a far le cose che volevo per conto mio come quando inizia a disegnar i capi che volevo indossare e che regalavo agli amici”. Hiroshima Chic 1982 si noti nella modella di sinistra un chiaro riferimento alla cantante post punk Siouxsie Sioux della foto a destra


CDG Shooting in 80’s Georgia di Brian Griffin

Vetements Street Shooting SS 2018

Giunse alla moda con il concetto di rinnovare alcune cose, di sfidare i preconcetti, una posizione pericolosa in un settore che molto preferisce l’immagine di marca sulla credibilità piuttosto che sulla creatività. Si è fatta portatrice dell’indipendenza rispetto agli antiquati ideali di bellezza, dalle concezioni tiranniche del ruolo della donna nella società e dalla minaccia proveniente da società desiderose di assorbirne altre. Si è costruita la sua azienda sia artisticamente che finanziariamente, ha conquistato la sua indipendenza. Negli anni ’80 rivela sempre a Josh Sims su ID: “Compresi che se ciò che stavo facendo era qualcosa di immediatamente intelligibile da chiunque, allora avrei avuto veramente successo nei miei obiettivi. Non volevo essere l’ennesima casa di moda tra le tante. Volevo realizzare una nuova prospettiva.” Tale bisogno di rompere gli schemi è sopravvissuto anche nei suoi profumi: la linea Odeur 53, lanciata nel 1989 fu una doccia fredda sulla creazione di profumi standard, evitando le tipiche fragranze sandalo, rosa e muschio per un profumo con cenni ci caucciù e smalto per le unghie o Synthetics, con il suo tocco di catrame e pulizia a secco. E sopravvive nel suo approccio alle sfilate, sempre meno teatrali e sempre più silenziose, su una sola fila, nelle quali, invece di usare esseri umani geneticamente privilegiati, si scelgono persone normali, da attori a spazzini, come ha fatto recentemente Vetements, che secondo Kawakubo possiedono volti straordinari.


Q U E S T I O N E D I A F FA R I E INDIPENDENZA La sua energia è contenuta nel suo corpo da ninja adolescente. E’ di poche parole ma sempre decisive. Si definisce una donna d’affari e non un artista, è il suo mestiere, lo fa per vivere: “Ho sempre dichiarato di non essere un’artista. Per me, il disegno di moda è una questione di affari, si tratta solo di un modo per guadagnare soldi; è il mio lavoro; è ciò che faccio.. Ma forse trae la sua origine anche dalla volontà di rendere libere e indipendenti le persone, è un buon sistema di incoraggiare la gente a essere cosi, mediante le mie creazioni. Il disegno di moda è un buon mezzo per esprimere i valori che per me sono: lavorare duramente, essere forti, collaborare, vivere per ciò in cui si crede. Per me il design di moda è solo un’espressione di ciò che sento rispetto alla vita, ma è anche un attività commerciale. Non è falsa modestia, ma non mi sento mai soddisfatta di molte cose che faccio, ho solo bisogno di continuare a fare ciò che faccio.” Questo confonde il suo pubblico che nonostante non riesca mai a vederla né a sentirla parlare in qualche intervista, continua a crescere. CDG Adult Punk Fall 97-98, tra punk e kabuki


CONTAMINAZIONI

Linda Evangelista CDG 96’ Ready to Wear, richiamo ai colori caldi degli anni 60 e 70

CDG A/W 2012 struttura del retro di un abito che ricorda i petali di un fiore

Le sue sfilate possono partire in perfetto orario e prolungarsi indefinibilmente, a volte si troncano drasticamente nel mezzo di una colonna sonora. La sessualità, la sensualità vengono rivisitate ma anche le fasi della vita come la nascita, il matrimonio e la morte sono ricorrenti. Non di meno lo sono misteriose e mostruose protuberanze, il movimento hippy e i colori degli anni ’60 e ’70 e fantasie dal pois al floreale, la guerra e la pace e ancora il post-punk e l’estetica giapponese dai manga agli anime. Per il tema della guerra ad esempio l’ispirazione era data da una sorta di armatura tridimensionale seguita da una bambola di carta a motivi pop art. Negli anni ’80 portò a Parigi in passerella la scarpa bassa: dalla pantofola, a quella di cuoio, agli stivali da motociclista e i dr.martens rivisitati in ogni maniera; e questo in una città abituata a stilisti come Mugler che non toglievano mai il tacco dalle loro modelle.


Illustrazione d Katsuhiro Otomo, l’autore del manga Akira, per Comme des Garcons


“Mi interessa la gente. Voglio vedere passione ovunque”

Rei con il marito e amministratore delegato CDG Adrian Joffe

“La moda è bella perché è in continuo mutamento, è sempre in rapporto al cambiare della società, alle forme di governo e all economia. Mi interessa la gente. Voglio vedere passione ovunque. Trovo ispirazione nelle persone che mi circondano. La bellezza o l ‘eleganza sono questioni soggettive personali e io non ho una definizione di bellezza. La mia idea di ciò che è bello muta costantemente.” In giappone, specialmente dalle donne è vista come una leader di un movimento filosofico o religioso, il suo lavoro è concettualmente intelligente e sperimentalmente umanistico.


Yohji Yamamoto

Issey Miyake

Issey Miyake AW 13’

Yamamoto Fall 17’

“I miei disegni partono da zero, senza riferimenti esterni” Rei è stata alla guida della rivoluzione decostruzionista, insieme ai sui compatrioti Issey Miyake e Yohji Yamamoto e più tardi Martin. Karl Lagergeld, Tom Ford, McQueen si dichiarano devoti seguaci di Comme, mentre lo stesso Margiela, Ann Demeulemeester, Hussein Chalayan e Nicholas Gesquiere riconoscono di dovere gran parte della loro visione alle barriere abbattute da Kawakubo. Il suo punto di partenza, quello che ha ispirato grandi stilisti è quella di disegnare partendo da zero, senza riferimenti esterni. “Accumuliamo troppi bagagli, così diviene più arduo iniziare da zero. Comme des garçons ha sempre cercato nuove vie per esprimere la bellezza e la libertà, e questa missione diviene inevitabilmente sempre più difficile con il passare del tempo, ma non credo di aver raggiunto tutti i miei obiettivi, devo andare avanti, ho anche la responsabilità di 500 persone che lavorano per il marchio.” Avendo confessato di non sapersi esprimere tramite la parola o la scrittura, la moda è diventata il suo mezzo di comunicazione.


WHITE DRAMA Proprio in riferimento al ciclo vitale si ricorda la collezione Comme P/E 2012, intitolata White Drama, intrisa di intenso simbolismo ed orchestrata per confondere, provocare e deliziare in egual misura. Forse una delle più memorabili della sua carriera con 33 look tutti, per la prima volta, completamente bianchi carichi delle emozioni dei momenti più importanti della vita, la nascita e il battesimo, la morte e la trascendenza. Come sempre la casa non ha fornito alcuna spiegazione a parte il breve sunto dell’amministratore delegato Adrian Joffe nonché marito di Rei: “Tutto ciò che fa la felicità e la tristezza nella vita”. Sally Singer, direttrice della rivista T, sostiene che gli abiti avessero a che fare con il satin e i fiori e l’eccessiva femminilità dei sogni delle fanciulle e di quelli ad occhi aperte delle spose, qualcosa di romantico e onirico allo stesso tempo. Molti han commentato lo spettacolo paragonando il matrimonio ad una prigione ma c’ è dell’altro, è tutto molto più complesso e attraente. In Giappone il bianco rappresenta la morte e non la purezza come in occidente, questa ambiguità rende difficile pensare ad una collezione dedicata alle nozze. PE 2012 White Drama


Palais de la Femme, Parigi

Gary Card, uno degli acconciatori della sfilata si esprime anche sulla natura del bianco usata: “è raro che il bianco sia completamente bianco, la luce e i colori che lo circondano ne cambiano totalmente la tonalità. Mi piace come imita i colori, sotto questo aspetto il bianco può essere qualunque cosa!” Un altro particolare sta nella prima sposa che sfilò con un classico abitino anni ’70 color avorio, dalle maniche lunghe e un delicato sbuffo sul retro; nel punto in cui ci si aspetterebbe un mazzo di fiori invece c’era un grosso fiocco in satin che teneva legati i polsi. Kawakubo non ama definirsi femminista ma forse alludeva in modo elegante al carattere di servitù insito nella sacra unione? Anche il luogo scelto non era casuale, infatti si trattava del Palais de la Femme a Parigi, un antico convento che oggi offre rifugio alle donne in difficoltà. L’eco e il freddo presenti insieme a “In Dark Trees”di Brian Eno hanno reso un atmosfera inquieta ed austera che poco ha da spartire con quella delle nozze. La fragile natura delle fondamenta, la delicata biancheria intima in pizzo, l’abbondanza di fiori bianchi e le morbide spalline all uncinetto, protette da cappucci in velo, imbottiture di lana e cotone, e mantelli avvolgenti, offrivano sicurezza e rifugio alle indossatrici.


Inoltre guardando attentamente cosi come nella prima modella, ci si accorge che le mani sono assenti da tutta la collezione, nascoste in maniche a tromba troppo lunghe o intrappolate in mantelli o in abiti confezionati apposta per immobilizzarle. E’ un particolare inquietante che enfatizza appunto l’essere in trappola della sposa. Contrariamente, per sottolineare quanto la moda di Rei sia un espressione che inizia e finisce nella sfilata senza spesso un filo conduttore, nel 2007 le mani erano mostrate in maniera massiccia in un contesto piÚ giocoso e surreale, aggiungendo mani tridimensionali alle anche delle modelle. White drama pone domande, come del resto tutte le sue sfilate invece che fornire risposte; non si tratta solo di matrimonio, nozze e perdita della libertà personale m a e s p l o r a i l r u o l o d e l l a c o n s a p e vo l e z z a e dell’importanza di esser audaci, senza paura e intelligenti nel proporre scelte espressive.

CDG, 2007, mani ricorrenti, colorate e surreali

White Drama, Abiti che sembrano Gabbie con mani assenti


NUOVI ORIZZONTI PER IL RETAIL: DA DOVER STREET MARKET A 10 CORSO COMO AI POP UP STORE Dover street market “Saranno i modi e i contesti in cui acquisteremo i nostri abiti, non i capi in sè a rappresentare la belle époque del nuovo millennio.” Dover street market, corner Gucci

Per Rei Kawakubo rivoluzionare la moda non è sufficiente, la sfida che si è presa a carico nel nuovo millennio è quella di rivoluzionare anche le modalità di acquistare l’abbigliamento. Il negozio ideato da Rei Kawakubo a Londra è concepito per attrarre i turisti non ancora iniziati al mondo della moda che entrano solo per il divertimento di esplorare lo spazio. Il negozio a Dover street a detta di Rei è in parte ispirato al mercato di Kensington, in attività tra gli anni ’70 e ’90, un guazzabuglio di talenti quanto sconosciuti, quanto consolidati in diversi campi.


Dover street market, corner Raf Simons

Ha una disposizione in stile mercato, attentamente caotica, che in coerenza con lo spirito di collaborazione di Comme è per metà Comme, con una selezione di capi delle sue 12 linee prima introvabili in Inghilterra come Robe de Chambre, linea scura, matura e complessa e per metà concepito come mini boutique con stilisti, emergenti e non, invitati a vendervi le loro creazioni, da Azzedine Alaia, dall’ arredamento Hedi Slimane, all’etichetta underground Undercover di Juun Takashi “allievo” della stessa Rei. Le stoffe a brandelli incontrano il design teatrale, sontuosi lampadari incontrano un sobrio minimalismo. Ogni angolo rispetta l’estetica dello stilista che espone, come quello di Raf Simons, altro stilista che ha ripreso molti concetti di Comme nella sua linea, con la sua installazione a forma di scatola che pende dal soffitto. Un concept store a metà tra una galleria d’arte applicata anche alla grafica e un negozio retail, attento ad ogni minimo dettaglio dalla disposizione dei capi, dell’ arredamento e delle installazioni alla concezione dello spazio come se fosse in un intrigante perenne incompiutezza. “Sento che se per un istante sono completamente soddisfatta di un mio progetto non sarò più in grado di fare nient’altro, devo sempre avere fame. Fintanto che faccio ciò che sto facendo sento che devo continuare ad insistere”.

CDG Robe de Chambre


Bape Shark

Nigo di Bape

Comme des Garcons 10 Corso Como La vera novità che supererà tutte le altre è però il nuovo negozio a Tokyo nel 2002. All’inizio pensava di aprire un nuovo punto vendita Comme e invitare altri brand ad aprire nelle vicinanze: “Sarebbe stato bello scegliere l’ambiente di ognuno. Pensai a un negozio Undercover, a un caffè Bathing Ape, brand hip hop streetwear di Nigo, e al 10 Corso Como”. I primi due, giapponesi accettarono, ma dopo aver discusso con Carla Sozzani, sorella di Franca ed ideatrice-proprietaria di 10 Corso Como Milano apparve chiaro che non era l’idea migliore dato che Carla vive e lavora in Italia. Cosi nacque il progetto Comme des garcons 10 Corso Como come qualcosa di estremamente nuovo basato sui punti di vista e le sensibilità di entrambe. Come Rei ha rivoluzionato le boutique a una sola marca, Carla è la pioniera dei negozi Lifestyle di lusso multimarche, con le sue gallerie d’arte, librerie, caffetterie e boutique. Carla Sozzani ammette che gli piacerebbe dare a Tokyo una dimensione europea, vorrebbe realizzare un look giapponese che sia in certa misura una forma della loro cultura, ma visto attraverso il filtro europeo così che torni ad essere ancora nuovo. Carla Sozzani


10 Corso Como, Seoul


Bodega Store, Boston

Bodega Store

Questa inaspettata unione rappresenta il prossimo passo logico del progetto in sintonia con gli attuali esperimenti n e l l a ve n d i t a a l d e t t a g l i o e p a r a d o s s a l m e n t e controtendenza rispetto alla necessità di “stringere la cinghia” di quelli anni e rimane quindi un’azzardo. Sul finire degli anni ’90 nacquero i negozi Lifestyle, ovvero concept store con vendita al dettaglio di abbigliamento, ma anche bar, saloni di bellezza, librerie e gallerie d’arte; uno dei primi fu appunto 10 Corso Como di Carla Sozzani a Milano, fondato nel ’90 e successivamente ad esempio Colette a Parigi, fondato nel ’99 ,negozio dove si potevano trovare dalle prime linee come Valentino o Balenciaga alle sneakers Nike o Adidas di ultima generazione, dagli accessori ai giochi di design o anche ai libri d’arte e al ristorante al piano di sotto. Negozi sempre attenti alle ultime novità, pronte ad accogliere nuove collezioni o collaborazioni di stilisti emergenti e non.
 Comme des Garcons si è trovato proprio nel bel mezzo di questo cambiamento.



Punti vendita, Pop up store e collaborazioni

CDG, Boutique, New York

Dover street market è la prova di progetto rischioso, ma fa parte del bisogno di fare qualcosa di nuovo, raggiunge il punto culminante di una serie di inaugurazioni di negozii che sfidano il consueto approccio aziendale che enfatizza il prodotto mediante superfici lucide e materiali costosi. Altri suoi punti vendita sono assolutamente anticonvenzionali, come ad esempio la boutique sempre a Londra, allestita nel 87 da Joan Burstein della Brown’s è un angolo austero minimalista che sfida il grande hotel dorato dalla porte opposta della strada o ancora quella di New York è invece un formicaio cavernoso e organico cui si accede tramite un ondulato tunnel di alluminio posizionato nella zona di gallerie artistiche a ovest di Chelsea. La boutique di Parigi ad esempio è il risultato della sinergia tra Rei, l’architetto Ab Rogers e la progettista di interni Shona Kitchen.


CDG Boutique, Parigi, esterno


CDG Boutique, Parigi, interni


“In particolare sarebbe la nostra intenzione realizzare un negozio d’autore in cui le cose avrebbero un significato e un tema, ma il fortuito e la spontaneità giocheranno un grosso ruolo” I Pop up Store Comme des Garcons, son negozi temporanei in cui viene presentata una collezione o una collaborazione con altri brand e danno importanza alla temporaneità ed esclusività del prodotto più che all’esaltazione del brand stesso. Il negozio temporaneo è un ibrido tra comunicazione e commercio e ha cambiato la scena di retail. Si adatta al momento storico con la sua natura effimera ma fornisce un contenuto innovativo, diventando una forma di comunicazione non invasiva in grado di catturare l’attenzione. Sono state numerose le inaugurazioni di temporary store delle maggiori griffe del lusso come ad esempio Louis Vuitton che ha aperto con Comme des Garçons nel 2005 un guerrillas store per presentare le sue classiche borse ridisegnate da Rei Kawakubo.

Rei Kawakubo x Louis Vuitton


Prada Store, New York

Anche Prada ha ignorato il clima finanziario sfavorevole e ha investito su nuovi progetti per i suoi punti vendita; come quello di New York a Soho, aperto nel 2002 costato ben 50 milioni di dollari in collaborazione con l’architetto olandese Rem Koolhass. Il luogo dedicato alla vendita si trasforma in un luogo per le arti, per le conferenze e le proiezioni di film indipendenti nel week end, i ripiani in legno si trasformano in sedie, le cabine sono in vetro opaco che diventa semitrasparente premendo un bottone, vi sono alcuni pezzi di archivio Prada esposti all‘ngresso e qualcuno è anche in vendita, per chi si fosse perso qualche stagione, e un computer fornisce qualsiasi informazione si desideri su un determinato capo! Ma pur essendo futuristici e rivoluzionari questi nuovi templi della vendita sono ancora molto assorbiti nella loro marca. Ciò che sta facendo Rei è qualcosa che un uomo come Tom Ford, maestro di marketing applicato alla moda non potrebbe neppure concepire: sta sostenendo la collaborazione.


CONCETTO DI UNIFORME

CDG Leather Trench Coat

CDG Frac

Sorprendentemente, per una stilista che produce sempre novità stridenti invece che un’etica coerente, Rei pare non esser appassionata di moda fine a se stessa: “Se consideriamo il frac ad esempio, il tipo di fattura e il fatto che è stato indossato per secoli e secoli senza mai nessun cambiamento, è un capo che io considero molto potente, è stato indossato per diverse epoche , è comodo e basandosi su questa forma storica è possibile realizzare qualcosa di assolutamente nuovo, ma che possieda anche l’ autenticita di esser vecchio. Considero elegante ciò che si può indossar ripetutamente, cosi spesso che diviene proprio e quando finalmente appartiene a chi lo indossa, riesce ad esprimere il senso dello stile di una persona. Per questo mi è sempre interessato il concetto di uniforme, perché s’indossa infinite volte, il modo in cui qualcuno la porta di viene l’espressione della sua personalità”. Rei stessa specialmente negli ultimi vent’anni ha reso il chiodo una sua uniforme, rivisitandolo in tanti modi, lo ha reso un capo che si associa alla sua figura e a quella del suo brand. Lo stesso fece a partire dagli anni ’90, come Margiela col blazer nero/blu.


BUMP E DESTROY

Bump, 1997, deformità e protuberanze

Nel 1997 con “Bump” stravolse le eleganti e attillate linee femminili utilizzate dalla maggior parte degli stilisti, dando rilievo a ciò che alcuni considerano una grottesca deformità, aggiungendo protuberanze imbottite dove non ce n’erano mai state prima. “Molti stilisti rimangono eternamente aggrappati alla loro idea di ciò che secondo loro gli uomini apprezzerebbero nelle donne, dice Kawakubo, io penso che ci vuole coraggio per fare qualcosa che potrebbe uscire dai concetti stereotipati maschili di bellezza femminile. Si tratta di un principio commerciale , perché al giorno d’oggi tutte le culture sono omologate, che è divenuto parte del sistema, sebbene gli stilisti debbano sentirsi frustrati nell’imitare ciò che fanno tutti. E’ un circolo vizioso anche se sicuro, se vuoi fare qualcosa di diverso, allora devi uscire da questo circolo.” La sua terza collezione “Destroy”dell’81 menò fendenti come la spada di un samurai contro l’establishment parigino della moda, allora dominato dal glamour futuristico di Claude Montana e Thierry Mugler: le modelle stavano immobili sul palco mentre i flash scattavano, indossando gonne con maniche di giacche appese sulla parte anteriore, pantaloni con polsi di maglioni alle caviglie e scarpe basse, invece degli obbligatori tacchi a spillo.


E per il massimo della deformitĂ , nel 2006 compaiono abiti concepiti per gemelle siamesi.


CDG, Destroy, 1981


Destroy, 1981


SIX Rei tra l’89 e il ’91 diresse anche Six, una rivista biennale che si occupa prevalentemente di grafica, fotografia e ritratti, in cui compaiono pochi capi di Comme, dato che si preferisce evocare una sensazione di immagini ben assemblate.

Pagine di Six Magazines


“UNFINISHED”

Naomi Campbell, Unfinished, 1992

L’eclettica collezione del 1992 “Unfinished è una magnifica combinazione di culture globali in cui la stilista ha strappato il tradizionale trench e ha alzato le code del frac (sopracitato), mescolando tradizione occidentale, eleganza indiana e come sempre lo stile giapponese che ha nel sangue. A riguardo disse nel ’92 per the Glamour Issue: “Con questa particolare collezione ho voluto esprimere qualcosa di maggiormente spirituale. Il punto di partenza per disegnare una collezione di solito su due motivi: uno è quello dell’avere alcune idee e una sensazione astratta di ciò che desidero creare e normalmente mi affidavo unicamente a motivi geometrici, ma ciò accadeva molto tempo fa, ora cerco di creare in maniera più teorica e spirituale, in questa collezione ho unito l’espressione di elementi spirituali e sensazioni etniche. Non sono però smaniosa di mostrare tipici elementi etnici. Trovo altresì interessante combinarli e creare nuove cose”.


Unfinished, 1992, Mix Etnico


TESSUTI E MANIFATTURA CDG Homme Plus SS 17

CDG, 2014

“Uso tutti i tessuti che mi piacciono allo stesso tempo.” Rei Decide quale filo tessere ad ogni collezione con l’aiuto dello specialista Hiroshi Matsushita, che gestisce la propria fabbrica di tessuti. I tessuti di Rei tendenzialmente non presentano decorazioni superficiali, e questo è un elemento di fondamentale iconoclastia che agisce contro la nozione occidentale secondo cui il pieno coincide con il bello. Kawakubo crea moda più che parlarne, quindi ha la libertà di muoversi in ogni territorio del design senza cadere paura di cadere in contraddizione ideologiche. In un’intervista a Leonard Koren nel ’92 disse che adorava le cose con qualche difetto e la tessitura a mano è il modo migliore per ottenere tale risultato ma dal momento che ciò non è sempre possibile, tolsero una vite dai loro telai così che non possano fare esattamente tutto ciò per cui sono fabbricati.


CDG Fall 2016

“Più che creare molti abiti, vorrei che le persone valorizzassero la creatività affinché il mondo non sia colmo di abiti di nessun valore.” Ricollegandosi alla riflessione iniziale sulla progressiva omologazione, e spersonalizzazione nella moda e quindi alla perdita della propria eleganza, causata a parer mio in parte anche da grandi multinazionali come Zara o H&M che copiano ogni stagione le collezioni delle grandi linea rendendole accessibili a tutti, con una scarsa manifattura e tessuti scadenti, cosi che tutti possano vivere il sogno di vestirsi verosimilmente firmati, Rei sostiene che i suoi capi alla fine risultano cari, non perché la società realizzi enormi profitti, ma perché creano un tessuto speciale e alcune tecniche implicano una speciale attenzione ai particolari. Invece di comprare tre capi d abbigliamento al mese non è meglio acquistare uno alla propria portata? “Più che creare molti abiti, vorrei che le persone valorizzassero la creatività affinché il mondo non sia colmo di abiti di nessun valore.”


ANALOGIE TRA I DUE DESIGNER 1. Androginia

CDG FW 2012

MM, Spring 2016

Rei Kawakubo è una dei pionieri della moda androgina; quando ha iniziato con Comme des Garçons negli anni '70, era una linea di abbigliamento femminile in cui era noto il messaggio di vestirsi "come i ragazzi”. Dopo aver aggiunto la linea maschile nel 1978, continuò a sovvertire gli stereotipi decostruendo le sagome tradizionali e giocando con le convenzioni di stile e design di genere. Anche Galliano da Margiela nella SS 2016 ha portato sulle passerelle modelli e modelle vestiti in t-shirt a rete, look glam rock e occhi argentati. Nonostante la sfilata fosse femminile, includeva non solo ragazze ma ragazzi che con un look in stile David Bowie, che negli anni settanta impersonò l'alieno ambiguo e androgino Ziggy Stardust, si son confusi con la controparte femminile e sono passati inosservati.


2.Anonimato Il branding di Margiela si basava sul non avere un volto, Martin Margiela può essere sicuramente definito come il deisgner più atipico e misterioso della moda contemporanea. Fuggiva dalla stampa e non concedeva interviste, comunicando solamente via fax. Una filosofia di vita, fondata sull’anonimato e sulla discrezione, che in un certo modo si trasmette anche nei suoi abiti, dalle linee semplici ma forti e dalla purezza del bianco candido che utilizzava Anche Rei Kawakubo seppur in maniera meno estrema si è sempre rivelata sfuggente come un ninja, non appare mai al termine delle sue sfilate se non in rarissime occasioni, ha concesso pochissime interviste nella sua carriera poiché lei stessa ha ammesso di non esser brava a parole ha sempre lasciato parlar le sue creazioni. Anche suo marito Adrian Joffe la vede una sola volta al mese, poiché abitano in due case separate per il suo bisogno costante di intimità, solitudine e riflessione.


3.Asimmetria e Metamorfosi

CDG Fall 2011

Entrambi giocano sulle linee verticali e orizzontali delle lunghezze spezzate, sulla metamorfosi e asimmetria. Indimenticabili in questo senso il cappotto lungo nero, a sinistra di lucido raso indaco, a destra di tessuto opaco che assorbe la luce della Fall 2011 di Comme. Alcuni capi rimangono come incompiuti, a metà , congelati nel processo metamorfico della creazione, cappotto da una parte, esile coprispalla d’altra.

Margiela Belts Coat


3.Decostruzione Comme des Garcons e Maison Margiela rimangono fedeli all’estetica dedita alla pulizia estrema che “decostruisce” anche i capi più essenziali trasformandoli in vere e proprie opere d’arte. Segnarono il minimalismo degli anni 90 di brand come Calvin Klein, Prada o Donna Karan e ne sovvertirono le regole.

Margiela, 2011

CDG Dress


CDG, 2018, vestito con texture che richiama le opere dell’Arcimboldo

4.Importanza della Storia Per entrambi la storia della moda, ma anche dell’arte e dell’umanità è fondamentale. Per rivoluzionare qualcosa, qualsiasi cosa nel presente, ci vuole una conoscenza di ciò che c’è stato prima, di ciò che si vuole cambiare. Le radici culturali più disparate sono sempre evidenti nei loro capi. Lo si può notare nelle collezioni di Martin da direttore creativo di Hermes dal 1998 al 2003 , arrivato in azienda ha saputo coscientemente abbinare la sue estetica a quella di Hermes pur rimanendo fedele alla sua storia, alle sue forme e linee pulite e ai suoi colori.

Margiela da Hermes


Hermès by Martin Margiela – A/W 1998 – A/W 2002 – A/W 2003 – S/S 2003


5.Luce ed Ombra, Bianco e Nero Margiela, Giacca a settori con diverse gradazioni di bianco

Margiela, AI, 96’ , modelle tinte di bianco e marrone

"Se lei vede il mondo in nero, io lo vedo in bianco", È diventata una completa simbiosi» Queste son le parole dette da Martin riferendosi a Jenny Meirens, pioniera del fashion retail, sua amica e collaboratrice nella parte gestionale e commerciale del brand, fu lei a scoprire Martin ad un concorso che non vinse e a fargli produrre i suoi primi capi, che vendette nel suo negozio in Belgio, all’epoca molto esclusivo poiché l’unico in Europa ad avere brand giapponesi come CDG. Nella loro lunga collaborazione alternavano varie gradazioni di Bianchi e di Tessuti neri più o meno usurati e giocavano coi contrasti. Rei Kawakubo fece del nero il proprio cavallo di battaglia oscurando i colori vivaci della Parigi anni 80, collegandolo a temi come la guerra e il gotico e successivamente come abbiamo visto ad esempio nella collezione White Drama scelse total look ed abiti completamente bianchi che evocavano le cerimonie della vita come il battesimo o il matrimonio


CDG, 2011, Contrasti


6.Sovrapposizione e Assemblaggio

CDG, Fall 2018

Sia Martin che Rei hanno sempre dato grande importanza alla qualitĂ e provenienza dei tessuti, mixando, giustapponendo e stratificando e decorando qualsiasi tipo di tessuto dai piĂš classici come lana cotone o pelle ai piĂš tecnici come Nylon o Poliestere creando combinazioni visive e tattili sorprendenti e coraggiose. Margiela, Spring 2016

CDG Dress

Margiela, Flower Application


MM, Spring 2016

In questa giacca si nota come Rei abbia sempre citato la tradizione giapponese, che ha declinato l’arte dei nodi in svariate forme, dalla tortura marziale o sessuale dello shibari e del kinbaku, fino ai codici di seduzione insiti nel modo di annodare il tradizionale obi, la cintura che cinge il kimono.


6.Ribellione


7.Riciclo Anche al di fuori di un ottica prettamente ecologica, hanno entrambi sempre riutilizzato capi di seconda mano, scartati, per crearne di nuovi con raffinate tecniche sartoriali.

CDG Patchwork Jeans Dress MM 2015


DIVERGENZE Scomposizione Architettura capo La sostanziale differenza tra i due designer se si analizza la complessa totalità del loro operato sta nell’approccio spesso più concettuale nella creazione dei capi di Rei rispetto che Martin. Rei arriva a produrre vere e proprie opere d’arte che non devono esser necessariamente abiti. Martin applicava una scomposizione più minimale e tendenzialmente risaltava le forme maschili e femminili apportava modifiche sfuggenti e non appariscenti specialmente negli anni 90, prediligeva il bianco e il nero, si esprimeva per oppostI e seppure con mix di tessuti e tagli di ogni tipo la forma giocava su un assemblaggio di elementi per arrivare a costruire un abito portabile. Rei Kawakubo in alcune sue sfilate invece stravolgeva totalmente l’architettura e le linee degli abiti tanto da non individuarne più la sua origine che a volte non esiste.

Comme des Garcons 2016


Le aggiunte di tessuti, i patchwork, le sovrapposizioni di altri capi nel suo caso non modificano una parte del capo ma ne determinano nuove strutture che spesso non si adattano al corpo femminile o maschile, non pongono in risalto le curve umane, sono veri e propri attacchi d’arte. Lei stessa ha sempre rifiutato di spiegare e motivare le sue creazioni, rimane molto complicato quindi riassumere l’intero suo percorso proprio perché ogni sfilata era una sorpresa, spesso non aveva nulla a che vedere con quella precedente, proponendo sempre nuovi temi e nuovi puzzle di forme e colori. Ci son ovviamente eccezioni da parte di entrambi in cui si riscontra anche il contrario, manomissioni pompose e arzigogolate da parte di Margiela e più neutre da parte di Comme, anche perché ricordiamo che entrambi sono passati dal minimalismo degli anni 90 e pur decostruendone le linee le fondamenta sono spesso le medesime.

Margiela, 2016


Raf Simons, SS 2000

L’ESTETICA MINIMAL DEGLI ANNI 90 E IL LASCITO DI ALCUNE SUE SUBCULTURE NELLA MODA Gli anni 90, con l’avvento di alcune subculture come la club culture e il movimento rave e quindi della Techno dal suono alienante dritto e deciso e il lascito punk e postpunk degli anni 80 hanno portato a linee estetiche ben definite traslate anche nell’abbigliamento e quindi nella moda di quegli anni. Un’estetica che si riscontra nei fruitori della techno dal centro Europa, dell’hardcore dall'Olanda e dei rave dall’inghilterra, ovvero vestiti in jeans, pelle o tessuti tecnici, abbinati a quelli classici, prevalentemente neri, o in contrasto col bianco o con colori flou e accessori industriali in acciaio, occhiali futuristici, capi tradizionali ma decostruiti, tagliati o rattoppati, scarpe grosse con la zeppa e le rifiniture in plastica.


Spiral Tribe

Margiela Futuristic Sunglasses


Minimalismo: DKNY, PE 96’

Questo decennio si è fatto portavoce anche del termine "Minimal" che sicuramente è uno dei termini più abusati nel mondo della moda. Con solo una parola è possibile evocare un'intera estetica, caratterizzata da linee semplici, silhouettes fresche, una palette monocromatica e l'assenza di abbellimenti superflui, gli abiti minimal difficilmente sono riconducibili al brand che li ha ideati, dando così a chi li indossa la possibilità di rimanere nell'anonimato sfoggiando creazioni senza tempo. Il minimalismo si adatta a ogni cultura e generazione e cambia in base a chi lo indossa. Ma è soprattutto un concetto europeo, ereditato dai movimenti artistici quali il Modernismo e il Bauhaus, che la moda ha reinterpretato attraverso gli abiti con brand che hanno decostruito le forme degli abiti minimal, dando vita spesso a silhouette aliene come appunto il belga Margiela e la giapponese Rei Kawakubo che hanno creato una loro scuola da cui successivamente tanti hanno tratto ispirazione, tra cui Shaye Oliver di Hood by Air, Raf Simons, Demna Gvsalia e i giapponesi Facetasm, Sacai e Undercover.


Helmut Lang, AI 99’


Heron Preston FW 17

Gosha Rubchinskiy FW 16

Dior Homme Fall 17


EREDITA’ - Raf Simons

Raf Simons boots Spring 2008

Raf Simons 2014

Classe 1968, Raf Simons nasce in Belgio nella minuscola cittadina di Neerpelt. Ascolta gli LP dei Kraftwerk e dei Joy Division che scova nell’unico negozio che conceda uno spiraglio sul mondo esterno, ma nel rigido liceo cattolico che frequenta lui e i suoi amici vestiti di nero non sono compresi ma piuttosto isolati. Durante gli studi di Design Industriale si appassiona al nuovo concetto di moda sperimentale di cui Anversa e’ la capitale, e per la prima volta a 19 anni prende in considerazione la carriera di stilista e di abbandonare il design. Ma a causa della sua perseveranza nel campo ormai intrapreso la sua prima collezione verrà alla luce solo 8 anni dopo. Durante un periodo lavorativo da Walter Van Bierendock Raf si commuove mentre assiste alla sua prima sfilata: proprio quella di un giovanissimo Martin Margiela alla sua terza collezione rivoluzionaria. L’impatto è devastante, e solo in quel momento Simons comprende il significato che la moda può assumere: libera, creativa, anti-convenzionale e al di fuori di qualsiasi schema prestabilito.


Raf Simons dedicated to Margiela Fall 16

Il drastico cambio di rotta arriva sotto la spinta della direttrice della scuola di Anversa Linda Loppa, con l’abbandono della carriera di industrial designer e la creazione della prima linea uomo sotto il suo nome nel 1995. Quando oggi gli viene chiesto il perché della sua scelta Raf Simons risponde che un industrial designer crea oggetti in modo indipendente, per poi allontanarsene e lasciarli alla fruizione delle persone. La moda invece è in costante relazione con il corpo e la psicologia. Questo rende tutto più complicato: è una sfida. Pride in Individuality è il titolo che sceglie per presentarsi sul suo sito. Rifugge l’omologazione e i diktat del sistema della moda e delle tendenze, proprio come Martin. Subculture contemporanee e sartorialità del passato, e quindi l‘importanza della storia sono i due elementi solo apparentemente in contrasto da cui Raf Simons attinge per le sue creazioni, fondendo lo spirito ribelle della gioventù con la precisione dei tagli e delle linee. Musica, arte e scrittura i bacini culturali che lo ispirano sempre con uno sguardo rivolto all’oggi e al futuro anche quando le collezioni fanno riferimento a periodi storici e ai classici del passato la parola d’ordine è innovazione.


Proporzioni moderne, una costante ricerca di tessuti all’avanguardia, e soprattutto il connubio tra la purezza della costruzione dei capi e la sperimentazione di nuove linee che rappresentino il corpo dell’uomo contemporaneo e che proiettino sui vestiti la sua psiche. Ed è proprio la sua visone così definita e radicale che lo ha portato alla direzione creativa di Jil Sander prima (luglio 2005- febbraio 2012) e subito dopo di Dior, di cui è stato a capo fino al 2015. La nuova sfida da Calvin Klein sembra essergli congeniale grazie alla storia del brand che lo accoglie, un marchio che nonostante l’evoluzione nei decenni ha mantenuto un minimalismo dal taglio perfetto che ha resistito anche alla copiosità degli anni ’80 mescolato a elementi sottratti dallo sportswear e dall’abbigliamento informale. Così come Simons si muove tra scenari underground e linee essenziali e sartoriali.


Raf Simons ha citato Martin Margiela, nella P/E 2016. ”Non è raro che Simons si ispiri a Maison Margiela per le sue creazioni ed è nota la sua ammirazione per il designer" dice Alexander Fury, revisore di Vogue. “Ciò che è raro è come Simons sia candido nell’ispirazione e come siano chiare le linee di influenza in questa collezione.” Nella sua desolazione, nell’usura dei capi, i maglioni XXL e i cappotti che slittano e scorrono fuori dal corpo dei modelli, é tutto molto Margiela.


-Demna Gvasalia (Vetements e Balenciaga)

Vetements Antwerpen T-Shirt

Margiela Spring 2010

Dagli anni ottanta in poi è emersa prepotentemente ai bordi della moda una generazione di creativi capaci di imporre la loro visione contro il mainstream. Demna Gvasalia appartiene a questo gruppo e i suoi atti creativi sono collocabili in un momentonel quale i visionari partiti dai bordi stanno occupando il centro della moda. Agli occhi di appassionati e intenditori, sembra essere oggi il creativo il grado di perpetuare l’efficacia simbolica di grandi visionari come Margiela, Rei Kawakubo, Gaultier, Miyake ecc, ovvero costruttori di nuovi mondi moda, profeti di visioni inaspettate. A partire dal 2014, è rapidamente divenuto uno dei visionari del momento. Si sa che da bambino crebbe nella Georgia sovietica, in un contesto dove povertà e forzata autarchia potevano facilmente far emergere il fantasma del desiderio della moda (occidentale), come anche Gosha Rubchinskiy, nato però a Mosca e ora di grande successo per aver portato il look da strada sovietico sulle passerelle.


Vetements DHL logo Shirt

Margiela Replica logo sneakers

L’0rientamento verso la moda di Demna quindi potrebbe esser non solo una reazione alla povertà burocratizzata ma anche una struggente nostalgia verso un disordine estetico che, sfruttando i fantasmi generati dalla mancanza, agli occhi di un adolescente talentuoso, provocava una desiderante curiosità, deviate fantasie e reattive emozioni. L’ interesse per la moda portò Demna alla Royal Academy di Anversa, sede di una Università statale della moda famosa per aver formato alcuni degli stilisti controcorrente degli anni 80/90. Fece l’apprendista da Walter Van Beirendonck, poi presso Margiela per tre anni, ed è qui che fa suoi, alcuni dei suoi tratti distintivi per le collezioni future. Quindi viene chiamato da Vuitton, uno dei brand capaci di mantenere una certa collaborazione tra il lusso e lo spazio offerto ai team di creativi street e d’avanguardia, nel tempo infatti hanno collaborato con la casa di Rei Kawakubo, Supreme e tanti illustratori giapponesi e non. In questi primi anni di lavoro Demna, come tutti i creativi radicali, matura l’idea che la propria visione della moda possa esprimersi in modo compiuto solo fondando un proprio marchio, portando sulle passerelle uno stile estremamente contemporaneo con evidenti radici nella sua infanzia in Georgia.


Con un gruppo di amici tra cui la stylist Lotta Volkova fonda Vêtements. Alcuni capi delle collezioni a metà tra lo streetwear e l’alta moda, tra asimmetria e decostruzione stravolgono i trend contemporanei e scrivono nuovi percorsi. I fatturati di Vêtements non disturbano certo i potenti della moda, ma l’esuberanza simbolica del nuovo brand è travolgente. E il Fashion System si vendica cercando di assorbirlo tra i suoi motori. Infatti nel 2016 Balenciaga lo arruola come Art Director delle sue collezioni. Demna mette in gioco una moda senza l’orientamento verso il futuro, tutta giocata sul presente, e su di una temporalità devastata dall’immediatezza del web marketing, di cui è maestro. Gvasalia guarda la gente per trasfigurarla, fa largo uso di street casting, ferma la gente per strada e la fotografa coi suoi capi addosso. Lo stilista georgiano è un distruttore e ri-costruttore e ci ricorda molto Maison Margiela. Vetements and Margiela Oversize Coats


Vetements and Margiela Asymmetric Jeans


Vetements and Margiela Front Graphic


Maison Margiela AW 17

Vetements Puffer Jacket


-Undercover di Jun Takahashi “We Make Noise, Not Clothes” Molti stilisti impiegano anni a maturare tecniche e capacità come assistenti presso affermate case di moda prima di riuscire a lanciare i loro marchi. Jun Takahashi, invece, ha creato Undercover con un gruppo di amici quando era ancora studente alla Scuola di Moda Bunka di Tokyo e suonava in un gruppo punk, nell’aprile del 1988 ha cominciato a produrre e a vendere magliette fatte a mano, e ha cominciato la sua operazione su vasta scala nel 1991, fino a diventare a poco a poco una autorità di primo piano dello stile ‘street’ di Tokyo. Non aveva una chiara idea di ciò che voleva fare fino a quando non è andato a vedere una sfilata di Comme des Garcons: “Sono rimasto cosi impressionato che stavo pensando di iniziare a progettare una moda totalmente libera, proprio come fa Rei, non importa se sia avanguardia o strada, l’importante è creare”


L’ispirazione viene anche da Vivienne Westwood colei, che ridisegnò l’estetica punk negli 80’s: “Voglio rendere il punk elegante” afferma Jun; ed è sempre quello che ha effettivamente fatto, nelle sue sfilate anche quelle più eleganti e romantiche vi è una matrice che viene dal punk e dalla strada e ve ne sono alcune invece esclusivamente street, con grafiche da fumetto e mix di jersey e tessuti tecnici. Poco tempo dopo, nella Stagione Autunno-Inverno 1994 Takahashi ha partecipato alla Settimana della Moda di Tokyo, e nello stesso anno ha fondato ufficialmente la Undercover Co. Ltd, proprio in questa sfilata Rei chiede di poter aver uno dei suoi Bomber MA-1 abilmente deformati. Dopo aver a lungo proseguito con tenacia la sua attività di designer indipendente a Tokyo, Takahashi si è affermato sulla scena della moda internazionale con la presentazione parigina della sua collezione per la Stagione Primavera – Estate 2003. “é stata Rei a spingermi oltre i confini di Tokyo, aveva parlato a tutti di me prima che arrivassi a Parigi, oggi continua ad essere il mio modello sia nella vita che nel lavoro, è sempre stata indipendente in tutto! Anche con Margiela vi sono similitudini se si analizza la scenografia con tanto di candele del Ready to wear 2006 di Undercover proprio come nella P/E 92 di Margiela nella metropolitana. CDG, 2016

Undercover 2017


CDG, 2011

Undercover Fall 2016


Undercover 2006, Scenography with candles like Margiela in ‘92


-Facetasm “Distruggiamo l'equilibrio per poi ricostruirlo nuovamente” Lo stilista scelto dal Maestro Armani per sfilare nel suo Teatro ha provocato a tutti gli spettatori presenti shock. In un'edizione della Milano Moda Uomo un po' "a rilento" c'è sempre l'eccezione che conferma la regola. Abbiamo incontrato Hiromichi Ochiai, nato a Tokyo nel 1977, dopo una laurea alla Bunka Fashion, ha deciso di lanciare la sua personale etichetta, "FACETASM", nel 2007. Oggi, dopo 8 anni dall'esordio, è consapevole di aver creato qualcosa di unico.

Facetasm Fall ‘17


Lo rivela la sua estrema sicurezza e i tagli dei suoi abiti, me l'ha raccontato lui stesso dimostrando la devozione estrema per il suo paese. Facetasm è un brand giapponese, di uno stilista nato e vissuto a Tokyo e che non ha nessuna intenzione di allontanarsi dalle sue radici. E perché dovrebbe? “Sono nato e cresciuto a Tokyo. Ho da sempre amato la moda, ho cercato costantemente di sperimentare ma rimanendo a Tokyo. Nei miei capi nessuna ispirazione viene dall’estero. A Tokyo si può realizzare qualcosa di unico che nessuno europeo potrà mai copiare.” Il suo studio è una fucina di oggetti, tra illustrazioni, fotografie, giocattoli e oggettistica di ogni tipo. Nella sua Fall/Winter 2017/18 si colgono infatti le più disparate ispirazioni. è una continua sorpresa di accostamenti inaspettati, giubbotti oversize e forme incomplete. Margiela 2016

Facetasm Fall ‘17


-Sacai Il brand giapponese Sacai che nel 2017 ha compiuto 18 anni incarna la pura essenza della libertà creativa. Pupilla di Rei Kawakubo, Chitose Abe ha lavorato con Katie Hillier, designer di accessori e consultant per molti brand, che l’ha aiutata a trasformare la sua estetica prima in borse e poi in abbigliamento. “Mi diverto a mescolare jeans e vestiti femminili. A Tokyo non c’è un confine definito tra abiti formali e casual. La gente va la mattina al lavoro e la sera a un party con lo stesso outfit. Fondo sempre molti elementi in un unico capo che si possa portare in tutti i momenti della giornata.”

Sacai deconstructed denim bomber jacket

Margiela Blazer


Sacai Fall 2017

Margiela 2011


-Hood by air HBA è un brand streetwear di lusso, lanciato nel 2006, ripreso nel 2012, e rimasto attivo fino al 2017. Il designer è stato Shayne Oliver, ex student di Fashion Institute of Technology e New York University che ha descritto il suo design come "ghetto gotico”. Le sue influenze comprendono gli anni ’90 di Tommy Hilfiger, Polo Sport e il minimalismo di DKNY ed Helmut Lang. HBA è noto per avere un entourage di amici artisti che spaziano dalla musica all’arte concettuale e non sono mancate negli ultimi anni deliranti performance e installazioni per presentare le collezioni. Il 6 aprile 2017, Hood By Air ha annunciato che Oliver avrebbe lasciato il marchio per assumere un nuovo ruolo a Helmut Lang. Si riprendono sempre i concetti di decostruzione, di Margiela e androginia di Comme des Garcons. La collezione S/S15 infatti è stata presentata come "un'interrogazione di ciò che significa essere un uomo", una decostruzione concettuale della mascolinità attraverso una decostruzione più corretta di sartoria.

HBA SS 2015


CDG Editorial Spring 1995

CDG Fall 2006

HBA Spring 2017


Margiela Fall 2016

A cold wall, SS 18


Maria Ke Fisherman jacket

Margiela Deconstructed Coat


UNA DEDICA PERSONALE Per render omaggio a queste due grandi menti che hanno influenzato tanto me quanto la moda di oggi ho voluto sviluppare due capi spalla riciclando 4 capi di seconda mano, in vendita al mercatino delle pulci o abbandonati in armadi di famiglia Seguendo un metodo di assemblamento e decostruzione che rispetta la visione di entrambi e aggiungendoci quelle che sono le mie influenze gli ho ridato nuova vita sotto nuove spoglie.

CHIODO GESSATO

Sacai 2018

I capi che compongono il primo capospalla, ovvero un gilet chiodo, col retro in giacca gessata sono: — Un chiodo nero in vera pelle degli anni 90’ a cui ho applicato delle usure lungo le cuciture per dargli un effetto sciupato. — Una giacca vintage di Burberry in lana e cotone gessata nera. Ho scelto di utilizzare un capo iconico sia di Margiela sia di Comme come il Blazer Gessato nero, che loro hanno rivisitato in tanti modi e un capo iconico per Rei Kawakubo come il chiodo che pubblicamente, specialmente negli ultimi 20 anni, indossa sempre come fosse un “uniforme” Ho lasciato la metà anteriore del chiodo intatta mentre nel retrò vi ho applicato sopra rispettando le forme del gilet il retro del gessato con i rispettivi due spacchi. Ho cucito sotto al colletto del chiodo una parte di quello del Blazer cosi che esca di 1Cm e si possa notare il colletto gessato.


GIACCA 3 La giacca 3 è un capo che ho realizzato scomponendo tre capispalla, rispettivamente una giacca nera in stile sahariana della Vintage 55, un giaccone da Sci blu, bianco e nero in Nylon di Columbia Challenge Series ed infine le maniche scartate del chiodo che ho usato per il “Chiodo Gessato”. Il risultato è una giacca che mixa tessuto in jersey retrò, tessuto tecnico con un tocco in stile biker, grazie alle maniche del chiodo.

PANTALONE PENCES Per realizzare lo shooting mancava un pantalone, così ho trovato un vecchio tessuto da completo in lana grigio e ci ho ricavato un paio di pantaloni con doppia pences, a cui ho applicato 4 cinture da militare nere in nylon con chiusura a click nella parte anteriore del ginocchio così da stravolgerne totalmente l’eleganza.

LOGO SENZA NOME

Margiela Ski gloves jacket

Ho realizzato anche un logo senza nome che consiste in un bersaglio nero da poligono di tiro trivellato dai colpi d’arma da fuoco. Successivamente l’ ho serigrafato in dei quadrati di stoffa bianca e li ho cuciti sopra alle etichette dei capi che ho utilizzato, così da non cancellarne la storia ed evidenziarne la stratificazione, seguendo l’esempio di Margiela.


Moodboard


SKETCH IN PIATTO E FIGURINI + SHOOTING














Grazie a Sofia e Carolina



Conclusione In conclusione intendo ribadire la mia tesi secondo cui Martin Margiela e Rei Kawakubo sono stati due straordinari innovatori nel concetto di fare moda, reinventandone e trasformandone il profilo stesso nella società in senso più moderno e responsabile. L’ immagine non più protagonista assoluta ha lasciato spazio all’essenza, alla sostanza che trasforma quindi anche l’ apparenza. Hanno creato uno stile che veicola un contenuto profondo, intelligente, moderno, anticipando molteplici valori di grande attualità: primo fra tutti il “riciclo”, tema di primaria importanza che va ben oltre il campo della moda e oggi si pone al centro delle politiche mondiali per la sopravvivenza stessa del pianeta terra. Questo tema, in realtà antichissimo e fondamentale in periodi in cui le risorse erano scarse, nella società industrializzata deve essere pianificato in modo globale e deve comprendere anche e soprattutto un settore importante come l’ abbigliamento . Ecco quindi che MM e RK ci indicano la strada da seguire, proponendo idee di avanguardia che restano un modello a cui ispirarsi e a cui tutti noi dobbiamo gratitudine e ammirazione.


BIBLIOGRAFIA Oltre alla mia personale rielaborazione degli argomenti trattati e la mia visione a riguardo, come fonti ho prevalentemente usato il testo fatto di interviste, citazioni e renterpretazioni dell’autore di 4 volumi che ho acquistato più un intervista esclusiva:

•Maison Martin Margiela di Rizzoli •Margiela The Hermès Years di Lannoo •Rei Kawakubo Comme des Garcons:

Art of the in-between di Andrew Bolton •L’intervista ad Axel Kerrer, Jenny Meirens e Patrick Scallon di Maison Margiela inviatami in esclusiva dal progetto “We Margiela” di Mint Film. •Rei Kawakubo curato da Terry Jones e in particolare le interviste a Rei: —Caroline Newell, i-D, The Royalty Issue, n.138, marzo 2012 — Josh Sims, i-D, The Expressionist Issue, n. 249, novembre 2004 — Jamie Huckbody, The Landscape Issue, n.218, marzo 2002 — Terry Jones, The Glamour Issue, n.104, marzo 1992 — Rei Kawakubo, New Fashion Japan, Kodansha, 1992 di Leonard Koren

Per quanto riguarda l’impostazione grafica della presentazione e del sito mi son ispirato a un altro volume su Comme des Garcons da me acquistato che tratta di grafica, ritrattistica e fotografia:

•Comme des Garçons di France Grand e Grace Mirabella.

SITOGRAFIA • pinterest.com • vogue.it • archivio.vogue.it • elle.it • i-d.vice.com • dazeddigital.com • hypebeast.com • highsnobiety.com • nytimes.com • thefashioncommentator.com e in particolare l’articolo:

Martin Margiela the one and only • kainowska.com e in particolare l’articolo: Maestri classici del nero nella moda contemporanea: Rei Kawakubo. Il color nero, la tattilità, gli innesti temporali e il postApocalisse nella poetica di Comme des Garçons • filosofico.net e in particolare l’articolo: Charles Baudelaire e la bellezza nella modernità


INDICE Lo scarto e l’eccellenza Da Duchamp e Tarantino alla moda d’avanguardia • L’avanguardia nel riciclo e nella decostruzione • Maison Margiela - Vision - Storia - Assenza = Presenza Contenuto Simbolico - Nuova vita - Come un Architetto - Importanza della storia e delle persone - Up-Cycled - Il Tempo - Da 0 a 14 - Comunicazione - Design Democratico - Il Bianco - Standardizzazione - Luoghi - Artista ≠ Stilista - John Galliano - Anonimato L’invisibilità nel cinema e nella musica • -

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Comme des Garcons Gli inizi C o m e u n a B o m b a At o m i c a : Hiroshima Chic Come i Ragazzi Questione di affari e volontà di indipendenza Contaminazioni White Drama Nuovi orizzonti per il retail Dover street market Comme des garçons 10 Corso Como Boutique, Pop up Store e Collaborazioni Concetto di Uniforme Bump & Destroy Six Unfinished Tessuti e Manifattura Analogie tra i due designer Androginia Anonimato Asimmetria e Metamorfosi Decontrazione Importanza della storia Luce ed Ombra, Bianco e Nero Sovrapposizione e Assemblaggio Ribellione Riciclo Divergenze Scomposizione Architettura capo

• L’estetica minimal degli anni 90 e il

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lascito di alcune sue subculture nella moda Eredità Raf Simons Demna Gvasalia Undercover Facetasm Sacai Hood By air Una dedica Personale Chiodo gessato Giacca 3 Pantalone Pences Logo anonimo Moodboard Sketch in piatto e figurini + Shooting Conclusione Bibliografia e Sitografia


UN RINGRAZIAMENTO SPECIALE A: Dario Apollonio e L.UN.A per avermi guidato nel mio attuale percorso formativo; Carla Marangoni e Archivio Mazzini per i preziosi consigli, avendomi mostrato “schegge� di passate e storiche collezioni di Maison Margiela e Comme des Garcons, fonte della mia ispirazione; La Stanza di Ofelia, Atelier Sartoriale, con cui ho realizzato i miei capi; Sofia Scogli per essersi prestata come modella nello shooting; Carolina Martines per la collaborazione fotografica; i miei genitori per il costante supporto, specialmente nella stesura di alcune parti del presente testo..


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