SOSTENIBILITÀ INGEGNO RESPONSABILITÀ OPPORTUNITÀ PER LA CURA E LA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO
Monografie di Galileo Supplemento al n. 206 Maggio 2012 Anno XXIV
Monografie di GALILEO Rivista di informazione attualità e cultura degli Ingegneri di Padova
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Sostenibilità Ingegno Responsabilità Opportunità per la cura e la valorizzazione del territorio
A cura di Davide Scapin con la collaborazione di Pierantonio Barizza e Michele Culatti
Salvaguardia del Paese, l’impegno degli Ingegneri Fabio Bonfà
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Sostenibilità Ingegno Responsabilità Giorgio Simioni
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Curare, riparare, ripartire Nicola Emery
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Sostenibilità, un’occasione per l’architettura Davide Scapin
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Norma e Forma Gianni Massa
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Perché credere allo sviluppo sostenibile? Francesca Gambarotto
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Sostenibilità &Accessibilità Alberto Arenghi
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Città e Sostenibilità. Storia, declinazioni e pratiche Pasqualino Boschetto, Alessandro Bove
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Interventi di sicurezza idraulica nell’area metropolitana di Vicenza Area di laminazione lungo il torrente Timorchio Massimo Coccato, Enrico Frank
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Sostenibilità e Costruzione. Alcuni spunti di riflessione Piercarlo Romagnoni, Francesco Fellin
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Sostenibilità ed Efficienza energetica in edilizia Michele Sanfilippo
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L’albero, la macchina perfetta Andrea Zenari
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Luce bianca (e non solo) per la città verde Lorenzo Fellin
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L’evoluzione del sistema elettrico come risposta alle esigenze di Sostenibilità energetica Roberto Caldon, Roberto Turri
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Smart grid La Gestione intelligente dell’energia elettrica M. Stellini, S. Friso, T. Caldognetto
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Governare la Sostenibilità, governare la Complessità Ezio Miozzo
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Uso del GIS nella stima dei potenziali da fonti rinnovabili Fabio Disconzi, Arturo Lorenzoni
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Sostenibilità e sistemi di spostamento Paolo Chiaro
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Equivivere. Per un’architettura sostenibile Paolo Simonetto
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Premio Nuova Energia Massimo Malaguti Casa 1 Davide Scapin Casa Borghesan Julian W. Adda
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Monografie di GALILEO Rivista di informazione attualità e cultura degli Ingegneri di Padova
Salvaguardia del Paese
l’impegno degli Ingegneri
Fabio Bonfà Vicepresidente del Consiglio Nazionale Ingegneri
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sostenibilità ingegno responsabilità
garantiamo i mercati con un imponente piano di salvaguardia e tutela del territorio, con la valorizzazione dell'immenso patrimonio artistico e culturale del paese, con una rigenerazione del patrimonio immobiliare, con un progetto di crescita sostenibile
er uscire dalla grave crisi che ci attanaglia serve un progetto di rilancio del Paese. Serve intraprendere, urgentemente, una serie di iniziative che garantiscano la ripresa economica, che promuovano la crescita coniugandola con la sostenibilità. È questa l'agenda politica «crescita e sostenibilità». Solo investendo nei settori dell'energia, dell'ambiente, delle infrastrutture materiali e immateriali, della salvaguardia e tutela del territorio, nella valorizzazione del patrimonio immobiliare, potremo garantire la ripresa economica. La sostenibilità è il presupposto essenziale per garantire il futuro del pianeta e delle generazioni che lo abiteranno. Servono soluzioni innovative, nuovi materiali, nuove tecniche costruttive. Il lavoro degli ingegneri è quello di rendere tangibili i progressi scientifici, trasformandoli in soluzioni concrete che migliorano la qualità della vita. Serve recuperare, valorizzandolo, il patrimonio immobiliare e il patrimonio culturale e artistico. Bisogna rendere efficiente l’edilizia esistente e riqualificare le aree dismesse. Serve attivare politiche ambientali che garantiscano la manutenzione e la rigenerazione del territorio e delle infrastrutture che riducano i consumi energetici, che razionalizzino la mobilità. In sintesi un nuovo modello integrato di sviluppo. Questa è la nostra responsabilità di tecnici, di ingegneri. In questo impegnativo percorso ci deve guidare una rinnovata etica della professione, in cui nella nostra attività perseguiamo la crescita garantendo la sostenibilità. La crisi che viviamo, ci dicono gli economisti, è una crisi finanziaria, a fronte dell’enorme debito pubblico i mercati ci chiedono solidità, solvibilità, ci chiedono garanzie. La risposta degli ingegneri è: «garantiamo i mercati con un imponente piano di salvaguardia e tutela del territorio, con la valorizzazione dell'immenso patrimonio artistico e culturale del paese, con una rigenerazione del patrimonio immobiliare, con un progetto di crescita sostenibile».•
4 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Sostenibilità Ingegno Responsabilità
Giorgio Simioni Presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Padova
Le nostre attuali conoscenze tecnologiche ci permettono di fare quasi tutto in relazione al design e alla struttura del nostro parco edilizio. Siamo in condizione di costruire edifici in grado di produrre la stessa quantità di energia che consumano, e di creare spazi e luoghi in cui è piacevole soggiornare. Disponiamo del know how necessario per produrre materiali teoricamente indistruttibili, come il titanio o il vetro, o materiali soggetti a un deperimento programmato. E siamo in grado di spostarci nello spazio su aerei supersonici o di interrompere addirittura i moti browniani delle molecole. Ma nonostante tutte queste conquiste della tecnica, non riusciamo a scrollarci di dosso una certa incertezza in relazione al futuro, e spesso ci chiediamo se quello che facciamo è giusto oppure no. C. Luebkeman
O
ggi più che mai la questione della responsabilità della nostra generazione nei confronti di quelle future pone, inevitabilmente, e in ogni ambito del nostro pensiero o azione, la necessità di ispirazione, confronto e controllo, ordinati rispetto ai principi guida della soste-
nibilità. Molte sono le strade che possiamo percorrere per garantirci un futuro e cercare di salvaguardare il mondo nel quale viviamo ma non le potremo percorrere da soli. L’impegno dovrà essere collettivo, globale. È uno sforzo che può essere comune anche a realtà tra loro lontane come lo sono un singolo imprenditore rispetto a una grande catena di distribuzione, un’associazione ambientalista da un’impresa all’avanguardia tecnologica, un professionista rispetto alle consuetudini di una pratica progettuale spesso ordinaria. L’iniziale dei nostri tempi è R: Riduci, Riusa, Ripara, Ricicla, Risparmia, Reinventa, Riabilita, Risolvi … con … Responsabilità. Il riciclo ad esempio, nel mondo delle costruzioni, è pratica molto antica, e oggi nuovo imperativo in voga anche nella nostra era contemporanea. Secoli fa le costruzioni venivano spesso riciclate, parti di templi o monumenti erano senza impedimenti utilizzati per lastricare strade o edificare quartieri: lo smembrato Palazzo di Diocleziano a Spalato servì a costruire la nuova città. Oggi, non diversamente da allora, il riutilizzo di strutture o rovine industriali ha assunto anche una patente di ecologically correct. Oggi, forse diversamente da allora, con un risvolto prettamente materiale e un altro più concettuale, nel momento in cui si chiede ai progettisti di inventare soluzioni innovative e ingegnose ci si confronta con i medesimi concetti. Molte le realtà virtuose concretizzate, soprattutto all’estero, come la celebre High Line a New York, ex tracciato ferroviario trasformato in una passeggiata verde che attraversa la città in sopraelevata. La sfida dei nostri giorni non è quindi solo quella di costruire in chiave e obiettivi diversi da quelli precedenti, ma anche di sovrascrivere ingegnosamente sull’esistente, reinventando una funzione o modificando una destinazione d’uso. Dobbiamo agire, confrontarci, informarci e soprattutto esercitare «il diritto di prendere in pugno la nostra vita», attraverso la conoscenza della varietà e qualità delle energie rivolte alla difesa dell’ambiente e delle strategie che lo preservino, in particolare nel Nostro Paese, che per la tutela del proprio territorio mostra non poche lacune. Noi Ingegneri faremo la nostra parte, come sempre, con disponibilità, competenza e spirito costruttivo, ma soprattutto lealmente, perché «la delusione, se non fossimo capaci di raccogliere le novità di questi tempi, sarebbe terribile. Alla fine staremmo molto peggio di come stavamo prima!» (G. Zagrebelski). Prendendo coscienza della fragilità del nostro territorio, scopriremo come l’attenzione all’ambiente e le necessità dettate dallo sviluppo non siano due anime incompatibili. Al contrario. Certo si deve procedere con spirito di Responsabilità e nell’ottica di una gestione durevole che va applicata all’energia come agli spazi pubblici, mirando sempre più ad un’economia che concili queste apparenti contraddizioni con Sostenibilità, concetto che dovrà essere attribuito all’intero processo di progettazione e gestione delle trasformazioni. Attenzione però, è solo con un buon dialogo tra tutti i protagonisti della società che si potrà promuovere uno sviluppo condiviso, efficace e durevole, più armonico e rispettoso della propria essenzialità. Nel settore pubblico occorrono ormai inderogabili scelte economiche e normative indirizzate con lungimiranza al raggiungimento di obiettivi urgenti e pressanti in tema di mobilità pulita, riqualificazione urbana, prevenzione del rischio, cura e manutenzione del territorio, migliore gestione energetica dei nuovi edifici e riqualificazione di quelli esistenti, promozione di strumenti giuridici e normativi semplici e concreti per permettere alle comunità di rivendicare un corretto uso del proprio territorio non per inutili finalità speculative ma sulla base di valori più adeguati ai nuovi bisogni economici e sociali che accompagneranno il prossimo futuro. Occorrono slanci d’orgoglio per attuare idee che ci spingano ad adottare un meccanismo mentale che ci riporti all’essenzialità delle cose, per provare a sviluppare una visione di città che superi le mode, la superficialità e gli errori del nostro anche recentissimo passato, perché non è il nostro ambiente che è a rischio, ma noi stessi che in esso viviamo. Anche a noi ingegneri, dunque, il compito di impiegare conoscenze e creatività a vantaggio della collettività occupando responsabilmente spazi in cui far emergere, ancora una volta, le nostre enormi potenzialità innovative spesso sfruttate solo parzialmente. •
Noi Ingegneri faremo la nostra parte, come sempre, con disponibilità, competenza e spirito costruttivo … 5 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Curare, riparare, ripartire
Nicola Emery*
A
sostenibilità ingegno responsabilità
provare a cogliere nell’urgenza contemporanea anche un’occasione per sviluppare una riflessione sui fondamenti disciplinari del proprio fare
* Filosofo, Professore all’Accademia di Architettura dell’Università della Svizzera italiana, autore di numerosi libri fra cui: L’architettura difficile. Filosofia del costruire, Marinotti, Milano, 2007; II.ed 2009; Progettare, costruire, curare. Per una deontologia dell’architettura, Casagrande, Bellinzona, 2007; II ed. 2011; Ethik und Architektur, Uber die Grundgesetze des Bauens, Casagrannde, Bellinzona, 2011; Distruzione e progetto. L’architettura promessa, Marinotti, Milano, 2011
ttorno al tema della nostra responsabilità verso le generazioni future quasi tutti i campi dell’agire umano sono oggi chiamati a elaborare principi guida ispirati al paradigma della sostenibilità. La riflessione etica, tradizionalmente intesa come guida a compiere o a evitare certe azioni, ha fatto il suo inaspettato ritorno entro questa nostra epoca della tecnica, di per sé altrimenti faustianamente convinta che debba essere fatto e realizzato tutto ciò che tecnicamente può esser fatto. In non pochi ambiti, le limitazioni e i vincoli che l’etica della responsabilità implica, sono tuttavia sentiti come dei fattori estrinseci, sopportati come necessità contingenti e un po’ fastidiose, di pertinenza politica e giuridica, ma privi di profondo significato disciplinare. Nel vasto mondo delle discipline del costruire a questo riguardo si possono d’altronde incontrare posizioni diverse, anche decisamente contrapposte, ma che non di rado sono poi accomunate dal fatto di non avere altro valore all’infuori di quello, assai limitato e relativo, che possono avere delle opzioni di carattere soggettivo. Costruttori, ingegneri, pianificatori e architetti possono forse accontentarsi di riproporre di nuovo, disponendosi in questo modo, la scena di reciproca indifferenza e incomprensione già conosciuta con il crollo della torre di Babele e con la riproduzione post-moderna dell’evento…? Io penso che davanti alla domanda contemporanea intorno alla responsabilità dell’agire, resa saliente proprio dalle estreme e quasi illimitate possibilità proprie delle tecniche contemporanee, sempre più potenzialmente gravide di un capovolgimento disastroso, tendente a produrre l’inabitabilità del mondo in luogo della sua misurata, prudente, armoniosa antropizzazione, si tratti come minimo di cercare di fare di necessità virtù. Occorre cioè provare a cogliere nell’urgenza contemporanea anche un’occasione per sviluppare una riflessione sui fondamenti disciplinari del proprio fare, per avvedersi che nelle più antiche radici delle professioni del costruire agisce essenzialmente un dovere della cura, un’etica della terapia da applicare sia nei confronti dello spazio inteso come bene comune, sia nei confronti delle altre risorse ambientali anche socialmente rilevanti, evitando in primo luogo gli sperperi. Ritrovare questa anima etica delle discipline del costruire e strapparla all’oblio riannodando le parole essenziali della contemporaneità con quelle di Vitruvio, di Aristotele, di Platone e di Ippocrate, radicate nel riconoscimento della prudenza e della lungimiranza, ovvero della phronesis, quale virtù pratica essenziale, può essere utile, pur non ignorando i grandi mutamenti epocali, per ricaricare di senso critico e di scopo la cultura del costruire, per ritrovare la tensione alla realizzazione dell’universale dentro le forme, altrimenti insostenibili e inique, del nostro fare. E per respingere le interpretazioni del contemporaneo espresse in termini di epoca semplicemente post-architettonica, letture smerciate sullo sfondo da un lato, dell’epoca del trionfo dei team anonimi deresponsabilizzati e dall’altro di un presunto globale junk-space contro cui sembrerebbe vano combattere. Ma è proprio di contro queste visioni, cinicamente complici del degrado, che occorre rammemorare il progettare-costruire-curare, compiendo uno scavo archeologico-fenomenologico al di qua della rovinosa frattura fra architettura e urbanistica, in vista di una rinnovata applicazione e realizzazione del costruire-curare nelle forme di un autocontrollo creativo che sappia contenere e limitare se stesso e per questa via criticare gli eccessi distruttivi e auto-distruttivi dell’esistente, sollecitando – a fronte di dismissioni e distruzioni – la crescita di una cultura progettuale del riuso e del riabitare-riparare anziché costruire; una cultura, anche, della decolonizzazione dello spazio quale pratica civile di pianificazione e ri-partizione; decrescita e valorizzazione, se si vuole, ma molto concretamente intese anche come dezonizzazione e ridistribuzione dell’ambiente alla fruizione, al godimento, alla cura comune. •
6 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Sostenibilità un’occasione per l’architettura Un concetto complesso ma non complicato Sostenibilità è un termine generico, ricco certamente di significati e sfumature non sempre chiare, legato oggi a un atteggiamento architettonicoprogettuale, e non solo, che si riferisce al risparmio energetico (nella produzione dei materiali utilizzati per la costruzione e per il funzionamento della costruzione stessa), all’uso di fonti energetiche rinnovabili, alla limitata emissione di sostanze nocive per l’ambiente, al comfort, all’utilizzo di materiali naturali e a una certa interpretazione del cosiddetto genuis loci nell’utilizzo di tecniche costruttive, dispositivi e morfologie legati al luogo. In una visione più ampia, il termine coinvolge anche la pianificazione urbanistica a più livelli e l’organizzazione socio-economica stessa di un Paese. Per sostenibilità, nel senso più ampio, intendiamo un insieme di scelte e comportamenti che ci permettano di consegnare alle future generazioni un Ambiente almeno non peggiore di quello ricevuto dalle generazioni passate.
Davide Scapin
licale che costringeva l’architettura ad essere alimentata dal classicismo, nato all’incirca nel IV secolo a.C. e continuamente reinterpretato nei secoli passando attraverso l’architettura romana, rinascimentale, barocca e neoclassica, aprendo la strada a nuovi linguaggi mai prima esplorati. Nella seconda metà del secolo scorso l’architettura diviene un mezzo di comunicazione globale e nuove sperimentazioni progettuali creano un panorama architettonico caratterizzato da un’esplosione di linguaggi inediti, spesso assolutamente brillanti. Anche se classificare l’architettura per stili è certamente un’operazione limitativa, se non detrattiva, è evidente come se nella storia dell’architettura una certa suddivisione per linguaggi legati al luogo e al periodo di sviluppo sia possibile, oggi l’architettura contemporanea appare difficilmente catalogabile, e non certo con riferimento a luoghi o culture specifiche, bensì è piuttosto il frutto del lavoro libero e sperimentale di molti architetti che si confrontano con nuovi materiali e funzioni.
Un concetto antico
Un concetto attuale e un’occasione
Dopo la crisi energetica degli anni ’70 i paesi industrializzati hanno iniziato a prendere coscienza del problema delle fonti energetiche esauribili, e oggi il tema è quanto mai attuale, ma si tratta in verità in architettura del recupero di principi progettuali antichi, perseguiti anche nel passato, legati al costruire secondo economicità, con quanto a disposizione nel luogo, cercando di ottimizzare forme, materiali e dispositivi per ottenere durabilità e comfort. Fin da tempi remoti l’uomo ha cercato un riparo e la storia delle costruzioni nasce quando esso ha iniziato a conformare spazi per la vita, laddove non sempre potevano essere disponibili grotte o altri ripari naturali, utilizzando probabilmente soltanto tronchi d’albero, fango o pietre. Da questo punto di partenza la storia dell’architettura, se letta come storia della costruzione, ci insegna come i più significativi momenti evolutivi del costruire siano legati all’utilizzo di nuovi materiali e tecniche costruttive per migliorare la durabilità e il benessere e per innovare l’architettura con linguaggi e significati nuovi. Ne sono esempi, tra i tanti citabili, l’utilizzo dei primi conglomerati cementizi e l’invenzione di ingegnosi sistemi impiantistici per la distribuzione e l’utilizzo delle acque in epoca romana (acquedotti e terme), il passaggio dall’architettura religiosa paleocristiana a quella romanica, con la sostituzione delle coperture lignee con più durevoli coperture voltate in laterizio, il perfezionamento di sistemi strutturali ad archi rampanti e pilastri a fascio nel gotico, che permisero di innalzare cattedrali di dimensioni mai raggiunte prima e contemporaneamente alleggerirne l’effetto con strutture filiformi e vetrate di gradi dimensioni. Si tratta in tutti i casi di innovazioni linguistiche intimamente legate ad aspetti pratici e costruttivi. Ancora più significativa appare la grande varietà di soluzioni adottate nell’architettura tradizionale cosiddetta spontanea o minore. In ogni epoca e in ogni luogo, adattando i criteri costruttivi al clima e ai materiali locali, l’uomo ha conformato spazi d’abitazione correttamente orientati e dispositivi sostenibili per favorire il comfort. Ne sono esempio le pareti spesse con elevata inerzia termica nella tradizione europea, i portici nella tradizione rurale e urbana italiana, le cupole, le lanterne, le torri del vento, i patii ventilati dotati di vasche d’acqua rinfrescanti e i pozzi di luce in quella araba, le costruzioni rialzate e dotate di grandi aggetti per favorire la ventilazione naturale e la protezione dal sole nelle regioni africane e sudamericane, i pavimenti rialzati e le pareti mobili per controllare la ventilazione in quelle orientali ecc. Un significativo momento di rottura si è avuto nell’800, quando diventano protagonisti dell’architettura tre materiali che, anche se di antica scoperta, grazie alla produzione industriale ottengono un largo utilizzo: sono il calcestruzzo, l’acciaio e il vetro. Nello stesso periodo nuove scoperte scientifiche e nuove ricerche permettono la sperimentazione e l’utilizzo in architettura degli impianti tecnologici, che hanno iniziato inesorabilmente a sostituirsi ai dispositivi per il controllo naturale del microclima abitativo. Nel ’900, a parte le parentesi delle architetture celebrative delle dittature politiche e del postmodernismo, grazie all’opera dei grandi rivoluzionari del Movimento Moderno, è stato reciso definitivamente il cordone ombe-
Questo ampio raggio d’azione, assieme all’ormai infinità di possibilità nell’uso di materiali e dispositivi, ha portato l’architettura verso limiti linguistici (e in alcuni casi oltre) con conseguente rischio di una irreparabile perdita di senso, favorendo una massiccia produzione di architetture stupefacenti e di facile consumo mediatico, frutto di situazioni occasionali e a costi insostenibili, a discapito dell’architettura cosiddetta minore, che costituisce invece il tessuto delle nostre città ed il reale ambiente di vita dell’uomo. Nonostante sia di moda, oggi parlare di architettura locale sembra un assurdo. La corrente High Tech ha liberato strutture ed impianti rivestendoli solo di trasparenze e leggerezza. Le correnti del Decostruttivismo hanno sciolto in forme liquide gli edifici, o li hanno plasmati secondo richiami fito e zoomorfici, o ancora li hanno fatti esplodere, incrinare, deviare. Il Minimalismo neorazionalistico ha liberato la costruzione da ogni elemento aggiuntivo non funzionale, rendendola pura geometria spaziale. Oggi inoltre, attorno al tema della sostenibilità, nascono proposte avvenieristiche di città verdi galleggianti, fluttuanti, sospese sopra un mondo che evidentemente non ci soddisfa. Poche sono, di contro, le proposte urbane di riqualificazione secondo standard di sostenibilità effettivamente realizzate, episodici momenti nei quali istanze di riqualificazione urbana e interessi politici, sociali ed economici hanno trovato un’intesa reale. Ogni corrente ed ogni linguaggio espressivo, ben inteso, porta con sé significati e contributi utili, almeno al dibattito, anche quando rasenta l’utopia. Ogni proposta ha in sé una propria poetica architettonica. Ma si tratta per l’architettura di un momento storico delicato e rischioso, in bilico tra interessanti sperimentazioni e il rischio di un generale appiattimento culturale per l’accettazione incondizionata di ogni proposta solo in quanto nuova. Ma al di là di ogni linguaggio, sperimentale o meno, qual’è il significato profondo del fare architettura? Forse siamo di fronte alla nascita di nuove forme espressive, ma non sono sempre architettura, dove per architettura si intenda quella disciplina nata ed evolutasi per creare spazi di vita per l’uomo. Se l’elemento di congiunzione di tutte le opere di architettura non è l’uomo, l’obiettivo finale dell’architettura viene a mancare. Se l’architettura non si occupa di creare l’ambiente di vita dell’uomo, ma si interessa solo di grandi opere stupefacenti, per un facile consumo mediatico, viene a mancare il motivo stesso della sua esistenza. In questo quadro, riteniamo indispensabile l’attenzione del mondo architettonico per vecchi principi consolidati e nuove proposte innovative, alla ricerca di soluzioni progettuali che favoriscano il benessere, la sostenibilità come rispetto per l’ambiente e risparmio energetico, l’utilizzo di fonti rinnovabili, l’impiego razionale dei materiali, la sostenibilità economica e, non ultima, la riqualificazione di ampie aree urbane dismesse per rigenerarne il tessuto fisico e sociale. Si tratta semplicemente di adottare criteri e metodi per far rientrare l’architettura entro i limiti che le competono, restituendole la dignità ed il prestigio di essere la massima espressione creativa necessaria per la vita dell’uomo. In altre parole, un’occasione da non perdere. •
7 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Norma e Forma
Gianni Massa studio 2+1 officinarchitettura
sostenibilità ingegno responsabilità
Ricercare e sperimentare le sovrapposizioni tra le differenti discipline che concorrono alla formazione del progetto è l’impegno quotidiano dello studio 2+1 officinarchitettura. Il rapporto tra forma ed energia ha indirizzato in particolare alcuni dei lavori dello studio. Tra gli altri si illustrano tre progetti: la valorizzazione della stazione di Uta (Cagliari), progetto (realizzato) vincitore del concorso internazionale di RFI e del premio del paesaggio 2008 della Regione Sardegna; il centro intermodale di Oristano (in fase di realizzazione), vincitore del concorso sensi contemporanei-qualità italia promosso dal MIBAC e del premio del paesaggio della Regione Sardegna; il Museo Cambosu (in fase di realizzazione) a Orotelli (Nuoro).
Oggi il risparmio energetico, il riciclo, l’attenzione alle risorse disponibili diventano i principi della norma e, di conseguenza, condizionano, o meglio indirizzano, il rapporto tra energia e forma
Nato a Cagliari nel 2006, 2+1 officinarchitettura, studio fondato da Gianni Massa, Olindo Merone e Fabio Lilliu, si propone di finalizzare la propria attività allo sviluppo dell’arte e dell’architettura contemporanea sostenendo la sperimentazione nell’ambito della progettazione artistica e architettonica privilegiando ciò che concorre a informare il pensiero progettuale contemporaneo e favorendo quegli atteggiamenti rivolti alla ricerca, all’avanguardia, alle sovrapposizioni e alle interazioni culturali tra le differenti discipline artistiche tradizionali e i nuovi mezzi di comunicazione nello sviluppo delle identità locali.
E
siste uno stretto legame tra norma e forma, cioè tra tecnica e progetto, tra arte del costruire ed esiti formali del manufatto architettonico: il seguire una certa procedura e certi modi costruttivi legati alle risorse, alle capacità, alle tradizioni di un determinato luogo, garantisce in una certa misura la buona riuscita e la durata nel tempo di un manufatto architettonico. L’esperienza mostra che quando l’individuo viene messo di fronte alla necessità di prendere delle decisioni, la libertà alla quale è sempre spinto gli permette di stabilire delle norme personali divenendo così creatore di norme. La norma, in quanto oggetto mentale, non ha una struttura unitaria. La sua componente più importante è il suo contenuto che può essere oggetto di descrizione e può regolamentare diversi campi (dagli elementi costruttivi, alla forma dell’edificio, all’intera città). Tuttavia, al tempo stesso, una norma acquisisce un senso solamente quando viene rispettata; perciò essa deve assumere una forma che esprima la sua intenzione. In altri termini la norma dovrebbe consentire di ricavare dall’esperienza quelle soluzioni e quelle architetture che più di altre rappresentano e trasmettono i valori di un particolare momento e di un particolare sistema economico-politico (un esempio emblematico di collegamento tra architettura e programma rimane quello dell’istituto del Bauhaus di Dessau). Oggi il risparmio energetico, il riciclo, l’attenzione alle risorse disponibili diventano i principi della norma e, di conseguenza, condizionano, o meglio indirizzano, il rapporto tra energia e forma. Nel corso della storia delle arti e dell’architettura sono state stabilite continuamente delle regole il cui carattere normativo rappresentava un criterio di giudizio, di approvazione o di disapprovazione. La nostra epoca, riferita alle condizioni attuali ed estesa all’arte e al design, procedendo a ritroso fino alla metà del XIX secolo (cioè fino alla nascita della modernità), ci presenta quasi soltanto il mutamento. Persino i periodi più stabili come il Simbolismo e l’Art Nouveau ebbero una durata relativamente breve. Ad essi seguì l’insieme ben noto degli ismi che tolsero alle norme qualsiasi validità duratura. Pertanto, nella situazione attuale, nella quale ovunque ed in ogni istante nascono intorno a noi nuove estetiche che postulano una visione personale del mondo, davvero ci preoccupiamo ancora delle norme? In che misura sono cambiate le relazioni tra la norma e la forma ad essa legata? Dopo la classica distinzione tra tipo e modello , proposta nel 1829 da Quatremère de Quincy che separò il tipo (uno schema ideale riprodotto senza copiare), dal modello, (oggetto imitato «cosi come è»), il dibattito sugli assunti sperimentare o tipizzare, sui quali oscilla ogni operazione progettuale, ebbe seguito nel 1914 all’interno del Deutsche Werkbund tra Henry van de Velde e Hermann Muthesius. A favore della sperimentazione il primo e della tipizzazione il secondo, la disputa ha attraversato tutto il movimento moderno. Oggi, affrancandosi da ogni legame storico, una tendenza tra i vari orientamenti del progetto, è quella di indagare la norma tecnica ed estetica all’interno di un programma/progetto autoriflessivo, assegnandole un nuovo significato. Come è successo in Olanda, dove un salto culturale evidente è rappresentato dal fatto di avere spostato l’attenzione dal progetto come fatto fisico alla sua struttura economica e decisionale, cioè al programma. La sfera sociale ed economica dei fenomeni è studiata nei suoi flussi e movimenti come un fatto fisico. La cultura, come seconda natura, diventa un campo di forze le cui dinamiche rilevano una struttura capace di dare forma al progetto. Si analizzano i vari possibili rapporti tra la norma e la forma e attraverso gli strumenti dell’attività progettuale si prova a costruire il consenso intorno ai nuovi universi di modelli. Il programma si mostra un chiaro attrattore di relazioni ma completamente vago nella sua espressione formale. Esso non impone se stesso sulla materia ma si impegna in un processo di continua formazione operando in secondo piano rispetto all’immagine. Per la prima volta né l’architettura né la città sono imbrigliate nell’obbligo della riproduzione o soggette ad una legittimità universale. L’architettura e la città possono sia servirsi degli oggetti storici, sia trovare nuove forme d’espressione attraverso la relazione norma/forma (ovvero programma/progetto). • 8 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
2008 • Concorso per la riqualificazione della stazione Uta-Villaspeciosa (Cagliari) Il contesto in cui si inserisce l’intervento è quello della periferia dell’hinterland cagliaritano: un’area industriale fuori dal centro abitato lambita dalla strada provinciale e dal cavalcavia che da questa conduce al paese. L’oggetto è un piccolo fabbricato di muratura rosa, una pensilina in struttura metallica con una copertura in lastre di materiale plastico industriale, il binario che arriva da Cagliari e va verso Iglesias. Scenario comune della periferia dei paesi sardi: la strada, i binari, il piccolo fabbricato della stazione in un paesaggio a forte valenza naturalistica di tanto in tanto «turbato» dal lento passaggio del vagone passeggeri. Il tema è la riqualificazione della stazione come spazio dedicato al viaggio, alla comunicazione, alla cultura. In questo caso l’interpretazione in chiave contemporanea del rapporto tra il paesaggio e l’identità è stata guidata dal low-budget.
2010 • Concorso per il nuovo centro intermodale di Oristano Il progetto vincitore del concorso per il nuovo centro intermodale di Oristano, promosso dal MIBAC (programma Sensi Contemporanei Qualità Italia), indaga e interpreta, in chiave contemporanea, il legame tra l’energia, il paesaggio e la tradizione locale. Per noi il nuovo centro intermodale passeggeri diviene una sovrapposizione. Viene aggiunto un ulteriore livello di significato, un altro spazio, anche se la superficie rimane una sola. I livelli si nascondo per poi riaffiorare, proprio come lo sguardo dell’osservatore verso il paesaggio. La tradizione, il paesaggio, l’energia, i simboli della comunicazione, il pannello segnalatore, la pensilina, sono divenuti nuovi livelli di senso da sovrapporre allo spazio esistente della stazione. Per noi questo percorso ha significato il tentativo del superamento dell’idea di una stazione soltanto simbolica, per riprendere allo stesso tempo il percorso di un continuo aggiornamento, del movimento che popola il tessuto dei comuni serviti dalla rete dei trasporti, e della campagna che la circonda. Nella stazione, la compresenza degli spazi rimanda all’impossibilità della loro distinzione. La tessitura, metafora delle fatiche dell’uomo, del lento sovrapporsi di trame che disegnano gli oggetti della tradizione della Sardegna; la texture del territorio, della città e delle campagne oristanesi. L’edificio-recinto è pensato per custodire, proteggere e al contempo veicolare attività e contenuti. L’intento del progetto è quello di mettere in scena una tradizione e una cultura attraverso un segno ancestrale, il cerchio, e le sue possibili aggregazioni (come avviene proprio in alcune tipologie di tessiture). Quest’ultimo, in quanto oggetto della rappresentazione, si dispone in vario modo sulla copertura ed assolvendo alle richieste energeticodistributive compone un’immagine: un brandello di tessuto in grado di legare e sovrapporre il passato al futuro. L’estetica del manufatto, caratterizzato da una copertura-tappeto in stretto rapporto con la dimensione dell’area oggetto di studio, ha l’intento di segnalare e custodire le attività e, allo stesso tempo, di esporre un territorio ed una tradizione che continua. Messo davanti al paesaggio, l’osservatore-viaggiatore vede anzitutto un oggetto bianco che viene piegato e macchiato. Per noi questo percorso ha significato il tentativo del superamento dell’idea di una stazione soltanto simbolica, per riprendere allo stesso tempo il percorso di un continuo aggiornamento, del movimento che popola il tessuto dei comuni serviti dalla stazione, e della campagna che la circonda. Nella stazione, la compresenza degli spazi rimanda all’impossibilità della loro distinzione. Lo spazio interno, delimitato dalla grande copertura forata, concorre ad offrire al visitatore un’esperienza conoscitiva sui temi dell’energia. Sole, luce, vento, acqua, materie prime della tessitura del nostro progetto, hanno guidato il processo di sintesi per essere utilizzati dal nostro edificio. La copertura, pensata quale dispositivo che porta all’autosufficienza energetica l’edificio, consente di aggregare nel tempo celle energetiche in relazione alle disponibilità economiche e finanziarie nelle varie fasi di attuazione del progetto. Il paesaggio, il viaggio, la comunicazione, la reinterpretazione dell’identità, l’effettiva realizzabilità attraverso tecniche e materiali low budget sono stati gli elementi guida in quelle che noi definiamo le sovrapposizioni di questo intervento.
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2011 • Concorso per il museo Salvatore Cambosu – Orotelli (Nuoro) (1° premio)
sostenibilità ingegno responsabilità
L’approccio al progetto del museo nel territorio parte dalla ricerca del rapporto tra l’identità, il paesaggio e la sostenibilità. La valorizzazione del territorio in uno sviluppo sostenibile dove l’interazione tra natura e tecnologia faccia diventare il luogo una grande interfaccia che connette il visitatore al genius loci: la memoria profonda del territorio. Così i testi di Salvatore Cambosu e le memorie collettive tramandate oralmente rivivono teatralizzate attraverso le tappe di un’escursione guidata con l’intento di promuovere nuovi flussi turistici, culturali ed ambientali al contempo volti al rilancio economico dell’intera aria vasta. Si immagina uno scenario dove il visitatore compie un viaggio dalla casa museo alle tappe scandite dalle istallazioni interattive audio visive che divengono stazioni di consapevolezza dell’affascinante e profonda cultura che ha dato genius poetico a questi luoghi. Il progetto ha visto la costruzione di un senso unitario che unisce il centro del paese con il territorio circostante uniti attraverso l’unicum inscindibile della ispirazione poetica di Salvatore Cambosu scrittore identitario che vuole conservare e salvare le memorie del luogo delle sue origini. L’intero territorio diventa, nel progetto, un parco artistico e letterario dove il visitatore si immerge in una «realtà aumentata» dove ogni traccia, ogni emergenza del territorio si amplificano attraverso dispositivi tecnologici atti ad espandere la visione. Così come il poeta guarda la realtà costruendo sopra di essa un’altra realtà frutto della sua capacità contemplativa e di linguaggio così il visitatore attraverso apposite interfacce amplifica la sua percezione in maniera poetica ed evocativa. Il principio che ci guidati è quello della umanizzazione delle tecnologie che senza una visione umanistica sono meri congegni di conoscenza additiva e non già capaci di unificare segni, tracce, percorsi e opera letteraria in un’unica visione. Il viaggio del visitatore parte dalla casa museo che diventa uno scenario teatrale ed evocativo saturo di interattività ed installazioni audio visive. La casa viene riconfigurata come percorso espositivo senza un processo di mimesi ri-costruttiva non si cercherà dunque di ri-allestire la casa come era in una visione antiquaria di mobili e suppellettili ormai disperse tra gli eredi della famiglia di difficile recupero la casa come deposito della memoria banca dello spirito poetico di Cambosu che aleggia nelle stanze e si manifesta nella re-interpretazione artistico-evolutivo dell’opera letteraria, tratto indelebile della sua esistenza. Il poeta infatti è stato attivo soprattutto a Cagliari come giornalista e scrittore ma ha sempre conservato il deposito del suo immaginario della sua origine orotellese che anima e nutre tutte le sue opere. E per questo che la casa è simbolo e metafora di quel bacino di emozioni, sensazioni, ricordi e di idee che hanno costruito la «casa letteraria» del poeta con uno stile unico ed inconfondibile. Partendo da «miele amaro», l’opera principale di Cambosu, si è adottato come modulo-logo costruttivo il favo d’api utilizzato per prima dall’artista Maria Lai. La nostra riformulazione del favo si coniuga con l’idea del nodo della rete della comunicazione del web e della contemporaneità dove il favo da locale diventa globale e capace di aprirsi allo spazio della comunicazione multimediale. Nasce così il nuovo modulo su cui costruire il progetto aperto dove il miele amaro di Cambosu circola nelle maglie di una rete-percorso reale e virtuale legata alla memoria. La facciata del museo accoglie il ritmo del pieno e del vuoto dell’alveare in una «seconda pelle» che attribuisce nuovo senso alla casa del poeta. Al suo interno il museo è interpretato come luogo delle possibilità mutevoli. Il riferimento è il teatro con le sue variazioni scenografiche. Le installazioni come una serie di set aperti consentono un uso variabile e libero dello spazio espositivo. L’articolazione in più stanze consente inoltre di rendere autonome le singole componenti funzionali del complesso museale permettendo agli spazi espositivi al caffe letterario, al bookshop e alla caffetteria di avere completa autonomia gestionale attraverso accessi e percorsi indipendenti. La luce di tutti gli ambienti è artificiale tranne il passaggio che collega le due parti della casa attualmente separate. L’edificio è pensato per essere energicamente autonomo, attraverso l’installazione di pannelli fotovoltaici in grado di soddisfare il fabbisogno energetico. •
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Perchè credere allo sviluppo urbano sostenibile?
Francesca Gambarotto
l tema della sostenibilità occupa l’agenda politica a ogni livello gerar- Sostenibilità, Europa e il progetto smart cities chico delle decisioni pubbliche, a partire dall’organizzazione dell’e- A fianco alla creazione di questo nuovo valore sociale – la sostenibilità conomia urbana locale fino ai problemi planetari. Tuttavia la pervasi- – abbiamo assistito in questi anni all’affermazione del processo di glovità del concetto di sostenibilità ha creato una certa ambiguità dei suoi balizzazione economica il quale ha generato una forte mobilità delle significati e, a volte, anche interpretazioni sommarie. imprese e con essa una sostanziale redistribuzione del reddito grazie Sicuramente il concetto di sostenibilità è entrato nel nostro vocabolario alla quale nuove regioni economiche, prevalentemente non europee, a partire dalla fine degli anni ’80 attraverso il rapporto Brundtland il qua- hanno cominciato a registrare tassi di crescita economica sostenuti. le ha sancito l’affermazione dell’assunzione di responsabilità ambientale Questo processo è stato accompagnato inoltre da un rafforzamento del intergenerazionale delle azioni e dei processi economici. Con quel do- ruolo di leadership delle grandi aree metropolitane nella gerarchia urcumento si è aperta una stagione nuova per l’economia poichè viene di- bana. chiarata esplicitamente la necessità di una rigorosa valutazione dei costi L’effetto di questa nuova classificazione dei centri urbani ha visto una ambientali legati ai processi di crescita economica. Questa nuova pro- sostanziale perdita di competitività delle città medie che a partire dagli spettiva di analisi basata su «crescita e sostenibilità» si è sviluppata nel anni ’80 avevano ritrovato un nuovo ruolo economico e una nuova itempo e ha messo sotto accusa l’attuale modello di crescita economica dentità urbana legata alla ricerca della qualità della vita da parte delle basato, principalmente, su accumulazione del capitale e disponibilità di famiglie. In questo quadro di cambiamento l’Unione Europea ha sviforza lavoro. Questi fattori, sebbene continuino ed essere elementi fon- luppato degli scenari futuri, il peggiore dei quali si basa sulle consedamentali della crescita non sono più sufficienti: il «saper fare» deve es- guenze che l’inerzia di questo shock negativo può portare con sè: persere accompagnato a tecnologie nuove che riescano ad avere un impat- dita di qualità della vita dei residenti, perdita di attrattività di investito positivo e duraturo sull’ambiente e sulla qualità della vita delle perso- menti futuri sia pubblici che privati, perdita di sostenibilità dell’amne. Tuttavia produrre o utilizzare tecnologie nuove e più sofisticate ri- biente urbano. chiede un nuovo fondamentale ingrediente economico: la capacità di Il problema che devono affrontare le città medie è dunque quello di afapprendimento e quindi la capacità di accumulare conoscenza. Se l’ele- frontare, da un lato, la competizione con i grandi centri metropolitani mento centrale per creare un circolo virtuoso di crescita economica è la e, dall’altro, offrire beni intangibili capaci di creare una lealtà territosostenibilità ambientale dell’azione economica allora diventa cruciale riale tra imprese, residenti e amministrazione pubblica. Per attivare per il funzionamento del sistema economico la capacità di produrre e u- questo nuovo processo virtuoso l’Unione Europea ha lanciato un nuotilizzare conoscenza. La conoscenza, generata e generatrice di appren- vo progetto destinato ad immaginare i territori in modo nuovo. Si tratta dimento, non è solo traducibile come stock di competenze dei lavoratori del progetto delle Smart Cities, un progetto che ha lo scopo di indivie capacità di problem solving degli imprenditori ma è anche capacità di duare nuove leve di sviluppo e nuovi valori collettivi che vincolino i ricombinare i saperi per produrre processi e prodotti più sostenibili, ca- progetti di investimento delle imprese ai territori. Il fattore chiave per il pacità degli attori istituzionali di creare contesti che facilitino I processi rilancio di una progettualità urdi innovazione. Piegare la conobana europea è la sostenibilità scenza alla sostenibilità vuol dire inquale elemento intelligente, fatti creare innovazione, rendere il La pervasività di comportamenti sostenibili cioè capace di attivare aspettati«saper fare» dinamico, scoprire o a- attiva un processo moltiplicativo virtuoso capa- ve, aspirazioni, rinnovamenti e prire nuovi mercati. ce di rilanciare l’economia e la qualità delle vi- progettualità. Con l’affermazione del concetto di ta delle città medie. Siamo pronti ad accogliere Da una prospettiva sociologica sostenibilità, il processo di sviluppo l’intelligenza delle città, o in aleconomico ha cominciato a cam- questa sfida europea? tri termini la sostenibilità sociale biare traiettoria e ha generato un delle città medie europee nel nuovo insieme di valori sociali quaprossimo futuro, dipende dalla capacità di svilupparsi come luoghi di le guida delle nostre scelte economiche. È sempre più presente nel no- democrazia (ampia partecipazione nelle decisioni collettive), di dialostro portfolio di preferenze economiche la salvaguardia dei beni comuni go culturale (apertura alla multiculturalità) e di creazione di nuove ope la resilienza del sistema economico. Tradotto in altri termini ciò signifi- portunità e di comunità composte da tutti I nuovi portatori di interessi ca che nel processo di scelta di consumo e/o di produzione un numero (stakeholders). sempre crescente di persone soppesano l’impatto ambientale della loro Da un punto di vista economico invece, l’intelligenza delle città medie azione contribuendo così a modificare le preferenze sociali della nostra europee nel prossimo futuro dipende dalla capacità di creare i pilastri società. In questi termini la sostenibilità diventa una finalità che si affian- locali della sostenibilità: efficienza energetica (riduzione di CO e e2 ca al benessere: non può esserci produzione di benessere economico ri- nergie rinnovabili), minimizzazione del consumo del suolo urbano (rinunciando alla sostenibilità ambientale. Non si può generare ricchezza duzione dello sprawl urbano e nuove progettualità sulla città compatdurevole se non si investe in innovazione, in tecnologie a basso impatto ta), nuovo sistema di trasporti (concepito a scala metropolitana) per faambientale e in prodotti non dannosi per la salute dell’uomo. Questo vorire la prossimità e lo scambio di informazioni e conoscenza, rigenenuovo insieme di valori sociali possiede un forte potenziale di rilancio di razione delle economie locali attraverso politiche che favoriscano la un sistema economico qualora venga sostenuto e incentivato dagli attori diversificazione del sistema produttivo e che promuovano gli investiistituzionali. Là dove si sono fondate nuove partnership e nuove alleanze menti in innovazione all’interno dell’ambiente urbano. tra pubblico e privato, come ad esempio in Germania e nei Paesi Scandi- In sostanza si chiede alle imprese, ai cittadini e alle amministrazioni navi, si osserva una valorizzazione dei saperi, un investimento nella co- locali di abbracciare una prospettiva europea di sviluppo territoriale e noscenza, un sostegno alla produzione di innovazione. ancorare i processi decisionali individuali e collettivi al tema della soQuesto passaggio paradigmatico che stiamo vivendo è rivolto alla crea- stenibilità. zione di una nuova descrizione del nostro agire economico: non è più Smart city significa economia intelligente, cittadini intelligenti, goverl’efficienza statica e l’allocazione ottimale delle risorse che crea, tout nance intelligente, mobilità intelligente, ambiente intelligente, stili di court, ricchezza bensì l’efficienza dinamica e quindi la capacità di pro- vita intelligenti. La pervasività di comportamenti sostenibili attiva un durre innovazione, di investire in settori e prodotti nuovi capaci di sod- processo moltiplicativo virtuoso capace di rilanciare l’economia e la disfare il bisogno di tutela dei beni comuni – l’ambiente – e di sostenere qualità delle vita delle città medie. Siamo pronti ad accogliere questa la resilienza del sistema economico – benessere economico e sociale sfida europea? • per le generazioni future.
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11 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Sostenibilità&Accessibilità
Alberto Arenghi Ingegnere, Ricercatore DICATA Università di Brescia
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sostenibilità ingegno responsabilità
el 1987 il rapporto Brundtland definisce lo sviluppo sostenibile come «uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni». La definizione pone al centro della questione non tanto l’ecosistema, e quindi la sopravvivenza e il benessere di tutte le specie viventi, ma piuttosto le generazioni umane, presenti e future. Il raggiungimento del soddisfacimento dei bisogni delle generazioni umane è più volte rappresentato in letteratura dall’equilibrio di tre fattori: la sostenibilità sociopolitica, quella ambientale e quella economica. Tale equilibrio declina il rapporto che deve instaurarsi tra uomo e questi tre fattori e viene sovente rappresentato con il grafico di figura 1. Ai tre fattori appena menzionati, nel 2001 l’UNESCO con la Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale aggiunge un quarto fattore determinante, la cultura, affermando che «la diversità culturale è necessaria per l’umanità quanto la biodiversità per la natura» e che «una delle radici dello sviluppo inteso non semplicemente in termini di crescita economica, ma anche come mezzo per raggiungere un’esistenza intellettuale, emozionale, morale e spirituale più soddisfacente». È evidente, dunque, che dalle definizioni espresse e dai concetti che da esse ne derivano, lo sviluppo sostenibile abbia una forte caratterizzazione di tipo antropocentrico, dove l’ambiente è uno dei fattori che, insieme agli altri, permette il raggiungimento dello stato di benessere. Con riferimento alla sostenibilità ambientale, spesso si parla di ecologia confondendo erroneamente l’ecologia con l’ambiente, con la conservazione della natura o con altri concetti e studi simili. È infatti da ricordare che il termine ecologia è quasi un neologismo introdotto da Ernst Haekel nel 1866 derivandolo dal greco oikos che significa casa o economia della casa e dunque collegato al concetto dell’abitare. Negli anni molti autori (principalmente artisti, architetti e filosofi) hanno trattato il tema della relazione tra uomo e abitazione utilizzando più o meno direttamente il termine ecologia nell’accezione proposta da Heakel. John McHale in The Ecological Context parla in un primo momento di house-knowledge, quindi pone enfasi sulla conoscenza della casa che si abita, in un secondo di housekeeping per esprimere la necessità di stabilire le regole che ordinano l’occupazione della casa da parte dell’uomo. Anche nel caso delle abitazioni bisogna quindi partire anzitutto dalla conoscenza delle esigenze di chi le abita e poi passare a stabilire delle regole affinché esse siano soddisfatte. Victor Papanek nel suo libro più noto Design for the Real World: Human Ecology and Social Change, scrive «il progetto è diventato lo strumento più potente attraverso il quale l’uomo modella i suoi oggetti e gli ambienti (e, per estensione, la società e se stesso)». Massimo Cacciari sostiene che «L’architettura contemporanea forse ha di1. Diagramma dei fattori che compongono lo sviluppo sostenibile menticato questi significati originari, ha dimenticato che l’architettura è costruzione dell’abitare, che l’architettura è ecologia. L’architettura è definizione di un ambiente senza barriere, di un ambiente di libertà, di un ambiente di comunicazione, di comunità, e questo vale per il tema specifico dell’accessibilità». In quest’ottica di idee gli ambienti costruiti dovrebbero consentire a tutti gli individui di svilupparsi come persone e quindi la loro progettazione deve tener conto della diversità della popolazione e soddisfare le esigenze che ognuno manifesta per poter essere indipendente. Quanto appena asserito è sicuramente un modo per esprimere il concetto di accessibilità dell’ambiente costruito, accessibilità che può essere intesa nello stesso modo con cui è descritta lo sviluppo sostenibile in figura 1, dipendendo anch’essa da fattori socio-politici, ambientali ed economici. Parlare di rapporto uomo e ambiente e di accessibilità significa affrontare la sfida della riduzione delle situazioni di handicap, dove l’handicap è una caratteristica dell’ambiente che limita la partecipazione dell’individuo nella società in cui lo stesso vive (il che è molto vicino alla definizione di barriera architettonica). La sfida di cui sopra può essere intrapresa agendo sull’individuo per un suo adattamento all’ambiente (approccio di carattere medico-riabilitativo, ma anche, più in generale, di tipo pedagogico-educativo) e, al converso, ma contemporaneamente, agendo sull’ambiente per un suo adattamento all’individuo (approccio di carattere tecnico-progettuale). Oggi per discutere correttamente di accessibilità occorre far riferimento all’approccio progettuale espresso dal Design for All (noto anche come Universal Design o Inclusive Design) e alla classificazione dell’uomo descritta dall’ICF (International Classification of Functioning). Il Design for All è definito come «è il progetto di oggetti e ambienti utilizzabili dal maggior numero di persone possibile senza bisogno di adattamenti o progetti dedicati».
L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare. Eduardo Galeano
12 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
L’intento del Design for All è di semplificare la vita di tutti attraverso la produzione di oggetti, comunicazioni e dell’ambiente costruito utilizzabile dal maggior numero di persone possibile con piccoli o nulli costi aggiuntivi. Il Progetto secondo il Design for All supera il concetto del «progetto senza barriere» (barrier-free design) perché non muove dall’idea di eliminare o superare qualcosa, ma rappresenta un cambiamento più radicale, teso a riconsiderare in modo dialettico il modo di progettare, la realizzazione di oggetti e spazi; si differenzia dal «progetto per tutti»: dire «per tutti» richiama un concetto astratto che in una singola definizione cerca di racchiudere tutte le differenze, perdendo di vista, di fatto, la complessità del mondo reale. Il Progetto secondo il Design for All ha il senso del limite sia rispetto alla soluzione (ogni soluzione può presentare delle difficoltà per uno specifico utente), sia rispetto alla situazione (la complessità dell’uomo non è riconducibile a schemi immutabili: ci saranno sempre situazioni particolari che richiedono soluzioni personalizzate). Sono stati definiti sette principi progettuali da tenere in considerazione al fine di operare in modo corretto e coerente secondo l’approccio del Design for All: • Autonomia di utilizzo: la soluzione deve massimizzare la possibilità di utilizzo autonomo; • Compatibilità: la soluzione deve essere compatibile (a livello dimensionale, sensoriale, cognitivo e culturale) con le caratteristiche dell’utente, e deve poter essere utilizzato anche qualora l’utente non presenti tutte le abilità funzionali e psichiche; • Adattabilità e flessibilità: il prodotto deve poter essere adattato (eventualmente anche con aggiunte specifiche) alle caratteristiche dell’utente, in relazione alle necessità che possono verificarsi nel corso dell’esistenza; • Normalità di immagine: la soluzione preferibile è quella che risulta funzionale per molti senza essere connotata da un’immagine negativa e stigmatizzante; • Semplicità di utilizzo: le soluzioni semplici risultano essere preferibili in quanto a durata e facilità di manutenzione: più un oggetto è semplice (concettualmente, nell’uso, nella percezione), maggiore è il numero di utenti in grado di fruirne; • Buon rapporto qualità/prezzo: il prodotto finale deve garantire un buon rapporto qualità/prezzo; • Sicurezza e affidabilità: il prodotto deve essere garantito per durare nel tempo e assicurare sicurezza di funzionamento, specie quando l’utente delega al prodotto lo svolgimento di importanti funzioni per la sua vita. Un prodotto sicuro può essere utilizzato con tranquillità, certi che siano state eliminate all’origine le possibili cause di incidente (e quindi anche di potenziale disabilità). In particolare, per l’utente con disabilità risulta di primaria importanza che il prodotto possa essere mantenuto sotto controllo, eliminando stati di disagio che portano, in breve tempo, al rifiuto della soluzione proposta. I principi sopra riportati coinvolgono aspetti economici e di marketing, sociali e culturali, di innovazione tecnologica, etici e riferibili alla sostenibilità che se interpretati correttamente e coerentemente all’approccio progettuale del Design for All possono dare un’offerta competitiva di prodotti basati sulla qualità, la responsabilità e l’innovazione sociale. L’International Classification of Functioning (ICF) è stato presentato dall’OMS nel 2001 (è curioso ricordare come in quel periodo il presidente dell’OMS fosse Brundtland) per sostituire l’ormai datata (1980) International Classification of Impairments, Disabilities and Handicap (ICIDH). L’ICF rappresenta un salto culturale molto significativo perché, in estrema sintesi, legge e classifica un qualsiasi individuo con un mutato abito mentale: da «ciò che non può fare» a «ciò che può fare». Partendo dalle condizioni di salute la classificazione si muove nell’ambito di un modello universale perché stabilisce un continuum fra salute e disabilità ed interessa tutti; integrativo degli aspetti medici e sociali e interattivo perché prende in considerazione i complessi rapporti tra persona, salute ed ambiente (figura 2). L’obiettivo dell’ICF è quello di descrivere la funzione (i.e. andare a scuola, prepararsi da mangiare, praticare uno sport, ecc.) al fine di valutare il grado di partecipazione del soggetto. Si passa dunque da un modello medico (ICIDH) a uno bio-psico-sociale in cui diventano determinanti l’integrazione sociale, gli adattamenti ambientali e le politiche che nei vari ambiti disciplinano la società in cui l’individuo vive. Il Design for All e l’ICF, pur partendo da differenti punti di osservazione ed approccio, leggono la realtà uomo-ambiente nello stesso modo considerando la disabilità (ovvero una delle possibili condizioni in cui l’uomo si può trovare in forma temporanea o permanente) come una condizione che non richiede approcci medici speciali e approcci progettuali speciali, richiamando il progettista a un ruolo sociale fondamentale per cui deve diventare un operatore di salute attraverso la concezione di un ambiente terapeutico, invece di un ambiente protesico. In conclusione la visione antropocentrica che si riscontra nella sostenibilità è rinvenibile nell’accessibilità tanto che i due sostantivi possono concettualmente ritenersi dei sinonimi perché entrambi sono descritti attraverso modelli che considerano i medesimi fattori atti a promuovere il benessere dell’uomo in equilibrio con l’ambiente in cui vive. •
13 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Massimo Cacciari sostiene che «l’architettura contemporanea forse ha dimenticato che l’architettura è costruzione dell’abitare, che l’architettura è ecologia. L’architettura è definizione di un ambiente senza barriere, di un ambiente di libertà, di un ambiente di comunicazione, di comunità, e questo vale per il tema specifico dell’accessibilità»
2. Schema dell’interazione dei concetti nell’ICF
Città e Sostenibilità Storia, declinazioni e pratiche
Pasqualino Boschetto Alessandro Bove
sostenibilità ingegno responsabilità
Il rapporto città-sostenibilità Si propone una lettura relativa al città-sostenibilità deve anche essere riferito: rapporto esistente tra la città e la so- Il• rapporto ad aspetti ed approcci tecnico-progettuali che approfondiscono il tema della progettaziostenibilità cercando di focalizzare, at- ne sostenibile in urbanistica come somma di interventi prettamente a scala urbana (il riferimento è alle scelte di pianificazione sulle tipologie insediative, sull’orientamento dell’etraverso brevi richiami, un quadro di dificato, sul rapporto tra insediato e sistema del verde, sulle modalità di realizzazione di percorsi ed accessibilità, sulla localizzazione e sulle caratteristiche costruttive delle aree di soriferimento che richiederebbe una sta, ecc.); trattazione molto più ampia vista la • ad aspetti connessi alle tematiche degli edifici (come ad esempio l’isolamento termico, dove il quartiere prima e la città poi non sono altro che una somma di edifici che partecipano complessità del tema e le molteplici alla costruzione della sostenibilità attraverso la sommatoria dei singoli apporti); implicazioni che esso viene ad avere. • o degli impianti in essa realizzati (la città consuma energie per il suo funzionamento). L’approcio della città in termini di sostenibilità è dunque complesso, ricco di difficoltà e periInfatti se termini come città, pianificoli da trasformare in opportunità come chiaramente evidenziato dall’Unione Europea1. cazione, urbanistica e sostenibilità a- Le città europee seguono percorsi di sviluppo diversi e tale diversità va sfruttata. La competitività nell’economia globale deve essere affiancata da economie locali sostenibili radicando prono scenari variamente declinati e nel tessuto economico locale competenze fondamentali e risorse, nonché incentivando la declinabili, condensarli in poco spazio partecipazione sociale e l’innovazione. un’economia reattiva e inclusiva – l’attuale modello di sviluppo economico, in cui e trasmetterne l’importanza significa Creare crescita economica non significa necessariamente un maggior numero di posti di lavoro, pofare delle scelte che, necessariamente, ne alcuni problemi: primo fra tutti quello di garantire una vita dignitosa ai soggetti esclusi dal mercato del lavoro e di coinvolgerli nella società. porteranno a una visione complessiva, Il potenziale che scaturisce dalle diversità socioeconomiche, culturali, etniche e generazionali va maggiormente sfruttato come fonte d’innovazione. Le città del futuro devono prestare ma non certamente esaustiva. attenzione sia alle esigenze degli anziani sia delle famiglie, configurandosi come luoghi di Ciò discende dal fatto che sia tolleranza e rispetto. l’urbanistica che la sostenibilità sono È fondamentale combattere la segregazione territoriale e la povertà energetica con alloggi migliori, non soltanto per rendere la città e l’agglomerato più interessanti e vivibili, ma antermini a cui vengono associati riferi- che più competitivi e rispettosi dell’ambiente. menti fisici, come l’ambiente, la strut- Per rendere le città verdi e sane non basta ridurre le emissioni di CO2. Per le questioni riguardanti l’ambiente e l’energia occorre adottare un approccio globale, in quanto le diverse tura del territorio, la forma urbis, ri- componenti dell’ecosistema naturale sono strettamente legate alle componenti del sistema ferimenti prevalentemente produttivi, sociale, economico, culturale e politico della città. Le città medio-piccole prospere e dinamiche possono svolgere un ruolo importante non solo per il benessere degli abitanti, ma anrelativi all’economia e ai vincoli che che delle popolazioni rurali circostanti. Servono a evitare lo spopolamento delle zone rurali e l’esodo verso le città nonché a promuovere uno sviluppo equilibrato del territorio. essa pone alle politiche di gestione del Una città sostenibile deve disporre di spazi pubblici all’aperto che siano attrattivi e promuovere una mobilità sostenibile, inclusiva e sana. La mobilità, utilizzando mezzi di trasporto territorio e della città, sociali, in diversi dall’automobile, va resa più attrattiva e occorre incentivare i sistemi di trasporto pubquanto sono proprio le popolazioni gli blico multimodale». attori e i destinatari delle politiche di Sostenibilità e forma urbana pianificazione, di costruzione delLa questione dell’approccio sostenibile alla città deriva certamente dalla necessità di risolvel’ambiente urbanizzato e di conserva- re le problematiche intrinseche all’ambiente costruito facendo sì che questo sia maggiormente consono alle aspettative delle popolazioni che lo abitano. In questo senso il concetto zione di quello naturale. Inoltre sta di sostenibilità associato alla forma urbana trova radici molto lontane, soprattutto legate ai prendendo piede il concetto di sosteni- movimenti che dal XIX secolo in avanti hanno cercato di modificarne l’assetto sulla spinta delle modificazioni sociali indotte dalla rivoluzione industriale. bilità relativo agli aspetti politicoCosì, se inizialmente è possibile intendere come ricerca di sostenibilità urbana tutta una seamministrativi legati all’amministra- rie di interventi rivolti al miglioramento delle condizioni igienico sanitarie (il riferimento è al Public Health Act sviluppato in Inghilterra, nazione che tra le prime ha affrontato il problezione della città, i quali spesso sono ma delle città industriali, tra il 1844 e il 1848), successivamente il tema della città sostenibile è stato declinato sotto molteplici punti di vista, dall’introduzione delle prime forme di zoindicati come la causa prima ning al fine di dividere le aree urbane destinate alla produzione da quelle residenziali e di dell’incapacità o impossibilità di un servizio, allo studio del rapporto tra la città e il verde, quale elemento di qualificazione dal territorio di trasformarsi e adeguarsi punto di vista ambientale. In particolare, Peter Hall sostiene che già la Garden City proposta da Hebenezer Howard agli inizi del ’900 sia «un modello compiuto di città sostenibile»2. In alle dinamiche del reale. tal senso forme antesignane di città sostenibili possono essere viste tra le più famose proposte di città ideali quali la Cité Industrielle di Tony Garnier (pubblicata nel 1917, ma risalente al 1898), o le proposte di Le Corbusier sulla Ville Radieuse, pur fortemente criticata, o, infine, il modello della Broadacre City di Frank Lloyd Wright del 1924. Si tratta in tutti i casi di declinazioni differenti delle stesse tematiche affrontate quali i temi del verde, della circolazione, della differenziazione delle destinazioni d’uso, ma con approcci fortemente differen-
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ziati circa l’uso del suolo che spazia dalla concentrazione massima di Le Corbusier fino alla diffusione e fusione tra città e campagna di Wright, o ancora la creazione di città satelliti di dimensioni prestabilite separate da cinture verdi (da Howard alle New Towns, modello fortemente apprezzato nel mondo anglosassone). Di conseguenza esiti più o meno felici di tali utopie sulla città sostenibile possono essere considerati anche gli ampliamenti di centri industriali come Schio e Valdagno nel vicentino, dove alle istanze sociali della popolazione urbana e operaia è stato risposto attraverso la costruzione di quartieri in cui residenza, servizi, sistema del verde e circolazione sono stati utilizzati in maniera tale da offrire un comfort di vita ottimale con la convinzione e il presupposto che migliori condizioni di vita avrebbero facilitato la produzione ed evitato le tensioni sociali, nel solco delle esperienze delle Company Towns anglosassoni o mitteleuropee fortemente caratterizzate dal paternalismo industriale della prima rivoluzione industriale nazionale.
Sostenibilità e piano
Ebenezer Howard, Garden City Concept, 1902
Tony Garnier, La cité industrielle, 1917
Valdagno in una vista panoramica nel 1936 15 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Fin qui quindi un primo approccio possibile alla città sostenibile, incentrato principalmente sulla necessità di trovare una soluzione a problematiche specifiche e attraverso una forma organizzata dell’insediamento. Un altro approccio alla sostenibilità è quello connesso ai modi di pianificare la città. Nel processo pianificatorio la sostenibilità è l’obiettivo specifico a cui il piano tende e quindi l’approccio urbanistico – territoriale alla sostenibilità è interconnesso direttamente alla forma del piano. In particolare l’approccio alla sostenibilità nelle azioni di pianificazione discende direttamente dal concetto di ecologia umana applicata e di pianificazione ecologica, così come definita nel 1940 da Benton MacKaye. Si tratta dunque di un modo di procedere che, partendo da informazioni biofisiche e socioculturali, suggerisce le opportunità e i limiti da considerare quando si assumono decisioni sull’uso del paesaggio3 (I. McHarg, 1997). Il metodo aveva lo scopo di definire le aree migliori per un potenziale uso del territorio, quale punto di convergenza di tutti o di gran parte dei fattori giudicati propizi e in assenza di quelli pregiudizievoli per quel determinato uso. In esso gli indicatori, opportunamente organizzati, creavano il quadro di riferimento conoscitivo per la definizione dell’idoneità dei luoghi4 su cui articolare le ipotesi di piano che, una volta discusse con la popolazione, potevano divenire azioni di pianificazione. In particolare l’approccio alla sostenibilità nella pianificazione ha imposto di affrontare il tema delle trasformazioni urbane e territoriali attraverso tre elementi fondamentali: • la valutazione della struttura territoriale al fine di comprenderne l’organizzazione in termini di invarianti ambientali; • la comprensione degli effetti delle azioni umane sul territorio (antropizzazione), sia relativamente agli interventi già effettuati che a quelli da effettuarsi al fine di definire le potenzialità di utilizzazione del territorio; • l’analisi degli aspetti relativi alle dinamiche socioeconomiche che hanno ricaduta direttamente sia sul territorio antropizzato e sulla sua sostenibilità che sulle invarianti ambientali. Tramite questo approccio all’analisi territoriale, la questione della sostenibilità viene perciò affrontata tramite l’uso di valutazioni tradizionali ( e generali5), bensì necessita di essere approfondita con analisi specifiche relative alla configurazione dell’assetto insediativo. Ciò significa che, tenuto conto delle caratteristiche intrinseche dei luoghi, diventa necessario individuare le chiavi di lettura più opportune per rappresentare il genius loci nella sua interezza. Quindi la pianificazione sostenibile impone la capacità di individuare politiche territoriali volte al contenimento delle criticità (come ad esempio lo sprawl urbano, la città diffusa e la città dispersa, che hanno forti ricadute in termini economici, sociali ed ambientali), puntando sulla centralità della struttura ambientale all’interno dei processi di pianificazione6. Di qui discendono direttamente gli scopi da perseguire nell’individuazione generale della sostenibilità del luogo, ossia: • la sintropia, che indica la necessità di individuare l’ambiente più adatto, oppure la possibile modificazione dell’azione di pianificazione o, viceversa, l’adattamento della struttura ambientale in relazione alla corretta pianificazione sostenibile; • l’idoneità, che indica la necessità della minor trasformazione possibile dell’ambiente all’azione di pianificazione; • la salute, che implica il benessere che scaturisce dall’azione proposta. Nel caso dunque della pianificazione sostenibile il nodo che viene focalizzato non è quindi la città in sé stessa, quanto piuttosto i temi che sono ad essa relativi. In tal senso sostenibilità è stata declinata ponendo particolare attenzione ad una crescita economica durevole, capace di rispettare l’ecosistema ed assicurare il progresso sociale7. Inoltre individua nelle comunità locali il volano di questo nuovo modello di sviluppo, focalizzato su di un territorio quale risultato di un vincente equilibrio tra crescita economica, rispetto dell’ambiente, protezione delle proprie radici culturali, promozione degli individui e qualità della vita.
sostenibilità ingegno responsabilità
Vauban, eco-quartiere di Friburgo
Residenze di Vauban a Friburgo
La pianificazione sostenibile è dunque chiamata ad affrontare tematiche non di esclusiva competenza del tecnico (ingegnere o architetto), ma necessita più che mai di confrontarsi con quella multidisciplinarietà che oggi è sempre più necessaria per la comprensione della complessità del progetto urbano. Molti sono gli strumenti di supporto all’attività di pianificazione per la comprensione della sostenibilità nella sua complessità e spesso sono integrati negli strumenti di piano (si pensi ad esempio al forte legame esistente tra il Piano di Assetto del Territorio PAT con la Valutazione Ambientale Strategica VAS), oppure agiscono come linee guida di supporto alle strategie dello stesso come Agenda 21, o, ancora sono in corso di approfondimento come l’Ecological Footprint8 (impronta ecologica), che misura l’impatto della città e della sua popolazione sulla natura. In realtà con la crisi della città tradizionale è andata in crisi anche la prevedibilità del futuro urbano. Non è più possibile, salvo casi particolari, stabilire con certezza e disegnare il futuro di ogni singolo, limitato insediamento urbano, perché non sono del tutto prevedibili i suoi rapporti con il territorio circostante, la regione o le città di altri paesi con cui ha rapporti di collaborazione o di competizione, né, tantomeno, i legami interni che governano la struttura consolidata. Inoltre il piano stesso è forato nelle sue previsioni da strumenti che, attraverso un valore di variante puntuale, ne mettono in crisi il disegno complessivo. Questa incertezza dovrebbe spingere ad affrontare il tema della sostenibilità del futuro della città attraverso un approccio per parti o per temi, che consentono di essere comunicati facilmente e facilitano lo sviluppo puntuale attraverso una visione della sostenibilità come sommatoria di interventi. Nella pianificazione sostenibile diventano dunque fondamentali aspetti che spaziano dal dettaglio alle relazioni di sistema e che quindi interessano scale differenti nella pianificazione. Ci si riferisce a tematiche differenziate, che hanno effetto sulla struttura insediativa, sulle modalità di trasporto, sull’armatura territoriale, sull’organizzazione socio-economica. Un approccio multidisciplinare che è tradotto nel concetto di sostenibilità e durabilità dello sviluppo. Nella fattispecie i temi e le azioni (strategie) che assumono interesse riguardano dunque: • l’urbanizzato che deve essere compatto e con mix appropriato di destinazioni d’uso, al fine di proteggere l’ambiente naturale, la biodiversità e le aree produttive agricole; • l’ambiente naturale che deve permeare la città; • il minor interesse verso l’infrastrutturazione, puntando su mobilità slow e sul trasporto pubblico; • lo sfruttamento di tecnologie verdi che possono minimizzare l’uso d’acqua, lo spreco energetico e la produzione di rifiuti; • la concentrazione delle funzioni in polarità urbane e suburbane all’interno di uno spazio urbanizzato continuo che concentrano la mobilità sistematica la quale può essere governata con modalità di trasporto collettive; • la concentrazione della popolazione all’interno degli spazi urbani per favorire la diffusione della cultura ecologica e diminuire i costi legati alla diffusione dei servizi; • la struttura fisica della città ed il suo rapporto con l’ambiente urbano deve essere forte, riconoscibile e commisurato alle esigenze umane;
• la performance economica, lo sviluppo produttivo e l’impiego sono massimizzati sia dall’innovazione che dalla storia e cultura locali, così come dalla qualità ambientale e sociale della città; • la pianificazione delle trasformazioni dovrebbe essere guidata da strategie di lungo periodo e dal dibattito sociale, e non da una pianificazione unicamente quantitativa; • il processo di decisione è sostenibile se supportato dall’integrazione di aspetti economici, ambientali e culturali. Si tratta di caratteri che sono strategici nello sviluppo del territorio e che vengono sfruttati nella competitività tra città e territori e che perciò, in un certo qual modo, hanno decretato la fine della pianificazione tradizionale intesa come un disegno più o meno dettagliato di zone specializzate, di strade e di servizi pubblici, da attuare fedelmente in un tempo più o meno lungo. Inoltre oggi si è molto ampliata la platea dei decisori (e dei gruppi che contestano le decisioni) e, soprattutto, sono calate le risorse pubbliche ed è sempre più necessario ricorrere ad accordi con gli operatori privati. È per questo che la pianificazione urbana sostenibile necessita di diventare uno strumento strategico che va ad agire attraverso progetti puntuali capaci di soddisfare tutti gli attori coinvolti.
La misura della sostenibilità Nelle economie consolidate e nelle città che le supportano, il vantaggio competitivo del luogo si misura su aspetti di unicità che, proprio per il fatto di essere consolidate, superano i caratteri generalmente utilizzati per misurarne la qualità (è sufficiente ricordare quanto l’accessibilità ai luoghi abbia rappresentato uno strumento di attrazione degli investimenti sulla città e sul territorio) per focalizzarsi su aspetti innovativi quali la sostenibilità appunto e l’intelligenza9. La sostenibilità è dunque un vero e proprio strumento di supporto alle decisioni nell’attivazione di opportune pratiche e strategie di governance, oltre che di certificazione della qualità dello sviluppo. In tal senso sono diventati dei veri e propri strumenti di marketing territoriale in quanto capaci di comunicare sinteticamente i livelli di sostenibilità raggiunti e di compararli tra differenti aree urbane e territoriali. In letteratura sono dunque numerosi gli studi (UN HABITAT 2004, World Bank 2007, OECD, European Commission 2006, ad esempio) che hanno affrontato il tema della ricerca di indicatori di sostenibilità al fine di supportare le politiche di sviluppo urbano, e molteplici sono anche le applicazioni che raffrontano le performance delle diverse città al fine di supportare le decisioni dei city manager. L’approccio è generalmente duplice: da un lato è rivolto alla comprensione/risoluzione dei problemi interni alla città (relativi alla sua organizzazione fisica e sociale) e, dall’altro, punta ad affrontare i problemi che la città riversa sul territorio e sull’ambiente. La sostenibilità viene poi articolata secondo tre dimensioni. La prima descrive lo stato della città attraverso gli indicatori di sviluppo socioeconomici, relativi alle condizioni ambientali e alle capacità della governance. La seconda affronta la dimensione urbana, ossia la performance delle azioni di gestione e pianificazione del territorio. Gli indicatori che a essa si riferiscono focalizzano aspetti relativi alla qualità, all’efficienza, all’equità, all’integrazione delle scelte di sviluppo. La terza
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Vauban, Friburgo, la differenziazione delle tipologie edilizie
valuta l’evoluzione della sostenibilità all’interno dell’ambiente urbano attraverso indicatori che valutino il consumo delle risorse, la rigenerazione ambientale, la crescita potenziale del welfare. In questa maniera è possibile pervenire a tre obiettivi principali: l’idoneità dello sviluppo urbano, la capacità di coordinamento tra le azioni e la potenzialità dello sviluppo. Misurare la sostenibilità richiede dunque modalità di approccio differenti a seconda del livello della dimensione territoriale di riferimento scelta quale oggetto di studio. Infatti, per una valutazione di dettaglio, assumeranno maggior importanza aspetti rivolti alla comprensione della struttura fisica della porzione territoriale studiata, mentre a scala territoriale gli strumenti di valutazione focalizzeranno con maggiore puntualità aspetti strategici attraverso indicatori capaci di descrivere la performance economica, le dinamiche sociali, ponendo il concetto di territorio non tanto in un’accezione fisica quanto piuttosto in termini di politiche. Infatti, se si scorrono i metodi di misura della sostenibilità noteremo che sono fortemente differenziati e focalizzano sempre aspetti differenti o loro molteplici combinazioni. Pur nella certezza di non essere in grado di riportarli tutti, è già possibile notare dagli esempi riportati di seguito come ogni metodo di lettura del livello di sostenibilità parta proprio da presupposti diversi. Così il metodo dei valori di McHarg (Stati Uniti) offre una modalità per affrontare il tema della sostenibilità sia dal punto di vista della pianificazione di area vasta che a quella di dettaglio. Agenda 21 (Earth Summit) affronta la sostenibilità attraverso valutazioni che misurano aspetti quali: • uguaglianza e inclusione sociale (accesso a servizi di base adeguati ed economici per tutti); • partecipazione/democrazia (partecipazione di tutti i settori della comunità locale ai processi decisionali); • relazione fra la dimensione locale e quella globale (soddisfazione dei bisogni a livello locale, o comunque in maniera più sostenibile); • economia locale (promozione dell’occupazione e dell’impresa secondo modalità che minaccino in misura minimale le risorse naturali e l’ambiente);
• protezione ambientale (approccio ecosistemico; minimizzazione dell’uso delle risorse naturali, del territorio, della produzione di rifiuti e di sostanze inquinanti; accrescimento della biodiversità); • patrimonio culturale/qualità dell’ambiente edificato (protezione, conservazione e recupero di valori storici, culturali e architettonici; accrescimento e salvaguardia della bellezza e funzionalità di spazi ed edifici). Tale approccio trova particolare riferimento alla scala urbana e territoriale. Il metodo HQE2R (metodo per l’integrazione dello sviluppo sostenibile in ciascuna della fasi del progetto - Comunità Europea), è particolarmente indicato perché agisce a scala di quartiere, affrontando il tema della sostenibilità tramite indicatori di stato per la diagnosi dei quartieri e degli edifici (ISDIS) correlati agli obiettivi di SD e alle rispettive questioni-chiave e indicatori di monitoraggio per differenti progetti per il quartiere (e per la città). Il metodo HQDIL di diagnostica dello sviluppo sostenibile (Comunità Europea), si focalizza principalmente sull’involucro edilizio. La griglia di analisi del territorio - CERTU (Francia – Regno Unito), si riferisce in particolar modo al problema della mobilità urbana. Il metodo CSTB (di Michel Bonetti) concentra l’attenzione sulla sostenibilità percepita dagli abitanti. Il metodo di analisi AEU è basato sul bilanciamento delle emissioni di anidride carbonica. Il metodo CoParCo permette di valutare i costi di costruzione e mantenimento delle costruzioni – approccio economico. Gli indicatori di sviluppo urbano sostenibile (OECD, Unione Europea, Indicatori urbani, ecc.), si riferiscono alla sola dimensione urbana. Il Protocollo ITACA e Breen valutano la sostenibilità partendo dall’analisi del tessuto edilizio. Il metodo EcoCity raccoglie indicatori per il monitoraggio della città. Gli indicatori di sviluppo sostenibile dell’Unione Europea, pur riferendosi ai tre caposaldi della sostenibilità (sostenibilità economica, sociale ed ambientale), trattano la questione territoriale come sotto tema dell’ambiente naturale. Il risultato è che si parlano tante lingue diverse per descrivere un approccio comune che è quello della necessità di creare uno spazio urbano consono alle esigenze della comunità che lo abita e capace di conservare il proprio genius loci attraverso un uso consapevole delle risorse.
La ricerca di nuovi fondamenti sostenibili per la città Partendo dal presupposto che la città è un organismo in rapida evoluzione, sia in termini di pensiero che di pratiche, si può riuscire a mettere ordine ai molteplici approcci presentati per giungere così alla sostenibilità urbana. Tale percorso interessa sia la creazione di nuovi tessuti (espansione della città) che, in maniera sicuramente più sostenibile, la sostituzione di quelli vecchi (rigenerazione urbana). Ed è proprio la rigenerazione urbana ad essere la chiave per riordinare sia gli strumenti che i metodi per il raggiungimento di una forma urbana durabile e sostenibile attraverso norme precise che supportino tale tipo di interventi e incentivi economici per facilitarli.
Bibliografia 1. AA.VV., Le città del futuro. Sfide, idee, anticipazioni, ottobre 2011 in http://ec.europa.eu/regional_policy/conferences/citiesoftomorrow/ index_en.cfm. 2. Hall P., Ward C., Sociable cities. The legacy of Ebenezer Howard, J. Wiley and Sons, Chirchester 1998, p.23. 3. Il termine paesaggio viene utilizzato nella pianificazione ecologica come la somma delle caratteristiche complessive di un territorio, delle parti che possiamo vedere e non, della sovrapposizione e dell’intersezione del tempo e della cultura che costituiscono un luogo, compresi tutti gli usi del suolo che in esso trovano sviluppo. 4. Il concetto di idoneità si riferisce al fatto che un luogo sia appropriato, adatto o confacente alla destinazione d’uso prevista per esso (Barnhart, 1953). 5. Il riferimento è alle generali analisi preliminare svolte fino ad oggi a supporto della redazione dei Piani Regolatori Generali per i quali il tema della sostenibilità era del tutto marginale. 6. Cfr. Camagni R., La pianificazione sostenibile delle aree periurbane, il Mulino, Bologna 1999 e Camagni R., Gibelli M.C., Rigamonti P., I costi collettivi della città dispersa, Alinea, Firenze 2002. 7. Si tratta del concetto tripolare della sostenibilità emerso dai risultati del City Summit Habitat tenutosi ad Instambul nel 1996, poi ripreso dalla Comunità Europea nel 1999. Relativamente allo sviluppo sostenibile della città si veda poi la Carta di Aalborg del 1994. 8. Ecologycal Footprint Analysis sviluppata da M. Wackernagel e W. Rees della British Columbia University. 9. Il riferimento è alla smart city, termine anglosassone che è comunemente entrato nel dibattito sulla città e che non viene generalmente tradotto.
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Interventi di sicurezza idraulica nell’area metropolitana di Vicenza
Massimo Coccato, Enrico Frank BETA Studio Srl
Area di laminazione lungo il torrente Timonchio
T 1. Un’immagine dell’allagamento di Cresole (Caldogno, VI) il 1 novembre 2010 (in alto a sinistra) e risultati della simulazione mediante modello idraulico di tale evento (a destra). In basso a sinistra sono riportate le mappe di precipitazione cumulata il 31 ottobre e il 1 novembre
sostenibilità ingegno responsabilità
ra i provvedimenti strutturali per ridurre il rischio idraulico si stanno sempre più diffondendo le casse d’espansione che, poste a monte delle zone da proteggere, riducono l’entità del fenomeno naturale diminuendo la probabilità che questo si manifesti con una data intensità. Tali interventi risultano spesso preferibili a quelli di tipo passivo (rialzi arginali, risezionamenti del corso d’acqua …) che, nell’intento di salvaguardare la sicurezza di un particolare tratto fluviale, possono però determinare un aumento dell’entità delle portate, e quindi del rischio, a valle, nonché essere fonte di maggiori rischi potenziali nel tratto stesso che si intende proteggere, nel caso, sempre possibile, che si verifichi un evento di entità maggiore di quello di progetto. A seguito del disastroso evento di piena del novembre 2010 (figura 1), la Regione del Veneto, con DGR n. 989 del 5 luglio 2011, ha definito gli interventi prioritari per la messa in sicurezza del territorio colpito dall’alluvione: tali interventi consistono nella realizzazione di 11 casse d’espansione tra cui quella sul torrente Timonchio, a Caldogno, ove si prevede di realizzare un sistema di due bacini in derivazione con un invaso complessivo di 3.800.000 m³ e quella sul Fiume Agno-Guà, nei comuni di Trissino e Arzignano costituito da un sistema di tre bacini (due in linea e uno in derivazione) per un invaso complessivo di 3.500.000 m³. La progettazione di tali opere richiede l’adozione di specifiche scelte progettuali per consentire la migliore integrazione con il territorio e favorire la riqualificazione ambientale dell'area, aspetti su cui BETA Studio Srl vanta significative esperienze essendo stato individuato quale progettista, dalla Regione del Veneto di entrambi gli interventi sopracitati e dal Commissario per l’emergenza del fiume Aterno-Pescara (regione Abruzzo) delle casse di espansione a difesa della città di L’Aquila.
Finalità e caratteristiche dell’intervento L’intervento in progetto è finalizzato alla riduzione del rischio idraulico dell’area metropolitana di Vicenza interessata dalle piene del fiume Bacchiglione: è prevista, per questo scopo, la realizzazione di una cassa di espansione sul torrente Timonchio, in comune di Caldogno (VI), la cui planimetria è riportata nella figura 2, i cui effetti hanno influenza anche sugli interventi di mitigazione da prevedere nel territorio padovano. Caratteristiche principali Comuni interessati: Caldogno (VI) - Superficie complessiva occupata: 1.060.000 m² Volume massimo invasabile: 3.800.000 m 3 - Quota di massima regolazione: monte: 64.0 m s.m. Valle: 60.9 m s.m. • Tirante massimo: monte: 4.8 m; valle: 4.4 m - Funzionamento idraulico: in derivazione. 2. Cassa d’espansione in progetto con indicazione dei manufatti di regolazione/sicurezza
La progettazione, realizzata da BETA Studio srl in RTI con altre società, ha previsto l’esecuzione degli studi e delle indagini descritte nel seguito. Indagini geognostiche Le indagini geognostiche, finalizzate alla verifica della composizione stratigrafica del sottosuolo e alla sua caratterizzazione geotecnica e chimica, hanno previsto prove in sito e campionature (figura 3): • 33 sondaggi a rotazione con prove penetrometriche, prove di permeabilità tipo Lefranc, a carico variabile, prelievo di 40 campioni di terreno per analisi geotecniche e chimiche; • 20 trincee esplorative a profondità massima di 3 m utili al prelievo di 40 campioni di terreno per analisi geotecniche e chimiche; • 24 tomografie elettriche di lunghezza complessiva pari a 12 km che hanno permesso di ricostruire le caratteristiche del sottosuolo per una profondità di circa 12 m.
3. Indagini geognostiche (rosso: sondaggi, giallo: trincee, arancio: tomografie elettriche)
Indagini topografiche Sono state condotte accurate indagini topografiche sia sui corsi d’acqua oggetto d’intervento sia sull’area individuata come sito di realizzazione dell’opera. Le indagini sono state realizzate mediante: • tecnica tradizionale (GPS e stazione totale); • rilievi laserscan (LiDAR). La tecnica tradizionale è stata impiegata per: • il rilievo di 73 sezioni d’alveo sul t. Timonchio e sui fiumi Bacchiglione, Leogra e Orolo; • integrazione dei dati rilevati mediante LiDAR e rilevamento di infrastrutture. Il rilievo d’alveo, in particolare, è stato eseguito al fine della caratterizzazione morfologica dei corsi d’acqua, propedeutica all’applicazione della modellistica idraulica per la determinazione del comportamento del sistema idrografico nello stato di fatto e nelle ipotesi progettuali che via via sono state definite e affinate. 18 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
I rilievi comprendono la parte batimetrica, le sponde e gli eventuali argini, nonché i manufatti presenti (ponti, briglie). I dati provenienti da rilievi condotti con tecnica LiDAR hanno riguardato: • la fascia di territorio, larga circa 1 500 m, posta a cavallo dei corsi d’acqua del Leogra e del Timonchio fino alla confluenza nel fiume Bacchiglione (fonte: Ministero dell’Ambiente); • la fascia di territorio, di larghezza variabile tra 300 m e 1 000 m, a cavallo dei corsi d’acqua del Bacchiglione e del Retrone (fonte: Autorità di Bacino dell’Alto Adriatico). I rilievi LiDAR impiegati nel corso della progettazione hanno caratteristiche di alta risoluzione (1 punto/m²) e precisione planoaltimetrica centimetrica. L’utilizzo delle elaborazioni su dati LiDAR hanno consentito: • di ricostruire con precisione l’andamento planoaltimetrico dell’area scelta come sito per la realizzazione dell’opera idraulica, al fine della sua corretta ubicazione e dimensionamento (figura 4); • d’individuare eventuali interferenze con sovrastrutture di servizio (linee elettriche aeree ecc.) da risolvere in fase di progettazione; • di ottimizzare il bilancio relativo alla movimentazione del terreno, al fine di minimizzare l’impatto complessivo dell’intervento sull’ambiente; • di verificare il comportamento idraulico del sistema idrografico in caso di esondazione, sia nella configurazione attuale che in quella di progetto. Studio idrologico Lo studio idrologico ha consentito di riprodurre il comportamento del bacino afferente al sistema idrografico del Timonchio in caso di sollecitazione pluviometrica intensa. Il modello idrologico utilizzato è ICHYMOD (Integrated Catchment Hydrological Model), modello continuo di tipo afflussi-deflussi, sviluppato dall’Università di Padova. Il modello determina le portate orarie in corrispondenza delle sezioni idrografiche considerate, simulando per questo scopo il comportamento delle varie componenti del ciclo idrologico quali l’evapotraspirazione potenziale, l’accumulo e la fusione nivale, l’infiltrazione, la produzione di deflusso superficiale. Lo studio è stato condotto mediante: • estesa raccolta di dati, pluviometrici, termometrici e idrometrici, questi ultimi integrati con le misure rilevate dalla strumentazione appositamente installata e dalle indagini correntometriche effettuate; • schematizzazione del bacino e individuazione delle sezioni idrografiche di controllo; • calibrazione mediante applicazione del modello a serie temporali del periodo 2006-2011 (figura 5), allo scopo di individuare il set di parametri che descrivono correttamente il comportamento idrologico del bacino; • validazione del modello utilizzando i dati idrologici registrati nel periodo 2000-2005; • applicazione del modello idrologico a piogge sintetiche generate, a partire da modelli probabilistici, per un periodo di 1000 anni con passo temporale orario. Studio draulico Lo studio idraulico è stato finalizzato alla determinazione delle aree allagabili a seguito di evento pluviometrico intenso, nelle aree afferenti alla città di Vicenza. A questo scopo è stato utilizzato il modello idraulico mono-bidimensionale InfoWorks RS (figura 6), che abbina al modulo monodimensionale per lo studio della propagazione dell’onda di piena nell’alveo un modulo bidimensionale ai volumi finiti (griglia non strutturata a elementi triangolari) per lo studio della propagazione dell’esondazione nelle aree allagabili esterne al corso d’acqua. Lo studio è stato condotto mediante: • definizione del dominio spaziale di applicazione, la cui descrizione plano-altimetrica è stata realizzata mediante modellazione ottenuta dai dati LiDAR; • definizione e introduzione della descrizione geometrica dei corsi d’acqua, ottenuta dalle indagini topografiche condotte nell’ambito della progettazione; • applicazione degli idrogrammi significativi generati dal modello idrologico ICHYMOD per alimentare la propagazione in alveo e il moto dell’acqua sul terreno in caso di allagamenti. Ai fini della verifica dei risultati del modello sono state reperite e utilizzate anche informazioni di altra natura quali le perimetrazioni delle aree allagate direttamente rilevate dai comuni interessati dalle esondazioni, la documentazione fotografica acquisita durante gli eventi e le informazioni raccolte dagli Enti preposti al controllo e al monitoraggio. L’analisi idraulica ha riguardato: • la simulazione di eventi storicamente osservati. In particolare sono stati esaminati alcuni recenti eventi di piena per tarare e validare il modello, con particolare riferimento agli eventi di novembre e dicembre 2010, che hanno coinvolto in maniera significativa la città di Vicenza; • il dimensionamento e la verifica della cassa d’espansione attraverso la simulazione dei suoi effetti in termini di rischio residuo a valle utilizzando la serie sintetica di 1000 anni di idrogrammi dei corsi d’acqua a monte e a valle dell’opera ricavati con il modello afflussi-deflussi; • la ricostruzione dell’andamento degli allagamenti in occasione dell’evento del 2010 nella situazione corrispondente allo stato di fatto e allo stato di progetto, quest’ultimo conseguente alla realizzazione della cassa di espansione. • 19 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
4. Dati Lidar di una porzione dell’area di intervento (Elaborazione BETA Studio Srl su dati del Ministero dell’Ambiente)
5. Leogra a Torrebelvicino, confronto tra le portata misurata e quella simulata durante l’evento di novembre 2010
6. Modello idraulico mono-bidimensionale InfoWorkRS
Sostenibilità Piercarlo Romagnoni e Costruzione: Dipartimento della Ricerca, Università IUAV di Venezia alcuni spunti a qualche anno, il settore delle costruzioni ruota attorno a questioni legate all’efficienza energetica, all’integrazione dei consumi da fonti rinnovabili e alla sostenibilità ambientale. Il Consiglio europeo ha sottolineato la necessità di di riflessione aumentare l’efficienza energetica nell’Unione per conseguire l’obiettivo di ridurre del 20% il consumo energetico
D
sostenibilità ingegno responsabilità
L’attuale processo di progettazione e costruzione ha raggiunto un livello di complessità che richiede anche nell’edilizia l’intervento di specialisti che, opportunamente coordinati, siano in grado di risolvere in modo preciso e brillante i problemi posti da una qualsiasi realizzazione sia in fase di progettazione preliminare delineando in modo chiaro gli obiettivi da raggiungere (qualità del prodotto) che esecutiva, oltre che di gestione e manutenzione dell’opera (ovvero là dove la qualità è controllata e verificata)
dell’Unione entro il 2020 e ha chiesto che venga data rapida e piena attuazione alle priorità definite nella comunicazione della Commissione intitolata «Piano d’azione per l’efficienza energetica: Concretizzare le potenzialità». L’Unione Europea, ha dimostrato che un obiettivo del 20% per la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sarebbe appropriato e raggiungibile oltre a consentire di creare la stabilità a lungo termine di cui le imprese hanno bisogno per effettuare investimenti razionali e sostenibili; inoltre tale obiettivo sarebbe in grado di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili di importazione e di incrementare l’utilizzo delle nuove tecnologie energetiche. La traduzione di tali indicazioni si trova nella Direttiva Europea 31/20101 sulla prestazione energetica nell’edilizia (recast della Direttiva EPBD 2002/91/CE): in essa si stabilisce che per gli edifici di nuova costruzione gli Stati membri garantiscono che, prima dell’inizio dei lavori di costruzione, sia valutata e tenuta presente la fattibilità tecnica, ambientale ed economica di sistemi alternativi ad alta efficienza come quelli indicati di seguito, se disponibili: a) sistemi di fornitura energetica decentrati basati su energia da fonti rinnovabili; b) cogenerazione; c) teleriscaldamento o teleraffrescamento urbano o collettivo, in particolare se basato interamente o parzialmente su energia da fonti rinnovabili; d) pompe di calore. Sempre la medesima Direttiva, impone agli Stati membri l’adozione di misure necessarie per garantire che la prestazione energetica degli edifici o di loro parti destinati a subire ristrutturazioni importanti sia migliorato al fine di soddisfare i requisiti minimi di prestazione energetica fissati (in riferimento all’articolo 4 della stessa Direttiva) per quanto tecnicamente, funzionalmente ed economicamente fattibile. Gli Stati membri adottano le misure necessarie, inoltre, per garantire che la prestazione energetica degli elementi edilizi che fanno parte dell’involucro dell’edificio e hanno un impatto significativo sulla prestazione energetica dell’involucro dell’edificio destinati a essere sostituiti o rinnovati soddisfi i requisiti minimi di prestazione energetica per quanto tecnicamente, funzionalmente ed economicamente fattibile. Nella Direttiva si definiscono inoltre gli «edifici a energia quasi zero» come un edificio ad altissima prestazione energetica, determinata conformemente all’allegato I della Direttiva. Il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze. Tali edifici dovrebbero essere lo standard delle nuove costruzioni a partire entro il 31 Dicembre 2020 (31 Dicembre 2018, per edifici pubblici). Una prima lettura della Direttiva europea fornisce quindi un termine chiave per il settore delle costruzioni e delle ristrutturazioni: «energia». Intesa come risparmio (minori consumi o addirittura produzione energetica da parte di edifici, come in parte avviene già oggi), intesa come efficienza impiantistica e utilizzo e/o integrazione di sistemi di produzione energetica che sfruttino fonti rinnovabili. L’Allegato I, citato nella definizione di edificio a energia quasi zero, rammenta quali aspetti di una costruzione debbano essere valutati nella determinazione dei consumi energetici di un edifici sia per il riscaldamento che il raffrescamento: le proprietà dell’involucro edilizio (isolamento, capacità termica, definizione dei ponti termici, caratteristiche dei sistemi vetrati, sistemi passivi) e le caratteristiche degli impianti di condizionamento, illuminazione, produzione di acqua calda. Vengono però evidenziate anche questioni preliminari alla progettazione quali l’orientazione, la tipologia della costruzione, il comfort degli occupanti e importanti questioni relative alla realizzazione/ ristrutturazione (ottimizzazione dei costi). L’integrazione con le fonti rinnovabili è promosso dalla Direttiva 2009/28/CE2], che nel nostro Paese ha trovato una prima attuazione nel D.Lgs. 28/2011 [3]. Il quadro comincia ad apparire complesso.... Un chiarimento a cura di Aicarr, per quanto limitato alle rinnovabili termiche, è stato di recente pubblicato4. Infatti, il D.Lgs. 28/2011, nell’Allegato 3 in cui sono definiti gli «Obblighi per i nuovi edifici o gli edifici sottoposti a ristrutturazioni rilevanti« rileva come «gli impianti di produzione di energia termica devono essere progettati e realizzati in modo da garantire il contemporaneo rispetto della copertura, tramite il ricorso ad energia prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili, del 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria e delle seguenti percentuali della somma dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento: a) il 20% quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2013; b) il 35% quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016; c) il 50% quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è rilasciato dal 1° gennaio 2017». Inoltre, tali «obblighi ... non possono essere assolti tramite impianti da fonti rinnovabili che producano esclusivamente energia elettrica la quale alimenti, a sua volta, dispositivi o impianti per la produzione di acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento». Gli obiettivi posti non sono facilmente ottenibili senza scelte che coinvolgano tutti gli attori del processo di (ri)costruzione, dal progettista degli impianti, agli installatori, dallo strutturista allo specialista in problemi di tipo acustico, dall’architetto al costruttore. E si tratta innanzitutto di porsi obiettivi di qualità (reale e verificabile) in tutti i settori citati. Definire il termine sostenibilità nel settore delle costruzioni significa quindi proporre lo sviluppo di un sistema di progettazione controllato e strutturato attraverso l’integrazione di saperi diversi, in modo da fornire un prodotto in grado di soddisfare le esigenze dell’utente (qualità dell’ambiente interno) con un impegno minimo di risorse naturali sia in fase di costruzione che di esercizio e con un significativo contenimento degli impatti ambientali5. L’attuale processo di progettazione e costruzione ha raggiunto un livello di complessità che richiede anche (ma forse sarebbe meglio scrivere soprattutto) nell’edilizia l’intervento di «specialisti» che, opportunamente coordinati, siano in grado di risolvere in modo preciso e brillante i problemi posti da una qualsiasi realizzazione sia in fase di progettazione preliminare delineando in modo chiaro gli obiettivi da raggiungere (qualità del prodotto) che esecutiva oltre che, come ricordato appena sopra, di gestione e manutenzione dell’opera (ovvero là dove la qualità è controllata e verificata). Quest’ultimo aspetto, richiamato con forza da alcuni protocolli di sostenibilità ambientale per le costruzioni (LEED su tutti), è forse la maggiore sfida che ci aspetta in un prossimo futuro. Se quindi la progettazione integrata è inevitabile, la realizzazione di un edificio moderno diviene un processo di ottimizzazione di più obiettivi (ad esempio, il comfort ed il risparmio energetico, i problemi strutturali, architettonici ed impiantistici,... ed economici). 20 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Francesco Fellin Consorzio RFX
P
Approccio progettuale di un edificio come un sistema complesso, con molte relazioni tra edificio e ambiente circostante: occorre una visuale globale sempre più ampia e integrata
roprio nell’ottica sopra indicata si è inserito il recente Piano Casa della Regione Veneto [6], che ha inteso premiare interventi che non fossero meramente legati ad aspetti energetici e di fonti rinnovabili, ma che ponessero enfasi anche su aspetti talora solo marginalmente considerati. Dal punto di vista dei materiali componenti l’involucro edilizio, si è posto l’accento non solo su aspetti di bioedilizia ma anche sulla provenienza e sulla destinazione dei materiali da costruzione (ecco quindi premiato l’utilizzo di materiali provenienti da fonti rinnovabili, riciclati e/o riciclabili, smontabili e/o recuperabili). In un’ottica più generale è ormai da tempo diffuso, anche con qualche esempio nel nostro Paese, l’impiego di strumenti LCA (Life Cycle Assessment) per valutare correttamente il peso energetico dei diversi materiali da costruzione (in primis i materiali isolanti) senza farsi prendere solo dalla mania di materiali naturali e biologici che magari hanno bisogno di più energia e/o acqua per essere resi disponibili all’utilizzatore nella forma appropriata (ecco che nei cataloghi del settore si assiste in questi ultimi anni alle proposte più disparate, dal vello ovino alla fibra di cocco, dalla cellulosa recuperata dai quotidiani alla fibra di canapa ecc.). Un altro tema del Piano Casa è quello dell’acqua, con particolare attenzione all’utilizzo dell’acqua potabile e al suo possibile riuso, fino al recupero delle acque meteoriche per usi irrigui. Il ciclo delle acque è gestito fino all’uscita dall’edificio, quindi viene premiata la riduzione di acque da smaltire in fognatura (anche se soluzioni quali la fitodepurazione, specie in ambito urbano,mi vedono tuttora scettico). Risulta interessante anche l’accento ai temi della permeabilità del suolo (che implicitamente favorisce le coperture verdi e più in generale la riduzione di aree pavimentate) e all’effetto isola di calore. Sul tema della salubrità degli ambienti è degno di nota il riferimento alla corretta ventilazione degli spazi confinati (pratica ancora poco diffusa specie in ambito residenziale anche in costruzioni di un certo pregio) e la riduzione del tasso di componenti volatili (VOC) da elementi di arredo e da Radon (killer invisibile e stranamente poco temuto). Vi sono poi il benessere visivo (illuminazione naturale) e quello acustico, già normato dalla Legge Quadro 447/95 e successivi decreti attuativi e qui utilmente richiamato in un approccio di qualità globale del vivere. Vi è un riferimento al sistema di automazione dell’edificio (BACS, acronimo di Building Automation and Control System), che consente di ottimizzarne il funzionamento riducendo i consumi, e alla sua corretta manutenzione e gestione, con particolare accento alla documentazione tecnica spesso carente quando non addirittura inesistente. Per finire, il Piano Casa assegna punteggi anche per lo sviluppo di un piano di manutenzione dell’opera e per il mantenimento delle caratteristiche prestazionali nel tempo, per una corretta gestione dei rifiuti e considera come elemento qualificante la vicinanza e fruibilità del trasporto pubblico. Quanto appena ricordato dimostra come sia sempre più diffuso l’approccio progettuale di un edificio come un sistema complesso, con molte relazioni tra edificio e ambiente circostante, per cui occorre una visuale globale sempre più ampia e integrata. Un esempio significativo è la sede di Manens-Tifs, edificio a forte valenza architettonica inaugurato nel 2004 e sito nella zona industriale di Padova (in figura). La piena integrazione delle varie figure progettuali, applicata ad un edificio del terziario di dimensioni contenute, ha permesso lo sviluppo di soluzioni d’avanguardia, finalizzate alla creazione di un edificio esteticamente molto caratteristico, riducendo al tempo stesso i fabbisogni energetici e curando molto la vivibilità interna in termini di comfort visivo, termoigrometrico ed acustico, anche con campagne di misurazioni post operam. Il sistema ha consentito anche di sperimentare soluzioni, come il solaio a massa termicamente attiva, già note e utilizzate nei paesi nordici ma non nel nostro Paese, specialmente quando applicate ad un solaio di tipo alleggerito (predalle) per il quale vi era difetto di riferimenti bibliografici. Le ipotesi progettuali sono state validate facendo ampio ricorso a sistemi di simulazione numerica, in collaborazione con il Dipartimento di Fisica Tecnica dell’Università di Padova. In questo tipo di solaio l’elemento impiantistico (pannello radiante) è parte integrante dell’elemento strutturale, e i due diventano un unicum, esattamente come le tre anime progettuali (architettonica, strutturale e impiantistica) dovrebbero sempre più armoniosamente fondersi per dare un risultato di assoluta eccellenza, frutto di scelte ponderate e condivise. Nell’esempio citato si è fatto ampio ricorso alla BACS sia per il controllo in tempo reale delle schermature motorizzate che per l’ottimizzazione dell’illuminazione artificiale in funzione delle condizioni esterne, nonché per il controllo e monitoraggio degli impianti che assicurano il benessere termoigrometrico tramite ricorso ad una pompa di calore invertibile accoppiata a scambiatori a terreno verticali. La tecnologia della pompa di calore è certamente molto promettente per perseguire la finalità di incrementare sensibilmente l’efficienza energetica degli impianti e la quota di energia rinnovabile sfruttata. Sono molteplici i campi di applicazione, dai recuperi industriali o in particolari tipologie di edifici (come le piscine), ad applicazioni di varie dimensioni fino alla piccola taglia del settore residenziale dove un’unica macchina può far fronte alla produzione di calore, freddo e acqua calda sanitaria. Uno dei punti di forza della pompa di calore e che la differenzia dalla caldaia è proprio la peculiarità di poter funzionare come refrigeratore, il che la rende molto interessante specie considerando che, con poche eccezioni, gli edifici del nostro Paese hanno generalmente bisogno sia di riscaldamento che di condizionamento. La pompa di calore può poi sfruttare una molteplicità di sorgenti esterne di scambio, il che la rende più versatile potendosi adattare di volta in volta ad esigenze e limiti specifici.7,8 A modesto parere dello scrivente, bisogna superare una certa diffusa diffidenza per questa soluzione impiantistica che ha un grande margine di sviluppo e diffusione, senza naturalmente tralasciare altrettanto valide strategie (teleriscaldamento, cogenerazione, biomasse ecc.). Solo un radicale cambiamento del modo di pensare e di vivere gli edifici, del progettarli e costruirli può portare a risultati finalmente efficaci per contrastare le emissioni di gas clima-alteranti.
Riferimenti bibliografici 1. Direttiva 2010/31/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia (rifusione), Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 18/06/2010. 2. Direttiva 2009/28/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 05/06/2009. 3. Decreto Legislativo 3 marzo 2011, n.28, «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE», Suppl. Ord. n. 81 alla Gazzetta Ufficiale n. 71 del 28/3/11. 4. Posizione di AiCARR sul DLgs. 28/11 per gli aspetti riguardanti le rinnovabili termiche, reperibile sul sito www.aicarr.org. 5. Zani Marco, Intervista con M. Filippi «Sostenibilità degli edifici. Cosa significa?», AiCARR Journal, n. 4, pp. 6-10, 2012. 6. Piano Casa della Regione Veneto di cui alla legge regionale 14 del 2009, come modificato e integrato dalla legge regionale numero 13 dell’8 luglio 2011. 7. Coaer-Anima, Libro bianco sulle pompe di calore, 2010. 8. S. Basta, F. Minchio, Geotermia e pompe di calore, Guida pratica agli impianti geotermici di climatizzazione, 2007. 21 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Sostenibilità ed Efficienza energetica in edilizia
Michele Sanfilippo
I
sostenibilità ingegno responsabilità
ridurre alla fonte il fabbisogno energetico consente l’impiego di impianti più semplici e come diceva Henry Ford «quello che non c’è non si rompe». Il primo passo per la costruzione di edifici a elevata efficienza energetica è però un’attività di progettazione rigorosa che applica metodi scientifici e consente di effettuare le scelte su basi razionali e non dogmatiche
l tema della sostenibilità ambientale è stato affrontato a livello europeo in modo sistematico a partire dagli anni Settanta del secolo scorso. La sensibilità per la tutela dell’ambiente si è sviluppata inizialmente in alcuni Paesi del nord Europa tra cui Svezia e Germania. Il rischio dei cambiamenti climatici, la sicurezza degli approvvigionamenti o la dipendenza energetica, l’inquinamento dell’aria ed il caro petrolio hanno contribuito negli ultimi anni a sviluppare anche in Italia l’attenzione per l’ambiente, in particolare con riferimento ai consumi energetici. L’interesse per la sostenibilità, in Italia, si è sviluppato forse troppo rapidamente come una reazione incontrollata; e come in tutte le reazioni incontrollate ha creato disordine favorendo paradossalmente anche interventi costosi ed inutili se non dannosi. Anche i mezzi d’informazione non sempre hanno affrontano il tema con sufficiente rigore ed approfondimento, contribuendo a loro volta a far credere valide scelte o comportamenti poco o per nulla sostenibili. L’unica soluzione comune a tutti i problemi di sostenibilità (dall’effetto serra alla sicurezza degli approvvigionamenti) è la riduzione del consumo di combustibili fossili. Il settore dell’edilizia in Italia assorbe circa un terzo del consumo nazionale di combustibili fossili. Questo è uno dei settori su cui l’Europa punta ad interventi significativi. A tal fine sono state emanate una serie di direttive comunitarie e tra queste la 2002/91/CE e la recente 2010/31/UE. Queste direttive mirano alla realizzazione di edifici ad elevata efficienza energetica e dove una quota significativa del fabbisogno (già ridotto alla fonte) venga soddisfatto con il ricorso a fonti rinnovabili. Occorre cioè realizzare edifici ad energia quasi zero. L’indicatore utilizzato per il fabbisogno energetico è la prestazione energetica definita come «la quantità annua di energia effettivamente consumata (sia da fonti fossili sia da fonti rinnovabili NdR) o che si prevede possa essere necessaria per soddisfare i vari bisogni connessi ad un uso standard dell’edificio, compresi la climatizzazione invernale ed estiva, la preparazione dell’acqua calda per usi igienici sanitari, la ventilazione e l’illuminazione». Queste direttive si concentrano non tanto sul risparmio energetico quanto sul rendimento energetico o sull’efficienza energetica. Sull’efficienza energetica è opportuno fare alcune precisazioni. La dotazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili non modifica il livello di efficienza energetica di un edificio; efficienza energetica non significa ridurre i consumi di energia da fonti fossili ma ridurre i consumi di energia, da qualsiasi fonte essa provenga. Un edificio a elevata efficienza energetica non è, o non é solo, un edificio a basso consumo energetico, ma un edificio dove il basso consumo energetico è stato ottenuto considerando l’efficacia sotto il profilo dei costi: sia quelli di costruzione sia quelli legati alla vita del fabbricato. Il D.Lgs. 28/11 dispone, oltre agli obblighi di installazione di fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, che una quota significativa del consumo degli edifici per il riscaldamento, il raffrescamento e l'acqua calda sanitaria venga soddisfatta con energia proveniente da fonti rinnovabili. Quanto maggiore sarà l’efficienza energetica tanto minore sarà il consumo e quindi inferiore la potenza necessaria di questi impianti. Considerando un edificio di 1.000 m2 a Padova , il consumo (convenzionale) per il solo riscaldamento sarà di circa 60.000 kWh/anno per una classe energetica Ci, di circa 15.000 kWh per una classe Ai+; ciò significa che nel caso della classe Ai+ la potenza degli impianti con fonti rinnovabili da installare per rispettare la legge si riduce di più del 75%. Quindi se da un lato migliorare la classe energetica richiede un maggior costo per l’isolamento termico, dall’altro riduce notevolmente il costo degli impianti. L’installazione di impianti con fonti rinnovabili in misura maggiore rispetto a quanto previsto dalla legge sarà una scelta del progettista che dovrà essere fatta in relazione alla fattispecie. Efficienza significa fare di più con meno, raggiungere l’obiettivo con la soluzione ottimale. La convenienza a realizzare un edificio ad elevata efficienza energetica è scontata anche senza alcun incentivo. Non è così invece per un edificio che è a basso consumo energetico ma non è stato progettato con criteri di efficienza. Il punto di partenza per la progettazione di edifici ad elevata efficienza energetica è l’adozione di metodi idonei a valutare l’efettivo contributo delle diverse scelte, partendo dal presupposto che non esistono scelte che riducono in assoluto il consumo energetico, ne tanto meno che sono in assoluto efficienti. Per valutarne la validità una scelta deve essere analizzata considerando il caso specifico ed in particolare le condizioni climatiche, le modalità d’uso, eventuali soluzioni alternative; applicando un approccio integrato che valuti gli effetti su tutti gli usi energetici: dalla climatizzazione invernale ed estiva all’illuminazione artificiale. Infine occorre analizzare anche altri fattori che caratterizzano la qualità dell’edificio quali ad esempio: i requisiti di benessere termo igrometrico, la qualità dell’aria, il fattore di luce diurna, i requisiti acustici. Il primo intervento per migliorare l’efficienza energetica di un edificio è l’ottimizzazione dell’involucro edilizio; ridurre cioè alla fonte il fabbisogno. Occorrerà ottimizzare le caratteristiche termiche delle strutture opache e trasparenti, installare sistemi schermanti mobili che consentano: di sfruttare l’energia solare in inverno, ridurre i carichi solari in estate, ottimizzare l’illuminazione naturale anche per ridurre il ricorso all’illuminazione artificiale. Ottimizzare le caratteristiche termiche dell’involucro non significa aumentare l’isolamento termico ma trovare il livello di isolamento adeguato in relazione, come già detto, non solo alle condizioni climatiche ma anche alle modalità d’uso. Un’abitazione, un ufficio, una scuola, un impianto sportivo, un negozio hanno modalità d’uso completamente diverse. Diversi sono i carichi termici interni a la variabilità degli stessi, diversi sono gli orari di utilizzo, diverse le esigenze di ventilazione ecc. Un aspetto che non può essere trascurato nella progettazione di edifici a basso consumo energetico sono i carichi termici, interni e solari, che assumono tanta più importanza quanto maggiore è il livello di efficienza globale che si vuole raggiungere. Utilizzare serramenti con tripli vetri, a meno di zone climatiche molto fredde o dove la superficie vetrata è molto estesa, spesso non è una scelta efficiente. A maggior ragione 22 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
se si considera che il triplo vetro ha una minore trasparenza luminosa e riduce il cosiddetto fattore di luce diurna e quindi l’illuminazione naturale degli ambienti. La scelta dei tripli vetri non solo aumenterebbe il costo ma anche il consumo energetico. Senza considerare altri aspetti quali ad esempio il maggior peso dei serramenti con tutte le relative conseguenze. Installare impianti complessi e costosi non è una scelta efficiente per edifici a basso consumo energetico, proprio perché l’involucro richiede poca energia spesso la scelta più efficiente è installare impianti semplici ed economici. La validità di molte scelte impiantistiche va riconsiderata. Pompe di calore geotermiche, impianti centralizzati, pannelli radianti, impianti di ventilazione meccanica con recuperatori di calore non sempre si rivelano scelte ottimali quando il fabbisogno termico richiesto è molto ridotto. La loro scelta va effettuato dopo un’attenta analisi. Per edifici di classe A ad esempio, visto il basso fabbisogno energetico dell’involucro, una pompa di calore geotermica può consumare più energia di una pompa di calore ad aria, e quindi una riduzione dell’efficienza energetica non solo perché si spende di più ma anche perché paradossalmente aumenta il consumo. Gli impianti centralizzati con contabilizzazione del calore possono risultare poco efficienti. Proprio per il ridotto fabbisogno termico dell’involucro, in edifici con più unità immobiliari, le perdite della centrale termica e del sistema di distribuzione possono superare le perdite di energia di un efficiente impianto autonomo, anche perché oltre al riscaldamento degli ambienti si deve considerare la produzione di acqua calda sanitaria e la climatizzazione estiva. Quanto sopra vale anche per gli impianti di ventilazione meccanica con recuperatore di calore. Per edifici a basso consumo energetico e dove la portata d’aria di ventilazione non è significativa, come negli edifici residenziali, l’adozione di un impianto di questo tipo può peggiorare l’efficienza energetica rispetto ad un sistema di ventilazione meccanica senza recuperatore (a semplice flusso). La valutazione va fatta confrontando l’energia primaria in più consumata (a causa della maggiore potenza dei ventilatori) da un impianto con recuperatore con l’energia primaria recuperata per la ventilazione. Non trascurando però che, per gli edifici a basso consumo energetico, una parte significativa (se non tutta) dell’energia per riscaldare l’aria di rinnovo viene fornita dagli apporti termici (interni e solari). Anche l’installazione di impianti solari non sempre è una scelta che fa risparmiare energia; sulla validità incide la quantità di acqua calda richiesta dall’utenza oltre che le condizioni climatiche. Per un appartamento abitato da una sola persona può risultare più efficiente utilizzare una caldaia con produzione istantanea piuttosto che aumentare le perdite dell’impianto a causa dei serbatoi di accumulo e della maggiore lunghezza delle tubazioni di alimentazione; nei casi di maggiore consumo sarà sicuramente più efficiente il ricorso all’impianto solare. Al di là di queste valutazioni il progettista deve comunque considerare i vincoli imposti dalla legislazione indipendentemente dalla validità delle stesse. Si è cercato di evidenziare come un edificio ad elevata efficienza energetica non è un thermos. Un edificio a elevata efficienza energetica non solo consuma meno energia ma è anche più economico sia come costo di costruzione sia durante il suo ciclo di vita. Il fatto di ridurre alla fonte il fabbisogno energetico consente l’impiego di impianti più semplici e come diceva Ford quello che non c’è non si rompe. Il primo passo per la costruzione di edifici ad elevata efficienza energetica è però un’attività di progettazione rigorosa che applica metodi scientifici e consente di effettuare le scelte su basi razionali e non dogmatiche. In un ottica di sostenibilità globale, a maggior ragione per gli edifici a basso consumo, non si possono però trascurare le risorse consumate a monte e a valle del ciclo di vita dell’edificio stesso; quelle cioè necessarie per la sua costruzione e poi per la demolizione e lo smaltimento. Occorre cioè entrare in un ottica di Life Cycle Analysis. • 23 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
L’albero la macchina perfetta Andrea Zenari
U
sare il termine macchina per un frutto della natura è riduttivo. Infatti, le specie vegetali vivono grazie a complessi processi bio-chimici che non trovano eguali neanche nelle più perfette macchine inventate dall’uomo. L’albero è un organismo biologico in continua crescita e trasformazione, l’habitat in cui nasce e cresce è un ambiente del tutto naturale, perciò soggetto alle infinite variabili della natura: stagioni, eventi meteorologici ecc.; l’albero, per crescere, necessita di energia solare assorbendo acqua e anidride carbonica. Tutte queste sostanze vengono elaborate nel processo di fotosintesi. Da questo processo di trasformazione, che avviene all’interno delle foglie, viene rilasciato nell’atmosfera l’ossigeno. L’albero è un organismo in continua crescita che va dalla nascita alla maturità. Tra queste possiamo identificare nella senescenza il periodo di post-maturità, epoca in cui l’attività fotosintetica va via via diminuendo rispetto all’attività di respirazione. Perciò è importante che i popolamenti arborei, in pratica i boschi, siano rinnovati con una frequenza tipica della specie legnosa dominante. In questo modo si sostiene il sistema foresta, sostenibilità significa perciò, effettuare una gestione forestale impostata sul principio: taglio e reimpianto in modo da garantire la continua attività di fotosintesi. L’attività forestale deve, così, essere condotta in modo organizzato, predisponendo un programma di gestione pluriennale. Quindi, tagliare un albero, se fatto nel modo giusto, vuol dire lasciare lo spazio nel quale alberi più giovani possano crescere e fissare ancora gas nocivi. Attraverso lo stesso principio biologico per cui viene prodotto ossigeno, gli alberi immagazzinano l’anidride carbonica sotto forma di zuccheri e derivati all’interno delle cellule del legno. All’interno del legno almeno il 50% del peso secco è anidride carbonica trasformata. Impiegare il legno come materia prima per le costruzioni e l’arredamento significa stoccare una certa quantità di anidride carbonica trasformata e non emetterla nell’atmosfera per tutto il periodo di vita del manufatto. Oramai da oltre quindici anni mi occupo di legno impiegato nelle costruzioni e dall’inizio ho cercato di capire quale fosse il danno ecologico per questa destinazione d’uso. Siamo cresciuti tutti con l’idea che non bisogna tagliare gli alberi perché questi ci danno l’ossigeno per vivere, ebbene qui si è data la risposta tecnologica del perché usare il legno non sia per niente anti ecologico ma addirittura è un materiale sostenibile, quindi invito tutti calorosamente a conoscere questo materiale speciale per fare le case. Il primo luglio 2009 il legno ha avuto il suo debutto in società e le leggi vigenti lo hanno promosso un materiale di serie A come ogni altro materiale da costruzione: calcestruzzo e acciaio! Le Norme Tecniche per Le Costruzioni conosciute anche con il nome DM 14.01.2008 sono la legge dello stato italiano che disciplinano le costruzioni e per la prima volta in Italia tratta le costruzioni realizzate con il legno sia esso massiccio o ingegnerizzato. •
Le specie vegetali vivono grazie a complessi processi bio-chimici che non trovano eguali neanche nelle più perfette macchine inventate dall’uomo
Luce bianca (e non solo) per la città verde
Lorenzo Fellin1
Una luce per la città
sostenibilità ingegno responsabilità
Sotto il profilo emotivo è facile darsi ragione del diffuso interesse per la pubblica illuminazione, quasi che fosse a essa imputabile ogni spreco energetico ed economico. Senza nulla negare alla validità delle azioni per il contenimento energetico (e quindi della CO2) occorre però evitare ogni grossolana forma di sensazionalismo inquadrando invece il tema all’interno di quello più generale e complessivo della città verde con uno sguardo disincantato all’obiettività dei numeri
Consumi dell’illuminazione pubblica in Italia. (Fonte: Terna)
La raffica di leggi regionali in tema di «Inquinamento luminoso e risparmio energetico» emanate nell’ultimo decennio2 se testimonia da un lato una particolare sensibilità per la città ecologica, rischia dall’altro di distogliere l’attenzione da irrisolti problemi in tema di contenimento dei consumi e di qualità di vita nella città. La leva del risparmio energetico va ovviamente azionata a tutti i livelli, ma la sua efficacia è ben diversa se rapportata all’incidenza che i vari settori merceologici presentano rispetto al totale dei consumi. In particolare, il vero tesoretto potenziale conseguibile con il risparmio energetico non sta tanto nell’illuminazione pubblica (un settore già molto efficiente e di incidenza relativamente modesta sul totale dei consumi) ma negli enormi sprechi ancora presenti all’interno degli edifici pubblici e privati legati a un troppo timido orientamento verso l’edificio intelligente e a bilancio energetico nullo. Sotto il profilo emotivo è facile darsi ragione del diffuso interesse per la pubblica illuminazione, quasi che fosse ad essa imputabile ogni spreco energetico ed economico: l’illuminazione pubblica è infatti elemento palpabile e appariscente della città notturna, colpisce per la sua larga diffusione, crea supponenza di costi e di sprechi (salvo lamentarne contraddittoriamente l’insufficienza quando si ravvisino problemi di sicurezza notturna da parte dei cittadini). Senza nulla negare alla validità delle azioni per il contenimento energetico (e quindi della CO2), comunque e dovunque, occorre però evitare ogni grossolana forma di sensazionalismo inquadrando invece il tema all’interno di quello più generale e complessivo della città verde con uno sguardo disincantato all’obiettività dei numeri.
L’innovazione nelle sorgenti luminose e negli apparecchi L’incidenza dell’illuminazione pubblica censita sul bilancio elettrico italiano si è mantenuta pressoché invariata nell’ultimo ventennio e pari a circa il 2%, come mostra la figura 1, pur registrando un tasso di crescita medio annuo poco più elevato di quello degli altri consumi (2,57% contro 2,09%). In realtà, questi dati sottendono un elevato e diffuso sforzo di aumento dell’efficienza luminosa complessiva dell’illuminazione pubblica, non appena si tenga conto che con la stessa incidenza sul totale dei consumi di vent’anni fa si è in realtà assistito a un’enorme (e talvolta del tutto ingiustificato) incremento delle superfici illuminate, a un generale innalzamento dei livelli di illuminamento e di luminanza nominale, ad un progressivo allargamento della sfera propria dell’illuminazione pubblica anche a piste ciclabili, a elementi architettonici e decorativi, a parcheggi, aree sportive, facciate di palazzi. Ciò è stato reso possibile dall’innovazione tecnologica che ha reso via via disponibili sorgenti luminose di efficienza vistosamente crescente, passando dai 10-15 lm/W delle iniziali e obsolete lampade ad incandescenza fino a valori superiori a 100-120 lm/W delle moderne lampade a scarica. A questo successo ha contribuito pure il grande progresso registrato nell’individuazione di nuovi materiali per i sistemi ottici e nella progettazione assistita da calcolatore che hanno consentito di concentrare la maggior parte del flusso luminoso emesso dagli apparecchi sul compito visivo limitando le emissioni indesiderate verso altre direzioni. Un ulteriore passo, rivoluzionario, si registra da qualche anno grazie all’introduzione di sorgenti luminose non più basate sul filamento incandescente o sull’arco elettrico, bensì sulla luce emessa direttamente dalla materia grazie ai diodi emettitori di luce (LED). Una luce che nasce monocromatica ma che può essere , trasformata in “luce bianca” grazie all’adozione di tecniche tipo RGB ovvero di sistemi ottici provvisti di fosfori per la trasformazione della luce blu. L’efficienza di questi sistemi ha visto un tasso di crescita rapidissimo e per certi versi imprevedibile, tale da rendere oggi competitivi i sistemi a LED anche se la loro efficienza (attestata attorno a 70-100 lm/W effettivi) non ha ancora raggiunto quella delle più moderne sorgenti a scarica. La ragione del loro successo è però legata alla possibilità offerta dalla normativa3 di declassare le categorie stradali grazie al fatto che con la luce bianca (considerata tale quando l’indice di resa cromatica supera il valore di 60) risultano meglio riconoscibili i contorni, gli ostacoli e i colori e dunque, a parità di rischio, sono adottabili livelli di illuminamento e di luminanza minori. Si osserva per inciso come in questo contesto risulti del tutto ininfluente, quando non fuorviante, la preoccupazione delle leggi 24 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
regionali di limitare l’emissione verso l’alto degli apparecchi, impropriamente associandola a un’automatica forma di risparmio energetico. La maggior parte (circa il 30%) del flusso rinviato verso l’alto proviene infatti dall’ineliminabile riflessione delle superfici illuminate, mentre in apparecchi di moderna concezione risulta praticamente trascurabile la quota rinviata verso il cielo direttamente dall’apparecchio stesso. Il problema dovrebbe semmai essere affrontato in modo diverso dato che, paradossalmente, i grandi livelli di efficienza raggiunti, consentendo di aumentare molto l’illuminazione senza apprezzabili aumenti in termini di energia assorbita (anzi, spesso producendo delle contrazioni nei consumi), spingono le amministrazioni pubbliche e i privati a incentivare la preziosità dell’ambiente notturno, a stupire, a ricercare l’immagine e la virtualità, con conseguenti effetti boomerang per quanto concerne il flusso luminoso totale emesso verso la sfera celeste. È infatti di immediata percezione4, volando di notte sopra il territorio, come il flusso luminoso globale rinviato verso l’alto sia aumentato a dismisura negli ultimi anni producendo quell’effetto deteriore che rende, ad esempio il Veneto, un «unico globo luminoso», una sorta di città metropolitana diffondente che impedisce quasi completamente la corretta percezione delle forme e soprattutto del cielo stellato. L’unica misura realmente efficace che potrebbe coniugare correttamente l’inquinamento luminoso con un vistoso risparmio energetico è dunque quella di puntare alla riduzione complessiva dei flussi emessi, in definitiva è l’opzione per la sobrietà in opposizione alla tendenza allo sfarzo e al privilegio dell’immagine, obiettivi non certo conseguibili con le cure palliative proposte dalle leggi regionali.
Dalla luce, alla luce intelligente (da lighting, a smart lighting) Ulteriori ed efficaci misure di contenimento energetico sono conseguibili adattando la luce alle reali necessità. Il sistema più primitivo (ancora peraltro largamente diffuso) è quello di controllare accensioni e spegnimenti a livello di singoli quadri elettrici (e quindi di insiemi di strade) mediante orologio astronomico. Risultati migliori si ottengono con sonde di illuminamento o di luminanza. Consistenti risparmi sono conseguibili munendo i quadri elettrici di regolatori continui di flusso luminoso programmati in modo da attenuare i livelli di illuminamento in ragione del traffico e/o delle modalità d’uso della strada. Ovviamente i sistemi sono tanto più efficaci (e per contro costosi) quanto più sono frazionati: raramente però il controllo si estende oltre il singolo quadro elettrico o al più la singola linea uscente da ciascun quadro. La crescente diffusione dei LED spinge però all’introduzione di sistemi più sofisticati in quanto, per sua natura, il LED è un dispositivo elettronico, che dunque già nasce predisposto a forme più raffinate e individuali di regolazione. Inoltre, il LED tollera un numero pressoché illimitato di accensioni e spegnimenti e presenta un campo di regolazione del flusso da 0 al 100%, mentre le lampade a scarica sono soggette a forti limitazioni a tale riguardo. Diviene quindi naturale pensare a un’illuminazione adattativa, con sistemi a retroazione, distribuiti a livello di singolo centro luminoso. Si noti che con i LED anche il centro luminoso in realtà risulta rivoluzionato, essendo non più costituito da un’unica sorgente luminosa (come avviene per le lampade tradizionali), ma da una somma di molte e piccole sorgenti LED ciascuna dotabile di un proprio sistema ottico: un controllo locale consente quindi, almeno in linea di principio, di effettuare non solo un’illuminazione adattiva a livello macroscopico, ma anche di intervenire sul solido fotometrico (e volendo anche sul colore della luce emessa) rendendolo a tutti gli effetti un dispositivo dinamico e in grado di assolvere a esigenze cangianti nel tempo.
Dalla luce intelligente, alla strada intelligente (da smart lighting, a smart street) La disponibilità di centri luminosi intelligenti porta naturalmente a introdurre un’ulteriore innovazione che è quella di renderli colloquianti tra loro e con un centro di controllo al fine di svolgere le funzioni primarie a cui sono chiamati in modo coordinato e secondo necessità esse pure di tipo dinamico (ad esempio: accompagnamento del pedone o del ciclista solo quando ciò si rende necessario, discriminazione dei livelli a secon25 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
da del volume di traffico, del tempo, delle situazioni) ma anche a svolgere servizi diagnostici, telecontrolli, monitoraggi di guasti, misure. Una simile integrazione è oggi consentita dalle tecnologie PLC (Power Line Communication) nelle quali in sistema di trasporto dell’energia viene utilizzato anche quale linea di comunicazione, grazie a sistemi a onde convogliate, eventualmente in banda larga. In alternativa sono disponibili soluzioni che operano su protocolli codificati wireless. La disponibilità di un sistema di questo tipo rende possibile e facile la creazione di banche dati utilizzabili non solo a livello statistico e fiscale (consumi, tassi di guasto, livelli effettivi di illuminamento e di luminanza), ma anche quali basi per la costruzione di nuovi modelli previsionali e di possibili scenari futuri illuminotecnici nella città, con un occhio di riguardo all’intera tematica del risparmio energetico. La disponibilità di una rete diffusa qual è quella della pubblica illuminazione, nella sua nuova e duplice veste di rete di potenza e di segnale, induce pure a pensare di estenderne l’uso ad altre funzioni non necessariamente connesse con la questione dell’illuminazione: controllo e monitoraggio del traffico (veicolare, pedonale,ciclabile), info-mobilità, semaforica, ricarica di veicoli elettrici, controllo di mezzi pubblici dotati di rivelatori a bordo ecc.). Il passaggio dalla semplice e classica illuminazione pubblica, sia pure tecnologicamente avanzata, ad una rete stradale intelligente appare dunque tutt’altro che avveniristico: la principale difficoltà sarà quella di riuscire a monetizzare correttamente i benefici da ciò derivanti in modo da ottenere convincenti e ragionevoli valori del rapporto costi/benefici.
Dalla strada intelligente, alla città intelligente (da smart street, a smart city) Ritornando alle considerazioni iniziali di questo breve intervento è però evidente come per un effettivo passaggio alla città verde non sia possibile concentrare l’attenzione solo su un piccolo elemento qual è di fatto la pubblica illuminazione ma occorrano più efficaci interventi a livello di edificio, sia passivi (coibentazioni ecc.) sia attivi (utilizzo di piccole produzioni di energia verde distribuite sul territorio). L’efficacia di tali interventi è però legata anche alla disciplina d’uso da parte dei soggetti utilizzatori, impresa questa molto difficile in assenza di sistemi di monitoraggio, di gestione e informativi capillarmente diffusi e sottratti alla logica solo emotiva dell’utente. È in quest’ottica che si inseriscono le iniziative europee EERA (European Energy Research Alliance) Smart Cities, Smart Cities European Industrial Initiative e Urban Europe, nelle quali anche l’italiana ENEA ricopre un ruolo di responsabilità5. È evidente che ogni sistema a rete diffuso sul territorio, come quelli per l’energia elettrica, il gas, l’acqua e la pubblica illuminazione, essendo tutti sistemi del cosiddetto ultimo miglio , cioè tali da raggiungere l’utilizzatore finale o da approssimarsi ad esso, potrebbe essere chiamato a fungere da collettore di informazioni e a veicolare telecomandi e controlli puntando a un’ottimizzazione complessiva dell’intero sistema città in particolare per quanto riguarda tutti gli aspetti energetici. Obiettivi questi non facili né immediati ma che rappresentano certo anche opportunità di rilancio dell’industria elettrica, elettronica e delle telecomunicazioni con ovvi benefici anche per il mondo della progettazione e dell’installazione di impianti.
Note 1. Prof. ing. Lorenzo Fellin, (già) ordinario di Impianti elettrici presso l’Università di Padova, consigliere nazionale dell’AIDI (Associazione Italiana di Illuminazione). 2. Per il Veneto, la Legge Regionale n. 17 del 7 agosto 2009. 3. Si veda ad esempio la nuova Norma UNI 11248 (Illuminazione stradale - Selezione delle categorie illuminotecniche). 4. In realtà il flusso globale rinviato verso l’alto può anche essere oggetto di misure abbastanza precise, considerando la città come un emettitore lambertiano, come mostrano i risultati del contratto di ricerca del 2005 affidato dal Comune di Trento al Laboratorio di fotometria e illuminotecnica dell’Università di Padova dal titolo Analisi del flusso luminoso emesso dalla Città di Trento. Il flusso rinviato al cielo è risultato pari a 1/3 di quello installato, con un errore di misura dell’ordine del ± 15%.5 Si veda: http://www.enea.it/it/Ricerca_sviluppo/documenti/ricerca-disistema-elettrico/smart-city/rds-334.pdf
L’evoluzione del sistema elettrico come risposta alle esigenze di sostenibilità energetica
Roberto Caldon, Roberto Turri Dipartimento di Ingegneria Industriale Università di Padova
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sostenibilità ingegno responsabilità
1. Immissione in rete di energia prodotta con fonti rinnovabili
2. La rete del futuro secondo European Technology Platform Smart Grids1
li obiettivi definiti a livello di Comunità Europea, relativi all’aumento della produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili, alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti e all’aumento dell’efficienza energetica, hanno portato ad una svariata gamma di iniziative che hanno come punto obbligato di passaggio l’interazione con la rete elettrica. Questo comporta che su alcune porzioni di rete l’energia derivante da fonte rinnovabile non programmabile rappresenterà una frazione rilevante del totale trasportato dall’infrastruttura (figura 1). Tutto ciò esige nuove prestazioni che stanno mettendo in difficoltà il buon funzionamento delle tradizionali reti elettriche e richiede la messa a punto di un nuovo concetto di sistema elettrico basato sull’adozione di tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni (ICT). Vale a dire un nuovo sistema intelligente che, pervaso di sofisticati dispositivi di monitoraggio, automazione e controllo potrà garantire il mantenimento di livelli adeguati di affidabilità e qualità del servizio, ovvero: • presentare una rete auto-riparantesi capace di anticipare i problemi che possono nascere nel corso del funzionamento e di rispondere istantaneamente al fine di evitare o mitigare i casi di black-out o di semplice deterioramento della qualità del servizio; • risultare meno vulnerabile nei confronti di eventi esterni o di attentati attraverso la dislocazione di nuove tecniche di protezione capaci d’individuare e reagire a eventuali manomissioni (cyber security) o a catastrofi naturali; • rendere attiva la rete di distribuzione (ovvero capace di accogliere flussi bidirezionali di energia), in cui si possano collegare senza formalità aggiuntive le generazioni distribuite presso gli utenti sulla base del semplice principio di libera connessione; • consentire agli utenti (anche quelli domestico/commerciali) di interagire con il sistema al fine di gestire adeguatamente le proprie apparecchiature utilizzatrici, ad esempio sulla base di una continua informazione sul costo dell’energia nelle varie ore della giornata. In questo senso un’indicazione suggestiva proviene dalla Smart Grids European Technology Platform1 che ha definito le linee guida per lo sviluppo delle reti elettriche europee con un’ottica che guarda al 2020 e oltre (figura 2). L’obiettivo finale è quello di un modello analogo a internet, in grado di accettare l’apporto di risorse energetiche distribuite secondo la filosofia della libera connessione. Il passaggio tuttavia dalle reti attuali alle così dette reti intelligenti (o smart grids) non sarà un’operazione semplice e immediata. Ciascuna delle nuove tecnologie con cui si troveranno a convivere le nuove reti pone inerentemente problemi funzionali al sistema. Ad esempio la penetrazione della Generazione Distribuita nelle attuali reti, progettate e gestite come reti passive (che presuppongono cioè che non vi sia iniezione significativa di potenza attiva dall’utente verso la rete) ha fatto emergere l’inadeguatezza della struttura stessa nell’accogliere le nuove presenze di generazione in quanto diventa problematico: • il mantenimento dei profili delle tensioni lungo le linee entro i limiti stabiliti, • il controllo dell’entità dei flussi di potenza sulle linee, • il valore della corrente di guasto indotta dalla presenza dei generatori, • l’efficacia dei tradizionali dispositivi di protezione. È inoltre evidente che la gestione ottimale delle accennate nuove tecnologie interagenti con la rete (Generazione distribuita, Home Energy Management System, ricarica di veicoli elettrici…) richiede lo sviluppo di specifiche infrastrutture di comunicazione con caratteristiche che proveremo a descrivere sinteticamente.
Generazione Distribuita di energia Uno dei principali vantaggi della smart grid sarà la possibilità di riversare nella rete le conversioni elettriche delle risorse energetiche disperse sul territorio. In particolari casi questa possibilità di fornire energia da punti più vicini al consumatore può rappresentare una soluzione più economica e più efficiente rispetto al trasporto da punti lontani di generazioni
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centralizzate. Se poi verrà consentita, in occasione di guasti sulla rete principale, l’alimentazione di porzioni di rete isolate, si potrà migliorare la continuità del servizio per le utenze interessate. In ogni caso bisogna prima risolvere il problema del controllo della tensione ai vari nodi della rete in quanto, mentre nella distribuzione passiva i profili di tensione dipendono sostanzialmente dalla distribuzione dei carichi e hanno andamento monotono decrescente a partire dalla Cabina Primaria, in un sistema dotato di unità di Generazione Distribuita (GD), che iniettano potenza attiva e reattiva in rete, i flussi possono invertirsi sulle linee e alterare significativamente i profili di tensione (determinandone in genere un innalzamento). Se da un lato ciò può portare alcuni benefici, in termini di riduzione delle perdite e di margini più ampi rispetto ai limiti inferiori consentiti, questo accrescimento del livello di tensione può però essere la causa di pericolose sovratensioni, specialmente in prossimità del punto di immissione. Tali alterazioni sono tanto più grandi quanto più elevato è il rapporto fra la potenza della GD e la potenza richiesta dal carico e tanto più deboli sono le linee (ovvero tanto più piccolo è il rapporto delle rispettive caratteristiche di reattanza e resistenza). In conformità a quanto indicato dalla normativa sulla qualità delle forniture elettriche, la tensione di esercizio di ogni nodo della rete Media Tensione deve comunque essere compresa tra il 90 e il 110% della tensione nominale per almeno il 95% del tempo (per il restante 5% è concesso che la tensione scenda fino all’85%). Attualmente, la regolazione di tensione nelle reti di distribuzione è eseguita in Cabina Primaria, sulla sbarra di partenza delle varie linee (feeder), attraverso l’azione del variatore sotto carico del trasformatore AT/MT. Appare evidente che il funzionamento di una rete di distribuzione resa attiva richiede l’impiego di controllori capaci di monitorare le condizioni complessive del sistema, di risolvere le problematiche d’intervento delle protezioni, di controllare i parametri di qualità del servizio di distribuzione (livelli di tensione, compensazione delle armoniche ecc.) ed eventualmente coordinare il passaggio a regimi di funzionamento particolari della rete come ad esempio l’operatività in isola di porzioni del sistema di distribuzione. Le logiche di controllo attivo della rete di distribuzione con GD si possono prevedere secondo diverse filosofie: da quella estrema basata sul controllo con strutture completamente centralizzate fino a quella di sistemi integrati di strutture a intelligenza distribuita. La cooperazione delle singole regolazioni locali degli impianti di generazione con la gestione centralizzata del funzionamento della rete (eseguita dal distributore) può prevedere diversi livelli di integrazione gradualmente implementabili, fino a giungere a un completo controllo integrato attuato in tempo reale. Si parla allora di Distribution Management System (DMS), concettualmente costituito da tre blocchi fondamentali quali: • Stima dello Stato (State Estimation), nel quale si esegue la stima dello stato della rete basandosi su misure provenienti da apparecchiature locali o remote. • Ottimizzazione del controllo (Optimal Control) che definisce i valori ottimali delle grandezze controllate in funzione delle risorse disponibili nella rete. • Esecuzione del controllo (Control Scheduling) che elabora e invia i parametri ottimali di regolazione.
Infrastruttura avanzata di metering L’adozione del contatore digitale che sta avvenendo in molti paesi industrializzati, insieme alla struttura di comunicazione utenze-distributore per l’effettuazione delle tele-letture, è ritenuta la base di partenza per la realizzazione di una gestione avanzata delle forniture elettriche. Gran parte delle stime di investimenti previsti per l’implementazione delle smart grid in Europa sarà focalizzata sullo sviluppo e installazione di sistemi di smart metering; su questo tema specifico, riguardo al quale il nostro paese vanta un primato assoluto, a livello europeo sarà destinato circa il 56% delle risorse. La trasformazione del mercato elettrico, che ha portato alla scomparsa dei clienti vincolati e alla conseguente presenza di provider in accesa competizione nella fornitura del servizio elettrico, ha fatto emergere nuove esigenze nelle modalità di interazione con l’utenza e conseguenti nuove opportunità da sfruttare, come ad esempio: a funzioni più sofisticate di gestione della fornitura, ovvero, oltre alla tele-lettura dei dati di consumo, anche l’applicazione di tariffe basate sulle variazioni orarie e stagionali dei costi dell’energia; la tele-modificazione del valore della soglia di intervento dell’interruttore, al fine di adeguarla al valore della potenza impegnata, in occasione di variazioni contrattuali; lo scambio di informazioni sull’andamento dei consumi e su aspetti contrattuali (es: cambio piano tariffe, fatture non pagate ecc.); il preavviso di situazioni di emergenza dovute a lavori programmati sulla rete di distribuzione; b la possibilità di monitorare, secondo le specifiche regolatorie, la qualità del servizio erogato all’utilizzatore finale (es: numero e durata delle interruzioni); c l’opportunità di sfruttare il collegamento elettrico per fornire nuovi servizi all’utenza quali: • la tele-lettura di altre forniture come acqua e gas; • l’uso di onde convogliate su collegamento elettrico per attivare comunicazioni bidirezionali (audio, video, webcam). 27 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
La Smart Grids European Technology Platform ha definito le linee guida per lo sviluppo delle reti elettriche europee con un’ottica che guarda al 2020 e oltre. L’obiettivo finale è quello di un modello analogo a internet, in grado di accettare l’apporto di risorse energetiche distribuite secondo la filosofia della libera connessione
Gestione ottimale d’utenza (Home Energy Management System) La stessa utenza finale può costituire un nodo intelligente dove un sistema di controllo domestico è in grado di gestire in modo ottimale gli apparecchi utilizzatori, le possibili generazioni elettriche e gli eventuali accumuli (figura 3). Si potrà così sfruttare più facilmente sinergie tra le esigenze di chi deve gestire la rete, di chi vende il servizio di fornitura e di chi usufruisce di tale servizio. A fronte ad esempio di una politica commerciale di Real Time Pricing (RTP), in modo che a livello domestico o di edificio si possa recepire in tempo quasi reale il prezzo del kWh, corrispondente alle richieste di carico provenienti alla rete, e adeguare di conseguenza i profili di consumo a valle. Ciò richiede sistemi intelligenti di utenza (Home Energy Management System) in grado di gestire automaticamente dispositivi di accumulo per ridurre i picchi di prelievo di potenza dalla rete e di programmare l’accensione degli apparecchi domestici conciliando le esigenze della distribuzione con i vincoli irrinunciabili dell’utente. Lo scenario tipico del sistema di Energy Management per un smart building include: un’infrastruttura di comunicazione, dei sistemi di misura dei consumi locali nei diversi sottosistemi, un contatore di nuova generazione (smart-meter), un controllore di utenza dotato di visore, e possibilmente un sistema di co-generazione. La rete di comunicazione che permette lo scambio di informazioni all’interno di uno smart building tra i diversi sotto-sistemi e il controllore d’utenza può essere sia di tipo a onde convogliate su linea elettrica sia di tipo radio (ad es. ZigBee™). Il controllore di utenza raccoglie: le informazioni relative alla richiesta di energia da parte degli apparecchi utilizzatori, le informazioni delle tariffe del distributore per mezzo dello smart-meter, le informazioni relative alla capacità di generazione di un eventuale sistema di cogenerazione e quindi può elaborare delle strategie di utilizzo dell’energia, a livello di tutta l’abitazione, coordinate con il fornitore dell’energia (figura 3).
3. Sistema di «Home Energy Management» in uno Smart Building
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Veicoli elettrici con ricarica (Plug-In Electric Vehicles) I veicoli fanno parte della nostra vita quotidiana e hanno responsabilità importanti nel consumo mondiale di energia e dell’inquinamento ambientale. Una soluzione, prospettata per il contenimento dei gas serra e per ridurre la dipendenza dai prodotti petroliferi, è quella dell’auto elettrica. Dopo una gestazione di ricerche più che trentennali, si sta manifestando un rinnovato interesse spinto da alcuni fattori concomitanti che sono, oltre alla pressione ambientale, il progresso della tecnologia delle batterie e la consapevolezza dell’industria dell’auto di dover creare un nuovo mercato essendo l’attuale pressoché saturato. Sebbene i veicoli elettrici non siano ancora stati adottati su larga scala, in molti paesi i governi, le utility e le società automobilistiche si stanno interrogando sulle opportunità che possono derivare e sulle questioni che restano aperte in prospettiva, prima fra tutte l’infrastruttura di ricarica. Si parla infatti di veicoli elettrici ricaricabili dalla rete elettrica di distribuzione e contraddistinti dalla notazione plug-in: possono essere veicoli dotati di sola propulsione elettrica ovvero Plug-In Electric Vehicles (PEV) oppure dotati in aggiunta anche di un motore a combustione interna ovvero Plug-In Hybrid Elecric Vehicles (PHEV). La prevedibile diffusione di questi mezzi di mobilità richiederà, oltre alla ricarica privata, anche una struttura pubblica di rifornimento in parcheggi cittadini o in aree condivise. In questo caso deve avvenire il riconoscimento del cliente o del veicolo per la fatturazione dell’energia prelevata attraverso tecnologie RFId (Radio Frequency Identification) o attraverso la comunicazione diretta tramite il cavo di ricarica. La ricarica può avvenire con potenze modeste e tempi lunghi (es. notte-tempo) oppure con tempi della decina di minuti ma con la richiesta di potenze più rilevanti che in condizioni di contemporaneità potrebbero sovraccaricare la rete mettendo a dura prova i trasformatori della maggior parte delle cabine MT/BT. Per evitare la necessità di un potenziamento delle reti (con la costosa sostituzione dei trasformatori) occorre una gestione centralizzata delle ricariche in grado di redistribuire le curve di carico nel corso della giornata. Una tale gestione è possibile se si attua una comunicazione bidirezionale con i punti di ricarica. E questo ci riporta in uno scenario di reti intelligenti dove peraltro le auto elettriche possono diventare utili anche per fornire servizi di supporto alla rete (servizi ancillari). Infatti, considerando che le autovetture restano ferme per la gran parte del tempo (mediamente sono in movimento per due ore al giorno mentre sono parcheggiate le restanti 22 ore) si può pensare che le auto in sosta, connesse alla rete attraverso convertitori statici bidirezionali, siano pronte ad assorbire o a cedere energia. I relativi accumulatori potrebbero così assorbire gli eccessi di produzione riversata in rete (ad esempio quella irregolare di certe fonti rinnovabili) e restituirli al sistema nei momenti di maggior bisogno. In definitiva, per un sistema diffuso di mobilità elettrica sul territorio, appare evidente la necessità di un Centro di Controllo (Electric Mobility Management) e una piattaforma di comunicazione che può supportare i seguenti tipi di operazioni di controllo (figura 4): • identificare e autorizzare il cliente ad effettuare la ricarica; • dialogare con il veicolo per conoscere la modalità di ricarica richiesta; • elaborare in tempo reale le richieste pervenute nei vari punti della rete al fine di stabilire il sovraccarico che ne deriva e decidere se ritardare o addirittura rifiutare l’operazione di ricarica, nel caso vi sia una concentrazione eccessiva di domanda.
4. Piattaforma di comunicazione per la gestione della mobilità e l’interazione con la rete elettrica
si tratta di una rivoluzione che potrà avere un impatto sociale paragonabile a quello che hanno avuto altre memorabili infrastrutture quali: la rete autostradale, la stessa rete elettrica nel secolo scorso e attualmente il sistema di comunicazioni
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La scelta delle tecnologie di comunicazione per le smart grid Poiché le reti del futuro esigono di essere gestite come un web alla stregua di Internet, con la capacità di instradare i flussi di potenza sulle linee mediante dispositivi come i FACTS (Flexible Alternate Current Transmission Systems) così come avviene con i routers per le informazioni, si prevede la necessità di protocolli che impongano interfacce e componenti standard, tali da garantire una connessione senza alcuna formalità per gli elementi che si allacciano alla rete. Diverse sono le tecnologie di comunicazione candidate a supportare in questo senso l’evoluzione delle reti elettriche, alcune già mature anche nelle applicazioni al sistema elettrico, altre pionieristiche o ad uno stadio preliminare di sperimentazione. Nel panorama oggi conosciuto, si possono considerare le: • reti di comunicazione via cavo; • reti di comunicazione su fibra ottica; • reti di comunicazione mediante onde convogliate (PLC); • reti di comunicazione cellulari; • reti di comunicazione wireless; • reti di comunicazione satellitari. Fra tutte queste tecnologie, oggi risulta difficile intravvedere per le reti elettriche un unico sistema di comunicazione in grado di soddisfare contemporaneamente i requisiti tecnici ed economici rispettivamente richiesti dalle funzioni di gestione e di protezione. Nella fattispecie, le reti cellulari e quelle satellitari non sembrano consentire, dati i tempi relativamente elevati per l’instaurazione della connessione, un corretto funzionamento ai sistemi di protezione; le reti in cavo o in fibra ottica, nonostante garantiscano le migliori prestazioni di trasmissione, risentono pesantemente della necessità della posa in opera delle rispettive linee e del costo elevato che questo comporta, ove non siano già disponibili dei collegamenti.
Stato e prospettive dello sviluppo Per mantenere gli impegni assunti per il 2020 2 e oltre, per quanto riguarda la percentuale di generazione da fonti rinnovabili da integrare in rete, l’Europa dovrà necessariamente mobilitare istituzioni, enti di ricerca e industria per la realizzazione di un sistema elettrico dotato di reti intelligenti in tempi certi. Si può dire che le smart grid consentiranno la transizione dalla concezione attuale delle reti elettriche verso un approccio più moderno, ottimizzato, di un’infrastruttura in grado di scambiare informazioni con tutti i propri nodi e di adattarsi alle diverse condizioni, anche in caso di guasto. In prospettiva la rete elettrica esistente e le tecnologie di comunicazione saranno pertanto connesse in un’infrastruttura integrata in modo da formare un nuovo sistema intelligente. Il progetto appare comunque un’impresa colossale sia per le dimensioni del sistema su cui bisogna operare, sia per la varietà degli sviluppi richiesti in ambito tecnologico, organizzativo, regolatorio e di mercato. Basta pensare ad esempio alle dimensioni della rete interconnessa europea: si tratta del più esteso manufatto tecnologico creato dall’uomo, ovvero di una struttura: • che serve 430 milioni di utilizzatori fornendo complessivamente 2.500 miliardi di kWh per anno; • che ha una potenza installata di 560 milioni di kW; • che ha uno sviluppo di rete per circa 230.000 km in Alta Tensione e per circa 5 milioni di km in Media e Bassa tensione. Appare dunque fondamentale, in questo contesto, il ruolo che dovrà svolgere la ricerca nelle sue articolazioni di ricerca di base, ricerca applicata e ricerca industriale. In molti paesi del mondo la comunità scientifica è impegnata da qualche anno sul tema delle smart grid. Si può affermare tuttavia che i Paesi più attivi in questo campo sono senza dubbio l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America3-7. I principali problemi per la realizzazione oggi delle smart grid riguardano gli aspetti regolatori ed economici: da una parte l’assenza di un quadro di regole trasparenti e condivise appare al momento il maggior ostacolo alla diffusione delle soluzioni più innovative di gestione, dall’altra la necessità di adeguati investimenti che, date le dimensioni del sistema, non possono che essere ingenti. Bisogna comunque considerare che si tratta di una rivoluzione che potrà avere un impatto sociale paragonabile a quello che hanno avuto altre memorabili infrastrutture quali: la rete autostradale, la stessa rete elettrica nel secolo scorso e attualmente il sistema di comunicazioni.
Bibliografia e note 1. UE: «European Smart Grids Technology Platform – Vision and Strategy for Europe’s Electricity Networks of the Future», European Commission – European Communities, UE 2006. Vedi: http://ec.europa.eu/research/energy/pdf/smartgrids_en.pdf. 2. Il pacchetto clima-energia, approvato dal Parlamento Europeo, si propone di conseguire per il 2020 i seguenti obiettivi: ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili. 3. ETSO-E, EDSO: «The European Electricity Grid Initiative (EEGI) –Roadmap 2010-2018 and Detailed Implementation Plan 2010-2012», maggio 2010. Vedi: http://ec.europa.eu/energy/technology/initiatives/doc/grid_implementation_plan_final.pdf. 4. UE: «The European Strategic Energy Technology Plan – SET PLAN Towards a low-carbon future», European Commission – European Communities, 2010. Vedi: http://ec.europa.eu/energy/technology/set_plan/set_plan_en.htm. 5. UE:»Smart Grids: from innovation to deployment», aprile 2011. Vedi: http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/oettinger/headlines /news/2011/04/20110412 _en.htm 6. U.S. Department of Energy: 2010 Smart Grid System Report, febbraio 2012. Vedi: http://energy.gov/sites/prod/files/2010%20Smart%20Grid%20System%20Report.pdf 7. National Energy Technology Laboratory: Understanding the Benefits of the Smart Grid, giugno 2010. Vedi: http://www.netl.doe.gov/smartgrid/referenceshelf/whitepapers/06.18.2010_Understanding%20Smart%20Grid%20Benefits.pdf.
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Smart Grid la Gestione Intelligente dell’Energia Elettrica
M. Stellini, S. Friso, T. Caldognetto Dipartimento Ingegneria dell’Informazione Università di Padova
sostenibilità ingegno responsabilità
Nei prossimi decenni si assi- Dalla rete elettrica attuale alle smart grids sterà ad una profonda meta- La struttura dell’attuale rete di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica si è mantenuta sostanzialmente invariata rispetto a quella originale, concepita agli inizi del ventesimo secolo. Tutta l’architettura è morfosi nella gestione e infatti stata progettata ipotizzando una situazione in cui gli utenti finali siano solamente utilizzatori passivi nell’utilizzo dell’energia edi energia elettrica. lettrica. L’ampliarsi delle e- Nel recente passato l’aumento demografico e lo sviluppo industriale hanno portato ad una espansione graduale e costante della rete elettrica per poter servire il crescente numero di utenze e supportare lo sviluppo sigenze energetiche, la vaeconomico. Tuttavia tale semplice espansione ha contribuito a formare un sistema di gestione complesso rietà di impieghi, la genera- ed articolato che non risponde più in modo efficace alle esigenze attuali e future. È quindi necessario un aggiornamento architetturale del sistema, che tenga conto innanzitutto del fatto che la rete elettrica non zione distribuita da fonti sarà più costituita solo da poche grandi centrali di energia e un gran numero di utilizzatori passivi, ma sarà rinnovabili anche in ambito caratterizzata anche dalla presenza di molti piccoli produttori di energia (generazione distribuita). Un tale ammodernamento, oltre ai motivi appena riportati, è sollecitato da questioni ambientali e da quedomestico porterà come stioni socio-politiche. Infatti, con le tecnologie tradizionali, la produzione di energia elettrica è uno dei conseguenza una nuova vi- processi tra i più gravosi dal punto di vista dell’emissione di CO2 e i recenti obiettivi per la riduzione dell’emissione dei gas serra1,2 impongono una gestione più efficiente dell’energia. sione della rete e del sistePer contro, nel prossimo futuro, in settori come il trasporto ed il riscaldamento si dovrà considerare ma di gestione dell’energia l’impiego dell’energia elettrica in luogo dell’energia proveniente da combustibili fossili, proprio per ridurre elettrica nonché una diversa le emissioni inquinanti. Tale fenomeno, chiamato elettrificazione (dall’inglese electrification), porterà ineripartizione dei consumi. In vitabilmente a un uso intensivo delle strutture per la gestione dell’elettricità e all’aumento della generazione distribuita. Infatti, è già possibile osservare la diffusione delle installazioni di impianti per la produzione questo articolo riportiamo di energia elettrica, anche domestici. Secondo i dati pubblicati dall’Istat, nel 2009 la produzione annua di l’esperienza diretta nelle at- energia elettrica da fotovoltaico è pari a 676.5 GWh, contro i 6.3 GWh del 2000. Se in prima istanza questo risulta un beneficio anche economico per i consumatori, oltre che in termini tività di ricerca nell’ambito ambientali, dal punto di vista elettrico introduce un ulteriore motivo di cambiamento nella gestione della delle smart grids. Tematiche rete elettrica perché tende a modificare il comportamento o addirittura i ruoli degli attori della rete elettriestremamente complesse e ca. Infatti, come descritto in precedenza, la rete elettrica è configurata affinché la maggior parte dell’energia sia prodotta dalle centrali e la distribuzione avvenga in maniera unidirezionale verso le utenze finadi frontiera per il mondo li. Il cambio di ruolo di queste utenze, che da consumatori diventano produttori, implica una diversa ripardella ricerca dell’Ingegneria tizione dei flussi energetici richiedendo pertanto un monitoraggio dettagliato e puntuale. dell’Informazione nei diver- A fronte della situazione appena delineata si è formata una nuova concezione di rete elettrica, più efficiente e flessibile, a cui si fa riferimento con l’espressione smart grid. si ambiti: elettrico, elettroCon Smart Grid si intende il sistema elettrico di prossima generazione caratterizzato da un consistente impiego della tecnologia delle telecomunicazioni e dell’informazione nella generazione, distribuzione e nico, delle telecomunicadell’energia elettrica. In particolare, la ristrutturazione dell’attuale sistema elettrico sarà ottenuta zioni e del controllo. Dopo consumo attraverso punti di monitoraggio ed elaborazione distribuiti che renderanno possibile una conoscenza preuna breve introduzione sul cisa dello stato della rete e un conseguente controllo degli impianti. Gli obiettivi perseguiti con tali stratetema delle smart grids, pre- gie sono: 1. rendere il più omogeneo possibile il flusso di energia tra i punti di produzione e quelli di assorbimento senteremo in modo dettaal fine di limitare gli stress alla rete dovuti ai picchi di consumo e ridurre il power loss; 2. gestire in maniera più efficiente la generazione distribuita dell’energia in particolare di quella originata gliato la trasversalità dei da fonti di natura intermittente (e.g., turbine eoliche, pannelli fotovoltaici) che ora causano invece probleproblemi cui si dovrà far mi di instabilità; fronte per convergere verso 3. aumentare l’adattabilità delle strutture e la qualità dell’energia fornita attraverso il monitoraggio dello stato della rete per limitare malfunzionamenti, inconvenienti, o per migliorare la qualità dell’energia eletuna soluzione integrata e trica riducendo disturbi dovuti a voltage sags e undervoltages e prevenire black-out; sostenibile. 4. fornire servizi aggiuntivi ai consumatori e agevolazioni per chi adotta comportamenti conformi al risparmio evitando eccessivi carichi della rete.
Verso le smart µ-grids Si noti come gli obiettivi sopra illustrati necessitino di agire sull’impianto elettrico di un intero stato o di un insieme di stati. Eppure l’evoluzione può iniziare anche dal basso. Quanto discusso può infatti essere scalato ad ambienti più contenuti per formare le smart micro-grids o addirittura smart nano-grids, le quali andrebbero poi a costituire dei blocchi elementari per il livello superiore3. In questo contesto si muove il progetto attivato dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università deli Studi di Padova. Le micro-grids si configurano come delle comunità ciascuna costituita da un numero contenuto di abitazioni; si immagini indicativamente un quartiere residenziale con utenze domestiche dislocate entro un raggio dell’ordine del chilometro. In ogni micro-grid sono presenti delle sorgenti cioè degli impianti di produzione (e.g., eolico, solare, microturbine …) e naturalmente dei carichi. Più realisticamente si può pensare che una utenza operi sia da sorgente sia da carico acquisendo il doppio ruolo di produttore e consumatore. Il termine mutuato dall’inglese per indicare questo tipo di utenze è prosumer (composizione di producer e consumer). Naturalmente, in base al consumo, alla presenza di fonti rinnovabili e alle caratteristiche dell’utenza i flussi di energia assumo profili anche molto diversi nel corso della giornata. Si pensi, ad esempio, a una abitazione con impianto fotovoltaico: i maggiori consumi si hanno alla mattina e alla sera (quando gli abitanti 30 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
vivono la casa) mentre la maggiore produzione avviene di giorno (quando il sole incide sui pannelli). Attualmente tutta l’energia prodotta viene immessa in rete e l’utente deve necessariamente riacquistarla dal distributore per soddisfare i propri bisogni energetici. Tale processo, oltre ad essere economicamente svantaggioso per l’utente, è estremamente dispendioso in termini di efficienza, poiché vengono accentuati i fenomeni di dissipazione per effetto Joule4.
Il ruolo dell’elettronica e delle telecomunicazioni
implementazione e ottimizzazione dei vari processi che caratterizzano le smart grids. In particolare il testbed consiste in una rete elettrica cablata la cui topologia può essere variata in funzione del setup richiesto. È costituito da tratte monofase interconnesse tramite punti di raccordo in cui è possibile iniettare potenza fornita da appositi generatori oppure prelevarne tramite dei carichi. Differenti tipologie di generatori sono disponibili per meglio simulare un reale contesto di cogenerazione, in particolare sono stati installati: un impianto fotovoltaico, una cella combustibile, un simulatore di rete elettrica e a breve sarà disponibile anche un sistema di accumulo a batterie6. Un esempio di studi già in corso riguarda la trasmissione dei dati (pacchetti di informazioni di monitoraggio della rete) via PLC. Obiettivo di questi test è quello di risolvere le difficoltà legate ai disturbi interarmonici dovuti alle commutazioni dell’elettronica presente negli inverter. Sono state effettuate inoltre delle sperimentazioni di compensazioni della potenza reattiva che hanno messo in evidenza la possibilità di diminuire le perdite di distribuzione agendo sui generatori/carichi locali. Per il futuro sono previste ulteriori sperimentazioni inerenti il controllo distribuito, il funzionamento ad isola della smart micro-grid (condizione in cui vi è il distacco dalla rete di distribuzione principale) e lo sviluppo dell’elettronica dei vari sistemi.
La tipica architettura di un impianto di produzione da fonti rinnovabili prevede, in uscita dal generatore (fotovoltaico, eolico...), il collegamento con un convertitore elettronico che garantisce di operare nel punto di lavoro ottimo per l’estrazione della massima potenza disponibile. Segue quindi un inverter che fornisce l’alimentazione alternata (AC) e la aggancia alla rete di distribuzione. È ormai assodato sia nel mondo della ricerca sia dell’industria che governando opportunamente l’intelligenza e la componentistica di cui tali sistemi sono già dotati si possono ottenere notevoli vantaggi. Ad esempio è stato dimostrato5 che è possibile ridurre significativamente le perdite di distribuzione modulando opportunamente l’iniezione di potenza attiva o reattiva, oppure una combinazione delle due, da parte dei convertitori delle utenze che dispongono di generatori. Quest’ultimo è tuttavia un aspetto delicato in quanto la dinamica della rete, seppure Conclusioni lenta quando riferita ai 50Hz, può potenzialmente divergere e portare a La soluzione descritta, proposta dagli esperti del settore, sollecitata dai tensioni molto elevate che danneggerebbero irrimediabilmente i dispo- governi, spinta dalle industrie ICT e sostenuta da importanti investimensitivi connessi. Minimizzare le perdite di distribuzione e migliorare la ti è l’aggiornamento del sistema elettrico in termini architetturali. La prima vera riforma riguarda tuttaqualità dell’energia è pertanto un ovia gli attuali aspetti normativi. Infatti biettivo che richiede lo sviluppo di i regolamenti in materia di distribumodelli accurati delle microreti, in- Con Smart Grid si intende il sistema eletzione della energia elettrica sono recludendo sistemi di protezione dina- trico di prossima generazione caratterizdatti in aderenza all’architettura delmica dei generatori, sistemi di regola- zato da un consistente impiego della tecla rete come descritta all’inizio (pozione e circuiti elettronici di potenza. chi grossi produttori e molti piccoli L’elettronica gioca un ruolo chiave nologia delle telecomunicazioni e dell’inutilizzatori). Risulta quindi probleanche nelle attività legate all’accu- formazione nella generazione, distribumatico per un utente acquisire il famulo energetico distribuito nella mi- zione e consumo dell’energia elettrica moso ruolo di prosumer, sebbene le cro-rete. Tale approccio consente intecnologie lo rendano già possibile. fatti di disporre di un bacino energetico in grado di accumulare l’energia quando questa è in abbondanza Anche il mercato dell’energia guarda con interesse le smart micro-grid per poi riutilizzarla all’occorrenza. Anche in questo caso è di fonda- come possibile scenario per la nascita di nuovi ruoli economici. Infatti a mentale importanza sviluppare tecniche di controllo, criteri di progetta- fronte di una comunità di prosumer, si configura un coordinatore che zione e algoritmi per la gestione e condivisione delle sorgenti di accu- sovraintende agli scambi di energia locale tra i prosumer stessi. A questo scambio energetico corrisponde certamente uno scambio economimulo energetico. Pertanto la rete elettrica non è più solo un canale per trasmettere e di- co. Quando sarà possibile disporre appieno della energia prodotta in stribuire energia dalle grandi centrali ai clienti finali, ma sarà in grado di proprio (sistemi di accumulo, consumo diretto, ecc) sarà anche possibiaccogliere flussi energetici bidirezionali, di agevolare l’interazione tra le acquistare e vendere energia attraverso delle regole di mercato ancoproduttori e consumatori, di stimare in anticipo le richieste dei consu- ra oggi difficili da delineare ma di cui sono già chiare le enormi potenmatori e di adattare con flessibilità la produzione e il consumo di ener- zialità. gia elettrica. La rete sarà in grado di comunicare scambiando informa- In conclusione il lavoro svolto negli ambienti della ricerca (università, zioni sui flussi di energia, gestendo con migliore efficienza i picchi di fondazioni, R&D delle aziende) è finalizzato alla modellazione, progetassorbimento, evitando interruzioni di elettricità e riducendo il carico tazione e realizzazione di prototipi di smart micro-grid che abbiano valore propulsivo anche per il mondo della politica, la cui visione e pianidove è necessario. Per realizzare le smart grids occorrono pertanto tecniche di controllo ficazione in termini di strategia energetica per il paese non può più preche consentano di mantenere in un assetto noto l’intero stato della rete scindere da temi come questo e dovrebbe tradursi nella creazione di un elettrica. Tali tecniche sono state oggetto di numerosi studi teorici e an- quadro normativo e regolatorio non semplicemente compatibile o abilicora oggi la ricerca è attiva per trovare algoritmi di controllo efficienti e tante ma che sia leva efficace per l’innovazione e lo sviluppo. soprattutto applicabili ad un contesto così delicato. Infatti l’applicazione di un controllo distribuito richiede la comunicazione tra nodi aBibliografia diacenti che, scambiandosi opportune informazioni sullo stato istantaneo, contribuiscono al controllo più generale. Ancora una volta il vei- 1. «Power Choices-Pathways to Carbon-Neutral Electricity in Europe by 2050», Euroelectric, November 2009. colo attraverso cui dovranno transitare queste informazioni potrebbe http://www.eurelectric.org/PublicDoc.asp?ID=63875 essere la rete elettrica. Tecniche basate sulle Power Line Communica- 2. Protocollo di Kyoto denominato «20-20-20»: http://www.fire-itations (PLC), sembrano essere le tecnologie più promettenti per soddisfalia.it/caricapagine.asp?target=20_20_20/20_20_20.asp. re gli obiettivi richiesti, ma la soluzione non è ancora chiara. Infatti i pa- 3. D. Boroyevich, I. Cvetkovic, D. Dong, R. Burgos, F. Wang, and F. Lee, «Future Electronic Power Distribution Systems - A contemplative rametri, la mole di dati e la velocità dei flussi di informazione che gli alview», Optimization of Electrical and Electronic Equipment (OPTIM) goritmi di controllo richiedono per la convergenza difficilmente si rie2010, pp. 1369-1380. scono ad ottenere via PLC, inoltre si innescano problematiche di loca- 4. P. Tenti, A. Costabeber, P. Mattavelli, «Improving Power Quality and lizzazione e temporizzazione che richiedono la conoscenza di distanza Distribution Efficiency in Micro-Grids by Plug & Play Control of Swittra nodi e topologia della rete. ching Power interfaces», IEEJ Transcaction on Industry Applications,
Attività di ricerca Il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione ha costituito un team di competenze trasversali, ha realizzato un testbed ispirato a una microgrid e sta svolgendo attività di ricerca che mirano alla individuazione, 31 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Vol. 131 n. 12, pp. 1364-1372. 5. S. Bolognani, S. Zampieri, «A gossip-like distributed optimization algorithm for reactive power flow control», IFAC 18th World Congress 2011, Milan, Italy. 6. Progetto Smart Micro Grid del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione: http://www.smartgrid.dei.unipd.it.
Governare la Sostenibilità, governare la Complessità
Ezio Miozzo
D
i recente, anche a fronte di significativi investimenti da parte della Comunità Europea il termine smart city ha iniziato a circolare con sempre maggiore frequenza, sorpassando il precedente città digitale
Di cosa parliamo?
sostenibilità ingegno responsabilità
Parlare di smart city significa pensare alla città del futuro in maniera integrata: ambiente, persone, tecnologie. In questo senso, la smart city si distingue dalla sorella più strettamente tecnologica, la città digitale, espressione che sottolinea il ruolo delle tecnologie informatiche. Tuttavia la città digitale è essenziale per la realizzazione della smart city
Nel 1800 solo il 3% della popolazione mondiale viveva in città. Oggi circa un persona su due ci vive. Nel 2050 si prevede che la percentuale salirà al 70%. Insomma, per scelta o per necessità, gli esseri umani vogliono vivere sempre più vicini gli uni agli altri. Oltre a rendere più intelligenti noi che ci abitiamo, però, ora c’è un forte interesse a rendere le città stesse più intelligenti. Ecco perché si parla tanto, in Italia come in Europa e nel resto del mondo, di smart cities, di città intelligenti. Il concetto di smart city è frutto dell’incontro di almeno quattro profonde trasformazioni che da decenni stanno cambiando il mondo intorno noi: la rivoluzione urbana sopra ricordata, una consapevolezza ecologica ormai patrimonio condiviso, l’emergere della cosiddetta società dell’informazione, con la conseguente enfasi sull’intelligenza, la preparazione e la creatività e infine la rivoluzione digitale, ovvero, quell’insieme di tecnologie che sta mutando il modo in cui lavoriamo, impariamo e, più in generale, viviamo. Parlare di smart city significa pensare alla città del futuro in maniera integrata: ambiente, persone, tecnologie. In questo senso, la smart city si distingue dalla sorella più strettamente tecnologica, la città digitale, espressione che sottolinea il ruolo delle tecnologie informatiche. Tuttavia la città digitale è essenziale per la realizzazione della smart city.1 Altri declinano meglio di me questi concetti più in dettaglio in questo numero di Galileo, qui mi interessa sviluppare la riflessione sulla complessità crescente costituita dalla nostra società e dalle componenti della stessa, quindi su come governare la stessa proprio per garantire una evoluzione sostenibile delle nostre città. Prima di fare questo però una piccola digressione. Se cerco sul dizionario Garzanti la traduzione di smart trovo non solo il termine intelligente ma anche bello, carino. La scelta dell’aggettivo sta a indicare quindi un’aspirazione a una intelligenza non invasiva e antipatica (pensiamo al/alla secchione/a delle superiori) ma a qualcosa di talmente leggero e di aiuto (in questo caso il riferimento a chi ci passava il bigliettino con la soluzione del compito!) da sembrare appunto bello e sostenibile. Prima di affrontare il tema del governo e del controllo delle città belle perché intelligenti vediamo però di inquadrare il tema con una piccola spiegazione sulle componenti e sui requisiti infrastrutturali delle città smart.
I componenti della smart city
Ezio Miozzo, dopo essersi laureato nel 1978 in Ingegneria Elettronica, ha lavorato in alcune delle principali realtà informatiche nazionali interessandosi anche di problematiche organizzative, metodologiche e manageriali. Oggi opera nel settore della Consulenza direzionale per Aziende ed Enti su queste tematiche e più in generale sui temi della governance delle tecnologie a supporto dell’evoluzione del business aziendale. Ricopre pro tempore l’incarico di Tesoriere dell’Ordine degli Ingegneri e della Fondazione Ingegneri Padova. Membro del comitato elezioni di Isaca Venice è responsabile per tale organizzazione delle iniziative relative alla certificazione CGEIT. È Mediatore Civile e commerciale. Ezio.Miozzo@gmail.com
Creare oggetti sempre più intelligenti, interconnetterli e migliorare la qualità della vita delle persone. In una parola, Internet of things. Con quest’espressione si intende un percorso nello sviluppo tecnologico, già avviato da alcuni anni, in base al quale ogni oggetto della vita quotidiana, dall’automobile al contatore del gas, può acquistare grazie alla Rete una sua identità digitale e diventare più funzionale, economico ed efficiente.3 Alla base di questo nuovo paradigma, destinato a incidere sempre più nel tessuto sociale ed economico di ogni Paese, ci sono gli smart objects, gli oggetti che, interconnessi attraverso la rete Internet, riescono a scambiare informazioni su di sé e sull’ambiente circostante. Per esempio: • le automobili intelligenti possono dialogare con l’infrastruttura stradale per prevenire incidenti, • gli elettrodomestici di casa, coordinati tra di loro, possono ottimizzare il consumo di energia, • i lampioni della luce possono autoregolarsi per l’accensione e lo spegnimento e diventare delle centraline che raccolgono dati su traffico, temperatura e consumi delle abitazioni circostanti, • i semafori possono essere sincronizzati per creare un’onda verde ai mezzi di soccorso, • il contatore del gas può essere utilizzato per segnalare il mancato pagamento di una bolletta ma anche segnalare una fuga di gas in casa. E ognuna di queste smart things può a sua volta essere multifunzionale e integrata ad altre, al fine di fornire informazioni utili e ulteriori vantaggi. Gli ambiti di applicazione, insomma, sono pressoché illimitati. Per essere definiti pienamente smart, ovvero intelligenti, gli oggetti devono possedere alcune caratteristiche: • identificazione (essere in possesso di un identificativo digitale univoco), • localizzazione (capacità di conoscere la propria posizione), • diagnosi di stato (capacità di monitorare parametri interni all’oggetto), • acquisizione dati (capacità di misurare variabili di stato del sistema fisico o dell’ambiente circostante, come la temperatura e il rumore, e di misurare variabili di flusso come il consumo di energia, di acqua e così via), • attuazione (capacità di eseguire comandi impartiti da remoto), elaborazione dati (trattare i dati primitivi raccolti ed estrarre informazioni da questi attraverso analisi statistiche e previsioni). Gli oggetti intelligenti possono operare nel migliore dei modi solo se anche le reti che li interconnettono sono smart e possiedono determinate proprietà: • standardizzazione (utilizzo di standard tecnologici aperti che facilitano l’interoperabilità dei dispositivi), 32 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
• accessibilità (apertura, regolata opportunamente da norme, dei dati raccolti dai tag e dai sensori degli oggetti al più ampio numero possibile di utenti), • raggiungibilità (la rete interconnettiva permette agli oggetti di essere direttamente raggiungibili e interrogabili) • e multifunzionalità.
damentali, la conformità alle leggi. A livello internazionale è riconosciuto il lavoro svolto dall’ Information Technology Governance Institute nell’ambito della definizione di modelli, metodi e strumenti per il governo delle tecnologie, della analisi del valore per l’organizzazione delle stesse, e di gestione del rischio e dei controlli5.
Perché insisto tanto sul concetto di controllo I requisiti della città intelligente Qui però esauriamo la panoramica sul tecnologico, andiamo ora a guardare ai requisiti che l’uomo si aspetta di ottenere con le smart cities. Questi possono essere sintetizzati nelle affermazioni, tratte da2, che riporto di seguito. La Città intelligente è il luogo dei dialoghi e il luogo per gli esseri umani che non vogliono rinunciare ad esercitare la loro consapevolezza. L’intelligenza, anche di una città, è il frutto di un processo che vede come protagoniste le persone. L’intelligenza in una città non è la somma di atti causali. L’intelligenza e l’innovazione in una città sono il frutto di pianificazione e di condivisione. Tuttavia la pianificazione di una Città intelligente deve confrontarsi con la velocità dell’innovazione. Non esiste un futuro, è in atto un processo continuo e veloce di trasformazione. La Città intelligente è: • il luogo della leggerezza e della sostenibilità ambientale, • il luogo delle connessioni leggere tra gli uomini e le macchine, • un organismo vivente composto da uomini e da cose che interagiscono tra di loro. Le tecnologie della conoscenza oggi offrono alle persone mezzi e piattaforme per comunicare e per condividere quali mai il genere umano aveva avuto a disposizione. I city user devono acquisire la piena consapevolezza di queste potenzialità, per non sprecarle banalmente. Una grande multinazionale nel settore dell’ Information Technology , IBM, ha deciso di dedicare una serie di centri coordinati in un’ottica di smarter planet4,6 proprio per essere protagonista in questo importante processo evolutivo.
Il governo e il controllo Il tema quindi non è se la tecnologia può recepire le richieste del singolo cittadino e soddisfare,perché questo lo si può già fare, quanto come il sistema che costruiremo sarà in grado di mediare, con regole trasparenti, tra l’interesse di un singolo e quello di un altro per l’uso di un determinato oggetto o di una risorsa condivisa (trasporto, energia, acqua, cibo, divertimento …) o tra più gruppi-comunità. Chi stabilisce le regole, chi le verifica, chi attua le opportune correzioni? Non possiamo avere un sistema sanzionatorio ex post, ossia un sistema giudiziario che sanziona un comportamento illecito, significherebbe bloccare qualsiasi tipo di evoluzione autonoma dei cittadini e dei sistemi stessi che andiamo a creare. Dobbiamo avere un sistema di controllo che agisce direttamente sui vari soggetti intelligenti che sia tale da garantire il rispetto di requisiti e valori che sono considerati superiori all’interesse del singolo o di un gruppo o all’ottimizzazione di una specifica risorsa. Ma anche su questo tema la ricerca nel settore dell’ingegneria dell’informazione è già proceduta perché quelle che abbiamo posto qui sopra, su scala molto più complessa, sono le stesse domande che si affrontano in una qualsiasi organizzazione o azienda quando si affrontano i temi dell’utilizzo dei sistemi informativi . Le informazioni permeano a tal punto i processi operativi e decisionali delle organizzazioni che finiscono per costituire un sistema nervoso essenziale per il corretto funzionamento di queste strutture. Ma sono al tempo stesso un mostro che genera sempre nuove esigenze e che, se non è governato adeguatamente, diventa come il colesterolo nel sistema circolatorio umano: ne causa il rallentamento e addirittura la fine. Il tema non è banale come la soluzione di un sistema di governo, comando e controllo di meccanismi complessi (ad esempio una nave). Qui stiamo disegnando un sistema che deve governare e controllare un sistema fatto da: • relazioni sociali e interpersonali; • relazioni uomo-dispositivi smart; • relazioni tra dispositivi smart multifunzionali; • relazioni tra sistemi con finalità diverse. L’ingegneria dell’informazione si è da tempo posta l’obiettivo di affrontare con sistematicità il governo di obiettivi complessi e in apparenza contrastanti quali l’efficacia di azione di una organizzazione, la sua efficienza, la sicurezza dell’operato, la redditività, il controllo degli aspetti fon33 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Chiunque abbia avuto un po’ di dimestichezza con la Teoria dei Sistemi non può ignorare che tutti i corpi viventi hanno comportamenti riconducibili al modello a retroazione cosiddetto ad anello chiuso illustrato qui a fianco. Questo sistema consente la autocorrezione del sistema e un suo comportamento prevedibile. Il controllo automatico di un dato sistema (di un motore, di un impianto industriale, di una funzione biologica come il battito cardiaco) si prefigge di modificare il comportamento del sistema da controllare (ovvero le sue uscite) attraverso la manipolazione delle grandezze d’ingresso. Ad esempio può richiedersi che l’uscita rimanga costante ad un valore prefissato al variare dell’ingresso (controllo semplice) oppure segua fedelmente la dinamica dell’ingresso stesso (sistema di asservimento) a meno di amplificazioni e ritardi. Il controllo del sistema in esame viene affidato a un altro sistema costruito appositamente, detto sistema controllante o controllore, che viene progettato dopo uno studio preliminare del sistema da controllare per individuarne il modello matematico esatto, servendosi degli strumenti messi a punto dalla teoria dei sistemi. Il controllo automatico di un sistema è possibile solo nella misura in cui il sistema stesso è raggiungibile e osservabile, cioè nella misura in cui è possibile portarlo in un dato stato interno agendo sui suoi ingressi, e risalire allo stato attuale del sistema basandosi sulle sue uscite. Nei sistemi climatici troviamo molti esempi di fenomeni di retroazione così come nel corpo umano. Ricordate Fukushima? A un certo punto si attivò un processo fuori controllo e tutta l’umanità dovette aspettare che questo processo arrivasse a compimento senza poter far nulla di significativo per determinarne l’esito finale.
Ma come bisogna procedere? Si deve instaurare un dialogo continuo tra la politica che detta le priorità, i requisiti o, per dirla con un termine militare, le regole d’ingaggio e l’ingegneria che progetta, individua soluzioni e pone nuove domande alla politica. Questo continuo colloquio diventa il motore positivo di una crescita sostenibile. In questo però la politica dovrebbe dare indicazioni, non condizionata dalle congiunture presenti, ma con una visione valoriale di lungo termine. A titolo di esempio, la vita di una persona, e poi la sua salute, vengono prima di qualsiasi altro obiettivo quale il risparmio energetico o la velocità di trasferimento da un punto all’altro. Spetta all’ingegneria quindi porre all’attenzione gli obiettivi di controllo e di trasparenza che le funzioni di governo devono gestire. Sarà la politica a sua volta a valutarli e a fare le scelte di priorità attuativa. La città cresce e non ci aspetta. Se vogliamo governare la sua crescita senza rimanerne schiacciati, dobbiamo porre attenzione a come stendiamo la rete nervosa di questo corpo multiforme. Se controlliamo e governiamo possiamo costruire una smart city, altrimenti saremo soffocati da una città brutta e opprimente.
Bibliografia 1. Juan Carlos De Martin, «La sfida delle città intelligenti» su La Stampa. 2. Michele Vianello, Manifesto di principi per una «Città Intelligente». 3. Internet of things, oggetti intelligenti che migliorano la vita quotidiana. http://it.finance.yahoo.com/notizie/internet-of-things—gli-oggetti-intelligenti-che-migliorano-la-vita-quotidiana.html 4. la vision di IBM sulle smart cities: http://www05.ibm.com/innovation/it/smartercity/?cmp=101AE&ct=10 1AE04W&cr=Liquida_SmarterCity_Partnership&cm=B&cr=swioti_age nda_smarrcityq42011&ccy=I&cd=20111017&c=q4_agd_sp_scities_fl a_300x250_it&csz=300x250&S_TACT=101AE04W 5. ITGI www.itgi.org 6. Smarter City http://smarter-city.liquida.it/
Uso del GIS nella stima dei potenziali da fonti rinnovabili
Fabio Disconzi Arturo Lorenzoni
L
a valutazione del potenziale energetico di una fonte rinnovabile non può prescindere dall’analisi delle caratteristiche del territorio. In questo articolo verrà presentata una metodologia che mediante l’utilizzo di strumenti GIS permette di fare una stima del potenziale energetico della tecnologia fotovoltaica installata sui tetti per la Regione Veneto.
Strumenti GIS
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Gli atlanti geografici e le cartine geografiche sono stati per molti anni i mezzi attraverso cui le informazioni territoriali e geografiche sono state archiviate, rappresentate, organizzate e comunicate. Recentemente tali informazioni sono state tradotte in formato elettronico: è esperienza comune l’uso delle Google Maps, delle Bing Maps o delle Garmin Maps conosciute soprattutto dagli appassionati di sport outdoor. Considerando le mappe cartacee, pensando ad esempio la mappa politica dell’Italia riusciamo a capire i confini di una regione grazie alla colorazione differente tra regione e regione. Considerando la mappa fisica dell’Italia riusciamo a capire la morfologia del nostro Paese interpretando qualitativamente i colori e le tonalità: solitamente i colori marroni rappresentano le zone di montagna, i colori con tonalità verde rappresentano le pianure, le tonalità azzurre i mari e la loro profondità. Le informazioni contenute nelle mappe cartacee sono tuttavia difficilmente usabili, elaborabili, difficilmente sono quantificabili con sufficiente precisione. Per esempio, per sapere la distanza tra due punti bisognerebbe misurare un segmento sulla mappa di carta con un righello e moltiplicare la misura per la scala. Per conoscere una quota di una collina bisognava individuare la linea di livello relativa: una operazione non immediata, imprecisa e non interpretabile dai mezzi informatici. Le informazioni delle mappe geografiche disponibili in formato elettronico o della mappe online non solo sono gestibili con gli elaboratori ma sono anche facilmente interrogabili, collegabili ad altre informazioni, aggiornabili velocemente ecc. I dati territoriali associati alle mappe possono essere interrogati ed elaborati consentendo di ottenere informazioni di diverso genere. Per esempio, anche in servizi gratuiti come Google Earth o Google Maps possiamo ottenere informazioni precise in modo molto veloce e immediato: distanza di punti (per esempio due città), informazioni sulla lunghezza della strada che collega le città con pochi click e senza attese. Gli strumenti informatici che permettono la gestione, archiviazione, rappresentazione ed elaborazione dei dati territoriali in forma numerica e informatica si chiamano GIS (Geographical Information System). Un GIS è un sistema informativo computerizzato che permette l’acquisizione, la registrazione, l’analisi, la visualizzazione e la restituzione di informazioni derivanti da dati geografici (geo-riferiti). Nell’articolo sarà presentata una metodologia che ha permesso di stimare il potenziale energetico della tecnologia fotovoltaica per la Regione Veneto. Il prossimo paragrafo descrive i database in cui si possono trovare le informazioni territoriali della Regione Veneto. Figura 1. Metodologia stima potenziale fonte solare con tecnologia fotovoltaica e solare termico
Dati territoriali e CTR Veneto La rappresentazione informatica della Regione Veneto è disponibile nello strumento informatico chiamato Carta Tecnica Regionale composto da un database di dati che fornisce informazioni quantitative geo-referenziate relative a determinate parti del territorio. La Regione Veneto ha digitalizzato tutto il territorio creando un database di dati geografici e territoriali liberamente consultabili online e scaricabili. I dati sono disponibili presso il sito (Cartografia). La Carta Tecnica Regionale è una cartografia generale e metrica prodotta nelle scale di rappresentazione 1:5000 e 1:10000. Gli oggetti e le informazioni territoriali contenute nella Carta Tecnica Regionale, acquisiti in forma vettoriale, sono organizzati in due classi di informazione: Livelli e Codici. I livelli costituiscono classe primaria di aggregazione degli oggetti/informazioni a loro volta suddivisi nei Codici che descrivono le caratteristiche particolari. I livelli principali della Carta Tecnica Regionale sono descritti nella tabella 1. I codici sono un raggruppamento ulteriore delle informazioni contenute in un livello. A titolo di esempio per il livello fabbricati i codici contenuti nella CTR sono descritti nella tabella 2.
Metodologia La procedura seguita per valutare il potenziale energetico delle tecnologie fotovoltaico e solare termico è descritta nella figura 1. Non viene stimata la potenzialità degli impianti con installazione a terra mentre si è cercato di valutare la potenzialità energetica del fotovoltaico su tetto. Il primo passo è stato quello di creare dei layer informatici aventi una estensione superficiale pari al territorio dell’intera regione. I layer più interessanti per l’analisi del potenziale energetico sono quelli riguardanti il livello informativo fabbricati e insediamenti; di questo livello sono state considerate le cinque tipologie di edifici: edifici civili, edifici industriali, allevamenti, stalle e fienili, scuole e ospedali. Le informazioni direttamente ottenibili dai layer informatici riguardano la posizione degli edifici, la superficie in pianta, il perimetro dell’edificio, il comune di appartenenza ecc. vedi tabella 3. Tecnicamente non tutta la superficie dei tetti è compatibile con l’installazione di impianti fotovoltaici. Una stima della superficie tecnicamente compatibile è stata ottenuta considerando una serie di coefficienti riduttivi come descritto nell’equazione: Sdisp=Ctipo∙Caltro∙CST∙Combr∙Costacoli∙Spianta cosϑ 34 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Tabella 1. Livelli della Carta Tecnica Regionale della Regione Veneto
Livelli principali 01: fabbricati 02: viabilità 03: elementi divisori 04: idrografia 05: vegetazione 06: discontinuità 07: ferrovia 08: infrastrutture 09: opere 10: curve di livello 11: punti quota 12: inquadramento 13: aree di rappresentazione del territorio 14: toponomastica; 15: limiti amministrativi 16: cornici e scritte marginali
Livelli di servizi 17: campitura e fabbricati 18: simbologia viabilità 19: simbologia elementi divisori 20: simbologia idrografia 21: simbologia e campitura vegetazione 22: campitura discontinuità 23: simbologia ferrovie 24: campitura e simbologia di infrastrutture 25: simbologia opere
28: campitura aree di rappresentazione del territorio 29: simbologia limiti amministrativi
30: zone di determinazione non certa Livelli funzionali per la gestione informatica dei grafi A2: assi viabilità N2: nodi viabilità A4: assi idrografia N4: nodi idrografia A7: assi ferrovia N7: nodi ferrovia
Tabella 2. Esempio di classificazione in codici per il livello fabbricati della CTR
Edificio civile Edificio industriale Baracca Tettoia - pensilina Chiesa Tabernacolo Chiesa (pertinenza) Campanile Torre Edificio in costruzione Rudere – edificio semidiroccato – rovine – diruti Stalla – allevamento agricolo – fienile Cimitero (pertinenza) Impianti sportivi (edificio) Impianti sportivi (pertinenza) Campo sportivo Gradinata Scalinata Torre industriale – Ciminiera (punto) Torre industriale – Ciminiera (area) Monumento (punto) Monumento (area) Pietra o colonna indicatrice Silos (punto) Silos (area) Tendone pressurizzato
Croce isolata – Capitello Stazione – fermata ferroviaria (edificio) Scalo merci (edificio) Deposito ferroviario Casello ferroviario (edificio) Limite area ferroviaria (pertinenza) Manufatti vari Casello autostradale (edificio) Aeroporto (edificio) Aeroporto (pertinenza) Stradina interna Cortile interno Rifugio alpino Ospedale (edificio) Ospedale (pertinenza) Scuola (edificio) Scuola (pertinenza) Caverna - Grotta - Cavità naturale Centroide edifico Parco o giardino Campeggio Autorimessa – garage (fuori terra) Insediamenti archeologici Insediamenti archeologici Isolato
Tabella 3. Statistiche layer edifici Regione Veneto
Numero Superficie totale [km2] Distribuzione geografica
Edifici civili 1238051 234,2
Edifici industriali 87978 99,4
35 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Scuole 7648 4
Ospedali 1334 0,9
Allevamenti 126775 34,9
La valutazione del potenziale energetico di una fonte rinnovabile non può prescindere dall’analisi delle caratteristiche del territorio. L’utilizzo di strumenti GIS permette di fare una stima del potenziale energetico della tecnologia fotovoltaica installata sui tetti per la Regione Veneto
Tabella 4. Coefficienti per il calcolo della superficie disponibile Ctipo Caltro Edifici civili 0,5 0,70 Edifici industriali 0,75 0,90 Scuole 0,75 0,90 Ospedali 1 0,70 Allevamenti, stalle e fienili 0,75 0,90
CST 0,9 1 1 1 1
Combr 0,45 0,45 0,45 0,45 0,45
Costacoli 0,46 1 0,9 1 1
1/cos(ϑ) 1,04 1 1 1 1,02
Tabella 5. Tecnologie fotovoltaiche e scenario monocristallino policristallino film sottile
ηmonocristallino ηpolicristallino ηfilm sottile
= = =
0,15 0,12 0,06
Scenario A 100 10 33
Scenario B 0 70 34
Scenario C 0 20 33
sostenibilità ingegno responsabilità
Tabella 6. Stima del potenziale energetico della tecnologia fotovoltaica installata sui tetti della Regione Veneto [MWh] scenario B civili industriali scuole ospedali allevamenti BL 105653 90310 7039 2017 43868 PD 291375 480983 11391 3034 162573 RO 91926 119598 6762 2061 42254 TV 330089 809451 27657 6194 263873 VE 275200 397500 19248 4137 118735 VI 319210 738118 24250 4927 196222 VR 297700 616331 21939 7537 336134 Veneto 1711153 3252291 118286 29907 1163658 Totale Regione Veneto: 6.275.294 MWh
I coefficienti tengono in considerazione: Ctipo: fattore riduttivo che tiene in considerazione il tipo di tetto (doppia falda, piano, multi falda ecc.); C altro: fattore che tiene in considerazione la presenza di altre infrastrutture nel tetto (impianti di climatizzazione e trattamento dell’aria, lucernari, camini ecc.); CST: fattore che tiene in considerazione la presenza di pannelli per la produzione di acqua calda sanitaria; Combr: fattore che tiene in considerazione il fatto che un pannello fotovoltaico non deve andare ad ombreggiare gli altri pannelli fotovoltaici; questo coefficiente rappresenta il rapporto tra la superficie installata e la superficie di tetto occupata; C ostacoli: fattore che tiene in considerazione l’ombreggiamento reciproco degli edifici; non avendo un modello tridimensionale del tessuto degli edifici è stato utilizzato il valore assunto dallo studio (Bergamasco & Asinari, 2011) relativo alla Regione Piemonte. Nel caso di tetti con falda inclinata il fattore cos(ϑ) tiene in considerazione il fatto che la superficie disponibile per l’installazione è maggiore rispetto alla superficie in pianta. Da una ricerca della letteratura esistente e da assunzioni proprie i coefficienti utilizzati per ogni tipologia di edificio sono riassunti nella tabella 4. Per il calcolo dell’energia elettrica producibile dobbiamo considerare i rendimenti di conversione dei pannelli, i rendimenti degli impianti, considerare la perdita di efficienza dovuta alla temperatura e un fattore di riduzione relativo al fatto che non tutti i pannelli verranno instal-
lati con l’asse perfettamente rivolto a sud. La potenzialità energetica della tecnologia fotovoltaica per la Regione Veneto può essere espressa mediante la relazione:
zione di informazioni riguardanti la posizione ed estensione dei centri storici della Regione: per queste aree si potrebbe non si simula l’installazione dei pannelli.
In cui: ηpannello: rendimento pannello fotovoltaico (vedi Tabella 5); ηTH: variazione rendimento dovuto alla temperatura (0,90); ηAZ: tutti i pannelli non saranno installati perfettamente verso Sud (0,90); ηimp: riflessione, polveri, inverter, convertitore (0,84); H solare: irraggiamento per superficie ottimamente inclinata (dati da PVGIS geo-refenziati). Sono stati considerati tre macro scenari: lo scenario A che rappresenta il massimo potenziale energetico generabile, lo scenario B che rappresenta una diffusione delle 3 tecnologie in linea con la situazione attuale e lo scenario C nel quale le 3 tecnologie hanno la medesima diffusione. Le informazioni sull’irraggiamento sono state ottenute utilizzando i dati forniti dal database PVGIS. Con l’utilizzo di software GIS e di fogli di calcolo è stata calcolata la potenziale producibilità di energia elettrica per ogni comune della Regione. I dati aggregati per provincia sono riassunti in tabella 6 che mostra una prima stima del potenziale energetico della tecnologia fotovoltaica su tetto per la Regione. I risultati dipendono fortemente dalle ipotesi fatte e dalle informazioni di partenza. A titolo di esempio, un miglioramento dell’analisi potrebbe derivare dall’applica-
Considerazioni e commenti
EPV=ηpannello ηTH ηAZ ηimp Hsolare Sdisp
Gli strumenti per le analisi energetiche Il potenziale energetico di una fonte rinnovabile è strettamente legato alle caratteristiche del territorio. Gli strumenti GIS sono in grado di effettuare una digitalizzazione del territorio stesso e permettono l’analisi informatica delle sue caratteristiche. In questo articolo abbiamo visto un esempio di come applicando informazioni di diversa natura sia possibile avere una stima tecnica della massima potenzialità energetica della tecnologia fotovoltaica applicata sui tetti della Regione Veneto. Gli strumenti GIS per la comunicazione Oltre all’elaborazione dei dati gli strumenti GIS offrono la possibilità di comunicare in modo veloce e immediato informazioni che spesso richiedono competenze approfondite per essere comprese. Rispetto ai dati numerici, la rappresentazione geografica di dati territoriali è di immediata comprensione. Gli strumenti GIS per raccogliere, elaborare, condividere e distribuire i dati Gli strumenti GIS potrebbero essere utilizzati per creare strumenti utili ai decisori pubblici; analogamente alla famosa enciclopedia pubblica e condivisa Wikipedia, con gli strumenti GIS si possono raccogliere dati a livello locale (ad esempio comunale), elaborarli a livello globale (per esempio regionale) e ridistribuirli. • 36 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Sostenibilità e sistemi di spostamento
M
Con un trasporto pubblico moderno e funzionale e con una sempre più crescente facilità di accesso al web tramite dispositivi mobili è possibile contribuire alla sostenibilità dei trasporti di persone
Paolo Chiaro
uoversi con più semplicità e in maniera intelligente nelle città è possibile! No, non è uno slogan elettorale o una dichiarazione ecologista, poter spostarsi realmente in modo sostenibile in città e tra città è possibile e forse più semplice di quello che sembra. Oggi esistono molti servizi pubblici di trasporto, più o meno funzionali, che permettono di collegare le periferie delle città con i suoi centri e le città con altre città vicine. Esiste una variegata gamma di sistemi: su gomma, su rotaia, cappillari o di lunga percorrenza ma tante volte, per pigrizia, cattiva abitudine, mancanza di informazione si tralasciano e si passa al sistema di trasporto preferito dagli italiani: l’automobile. Tutti vediamo, soprattutto a ridosso degli orari canonici di ufficio, le nostre autostrade, vie, incroci riempirsi di traffico, inquinamento, stress e troppe, ma troppe auto con una sola persona a bordo: il conducente. Ciò comporta una serie di problematiche che non voglio elencare ne trattare in questo articolo, ma che tutti ben conosciamo. Primo passo fondamentale per aiutare a risolvere tutto ciò è ovviamente che il sistema pubblico di trasporto funzioni. Il servizio deve essere accogliente per il passeggero, rispettoso degli orari, innovativo nei servizi accessori, funzionale e capillare. Deve cercare, come una nuova auto ricca di accessori, di invogliare l’utente alla scelta, deve essere moderno. Il secondo passo è creare la giusta informazione tra il sistema e l’utente. Informazione fondamentale all’utente per organizzare il percorso, monitorare costantemente i tempi del viaggio ed eventualmente valutare delle alternative durante lo stesso. Informazione che il sistema di trasporto pubblico e il singolo mezzo pubblico deve inviare costantemente al passeggero. Siamo ormai circondati da cellulari di ultima generazione smartphone, tablet, mini pc, strumenti che ci permettono con semplicità di essere collegati costantemente con il web e quindi con l’informazione. Dallo studente, al manager sempre in viaggio, passando per tutta la moltitudine di utenti che usufruiscono del trasporto pubblico, si può ritenere oramai che il problema di connettività è stato colmato. È oramai consuetudine vedere nelle nostre strade, piazze, stazioni, aeroporti le persone far scorrere gli schermi dei loro apparecchi tecnologici di ultima generazione. Con un trasporto pubblico moderno e funzionale e con una sempre più crescente facilità di accesso al web tramite dispositivi mobili è possibile contribuire alla sostenibilità dei trasporti di persone. Sul web, tutte le società pubbliche e private di trasporto, hanno la loro homepage più o meno accattivante e funzionale dove l’utente può informarsi su orari, costi e percorsi. Molte volte però queste informazioni sono scollegate tra loro; il futuro passeggero, per pianificare e organizzare il suo viaggio è così costretto ad effettuare molteplici ricerche, ricostruire e collegare il tutto. Stesso discorso vale per i pagamenti, ogni azienda di trasporti ha il suo tariffario e i pagamenti sono limitati al solo servizio che fornisce. È necessario quindi pensare a qualcosa di diverso, di più completo, adeguato alle esigenze odierne di una mobilità funzionale, flessibile e veloce. Un’applicazione per smartphone/tablet e per PC che aiuti e invogli l’utente a lasciare a casa l’automobile di proprietà e a scegliere il servizio di trasporto pubblico sia per sporadici viaggi, sia tutti i giorni per raggiungere il proprio posto di lavoro e muoversi attorno ad esso. Creare gli strumenti per pianificare il viaggio nella maniera piu semplice e intuitiva possibile, gli strumenti per pagare il servizio in un’unica forma e soluzione, gli strumenti per monitorare costantemente il percorso e le sue tempistiche e poterlo, se necessario, modificare al momento valutando in maniera intuitiva tutte le alternative collegate. Articolando poi il tutto su scala superiore è possibile mettere in comunicazione i sistemi di mobilità di varie città, creando così una rete integrata su larga scala sempre più alternativa all’utilizzo dell’automobile. La pianificazione: via web, interfacciandosi con un unico portale, l’utente può pianificare il suo viaggio, valutando le alternative, prenotando i servizi e monitorando i costi. Con l’utilizzo dei circuiti di credito è possibile effettuare in anticipo un pre-pagamento commulativo di tutti i servizi scelti e alla fine del viaggio, in maniera automatica e in base ai servizi realmente utilizzati, il sistema aggiornerà l’importo finale. Il viaggio: il collegamento costante alla rete cellulare degli apparati tecnologici di ultima generazione e utilizzo del GPS integrato permetteranno al passeggero di conoscere, all’interno del tessuto urbano, la sua esatta posizione e quella del mezzo di trasporto da utilizzare e ricevere avvisi di eventuali ritardi con relative alternative per poter procedere il viaggio in orario. Sarà possibile consultare mappe interative con l’indicazione delle fermate dei mezzi o dei parcheggi di car-sharing, le coincidenze e tutte le informazioni utili di cui l’utente necessita o desidera. Nel caso specifico del car-sharing il passeggero, già in viaggio, potrà monitorare se l’auto, precedentemente prenotata, è presente nel punto di consegna o, per svariati motivi, non è ancora stata consegnata dal precedente utilizzatore. Sarà possibile quindi anticipare un cambio di prenotazione o l’annullamento della stessa in modo da poter spostare la scelta su un mezzo di trasporto alternativo. Inoltre, nel caso si prenotino automezzi a trazione elettrica, l’utilizzatore tramite la lettura attraverso il suo smartphone/tablet di un segnale che un sensore collegato alle batterie del veicolo rilancia al sistema, può conoscere preventivamente lo stato di ricarica del mezzo e quindi verificare se l’autonomia è sufficiente per raggiungere la destinazione prefissata. Muoversi con più semplicità e in maniera intelligente nelle città è quindi possibile! Proviamoci. •
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Equivivere Per un’architettura sostenibile
Paolo Simonetto
Sostenibilità > Risparmio Energetico
Un oggetto architettonico che è soltanto la traduzione di una funzionalità, il risultato di una situazione economica, non può avere senso. Jean Baudrillard
sostenibilità ingegno responsabilità 1. A. Giangrande, M. De Matteis, Sostenibilità e morfogenesi: il concetto di sostenibilità secondo Alexander, 2008.
E
quivivere. Per un’architettura sostenibile (Cittadella, 22 maggio-4 luglio 2010 e Bari, 6 settembre-10 settembre 2011), la rassegna di architettura promossa e curata da Architettando, è stata un contenitore di riflessioni, proposte, idee per l’architettura sostenibile. A due anni dall’iniziativa, riteniamo che essa abbia contribuito al dibattito sull’architettura orientando la riflessione verso il senso della sostenibilità architettonica, dai più ritenuta, erroneamente, soltanto risparmio energetico. Discutere di sostenibilità senza rischiare di cadere in luoghi comuni, prenderne in esame le implicazioni legate all’architettura, evitando di affrontarne i contenuti più banali e spesso sviliti da un utilizzo sovrabbondante, inadeguato e talvolta troppo interessato, è un compito senz’altro impegnativo. Da un punto di vista architettonico, innanzitutto, il rischio è quello di associare il concetto di Sostenibilità a termini non proprio o non completamente aderenti all’insieme dei significati che lo connotano, quali bioedilizia, ecocompatibilità, rispetto ambientale, risparmio energetico ecc. o peggio ancora a suffissi vaghi e indeterminati quali bio, eco ecc. Se poi si scende nel campo del risparmio energetico, associare la sostenibilità a un uso spinto di tecnologie, a rigidi protocolli di certificazione, ad un utilizzo di dispositivi spesso costosi e a volte difficili da reperire o, addirittura, problematici da smaltire, rischia di svilirne il significato o addirittura di portare il progettista fuori strada. Fissare tutti questi limiti, essere in qualche modo vincolati a norme e dati numerici, può ostacolare l’orizzonte costruttivo sostenibile, rischiando di relegare in secondo piano obiettivi primari quali l’aumento della qualità e della salubrità degli ambienti di vita, il minore consumo di risorse, il rispetto dell’ambiente, un uso razionale (anche in senso economico) delle risorse. La sostenibilità, intesa nel senso più ampio ed eticamente corretto, dovrebbe essere invece una scelta corale, condivisa dalla società, finalizzata a creare un’armonia tra la qualità dei luoghi e le istanze emotive delle persone che ci vivono. Dovrebbe porsi come il risultato di un processo dinamico che risponda alle esigenze di ambiente e umanità, così da creare tra loro una perfetta sintesi di equilibrio e relazione reciproca. Altro presupposto fondamentale, che dovrebbe alimentare la sensibilità dei progettisti, è il rispetto delle strutture esistenti con interventi mirati a non stravolgerne la configurazione precedente, bensì a trasformarle riconoscendone gli elementi vitali, e non certo per un nostalgico senso di protezione verso le preesistenze ma come atteggiamento mirato a rivalorizzarne gli aspetti qualitativi. Inoltre, la scelta dei materiali dovrebbe essere ripensata in funzione del loro ciclo di vita così da «essere sfruttati per intero e non dismessi a causa, a volte, della comparsa anticipata di nuove esigenze che ne accelerano l’obsolescenza funzionale e costringono a sostituirli ben prima che essi abbiano esaurito in misura significativa la dotazione di risorse naturali ed energetiche che incorporano»1. Quest’ultima azione, quanto mai indispensabile, non sempre risulta fattibile alla luce della rapidità di cambiamento degli stili di vita e delle necessità a cui gli edifici assolvono nel corso della loro esistenza, grazie anche a un sempre rinnovato (che non significa migliorativo) corpus normativo sul quale il progettista tende sempre più, vogliamo pensare per sfinimento, ad allinearsi. Le premesse categoriche e tassative di una produzione edilizia più sostenibile impongono quindi di armonizzare in maniera più efficace il concetto di composizione architettonica con la scelta di materiali e soluzioni tecnologiche durevoli nel tempo, ma che non si sostituiscano ad una progettazione architettonica di qualità.
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Premio Nuova Energia
Massimo Malaguti Direttore Generale PST Galileo
I
l Premio Nuova Energia, la cui prima edizione si è conclusa nel 2011, è una iniziativa di CCIAA di Padova realizzata in collaborazione con Parco Scientifico e Tecnologico Galileo, Dipartimento di Ingegneria Elettrica dell’Università di Padova, Comune di Padova, Provincia di Padova e Associazioni di Categoria del settore agricoltura, artigianato e industria. Il Premio intende evidenziare le migliori pratiche promosse a livello locale per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, promuovendo la sensibilità di cittadini, amministrazioni, imprese e professionisti verso la necessità di uno sviluppo sostenibile che tenga conto delle imprescindibili esigenze di contenimento delle emissioni in atmosfera e dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. Il Premio si articola in cinque sezioni: progettisti, imprese del settore primario, secondario e dei servizi, Pubbliche Amministrazioni e Scuole. La categoria progettisti in particolare intende individuare le realizzazioni che meglio traducono i principi del risparmio energetico e dell’utilizzo delle energie rinnovabili sia dal punto di vista tecnico che formale, grazie alla scelta di soluzioni progettuali che rendano compatibile e integrato l’uso delle tecnologie con il profilo architettonico. La Giuria del Premio, composta da Marco Calaon (CCIAA di Padova), Maurizia Dosso (CCIAA di Padova), Andrea Sacchetto (Provincia di Padova), Arturo Lorenzoni (Università di Padova) e da chi scrive ha assegnato il Premio Progettista Protagonista riservato ai progetti originali a Giorgio Simioni (con Davide Scapin) per il progetto di edificio residenziale CASA1. CASA1 è il risultato di una progettazione la cui impostazione parte dall’orientamento ottimale dell’edificio rispetto agli assi eliotermici, e da questo fa discendere gli aspetti distributivi e funzionali degli spazi interni e l’uso delle tecnologie, integrati in un profilo architettonico minimalista che è il risultato coerente di questo approccio progettuale. All’interno della categoria Progettista Protagonista, cui nel 2011 hanno partecipato 14 progetti, il Premio Architettura rinnovabile per interventi su edifici esistenti è andato a Lucia Corti ed Elena Rigano, per la ristrutturazione di una palazzina liberty degli anni ’20 a Padova ad uso bifamigliare. Questa ristrutturazione, che rispetta con attenzione filologica gli stili e l’uso dei materiali dell’epoca, dimostra come gli interventi di risparmio energetico anche su edifici esistenti possano risultare compatibili con le necessità di mantenimento dei valori architettonici, senza penalizzare la qualità e la vivibilità degli ambienti ma anzi restituendo a questi un senso e un valore ancora più vicino alla loro natura originale. Luisa Fontana ha ottenuto la Menzione Speciale per il progetto del nuovo Centro d’Infanzia in Zona Industriale a Padova, mentre lo Studio Giulia Zordan e Domenico Gabaldo ha ricevuto il riconoscimento Selezione Nuova Energia 2010 per il progetto di un fabbricato residenziale unifamiliare a basso contenuto energetico. Inserendo le parole di ricerca Premio Nuova Energia su YouTube sono visibili i filmati realizzati su ognuna delle realizzazioni premiate nel 2011. Il Premio Nuova Energia intanto prosegue le sue attività di promozione e valorizzazione delle migliori realizzazioni anche nel 2012; i risultati della nuova selezione saranno presentati a Padova in occasione della Notte Verde che si terrà il 5 maggio. •
Menzione speciale
Premio Architettura rinnovabile
Premio Progettista Protagonista 39 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Premio PROGETTISTA PROTAGONISTA
Casa 1
sostenibilità ingegno responsabilità
La casa sorge all’estremità nord di un lotto irregolare completamente aperto a sud sulla campagna veneta, al limite di un’area edificabile, prima di quattro edifici di analoga impostazione concettuale in corso di realizzazione. La costruzione si compone essenzialmente di due volumi leggermente ruotati e compenetrati tra loro, disposti in modo tale da definire uno spazio esterno di accesso alla proprietà da nord e garantire la possibilità di valorizzare e rendere intima l’area verde posta a sud. Anche l’accesso all’edificio avviene da nord, segnalato da un deciso taglio orizzontale della parete del corpo principale e dall’intersezione con quella del corpo secondario ruotato, nel punto di snodo, cerniera tra i due volumi, in posizione protetta e raccolta. Dal punto di vista distributivo l’edificio è stato organizzato aprendo i vani d’abitazione a sud, separando i vani accessori, ricavati sul lato nord, con percorsi di connessione orizzontale e di collegamento verticale tra i tre livelli dell’abitazione. Nella concezione progettuale, fondata su principi di sostenibilità, primaria importanza è stata data al più efficace utilizzo della luce naturale e dell’irraggiamento solare. L’orientamento e la conformazione dell’edificio permettono infatti nel periodo invernale di sfruttare il benefico apporto di luce ed energia solare per l’illuminazione e il contributo termico passivo e, durante la stagione estiva, di controllare e limitare mediante elementi a sbalzo e tende rotolanti, l’irraggiamento solare diretto. Le dimensioni delle finestre e delle aperture ricavate sul tetto, consentono di captare la luce naturale, ottenendo in ogni stagione un ottimo livello di illuminazione durante il corso dell’intera giornata anche per i locali non orientati a sud. Tutti gli elementi architettonici e ingegneristici della costruzione sono stati concepiti con precisi intenti energetici, per garantire illuminazione naturale, riscaldamento invernale, raffrescamento estivo e produzione di acqua calda sanitaria, con il minimo utilizzo di energia, senza l’impiego di fonti convenzionali non rinnovabili, secondo criteri di costruzione passiva, ottenendo un notevole risparmio economico di esercizio, in linea con i principi della sostenibilità. La casa utilizza infatti fonti naturali rinnovabili: il pannello solare posizionato sulla copertura, le sonde geotermiche a circuito chiuso infisse nel terreno, l’elevata coibentazione termica, consentono grazie ad un efficiente sistema impiantistico a pompa di calore, di utilizzare l’energia solare e l’energia geotermica per riscaldare/raffrescare le superfici radianti a pavimento e a parete, ottenendo elevati livelli di comfort abitativo e benessere in tutte le stagioni. Il sistema fotovoltaico, infine, garantisce l’apporto di energia elettrica necessario al funzionamento della costruzione. L’approccio progettuale adottato ha portato alla creazione di un’architettura caratterizzata da totale essenzialità di volumi, completa assenza di elementi di decoro non funzionali, sobrietà e razionalità delle forme e delle aperture, utilizzando un linguaggio contemporaneo, ottenendo un oggetto architettonico di puro effetto plastico nel quale le parti dialogano tra loro per assonanze e dissonanze. La scelta di trattare cromaticamente tutto l’edificio con colore bianco è diretta a favorire la lettura volumetrico-spaziale dell’architettura, evitando inutili tentativi di con-fusione con il paesaggio, stabilendo con esso un rapporto empatico di reciproco rispetto. Unico elemento identitario e di spicco è la porta d’ingresso di colore rosso. Davide Scapin 40 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Fotografie di Giorgio Simioni
41 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Premio ARCHITETTURA RINNOVABILE
Casa Borghesan
sostenibilità ingegno responsabilità
Casa Borghesan è un edificio residenziale, sviluppato su due piani fuori terra per un totale di circa 300 mq (a cui si aggiungono piano interrato e soffitte), risalente agli anni ’30 del secolo scorso, caratterizzato architettonicamente dalla presenza di decorazioni liberty. Circondato da un ampio giardino per la maggior parte al riparo dalla viabilità di maggiore scorrimento, l’immobile presenta il fronte principale e gli accessi orientati a sud, mentre sul lato settentrionale, più riservato, si condensa lo spazio aperto vissuto maggiormente dalla famiglia, come estensione della cucina. Data una tecnologia costruttiva molto tradizionale e scarsamente rinnovata nel corso del secolo, l’edificio presentava un consumo energetico molto elevato (27 litri/mq/anno); l’applicazione rigorosa del protocollo CasaClima e l’utilizzo di materiali ecologici hanno ridotto i suoi consumi dell’85%, abbassandoli a meno di 4 litri/mq/anno (quasi sette volte di meno), e portando la casa in classe B+ CasaClima, per la quale è stata certificata (in accordo alla normativa nazionale si situa in classe A). Le specifiche richieste del committente volte al mantenimento della sua destinazione residenziale hanno salvaguardato volumi e funzioni dell’edificio, mantenendolo sostanzialmente nel suo stato originario. Il progetto, realizzato tra l’autunno 2008 e l’estate 2009, ha vinto il primo premio al CasaClima Awards nel 2010, nella sezione Risanamento (B plus). Il progetto architettonico ha adeguato funzionalmente l’edificio ridistribuendo gli spazi interni, collegando i piani con una piccola scala di servizio, modificando una terrazza e aprendo una loggia esposta a sud, e lo ha riqualificato dal punto di vista dei consumi energetici, grazie all’opera di rivestimento a cappotto dell’edificio e al rifacimento parziale dei solai e del tetto, nonché tramite l’approvvigionamento energetico mediante fonti di energia rinnovabili. Il ripristino ha riguardato principalmente gli elementi strutturali o di rifinitura: solai in legno, tetto, pavimenti in graniglia, tavoloni in larice (alcuni fino a 40 cm di larghezza), che sono stati tutti recuperati, così come la vecchia ringhiera della terrazza, integrata con delle parti nuove e tutte le finestre in legno originali dei prospetti est, sud ed ovest. L’obiettivo principale, quello di rispettare il carattere originale dell’edificio, arrivato sino a noi praticamente intatto, è stato considerato non derogabile perché garanzia di rispetto del bene, e si è raggiunto attraverso l’uso di materiali e tecniche ecologiche. Tecnologie e materiali adottati mirati al conseguimento degli obiettivi di risparmio energetico sono stati molteplici: messa a norma degli impianti, adeguamento energetico degli infissi (in origine con una Uw di 5 W/m²K e attualmente pari a 1.6/ 1.8, se nuovi o recuperati), sostituzione parziale dei pavimenti, isolamento e consolidamento del tetto in legno, realizzazione degli isolamenti perimetrali con cappotto in pannelli in fibra di legno della Naturalia-Bau, internamente o esternamente in relazione alle necessità del mantenimento delle caratteristiche architettoniche decorative delle diverse pareti, con spessori variabili tra i 6 e i 12 cm. In particolare, nel caso dei cappotti esterni, sui fronti sui fronti est, nord, e parte su quelli sud e ovest, si sono usati pannelli Pavatherm da 6 cm, accoppiati a uno strato di 6 cm di Diffutherm, per uno spessore totale di 12 cm. Sulle rimanenti porzioni dei fronti sud e ovest, dovendo salvaguardare modanature e decorazioni liberty allo scopo di non alterare il carattere storico dell’edificio, si è preferito un isolamento interno con materiale dalle proprietà capillari e igroscopiche che non necessita di barriera al vapore, utilizzando quindi pannelli Pavadentro da 6 cm. Seppur meno efficace del cappotto esterno, questa scelta rappresenta in ogni caso un buon compromesso fra esigenze di conservazione e miglioramento dell’efficienza.
Foto Alberto Andrian
Foto Alberto Andrian
Per Lucia Corti e Elena Rigano, esperte CasaClima, la progett qualificazione energetica, con l’obiettivo di ridurre sia il consu per noi già un fattore fondamentale di sostenibilità». La comm zione e riqualificazione energetica. Progettiste e committente h del suo adeguamento alle necessità energetiche attuali, sceglie lo Casaclima), e spingendo ancora più in là la sua sostenibilità 42 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
tazione sostenibile si basa sul recupero dell’esistente e sulla sua riumo del territorio che quello energetico: «intervenire sull’esistente è mittenza viene quindi fortemente motivata per coniugare ristrutturahanno quindi imboccato la strada del recupero totale dell’edificio e ndo di arrivare alla certificazione dell’edificio (secondo il protocolà, utilizzando solo materiali ecocompatibili. 43 • Monografia di Galileo 206 • Maggio 2012
Per ridurre i ponti termici nelle connessioni tra le pareti interne portanti o divisorie e il fronte sud si è intervenuti sovrapponendo nei punti di passaggio tra i due tipi di isolamento l’isolamento termico delle pareti esterne anche lungo le pareti già isolate dall’interno. A queste si aggiungono delle specifiche soluzioni tecniche per l’eliminazione o l’attenuazione dei ponti termici dovuti alla struttura, l’installazione di un impianto VMC (prodotto da Zehnder, l’impianto assicura il ricambio dell’aria dell’intero immobile, da un minimo di un terzo a un massimo di due terzi volumi/ora) e di un’impiantistica efficiente che fa ampio ricorso a fonti energetiche rinnovabili come pannelli solari (10 mq che forniscono l’acqua calda ad un accumulatore da 750 litri) e fotovoltaici (una stringa di 13 pannelli policristallini SPWR-215-WHT della SunPower, della potenza di 215 Wp cadauno e dalle dimensioni unitarie di 1,559x0,798 m, per una superficie totale di 16,17 m² e una potenza di picco dell’impianto di 2795 Watt) che producono acqua calda sanitaria e integrano il sistema di riscaldamento a bassa temperatura. Gli effetti benefici della trasformazione si sono avuti subito: l’isolamento termico e l’applicazione della tecnologia VMC hanno praticamente azzerato la necessità dell’impianto di riscaldamento, che nel primo inverno ha lavorato solo nelle poche settimane più fredde della stagione. Per il periodo più caldo della stagione estiva, al contrario (sottolineato che comunque non era stata richiesto un impianto di condizionamento dell’aria), la VMC viene supportata da un refrigeratore, che pre-raffredda e deumidifica l’aria prima della sua immissione nell’ambiente domestico. La scelta di impiegare unicamente materiali ecocompatibili con una particolare predilezione verso quelli dotati di grande capacità igroscopica (lana/fibra di legno, silicato di calcio, calce naturale, legno, finiture naturali non pellicolanti) è stata dettata anche dall’esigenza di far lavorare gli ambienti in compensazione, data la condizione obbligata di dover realizzare una parte della coibentazione con il cappotto interno, opzione che ovviamente espone al rischio sempre presente della condensa interstiziale. Per questo motivo tutti i materiali impiegati devono concorrere a creare un microclima interno che aiuti a gestire e smaltire gli eccessi di umidità dell’aria. Anche le finiture sono eseguite con materiali naturali: le vernici, le pitture, i pannelli in fibrogesso, le finiture ad olio dei pavimenti. Il filo conduttore che guida il lavoro di Lucia Corti e di Elena Rigano si snoda lungo la consapevolezza che ogni aspetto della vita quotidiana ha il suo valore di ecosostenibilità: la scelta che spetta alla persona, in questo caso al committente, riguarda il quanto si voglia essere ecosostenibile. Non solo determinati protocolli tecnici, come in questo caso CasaClima, ma materiali ecologici, per contribuire a realizzare un micro clima interno salubre; non solo impianti che utilizzano energie rinnovabili, ma anche preclusione di certi impianti (come, in questo caso, quello del condizionamento), che altrimenti, come in un circolo vizioso, aumentano i consumi stessi; non solo attenzione all’aspetto architettonico del progetto, ma anche un’attenzione alle ricadute urbanistiche del recupero. L’approccio eticamente sostenibile che viene dimostrato dal loro lavoro si estrinseca anche attraverso la convinzione che trasmettono al committente dell’importanza di sostenere un costo complessivo dell’opera, minimizzando le esternalità che spesso vengono scaricate alla collettività in generale, o alle generazioni successive. Julian W. Adda
Nicola Emery Distruzione e progetto L’architettura promessa
AA.VV. Equivivere Per un’architettura sostenibile
Christian Marinotti Edizioni Milano 2011, pp. 328 ISBN 978-88-8273-126-7
Il Poligrafo, Padova Formato 24 x 29 cm, pp. 224, colori, bilingue Italiano/inglese ISBN 978-88-7115-693-4
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sostenibilità ingegno responsabilità
ssociare distruzione e progetto suggerisce una condizione di radicale ambivalenza, segnata in profondità dalla perdita di luoghi e di senso. Come è potuto accadere che l’architettura, invece di contribuire a sostenere il buon vivere, si sia intrecciata con le forme che lo mortificano? Eppure non solo Aristotele e Vitruvio, ma anche autori moderni quali Freud e Marx, Gehlen e Guardini, e prima di loro già Bacone, avevano avvertito questa minaccia. Prudenza, misura, autocontrollo, responsabilità, solidarietà sono state le virtù via via indicate per orientare e incanalare la violenza implicita del fare e impedire così il suo capovolgersi nel contrario, in aggressione alla terra e alla natura. Oggi invece i contrari – il progetto e la distruzione – si congiungono e il mondo diviene sempre più inabitabile: dobbiamo allora arrenderci alla volontà di potenza di un’epoca segnata dalla tecnica? E non è invece il momento di esercitare la critica delle insostenibili contraddizioni di un movimento storico economico teso in modo unilaterale al profitto e alla crescita? Questo libro propone una rinnovata diagnosi della contemporaneità e illustra una possibile risposta: opporre alla logica della distruzione creatrice, fissata in economia da Schumpeter e ricca di epigoni in architettura da Le Corbusier a Buckminster Fuller, da Archigram a Koolhaas, una concezione ermeneutica del progetto, inteso come essenziale curare, recuperare e salvare. I diciotto capitoli del libro costituiscono altrettante tappe di un serrato itinerario tra memoria e futuro, e propongono un suggestivo percorso nell’etica dell’architettura. Guidata da un rigore sistematico, e senza cadere nella melanconia, l’opera di Nicola Emery invita a elaborare il lutto per la perdita-distruzione del territorio e sollecita con passione a resistere e a guardare oltre: rievocando le tracce escatologiche di una tradizione eterodossa di pensatori e artisti, da Benjamin a Schwitters, da Duchamp a Yona Friedmann a Derrida, la teoria dell’architettura è qui risolutamente chiamata a confrontarsi con un altro modo di abitare e di fare, con un altro modo di progettare e di pensare, ricco di visionarietà.
’emergere drammatico della «questione ambientale» ha visto l’affermazione di una tendenza culturale che in architettura è stata tradotta, almeno in Occidente, secondo una significativa varietà di definizioni e di approcci: ecosostenibilità, ecocompatibilità, bioarchitettura, architettura passiva, architettura bioclimatica. Eppure, come ha ricordato Cathleen McGuigan, raggiungere una reale sostenibilità rimane un obiettivo ben più complesso e ambizioso di quanto le logiche imperanti del mercato e della pubblicità suggeriscano. Qual è allora il denominatore comune di queste variabili? Come evitare il paradosso di una sostenibilità che, in qualche caso, sembra rispecchiare l’ego dell’architetto più che le normali esigenze di una città o di un territorio? Oggi la dimensione della sostenibilità – al centro della rassegna nazionale Equivivere. Per un’Architettura sostenibile promossa dall’associazione Architettando – deve essere riconosciuta come un elemento intrinseco del costruire, un aspetto trasversale rispetto ai diversi luoghi dell’architettura e funzionale a stabilire un nuovo tipo di relazione tra uomo e ambiente. Dopo aver dedicato le prime due iniziative al tema dell’abitare, l’associazione Architettando ha scelto così di affrontare la questione del costruire sostenibile, declinandolo nelle sue diverse forme e senza limitazioni per quanto riguarda le tipologie edilizie. In queste pagine sono illustrati alcuni progetti realizzati in Italia, presentati nella rassegna Equivivere, ai quali si aggiunge una sezione di opere di prestigiosi studi internazionali, che contribuisce ad ampliare lo sguardo sul tema e sulle sue molteplici implicazioni.
«Un po’ di etica nell’architettura dopo la sbornia dell’estetica? I tentativi di elaborare la lunga stagione del lutto teorico trovano una nuova riflessione nel libro di Nicola Emery. Emery cerca di riesplorare gli statuti del Moderno per riavvicinare la tecnica al pensiero umanistico, l’etica all’espressione. Sottraendo quest’ultima all’abbraccio dell’ipercapitalismo nichilista» Pierluigi Panza, Corriere della sera, 9 luglio 2011 «A partire almeno dall’inizio del secolo scorso, i progetti architettonici, si sono spesso alleati con la devastazione. Su questa minacciosa alleanza è incentrato sin dal titolo il denso e suggestivo volume di Nicola Emery, Distruzione e progetto. L’architettura promessa, che tuttavia non si limita a una polemica demolitiva di carattere anti-moderno, né indulge a un nostalgico rimpianto, ma cerca di suggerire concrete soluzioni alternative: possibili vie d’uscita dal circolo vizioso creatosi fra distruzione e progettualità, per far sì che l’architettura sfugga alla «gabbia d’acciaio». Raoul Bruni, Alias-Il Manifesto, 22 ottobre 2010
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Efficienza energetica Chiesa parrocchiale di Godega Lavori di bonifica della copertura
le aziende informano
Godega è un piccolo centro urbano della provincia di Treviso molto vicino ai comuni di Conegliano, Vittorio Veneto, Sacile. La sua origine viene fatta risalire a un insediamento gotico del V secolo d.C. (Godega è derivazione dell’aggettivo gotica). Lo sviluppo del nucleo abitativo di Godega prende forma nel XIII secolo attorno a un pozzo detto pozzo della regola. La regola era un’assemblea di capifamiglia che si riuniva più volte all’anno per decidere (oggi diremmo democraticamente) sulle questioni amministrative e in genere sulle regole per assicurare ordine alla comunità. A questo periodo risalgono le prime testimonianze di un’antica fiera locale che costituiva per l’epoca un importante punto di incontro e di scambio tra i residenti dei vari paesi limitrofi in occasione dell’annuale mercato del bestiame. Tuttora quest’antica fiera si svolge annualmente coinvolgendo il settore delle attività locali dell’artigianato, delle macchine agricole, dell’arredamento, della bioedilizia ecc. oltre a trainare, nel corso dell’anno, altre manifestazioni culturali e di varia attività che concorrono a migliorare l’economia locale. Nel 1420 Godega passa dalla dipendenza amministrativa del Friuli-Venezia Giulia, alla repubblica di Venezia, seguendone il destino storico, per poi assistere al passaggio prima delle truppe napoleoniche e poi di quelle austroungariche. Finalmente nel 1867 Godega viene annessa al Regno d’Italia. L’importanza storica di Godega è arricchita dalle testimonianze architettoniche presenti nel centro storico e dalle numerose ville venete costruite nel territorio comunale da XVI al XVIII secolo. In questo quadro storico e architettonico si inserisce la chiesa di Godega, dedicata a Santa Margherita di Antiochia, costruita nel 1953. La chiesa sorge sull’area dell’edificio parrocchiale del 1550 abbattuto nel secolo scorso (1950) in quanto giudicato pericolante.
Stesura di Elytex (TNT) prima della posa di Isotec 1. Particolare di accostamento tra i pannelli Isotec battentanti a coda di rondine 2. Particolare di gronda con griglia parapasseri 3. Il faldale di Isotec XL pronto per la posa del manto di copertura 4. La copertura del tetto dell’abside ultimata. La flessibilità di posa del sistema Isotec consente di risolvere le problematiche dimensionali e formali di qualsiasi tipo di copertura
Recentemente la chiesa è stata oggetto di un accurato intervento di bonifica di tutto il complesso delle coperture. Le premesse di questo intervento di riqualificazione delle coperture ha portato i progettisti ad approfondire la conoscenza delle prestazioni relative ai materiali e ai sistemi costruttivi presi in considerazione, confrontando i valori di trasmittanza termica per ottenere qualificati risultati di risparmio energetico, comfort, rispetto dell’ambiente. In un quadro più generale la scelta dei materiali passa attraverso una valutazione più ampia relativa ai reali costi energetici e di ecocompatibilità attinenti al percorso di ogni materiale preso in considerazione, che va dall’estrazione delle materie prime, alla realizzazione del prodotto, al trasporto, alla messa in opera, alla manutenzione e infine al recupero e riciclaggio a fine esercizio, per poter valutare un bilancio energetico che definisca un rapporto fra costi e benefici ottenibili nel quadro generale di sostenibilità ambientale delle scelte finali. Peraltro gli attuali studi nel settore del Life Cycle Assessment (LCA) comportano una maggiore sensibilizzazione progettuale delle scelte tecniche relative ai prodotti e ai sistemi costruttivi che rientrano in una valutazione globale delle singole scelte adottate per l’efficienza energetica, non relegata alle prestazioni dei singoli materiali ma alla vita futura del sistema edificio. Questo approccio porta a una valutazione globale dell’edificio, ossia ad una progettazione integrata dei singoli sistemi o elementi che collaborano al risultato finale di efficienza energetica. Nel caso specifico dell’intervento che presentiamo, bisogna sottolineare che la copertura di un edificio è un sistema complesso, finalizzato a fornire adeguate prestazioni in relazione alle forti sollecitazioni esterne (impermeabilità alle acque meteoriche, isolamento termico ed acustico, resistenza all’azione dei venti), con un proprio funzionamento termo-igrometrico, statico, idraulico. In sostanza il tetto è l’insieme di una sequenza di elementi e strati, ognuno con precise funzioni, che creano nel tempo integrazioni di tipo fisico e chimico da mettere in conto nel quadro generale delle scelte progettuali e nella fase finale di realizzazione dell’opera. Nel caso specifico della copertura della chiesa di Godega, dopo un’attenta analisi di tutte le caratteristiche dei prodotti esaminati, i progettisti di questo intervento hanno scelto il sistema Isotec che ha consentito di completare il pacchetto di copertura conferendo all’insieme un ampio spettro di valenze e funzioni tecniche. Infatti l’adozione dei pannelli strutturali Isotec XL ha consentito di realizzare con un solo intervento rapido ed economico, un impalcato portante con più funzioni quali: • barriera al vapore • isolamento termico • seconda impermeabilizzazione per infiltrazioni accidentali provenienti dal manto di copertura • ventilazione nel sottomanto di copertura • orditura di appoggio e fissaggio del manto di copertura. La copertura della chiesa parrocchiale di Godega, sviluppata su una superficie di 500 metri quadrati, è stata realizzata impiegando Isotec XL con uno spessore di 10 cm. L’inserimento nel pacchetto di copertura di Isotec XL ha conferito alla copertura una valore di trasmittanza termica pari a 0,21 W/m²K. Il procedimento ha previsto la stesura di Elytex (TNT) prima della posa di Isotec. La corretta posa in opera di Isotec XL e l’utilizzo degli adeguati accessori di completamento hanno concorso a realizzare una copertura di alta efficienza energetica, nel rispetto delle peculiarità costruttive e storiche dell’edificio religioso esistente. •
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Il Passante di Mestre e il risparmio energetico
Alessio Velo
Costruire strade con i rifiuti
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l Passante di Mestre è una delle Grandi Opere Italiane. Inaugurata il 19 febbraio 2009 dalla Presidenza del Consiglio, è l’autostrada che collega direttamente l’A4 Milano-Venezia e la Venezia-Trieste con l’obiettivo di alleggerire il traffico di transito nell’area di Venezia diretta verso l’Europa. Ad oggi il traffico giornaliero è di circa 46.000 veicoli al giorno (Fonte: Commissario Delegato - Viabilità Mestre).
Dati dell’opera
le aziende informano
Anno di realizzazione 2006-2009 Superficie realizzata 1.000.000 mq Lunghezza 32,3 km complessivi (di cui10km in trincea e 23km in rilevato). Larghezza 30 metri in due carreggiate,una per ogni senso di marcia Sezione tipo 3 corsie (3,75m ciascuna), corsia di emergenza (3 m)
La sovrastruttura
I volumi dei materiali di cava/inerti naturali risparmiati con l’utilizzo di Econcrete® è stato di ca. 320.000 mc ossia pari al 71%. Più del volume dell’Arena di Verona pari a ca. 270.000 mc
Per l’utilizzo di Econcrete® nella realizzazione del Passate di Mestre è stata concordata una Procedura di Controllo Ambientale con l’Ufficio Ambiente del PDM e Arpav. I benefici ottenuti dall’utilizzo di Econcrete® • Migliore distribuzione dei carichi sul sottofondo: pressioni 10/30% • Riduzione sollecitazioni sugli strati bituminosi: tensioni -9/31% • Riduzione delle deformazioni superficiali: deformazioni 10/27% • Miglioramento del comportamento a fatica: tensioni -9/31% •Riduzione di 15 cm dello spessore totale della pavimentazione con conseguente risparmio di materiale altrimenti estratto in natura (praticamente l’equivalente di una piccola cava) e traffico conseguente •La riqualificazione di rifiuti inerti utilizzati per il confezionamento di materiali da costruzione; rifiuti altrimenti avviati allo smaltimento • I viaggi risparmiati con pacchetto Econcrete®: 47.900, ossia come se per un giorno intero non circolasse nel Passante di Mestre alcun mezzo Il risparmio di materiale è stato il seguente: Risparmio 15 cm = Spessore tot. Tradizionale (65cm) Spessore tot. Econcrete® (50cm) di cui 10 cm di conglomerato bituminoso e 5 cm di materiali granulari o cementati. I volumi dei materiali di cava/inerti naturali risparmiati con l’utilizzo di Econcrete® è stato di ca. 320.000 mc ossia pari al 71%, più del volume dell’Arena di Verona che è pari a ca. 270.000 mc. In conclusione, si può osservare che il risparmio energetico ottenibile con l’utilizzo dei materiali riqualificati dimostra come – se considerati tali elementi sin dalla fase di progettazione – sia possibile raggiungere risultati di grande valore ambientale che vanno oltre il semplice aspetto strutturale. Nel prossimo numero gli altri dati del risparmio energetico •
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ISOLAMENTO TERMICO, PERCHÉ? Realizzare edifici a basso consumo energetico, oltre ad essere un obbligo di carattere legislativo, è diventata una esigenza comune e ormai improrogabile dettata da diversi fattori, primo fra tutti quello ambientale ed economico.
Un corretto isolamento termico di un edificio – in grado di isolare gli ambienti dal caldo e dal freddo – garantisce un comfort abitativo ottimale: preserva una giusta temperatura all'interno dell'abitazione, consente un grande risparmio energetico nel rispetto dell'ambiente circostante, consente di mantenere il calore all'interno riducendo il flusso termico e la dispersione del calore verso l’esterno.