Forbes italia n3 gennaio 2018

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RICOMINCIO DA 82 • L’ARCHITETTO DEL DOPO-EXPO • IL DENARO NEL 2018

GENNAIO, 2018

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LE SOCIETÀ PIÙ INNOVATIVE E LE MIGLIORI ITALIANE

FORMULA 1 QUANTO HANNO RESO I PILOTI SUPER-RICCHI AL DI LÀ DELL’OCEANO

Italia 3,90 euro - CH CT 8,50 Chf - Côte d’Azur 7,50 euro

Anno 2 - N° 3 - gennaio 2018 - Periodicità: mensile - Prima immissione: 28/12/2017 Mensile - Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI

CHI TI METTE AL DITO UN ANELLO DA 10 MILIONI

IL SAPORE DEL SUCCESSO IL CIBO ITALIANO ALLA CONQUISTA DEL MONDO

OSCAR FARINETTI FONDATORE DI EATALY BY OLIVIERO TOSCANI




Contents // GENNAIO, 2018

VOLUME 3

IN COPERTINA 30 | MADE IN EATALY Oscar Farinetti non sta fermo un attimo. Dopo aver consolidato il successo della sua catena di negozi per portare in Italia e nel mondo il cibo di qualità, si è gettato nella nuova sfida di FICO. È un visionario, uno che ha visto sempre più avanti. E dire che tutto cominciò con gli elettrodomestici.... IN COPERTINA: OSCAR FARINETTI FONDATORE DI EATALY FOTOGRAFATO DA OLIVIERO TOSCANI

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| FORBES GENNAIO, 2018

DI ALESSANDRO ROSSI



GENNAIO, 2018

#VOLUME3 17 | FACT & COMMENT // STEVE FORBES Attenti all’Iran, può essere più pericoloso della Corea

LEADERBOARD 21 | GLI ANELLI DI FIDANZAMENTO PIÙ COSTOSI DELLA STORIA 24 | LA TOP TEN DEI MILIARDI USA

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26 | IL PREZZO DELLA BELLA VITA 27 | CHIEDI ALLA APP SE SEI FELICE 28 | LA FERRARI DEL CIELO 29 | IL CENTENARIO DI UN MITO DA POLSO

COVER 30 | MADE IN EATALY DI ALESSANDRO ROSSI

35 | TO BEEF OR NOT TO BEEF DI ALESSANDRO ROSSI

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39 | IN CUCINA UN TETTO DI STELLE DI SUSANNA TANZI

STRATEGIES 49 | IL TRUCCO PER CRESCERE

PIÙ DI GOOGLE O DI AMAZON DI UGO BERTONE

52 | UNA CITTÀ ELASTICA AL POSTO DELL’EXPO DI LUCA ZORLONI

54 | COSÌ INSEGNERÒ AL NOSTRO CORPO

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COME CURARE IL CANCRO DI DANIEL SETTEMBRE

ENTREPRENEURS 56 | UN GIOVANOTTO DI 82 ANNI DI PAOLO MADRON

58 | HO BREVETTATO IL CIELO DI OSCAR GIANNINO

60 | LA FORZA DELLA PAZIENZA DI GIORGIO LONARDI

62 | QUEL QUALCOSA IN PIÙ DELL’IMPRESA IN ROSA DI SUSANNA MESSAGGIO

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64 | LA CASSANDRA DEL DIGITALE DI DANIEL SETTEMBRE



GENNAIO, 2018

#VOLUME3

LEGAL 64 | L’ENFANT PRODIGE DEL REAL ESTATE VIVE IN AFFITTO DI CLAUDIO RINIERI

RANKING 69 | L’INNOVAZIONE PORTA GLI OCCHIALI DI ANDREA TELARA

77 | FORMULA 1 PILOTI DI VALORE DI MATTEO SPAZIANTE

INVESTMENT 69

89 | IL COLOSSO PENSA POSITIVO DI ANDREA GIACOBINO

92 | LA PROVA DELLA VERITÀ DI LUIGI DELL’OLIO

96 | METTI UN INDICE NEL PORTAFOGLIO DI LUIGI DELL’OLIO

CON BLACKROCK

BARRA DRITTA SULL’AZIONARIATO

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100 | BENVENUTI NELLA SATOSHI REVOLUTION DI CLAUDIO KAUFMANN

FINTECH/STARTUP 102 | COSA FARÒ CON I SOLDI DELLE CARAMELLE DI GIOVANNI IOZZIA

104 | LA SCIENZA DELLA FINANZA DI MARCO BARLASSINA

FORBES LIFE 109 | NAPOLEONE, L’IMPERATORE DI FIRENZE DI MARTA CITACOV

118 | LIVING IN MILANO

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DI ALESSIA BELLAN

120 | LIVING IN MONTE CARLO DI ANAÏS BORRI

122 | LIVING IN SVIZZERA DI ALESSIA BELLAN

124 | LIVING IN LONDRA DI ALESSIA BELLAN

125 | LIVING IN BERLINO DI ALESSIA BELLAN

126 | LIVING IN USA DI AKA SARABETH

128 | LIVING IN ASIA DI FEDERICO MORGANTINI

104 8 | FORBES GENNAIO, 2018

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114 | PENSIERI E PAROLE



INSIDE SCOOP

EDITORE Denis Masetti

La rivoluzione del cibo per cambiare il mondo

DIRETTORE RESPONSABILE Alessandro Rossi

DI ALESSANDRO ROSSI

Mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017 CASA EDITRICE Blue Financial Communication Spa Via Melchiorre Gioia, 55 - 20124 Milano Tel. (+39) 02.30.32.11.1 - Fax (+39) 02.30.32.11.80 info@bluefinancialcommunication.com

DIRETTORE FORBESITALIA.COM Marco Barlassina RESPONSABILE FORBES LIVE Oscar Giannino STRATEGIES EDITORS Ugo Bertone, Andrea Giacobino, Giovanni Iozzia, Paolo Madron STYLE EDITOR Susanna Tanzi FASHION EDITOR Marta Citacov REDAZIONE MILANO Valerio Bassan, Davide Piacenza, Daniel Settembre, Luca Spoldi REDAZIONE LONDRA Anaïs Borri, Rajeevan Sukumaran REDAZIONE ASIA Federico Morgantini CONTRIBUTORS Alessia Bellan, Diana Bin, Marcello Castori, Chiara Della Tomasina, Luigi Dell’Olio, Claudio Kaufmann, Giorgio Lonardi, Susanna Messaggio, Maria Mezzetti, Claudio Rinieri, Andrea Salvadori, Matteo Spaziante, Andrea Telara, Elisa Venco, Luca Zorloni GRAFICA Emmegi Group - via F. Confalonieri, 36 - 20124 Milano STAMPA Elcograf Spa - via Mondadori, 15 - 37131 Verona DISTRIBUZIONE ITALIA E ESTERO Press - Di Distribuzione stampa e multimedia srl - via Bianca di Savoia, 12 - 20122 Milano GESTIONE ABBONAMENTI Press - Di Abbonamenti Spa - via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (Milano) Il costo di ciascun arretrato è di 8,00 euro SALES DIRECTOR Michele Gamba gamba@bluefinancialcommunication.com PROJECT MANAGER Giovanni Luchetti luchetti@bluefinancialcommunication.com FORBES USA EDITOR-IN-CHIEF Steve Forbes FORBES MEDIA CEO & EXECUTIVE CHAIRMAN Michael S. Perlis PRESIDENT AND COO Michael Federle SENIOR ADVISOR, INTERNATIONAL Tom Wolf EDITORIAL DIRECTOR, INTERNATIONAL EDITIONS Katya Soldak È un’iniziativa

THE MEDIA & DIGITAL COMPANY www.bluefinancialcommunication.com

GENNAIO, 2018 — VOLUME 3 FORBES ITALIA is published by Blue Financial Communication S.p.A. under a license agreement with Forbes Media LLC, 499 Washington Blvd. Jersey City, NJ 07310. “FORBES” is a tradermark used under license from FORBES LLC”. FORBES ITALIA è pubblicato da Blue Financial Communication S.p.A. con accordo di licenza di Forbes Media LLC, 499 Washington Blvd. Jersey City, NJ 07310. “FORBES” è un marchio su licenza di FORBES LLC”. B.C. FORBES, EDITOR-IN-CHIEF (1917-54) Malcolm S. Forbes, Editor-in-Chief (1954-90) James W. Michaels, Editor (1961-99) William Baldwin, Editor (1999-2010) “Copyright © 2017 Forbes LLC. All rights reserved. Title is protected through a trademark registered with the U.S. Patent & Trademark Office.

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Ma perché non offrire cibi di grande qualità per tutti? E’ la domanda che si è fatto Oscar Farinetti, innovativo imprenditore del food nato ad Alba. Ha risposto con la cultura della supremazia della biodiversità italiana da offrire a tutto il mondo. Ma perché chi ha meno deve mangiare peggio di chi ha di più? E’ la domanda che invece si è fatto Dario Cecchini, geniale macellaio a Panzano in Chianti. Ha risposto con la cultura contadina del “non si butta via niente” e con l’apertura della sua cucina alle sale di due ristoranti dove si può mangiare carne di ottima qualità a prezzi accessibili. Guarda caso, tutti e due vengono dalla provincia italiana (le Langhe e il Chianti), da terre dove il cibo delle eccellenze è pane quotidiano. Sono italiani di successo e vogliono trasmettere un messaggio legato al cibo di grande qualità. Le aziende di Farinetti e di Cecchini hanno dimensioni diverse: Oscar gestisce una mandria di negozi alimentari con il top del made in Italy sparsi per il mondo, Dario invece gira il mondo con la cic-

cia (un toscanismo per dire carne) ma poi tutto torna alla sua Macelleria di Panzano in Chianti. Filosofie commerciali diverse, business diversi, fatturati diversi. Una cosa in comune però ce l’hanno: la ricerca della qualità a tutti i costi e sopratutto, anche se ognuno a suo modo. Oscar e Dario, a guardarli da vicino, forse persino incompatibili (uno rappresenta il mall, l’altro la boutique), ma tutti e due hanno un’altra idea comune in testa: la cultura. La cultura della materia prima, del ciclo della vita, del cibo come nutrimento necessario ma anche come godimento altrettanto indispensabile. Perché tutti hanno diritto alla felicità. Almeno a tavola. Così il messaggio del mangiare bene che equivale a una vita migliore, parte dall’Italia e fa il giro del mondo anche con ambasciatori speciali, come i grandi chef italiani. Ma quello che conta è che la cucina, attraverso idee come quella di Oscar e di Dario, possa diventare più democratica e insegni anche qualcosa sulle basi della vita. Che bello pensare di cambiare il mondo seduti a tavola. F



Taipale Brothers, fotografi e viaggiatori finlandesi. Samuel ha sciato tutto il giorno. Daniel è rimasto a fotografare le Dolomiti e ad assaggiare specialitĂ italiane. A fine giornata hanno scoperto di avere tutti e due un sacco di cose da dirsi. Scopri l’esperienza dei Taipale su visittrentino.info.


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Le Alpi in stile

italiano.


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Denis Masetti, presidente di Blue Financial Communication, con il responsabile di ForbesLIVE, Oscar Giannino.

LA PRIMA DI FORBESLIVE IN ITALIA

L

e luci di Forbes hanno illuminato per la prima volta il centro di Milano. Lo scorso 22 novembre una grande serata di gala ha infatti acceso il parterre e i palazzi storici di Piazza Affari. 400 prestigiosi invitati appartenenti al mondo della finanza, dello spettacolo e della moda, hanno gremito Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana, accolti sul red carpet dai nuovi modelli Alfa Romeo (Stelvio e Giulia), sponsor della serata insieme con marchi del calibro di Accenture, Banca Generali, BexB, BNL BNP Paribas, Helvetia e Tim. La cornice ideale nella quale, nell’ambito degli eventi Forbes Live, Blue Financial Communication (società editrice dell’edizione italiana di Forbes, oltre che dei mensili Bluerating e Private) ha organizzato la seconda edizione dei Private Banking Awards. La serata ha rappresentato anche l’appropriato viatico a una serie di grandi appuntamenti che prenderanno vita nel corso del 2018 con il lancio del progetto Forbes Live, marchio che distingue gli eventi Forbes in tutto il mondo e che in Italia si avvarrà del coordinamento di Oscar Giannino. Durante la serata, il presidente di Blue Financial Communication, Denis Masetti, ha annunciato una grande iniziativa per il 2018: ForbesITALIA 100 Under 30. Forbes selezionerà i migliori 100 giovani italiani sotto i trent’anni distintisi in 20 categorie: dall’arte alla finanza, dallo sport alla tecnologia. Il progetto verrà sviluppato in varie iniziative Forbes che avranno luogo nel corso del 2018.

Dall’alto: Daniele Monarca, consigliere indipendente di BFC, tra Patrizia Misciattelli delle Ripe, presidente di AIFO (a sinistra) e la moglie Tiziana; Gianluca Italia, direttore generale di FCA Italy; Susanna Messaggio in compagnia di Silvestro Muccillo di Nazareno Gabrielli; Marco Barlassina, direttore di ForbesITALIA.com con un’amica di Forbes. A lato: Federico Morgantini di Gooruf.com e corrispondente dall’Asia per Forbes in compagnia del direttore del magazine, Alessandro Rossi; Roberto D’Incau e Camila Raznovich con Giovanni Luchetti di Forbes .

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FACT & COMMENT “A costo di perdere tutto ciò che possiedi, acquista l’intelligenza”

ATTENTI ALL’IRAN, PUÒ ESSERE PIÙ PERICOLOSO DELLA COREA DI STEVE FORBES, EDITOR-IN-CHIEF

A OTTOBRE IL PRESIDENTE TRUMP ha ricevuto una bordata di fischi di disapprovazione quando si è rifiutato di “ricertificare” l’obbedienza dell’Iran al migliorabile accordo sulle armi nucleari che Barack Obama ha siglato con quel paese. Gli europei, la Russia, la Cina e numerosi esperti e politici americani (tra cui alcuni all’interno della stessa amministrazione Trump) erano critici. L’accordo, negoziato nel 2015, ha posto l’Iran su un sentiero in discesa per lo sviluppo legale di armi nucleari in meno di un decennio. Ciò che va tenuto a mente è che Obama non ha fatto altro che ritardare, non fermare, il proposito iraniano di fare ciò che sta facendo la Corea del Nord: ottenere testate nucleari e costruire una forza nucleare formidabile per il futuro. Inoltre all’Iran è stata a tutti gli effetti data carta bianca per sviluppare i missili balistici che potrebbero portare con sé quelle armi di distruzione fino agli Stati Uniti, senza contare in Europa e nei paesi mediorientali vicini all’Iran, soprattutto Israele. Il presidente precedente era un negoziatore così scarso che non ha insistito su condizioni come la fine degli enormi aiuti iraniani al terrorismo, delle sue vergognose violazioni dei diritti umani e delle sue ambizioni imperialiste di rendere la Siria, il Libano, lo Yemen (che si trova lungo una delle vie di approvvigionamento idrico più importanti del globo) e l’Iraq nient’altro che virtuali satrapie di Teheran, e l’Egitto, l’Arabia Saudita e i paesi petroliferi del golfo suoi Stati satellite. La base della litania ripetuta contro Trump in merito a quest’accordo è che l’Iran, apparentemente, non ha violato alcun accordo in senso tecnico. Perciò, perché dovremmo preoccuparci di cosa accadrà domani, quando ci sono così tante transazioni da portare a termine con questo Stato un tempo paria? Dopotutto anche gli Stati Uniti potrebbero avere la loro fetta del bottino, come sottolineato dall’accordo da 17 miliardi di dollari firmato da Boeing. I mullah, facendo leva sulla miopia di nazioni interessate

al denaro veloce (Lenin non aveva detto scherzando che i capitalisti avrebbero venduto la fune con cui sarebbero poi stati impiccati?), stanno accelerando al massimo l’espansione del loro letale programma missilistico, finanziando generosamente le loro sussidiarie (soprattutto Hezbollah, che ora ha circa 150 mila missili da scagliare contro Israele) e inviando le loro forze armate (così come milizie arruolate in Afghanistan e Pakistan) a espandere le loro ambizioni imperialiste nella regione, sopprimendo nel frattempo ogni opposizione in patria e ogni presunta eresia, e perseguitando le minoranze. E, ovviamente, ci scherniscono con gli occasionali arresti di americani dietro accuse false. A coronamento di questa follia letale c’è il fatto che il terribile accordo di Obama non dà mandato agli ispettori internazionali di monitorare gli impianti militari e i laboratori iraniani per assicurarsi che l’Iran stia davvero rispettando i patti. Il presidente Trump non è uscito dall’accordo, cosa che ha il diritto di fare dato che Obama si è rifiutato di portarlo di fronte al Senato per la ratificazione formale del trattato. Il predecessore di Trump non è riuscito nemmeno a raccogliere una mera maggioranza al Congresso per far passare l’accordo. A dirla tutta, anzi, la vasta maggioranza si è dichiarata contraria. Così, questo cosiddetto Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa) ha avuto effetto di legge solo grazie alla firma di Obama. È un accordo esecutivo, l’equivalente in politica estera di un ordine esecutivo presidenziale, nient’altro. Eppure su questa base Obama ha sospeso le devastanti sanzioni che per anni erano state faticosamente messe in atto col supporto internazionale. Naturalmente, altri paesi si sono rapidamente allineati. E questi Stati hanno detto chiaramente di non essere intenzionati a reimporre sanzioni. Anche con questo accordo in essere, tuttavia, gli Usa hanno il diritto di fare rapporto se hanno ragione di ritenere che la loro sicurezza sia a rischio. E con la de-cerGENNAIO, 2018 FORBES | 17


FORBES

FACT & COMMENT tificazione, gli Stati Uniti potrebbero presentare nuove sanzioni economiche mirate ai numerosi altri affronti iraniani, a partire dal programma missilistico. Il Congresso ha il diritto di farlo, ma data la sua incapacità di fare qualsiasi cosa di questi tempi (qualcuno ha detto che se vuoi interrompere il processo di invecchiamento, devi portarlo al Congresso) probabilmente non lo farà. Allora potrebbe agire la Casa Bianca. Se i nostri partner commerciali dovessero scegliere tra l’accesso al mercato americano e l’accesso al mercato iraniano, non ci sono dubbi su ciò che privilegerebbero. Data l’ovvia crisi causata dalla Corea del Nord, perché non dovremmo fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per evitarne una riproposizione a opera degli estremisti islamici dell’Iran? Per quanto riguarda l’agghiacciante accordo di Obama con l’Iran, il nostro motto dovrebbe essere chiaro: miglioralo oppure bloccalo. Per fortuna l’amministrazione Trump finora non ha scelto il percorso facile di rimandare e prendere tempo. Il Dipartimento del Tesoro americano ha appena dichiarato il potente Corpo delle guardie della rivoluzione islamica, che controlla quasi un terzo dell’economia iraniana, un’organizzazione terrorista, una mossa che ci permetterà di imporre dolorose sanzioni all’Iran. Dobbiamo fare le cose per bene e imporle anche a Hezbollah. Ci sono altre misure che aiuterebbero a sventare le ambizioni imperialiste iraniane, come le no-fly zone in Siria. Un Iran dotato di armi nucleari, religiosamente fanatico e ambizioso è molto più pericoloso della Corea del Nord nel lungo termine. La nomina di un nuovo presidente della Federal Reserve dovrebbe innescare un esame scrupoloso ed estremamente necessario degli obiettivi di questa istituzione, e dei principi su cui basa le sue azioni. Ma non succederà. Per motivazioni psicologiche imperscrutabili la politica monetaria è una di quelle

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cose che mette a disagio la maggior parte delle persone, ragion per cui la Fed riesce a nascondere sotto il tappeto accentramenti di potere straordinari e lunghi periodi negativi, ottenendo soltanto occhiate superficiali e frettolose da parte del Congresso. Jerome Powell, nominato dal presidente Trump a febbraio per succedere a Janet Yellen a capo della Federal Reserve, ha mostrato di non avere interesse a porre domande vitali sulle operazioni della banca centrale più potente del mondo. Ha fondamentalmente seguito la corrente, durante i suoi cinque anni da governatore del board della Fed. Magari sorprenderà tutti pubblicando l’equivalente Federal Reserve delle 95 tesi di Lutero. Ecco alcune aree su cui può concentrarsi: • La convinzione che la Fed può guidare costruttivamente le performance economiche. Economisti e politici considerano sacra scrittura la fantasia secondo la quale l’economia può essere presa per mano, come se fosse un bambino, e per cui il compito della Federal Reserve è assicurarsi che l’economia non diventi né “troppo calda”, né “troppo fredda”. La Federal Reserve, come ogni banca centrale, non può controllare l’economia più di quanto tempo fa riuscivano a fare i pianificatori centrali sovietici. Come potrebbe, con 330 milioni di persone negli Stati Uniti, 7 miliardi nel mondo e infinite organizzazioni di ogni tipo che ogni giorno danno vita a 100 miliardi di transazioni? A causa della ricerca della Fed di rispondere a questa richiesta futile, l’unica domanda di una certa rilevanza su cui riflettere è: quanti danni può fare la nostra banca centrale? Dal 2008-2009, la triste risposta è stata: molti. Affrontare in modo deciso e rapido una psicosi finanziaria è buona cosa. Ma il successivo feroce occultamento dei tassi d’interesse (equivalente al controllo dei prezzi o degli affitti) a opera della Fed, insieme ai suoi ripetuti programmi di quantitative ea-

sing, ha incasinato il funzionamento dei mercati del credito, complicando seriamente l’accesso alle famiglie e alle imprese nuove e più piccole. • La credenza nella superstizione della curva di Phillips. La Fed è attaccata all’idea che la prosperità economica causa inflazione e che generare disoccupazione – ovvero fare in modo che milioni di persone perdano il loro lavoro – sia la cura. E poi c’è il mantra decennale della necessità di innalzare il tasso dell’inflazione per fare uscire l’economia dal suo torpore post-20082009. L’esperienza del mondo reale ha dimostrato l’infondatezza di questo assunto. • La fiducia nell’iper-regolamentazione delle banche (e ogni altra istituzione finanziaria). Con entusiasmo – e incitamento da parte dei politici di Washington – la Fed e gli altri regolatori hanno coperto le banche di decine di migliaia di nuove regole, con l’evidente obiettivo di sventare altre grandi crisi. Se mettete da parte il fatto che le banche erano già gli organi più pesantemente regolati della nostra economia, la verità scomoda è che se tutte queste regole fossero esistite dieci anni fa, avremmo comunque sperimentato un disastro, perché la causa primaria della crisi è stata il dollaro debole. • La fiducia in un dollaro fluttuante. I mercati funzionano al meglio con pesi e misure fisse. Chiunque sa quanto sarebbe caotica la vita se il numero di minuti in un’ora – o di grammi in un chilo – fosse soggetto a fluttuazioni. Lo stesso vale per il denaro, che dovrebbe misurare il valore. Finché non abbiamo fatto saltare tutto negli anni ’70, gli Stati Uniti avevano un valore fisso per il dollaro da quando Alexander Hamilton l’ha stabilito con lo standard aureo nel 1791. Non è una coincidenza che il ritmo medio della crescita economica americana da allora è precipitato. F



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Informazioni importanti. Il rendimento previsto è solo un obiettivo, il cui raggiungimento non può essere garantito. Le performance passate non sono garanzia dei risultati futuri. Il valore degli investimenti e il reddito non sono garantiti e possono diminuire o aumentare e possono essere influenzati dalle fluttuazioni dei cambi. Questo significa che un investitore potrebbe non recuperare l’importo investito. Threadneedle (Lux) è una società d’investimento a capitale variabile (Société d’investissement à capital variable, o “SICAV”) costituita ai Informazioni importanti. Il rendimento previsto è solo un obiettivo, il cui raggiungimento non può essere garantito. Le performance passate non sono garanzia dei risultati futuri. Il valore degli investimenti e il reddito non sono garantiti e possono diminuire o aumentare e sensipossono della normativa vigente nel Granducato Lussemburgo. La significa SICAV emette, effettuanon conversioni di azioni di diverse quotate sulla Lussemburgo.aLacapitale societàvariabile di gestione dellad’investissement SICAV è Threadneedle Management Luxembourg S.A, che essere influenzati dalle fluttuazionididei cambi. Questo che un rimborsa investitoreedpotrebbe recuperare l’importo investito.classi, Threadneedle (Lux) Borsa è una Valori societàdid’investimento (Société à capital variable, o “SICAV”) costituita ai si avvale della consulenza Threadneedle Asset Management Ltd. e/o di altriemette, sub-consulenti SICAV è registratain presente materiale realizzato puramenteLainformativi non costituisce un’offerta o una sollecitazione alla che vendita sensi della normativadivigente nel Granducato di Lussemburgo. La SICAV rimborsaselezionati. ed effettua La conversioni di azioni di Italia. diverseIl classi, quotate sulla èBorsa Valoriadiscopi Lussemburgo. società di egestione della SICAV è Threadneedle Managementall’acquisto Luxembourgo S.A, si di qualsivoglia titolo o altro strumento finanziario, alla fornituraLtd. di servizi o consulenza in materia di investimenti. invitano gliItalia. investitori a leggere il Prospetto informativo di investire. Le sottoscrizioni di unun’offerta Fondo possono essere effettuate unicamente base avvale della consulenza di Threadneedle AssetnéManagement e/o di altri sub-consulenti selezionati. La SICAV èSiregistratain Il presente materiale è realizzato a scopi prima puramente informativi e non costituisce o una sollecitazione all’acquisto o alla sulla vendita di del Prospetto informativo e del Documento contenente le informazioni chiave per gli investitori più recenti, nonché delle ultime relazioni annuali o semestrali, che sono disponibili gratuitamente su richiesta, e dei termini e delle condizioni applicabili. Per ulteriori informazioni qualsivoglia titolo o altro strumento finanziario, né alla fornitura di servizi o consulenza in materia di investimenti. Si invitano gli investitori a leggere il Prospetto informativo prima di investire. Le sottoscrizioni di un Fondo possono essere effettuate unicamente sulla base del sui rischiProspetto associatiinformativo agli investimenti in qualsiasicontenente fondo e in le particolare nel chiave presente si rimanda alla sezione “Fattori di rischio” del Prospetto Threadneedle Management Luxembourg S.A. Registrata presso il Registre de Commerce Societes (Lussemburgo), e del Documento informazioni perFondo, gli investitori più recenti, nonché delle ultime relazioni annuali oinformativo. semestrali, che sono disponibili gratuitamente su richiesta, e dei termini e delle condizioni applicabili. et Perdes ulteriori informazioni sui numero iscrizioneagli B 110242 44,inrue de la Vallée, Lussemburgo, Granducato Lussemburgo. Columbia Threadneedle Investments è il marchioThreadneedle globale di gruppo delle società Columbia Threadneedle. 07.17(Lussemburgo), | J26786_Private rischidiassociati investimenti qualsiasi fondo L-2661 e in particolare nel presente Fondo, di si rimanda alla sezione “Fattori di rischio” del Prospetto informativo. Management Luxembourg S.A.eRegistrata pressocolumbiathreadneedle.it il Registre de Commerce et des Societes numero di iscrizione B 110242 44, rue de la Vallée, L-2661 Lussemburgo, Granducato di Lussemburgo. Columbia Threadneedle Investments è il marchio globale di gruppo delle società Columbia e Threadneedle. columbiathreadneedle.it 07.17 | J26786_Private

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LeaderBoard 22 LA TOP TEN DEI MILIARDARI USA

24 IL PREZZO DELLA BELLA VITA

25 CHIEDI ALLA APP SE SEI FELICE

26 LA FERRARI DEI CIELI

27 IL CENTENARIO DI UN MITO DA POLSO

VRENCSAN SZABOLCS / SHUTTERSTOCK.COM

19 GLI ANELLI DI FIDANZAMENTO PIÙ COSTOSI DELLA STORIA

AMORE DI LUSSO

GLI ANELLI DI FIDANZAMENTO PIÙ COSTOSI DELLA STORIA Imbattuto, finora, il record del tycoon australiano James Packer, che ai tempi della loro love story ha omaggiato la cantante Mariah Carey con un dono da mettere al dito del valore di 10 milioni di dollari. Ecco i 12 top DI CHIARA DALLA TAMASINA

I

n principio fu l’Arciduca Massimiliano I° d’Asburgo, che donò a Maria di Borgogna un anello d’oro sovrastato da un brillante. Era il 1477, e l’imperatore austriaco certo non poteva immaginare che, con quel gesto, avrebbe dato vita a una tradizione che sarebbe sopravvissuta per i secoli a venire. L’anello di fidanzamento rappresen-

ta, nella storia, un impegno tra due persone, che dovrebbe condurle in un tempo ragionevole verso il matrimonio. E anche se per alcune di loro non c’è stato il lieto fine, c’è chi, nel donare questo gioiello così simbolico e importante, non ha proprio badato a spese.. Presentiamo le loro storie nelle pagine successive. GENNAIO, 2018 FORBES | 21


LeaderBoard FIDANZAMENTI

2

Mia cara, ti metto 10 milioni al dito

4

Paris Latsis a Paris Hilton

(8,8 milioni di dollari)

Al secondo posto c’è l’anello di fidanzamento che Richard Burton donò a Elizabeth Taylor (che sposò due volte, nel 1964 e nel 1975). Si tratta del famoso “The Elizabeth Taylor Diamond”, un diamante Krupp (appartenuto a Vera Krupp, seconda moglie dell’industriale Alfred Krupp), dalla trasparenza eccezionale con taglio smeraldo da 33,19 carati, uno dei più puri al mondo. Burton lo comprò nel 1968 per 300 mila dollari, ed è stato poi venduto all’asta da Christie’s nel dicembre 2011 a un collezionista asiatico, rimasto anonimo, per 8,8 milioni di dollari.

1

DI FEATUREFLASH PHOTO AGENCY

3 James Packer a Mariah Carey

(10 milioni di dollari)

Jay-Z a Beyoncé

(>5 milioni di dollari) La famosa designer di gioielli Lorraine Schwartz ha invece creato l’anello che Jay-Z ha regalato all’allora fidanzata Beyoncé, sposata poi nel 2008: un diamante taglio smeraldo da 18 carati del valore di 5 milioni di dollari, certificato come una pietra purissima. La coppia, nonostante qualche infedeltà di lui, è ancora insieme e i due sono genitori di tre figli.

22 | FORBES GENNAIO, 2018

Anche se il fidanzamento non si è concluso con il matrimonio e i due hanno preso strade diverse, il tycoon australiano James Packer detiene il primato per l’anello di fidanzamento più costoso della storia: il magnate ha donato a Mariah Carey un diamante taglio smeraldo di 35 carati, realizzato dal designer Wilfredo Rosado: la preziosissima pietra è affiancata da due diamanti baguette affusolati e incastonati nel platino. Quando i due si sono lasciati, nel 2016, la cantante si è tenuta il gioiello (che indossa tuttora).

Non ha portato fortuna, invece, il diamante che Paris Latsis, erede di una famiglia di armatori greca, regalò a Paris Hilton nel 2005: la relazione durò appena sei mesi, ma lui fece in tempo a donarle un diamante taglio smeraldo montato su una fascia in oro bianco 24 carati, del valore di 4,7 milioni di dollari. Il gioiello era così ingombrante che la modella americana si lamentava perché le “feriva le dita”. Chiuso il fidanzamento, la Hilton l’ha messo all’asta per raccogliere fondi per le vittime dell’uragano Katrina.

5 Kanye West a Kim Kardashian

(4,5 milioni di dollari)

Kanye West, quando ha chiesto a Kim Kardashian di sposarlo, nel 2013, le ha donato un anello del valore di 3 milioni di dollari. Ma il celebre rapper si è superato pochi anni dopo, quando ha regalato all’ormai moglie, nel settembre 2016, un rarissimo diamante taglio smeraldo da 20 carati, creato dalla nota designer Lorraine Schwartz. Il valore del gioiello valeva 4,5 milioni di dollari: si parla al passato, perché il prezioso monile è stato rubato alla It Girl durante una rapina che ha subito in un hotel a Parigi il 3 ottobre del 2016.

DFREE / SHUTTERSTOCK.COM

Richard Burton a Elizabeth Taylor

(4,7 milioni di dollari)


9

Aristotele Onassis a Jaqueline Kenney

(4,06 milioni di dollari)

Marc Anthony a Jennifer Lopez

(4 milioni di dollari)

Il cantante Marc Anthony, quando ha chiesto in moglie Jennifer Lopez in modo plateale, ha sborsato 4 milioni di dollari per un anello con un diamante blu da 8,5 carati, molto raro, realizzato dal gioielliere delle star Neil Lane. Il matrimonio, però, è finito dopo sette anni: la cantante americana, ai tempi della loro separazione, aveva detto di voler mettere all’asta tutti i gioielli ricevuti in dono dall’ex.

7 Kobe Bryant a Vanessa Laine

(4 milioni di dollari)

Il cestista dell’NBA Kobe Bryant, per chiedere scusa alla moglie Vanessa dopo uno scandalo sessuale che l’ha visto coinvolto, le ha donato nel 2003 un anello con un raro diamante viola da 8 carati, del valore di 4 milioni di dollari. Il gesto non è stato vano: la coppia oggi è ancora unita e, nel dicembre 2016, i due hanno avuto la terza figlia. Non si tratta propriamente di un anello di fidanzamento, ma i due hanno celebrato, con questo gioiello così prezioso, un “nuovo inizio” della loro relazione dopo la crisi.

8

10

Michael Douglas a Catherine Zeta Jones

(2,5 milioni di dollari)

Michael Douglas, per la fatidica proposta alla sua Catherine Zeta Jones, nel 2000, ha scelto invece un anello vintage del 1920, formato da un enorme diamante taglio marquise da 10 carati centrale, fissato orizzontalmente e circondato da una serie di 28 diamanti più piccoli. Il tutto per un valore di 2,5 milioni di dollari. La coppia, tra alti e bassi, è ancora unita.

10

WIN MCNAMEE/GETTY IMAGES

OVIDIU HRUBARU / SHUTTERSTOCK.COM

Ranieri III di Monaco donò a Grace Kelly nel 1956 un anello Cartier con un diamante taglio smeraldo da 10,47 carati, incastonato tra due diamanti leggermente più piccoli con taglio baguette su una montatura in platino, per un valore di 4,06 milioni di dollari. L’attrice non se ne separava mai, tanto da averlo indossato anche durante tutte le riprese del suo ultimo film, Alta società, con Bing Crosby e Frank Sinatra.

7

JOE SEER / SHUTTERSTOCK.COM

Ranieri III di Monaco a Grace Kelly

Donald Trump a Melania Knauss

(3 milioni di dollari)

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump nell’aprile del 2004 ha chiesto la mano dell’attuale moglie, Melania Knauss, porgendole un anello con diamante taglio smeraldo da 15 carati, opera del famoso gioielliere britannico Laurence Graff, del valore di 3 milioni di dollari. Il politico e la moglie sono tuttora sposati e hanno un figlio, Barron William, nato nel 2006.

CLIVE BRUNSKILL/GETTY IMAGES

6

S_BUKLEY / SHUTTERSTOCK.COM

(2,6 milioni di dollari)

Un’icona di stile come Jacqueline Kennedy non poteva ricevere un gioiello qualunque. E l’armatore greco Aristotele Onassis, suo secondo marito, lo sapeva bene: come anello di fidanzamento le donò il diamante taglio marquise Lesoto III da 40,42 carati. Il loro matrimonio non fu dei più felici e Jackie indossò l’anello solo due volte: il monile venne presto messo in custodia nel caveau di una banca di New York e poi venduto all’asta nel 1996 per 2,6 milioni di dollari.

Enrique Iglesias ad Anna Kournikova

(2,5 milioni di dollari)

Il cantante Enrique Iglesias non ha ancora sposato la compagna Anna Kournikova, ex tennista russa ora votata al mondo della moda. Però, per dimostrarle il suo amore (i due stanno insieme da 16 anni), nel 2010 le ha donato un anello impreziosito da un diamante rosa taglio a goccia di 11 carati, del valore di 2,5 milioni di dollari. GENNAIO, 2018 FORBES | 23


FORBES 400

I ricchi sono sempre più ricchi. I patrimonio personale minimo richiesto per entrare nel nostro ranking annuale degli americani più facoltosi ha raggiunto la cifra record di 2 miliardi di dollari. Il loro patrimonio medio è di 6,7 miliardi e in totale questi magnati hanno 2.700 miliardi, più del Pil del Regno Unito. Ecco i primi 10 della classifica Forbes 400

1. Bill Gates

2. Jeff Bezos

ETÀ: 62 VIVE A: MEDINA, WASH.

FONTE: AMAZON ETÀ: 53 VIVE A: SEATTLE

$89 MILIARDI  SELF-MADE SCORE: * STUDI INTERROTTI PRESSO L’UNIVERSITÀ DI HARVARD

Il più famoso studente che ha lasciato Harvard è stato un autodidatta fin dalla tenera età. Quand’era bambino, si è letto tutta l’enciclopedia. Ha scritto il suo primo programma per computer – un gioco di tris – a 13 anni. In terza media ha hackerato un terminale della scuola per dare agli studenti più ore di programmazione; è stato scoperto e gli hanno proibito di usare i computer fino alla fine dell’anno. Gates era entrato ad Harvard con l’intenzione di diventare un avvocato ma a 19 anni ha rinunciato agli studi per fondare Microsoft con il suo compagno di college Paul Allen (numero 22 della lista Forbes 400). Quarantadue anni dopo è diventato il più grande produttore di software di sempre, con ricavi per 90 miliardi di dollari. Gates siede ancora nel consiglio d’amministrazione ed è proprietario dell’1,3% delle azioni. Ma da quando ha abbandonato il suo ruolo di presidente di Microsoft, nel 2008, si è concentrato sulla Bill & Melinda Gates Foundation, la più grande organizzazione benefica del pianeta, che sta lavorando per cancellare la poliomelite e migliorare i tassi di vaccinazione infantile nei paesi in via di sviluppo. A settembre lui e sua moglie Melinda hanno parlato all’Assemblea generale delle Nazioni unite per celebrare i progressi fatti e spronare i leader mondiali a continuare ad adoperarsi per porre fine alla povertà estrema e alla disuguaglianza.

$81.5 MILIARDI  SELF-MADE SCORE: * LAUREA PRESSO L’UNIVERSITÀ DI PRINCETON NELL’86

Per quattro ore lo scorso luglio, quando le azioni di Amazon hanno fatto segnare un picco mai visto prima, il fondatore e presidente di Amazon è stato l’uomo più ricco del mondo. È un titolo che probabilmente si riprenderà, viste le sue ambizioni. Bezos, la cui fortuna è incrementata di 14,5 miliardi di dollari dallo scorso ottobre, ha avuto un’annata impegnata: ad agosto ha chiuso l’acquisizione da 13,7 miliardi di dollari di Whole Foods Market (finora la sua maggior compravendita), lanciando un’ulteriore sfida ai commercianti tradizionali. A settembre Amazon, basata a Seattle, ha annunciato di stare individuando un secondo quartier generale nordamericano. Il montepremi offerto di 50mila posti di lavoro ben pagati ha innescato un’istantanea asta al rilancio fra città che passavano da Baltimora a Toronto. A una conferenza astronomica di aprile, l’eterno fanatico dello spazio inesplorato ha rivelato di aver venduto un miliardo di dollari delle sue azioni di Amazon ogni anno per finanziare Blue Origin, un’azienda produttrice di razzi. Dopo aver studiato ingegneria elettronica e informatica a Princeton, Bezos ha lavorato all’hedge fund D.E. Shaw, ma l’ha lasciato poco dopo aver compiuto trent’anni per iniziare a vendere libri online dal suo garage di Seattle.

I titoli di studio della lista Forbes 400, quando disponibili, indicano il titolo più alto ottenuto o ricercato. 24 | FORBES GENNAIO, 2018

$78 MILIARDI  SELF-MADE SCORE: * FONTE: BERKSHIRE HATHAWAY ETÀ: 87 VIVE A: OMAHA

LAUREA PRESSO LA COLUMBIA UNIVERSITY NEL ’51

Uno dei più grandi investitori di tutti i tempi, l’Oracolo di Omaha, non è riuscito a entrare alla Harvard Business School. Buffett – che ha trascorso due anni alla Penn prima di trasferirsi all’Università del Nebraska – ha fatto un viaggio di dieci ore verso Chicago per un colloquio che gli avrebbe permesso di entrare alla Hbs. Ma l’hanno scartato dopo dieci minuti. Allora ha studiato alla Columbia con Ben Graham, il pioniere della filosofia del value investing, quella che ha arricchito Buffett. La sua Berkshire Hathaway è proprietaria di Geico, Dairy Queen e Fruit of the Loom e ha grosse percentuali in Coca-Cola, Kraft Heinz e Wells Fargo. Inondato di soldi, ha ottobre ha messo a punto un accordo con cui Berkshire ha comprato una quota del 39% di Pilot Flying J., l’operatore di aree di servizio di proprietà di Jimmy Haslam (n. 206) e la sua famiglia. Le azioni di Berkshire sono salite del 25% nell’ultimo anno, aggiungendo 12,5 miliardi di dollari alla fortuna di Buffett; è più ricco che mai, pur avendo donato 3,2 miliardi di dollari in beneficenza la scorsa estate.

4. Mark Zuckerberg

$71 BILLION  SELF-MADE SCORE: * FONTE: FACEBOOK ETÀ: 33 VIVE A: PALO ALTO, CALIF.

STUDI INTERROTTI PRESSO L’UNIVERSITÀ DI HARVARD

Più di un quarto della popolazione mondiale è sulla piattaforma social che Zuckerberg ha co-fondato nella sua stanza del dormitorio a 19 anni. Oggi, nel bel mezzo di un’epidemia di fake news la cui diffusione è facilitata da Facebook, sta iniziando a vedersela col potere che scaturisce da questo raggio d’azione. “Abbiamo pensato alla nostra responsabilità verso il mondo e a cosa dobbiamo fare”, ha recentemente detto Zuckerberg a Forbes. Al di fuori di Facebook, lui e sua moglie Priscilla Chan si dedicano alla Chan Zuckerberg Initiative, l’ente che hanno battezzato dopo aver promesso di dare in beneficenza il 99% delle loro azioni di Facebook nel corso della loro vita. La coppia ha stanziato 600 milioni di dollari per il Chan Zuckerberg BioHub, un centro di ricerca con l’eroico obiettivo di prevenire o curare tutte le malattie entro la fine del secolo.

ILLUSTRAZIONI DI LARS LEETARU FOR FORBES

LA TOP TEN DEI MILIARDARI USA

3. Warren Buffett


5. Larry Ellison

6. David Koch

9. Larry Page

FONTE: ORACLE ETÀ: 73 VIVE A: WOODSIDE, CALIF.

FONTE: DIVERSIFIED ETÀ: 77 VIVE A: NEW YORK CITY

FONTE: GOOGLE ETÀ: 44 VIVE A: PALO ALTO, CALIF.

Crescendo, Ellison sognava di frequentare la scuola di medicina, ma non gli è affatto piaciuta l’esperienza del corso propedeutico alla University of Illinois. “Non riuscivo a convincermi a studiare una cosa che non mi interessava”, ha dichiarato nel 2016 durante il suo discorso ai diplomati della University of Southern California. Si è ritirato al secondo anno dopo che la madre morì nella settimana degli esami di fine anno. Ellison poi ha studiato un po’ di fisica alla University of Chicago, dove ha iniziato a familiarizzare con la programmazione informatica. A 21 anni si è nuovamente ritirato dagli studi, ha gettato la sua giacca di pelle e la sua chitarra in macchina e se n’è andato a Berkeley. Qui si è unito al Sierra Club ed è diventato una guida fluviale e un insegnante di arrampicata, lavorando part-time come programmatore per coprirsi le spese. Ha lavorato in diverse imprese della Silicon Valley, ma dice di non averle mai apprezzate quanto l’andare in barca. Voleva essere il capo di se stesso e ha fondato il colosso dei database software Oracle nel 1977. Ha dato le dimissioni da suo amministratore delegato nel 2014 ma ne è ancora il presidente. Le azioni di Oracle sono salite del 25% lo scorso anno, aggiungendo 9,7 miliardi di dollari alla fortuna di Ellison.

6. Charles Koch

M.B.A. PRESSO L’UNIVERSITÀ DI HARVARD NEL ’66

$59 MILIARDI  SELF-MADE SCORE: ( STUDI INTERROTTI PRESSO L’UNIVERSITÀ DI CHICAGO

$48.5 MILIARDI  SELF-MADE SCORE: % FONTE: DIVERSIFIED ETÀ: 82 VIVE A: WICHITA, KANS. LAUREA PRESSO IL MIT NEL ’59

Koch ha ottenuto le lauree in ingegneria chimica e nucleare al Mit, dov’era membro della confraternita Beta Theta Pi. Ha preso la guida delle Koch Industries, attualmente la seconda compagnia privata più grande del paese, dopo la morte del padre, Fred, nel 1967. Charles le ha trasformate in un conglomerato pigliatutto con interessi nei prodotti di consumo (la carta da cucina Brawny, i bicchieri di carta Dixie), nel tessile e nel manufatturiero, in parte reinvestendo regolarmente attorno al 90% dei profitti. Il benefattore repubblicano di vecchia data è il cofondatore di un network che ha speso centinaia di milioni di dollari per indirizzare i risultati delle elezioni. EREDITÀ VS. SELF-MADE MEN ! @ # $ % ^ & * ( )

$48.5 MILIARDI  SELF-MADE SCORE: %

$44.6 MILIARDI  SELF-MADE SCORE: *

LAUREA PRESSO IL MIT NEL ’63

LAUREA PRESSO L’UNIVERSITÀ DI STANFORD NEL ’98

Prima di aiutare a mandare avanti la baracca alle Koch Industries, Koch era una star del basket universitario e correva su e giù per i campi di gioco. L’ingegnere chimico era capitano della squadra di basket del Mit e si è laureato da realizzatore più prolifico della storia dell’università. Oggi vicepresidente esecutivo del conglomerato da 100 miliardi di dollari della sua famiglia, Koch, sopravvissuto al cancro alla prostata, è diventato uno dei più grandi benefattori del Mit, dato che ha donato 180 milioni a un centro di ricerca sul cancro e a un asilo nido, e finanziato la posizione di head coach della squadra di pallacanestro. Non è timido riguardo alle sue elargizioni. Il suo nome appare su diverse istituzioni di Manhattan, tra le quali il teatro di balletto del Lincoln Center e una piazza antistante il Metropolitan Museum of Art. Ha donato 77 milioni di dollari nel 2016: ora il totale delle sue contribuzioni ha raggiunto quota 1,3 miliardi di dollari.

Figlio di un professore di informatica, Page ha avuto il suo primo computer a 5 anni. Si è specializzato in ingegneria alla University of Michigan, poi ha iniziato un dottorato in informatica a Stanford. Si è laureato alla specialistica ma non ha mai terminato il dottorato, ritirandosi nel 1998 per costruire Google col compagno di studi Sergey Brin. Page è stato amministratore delegato di Google fino al 2001, e poi di nuovo dal 2011 al 2015. Quando Google si è reorganizzato, Page è diventato ad della sua nuova parent company, Alphabet. La sua unità di sviluppo di automobili senza pilota, Waymo, è invischiata in una causa legale col gigante della corsa a chiamata Uber (in cui ha investito il braccio di venture capital di Alphabet) per questioni di brevetti violati e segreti commerciali. Quando Page è stato sentito come testimone a luglio, ha attirato le attenzioni per ciò che è sembrata una mancanza di conoscenza di dettagli di rilievo, ad esempio quando Google ha investito in Uber.

8. Michael Bloomberg

10. Sergey Brin

$46.8 BILLION  SELF-MADE SCORE: *

$43.4 BILLION  SELF-MADE SCORE: (

FONTE: BLOOMBERG LP ETÀ: 75 VIVE A: NEW YORK CITY

L’ex sindaco di New York, che ha accarezzato l’idea di correre per la presidenza, sta influenza la politica col suo portafogli. Dopo la sparatoria di Las Vegas di ottobre, Bloomberg ha annunciato su Twitter che avrebbe corrisposto donazioni al suo gruppo dedicato al controllo della proliferazione delle armi, Everytown for Gun Safety. A settembre del 2016 ha promesso 300 milioni di dollari alla Johns Hopkins per un programma sanitario; ha ottenuto la sua laurea triennale in quella università, dov’era uno studente mediocre e presidente della confraternita Phi Kappa Psi, oltre che capo classe e autoproclamato “Big Man on Campus”. Dopo essere stato licenziato dalla Salomon Brothers, nel 1981, ha cofondato l’azienda di dati finanziari Bloomberg LP. Il business dei terminali nel 2016 è stato colpito dai licenziamenti nelle sue società clienti.

VARIAZIONI DELLA LISTA:  SU  GIÙ  INVARIATO  NUOVA ENTRATA  RITORNO

FONTE: GOOGLE ETÀ: 44 VIVE A: LOS ALTOS, CALIF.

LAUREA PRESSO L’UNIVERSITÀ DI STANFORD NEL ’95

Il più ricco immigrato d’America, il co-fondatore di Google ha pronunciato un commovente discorso proimmigrazione a gennaio, dopo l’annuncio del (primo) “travel ban” di Trump. “Sono venuto qui con la mia famiglia a 6 anni dall’Unione Sovietica, che al tempo era il più grande nemico degli Stati Uniti … e anche allora gli Usa hanno avuto il coraggio di accogliere me e la mia famiglia come rifugiati”, ha detto. Suo padre è diventato un professore di matematica alla University of Mariland, dove Brin ha poi completato la sua laurea triennale in matematica e informatica. Oggi presidente di Alphabet, secondo le stime sta spendendo fino a 150 milioni di dollari per costruire un dirigibile in un hangar dell’Ames Research Center della Nasa. Il velivolo sarà il suo “yacht volante” personale, ma spera di poterlo utilizzare per missioni a scopi umanitari.

HA PROMESSO DI DARE (QUASI) TUTTO IN BENEFICENZA

GENNAIO,2018 FORBES | 25


3000

LeaderBoard

2000

RICCHEZZA TOTALE DEGLI APPARTENENTI ALLA CLASSIFICA FORBES 400

LUXURY

IL PREZZO DELLA BELLA VITA

CLEWI

400

1982 = 100

300

Per gli americani più ricchi, vivere estremamente bene è abbastanza abbordabile Pensate che sia semplice essere un multimiliardario? Beh, sì, probabilmente lo è. E gli americani più ricchi saranno ulteriormente rincuorati dal nostro ultimo Cost of Living Extremely Well Index (Clewi), che mostra come i prezzi al consumo per i beni di altissima gamma siano saliti soltanto dell’1,7% quest’anno, quasi mezzo punto in meno dell’incremento del 2016. Dall’epoca di Reagan, abbiamo tenuto traccia dei costi di questo paniere di 40 prodotti extralusso; è salito ogni anno di una media del 5%, mentre lo U.S. Consumer Price Index nello stesso periodo è salito del 3% l’anno, in media. Qualunque sia il costo di questi affascinanti fronzoli, i più ricchi possono permetterseli. Da quando abbiamo iniziato a tenere traccia del Clewi nel 1982, il patrimonio medio della lista IL FOUR SEASONS Forbes 400 ha sperimentato un incremento del 960%.

due per sei show del sabato sera alla Metropolitan Opera (comprati a New York) $5.520 / –3%

YACHT A VELA: Oyster 595 (U.K.) $2,3 MIL / NA PISTOLE SPORTIVE: Paio di calibro 12 a doppia canna di James Purdey & Sons (New Jersey) $307.160 / 16% PUROSANGUE: Puledro di

un anno media, Keeneland vendita settembre (Kentucky) $550.263 / NA TRENINI ELETTRICI:

Sistema operato da remoto Thomas & Friends Lionel (New York) $230 / 0% SIGARI: 25 Davidoff

Dominican Aniversario Double “R” (New York) $820 / –4% MAGAZINE: Abbonamento

di un anno alla rivista Forbes (New York) $60 / 0%

LA SPA GOLDEN DOOR

zibellino russo, Bloomingdale’s (New York) $265.000 / 0%

VESTITO NERO IN JERSEY: E finiture

con dettaglio web, Gucci (Italia) $1.700 / –6% MOCASSINI:

In pelle con morsetto, Gucci (Italia) $670 / 4% CAMICIE:

Cotone 12 su misura, Turnbull & Asser (Regno Unito.) $8.100 / 0% LA METROPOLITAN OPERA

2010

2017

SERVIZI +2%

LIFTING: Chirurgo plas-

tico esperto (New York) $18.500 / 0% CONCIERGE: Sotto-

scrizione di un anno per servizi personali (New York) $25.000 / NA PSICHIATRI: 45 minuti da

uno specialista dell’Upper East Side (New York) $400 / 7%

matico Jules Audemars, oro rosa a 18 carati, cinturino in coccodrillo, Audemars Piguet (Svizzera) $22.700 / NA

LE JOHN LOBB

AVVOCATI: Quota oraria per programmazione immobiliare di un partner dello studio Schlesinger, Gannon & Lazetera (New York) $995 / 0%

BORSE: Hermès

Clemence Jypsière, pelle di vitello e toro (Francia) $8.500 / 0%

FOOD & DRINK +3% CATERING:

Pasto per 40 persone da Ridgewells (Maryland) $7.907,04 / 0% CAVIALE: Chilo di Petrossian Special Reserve Ossetra (California, New York) $12.500 / 0% CHAMPAGNE: Confezione

di Dom Pérignon 2006 da 750 ml (New York) $1.919,40 / –6% CHATEAUBRIAND: Tre

CENA: Menù assaggio

La Tour d’Argent, esclusivi vino e mance (Francia) $416,50 / 19% LA ROLLS-ROYCE PHANTOM

2005

ale, camera e assicurazione ad Harvard (Massachusetts) $68.739 / 5%

OROLOGI: Orologio auto-

CAPPOTTI: Pelliccia

2000

UNIVERSITÀ: Retta annu-

Patou, 15 millilitri. (Francia) $350 / 0%

FASHION +1%

1995

SCUOLE: Retta annuale e camera nella scuola privata Groton (Massachusetts) $55.700 / 0%

vitello nero con puntale a coda di rondine, fatte su misura, John Lobb (Regno Unito) $5.331.17 / 6%

chili di filetto (New York) $559,86 / 0%

26 | FORBES GENNAIO, 2018

1990

PROFUMI: 1000 di Jean

PIANOFORTE: Versione in ebano del Model D Concert-Grand Steinway (New York) $164.100 / 2%

teras 75 (North Carolina) $5,6 MIL / NA

1985

SIKORSKY S-76D

CASA +3%

SPA: Tariffa settimanale unisex, al Golden Door (Cali­fornia) $8.850 / 0%

FIORI DI STAGIONE: Ab-

bellimenti di sei camere al mese, cambiati settimanalmente (New York) $8.175 / 0%

VIAGGI +/–0% HOTEL: Stanza con un

LENZUOLA: Set Pu-

letto singolo al Four Seasons (periodo non di punta, New York) $4.410 / NA

POSATE IN ARGENTO:

AEROPLANI: Jet privato Learjet 70, Bombardier (Canada) $11,3 MIL / 0%

rity Doppio Ajour in lino queen-size (Italia) $2.100 / 0% Set di cinque pezzi per 12 (Massachusetts) $12.960 / 8% SAUNE: Cabinata in abete

nordico m. 2,4 x 3 x 2,13 (Minnesota) $18.276 / 5%

ELICOTTERO: Deluxe

Executive VIP Sikorsky S-76D (Connecticut) $16,7 MIL / –1% AUTOMOBILI: Rolls-Royce

PISCINE: Olimpionica (California) $1,8 MIL / 3%

Phantom nel 2018 (New Jersey) $530,000 / NA

CAMPI DA TENNIS: In terra

BORSE DA VIAGGIO: Louis

verde har-tru (Connecticut) $55,000 / 0%

Vuitton Keepall Bandoulière 55 (Francia) $1,760 / 0%

METROPOLITAN OPERA CENDRILLION: KEN HOWARD/METROPOLITAN OPERA; ROLLS-ROYCE PHANTOM: GODDARD AUTOMOTIVE/ALAMY; GOLDEN DOOR: JESSICA SAMPLE

OPERA: I biglietti per

YACHT A MOTORE: Hat-

100 1982

SCARPE: Da uomo in

OYSTER 595

200

CPI

DI ANDREA MURPHY

INTRATTENIMENTO E GIOCHI +2%

1000 900 800 700 600 500


LeaderBoard INNOVAZIONE

CHIEDI ALLA APP SE SEI FELICE Gianmarco Guerrini ha sviluppato un sistema di business intelligence premiato dal Politecnico di Milano che sta rivoluzionando i rapporti DI MARCELLO CASTORI di welfare tra datori di lavoro e dipendenti Prima ha inventato la app che misura la felicità dei dipendenti, aggiudicandosi il contest Professionista digitale 2016/17 del Politecnico di Milano. Poi si è spinto più in là, lanciandone sul mercato - con l’approvazione di giuslavoristi e rappresentanti sindacali – una versione che costruisce l’intero ecosistema della soddisfazione aziendale. È così che, nel giro di un anno, il toscano Gianmarco Guerrini ha sviluppato un sistema di business intelligence che sta rivoluzionando i rapporti di welfare tra datori di lavoro e dipendenti. Dopo i primi test su 30 piccole e medie imprese in tutta Italia, entro fine anno verrà rilasciata Gefar App-S, la nuova versione – specifica per le imprese di grandi dimensioni - della app che monitora costantemente lo stato di felicità e soddisfazione dei dipendenti di un’azienda, fornendo un feedback anonimo al datore di lavoro. Tutto nasce a Montevarchi, nell’aretino, quando lo studio di commercialisti Gefar decise di sviluppare un’app per affiancare alle normali informazioni sui di-

pendenti anche il loro stato emotivo di soddisfazione e di felicità al lavoro. Dopo la vittoria al concorso promosso dal Politecnico di Milano per diffondere la cultura dell’innovazione digitale, Guerrini – che ha affiancato alle risorse umane la passione per l’informatica e il design – si è messo al lavoro per rendere operativo il secondo step, che monitora il tenore di vita sul posto di lavoro e supera il sistema di questionari finora utilizzato. I dati, raggruppati per settore, qualifica, livello contrattuale, sesso, età e anzianità lavorativa, vengono rappresentati graficamente e l’indice ottenuto - se negativo - diventa un alert per il responsabile delle risorse umane, il quale, anche se distante, può intervenire per riportare l’equilibrio. Finora, nel 33% dei casi l’utilizzo dell’app di Guerrini ha indicato ai datori di lavoro l’urgenza di interventi, che a loro volta hanno portato a migliorare la produttività: solo per aver sostituito sistemi di monitoraggio obsoleti ogni azienda ha risparmiato quasi 2mila euro al mese. F

Gianmarco Guerrini

Paolo Merialdo

IL PROFESSORE CHE SVELERÀ I SEGRETI DEI PAPI In Codice Ratio, roba da far impazzire Dan Brown. Invece Paolo Merialdo, 52 anni, docente di ingegneria informatica a Roma 3, non ha nessuna voglia di impazzire anche se dovrà vedersela con l’estrazione di dati dai manoscritti custoditi negli 85 chilometri di scaffali dell’Archivio: tutta la corrispondenza tra il Vaticano e i suoi legati nel corso dei secoli; tra i papi e altri sovrani. Questo è lo scopo della ricerca avviata dall’Università di Roma 3 e dall’Archivio vaticano con l’impegno dei dipartimenti di Ingegneria informatica e paleografia che si chiama, appunto, In Codice Ratio. Quello a cui punta Merialdo non è la digitalizzazione dell’archivio, bensì la trascrizione dei documenti.“Digitalizzare un testo significa farne una scansione, una foto. La trascrizione si ottiene con una tecnica per cui si estrapola il testo su cui si possa lavorare per parole chiavi, per ricerca di nomi. Con la sola scansione ciò non è possibile”. Le tecnologie informatiche funzionano su testi stampati ma non su manoscritti medievali, nei quali la scrittura è eterogenea, ricca di simboli, abbreviazioni. “Bisognava costruire un sistema combinato con l’intelligenza artificiale per riconoscere i vari i caratteri dalla fotografia. Per arrivare a questo bisogna addestrare il sistema di intelligenza artificiale, ossia dargli tanti esempi affinché impari a riconoscere le immagini. Nel caso specifico, bisogna dare tanti esempi di come sono fatti o l’intera parola o i singoli caratteri. Ciò richiede molto lavoro”. E così sono stati coinvolti 1200 liceali che addestrano il sistema. Attualmente Merialdo sta lavorando sui documenti dell’intero pontificato (1216-1227) di Onorio III. “Nessuno ha finora trascritto nulla di questi documenti che consistono in 2100 facciate. Lo stesso tipo di scrittura è stato usato per oltre 100 anni per i successivi pontificati, per circa 20mila facciate”. MARIA MEZZETTI

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LeaderBoard VOLARE

LA FERRARI DEI CIELI Due trentenni pugliesi, Angelo Petrosillo e Luciano Belviso, hanno fondato Blackshape, azienda che produce aerei ultraleggeri. Bellissimi, veloci e performanti. Anche i prezzi sono da alta quota DI ELISA VENCO “La nostra fortuna è stata quella di non essere già imprenditori o figli di imprenditori del settore. Perché ci ha consentito di pensare fuori dagli schemi e di applicare ai nostri prodotti una logica per altri inconcepibile, con il risultato di decuplicare il fatturato in cinque anni. Ed entro il 2020, con la nuova Holding Angel, puntiamo a diventare il principale gruppo tecnologico privato in Italia”. Angelo Petrosillo, 35 anni, è l’ad per le vendite di Blackshape, l’azienda aereonautica che ha fondato nel 2009 insieme a Luciano Belviso, 34, a Monopoli (Ba). La conoscenza tra i due, nata durante gli studi al liceo, è stata cementata dal desiderio comune di ritornare in Puglia. E l’occasione per realizzarlo è venuta da un bando regionale da 25mila euro, “che ci siamo aggiudicati per produrre mobili di design in fibra di carbonio” ricorda Petrosillo. L’anno successivo, con un altro bando, da 350mila euro, Blackshape ha inaugurato la produzione di aerei ultraleggeri realizzati nello stesso materiale, sfruttando la competenza di Luciano come ingegnere aeronautico e l’ingresso nel capitale della Holding Angel di Vito Pertosa. “Mi è difficile quantificare il talento o l’intuito, ma posso stimare la determinazione che nel nostro progetto è stata prevalente” dichiara Petrosillo. “Il fatto è che noi abbiamo applicato ai nostri velivoli lo stesso processo produttivo degli aerei più grandi: una scelta considerata un’eresia dagli addetti ai lavori, perché molto più costosa e complessa. In effetti noi costiamo il doppio dei nostri competitor, ma siamo più performanti, più leggeri e abbiamo una maggiore resistenza strutturale. Non a caso ci hanno definito 28 | FORBES GENNAIO, 2018

Aviation Safety Agency) e dunque destinato all’addestramento dei piloti e non solo al diporto. Anche qui “il costo di acquisto è più elevato dei rivali, ma quello operativo è inferiore. E poi il nostro aereo, oltre a esAngelo Petrosillo e sere il più veloce e perLuciano Belviso, formante del mondo fondatori di Blackshape. nella sua categoria, è bellissimo” concede Petrosillo, con una punta di fierezza. A Gabriel, di cui nel 2018 saranno consegnati i primi 15 esemplari, (34 velivoli in tutto con l’ultraleggero Prime) succederanno due nuovi modelli previsti per il 2019 e 2020, quando sarà ultimato il nuovo stabilimento: 14 mila metri quadrati vicino all’aeroporto di Bari, “perché nell’epoca del digitale per vendere ovunque non c’è bisogno di andarsene dall’Italia. Bastano un sito, un ottimo prodotto e un buon inglese” asserisce Petrosillo. F

“la Ferrari dei cieli”. L’unicità di Blaskshape è stata ribadita lo scorso aprile in Germania, quando è stato presentato Gabriel, biposto certificato dalla Easa (European

Cubetto, il robot di legno che piace a Randy Zuckerberg L’elogio del magazine Time, Il premio Red Dot Design Award a Singapore, il Leone nella categoria Product Design al Festival Internazionale della Creatività di Cannes, l’esposizione al MOMA di New York e al MIT nel Massachussets. Sono i consensi ottenuti negli ultimi due anni da Cubetto, un robot di legno senza schermo, con una consolle forata e una manciata di tessere colorate, pensato per introdurre alla programmazione informatica i bambini dai 3 ai 6 anni. Lo ha ideato il ventinovenne bergamasco Filippo Yacob, avvocato per studi e informatico autodidatta per passione, quando ha scoperto che stava per diventare padre. “Nel 2013 mi sono chiesto cosa avrebbe dovuto imparare mio figlio per crescere all’altezza di un mondo digitale. Lui, come molti suoi coetanei, è praticamente nato con l’iPad in mano. Cominciare a programmare in età prescolare è una necessità che nessun genitore o docente può ignorare”, ha spiegato Yacob, la cui società, Primo, ha sedi a Londra, Seoul e Tokyo. Lo scorso aprile Cubetto ha raccolto 1,6 milioni di dollari sulla piattaforma di crowfunding Kickstarter e ottenuto il sostegno (anche finanziario, per una cifra non rivelata) di Randy Zuckerberg, la sorella del fondatore di Facebook. Nel frattempo Yacob, in considerazione del mercato mondiale dei giochi intelligenti (stimato in 36 miliardi di euro nel solo 2019), prepara le prossime mosse: occorre capire “che cosa sarà rilevante tra qualche anno, come l’intelligenza artificiale, o la crittografia, per rimanere leader dell’innovazione del settore”.


LeaderBoard DINASTIE DEL LUSSO

IL CENTENARIO DI UN MITO DA POLSO Come suggerisce il suo stesso nome, il Tank di Cartier è inarrestabile. L’elegante orologio unisex, che quest’autunno festeggia il suo centenario, è stato il preferito di star del cinema (Clark Gable e Fred Astaire), First lady (Jackie Kennedy e Michelle Obama) e anche della famiglia reale (la principessa Diana). Andy Warhol era il fiero possessore di un Tank, ma non lo usava per ciò che era stato costruito. “Non lo indosso per sapere che ore sono”, disse una volta l’inventore del concetto dei 15 minuti di celebrità. “A dirla tutta non gli do mai la carica. Ho un Tank perché è l’orologio da avere”.

BY MICHAEL SOLOMON THREE LIONS/GETTY IMAGES; THE ANDY WARHOL FOUNDATION FOR THE VISUAL ARTS, INC.; WORLD HISTORY ARCHIVE/ALAMY; TIM GRAHAM/GETTY IMAGES; JOYCE N. BOGHOSIAN/GETTY IMAGES; DAVID CAIRNS/EXPRESS/GETTY IMAGES

1917 Secondo la compagnia Iore, il Tank è stato disegnato da Louis Cartier, il nipote del fondatore, che ha preso ispirazione dal cingolo di un modello di carro armato leggero, il Renault FT-17, uno degli eroi meccanici della Grande guerra. Più probabilmente, il design è il risultato di un elegante aggiornamento dell’orologio quadrato Cartier Santos. Ma la connessione militare è risultata essere un’ottima mossa di marketing: il primo Cartier Tank è stato presentato nel 1918 come “orologio della vittoria” al generale americano John Pershing.

1921 Cartier ha preso tutti alla sprovvista presentando la prima variazione del Normale: il Tank Cintrée, un orologio allungato con una casa ricurva che circonda il polso. Dal momento che ogni nuovo Cintrée è stato prodotto in edizione limitata, è rimasto uno degli orologi del Ventesimo secolo più ambiti dai collezionisti, venduto regolarmente a cifre comprese tra 25mila e 50mila dollari, che arrivano fino a 250mila per le versioni rare in platino.

1919 L’orologio, coi suoi numeri romani, i marker dei minuti a forma di binari ferroviari e la caratteristica corona di zaffiro cabochon, è stato messo in vendita a Parigi. Nel 1920 ne sono stati venduti sei, con un nuovo nome: Tank Normale. .

1976 Più di un decennio dopo la vendita dell’azienda da parte della famiglia Cartier, i nuovi proprietari hanno creato una linea meno costosa, Les Must de Cartier. Nel 1976 ha debuttato il Cartier Must de Tank, con un quadrante laccato e colorato. L’orologio al quarzo placcato in oro, in vendita a circa 150 dollari, ha appannato il prestigio del brand, ma le vendite sono state straordinarie. Rimane un pezzo da collezione, in vendita a più di mille dollari.

1926 TL’orologio ha fatto il suo debutto cinematografico quando Rodolfo Valentino ha insistito nel volerlo indossare durante le riprese del suo ultimo film, Il figlio dello sceicco. Consideratelo un anacronismo, o una prova del fatto che il Tank è senza tempo.. 1963 La First lady Jackie Kennedy ha avuto in dono un Tank Ordinaire del 1962 da parte del cognato, il principe Stanisław “Stash” Radziwiłł. A giugno del 2017 l’orologio ha segnato il record del più costoso Cartier mai battuto a un’asta, dopo essere stato venduto a Kim Kardashian per 379.500 dollari.

1996 Dopo aver prodotto, nel 1989, il Tank Américaine, un cugino ricurvo del Cintrée, Cartier ha introdotto il più sportivo Tank Française, con un braccialetto in rete metallica. La principessa Diana dopo il divorzio è stata spesso fotografata con una versione in oro dell’orologio, e Michelle Obama nel suo ritratto ufficiale da First lady nel 2009 indossa un Tank Française in acciaio inossidabile. 2012 Cartier ha aggiunto un posto a tavola col in Tank Anglaise. Una variazione sul tema del Française, l’Anglaise è uscito in tre diversi tipi di oro e racchiude la corona nei brancard, gli alloggiamenti verticali posti ai lati dell’orologio. Un promemoria del fatto che un carro armato, un Tank, deve sempre proteggere.

2017 Per il centenario dell’orologio, Cartier ha introdotto un battaglione di nuovi Tank nelle loro vesti più iconiche, compresi un Tank Américaine finalmente disponibile in acciaio inox (a partire da 5.750 dollari); un tributo all’uomo che ne ha messo insieme gli ingranaggi, il Tank Louis Cartier (9750 dollari in su); e versioni ridotte all’osso del Tank Cintrée, in edizioni limitate a 100 – e che altro? – esemplari. GENNAIO, 2018 FORBES | 29


MADE IN EATALY Oscar Farinetti è riuscito a portare nel mondo i prodotti alimentari italiani di qualità. E dire che tutto cominciò con le lavatrici. Oggi guida un gruppo con oltre 500 milioni di fatturato e 5 mila dipendenti. Ha recentemente lanciato FICO ma ha già chiaro quali saranno i nuovi business del futuro DI ALESSANDRO ROSSI FOTO DI OLIVIERO TOSCANI 30 | FORBES GENNAIO, 2018


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ITALIAN FOOD

er entrare a FICO (Fabbrica Italiana COntadina) bisogna idealmente bucare un muro di mele Melinda. Una parete con le porte in mezzo che emana un odore forte e dolce. Invece niente mele, la filosofia di Oscar Farinetti si basa su una pesca. “Quando inizio un nuovo progetto, disegno sempre una pesca”, racconta Oscar. “La pesca è fatta di tre elementi: il nocciolo, la polpa e la pelle. Il progetto parte dal centro, dal nocciolo, che costituisce il mio target poetico: per esempio, la possibilità di offrire cibi di grande qualità per tutti. E poi c’è la pelle che per me è il trade marketing, cioè le azioni da fare per far conoscere il progetto; nella polpa ci sono le idee, le esperienze che vuoi far vivere ai tuoi clienti”. Una teoria che Farinetti va a spiegare in convegni e università di mezzo mondo. Mele o pesche poco importa. Oggi è un uomo ricco e felice. Guida una delle più importanti imprese italiane conosciute nel mondo, vive a Novello, piccolo centro piemontese di mille abitanti nel Comune di Barolo, ha tre figli avuti dalla moglie Graziella Defilé, che lavorano con lui: Francesco 37 anni, Nicola 33 e Andrea, 27. Nel suo FICO, il padiglione delle meraviglie di Bologna, una specie di Disneyland del food, danza come una libellula da uno stand all’altro. Oscar si tuffa tra formaggio e insaccati come Zio Paperone si tuffa nel denaro del suo deposito. E parla, racconta, cita, indica, saluta, stringe mani, prende complimenti a raffica, si concede volentieri a selfie e strette di mano. Si vede che è un entusiasta, che crede in quello che ha fatto, sa quello che vuole fare e vede quello che farà. Non riesce a fermarsi soprattutto quando spiega il target poetico di Fico: spiegare la terra ai bambini ma non solo la Terra intesa come globo terracqueo ma la terra, quella bassa, quella che l’uomo lavora da milioni di anni per tirare fuori i prodotti per mangiare. E’ soddisfatto quando entra nella stanza del fuoco, dove viene proiettato un video dedicato proprio ai bambini che spiega l’origine e l’importanza di questo plasma primordiale. Si stupisce ogni volta che la fiamma si accende come se anche lui la scoprisse solo allora. Si entusiasma quando passa in rassegna come un generale

le sue truppe migliori, i branchetti di animali sistemati all’esterno del padiglione: mucche, capre, pecore, galline, oche. Tutto ancora per i bambini, per le famiglie che guarda contento sfilare davanti alle bestie. “Li guardo e sono contento: non voglio lo stipendio, non mi importa di guadagnare, mi basterebbe che da Fico uscissero 50 milioni all’anno per far vivere tutto questo senza contributi pubblici. Mi interessa solo far contenti i bambini, spiegare loro l’importanza della terra e dei prodotti di qualità”. E infatti si illumina quando parla della sua nipotina Celeste che gli ha fornito anche lo slogan del filmato sul fuoco: una voce fuori campo chiede cosa per te una cosa buona e una bambina risponde con la parole della nipotina Celeste: “una cosa è buona se quando la mangi sorridi”. Come target poetico non è male poi però bisognerà sapere cosa ne pensa Andrea Guerra, presidente esecutivo di Eataly, la creatura di Farinetti, che deve gestire un gruppo che nel 2016 ha fatturato 470 milioni con quasi 6 mila dipendenti. E ora arriverà l’onda dei proventi di Fico-Eataly Word stimati in 90 milioni per i prossimi tre anni. Già Eataly, tutto è cominciato da lì. Anzi no, tutto è cominciato dalle lavatrici. “Sono nato ad Alba il 24 settembre 1954, in piena vendemmia di un’ottima annata per il Barolo”, scherza Oscar, ma poi neanche tanto. “Anche perché mio padre Paolo era di Barbaresco e mia madre Bianca di Barolo. Cos’altro potevo fare nella vita se non quello che ho fatto? A proposito, mio padre che si chiamava di cognome Farinetti naturalmente cominciò con un pastificio”, chiude il racconto sull’araldica gastronomica. “Mi mancavano sette esami per arrivare alla laurea, quando ho iniziato a lavorare con mio padre, che nel frattempo aveva aperto un supermercato che poi aveva trasformato in un ipermercato. Volle chiamarlo Unieuro perché, da vecchio comandante partigiano, aveva dei valori importanti, a cominciare dall’Europa”, racconta Oscar. “ma per i requisiti per l’ipermercato c’era bisogno di vendere anche gli elettrodomestici. Ma a mio padre non piacevano, lui era per i prodotti alimentari. Così li mise in un reparto piccolissimo, una specie di testmonianza. Io invece che avevo cominciato a lavorare prorio nel reparto

“La pesca è fatta di tre elementi: il nocciolo, la polpa e la pelle. Il nocciolo, è il mio target poetico. Poi c’è la pelle che per me è il trade marketing. Nella polpa ci sono le idee”.

470 milioni di euro

Il fatturato del gruppo registrato nel 2016

520 milioni di euro Stima del fatturato per il 2017

5.000

Il totale dei dipendenti di Eataly

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I punti vendita nel mondo aperti da gennaio 2007 ad oggi

150

Aziende presenti

700 Occupati diretti

100mila metri quadri

Superficie della struttura, come 14 campi da calcio

6 milioni di visitatori

Affluenza stimata all’anno

17mila visitatori

Media stimata mensile

80 milioni di euro

Fatturato annuo atteso entro i prossimi tre anni

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“L’Italia, il paese con la maggiore bio-diversità, con la più grande tradizione alimentare al mondo, non era mai andato all’estero con una grande catena di distribuzione alimentare”.

Nelle foto: Oscar Farinetti ritratto da Oliviero Toscani nel suo Eataly all’ex Smeraldo di Milano.

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elettrodomestici, compresi la loro grande potenzialità alla fine degli anni 70. E’ cominciato tutto da lì. Non tornai più all’università. Mio padre si è sempre rimproverato che io non abbia conseguito la laurea per colpa sua. Chissà come sarebbe contento oggi, che lui non c’è,se sapesse che ho due lauree honoris causa: una all’universita di Urbino in marketing e una all’American University of Rome e sto per ricevere la terza. Comunque”, continua a raccontare Farinetti, “iniziare quel lavoro tra figoriferi e lavatrici mi fece realizzare quanto il mondo stesse cambiando. Nell’89, a 34 anni, convinsi mio padre a vendere tutte le attività alimentari di famiglia a Supermercati Brianzoli e a tenerci gli elettrodomestici. Di colpo, a 34 anni, diventai ricco”. Quale è la prima cosa che si fa quando si diventa ricchi di colpo? “Io presi mia moglie e feci un giro della Francia in tutti gli hotel stellati Michelin: volevo mangiare e bere bene. A poco più di dieci anni dalla vendita delle attività alimentari di famiglia, fatturavamo più di un miliardo di euro, 106 negozi in Italia, e avevamo mantenuto il nome Unieuro che per mio padre fu sempre importante. A seguire, dopo aver compreso che il mio ruolo di mercante era in crisi perché assumeva sempre più i caratteri del vendor (cioè del pro-

duttore), nel 2002 passai al ragionamento opposto. Tornai da mio padre e gli dissi: lasciamo gli elettrodomestici e torniamo al cibo ma ad un livello importante”. Il vecchio comandante partigiano si lasciò convincere per la seconda volta dal figlio visionario. Così Uniero passò all’inglese Dixons e ai Farinetti e ai loro soci andarono più di 500 milioni di euro, investiti in gran parte in un’altra visione: Eataly. Va bene ma non è proprio una conseuenza logica passare dagli alimentari agli elettromestici e poi tornare ai prodotti alimentari. “Si parte sempre dall’ analisi”, spiega Farinetti. “L’Italia è il paese con la maggiore bio-diversità, con la più grande tradizione alimentare al mondo e non era mai andato all’estero con una grande catena di distribuzione alimentare. Ho girato il mondo per vedere le abitudini e tradizioni alimentari degli altri paesi, ma ho anche imparato molto dai nostri mercati rionali. Ho fondato Etaly nel 2007. I miei obiettivi erano quattro: 1. Creare posti di lavoro, 2. Ridare vita a luoghi dimenticati, non costruire nuovamente; 3. Celebrare la bio-diversità italiana nel mondo; 4. Offrire al più grande numero possibile di persone nel mondo, cibo di qualità non lasciarlo solo agli appassionati e ai ricchi”.


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Come la storia d’Italia per il piemontese Farinetti tutto parte da Torino, città che non ti aspetti. Ma a pensarci bene non ha tutti i torti: “Torino è la città creativa per eccellenza”, dice. “Lì sono nati l’automobile e il cinema, i primi sarti alla moda, persino la Rai ha avuto la prima sede a Torino. Ci sono nati persino il pelato San Marzano e la penna Bic”. E Eataly. “Sì, il 27 gennaio 2007. All’inizio ero preso dal panico, ogni volta che apro ho paura. Poi però il primo anno fatturammo 18 milioni di euro, il secondo 23 milioni poi a salire. Oggi n el negozio di Torino fatturiamo più di 40 milioni di euro. Nel 2009 tentai il Giappone, ma non fu un successo. Nel 2010 sono partito alla conquista dell’America. Aprii in centro a New York dove la Broadway incontra la Fifth Avenue. Firmai un contratto di affitto di 2,5 milioni di dollari per uno spazio di più di 4.000 mq. Alla firma mi tremava la mano. Oggi a New York fatturo più di 80 milioni di dollari e l’affitto non incide nulla. Al momento dell’apertura avevamo 3 Km di coda”. Ora sotto con FICO, nato dall’apporto di 25 privati, molte associazioni come quelle dei medici, dei veterinari, dei piccoli imprenditori bolognesi, del movimento cooperativo. “Una roba speciale”, come dice Oscar, “che nasce per narrare

il cibo partendo dall’inizio e non dalla fine. Queso è il target poetico di FICO, spiegare la mondo che il cibo nasce nella terra. Perché siamo esseri umani con una visione al di là del nostro progetto personale, dobbiamo avere anche un progetto comune. Non dobbiamo essere pigri, io voglio fare la mia parte. Il nostro paese ce la farà se otterremo due obiettivi: 1. raddoppiare il numero dei turisti stranieri in Italia, 2. Raddoppiare il valore delle esportazioni delle nostre eccellenze nel mondo, per la mia parte le eccellenze alimentari”. Impossibile che uno come Farinetti possa fermarsi a FICO. E infatti, come direbbe Marzullo, cosa c’è dietro l’angolo? “C’è un nuovo grande target poetico che porterà avanti il business: salvare il mondo, durare. Se nel precedente modello di business della società dei consumi l’obiettivo era il godimento, oggi il cambiamento climatico ci impone un ripensamento degli stili di vita e la durata e la sostenibilità non saranno solo etica, ma una grande moda e modello di business. Il mio prossimo progetto sarà incentrato sulla vendita di prodotti e servizi legati al rispetto dell’acqua, della terra e dell’aria e promuovere gli acquisti di prodotti realizzati eticamente e in modo sostenibile”. F

“C’è un nuovo grande target poetico che porterà avanti il business: salvare il mondo, durare”.

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To beef or not to beef...

Dario Cecchini, macellaio a Panzano in Chianti ama stupire. Ma ama sopratutto le cose semplici. La sua filosofia è “della bestia non si butta via niente”. Così sono nati due ristoranti e un successo a livello mondiale DI ALESSANDRO ROSSI

C’

è chi pensa che tutto sia cominciato da un funerale: quello della Bistecca. Macché. La sua storia Dario Cecchini, macellaio in Panzano in Chianti da otto generazioni, se l’è costruita giorno per giorno. E continua a costruirsela ancora nonostante ormai sia una star internazionale che, quando non è in “bottega” come dice lui, a curarsi e a massaggiare la sua “ciccia”, è sem-

pre in giro per il mondo invitato dai potenti della Terra così come dagli enti di beneficenza, dalle associazioni dei macellai, o dai grandi chef di Londra o di New York, come Jamie Oliver o Antony Burdain per fare qualche iniziativa insieme. Un giorno, due, al massimo una settimana, ma poi torna. Torna sempre alla sua Panzano, un paesino nel cuore del Chianti, a metà strada esatta tra Siena e Firenze, dove vivono 964 persone GENNAIO, 2018 FORBES | 35


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Nelle foto Davide Cecchini nella sua macelleria a Panzano in Chianti.

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ma da dove passa tutto il mondo. In gran parte ci passa, non solo per godersi il cuore del Chianti, ma proprio per andare a mangiare da lui, “dal Cecchini”. Dario è un uomo semplice e intelligente, uno che il marketing ce l’ha nel sangue e la macelleria nella sua storia. Eppure lui il macellaio non lo voleva fare, studiava veterinaria a Pisa. “Quando ero piccolo, già a sei-sette anni”, racconta, “il mio babbo mi portava con sé per le fattorie a comprare le bestie: io ero affascinato da quegli ambienti, da quei colori, da quelle persone, persino dall’odore delle stalle che per molti è un puzzo ma per me è un profumo, che sento ancora. Il rapporto con la campagna per me è sempre stato profondo. Non saprei vivere in città, non ci riuscirei”. Chi vuole può trovarlo nella sua bottega di Macellaio che ha ereditato dal padre Tullio (insieme alla capacità di tenere rapporti interpersonali) e dalla madre Angela, che tutti chiamavano Angiolina, (da cui ha preso la grande tenacia nel lavoro) scomparsi troppo presto. E infatti Dario a nemmeno 20 anni si è ritrovato a dover lasciare gli studi e a mettersi il grembiule per fare un mestiere che non solo non sapeva fare ma non voleva fare. “Tutto quello che so me lo ha insegnato Orlando

Picci, un vecchio grande macellaio, amico di famiglia, che ancora oggi lavora con me. Ma io non volevo fare il macellaio, volevo che la mia vita da studente si allungasse il più possibile, ho sempre avuto uno spirito molto toscano, un po’ alla Amici miei”. La prova provata è appunto l’idea del Funerale della Bistecca. “Visto che dal 1 aprile 2001 la Comunità europea avrebbe messo al bando la bistecca con l’osso, pensai di organizzarle il funerale per l’ultimo giorno della sua vita, ossia quello precedente all’entrata in vigore del divieto. Avevo organizzato tutto un po’ alla buona con la banda del paese e un carro funebre preso a noleggio per metterci dentro una lombata di bistecche. Solo che il giorno prima la Reuters lanciò la notizia a livello internazionale. Tutto il mondo seppe che a Panzano in Chianti c’era il Funerale della Bistecca. E il paese si riempi di gente, televisioni, giornalisti...”. Oggi Dario vive bene. Sua moglie, Kim, americana, gli ha dato quel pizzico di raziocinio di cui il genio aveva bisogno, i suoi oltre 40 dipendenti lo seguono come il capitano di una nave. La Macelleria Cecchini è aperta 364 giorni l’anno. Chiude solo il giorno di Natale quando Dario va a cucinare per i tre frati che vivono alle Stinche un piccolo eremo a pochi metri da casa sua. Ma Dario, no-


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nostante sia un personaggio affermato, non vuole mai smettere di divertirsi seguendo il suo motto “Viva la ciccia”. Così ha sempre un’idea nuova come quella dello slogan “To beef or no to beef, this is the question” che gli venne spontaneo una volta che a una grande festa in Toscana con Carlo d’Inghilterra, non parlando l’inglese e non sapendo cosa dirgli, provò a rivolgersi al Principe declinando Shakespeare alla maniera del macellaio. Oggi “To beef or no to beef ” è il grido che Dario lancia quando viene portata in tavola la Fiorentina. Già, la tavola. Cecchini ha due ristoranti, il Solo Ciccia e l’Officina della Bistecca, basati sulla filosofia del “non si spreca nulla” o meglio della “vacca intera”, ereditata anche questa dai genitori. “La Macelleria Cecchini, quando ero ragazzo, era la più piccola della Toscana. In casa non stavamo male ma i nostri pranzi erano sempre a base di quello che si vendeva meno: la testa, la coda, le zampe, le trippe. Non ricordo, da bambino, di aver mai mangiato una bistecca o un filetto. Così ho imparato che della vacca o del vitello non si butta via niente”. L’idea di abbinare un ristorante, anzi “una cucina” come dice lui, alla Macelleria è nata in America, a San Francisco, durante uno dei suoi tanti viaggi a cucinare o a insegnare il taglio della carne nel mondo. “Kim ed io eravamo stati a una cena da Chez Panis e stavamo facendo una passeggiata.

Arrivammo nel quartiere di Mission, oggi molto trendy, ma allora molto degradato, dove un gruppo di ispanici stava fumando crack davanti a una McDonald’s. Fu lì che dissi a Kim: ma perché i poveri devono mangiare sempre male e i ricchi sempre bene? Sarà possibile dare cibo di qualità a un prezzo giusto? Mi ero fatto la domanda ma mi ero anche già dato la risposta”. Nacquero così il Solo Ciccia con sette portate di carni diverse, l’Officina della Bistecca dove si servono quattro qualità diverse di bistecca fino ad arrivare al trionfo di Sua maestà la Fiorentina come dice lui. Due menù di carne, diversi nell’offerta, a prezzi contenuti. Ma si torna sempre là, alle origini. “I miei genitori mi hanno insegnato che quando hai ospiti devi prenderti cura del mangiare e del bere che offri, ma sopratutto della loro felicità. Insomma devi farli star bene in tutto”. A qualunque costo. Lo dimostra il fatto che nei suoi ristoranti c’è sempre un menu vegetariano che viene presentato con la stessa dignità di quello tradizionale. Ma non è finita qui. Dario è uno che pensa sempre al futuro, anche se, e lo dice a malincuore, non ha eredi. Ha comprato una parte del Castello di Panzano in Chianti e lo sta attrezzando per un’altra delle sue sorprese socio-gastronomiche. “Sarà una cosa insolita”, dice. Naturale: da lui chi se l’aspetta una cosa normale? F

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Investi sostenibile La strada è tracciata. Solo le aziende che hanno a cuore tutela dell’ambiente, rispetto dei diritti e politiche societarie responsabili prospereranno. E prospererà l’investitore che crede in loro. Noi di Schroders lo facciamo.

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MASSIMO BOTTURA

Osteria francescana, Modena

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o chef più acclamato all’estero, un artista a 360° che ha saputo trasformare un’impresa di successo in una missione anche umanitaria: è sua infatti l’idea di aprire luoghi, come il Refettorio Felix a St. Cuthbert’s, a Londra, dove anche gli ospiti dalle condizioni più vulnerabili possano de-gustare pietanze prelibate, usando in maniera egregia le rimanenze di mense, ristoranti, market. Uno spirito di servizio e un amore per la comunità che anima quest’uomo di cultura, sofisticato e allo stesso tempo di semplicità intelligente e rara. Motivo in più per prenotare uno dei 12 tavoli del suo La Francescana a Modena, con la giovane brigata di cucina che segue le direttive dello chef al motto, riportato anche sul sito: “La cucina è una collisione di idee, tecniche e cultura. Non è matematica, è emozionante”.

IN CUCINA UN TETTO DI

STELLE DI SUSANNA TANZI

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resce il numero dei ristoranti italiani con tre stelle Michelin. Sono infatti nove i locali insigniti del prestigioso riconoscimento nella guida 2018: agli otto già al top, tutti confermati, si aggiunge Norbert Niederkofler. Ma quanto vale una singola stella? Se lo chiedono, dopo il declassamento da 2 a una stella, Carlo Cracco e Claudio Sadler. Jfc, istituto di ricerca sui flussi turistici, ha analizzato i bilanci e calcolato che il fatturato complessivo per i nostri ristoranti stellati sia di 282 milioni di euro, con una media di 6.318 clienti l’anno a struttura (i turisti stranieri, americani e inglesi in testa, garantiscono 208 milioni, gli italiani 71). Per la 2° e la 3° stella gli incrementi sono meno significativi, ma comunque consistenti, rispettivamente +18,7% per chi passa da 1 a 2 stelle e +25,6% per chi ottiene la terza. A tutto questo, per i 9 superchef, si aggiunge un introito che si aggira intorno ai 600mila euro, grazie alla partecipazione a eventi, dagli show cooking alle missioni all’estero, che varia dai 4.500 ai 32mila euro a presenza. 40 | FORBES GENNAIO, 2018

I NUMERI DELLA 63° MICHELIN ITALIA 356 STELLE di cui 9 TRISTELLATI, 41 BISTELLATI, 306 STELLATI 26 LE NOVITÀ (il 30% dei cuochi premiati ha meno di 35 anni)

LE REGIONI PIù PREMIATE 1 Emilia Romagna 2 Lombardia (anche quella con più new entry)


ITALIAN FOOD FOOD ITALIAN

ANNIE FÉOLDE

Enoteca Pinchiorri, Firenze

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rrivata a Firenze nel 1969, la 25enne Annie, origine nizzarda, non aveva proprio idea che sarebbe stata la prima donna a ottenere le 3 stelle Michelin. Poi l’incontro con Giorgio Pinchiorri mischia le carte del destino: lavorano in locali attigui e, nel 1972, lei lo affianca nell’apertura dell’allora “Enoteca Nazionale”, locale di soli vini italiani con cantina sotto e tavoli sopra. Giorgio compra l’Enoteca nel 1979 e il gioco è fatto: la “Rossa”, come la chiama lei, li menziona già nel 1981. L’anno dopo arriva la prima stella, nel 1983 la seconda. E proprio quando sta per brillare la terza, un incendio, nel 1992, manda tutto all’aria. Ma Annie la tosta e Giorgio il visionario non mollano: nel 2004 si riprendono quanto Michelin aveva tolto: la 3 stellina. Unico caso al mondo per la celebre Guida. Da allora, lei sovrintende sempre i lavori in cucina, guida con classe il suo executive Italo Bassi e continua a essere “Madame Pinchiorri”. Anche all’estero: ultima apertura dell’Enoteca nel 2016, a Dubai.

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CHICCO E BOBO CEREA

Da Vittorio, Bergamo

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al papà Vittorio, cui deve il nome anche l’attuale ristorante e locanda di charme “Da Vittorio” a Brusaporto (fa parte degli esclusivi Relais & Chateaux), si andava negli anni Sessanta quando trovare del pesce di un certo tipo, cucinato con grazia e innovazione, non era certo impresa facile in Italia. Un’eredità che la famiglia Cerea ha saputo raccogliere e rilanciare. Soprattutto in cucina. Dove Chicco affiancato dal fratello Bobo, executive chef come lui - è l’artefice di una ricerca enogastronomica tanto talentuosa quanto straordinariamente attenta alla qualità della materia prima: scampi di Mazara del Vallo, carni piemontesi, tartufi d’Alba e tanto altro. Tutto scelto e preparato nel segno della tradizione lombarda e del genio creativo. Provare per credere il menù degustazione, che inizia con un carosello del pescato del giorno da levare il fiato. Anche iI loro catering, per cui da tempo c’è la lista d’attesa, ha segnato le cene di diverse anteprime alla Scala di Milano. Il segreto del successo? Nel libro appena uscito “Da Vittorio, storie e ricette della famiglia Cerea”.

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ITALIAN FOOD FOOD ITALIAN

GIOVANNI SANTINI

Dal Pescatore, Canneto sull’Oglio (Mantova)

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l giovane chef, il più emozionato sul palco alla consegna delle stelle, rappresenta la quarta generazione di una famiglia che celebra l’arte della buona cucina. Ha cominciato a 15 anni a frequentare il ristorante e ora affianca a tempo pieno mamma Nadia. Laureato in Scienze e tecnologie alimentari, dopo gli studi universitari entra nella cucina per arricchirla del suo personale punto di vista. Appartiene ai Cavalieri della Cucina Italiana, l’Associazione che riunisce 15 grandi chef del nostro paese che si riconoscono in valori quali rispetto e lealtà, in nome della tutela e la promozione della cucina italiana nel mondo. Santini porta nel menù la sua filosofia, fatta di originali equilibri, armonie di sapori netti e puliti, prodotti di alta qualità rigorosamente di stagione. Un esempio? I famosi tortelli di zucca: ricetta antica ma continuamente aggiornata per i gourmand più esigenti.

NIKO ROMITO

Reale, Castel di Sangro (Aquila)

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uoco autodidatta, classe 1974, è profondamente legato al suo Abruzzo. Dal Duemila gestisce con la sorella Cristiana il ristorante dove, in soli 7 anni, ha conquistato il massimo di stelle. Ha cominciato a Rivisondoli, nell’ex pasticceria di famiglia divenuta trattoria, e nel 2011 ha trasferito il Reale a “Casadonna”, ex monastero del ’500 a Castel di Sangro, suo paese natale. Attraverso una ricerca incessante e uno spiccato approccio imprenditoriale, Romito percorre la strada dell’essenzialità, dell’equilibrio e del gusto. In poco tempo ha saputo creare un linguaggio gastronomico incisivo e personale, e un sistema in cui coesistono alta cucina e format di ristorazione diffusa. Tra i piatti cult: piccione fondente, assoluto di cipolle e zuppa di ciliegie.

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COVER

ENRICO CRIPPA

Piazza Duomo, Alba (CN)

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a Carate Brianza all’Olimpo della cucina mondiale. Il cuoco brianzolo, classe 1971, dopo la gavetta da Gualtiero Marchesi e le prime affermazioni, che gli permettono di girare le cucine al top nel mondo, dalla Francia al Giappone, nel 2005 si mette al servizio della famiglia Ceretto, che inaugura il ristorante Piazza Duomo ad Alba, dove lo chef continua a lavorare, creando nuovi capolavori. Con i principi del km 0: celebre la sua insalata 21-3141-51, che celebra il territorio delle Langhe con un lussureggiante piatto di erbe aromatiche, fiori, germogli provenienti dai suoi orti, che variano di numero e di qualità a seconda della stagione. Una cucina, quella di Crippa, come la definisce lui, “di getto, istintiva, profondamente legata alla terra”.

MASSIMILIANO ALAJMO Le Calandre, Rubano (PD)

a cucina è paragonabile a un ago che attraversando ripetutamente piccoli fori tende un filo così sottile e resistente da renderci tutti inconsapevolmente legati”. Sarà questa la ricetta del successo del più giovane cuoco della storia ad avere ricevuto, nel 2002, la terza stella? Di certo, sotto la guida di Max e Raf, “Le Calandre” si è guadagnato anche il 19° posto nella classifica dei World’s 50 Best Restaurants 2017. Un gioco di squadra che ha fatto del ristorante, aperto nel 1981 da Erminio Alajmo e Rita Chimetto, il laboratorio di ricerca del gruppo Alajmo, fondato attorno ai principi di cucina cari a Max quali leggerezza, profondità dei sapori, fluidità, rispetto degli ingredienti. L’approccio si rispecchia anche in sala, dove tutto - tavoli, bicchieri, posate, lampade - è stato disegnato dai fratelli Alajmo. Il risultato? Un’armoniosa atmosfera multisensoriale che genera cordialità e naturalezza.

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JOE KOHEN/GETTY IMAGES

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GIORGIO LOCATELLI Locanda Locatelli, Londra

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n italiano a Londra, parafrasando il titolo di un noto film di John Landis. Ma non un italiano qualsiasi, dal momento che Giorgio Locatelli da Corgeno, nel varesotto, è lo chef nostrano più rappresentativo in terra d’Albione. La clientela della sua locanda stellata Michelin a Marylebone, nel cuore della City, spazia dai grandi nomi del jet set angloamericano – David Beckham, Robbie Williams, Madonna o Johnny Depp, per citare i più noti – ai raffinati gourmet londinesi, ma nonostante viva a Londra dal 1985 lo chef continua a sentirsi profondamente italiano. “Ormai è più il tempo passato in Inghilterra di quello trascorso in Italia – racconta – e la cosa che più mi ha colpito di questa città è la sua capacità di assorbire chiunque abbia un valore da esprimere, indipendentemente dal resto. È una città aperta ma con ritmi frenetici, e negli ultimi dieci anni ha visto un cambio radicale dei propri gusti gastronomici. La cucina italiana va a gonfie vele, è accettata molto bene e i suoi interpreti continuano ad essere percepiti come persone che portano qualità”. Seguendo le orme di Stefano Cavallini, primo italiano a ottenere la stella fuori dai nostri confini sotto le insegne di Gualtiero Marchesi, Giorgio Locatelli ha conquistato il riconoscimento nel ’97 col ristorante ‘Zafferano’, poi mantenuto fino a oggi con la ‘Locanda Locatelli’. “L’Italia e i suoi prodotti sono parte integrante della cucina quotidiana a Londra” – spiega lo chef, che a novembre ha presentato il volume Made at home – “e l’influenza del nostro Paese è sempre presente, dai supermercati all’alta ristorazione”.

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COVER HEINZ BECK La Pergola Roma

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TIMOTHY HIATT/GETTY IMAGES

n tedesco a Roma, che cosa ti combina? Intanto sposa una palermitana, poi s’insedia nel 1994 all’Hotel Cavalieri, dove lancia il ristorante sul tetto, da dove si gode un panorama incantato. Ma soprattutto, dove si provano piatti miracolosamente in equilibrio tra la tecnica imparata nella sua Baviera e una creatività molto italiana. E pensare che lui viene dai dolci: nel 1991 era pasticcere di Heinz Winkler al “Residenza” di Aschau. Un cambio di rotta che ha fatto emergere la vera passione dello chef: dimostrare alla sua terra di adozione di sapere ragionare da cuoco italiano e non più da pastry-chef tedesco. Missione compiuta.

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NORBERT NIEDERKOFLER

St. Hubertus del Rosa Alpina, San Cassiano (BZ)

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guadagnare un posto nell’Olimpo della ristorazione è il St. Hubertus dell’Hotel Rosa Alpina di San Cassiano (Bolzano), il cui executive chef è Norbert Niederkofler, ideatore tra le altre cose del progetto Care’s The Ethical Chef Days. La terza stella arriva come coronamento di un lungo percorso fatto assieme e fondato su un patto con il territorio, con un credo: valorizzare solo i prodotti locali. “Nel mio ristorante”, ha commentato lo chef, “vige la filiera corta. Siamo noi, senza intermediari, ad andare dal contadino a scegliere le materie prime. La mia cucina entra nella cultura della montagna, riprendendone abitudini, ingredienti, talvolta tecniche, ma mantenendo sempre quella filiera corta, con poco scarto, che permette al ristorante stellato di non andare in perdita”. Il piatto più richiesto? La carbonara d’alta quota: pasta di di Regiograno, un particolare tipo di farro biologico autoctono da poco riscoperto nella zona, speck in briciole al posto del guanciale per la parte croccante e fettine di lardo per la parte dolce e grassa. Per finire, il pecorino lascia il posto al formaggio di malga.

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GONZALO LUZARRAGA

Rigò, Londra

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Londra c’è uno chef che non ha paura di mischiare cucina piemontese e tecniche russe, andando oltre gli stereotipi e la tradizione. È il piemontese Gonzalo Luzarraga. Ha imparato la sua arte lavorando accanto ai più grandi maestri, tra cui Walter Eynard e Alain Ducasse. Inoltre, ha saputo andare oltre la tradizione e il rigore della cucina classica, grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo. Trasforma i prodotti, destruttura i piatti, sublima i gusti. La sua cucina è eclettica e audace, tutt’altro che banale, ma con un apprezzamento della qualità del prodotto che rispecchia la sua cultura gastronomica italiana. Dopo aver ballato con le stelle – Michelin s’intende – in Italia a Le Clivie nel 2004 e a Vienna al Kuchlmasterei Project nel 2016, ha aperto il suo ristorante a Londra a luglio 2017. Rigò è la culminazione di tutte le esperienze dello chef e propone una cucina che lui descrive come “senza frontiere”. Già acclamato dal pubblico londinese, Luzarraga spera anche qui di ricevere la riconoscenza della guida francese.

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Il trucco per crescere più di Google o di Amazon Fabrizio Freda guida Estée Lauder, l’impero della bellezza fondato nel dopoguerra. Da quando è arrivato lui la family company di Manhattan è passata dai 6 miliardi del 2009 ai 46 miliardi di dollari di valore di fine novembre: quasi otto volte tanto DI UGO BERTONE

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SORBIS / SHUTTERSTOCK.COM

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Nella pagina precedente, Fabrizio Freda ceo di Estēe Lauder. In alto uno dei negozi del brand.

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ignori, buongiorno. Il nuovo esercizio ha avuto una partenza fantastica”. Sì, proprio a “terrific start”, la frase che ogni manager spera di poter comunicare ai propri azionisti ma che il più delle volte e un sogno che resta nel cassetto, specie in anni di crescita lenta dei consumi e di tagli dei profitti, sotto la pressione dei Big del digitale. Ma non nel caso di Fabrizio Freda, dal 2009 “architetto delle strategie a lungo termine” di Estée Lauder, l’impero della bellezza fondato nel dopoguerra da Joseph Lauder e da Esther, papà francese e mamma cecoslovacca, la regina del make up, genio del marketing cui si deve l’invenzione del “sample” il campioncino regalo per indurre le clienti a provare un nuovo prodotto. Ci voleva la fantasia di un napoletano di nascita e di formazione, combinata con la disciplina perfezionata in vent’anni di servizio in una delle grandi accademie del business, per rinnovare l’appeal della regina del make up ai tempi dell’economia digitale, dell’irruzione di nuovi consumatori, i millennials e della sempre maggior influenza di nuove culture, Cina in testa. Fabrizio Freda c’è riuscito. Sotto la sua guida la family company di Manhattan è passata dai 6 miliardi del 2009 ai 46 miliardi di dollari di valore di fine novembre: quasi otto volte tanto, con un tasso di crescita degno delle migliori aziende del mondo digitale. Meglio di Google o di Amazon, per intendersi. Non stupisce perciò l’applauso con cui i soci al termine dell’assemblea che all’Essex House, riservato e chic hotel di New York, a due passi da Central Park hanno festeggiato il 14 novembre scorso i successi dell’ennesima buona annata del colosso

della bellezza creato dalla famiglia Lauder. C’erano i gestori dei fondi e altri investitori istituzionali, ma anche tanti azionisti di vecchia data. Perlopiù signore di ogni età, tra cui molte “cassettiste” che detengono titoli dal momento del debutto del titolo a Wall Street, (nel ’95) e che hanno visto lievitare specie negli ultimi anni la loro fortuna. Intanto il meeting day, da sempre l’occasione per ritirare la sacca omaggio, sempre più ricca di anno in anno, dei prodotti della ditta, si è trasformata nell’occasione per un brindisi ai guadagni futuri. Già, il 2018 promette di esser ancora migliore, a giudicare dai risultati del primo trimestre dell’esercizio (chiuso a fine ottobre) che Wall Street ha salutato con un balzo superiore al 10%: “Vendite e profitti”, ha annunciato Freda, “salgono a doppia cifra in tutti i mercati e in tutte le aree di attività. La crescita, pari al 13% a valute costanti, supera le nostre previsioni. Così come l’incremento degli utili, sostenuto anche dal taglio dei costi e dall’aumento dell’efficienza”. E così, più che a celebrare l’eccellente performance passata (fatturato 2016/17 a 11,82 miliardi di dollari, utile per azione salito del 13% a 3,47 dollari) il meeting è stata l’occasione per fissare nuovi traguardi, a partire dalla conferma di profitti in crescita a doppia cifra almeno fino al 2020. Il tutto dopo aver fatto shopping di marchi, da 8 a 29 (ultimi acquisti Becca e Too Faced) compreso Aerin, creato da Aerin Lauder e aumentato l’occupazione di 15mila unità. Numeri che giustificano il volo del titolo: + 62%, ovvero da 75 a 126 dollari, negli ultimi dodici mesi. Un risultato che consentirà a Freda di scalare altre posizioni nella classifica dei manager più pagati d’America, con un robusto aumento rispetto ai 48,2 milioni (di cui 36,8 milioni sotto forma di stock options) riscossi lo scorso anno, cui peraltro andrebbero aggiunti i gettoni di Blackrock, il colosso dell’asset management che nel 2012 ha accolto nel board, unico italiano, l’ex studente di Economia dell’università Federico II, l’ateneo in cui si è laureato in economia nel 1981. Un cittadino del mondo, che passa metà dell’anno a visitare i vari avamposti dell’impero Estée Lauder, presenti in 150 Paesi, con un occhio particolare per la Cina. Che merita almeno due viaggi all’anno. Ma che non dimentica l’Italia, buon mercato dalle ottime prospettive ma anche dimora preferita per le vacanze estive, da trascorrere nella sua proprietà in alta Tuscia, al confine tra Toscana e Lazio assieme alla moglie Mary, belga d’origine, guida volontaria al Metropolitan Museum di New York. Dopo nove anni di permanenza, la Grande Mela è senz’altro la


STRATEGIES

sua città. “Un luogo straordinario”, ha raccontatp senza nei social network che nell’e-commerce, la al Sole 24 Ore, “che ti abbraccia. I miei figli hanno gestione delle community e nei piani di web adverstudiato qui, prima alla scuola francese, poi in un tising. Il risultato? Vendite in aumento del 40%, adcollege americano”. E parlando dei figli, piez’e core, dirittura del 50% sui canali elettronici. rispunta il calore di Napoli. “Se i miei figli hanno Altro fattore strategico di successo: la velocibisogno io ci sono sempre. Vengono prima del latà del cambiamento, che oggi prevale sulla tradivoro. Non bisogna permettere allo stress di oscura- zione e sui costumi, pur ben radicati. “Il mondo e re gli spazi destinati all’affetto”. i consumatori”, ha spiegato Freda, “cambiano tropBisogna esser lucidi per proseguire nella granpo velocemente per basare le proprie scelte sul pasde corsa, che promette nuove soddisfazioni perché sato”. Come ha capito Leonard Lauder, il capo della il trend del settore è senz’altro favorevole: “l’indudinastia che nel 2009, nel pieno della recessione, ha stria del beauty”, è la sua diagnosi, “è straordinaria deciso di affidare la guida dell’impero di famiglia a e può contare su molti fattori demografici positivi: the Pringles Man, il soprannome che Freda si era più donne che lavorano e con stipendi più alti e una conquistato in Procter & Gamble per i risultati otclasse media che, nel mondo, non è mai aumentatenuti alla guida delle patatine con i baffi. ta tanto”. Ma per cogliere tutte le potenzialità ci voPoteva essere un azzardo per una premiata ditta, leva un’azienda snella, concentrata sugli investimenti all’epoca famosa soprattutto per le creme anti-rughe in tecnologia, capace di tagliare i destinato ad una clientela matura, costi non necessari e di reinvestire “Vendite e profitti se non attempata. Ma si è rivelata le risorse dove sono più necessala scelta giusta. Freda (“senza crosalgono a doppia rie. In Asia, ad esempi, ma anche giolarsi nel desiderio egocentrico cifra in tutti i nello sviluppo dei tools digitadi cambiare tutto” ama sottolineali, l’arma decisiva per “ascoltare” mercati e in tutte le re) ha trasformato negli anni il cale tendenze dei consumatori che talogo di Estée Lauder in un must aree di attività. non sono eguali dappertutto: in per le Millennials ad ogni latitudiRussia sono fissate con il mascara, ne, badando a rispettare la local rein Francia con i rossetti, in Corea levance perché non sempre ciò che con le creme. “La BB cream”, racincontra i favori del pubblico in conta, “è nata proprio perché le ragazze coreane non Europa può funzionare in Asia o viceversa. Una ripotevano truccarsi a scuola e cercavano un prodotto voluzione dolce ma inarrestabile condotta all’inseche rendesse la pelle perfetta anche senza make up”. gna della filosofia del reverse engineering: si deve È con questa filosofia che, muovendosi in largo partire dalla visione dei consumatori così come saanticipo, Estée Lauder si è accaparrata come testiranno di qui a dieci anni. Di lì si procede a ritroso, monial Yang Mi, la protagonista di “Amore eterno”, per anticipare le tendenze e i messaggi. “Invece di il serial da allora sta spopolando in Cina e nel resto costruire le strategie come un miglioramento condel Far East: il lucida labbra che l’attrice pubblicizza tinuo venendo dal passato, si parte dalla visione del suoi social media è diventato nel giro di pochi mesi futuro e si lavora all’indietro”. uno dei prodotti di punta della Lunga Marcia alla Vale per i prodotti, ma ancor di più per la diconquista delle consumatrici del Celeste Impero. stribuzione: perdono colpi i department store, paDietro “Il colore di Yang Mi”, il nome scelto prima droni del mercato fino a pochi anni fa, avanzano del lancio su Weibo (il sito più popolare) c’è un i monomarca. Crescono le vendite negli aeroporlungo lavoro sui canali dell’e-commerce cinese, da ti, così come l’e-commerce da cavalcare senza diTmall a WeChat con un massiccio ricorso ad enerventare succubi dei grandi del digitale va governagie locali perché, come sottolinea l’analista Zhang ta. “Noi stiamo attenti – spiega Freda - alla tutela Fei parlando a Jing Daily, la rivista di culto del fadei nostri brand, perciò lavoriamo con i distribushion per i più giovani. “Estée Lauder”, dichiara, tori che rispettano i nostri standard, come Tmall, “ha dimostrato di capisce l’originalità del mercacontrollata da Alibaba. Ma per lo stesso motito cinese e non si limita, come fanno altri, solo ad vo non prevediamo per ora accordi di distribuzioimportare strategie buone in Occidente”. Lo studio ne con Amazon”. Eccolo il manager che arriva da L2 Digital IQ Index: Beauty China, che ha analizNapoli, capace di dir di no a Jeff Bezos, l’Attila del zato la presenza digitale di 98 marchi di fragranze, commercio elettronico, così come la famiglia Lauskincare e make-up ha stabilito che Estée Lauder der ha detto di no, secondo Bloomberg, alle avanvanta la strategia più efficace sia rispetto alla preces di L’Oréal. F GENNAIO, 2018 FORBES | 51


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Una città elastica al posto dell’Expo Forbes l’ha inserito tra i “Names You Need to Know”. Carlo Ratti dirige uno dei dipartimenti del MIT di Boston, il Senseable City Lab, dove si studiano i cambiamenti che rivoluzioneranno nei prossimi decenni la vita urbana. Ecco la sua idea di città del futuro DI LUCA ZORLONI

Carlo Ratti, fondatore dell’omonimo studio di architettura a Torino.

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nutile chiedergli se le città del futuro avranno le cupe atmosfere di Blade Runner o saranno sorvolate da astronavi come in Guerre Stellari. Carlo Ratti non è tipo da lasciarsi andare a fantasie che non abbiano una base scientifica. D’altronde di lavoro costruisce pezzi delle città del domani. L’ultimo progetto riguarda il post Expo a Milano. Il quartiere sarà finito nel 2030. Nell’ex campo di 1,1 milioni di ettari, fino a due anni fa punteggiate dalle strampalate architetture dei padiglioni nazionali, Ratti ha immaginato il più grande distretto al mondo dove ci si muoverà con automobili a guida autonoma. Sarà una città elastica, con spazi che cambiano funzione in un batter d’occhio, dove lo sport genererà energia e frutta e verdura si coltiveranno in verticale, vicino alle case. Per quanto ha visto finora, “la città del futuro non sarà molto diversa da quella di oggi, nella stessa misura in cui le nostre città non sono tanto differenti dall’urbs romana”, spiega l’architetto. Ratti è fondatore dell’omonimo studio di architettura di Torino, Carlo Ratti associati, e dirige uno dei dipartimenti del Massachussets Institute of Technology

di Boston, il Senseable City Lab, dove si studiano i cambiamenti che rivoluzioneranno nei prossimi decenni la vita urbana. “Gli elementi chiave dell’architettura saranno gli stessi e i modelli di pianificazione urbana non saranno troppo dissimili da quelli che conosciamo oggi”, spiega. Ma subito aggiunge: “Ciò che invece cambierà è il nostro modo di vivere la casa e la città attraverso le nuove tecnologie: una casa e una città non solo intelligente, ma soprattutto sensibile - capace di ascoltare e rispondere alle esigenze dei suoi abitanti”. Una città sensibile quasi stona con l’immaginario collettivo delle metropoli tentacolari che certa fantascienza è solita servire. Secondo Ratti, però, alcuni luoghi comuni sull’effetto che il digitale avrebbe potuto avere sull’organizzazione delle città sono stati smentiti dai fatti. È il caso, ad esempio, del perenne conflitto tra fisico e virtuale. Qualche decennio fa il successo del sito Second life aveva paventato un futuro in cui avremmo vissuto attaccati al computer e celati dietro la maschera di un avatar creato a immagine e somiglianza delle nostre fantasie più recondite. “Già negli anni Novanta si credeva che le tecno-


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logie digitali avrebbero reso obsoleto lo spazio fisico. stati, fino alle frasi che abbiamo evidenziato in ogni Invece è successo esattamente il contrario”, osserva capitolo – per suggerirci con un elevato grado di Ratti. “Così come non possiamo virtualizzare il cibo, precisione un altro libro che potrebbe piacerci”. Ma, non credo che ci sarà mai una tecnologia che possa si domanda l’architetto, “dobbiamo considerare ciò soppiantare completamente la potenza dell’incontro che si perde nel processo: qual è il libro più signifinello spazio fisico”, chiosa l’architetto. cativo da leggere dopo i dieci precedenti? È uno che Tuttavia lo stesso Ratti riconosce che la tecnonon fa che continuare la serie oppure quello che ci logia che sta entrando nella vita di tutti i giorni, ha sorprende e ci sfida a guardare il mondo con occhi un prezzo. In futuro avrà senso preoccuparsi diversi?”. E di questi rischi è zeppa la città del fudello sciopero dei mezzi pubturo. Queste metropoli intelligenti e sensibili tali blici? Molto probabilmente no, sono, solo se riempite di sensori perché i trasporti saranno gein grado di rilevare stiti attraverso veicoli a guida ogni singolo aspetautonoma. Tuttavia i mezzi to della vita quosenza conducente avranno tidiana dal traffico un costo salato in termini alla concentraziodi occupazione. “La tecnone di inquinamento, logia per le auto senza dai rifiuti alla qualità guidatore è quasi prondell’acqua, dalle traietta, tra pochi anni i tastorie con cui le persosisti avranno perso il ne si muovono in una loro posto di lavoro. E piazza a quanto tempo socon loro decine di miliostano davanti a un cartelloni di persone in giro per il ne pubblicitario. Quanto samondo che si guadagnaremo liberi in una no da vivere guidando un città dove ogni ogautoveicolo”, spiega l’archigetto è un occhio tetto. Ratti integra ciò che e un orecchio che sosteneva lo storico statucapta le nostre abinitense Lewis Mumford, tudini? “il beneficio maggioE quanto potrere della meccanizzaziomo dire la nostra in ne non è l’eliminazione un mondo regolato del lavoro”, aggiungensull’efficienza dei dati? Renderi ng di p do che la conseguen“Sul tema della rogetti dello S tudio C za è “la sostituzione di un lavoro partecipazione civiRA (Ca rlo Ratt i Assoc meno piacevole con altro più creativo e a maggior ca e della rappresentaniati). valore aggiunto”. Per questo l’architetto non è lonza dell’individuo, direi tano dalle posizioni di chi farebbe pagare le tasse ai che la strada non è tracciata. La tecnologia di solito robot. “Vuol dire semplicemente tassare il capitale è neutrale, dipende da noi come la vogliamo usare”, e trasferire reddito a chi magari ha perso il proprio replica Ratti. Di fatto, siamo a un bivio. Da un lato, posto di lavoro. Una proposta sfortunatamente boc- “le reti possono diventare strumenti di controllo e ciata dal Parlamento Europeo qualche mese fa, ma insieme all’intelligenza artificiale, creare nuovi siche ha trovato un sostenitore inatteso in Bill Gates”, stemi sociali e urbani centralizzati”, puntualizza l’archiosa lo specialista. chitetto, come pianificava l’Unione Sovietica nel Anche l’uso di big data ha il suo costo. I gransecolo scorso. Dall’altro, il web è un mare senza audi silos di informazioni sono considerati le miniere torità e, osserva Ratti, “possiamo immaginare la del futuro, dove pescare correlazioni utili a profilare rete come strumento di emancipazione e di azione i clienti, a risparmiare energia o a migliorare le pre“dal basso””. stazioni di una macchina. “Mi preoccupano tutte “Immagino un futuro in cui i dati non siano ogle forme di predittività legate ai big data e all’intelgetto di baratto come oggi (tu usi Facebook gratuligenza artificiale”, riconosce lo studioso del Mit. itamente e io monetizzo la mia conoscenza di te) Ratti parte dall’esempio dell’acquisto di un libro su bensì uno moneta da usare in modo trasparente”, Amazon. Il colosso dell’ecommerce, spiega, “va a conclude Ratti. E aggiunge: “Mi piacerebbe che a consultare la montagna di informazioni che posdefinire il prezzo non fossero le grandi multinaziosiede su ciascuno di noi – dalla lista dei libri acquinali ma i cittadini”. F

Gwyneth Paltrow Un dettaglio del Padiglione Venchi alla Fabbrica italiana contadina (Fico) a Bologna.

TRA I SUOI PROGETTI LA CASA DI HANSEL E GRETEL L’ultimo nato di casa Carlo Ratti associati sembra uscito da una fiaba dei fratelli Grimm. Perché il padiglione progettato per l’azienda di cioccolato Venchi a Fico, il parco del cibo ideato dal fondatore di Eataly, Oscar Farinetti, ricorda la casa dei dolci che incanta gli incauti Hansel e Gretel. Ha un muro di 8 metri di lunghezza per 3,5 di altezza, ricoperta da 30mila praline di cioccolato di vari gusti, e all’interno un percorso in realtà aumentata che espone gli effetti benefici del cioccolato sul corpo umano. Ratti e i suoi non sono nuovi a idee che interpretano in maniera scanzonata la tecnologia. Da qualche anno il suo robot barman, Makr Shakr, crea un certo intasamento di avventori a banconi in cui miscela con il suo braccio meccanico cocktail e soft drink. Poche settimane fa Carlo Ratti ha pubblicato il suo ultimo libro, “La città di domani. Come le reti stanno cambiando il futuro urbano” (per i tipi di Einaudi), scritto con la collaborazione di Matthew Claudel, a sua volta ricercatore al Senseable City Lab del Mit, in cui espone la sua idea della città del futuro.

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Insegnerò al nostro corpo a curare il cancro Riccardo Sabatini, considerato il genio italiano del Dna, ha raggiunto il successo lavorando con Craig Venter. Obama l’ha voluto alla sua conferenza per parlare di scienza. Ora si trova a Boston dove sta cercando di creare il primo farmaco-genoma della storia DI DANIEL SETTEMBRE

C Riccardo Sabatini, scienziato e imprenditore.

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appellino in testa, jeans e maniche della camicia tirate su. Uno speech breve quello sul palco del SingularityU Summit, evento internazionale che per la prima volta è sbarcato a Milano lo scorso ottobre, ma tanto è bastato per avere la sensazione di essere di fronte a qualcuno che sta cercando di fare qualcosa di unico in campo scientifico. Riccardo Sabatini, scienziato e imprenditore trantaseienne nato a Cremona, informale e “pretty-confident”, come si definisce lui stesso in uno dei suoi tanti inglesismi, sta dedicando tutta la sua vita a decifrare il codice più complesso mai scritto, che costituisce da millenni la base di ogni forma di vita: il Dna. “Quando ero piccolo”, racconta con fervore Riccardo, “domandavo sempre a mia mamma: «ma come funziona il corpo umano? Perché devo prendere le pillole per il mal di testa?». Avevo il sospetto che ancora nessuno sapesse in real-

tà come funzionasse davvero la medicina”. Uno scetticismo che l’ha accompagnato durante la sua adolescenza, alimentando la sua curiosità nel corso degli anni. “A 14 anni, mentre tutti i ragazzi sognavano un motorino”, ricorda ancora, “io ho voluto in regalo un manuale di diagnosi medica”, senza comunque rinunciare a una mitica Fantic Caballero. Una passione che ha coniugato con quella per la tecnologia, tanto che verso la fine del liceo Riccardo ha anche fatto parte di una comunità di cosiddetti white hacker, “dove lavoravo su security e sviluppo software con altri amici nerd”. Dopo la laurea in fisica, Riccardo si è poi specializzato in intelligenza artificiale e sistemi complessi, dalla scienza dei materiali ai mercati finanziari, alla genomica computazionale e allo sviluppo di farmaci. Un incastro di interessi che è stato poi il fulcro di tutta la sua attività. Delle sue


STRATEGIES

plurime attività. Perché Riccardo è stato direttore di FoodCast, progetto di ricerca dell’Unione europea per la previsione dei mercati dei prodotti alimentari; membro fondatore di Aiida e della Quantum Espresso Foundation, la più grande piattaforma open source per la modellazione quantistica dei materiali. E ancora: co-fondatore del Refugee Action Hub Center - ReAct - del Mit (Massachusetts Institute of Technology), progetto educativo delle popolazioni sfollate in tutto il mondo; consulente e sostenitore della Human Code Foundation, organizzazione benefica incentrata sulla diffusione scientifica sulla genomica e sulla salute; co-fondatore per uno snodo di Impact Hub. E, non da ultimo, autore in riviste scientifiche di massimo livello, consulente per aziende Fortune500, inventore di diversi brevetti in biotecnologie e IT, angel investor e membro del consiglio di amministrazione per startup nel campo dell’intelligenza artificiale. “Lavoro in maniera molto hectic. Frenetica. La mattina sei al lavoro sulla parte di biologia molecolare, il pomeriggio vai a discutere al Mit riguardo a una piattaforma che insegna ai ragazzi sfollati del Libano a programmare online, la sera incontri un tuo amico investitore e discuti come portare sulla blockchain nuovi farmaci. Poi torni a Cremona e durante una cena a base di torta fritta e salame, che adoro, ti trovi a discutere su come l’ingegneria genetica possa aiutare un bambino attraverso una Fondazione umanitaria”. Next chapter - altro inglesismo - l’incontro che ha segnato forse più di tutti la sua vita professionale è stato quello con Craig Venter, figura controversa e guru californiano della genomica umana, l’uomo che per primo ha sequenziato il Dna e che nel 2013 ha fondato Human Longevity, unicorno della Silicon Valley da 1,9 miliardi di dollari, che studia l’intersezione tra genomica e intelligenza artificiale, con lo scopo di rallentare il processo di invecchiamento umano e far superare a tutti i 120 anni di età. Durante il periodo gomito a gomito con Venter come responsabile della ricerca, Sabatini ha raggiunto la consacrazione a livello mondiale grazie al suo intervento sul prestigioso palco del Ted, cicli di conferenze delle menti e idee più brillanti del mondo, che in passato ha ospitato celebrità del calibro dell’ex presidente degli Usa Bill Clinton, dei cofondatori di Google, Sergey Brin e Larry Page, e del fondatore di Microsoft Bill Gates. In quell’occasione Sabatini spiegò come, con il suo team, erano riusciti a sviluppare un algoritmo in grado di ricostruire l’altezza, il peso e parte del viso di un individuo partendo da una singola goccia di sangue.

Un approccio che ha incuriosito persino il primo inquilino della Casa Bianca. Nel 2016 l’allora presidente Barack Obama ha selezionato Riccardo come young innovator in health e l’ha invitato, unico europeo, alla The White House Frontiers Conference 2016, un appuntamento sulle varie forme di innovazione nella scienza e nelle tecnologie e su come queste possano contribuire al progresso della medicina e della salute. “Ho ricevuto ben tre mail dalla Casa Bianca, ma le ho sempre cancellate perché credevo fossero spam”, ammette divertito Riccardo. “Alla fine mi hanno mandato una lettera normale per posta in cui c’era scritto «Ehi, il presidente Obama vorrebbe parlarti!». E così ho partecipato alla conferenza alla quale peraltro mi sono presentato con un outfit casual, con mocassino e senza calzino, a discutere di scienza di fronte a persone in giacca a cravatta e allo stesso Obama, scatenando svariati commenti ironici su Twitter”. La continua voglia di innovazione ha spinto il giovane cremonese a mettersi in proprio. “Quando sono andato nell’ufficio di Venter per esporgli il mio desidero di intraprendere una nuova avventura e lasciare quindi Human Longevity gli ho detto «Craig, I have a dream!». Lui mi avvertì: «Lo sai che quello che vuoi fare richiederà molto tempo e potresti vedere dei risultati solo tra 15 anni?». E io ho risposto: «Ti eri spaventato quando ti hanno posto gli stessi dubbi sulla mappatura del genoma umano?». Allora lui intuì che stavo mirando a qualcosa di grande: «Ok, vai. E fammi sapere se hai bisogno di aiuto»”. E ora Riccardo vive a Boston dove lavora con Orionis Biosciences, azienda di cui è parte della leadership, fondata nel 2015 e attiva nel campo dell’healthcare, con l’obiettivo di creare per la prima volta nella storia il farmaco-genoma: il modello di interazione della molecola con tutto il corpo. “In sintesi”, confida Riccardo, “il cancro hackera letteralmente il nostro sistema immunitario. Se riusciremo a rimuovere quei blocchi e a stimolare il sistema a livello molecolare, abbiamo fatto bingo. Le molecole che facciamo fanno proprio questo: riprogrammano il sistema immunitario, senza effetti tossici e con possibilità di funzionare su ogni forma di cancro”. Riccardo però non smette di reinventarsi e pensare a nuovi progetti. “Tra dieci anni potrei tornare in Europa e concentrarmi su quella parte del corpo umano di cui ancora non mi sono occupato: il cervello”. E sempre con quella passione e costanza di chi ha a cuore il progresso dell’intera umanità, perché “la cosa più bella che puoi fare nella tua vita è guadagnare un miliardo di dollari salvando un miliardo di persone”. F GENNAIO, 2018 FORBES | 55


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Un giovanotto di 82 anni PAOLA ONOFRI / IMAGOECONOMICA

Dopo anni passati a girare in barca e a commissionare quadri a giovani artisti emergenti, Luciano Benetton ha deciso di tornare in campo. L’impresa di rinverdire i fasti del passato sembra disperata, ma il volto più noto e conosciuto della dynasty trevigiana ha deciso di provarci lo stesso e ricreare il clima delle origini DI PAOLO MADRON

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Nella foto, Luciano Benetton. L’uomo simbolo del gruppo di Ponzano Veneto riprende il timone.

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onostante i suoi 82 anni, e nonostante il mondo non sia più quello che fece da sfondo all’irresistibile ascesa della United Colors. Ma la crisi del marchio grazie al quale i quattro fratelli di Ponzano Veneto (oltre a Luciano, Gilberto, Giuliana e Carlo) diventarono famosi in tutto il mondo ha largamente passato il livello di guardia. L’impresa di rinverdirne i fasti è dunque disperata, ma il volto più noto e conosciuto della dynasty trevigiana ha deciso di provarci lo stesso e ricreare il clima delle origini. Prima mossa: rispolverare il fortunato sodalizio con Oliviero Toscani, il fotografo che ha realizzato le più importanti campagne pubblicitarie del gruppo, quelle che fecero scandalo, le uniche per altro che si ricordino. Il prete e la suora che si baciavano, Luciano nudo a tutta pagina con una scritta “Ridatemi i miei vestiti” che ne nasconde solo le parti intime. Da quando la collaborazione si interruppe, nel 2000, la comunicazione della Benetton ha smesso di diventare un evento mediatico. Seconda mossa. Un’intervista di inusitata durezza a Repubblica, un atto d’accusa contro chi, manager e familiari, ha lasciato andare la Benetton alla deri-

va. Dove ha sentenziato: “Nel 2008 avevo lasciato l’azienda con 155 milioni di euro di attivo e la riprendo con gli 81 milioni di passivo del 2016. E quest’anno sarà peggio. Per me è un dolore intollerabile”. Insomma, Luciano is back. E se ce la farà sarà contro tutto e tutti. Gli analisti sono scettici, pensano che la caduta del marchio sia irreversibile, anche perché nel frattempo sulla scena si sono affacciati altri e più agguerriti protagonisti dell’abbigliamento low cost. Gli stessi familiari sono perplessi, perché la famiglia di Ponzano da tempo i soldi li fa altrove, con le autostrade, gli autogrill e gli aeroporti, non certo con i maglioncini di cui chi ha gestito la Benetton dopo di lui – parola del fondatore – “ha spento i colori”. Ma c’è di mezzo il puntiglio, e le ragioni del cuore. Per i quattro fratelli la United Colors è quello che fu lo slittino Rosebud per il protagonista di Citizen Kane di Orson Welles: il ricordo di un tempo felice, ma soprattutto l’inesausto desiderio di farlo rivivere. Qui lo slittino è il telaio, la maniacale dedizione alla ricerca dei colori, l’idea della fabbrica come laboratorio creativo e fucina di talenti.


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Fabrica, per inciso, è il nome della scuola che neva tutti alla larga, tanto Patuano, che guarda caso poco distante dal quartier generale di Ponzano ha arriva a Treviso proprio da Telecom, è inclusivo. accolto decine di giovani artisti che hanno potuto Ha capito che la famiglia bisogna blandirla, e infattrovare sostegno alla loro attività. ti i figli dei fondatori cominciano alla chetichella a Luciano torna per difendere tutto questo, e vista entrare nei consigli d’amministrazione delle società da fuori sembra la donchisciottesca impresa di un controllate sapendo che presto la prima generazioinguaribile romantico. Perché il core business è sal- ne passerà il testimone. Ma su chi sia il destinato a damente altrove, e la seconda generazione scevra raccoglierlo è buio pesto. di sentimentalismi mostra di prediligere ai maglioEdizione ha casa ha Treviso, ma è a Roma il suo ni i milioni. centro nevralgico. Li domina un manager di granIl core business si chiama Edizione, una holdi capacità relazionali, Giovanni Castellucci, il capo ding che si costruì sui fasti (ma molti direbbero ne- di Atlantia, la subholding delle infrastrutture. Nella fasti) della privatizzazioni prodiane dei primi anni capitale i Benetton hanno sempre cercato di farsi ’90, quando lo Stato mise sul merrappresentare da uomini capaci di cato i suoi gioielli e Gilberto Benet“Nel 2008 avevo interfacciarsi con la politica. Gianton, che forse aveva intuito prima dei carlo Elia Valori, poi Vito Gamberalasciato l’azienda le, per arrivare a Castellucci, ora imsuoi fratelli il declino del loro mecon 155 milioni stiere d’origine, ne fece manbassa. pegnato nell’operazione della vita: Se uno guarda ai numeri, Edizione è di euro di attivo l’opa sulla spagnola Abertis, che è una gioiosa macchina da soldi. Nel po’ la Austostrade di Spagna con e la riprendo con un 2016 ha fatturato quasi 12 miliarin più interessi anche in società che di con un ebitda di 3,9 e 388 milioni gli 81 milioni di operano nel variegato mondo delle di utile netto. Ma soprattutto con 1,8 passivo del 2016” tlc. Madrid, che non l’ha presa bene, miliardi di euro in cassa. ha fatto scendere in campo FlorenSono numeri scintillanti, dietro ai tino Perez come cavaliere bianco. quali però si nasconde il problema di La situazione al momento è di staluna famiglia arrivata alla seconda generazione nulo, si sta aspettando il pronunciamento delle autorimerosa e disunita. Una ventina di eredi che non tro- tà di Borsa. Si profila il rischio di una guerra a colpi vano accordo su quasi nulla, figurarsi sulla leaderdi celodurismo pecuniario: Atlantia aveva offerto ship. L’unica figura di riferimento emersa era quella 16, 5 euro. Il patron del Real Madrid ha rilanciato a di Alessandro, il figlio di Luciano, che però ha avuto 18,65. E a Treviso sono pronti a rilanciare. vita breve: dopo essersi dimesso polemicamente L’iniziativa dei Benetton avviene però nel modalla presidenza della Benetton per contrasti sulle mento in cui i rapporti tra Italia e Spagna sono ai strategie, ora è fuori da tutto e gioca in proprio. minimi. Il primo ministro Rajoy non ha perdonaOgnuno dei cugini ha caratteri, esigenze a amto al suo omologo Renzi il mancato invito al vertibizioni diverse. Lo ha capito bene Marco Patuace europeo di Ventotene con Hollande e la Merkel. no, dall’ottobre del 2016 è amministratore delegato In più non è per nulla soddisfatto di come Enel sta di Edizione, dove ha raccolto la pesantissima eregestendo Endesa, la seconda impresa elettrica del dità di Gianni Mion, il manager vicentino che ha Paese comprata nel 2009 sfruttando la sua cassa. E accompagnato lo sviluppo della holding e che dequesto spiega perché nel testa a testa tra Amstertiene il primato di militanza, qualcuno maliziosadam e Milano per diventare sede dell’Agenzia euromente la chiama resistenza, accanto alla famiglia di pea del farmaco gli spagnoli abbiano votato per la Ponzano Veneto. Ben 26 anni che sono un’eternità città olandese. pensando che i quattro fratelli hanno fama di trita Così Abertis rischia di mettere i Benetton in un manager, basta vedere la pletora di amministratovicolo ceco: se perdono è uno smacco, se vincono ri delegati che alla United Colors si sono succedurischiano di doverla pagare troppo. ti come meteore. Nell’attesa Edizione ha provato a prendersi la Mion è stato il Marchionne dei Benetton, colui Ducati, mettendo sul piatto 1,2 miliardi, che non che ne ha contribuito a moltiplicarne le fortune tesono propriamente spiccioli. Invece Audi, dopo nendo accuratamente la seconda generazione fuori aver tentennato, se l’è tenuta stretta. dalle aziende. Unico incidente di percorso l’investiMa ora l’attenzione è tutta concentrata su ciò mento in Telecom, un bagno di sangue che il mache farà Luciano, il quale rientra in azienda con nager previde per tempo, senza però che questo lo spirito di Ulisse che torna a casa e trova i Proci bastasse a dissuadere Gilberto, che di Edizione è il che gli hanno usurpato il trono. A Itaca sappiamo capo indiscusso, dall’affiancare Marco Tronchetcome andò finire. A Ponzano è ancora una storia ti Provera nella sfortunata impresa. Tanto Mion tetutta da scrivere. F

1,37 miliardi di euro Il fatturato registrato nel 2016, in calo dell’8,5% rispetto al 2015

330 I punti vendita del brand aperti o ristrutturati nel corso del 2016.

36,5% Percentuale di vendite del gruppo in Italia nel 2016. Meno di Europa (38,8%), ma più di Asia e America Latina (24,7%).

3,79 miliardi di euro Il fatturato registrato nel 2016, in aumento del 4% rispetto al 2015

46,8 miliardi di Km Il traffico dei veicoli registrato sulla sua rete autostradale in Italia nel 2016

7.467 Le risorse impiegate dal gruppo, tra contratti determinati e indeterminati, al 31 dicembre 2016

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Ho brevettato il cielo Paolo di Trapani, 55 anni, è il fisico che ha sviluppato l’ottica non lineare ultraveloce e lo studio delle interazioni tra la materia e impulsi laser ultrabrevi. Risultato: la sua Coelux porta la luce del sole in ambienti chiusi DI OSCAR GIANNINO

Paolo Di Trapani, ceo di CoeLux®.

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ncontrare uno che ti dice “ho replicato il cielo ma solido, e l’ho brevettato”. E aggiunge, “ho brevettato il sole e la luna”. No, non è un matto. E’ un fisico italiano, che alla passione scientifica ha aggiunto l’amore per lo stupore. E, soprattutto, la capacità di vedere in questo il futuro di un’impresa straordinaria, in grado di scalare verticalmente volumi e redditività. L’impresa c’è, a 17 anni dalla prima intuizione è arrivata verso la fine dello sviluppo di tecnologie e prodotti. Ora la sua sfida è scalare il mercato, diventare un grande player: ma intanto ha un brand eccezionale, e un prodotto che, letteralmente, non è mai esistito. La storia della CoeLux – pronunziare alla tedesca, niente “c” dolce e dittongo alla latina- è quella del suo visionario fondatore. Paolo di Trapani, 55 anni, per metà valtellinese e per metà siciliano, liceo classico a Sondrio e fisica all’Università di Pavia e al collegio Ghislieri. Una grande passione per l’outdoor e la montagna. E per il teatro, e anche in quel caso per le luci di scena. Da fisico teorico, una volta laureato, il dottorato da meccanica

quantistica nel 1992 vira prestissimo all’Università dell’Insubria verso l’ottica non lineare ultraveloce, lo studio delle interazioni tra la materia e impulsi laser ultrabrevi. Un giorno del 2001 un amico gli chiede una conferenza sulla luce a dei giovani allievi. Ed ecco. All’aeroporto di Amsterdam si imbatte in un libro che gli cambia la vita. Light and Colours in the Outdoor, autore un astronomo belga, Marcel Minnaert, che ha studiato il sole tutta la vita. Il libro lo incanta, racconta tutti i fenomeni che la luce produce in natura, a cominciare dalla striscia di luce che si crea al centro dell’ombra sovrapposta di due rami, a seconde della loro distanza e grandezza relativa. Fenomeni a cui il ricercatore dei laser non aveva mai fatto caso. Il libro lo indispettisce, anche. E parte una lunga campagna, macchina fotografica alla mano, per riprendere e riprodurre i fenomeni in laboratorio. Ebbene sì, le spiegazioni fisiche di Minnaert risultano impeccabili, i fenomeni riproducibili. Lo stupore di Di Trapani è l’inizio di una grande storia, coinvolgendo fin dal primo giorno i suoi studen-


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ti. “Aprendo una finestra non ero più cieco”, dice Di Trapani. “Ora vedevo la luce nella realtà come la vedono da secoli gli artisti. Solo che io non ci sono arrivato con l’arte, ma con la tecnologia”. Dal 2001 al 2007 nascono da questa ricerca le prime installazioni per il pubblico sui fenomeni luminosi. Nel 2002 una piccola mostra a Como, nel 2003 e 2005 al Festival della scienza a Genova. Poi, la svolta. Nel 2007, a Vilnius, capitale lituana, dove è capitato per via dei contatti universitari vista la competenza ex sovietica di quel Paese nella ricerca sui laser. A Vilnius riesce a ottenere 1500 metri quadri di una stazione ferroviaria e 100 mila euro. Sette ambienti in cui la luce è quella naturale dei boschi, temporali, tramonti, foschie, con musica a palla e Dante, Leopardi, Troisi. La ricostruzione di come essi avevano percepito la luce. Non era teatro sulla fisica, ma l’uso della fisica per realizzare esperienze sensoriali. La fisica spiega, ma l’esperienza sensoriale “fissa” la sensazione attraverso l’esperienza sensoriale e del ricordo. Ne verrà fuori un successo clamoroso, in due settimane in piccoli gruppi oltre 20mila visitatori a pagamento. Da quel successo, l’idea. “La mission dell’Università è ricercare e trasmettere conoscenza, ma quella esperienza restituì immediatamente la possibilità della traduzione in un business, in un’impresa”, dice Di Trapani. Da allora anni di sviluppo, tanta ricerca, un centinaio di brevetti realizzati attraverso una catena di laboratori e fornitori in mezza Europa. Perché alla replicabilità delle caratteristiche fisiche della luce solare diversa nel ciclo giornaliero va aggiunta la disomogeneità dell’atmosfera. Di qui il brevetto del “cielo solido”, cioè materiali semplici e poco costosi – plastica, vetro – nei quali vi è però una distribuzione random di nanoparticelle a seconda degli effetti ricercati. Di qui la necessità di brevettare sole, luna e stelle, cioè sistemi a led con emissione ed effetti uguali alla luce di quei corpi celesti che percepiamo attraverso l’atmosfera. Di qui ancora la necessità di ottiche che ci diano l’esatta sensazione della distanza e delle ombre, che sono colorate e non solo nere e grigie come sotto luce d’interni standard. Tutto questo è stato fatto, in questi anni. E ora fioccano le prime installazioni. All’Humanitas, a Milano, usano un impianto riservato ai pazienti oncologici gravi, sottoposti a irradiazione in un ambiente chiuso che oggi è invece naturalmente illuminato da luce solare. Ma ogni appartamento, aereo, autoveicolo potrà avere un dispositivo analogo. Con soluzioni ad hoc per il residenziale, gli immobili corporate, le superfici commerciali. Con quali capitali in questi anni il progetto è andato avanti? “Innanzitutto dall’Università dell’Insubria, grazie alla kungimiranza del suo allora ret-

tore. Poi una decina di milioni dai fondi europei, i primi 500mia euro nel 2006. Coi fondi europei si possono avviare aziende vere. Nella prima call di Horizon 2020 prendemmo 2,2 milioni, il resto d’Italia meno di 4. Con le banche è stato più complesso. Un professore universitario viene visto dal finanziatore italiano come l’esatto contrario di un imprenditore cui far credito. Ma ora sono banche internazionali e asiatiche, a cercarci. All’inizio è stato difficile anche il recruitment, perché in Italia non è così facile che persone di elevato capitale umano accettino di scommettere tutto sul fattoi che il valore dell’azienda diventerà trenta volte superiore in pochi anni. “Oggi”, continua Di Trapani, “la sfida per noi è scalare volumi e valore: nel mondo del lighting, che fattura 80 miliardi, non metti in piedi una catena di fornitori e clienti d’eccellenza se non viaggi sul milione di pezzi l’anno. Ma noi abbiamo un prodotto che non ha nessuno, e che attira grandi player dell’immobiliare insieme grandi corporations. Perché il nostro brand è il cielo, e oggi lavoriamo a un progetto per portarlo anche nello spazio, il cielo e l’atmosfera terrestre non ci sono. La nostra sfida oggi è realizzare un network con gruppi che vogliano condividere la nostra certezza: portare questa grande realizzazione dello stupore e del know how italiano nel mondo. Nel nostro caso il gesto tecnologico invera autocoscienza umana. Riproducendo l’outdoor in ambienti chiusi noi non offriamo surreale ma super-reale, come ha detto un mio studente. La possibilità di realizzare in ogni spazio un universo”. F

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Sotto: CoeLux® 45 HC, BCG Group, Milano; più sotto: CoeLux® 45 HC, NIKE Store, Milano.

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La forza della pazienza Albiera Antinori è stata nominata da poco alla presidenza del grande gruppo vinicolo di famiglia. La sua filosofia tra le vigne e in cantina è: “Senza fretta si raggiunge l’eccellenza”. E i risultati si vedono DI GIORGIO LONARDI

Albiera, Alessia e Allegra Antinori nella loro cantina in Chianti.

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ro molto giovane e molto emozionata nel 1994 quando mio padre mi affidò Prunotto, un’azienda piemontese che produceva Barolo, Barbaresco e Barbera”. Albiera Antinori, da pochi mesi presidente di Marchesi Antinori, 174 milioni di euro di ricavi nel settore vitivinicolo, fa una pausa. E il suo lieve accento toscano acquista spessore: “Fu una svolta. Per la prima volta tutto il processo produttivo, dal lavoro nelle vigne alla cantina, al rapporto con l’enologo e alla vendite, era davanti ai miei occhi. Prunotto negli anni ’90 era una azienda piccola. Ma io dovevo occuparmi di tutto. La responsabilità era grande. C’era da far tremare i polsi. Così mi rimboccai le maniche e mi misi a lavorare. A casa mi avevano insegnato a far bene i compiti”. La casa di Albiera, ovvero la famiglia Antinori, ha fatto bene i compiti per più di 600 anni, da quando, nel 1385, Giovanni di Piero Antinori entrò a far parte dell’Arte Fiorentina dei Vinattieri. Le esportazioni iniziarono ufficialmente nel 1753: l’anno in cui venne inviato il primo carico di vino nel Regno Unito. “In realtà”, puntualizza Albiera, “già dal ‘500 i miei avi che erano mercanti e

banchieri fecero conoscere il vino delle loro tenute in Francia, nelle Fiandre e in Germania”. Più tardi, nel 1863, Piero, figlio di Niccolò, insieme a suo fratello Ludovico e a Guglielmo Guerrini, marito della sorella Ottavia, fondò l’attuale Marchesi Antinori, chiamata in origine Marchesi L&P Antinori. Tanta storia, dunque. E un colosso che si è consolidato nel tempo, un passo dopo l’altro, senza fretta e con cadenza sicura. Gran parte del merito va ascritto a Piero Antinori, il padre di Albiera e delle due sorelle Allegra e Alessia anche loro in azienda con posizioni di responsabilità. Lo stesso Piero che nel 1971 lanciò il Tignanello, un vino che avrebbe rivoluzionato il panorama enologico italiano. “È il mio preferito”, rivela Albiera, “ha l’80% di Sangiovese, un vitigno principe di eleganza, di profumi, di vitalità. Ma che manca di struttura e di colore. E il Cabernet è ideale per completarlo proprio perché apporta le caratteristiche di cui è privo il Sangiovese. Anche le tecniche di vinificazione erano innovative. A cominciare dall’affinamento in barrique, piccole botti di legno, per poco tempo. Mentre negli anni ’70 si usavano botti grandi per molto tempo”.


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Piero Antinori, miscelando con mano sicura tradizione e innovazione ha costruito il terzo gruppo italiano nel settore vitivinicolo, il primo a proprietà privata dietro alle due cooperativa Cantine Riunite & Civ e Caviro. Nel 2016, infatti, Palazzo Antinori, la holding finanziaria di famiglia, ha fatturato 218 milioni di euro, mettendo nel conto oltre al vino anche la ristorazione e l’ospitalità negli alberghi e nelle guest-house della società. Un risultato dovuto soprattutto ai 2mila ettari di vigneti di proprietà in Italia e ai 618 all’estero. E alla vendita di oltre 23 milioni di bottiglie. Quanto all’utile è del 21%: una percentuale eguagliata da pochissime aziende italiane del settore. Eppure lei, Albiera, 26esima generazione degli Antinori, non ci sta a questa radiografia del gruppo di famiglia. Dice: “I numeri rischiano di essere fuorvianti. E non fanno capire la nostra strategia. I 2mila ettari di vigne evocano un’enorme distesa tutta eguale. Non è così. Perché Antinori è un po’ speciale: legata al territorio, alla ricerca ossessiva della qualità, all’attenzione per il dettaglio. Noi abbiamo trenta fattorie ognuna con il suo enologo che conosce palmo a palmo i vigneti. Perché l’obiettivo è puntare non solo sull’eccellenza del prodotto ma anche sulla sua diversità. Anzi, noi vogliamo esasperare la diversità di ogni territorio. Ed estrarre da ognuna delle fattorie dei vini unici, delle doc con una personalità riconoscibile e ben distinta”. Dalle parole di Albiera Antinori discende un modello di business originale. Prendiamo la crescita: l’anno scorso il gruppo ha registrato un aumento dei ricavi pari al 4,5%. Non c’è male. Eppure c’è chi ha avuto un’espansione a doppia cifra ricorrendo anche alle acquisizioni. “Noi siamo diversi”, commenta la presidentessa, “la nostra crescita oscilla fra il 2% e il 5% . È pericoloso crescere trop-

po. Vuol dire che non curi la qualità nelle vigne o in cantina. Meglio andare avanti a un ritmo sostenibile e puntare sull’eccellenza. Riguardo alle acquisizioni Prunotto è stato un caso unico di un’azienda già avviata con il suo marchio. In genere, come abbiamo fatto in Puglia con Tormaresca, acquistiamo i terreni, piantiamo le vigne e costruiamo la cantina. Ci vuole tempo per avere i primi risultati. E pazienza: almeno tre anni”. In realtà oltre al tempo la crescita sostenibile richiede grandi risorse economiche. E da questo punto di vista l’azienda toscana si è impegnata parecchio. “Negli ultimi 15 anni”, afferma Albiera Antinori, “abbiamo investito 250 milioni di euro rinnovando le viti e costruendo 11 cantine. Tutti gli utili sono stati impegnati in questi progetti. Solo l’anno scorso c’è stata una piccola distribuzione di dividendi”. Emblematico il caso della cantina di San Casciano in Val di Pesa, nel cuore del Chianti, costata 100 milioni di euro e inaugurata nel 2005. Quasi invisibile dall’esterno, a parte due fenditure che attraversano la collina, la struttura firmata dallo studio Archea Associati per la sua bellezza, le linee pure, il rispetto dell’ambiente, è diventata un’attrazione che nel 2016 ha richiamato 45mila visitatori. “E quest’anno”, come anticipa Albiera, “saranno un po’ di più” . Oggi San Casciano risponde a diverse esigenze di Marchese Antinori. La prima è l’unificazione degli uffici in un’unica sede. Poi c’è il contatto diretto con il pubblica che entra, s’informa, acquista il vino, conosce il marchio e apprezza la bellezza della sede. “La sostenibilità per noi”, conclude Albiera Antinori, “vuol dire anche essere una risorsa per la nostra terra. Chi viene a visitarci spesso mangia nelle trattorie della zona o dorme negli alberghi dei borghi vicini. E impara ad apprezzare la grande bellezza del Chianti”. F

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Nelle foto: Palazzo Antinori a Firenze; la cantina di San Casciano in Val di Pesa; e bottiglie di Solaia e Tignanello.

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Quel qualcosa in più dell’impresa in rosa Anna Giuliani 25 anni fa volò in America con un obiettivo: siglare un patto con una multinazionale e portare gli integratori alimentari, allora sconosciuti, in Italia. Oggi guida la Solgar Italia Multinutrient, un’azienda tutta (o quasi) al femminile DI SUSANNA MESSAGGIO

S Anna Giuliani al convegno “Beauty and Benessere” per i 25 anni di Solgar Italia Multinutrient.

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e business è una parola maschile, impresa è donna. E nonostante le aziende al femminile in Italia possano considerarsi quasi una rarità, in quel di Padova prospera un’azienda che rappresenta una felice eccezione. O meglio, un modello imprenditoriale di successo, tutto, o quasi, al femminile. Si tratta di Solgar Multinutrient, attiva nella ricerca e produzione di integratori alimentari, di nutraceutici, vitamine, minerali, aminoacidi ed estratti erbali. L’azienda oggi può essere considerata un fiore all’occhiello del tessuto produttivo italiano e un’eccellenza del Nord Est. E soprattutto conta tra i suoi collaboratori una presenza di donne pari

all’80%. A partire dalla presidenza, passando per gli agenti sul territorio fino al personale che movimenta le merci in magazzino con i muletti, anch’esse donne. Alla testa di questo esercito femminile del benessere c’è il presidente Anna Giuliani. Madre di tre figli (Giada, Leopoldo e Michelangiolo Caudullo), Anna è riuscita a prendere le redini dell’azienda non senza sacrifici. E non solo per le incombenze del mestiere di madre. Perché l’impegno non era esattamente fuori dalla porta di casa. Solgar è infatti una multinazionale nata nel 1947 a New York. Tanto che Anna a un certo punto ha smesso di contare i voli transatlantici presi negli anni ’90 per imparare sul


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campo il mestiere e per trasformarlo successivamente in capacità manageriali. L’obiettivo, centrato, di Anna Giuliani infatti era quello di siglare un patto con la multinazionale e portare gli integratori alimentari in Italia. Oggi Solgar è un marchio con oltre 450 referenze (o prodotti) e una rete di 50 filiali in tutto il mondo, che in Italia opera tramite Solgar Italia Multinutrient. Su un mercato, quello delle sostanze capaci di integrare la dieta principale fornendo un supporto extra al nostro fisico in caso di bisogno, che prima del 2000 era completamente sottovalutato nel nostro Paese. Anna invece aveva ben chiare, avendole toccate con mano negli Usa, le potenzialità di quelli che sul mercato americano sono chiamati supplements, un supplemento appunto per la salute. Così oggi parlare di nutraceutica, la disciplina che studia le sostanze alimentari in grado di migliorare il benessere dell’organismo, significa far luce su un settore guida del cosiddetto consumer health, ossia il settore dei beni di consumo dedicati alla salute e al benessere. Solo dal 2014 al 2016 il mercato della nutraceutica in Italia ha fatto registrare un incremento del 7,4% (tra farmacie, parafarmacie e grande distribuzione) diventando – secondo una ricerca di QuintilesIMS – il traino del settore. L’Italia è addirittura prima in Europa per spesa pro capite. E da un’altra inda-

Michelangiolo Caudullo, direttore finanziario di Solgar Italia gine, realizzata da GfK per FederSalus, è emerso Multinutrient.

che 32 milioni di italiani hanno utilizzato almeno un integratore alimentare nell’ultimo anno. Un impegno, quello di Anna Giuliani, che quindi ha dato i frutti sperati. E che non è stato l’unico obiettivo raggiunto. Perché nel frattempo i figli sono cresciuti, hanno portato avanti gli studi e hanno seguito le orme della madre in azienda. Giada nel 2014 ha lanciato un’Accademia il cui programma, autorizzato dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, approfondisce il legame tra nutrizione, cucina e integrazione. A Leopoldo invece spetta la direzione commerciale e marketing della società. Mentre Michelangiolo Caudullo, il figlio più giovane, dopo la laurea nel 2008 in Diritto dell’economia a Padova e un master in Sda Bocconi in Financial Accountant e Private Banking & Wealth Managing è oggi direttore finanziario e amministrativo di Solgar Italia Multinutrient. Una “quota azzurra” nell’azienda delle donne che ricopre però un ruolo decisivo per lo sviluppo delle linee guida di crescita. “Mia madre”, spiega Michelangiolo Caudullo, “ha varcato l’Atlantico più di vent’anni fa per siglare un accordo con la multinazionale americana credendo nell’opportunità di lanciare e promuovere sul nostro mercato un marchio d’eccellenza. Una scommessa vinta, che si è rinnovata anche nel 2017 con una crescita del 12% sia per nuove referenze sia per l’attività scientifica sviluppata con scienziati della caratura di Vittorino Andreoli. In Italia il fatturato ha superato i 30 milioni di euro e in Svizzera nel 2017 il giro d’affari è raddoppiato rispetto al 2016”. Nel 2017 Solgar Italia Multinutrient ha compiuto 25 anni e per l’occasione ha ampliato la sede con un nuovo immobile di 2mila metri quadrati. È il segnale di una nuova scommessa sul futuro? “Nel 2018 puntiamo a nuove assunzioni. Il numero dei collaboratori è già arrivato a 140, di cui 70 dipendenti in sede e 70 agenti sul territorio. Ma non c’è solo distribuzione per il gruppo, nei laboratori si fa anche ricerca e sviluppo. Oltre a ciò, il 2018 vedrà un incremento in investimenti pubblicitari, un rinnovo dei sistemi informatici con nuovi software capaci di evadere gli ordini con maggiore celerità”. Sempre con una particolare attenzione alla preservazione ambiente, in favore della quale Solgar organizza durante l’anno numerose iniziative, e che “è un patrimonio immenso da tramandare a chi verrà dopo di noi”, dice Michelangiolo Caudullo. “Sa”, aggiunge, “io ho un figlio. E tra poco mio fratello Leopoldo diventerà padre per la seconda volta. E speriamo sia…maschio!”. F

CHI USA GLI INTEGRATORI E COME Fra gli italiani che utilizzano gli integratori prevalgono esigenze di “cura” (40%) e “prevenzione” (39%), soprattutto tra gli over 65 e le donne ma una percentuale non trascurabile (38%) vi fa ricorso con la motivazione “tono e rinforzo”. Le donne sono i principali consumatori di integratori (il 58% del totale), ma cresce comunque il numero degli uomini che ne fanno uso. L’utilizzo nell’area del tono e del rinforzo interessa soprattutto i giovani (20%) che puntano a migliorare le performance fisiche e cognitive e le difese immunitarie. E’ quanto emerge dalla più recente ricerca GfK Eurisko per FederSalus. La ricerca ha rilevato inoltre che il 52% dei medici di medicina generale e il 33% dei medici specialisti consiglia abitualmente integratori alimentari per soddisfare le molteplici esigenze dei loro pazienti. I medici di medicina generale, in particolare, tendono a consigliare gli integratori soprattutto per risolvere problemi gastrointestinali (instestinali 38%, gastrici 49%), cardiovascolari (colesterolo e dislipidemie 57%) e osteoarticolari (47%). Mentre per il medico specialista, gli integratori rappresentano una scelta valida per problemi relativi agli occhi (45%), l’apparato urogenitale (35%) e i disturbi femminili (25%).

GENNAIO, 2018 FORBES | 63


Vertical

LA CASSANDRA DEL DIGITALE Tatiana Rizzante, sposata e in carriera, è alla guida di Reply, società di famiglia, fondata da suo padre e da un gruppo di manager, specializzata in consulenza e servizi IT. Il suo potere? Anticipare i trend tecnologici DI DANIEL SETTEMBRE

A

leggere sul sito la descrizione della società nella sezione About, – “Reply è una società specializzata in Consulenza, System Integration e Digital Services, dedicata all’ideazione, progettazione e implementazione di soluzioni basate sui nuovi canali di comunicazione e i media digitali” – non si ha la giusta percezione di quanto effettivamente il suo business sia proiettato in un futuro che a molti può sembrare magico e incomprensibile. La caratteristica della piemontese Reply è infatti quella di essere sempre attenta a ciò che è innovazione e anticipare le nuove tecnologie in un mondo dove il progresso, soprattutto in questo settore, è frenetico e incalzante. A incarnare al meglio la visione del futuro dell’azienda è il ceo del gruppo, Tatiana Rizzante, donna in carriera di 47 anni, sposata con una figlia. Mario Rizzante, suo padre, fondò Reply nel 1996 insieme a un gruppo di manager dell’IT. Tra Tatiana e la tecnologia, ormai pervasiva nella sua vita, è stato amore a prima vista. L’indirizzo scientifico alla facoltà di ingegneria al Politecnico di Torino è stato inizialmente caldeggiato dal padre (lei sognava un futuro da restauratrice

64 | FORBES GENNAIO, 2018

d’arte), ma si è fin da subito appassionata alla disciplina al punto che ancora da studentessa organizzò una sorta di circolo universitario finalizzato a tenere corsi di informatizzazione per studenti di altre facoltà. Nel 2006, dopo 10 anni dalla fondazione e quattro dalla quotazione avvenuta nel dicembre 2000, Tatiana prese le redini dell’azienda dando il via all’espansione in Europa, in particolare in Germania e Inghilterra. Oggi il gruppo conta oltre 6.400 dipendenti e una capitalizzazione di quasi due miliardi di euro. Un bel salto visto che al momento della quotazione Reply capitalizzava “appena” 30 milioni di euro. Un successo che lo si deve soprattutto a Tatiana e al suo potere di digitalizzare qualsiasi cosa. Anche i rubinetti. “Abbiamo collaborato con Grohe, società di rubinetteria, per sviluppare un progetto che si chiama Grohe Sense”, racconta Tatiana, con l’entusiasmo di chi ci mette passione in tutto quello che fa. “In pratica, grazie a una parte di sensoristica, viene rilevata la presenza di eventuali perdite di acqua, e vieni così avvisato attraverso l’app Grohe Ondus, prima che la situazione possa peggiorare. In questo modo si potrà provvedere e


ENTREPRENEURS

I NUMERI DI Nei primi nove mesi il fatturato del gruppo ha raggiunto i 651,3 milioni di euro, in crescita del

14% rispetto ai 571 milioni di euro registrati un anno fa. L’Ebitda consolidato, a settembre, è stato pari a 89,8 milioni di euro (75,2 milioni di euro a settembre 2016) con un Ebit di 81,7 milioni di euro (68,8 milioni di Euro a settembre 2016). L’utile ante imposte di 78,7 milioni di euro è in crescita del 14,2% rispetto al dato 2016. Con riferimento al terzo trimestre 2017 (luglio-settembre), il gruppo registra un fatturato consolidato di

209,7 milioni di euro (184,8 milioni di euro nel 2016); un Ebitda di 28 milioni di euro (23,9 milioni di euro nel 2016) un Ebit di 24,7 milioni di euro (20,8 milioni di Euro nel 2016) e un risultato ante imposte di 25,3 milioni di euro (+16,6% rispetto al dato 2016). Al 30 settembre 2017 la posizione finanziaria netta di Reply è positiva per 66 milioni di euro, in crescita rispetto ai 35,3 milioni di euro registrati al 30 giugno 2017. fermare la perdita d’acqua, evitando spiacevoli allagamenti in casa. Un principio che può essere attuato potenzialmente a tutti gli elettrodomestici, come la lavatrice, che può automaticamente cambiare la tipologia di lavaggio in funzione, per esempio, del tipo di detersivo utilizzato. Insomma, qualunque oggetto sta diventando connesso e, grazie all’installazione di una maggiore quantità di software di intelligenza artificiale rispetto a quanto avveniva in passato, può diventare anche un canale di vendita con il cliente”. In pratica: “Devo comprare il detersivo? Lo faccio schiacciando un bottone ad hoc sulla lavatrice”. È l’Internet of Things, bellezza. Ovvero: la connessione delle cose, di qualsiasi oggetto che ci circonda, da molti considerata uno dei trend tecnologici che sta dominando il nostro tempo. E Tatiana, moderna Cassandra del mondo tech che coltiva ancora la pittura come hobby personale, è stata tra le prime a parlare di IoT già nel 2009, appena due anni dopo la presentazione planetaria di Steve Jobs del suo primo iPhone. Internet of Things, ma anche Machine Learning, Big Data, Cloud Computing. Questo è il mondo dei servizi che fornisce Reply, attiva in svariati settori industriali come, tra gli altri, l’automotive, i servizi finanziari, la logistica, le telecomunicazioni e i media, la sanità e l’e-commerce. “Lavoriamo spesso con aziende del lusso e del retail, oltre che, ultimamente, nel settore dei trasporti. Siamo anche uno dei principali partner di Sap Hybris (fornitore di soluzioni e-commerce, ndr), con il quale recentemente abbiamo supportato Lavazza nel disegno e nell’implementazione del nuovo sito di e-commerce in cloud”. Utilizzando Amazon Web Services, Reply ha infatti migrato l’infrastruttura dell’e-commerce di Lavazza su cloud, in grado di garantire all’azienda una mag-

giore capacità e flessibilità, oltre alla possibilità di controllare i rilasci e standardizzare i processi. Per i prossimi mesi i progetti non mancano. “Con l’inizio dell’anno abbiamo in cantiere un paio di progetti nel campo del Data Robotics. Stiamo poi continuando a rafforzare la nostra presenza anche in altri mercati esteri, soprattutto in Germania. A gennaio, infine, partiremo con un team dedicato per la Smart Home, un settore che in questo momento risulta essere particolarmente florido. Anche in questo caso si tratta di far dialogare le cose di casa”. Cioè? “Per esempio, quando salgo in auto, grazie a un software connesso ai miei elettrodomestici, vengo subito avvertito in caso di problemi: «Attenzione, hai lasciato il gas aperto». Insomma, piattaforme che correlano gli oggetti connessi tra di loro”. Non mi sento ancora soddisfatto e chiedo a Tatiana una delle sue previsioni per i prossimi anni. La risposta è secca: “Quantum computing”. In parole povere? “In pratica avremo processori migliaia di volte più veloci dei sistemi computazionali a cui siamo abituati oggi. Un esempio? Un chip minuscolo ma potentissimo all’interno della stanghetta dei nostri occhiali. Ne deriva una capacità computazionale elevatissima per ogni singolo oggetto fisico, connesso con gli altri attraverso una rete capillare in 5G che, oltre ad abbassare i costi, può arrivare a ridurre la latenza sotto il millisecondo. Insomma, un mondo simile all’attuale Internet of Things, ma infinitamente più potente. Ci sono già sperimentazioni usabili da parte di società come Ibm, ma siamo davvero agli albori di questa tecnologia”. Ora sì che mi gira la testa. “Ora, scusatemi, ma devo andare. Ho una video conference call con Londra”. La cara vecchia video conference call. F GENNAIO, 2018 FORBES | 65


Verticals

ENTREPRENEURS

Un italiano addolcisce la Cina Nicola Fabbri è stato il primo esploratore in Asia dell’azienda bolognese. È riuscito ad aprire molte porte. E a raggiungere il successo con i suoi prodotti. Ma ora l’obiettivo più ambito è un’etichetta DI FEDERICO MORGANTINI

Nella foto Nicola Fabbri.

66 | FORBES GENNAIO, 2018

“E

ra il 1905 quando il mio avo Gennaro Fabbri aprì la nostra azienda. Da allora è ancora oggi totalmente a conduzione familiare. Siamo arrivati alla quinta generazione e a un fatturato di quasi 80 milioni di euro”.

Si sente l’orgoglio di Nicola Fabbri, attuale amministratore delegato, quando racconta del passato della sua famiglia e della sua azienda. Infatti per ogni posizione chiave cita un fratello, un cugino o un nipote, ma non i figli: “Ho due femmine, una studia da avvocato e l’altra da designer; sono bravissime ed è giusto facciano ciò che amano di più”. Poi continua: “Io invece ero un pessimo studente e non vedevo l’ora di lavorare in azienda. Mi sono laureato in Sociologia, ma già lavoravo in Fabbri durante l’università”. Nicola Fabbri, nato nel 1964, da metà anni ’80, tra i fratelli, è stato quello che viaggiava, quello che apriva i mercati e portava l’azienda nel mondo. Da Bologna è arrivato a vendere in ben 110 paesi, con dieci filiali e addirittura un sito produttivo in Argentina. Ma ormai da anni la sua vera passione è la Cina. “La prima vendita in Cina è datata 1999, poi con gli anni abbiamo capito che questo Paese è troppo complicato e vasto per coprirlo da lontano e nel 2007 abbiamo aperto la nostra sede a Shanghai, una WFOE (Wholly Foreign-Owned Enterprise, ndr) e da poco anche uno showroom a Pechino”. L’approccio che Nicola ha avuto al Paese asiatico è stato molto serio: decine di viaggi, settimane e settimane vissute in Cina girando per alberghi, ristoranti e le primissime pasticcerie; giorni e giorni a parlare con chef e persone comuni per capirle e cercare il modo di avvicinarle a un prodotto praticamente sconosciuto in Cina: i dolci. “All’inizio, da sociologo, continuavo a dirmi che per cultura e abitudini i cinesi non amano le cose fredde, così ho spinto sugli sciroppi, le amarene e gli ingredienti per pasticceria. Ma la verità è che questo Paese è enorme, le abitudini cambiano velocemente come da nessuna parte nel resto del mondo e c’è spazio per ogni prodotto. Così adesso puntiamo su tutti i nostri ingredienti per il gelato”. In dieci anni di presenza, le attività in Cina sono cresciute molto. Attualmente la Fabbri Shanghai impiega 25 persone e fattura quasi 4 milioni e mezzo di euro, esclusivamente con prodotti made in Bologna, importati con mille difficoltà: container termoregolati, applicazione di etichette in cinese, regolamentazioni locali complesse. A parte le storiche amarene, sul mercato cinese l’azienda vende solo prodotti B2B come gli ingredienti per le cucine dei grandi alberghi, le pasticcerie, le gelaterie e per aziende dolciarie di qualità. Il forte investimento sulla promozione del brand è basato su una strategia simile a quella di Intel: l’ambizione è quella che nelle etichette un giorno si scriva “Fabbri inside” o “with Fabbri ingredients”. F


Verticals

LEGAL

MARCO SARACCO / SHUTTERSTOCK.COM

WEALTH MANAGEMENT

L’enfant prodige del real estate vive in affitto DI CLAUDIO RINIERI

La nuova skyline di Milano e, a destra, Mario Abbadessa, responsabile di Hines in Italia.

H

a solo 33 anni ed è già il Responsabile di Hines in Italia. Nel mondo Hines è un colosso del real estate con 90 miliardi di dollari di asset in gestione, 3000 dipendenti e una presenza in 20 Paesi del mondo. In Italia ha realizzato, oltre all’area di Porta Nuova a Milano, investimenti per 1 miliardo di euro solo negli ultimi 18 mesi con acquisti di immobili di pregio, in particolare, nel centro di Milano. L’ultima acquisizione ha riguardato la ex sede di Luxottica vicino a Piazza Cordusio. Nei prossimi 18 mesi Mario Abbadessa ha un obiettivo ambizioso, quello di raddoppiare questa cifra investendo un altro miliardo di euro sempre in immobili di elevato pregio. Abbadessa sta anche lavorando per aprire una divisione definita “living” dedicata al mercato residenziale che porti Hines ad acquisire immobili con l’obiettivo, una volta riconvertiti, di affittarli a famiglie e studenti universitari, con un focus sulla fascia alta di mercato. Mario ha studiato economia alla Bocconi di Milano e poi ha conseguito una laurea specialistica in real estate ad Amsterdam. In Olanda ha poi lavorato per due anni prima di entrare prima in Generali e poi in Hines nel 2012. Nel 2016 Hines ha costituito la nuova realtà italiana Hines Italy Re mettendo alla guida il giovane manager. A comunicargli la decisione è stato direttamente il fondatore Jerry

Hines nella sala riunioni del consiglio di amministrazione situata nella Williams Tower di Houston. Di quell’incontro Abbadessa ricorda le parole di Hines chiare e dirette: “Non è un problema se perdi una parte dei miei soldi, sarà invece un problema per te se danneggi la mia reputazione”. La reputazione è diventata per Abbadessa un punto fermo della sua attività in Italia. Per Hines reputazione significa trasparenza dei processi, attenta selezione delle controparti e sviluppo di progetti e interventi che si caratterizzino per la sostenibilità energetica e per il sostanziale miglioramento del contesto in cui sono inseriti. Determinato, diretto e scaramantico, Abbadessa vive a Milano con la famiglia nella zona dell’Arco della Pace vicino al Parco Sempione. La sua scelta di vita attuale è particolare. Per un manager abituato ad investire miliardi in immobili la scelta personale è stata quella dell’affitto, motivata dal continuo cambiamento delle esigenze e dalla fluidità della sua fase di vita che rende l’acquisto una scelta troppo vincolante. Nel tempo libero ama i grandi spazi e pratica il winsurf a Napoli e sul Lago di Garda. Con Hines vuole proseguire gli investimenti non solo a Milano ma anche in altre città quali Venezia, Firenze e Roma con l’ottica della clientela residenziale che voglia prediligere, come ha fatto lui, soluzioni di affitto di elevata qualità. F GENNAIO, 2018 FORBES | 67



Ranking

L’INNOVAZIONE PORTA GLI OCCHIALI La classifica Forbes delle 100 aziende innovative al mondo DI ANDREA TELARA

A

tenere alto il tricolore italiano c’è un’azienda sola: la Luxottica di Leonardo Del Vecchio, un big dell’occhialeria che, nonostante la leadership conquistata da decenni nel suo settore, continua a sperimentare con convinzione nuovi prodotti e nuovi processi industriali. Per il resto, la classifica delle 100 aziende più innovative al mondo stilata da Forbes include molti nomi extra-europei, in prevalenza statunitensi, cinesi, indiani asiatici, coreani o indonesiani. Al vertice del ranking c’è la californiana Salesforce. com, che in diverse parti del globo e in molti settori ha rivoluzionato il modo di operare delle reti di vendita, grazie all’utilizzo della tecnologia del cloud computing. Seguono a ruota altre due aziende statunitensi: la Tesla di Elon Musk, con le sue vetture elettriche d’avanguardia e la Amazon di Jeff Bezos, colosso planetario del commercio elettronico fio-

rito agli inizi del millennio con l’avvento dell’era di internet. Per trovare una società europea bisogna scendere al 35esimo posto, dove si piazza il gruppo francese della moda e del lusso Hermes, mentre Luxottica è in 76esima posizione, subito dopo la danese Pandora. A ben guardare, però, anche nel nostro Paese non mancano tante altre aziende che hanno nel proprio Dna i geni l’innovazione. Si tratta spesso di startup o di imprese di medie dimensioni trasformatesi in “piccole multinazionali tascabili”, per la loro capacità di avere successo all’estero, di cavalcare al meglio dei business e delle tecnologie di nicchia o per la loro maestria nel dare nuova linfa alla tradizione artigianale del nostro Paese, coniugandola con processi produttivi ultramoderni. Nelle pagine seguenti, viene presentata una panoramica sulle aziende italiane più innovative, selezionate per Forbes dagli esperti di PwC Italia.


LE MAGNIFICHE

100

1. Salesforce.com USA

82,46% *

2. Tesla USA

78,43%

3. Amazon.com USA

72,78%

4. Shanghai RAAS Blood Products CINA

71,72%

5. Netflix USA

71,54%

6. Incyte USA

70,91%

7. Hindustan Unilever INDIA

68,59%

8. Asian Paints INDIA

68,28%

9. Naver SUD COREA

65,85%

10. Regeneron Pharma USA

64,4%

11. Unilever Indonesia INDONESIA

63,65%

12. BioMarin Pharma USA

63,57%

13. Monster Beverage USA

63,16%

14. Adobe System USA

62,75%

15. Autodesk USA

62,39%

16. Amorepacific SUD COREA

61,53%

17. Vertex Pharma USA

61,41%

* tasso d’innovazione 70 | FORBES GENNAIO, 2018

I campioni dell’innovazione made in Italy selezionati da PwC

C

osa accomuna i maglioni in cashmune esistente tra tutte queste realtà così vamere del marchigiano Brunello Cu- riegate: “Si tratta di aziende che sono riuscite cinelli, i pagamenti digitali della a creare nuovi prodotti o definire nuovi momilanese Satispay, gli oggetti di dedelli di business, grazie a ingenti investimensign della piemontese Alessi, gli impianti freti nelle attività di ricerca e sviluppo”. Oggi, ha nanti della bergamasca Brembo o i dispositivi detto Bassi, tutto il sistema produttivo globadotati di intelligenza artificiale della siciliale sta subendo trasformazioni profonde e l’Ina Morpheos? Poco o nulla, almeno a prima talia ha tutte le potenzialità per eccellere. “Per vista, se non fosse che si tratta di prodotti e far fronte a questi cambiamenti, le aziende servizi “sfornati” dalle 27 aziende più innovadel nostro Paese stanno sempre più investentive d’Italia, selezionate per Forbes dalla sodo nella costruzione di poli tecnologici innocietà di consulenza e revisione PwC. Sono im- vativi che svolgono la funzione di veri e proprese molto diverse tra loro, alcune sono già pri acceleratori di idee”, aggiunge ancora il delle multinazionali che fatturano miliardi di manager di PwC , “oppure stanno rafforzando euro come Eni o Enel, altre sono ancora delle le loro divisioni di Ricerca e Sviluppo”. Molte piccole e promettenti imprese della pensiostartup come Beintoo la, insomma, hanno che ha una storia breve colto in pieno le sfide alle spalle ma buone della globalizzazione chance di veder decole dell’era digitale. Tutlare il fatturato negli tavia, secondo Bassi, anni a venire. “Le abè bene non abbassare biamo scelte per il loro mai la guardia in queapproccio vincente ai sto processo di traservizi innovativi e per sformazione, facenla conseguente impordo propria una cultura tanza che hanno acaziendale che aiuta a quisito sul territorio”, superare le resistendice Ezio Bassi, Terze ai cambiamenti. Ma ritory Senior Partner ecco, di seguito, i 27 (TSP) di PwC in Italia, campioni dell’innovache mette in evidenzione made in Italy seEzio Bassi, amministratore delegato di PwC. za il denominatore cocondo PwC.

I 4 MOTORI DEL CAMBIAMENTO Strategy, innovation, execution e productivity. Sono i 4 ambiti in cui si muove il cambiamento nelle aziende secondo l’approccio dei consulenti di PwC. Il primo, la Strategy, consiste nella creazione di definizione di nuovi prodotti o servizi. L’Innovation, invece, si manifesta nel gestire l’evoluzione di determinati prodotti e servizi o di un modello di business aziendale. Poi c’è l’execution, cioè l’introduzione di una o più best-practice nelle attività commerciali. E infine non va trascurata la productivity, cioè la definizione delle modalità giuste per la massimizzazione degli investimenti in ricerca e sviluppo. Queste metodologie che favoriscono la trasformazione delle imprese sono i pilastri su cui poggiano tutte le strutture e gli hub dedicati all’innovazione che PwC ha contribuito ad attivare anche in Italia. È il caso del centro T3 Innovation creato di recente dalla Regione Basilicata per il trasferimento di tecnologie a tutti gli attori del sistema produttivo: imprese, operatori della ricerca, inventori, startup.


LE MAGNIFICHE

Il design d’eccellenza dentro le case

U

n fatturato di 65 milioni di euro, circa 300 dipendenti e presenza in ben 80 Paesi nel mondo. Ecco l’identikit della Alessi di Crusinallo di Omegna, sulla propaggine settentrionale del Lago d’Orta. L’azienda piemontese di proprietà della famiglia Alessi ha cento anni di storia ed è stata pioniera nell’arruolare famosi designer per ideare oggetti per la casa.

centenaria non ha impedito però a Barilla di puntare ancora sull’innovazione: nel 2016 ha lanciato un prototipo di stampa 3D, un macchinario che permette di produrre la pasta fresca a casa in pochi minuti, scegliendo ingredienti e forma.

100

18. Illumina USA

58,97%*

19. Marriott International USA

58,46%

20. Alexion Pharma USA

58,46%

21. CP All Passo dopo passo, dietro ai consumatori

C

apire i gusti dei consumatori attraverso i luoghi che frequentano (per esempio la palestra, il cinema o i negozi dello shopping). È l’innovazione messa in campo da Beintoo, azienda milanese che offre servizi di marketing digitale attraverso i sistemi di geolocalizzazione. Nel 2016 ha fatturato 6,5 milioni di euro ma nel 2017 è prevista una crescita a due cifre del giro d’affari (+40%).

TAILANDIA

57,82%

22. Constellation Software CANADA

57,62%

23. Red Hat INDIA

57,38%

24. Tencent Holdings CINA

57,29%

25. FleetCor Technologies USA

56,85%

26. Rakuten Freni d’eccellenza nel Kilometro Rosso

Successo in 3d dal cuore della Puglia

S

oftware e applicazioni di realtà virtuale, foto e video che danno la sensazione di muoversi in uno spazio tridimensionale sono una delle specialità dell’Augmenta di Bari, una startup ma che ha buone chance di macinare ricavi e profitti in futuro. Ha collaborato con l’ultima edizione del Festival di Venezia per una sezione speciale dedicata al cinema virtuale.

H

a creato il parco tecnologico Kilometro Rosso, definito dal Censis uno dei “luoghi d’eccellenza” per l’innovazione in Italia. È il leader mondiale degli impianti frenanti e ha un giro d’affari ormai vicino ai 2,5 miliardi di euro. Circa il 10% dell’organico è composto da ingegneri e specialisti di prodotto impiegati nelle attività ricerca e sviluppo.

GIAPPONE

56,83%

27. System GIAPPONE

56,24%

28. LG Household & Health Care SUD COREA

56,08%

29. Coloplast DANIMARCA

55,52%

30. Nielsen USA

54,5%

31. IDEXX Laboratories USA

53,25%

Innova con la pasta fai da te

32. Fast Retailing

l gruppo alimentare di Parma non ha certo bisogno di presentazioni, visto che opera in 100 mercati diversi e fattura 3,4 miliardi di euro (dati 2016). Una storia aziendale ultra-

33. Almarai

I

GIAPPONE ARABIA SAUDITA

53,13%

53,07%

* tasso d’innovazione GENNAIO, 2018 FORBES | 71


LE MAGNIFICHE

100

34. Ulta Salon Cosmetcs & Fragrance USA

informazioni sui bilanci. Nel 2017 l’azienda milanese, che ha un giro d’affari di quasi 400 milioni di euro, ha lanciato Credit Suite, una innovativa piattaforma che semplifica la gestione dei crediti commerciali.

52,46%*

35. Hermès International FRANCIA

52,34%

36. Ihs Markit GB

50,81%

37. Unicharm GIAPPONE

50,66%

38. Verisk Analytics USA

50,57%

39. Genmab DANIMARCA

L’artigiano e il re del cashmere

L

’imprenditore marchigiano divenuto re del cashmere ha adottato un innovativo modello di business per la sua azienda, che ha un giro d’affari sopra il mezzo miliardo di euro. Tutta la produzione si basa sull’altissima qualità negli approvvigionamenti dei materiali, con l’esaltazione dell’artigianalità “made in Italy” e una distribuzione esclusiva limitata alle boutique monomarca.

50,44%

40. AmerisourceBergen USA

50,27%

41. Expedia USA

20,25%

42. Starbucks USA

49,89%

43. Shimano GIAPPONE

49,82%

’innovazione dei processi produttivi è il punto di forza di Calzedonia, nota azienda che produce abbigliamento intimo, calze e costumi e fattura più di 2 miliardi di euro all’anno. Nel 2008 ha adottato una piattaforma web che si chiama Iungo e permette una gestione automatizzata e all’avanguardia delle relazioni coi fornitori (supply chain).

49,36%

relibatezze del made in Italy vendute in tutto il mondo, grazie a una piattaforma di commercio elettronico e una mobile app basata sulla tecnologia del cloud computing. È l’innovazione messa in campo dalla Eataly di Oscar Farinetti che fattura ormai circa mezzo miliardo di euro e ha ampliato così la sua catena distributiva dei suoi 38 negozi fisici presenti in vari angoli del globo.

48,77%

62,39%

47. Kangde Xin Composite Material Group CINA

48,5%

48. Smith & Nephew GB

48,12%

49. Keyence GIAPPONE

47,69%

50. Global Payments USA

47,59%

* tasso d’innovazione 72 | FORBES GENNAIO, 2018

Con l’e-commerce sulle tavole del mondo

P

46. Perrigo USA

adici a Latina e affari in America. È il binomio che caratterizza la storia di Decysion, azienda laziale fondata da Franco Petrucci. Sviluppa diverse applicazioni software tra cui una soluzione d’avanguardia, Decisyon 360, che è già stata utilizzata in Wyoming per ottimizzare il funzionamento di un parco eolico, prevenendo i tempi di inattività e riducendo i costi.

L

42. Visa USA

R

Linea diretta con i fornitori

44. Sirius XM Radio USA

Alta tecnologia made in Latina

Crediti senza segreti

C

hi fa ricerche sulla solvibilità delle aziende non può non conoscere il marchio di Cerved Group, una delle principali agenzie di rating in Europa e primo fornitore in Italia di


LE MAGNIFICHE

100

51. CR Bard USA

Contatori intelligenti ed energia sempre più verde

I

l colosso energetico italiano, con quasi 70 miliardi di euro di fatturato, continua a sperimentare diverse innovazioni. Tra queste, c’è E-goodlife, un sistema di domotica che permette di gestire i dispositivi in casa da remoto, con uno smartphone o un tablet. Controlla per esempio se le porte e le finestre sono aperte. Forte anche l’impegno di Enel nella mobilità elettrica.

47,3%*

L’elisir dentro una nocciola

P

er chi pensa ancora che la Nutella faccia male, Ferrero ha messo in campo un’intensa attività di studio sulle proprietà benefiche e antiossidanti di alcune fibre e di diversi elementi contenuti nella nocciola. Per questo il noto gruppo alimentare di Alba, che ha un giro d’affari di oltre 10 miliardi di euro e ha da poco aperto un grande centro di ricerche a Singapore, è a pieno titolo tra le aziende italiane più innovative.

52. Mastercard USA

46,99%

53. Magnit RUSSIA

54. Anheuser-Busch InBev BELGIO

46,58%

55. Ctrip.com International CINA

46,51%

56. Oriental Land GIAPPONE

46,42%

57. TransDigm Group

Dai pozzi di petrolio al car sharing

USA

N

on solo idrocarburi, pozzi e piattaforme di petrolio. Il gruppo energetico del cane a sei zampe, con il suo giro d’affari di oltre 60 miliardi di euro, sta cercando di allargare il business con alcune innovazioni di prodotto e servizio. Tra queste, gli esperti di Pwc ricordano il servizio di car sharing Enjoy, lanciato in diverse città italiane.

46,81%

45,98%

58. The Princeline Group USA

45,87%

L’edilizia diventa green

P

er chi conosce la storia del capitalismo italiano, anche il gruppo Italcementi (come Barilla e Ferrero) non ha bisogno di presentazioni. In pochi, però, sanno che questo big dei materiali da costruzione, capace di fatturare oltre 4 miliardi di euro all’anno, ha creato i.lab, un centro di innovazione all’avanguardia e specializzato nella ricerca sulla riduzione di Co2 e sull’uso di materie prime rinnovabili nell’edilizia.

59. Lindt & Sprungli SVIZZERA

45,85%

60. Baidu CINA

45,85%

61. Intuitive Surgical USA

45,78%

62. Chipotle Mexican Grill USA

45,74%

63. Norilsk Nickel RUSSIA

Efficienza sugli scaffali

U

n’organizzazione efficiente e innovativa basata su grandi punti vendita che ruotano attorno a un centro di distribuzione unico. Così l’Esselunga del compianto Bernardo Caprotti, con un giro d’affari di oltre 7 miliardi di euro, è diventata un colosso della grande distribuzione in Italia e da tempo punta sul commercio elettronico.

Fast fashion e ricavi alle stelle

H

a sposato il modello del “fast fashion”, proponendo cosmetici di qualità a prezzi accessibili. Ma la Kiko Milano di proprietà di Antonio Percassi, patron dell’Atalanta, è un esempio di innovazione anche nel marketing, grazie all’utilizzo spinto dei social per ideare e promuove nuovi prodotti. Il fatturato è attorno ai 600 milioni di euro ed è in forte crescita (+50% nell’ultimo triennio).

45,52%

64. Dassault Systemes FRANCIA

44,11%

65. Roper Technologies USA

43,76%

66. Intuit USA

43,72%

67. Brown-Forman USA

43,64%

* tasso d’innovazione GENNAIO, 2018 FORBES | 73


LE MAGNIFICHE

100

68. Essilor International FRANCIA

43,42%*

69. Iliad FRANCIA

43,05%

70. Inditex SPAGNA

42,86%

71. Equifax USA

42,72%

72. Edwards Lifesciences USA

42,72%

73. Reckitt Benckiser Group GB

Sartoria a portata di click

A

biti da uomo su misura, creati a distanza sul web e personalizzati grazie a un configuratore in 3d. È la grande innovazione della Lanieri di Simone Maggi e Riccardo Schiavotto, una startup che ha lanciato il primo e-commerce di vestiti sartoriali. Il fatturato è ancora nell’ordine di qualche milione di euro ma cresce come un fiume in piena (+200% nel 2016).

42,23%

Il robot diventa farmacista

75. Pandora DANIMARCA

41,91%

76. Luxottica Group ITALIA

H

a lanciato un servizio di robo advisory, cioè di consulenza finanziaria automatizzata e a distanza, ancor prima che fosse coniato questo neologismo che oggi va tanto di moda. Per questo Moneyfarm è stata inserita da PwC tra le aziende italiane più innovative. Sulla società ha messo gli occhi di recente anche un colosso delle assicurazioni e del risparmio gestito come il gruppo Allianz, che vi ha investito 7 milioni.

42,42%

74. Constellation Brands USA

I pionieri della robo advisory

41,87%

77. Mead Johnson Nutrition SPAGNA

U

n robot farmacista che si chiama Apoteca e prepara la dose di chemioterapia nei reparti oncologici ospedalieri e un altro robot che si chiama invece Vispee e verifica il corretto assemblaggio dei componenti industriali. Sono soltanto due esempi delle innovazioni di Loccioni, gruppo specializzato nell’automazione che ha un giro d’affari di oltre 80 milioni di euro.

Case sicure con l’intelligenza artificiale

“C

rediamo nell’ingegno umano”. È lo slogan aziendale di Morpheos, startup siciliana che ha inventato Momo, un dispositivo luminoso dotato di intelligenza artificiale (sotto forma di lampada), che permette di migliorare la sicurezza in casa, mediante un sistema di monitoraggio avanzato che interagisce con l’ambiente, analizza i volti, gli oggetti e i suoni.

41,5%

78. Bharti Airtel INDIA

41,4%

L’occhiale si attiva con la voce

79. Coca-Cola USA

41,32%

80. Geberit SVIZZERA

41,3%

81. Cerner USA

41,23%

82. Jiangsu Hengrui Medicine CINA

41,15%

83. SGS SVIZZERA

41,03%

* tasso d’innovazione 74 | FORBES GENNAIO, 2018

S

tampanti 3D per costruire lenti di qualità eccelsa, occhiali ad attivazione vocale per i ciclisti e i corridori, simulatori per creare modelli personalizzati e molte altri dispositivi hi-tech. Sono tante le innovazioni messe il campo da Luxottica, colosso dell’occhialeria fondato da Leonardo Del Vecchio, che ha un giro d’affari vicino ai 10 miliardi di euro.

Pranzo e cena a domicilio

U

n pasto a casa consegnato entro circa 30 minuti dall’invio dell’ordine. È l’innovativo servizio offerto via internet e tramite una app da MyMenu, startup padovana che porta a domicilio le pietanze cucinate in una rete di ristoranti in diverse città del Centro-Nord. Fondata da un team di giovani tutti under 30, già nel 2015 ha raggiunto l’obiettivo di 1 milione di euro di ricavi, due anni prima del previsto.


LE MAGNIFICHE che fattura più di 180 milioni di euro e che di recente ha lanciato la Smart Sole, la suola che invia informazioni agli smartphone, allertando in caso di ostacoli sul percorso.

84. Yahoo Japan GIAPPONE

Q

40,99%*

85. Molson Coors Brewing USA

La rivoluzione nei pagamenti

100

40,98%

86. General Mills

uasi 200mila utenti e 70 esercenti affiliati in più ogni giorno. Sono i numeri da record di Satispay, startup del fintech che consente di effettuare pagamenti in Italia e in Europa con un’applicazione gratuita, attraverso un circuito alternativo a quello delle carte di credito. Il fatturato è per adesso poco sopra il milione di euro ma potrebbe prendere il volo nei prossimi anni.

USA

40,93%

87. Ramsay Health Care GIAPPONE

40,92%

88. Boston Scientific USA

40,73%

89. Procter & Gamble USA

40,72%

90. Falabella CILE

40,61%

91. Mondelēz International USA

40,6%

92. Compass Group GB

40,42%

Anche il lusso viaggia sul web

Uno schiocco di dita per telefonare

C

omandare gli smartphone e i tablet a distanza con un gesto o con la voce, sfogliare le slide di una presentazione con un semplice schiocco di dita, scattare foto sott’acqua. Tutto questo è possibile con le applicazioni d’avanguardia di Snapback, una startup romana che sviluppa software basati sull’intelligenza artificiale.

I

vestiti alla moda venduti via internet passano in gran parte attraverso la piattaforma di Yoox Net-A-Porter Group, l’azienda guidata da Federico Marchetti che ha un giro d’affari di circa 2 miliardi di euro ed è riuscita a vincere una scommessa: far decollare il commercio elettronico anche per i beni di lusso, i cui compratori sono sempre molto esigenti.

S

40,4%

94. Experian IRLANDA

40,39%

95. PepsiCo USA

40,34%

GIAPPONE

S i chiama FiveFingers ed è una scarpa ribattezzata “un guanto per i piedi”, grazie a una suola in gomma che si adegua ai movimenti ed è molto utile per le scalate. A crearla è stata la Vibram di Albizzate (Va), società

BRASILE

96. Fanuc

Un software protegge i lavoratori

Se la scarpa sembra un guanto

93. Cielo

i chiama Safety Solution ed è una suite completa di soluzioni informatiche per la gestione della sicurezza dei lavoratori e per la valutazione dei rischi e la sorveglianza sanitaria nelle aziende. Grazie a questa innovazione la Zucchetti di Lodi, software house con una lunga storia alle spalle, entra a pieno titolo tra le aziende italiane più aperte ai cambiamenti.

40,25%

97. Colgate-Palmolive USA

40,19%

98. McCormick USA

39,73%

99. LabCorp USA

39,65%

100. ASML Holding OLANDA

38,94%

* tasso d’innovazione GENNAIO, 2018 FORBES | 75


FORMULA 1 PILOTI DI VALORE I piloti di Formula 1 hanno ingaggi da favola ma non sempre rendono in proporzione. Forbes ha stilato una classifica del rapporto tra punti conquistati in campionato e compensi percepiti. Il vincitore è…

EV. SAFRONOV / SHUTTERSTOCK.COM

DI MATTEO SPAZIANTE

76 | FORBES GENNAIO, 2018


Ranking

MARK THOMPSON/GETTY IMAGES

FORMULA 1

CHI È ANDATO PIÙ VELOCE

CHI GUADAGNA DI PIÙ

CHI HA RESO DI PIÙ

Classifica punti

Classifica ingaggi

Quanto costa ogni punto

Lewis Hamilton Sebastian Vettel Valtteri Bottas Kimi Raikkonen Daniel Ricciardo Max Verstappen Nico Hulkenberg Felipe Massa Roman Grosjean Fernando Alonso

363 317 305 205 200 168 43 43 28 17

Lewis Hamilton Sebastian Vettel Fernando Alonso Daniel Ricciardo Nico Hulkenberg Kimi Raikkonen Valtteri Bottas Felipe Massa Max Verstappen Roman Grosjean

32 milioni 32 milioni 30 milioni 11 milioni 8 milioni 8 milioni 6 milioni 6 milioni 6 milioni 5 milioni

Valtteri Bottas

19 mila euro

Max Verstappen

35 mila euro

Kimi Raikkonen

39 mila euro

Daniel Ricciardo

55 mila euro

Lewis Hamilton

88 mila euro

Sebastian Vettel

100 mila euro

Felipe Massa

139 mila euro

Nico Hulkenberg

186 mila euro

Roman Grosjean

186 mila euro

Fernando Alonso

1,7 milioni di euro GENNAIO, 2018 FORBES | 77


Ranking

L’

investimento della Mercedes su Lewis Hamilton continua a dare i suoi frutti. Il 32enne inglese sarà pure il pilota più pagato dell’intera Formula 1, ma sono soldi ben spesi, dato che ha appena conquistato il suo quarto titolo mondiale. La stagione 2017 si è conclusa nel deserto, ad Abu Dhabi, con il trionfo del suo scudiero, il finlandese Valtteri Bottas. Una annata che ha permesso però all’inglese nato a Stevenage nel gennaio del 1985 di far iscrivere nuovamente il suo nome nell’albo dei vincitori del Mondiale di F1. Messa alle spalle la sconfitta del 2016 ai danni del compagno di squadra Nico Rosberg, Hamilton si è ripresentato ai nastri di partenza della stagione come il netto favorito e, nonostante la resistenza Ferrari, ha rispettato alla perfezione gli onori

del pronostico: undici pole position, nove vittorie e la quarta coppa in tasca. Un ottimo rapporto qualità-prezzo, visti i 32 milioni di euro che riceve dalla Mercedes. Stipendio identico a quello di Sebastian Vettel alla Ferrari, ma la stagione per il tedesco non si è conclusa allo stesso modo. L’inizio promettente aveva fatto ben sperare, poi però la superiorità tecnica della Mercedes è riemersa prepotentemente. Il tutto nonostante gli importanti investimenti della scuderia di Maranello, anche nei piloti: la coppia Vettel-Raikkonen costa 40 milioni annui, contro i 38 del duo Hamilton-Bottas, con risultati ben diversi soprattutto per quanto riguarda gli scudieri. Ma c’è anche chi, come Fernando Alonso, da solo costa 30 milioni di euro alla McLaren e fatica ad arrivare a punti.

LEWIS HAMILTON UN INVESTIMENTO CHE FUNZIONA QUELLO PER LEWIS HAMILTON. Perché la

Mercedes versa nel conto in banca di Hamilton ben 32 milioni di euro a stagione (che, insieme a sponsor come Puma e Bose, gli hanno permesso di essere nel 2017 il decimo atleta più pagato al mondo secondo Forbes): significa che, per ciascuno dei suoi 363 punti ottenuti nella stagione 2017, la Mercedes ha speso circa 88mila euro. Uno stipendio che potrebbe anche essere visto al rialzo, dato che l’attuale contratto è in scadenza nel 2018. Il sogno dell’inglese è la Ferrari, ma la presenza di Vettel in rosso fino al 2020 potrebbe bloccare l’idea, con la Mercedes che comunque rischia di dover mettere sul piatto cifre ben più alte delle attuali.

88

MILA EURO PER OGNI PUNTO

SEBASTIAN VETTEL UNO STIPENDIO IDENTICO A QUELLO DEL RIVALE HAMILTON NON HA PORTATO A IDENTICI RISULTATI. L’accordo con la Ferrari, rinnovato fino al 2020, parla in-

fatti di un ingaggio da 32 milioni annui (anche se potrebbero salire fino a 40 milioni nelle prossime stagioni) che, rapportati ai 317 punti conquistati nel 2017, portano a un costo di 100 mila euro per ciascun punto. Nonostante i problemi nella seconda parte della stagione, dopo un ottimo avvio, il lavoro di Vettel (14° tra gli atleti più pagati del 2017 nella graduatoria di Forbes) in Ferrari è sotto gli occhi di tutti: l’obiettivo per il 2018 sarà concludere la “rimonta” sulle Mercedes e riportare a Maranello quel titolo piloti che manca dal 2007. 78 | FORBES GENNAIO, 2018

100

MILA EURO PER OGNI PUNTO


FORMULA 1

FERNANDO ALONSO CHE FATICA, NANDO. L’ex ferrarista, oggi alla McLaren, ha un contratto da top driver senza averne avuto il rendimento, a causa spesso di una vettura non all’altezza. Il trentaseienne spagnolo (20° nella classifica di Forbes degli atleti più pagati al mondo nel 2017) ha infatti un ingaggio da 30 milioni di euro, e in stagione ha conquistato la bellezza di 17 punti: il rapporto è di 1,7 milioni di euro per ogni punto. Una stagione decisamente non economica, quella di Alonso. Eppure lo spagnolo non molla: dopo l’addio di Honda, con i nuovi motori Renault il due volte campione del mondo vuole finalmente tornare ad essere competitivo. “Punteremo al podio”, l’obiettivo di Alonso per il 2018.

1,7

MILIONI DI EURO PER OGNI PUNTO

DANIEL RICCIARDO POCHE BEVUTE DALLA SCARPA PER L’AUSTRALIANO QUEST’ANNO. Il ventino-

venne nativo di Perth (e di origini italiane), solitamente beve lo champagne dalla scarpa quando sale sul podio, un rituale di derivazione australiana che si chiama “shoey”: non è successo molto spesso, considerando che dal terzo posto in classifica del 2016 è sceso al quinto nella stagione appena conclusa. Se da un lato, rispetto al compagno di squadra Max Verstappen, è sicuramente più costante, dall’altro lato è stato decisamente più costoso: gli 11 milioni di stipendio sono valsi 200 punti, pari a 55mila euro a punto. Risultati che comunque alimentano le voci che lo vorrebbero in Ferrari dal 2018, per affiancare Vettel al posto di Raikkonen.

55

MILA EURO PER OGNI PUNTO

KIMI RÄIKKÖNEN IL RUOLO DA SCUDIERO SI È POCO ADATTATO A KIMI RAIKKONEN, IN COSTANTE DIFFICOLTÀ NONOSTANTE LA FIRMA DEL RINNOVO PER UN’ULTERIORE STAGIONE ALLA FERRARI. L’accordo da 8 milioni annui con la scuderia di Mara-

nello è valso 205 punti, troppo distante dal compagno di squadra e dalla Mercedes per essere utile nella corsa al titolo anche in chiave costruttori, con 39mila euro spesi a punto. Vero, quella del trentottenne finlandese è stata l’annata migliore in Formula 1 dal 2012 in chiave classifica, ma per aiutare Vettel serve qualcosa in più. Ma Kimi è fiducioso: “L’anno prossimo sarà diverso. Vogliamo migliorare in tutte le aree ed essere più veloci”, è stata la promessa del ferrarista dopo il gp di Abu Dhabi.

39

MILA EURO PER OGNI PUNTO

NICO HÜLKENBERG STAGIONE DECISAMENTE COMPLICATA PER IL TRENTENNE TEDESCO ALLA GUIDA DELLA RENAULT. Sono stati infatti ben sei i gran premi non conclusi nel

corso del campionato, a fronte di 8 gare terminate a punti (sesto posto il miglior risultato stagionale): non il massimo. Soprattutto considerando che l’ex Williams e Force India è tra i piloti più pagati del circus, con 8 milioni di euro a stagione (lo stesso stipendio di Raikkonen, più di Verstappen e Bottas, giusto per fare alcuni esempi). Ingaggio che, rapportati ai soli 43 punti conquistati, hanno fatto spendere alla Renault ben 186mila euro per ogni punto di Hulkenberg, il quarto pilota più costoso della stagione appena conclusa.

186

MILA EURO PER OGNI PUNTO

GENNAIO, 2018 FORBES | 79


Ranking

FORMULA 1

FELIPE MASSA STAVOLTA L’ADDIO DOVREBBE ESSERE VERO. Il brasiliano della Williams aveva già salutato tutti un anno fa, salvo poi tornare alla guida in seguito all’approdo di Bottas in Mercedes. L’ultima stagione in F1 dell’ex ferrarista non è stata però granché: vero, spesso e volentieri ha centrato la zona punti, ma mai davvero in lotta per le posizioni che contano, nemmeno nelle gare più particolari. La sua carriera nel circus si è chiusa, così, con solo 43 punti conquistati: quanto basta per costare più di Sebastian Vettel, alla luce di uno stipendio da 6 milioni di euro (139mila euro a punto).

139

MILA EURO PER OGNI PUNTO

MAX VERSTAPPEN IL TALENTO AL GIOVANE OLANDESE DELLA RED BULL NON MANCA, ANZI CE N’È A VOLONTÀ, COME PER POCHI ALTRI NEL CIRCUS. Il problema è quella vena che

ogni tanto si chiude, probabilmente per la giovane età, e crea problemi anche agli altri piloti in pista. Tanto che, complici i numerosi errori, è finito alle spalle del compagno Daniel Ricciardo al termine della stagione. Eppure, tra i due chi ha reso meglio dal punto di vista economico è stato proprio il ventenne figlio di Jos, con 35.714 euro a punto dato l’ingaggio da 6 milioni annui e i 168 punti in classifica. Manca ancora qualcosa, più che altro alla Red Bull come monoposto, per lottare per il titolo: quando succederà, però, il divertimento sarà assicurato.

35.714

MILA EURO PER OGNI PUNTO

VALTTERI BOTTAS LA PROMOZIONE IN MERCEDES, NEL RUOLO DI FIDO SCUDIERO DI LEWIS HAMILTON, SI È DIMOSTRATA LA MOSSA GIUSTA PER IL VENTOTTENNE FINLANDESE.

Costanza (solo una volta oltre il quinto posto) e velocità, in una posizione non semplice, ovvero quella di sostituire il campione del mondo in carica Nico Rosberg. Missione tutto sommato compiuta, perché non gli si chiedeva di lottare per il titolo. E una missione anche a buon prezzo, considerando che il suo stipendio attuale in Mercedes è di 6 milioni di euro l’anno: rapportati ai suoi 305 punti, il costo è stato di 19.672 euro a punto, ovverosia il secondo miglior rapporto stipendio/classifica tra i piloti in Formula 1 nel 2017, alle spalle del giovane Ocon.

19.672

MILA EURO PER OGNI PUNTO

ROMAIN GROSJEAN STIPENDIO ALTO E RENDIMENTO TUTT’ALTRO CHE ALL’ALTEZZA ANCHE PER IL TRENTUNENNE FRANCESE. All’altezza, nonostante i motori Ferrari, non è stata

nemmeno la Haas, tanto che il compagno di squadra Kevin Magnussen ha fatto pure peggio di Grosjean. Tuttavia, l’ex Lotus e Renault ha uno stipendio quasi da top driver: si parla di 5 milioni di euro a stagione. I 28 punti conquistati rappresentano la sua seconda peggior annata in Formula 1: il rapporto stipendio/punti è pari a 186mila euro a punto, quinto peggiore nel campionato appena concluso. 80 | FORBES GENNAIO, 2018

186

MILA EURO PER OGNI PUNTO


1000 FINARTE

presenta

asta di auto d’ epoca al museo mille miglia brescia luNedÌ 14 maggio 2018 STIAMO SELEZIONANDO: Vetture il cui numero di telaio corse: la Mille Miglia di velocità (1927/1957), la Mille Miglia di velocità/regolarità (1958,1959,1961), una delle rievocazioni della Mille Miglia (1968,1971,1972,1973 e dal 1977 ad oggi); altri eventi a nome Mille Miglia come la “La Festa Mille Miglia”, il Rally Mille Miglia (dal 1977). Vetture eleggibili per la Mille Miglia secondo i criteri della Mille Miglia 2018, vetture che hanno partecipato al Tributo Ferrari o al Mercedes-Benz Challenge o sono eleggibili per questi eventi. Vetture appartenenti a serie limitate prodotte a marchio Mille Miglia. Orologi celebrativi della Mille Miglia e oggetti di automobilia (manifesti, modellini, documenti, fotografie, quadri, ecc.) relativi all’universo Mille Miglia. INFO:

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Ranking

FORMULA 1

SERGIO PÉREZ IL VENTISETTENNE È ANDATO CON GRANDE COSTANZA A PUNTI, ANCHE GRAZIE AD UNA FORCE INDIA ABBASTANZA VELOCE DA POTERSI RITAGLIARE UNO SPAZIO SUBITO DIETRO ALLE TRE BIG, CONQUISTANDO IL QUARTO POSTO NELLA CLASSIFICA COSTRUTTORI. Forse però al messicano manca ancora uno step per fare

il salto di qualità definitivo, considerando anche i risultati confrontati al compagno di squadra (con il quale i rapporti non sono parsi proprio idilliaci, soprattutto dopo “l’autoscontro” di Spa-Francorchamps). Dal punto di vista del rendimento economico, però, non c’è paragone: il messicano ha uno stipendio da 5 milioni di euro annui, che rapportati ai 100 punti fanno 50mila euro a punto, appena poco meglio di Ricciardo.

50

MILA EURO PER OGNI PUNTO

KEVIN MAGNUSSEN IL DANESE AVEVA STUPITO TUTTI ALL’ESORDIO IN FORMULA 1 NEL 2014, CENTRANDO IL SECONDO POSTO ALL’ESORDIO IN CARRIERA CON LA MCLAREN NEL GRAN PREMIO D’AUSTRALIA. Da quel giorno a Melbourne, però, non è più riuscito

a ripetersi, anzi. E la stagione con la Haas non è andata molto meglio. Solo cinque gare a punti, con cinque ritiri e tanti gran premi vissuti in posizioni tutt’altro che di rilievo: un campionato anonimo, più che altro, seppur con miglioramenti per la vettura rispetto al 2016. E dire che il danese non è granché economico: ha infatti uno stipendio da 3,25 milioni di euro e nel 2017 è costato alla Haas 171mila euro per ognuno dei 19 punti conquistati.

171

MILA EURO PER OGNI PUNTO

STOFFEL VANDOORNE FARE MEGLIO, ALLA GUIDA DELLA MCLAREN E ALLA PRIMA STAGIONE INTERA IN FORMULA 1, ERA PROBABILMENTE IMPOSSIBILE. Chiamato a sostituire Jenson But-

ton, il venticinquenne belga non ha nemmeno fatto tanto peggio del compagno di squadra Alonso, ottenendo 13 punti contro i 17 dello spagnolo. Non è bastato, però, ad evitargli il podio tra i peggiori piloti per rendimento economico: la McLaren ha speso 192mila euro per ognuno dei suoi punti, alla luce di uno stipendio da 2,5 milioni di euro annui. Anche lui, però, spera che con il passaggio ai motori Renault la musica possa cambiare già dalla prossima stagione.

192

MILA EURO PER OGNI PUNTO

DANIL KVYAT SENZA DUBBIO UNA DELLE MAGGIORI DELUSIONI DELL’ANNO. Il ventitrenne

russo aveva ben impressionato nel 2014 all’esordio in Toro Rosso, tanto da venir promosso l’anno seguente in Red Bull con buoni risultati. Anche il 2016 si era aperto con discreti piazzamenti, ma è stato protagonista in negativo dell’esplosione di Verstappen, chiamato subito a sostituirlo alla casa madre. Da lì, per Kvyat è iniziato un rapidissimo declino, che lo ha portato ad arrancare con la Toro Rosso sia nella passata stagione che in quella appena conclusa. Difficoltà talmente evidenti che la scuderia di Faenza lo ha appiedato a stagione in corso, visti i soli cinque punti ottenuti: visto l’ingaggio da 2,5 milioni di euro, è costato alla Toro Rosso ben 500mila euro a punto.

82 | FORBES GENNAIO, 2018

500

MILA EURO PER OGNI PUNTO


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Ranking

CARLOS SAINZ IL FIGLIO DELL’EX CAMPIONE DEL MONDO DI RALLY CONTINUA NELLA SUA CRESCITA. Nella prima parte di stagione, alla guida della Toro Rosso, aveva ottenuto i

migliori risultati in Formula 1, centrando pure il quarto posto nel Gran Premio di Singapore. La fine del rapporto tra la scuderia di Faenza e la Renault ha portato, nel corso della stagione, alla rottura anche tra Sainz e Toro Rosso, con il ventitreenne spagnolo passato direttamente alla Renault già nella stagione 2017. Tuttavia, i 54 punti conquistati, alla luce dello stipendio da 1,6 milioni di euro, hanno permesso a Sainz Jr di salire sul terzo gradino del podio in quanto a rendimento economico, con 29.630 euro speso per ciascun punto.

29.630

MILA EURO PER OGNI PUNTO

MARCUS ERICSSON NON DEVE ESSERE FACILE CHIUDERE LA TERZA STAGIONE SU QUATTRO IN FORMULA 1 A QUOTA ZERO PUNTI. È il “record” che è riuscito al ventisettenne sve-

dese, che anche quest’anno, alla terza annata alla guida della Sauber, non ha ottenuto nemmeno un piazzamento tra i primi 10, ottenendo un’undicesima piazza come miglior risultato del 2017. Tanto che la posizione di Ericsson per il 2018 è tutt’altro che salda, con l’italiano Antonio Giovinazzi che potrebbe prendere il sedile dello svedese per la prossima stagione in Sauber. Intanto, la scuderia motorizzata Ferrari conclude un’altra annata negativa, e nemmeno economica: Ericsson infatti aveva uno stipendio da 1,3 milioni di euro, che non ha portato però nemmeno a un punto in classifica.

N.C.

ESTEBAN OCON LA VERA SORPRESA DELLA STAGIONE. Il francese classe 1996 della Force India al

suo primo campionato da pilota titolare ha fatto della regolarità la caratteristica migliore: su 20 gare infatti non è andato a punti solamente in due occasioni, portando a casa 87 punti al termine della stagione, appena 13 in meno del più navigato Sergio Perez, suo compagno di squadra. Considerando quindi il suo ingaggio da 1,25 milioni di euro, Ocon ha fatto spendere al team del magnate indiano Vijay Mallya 11.500 euro per ognuno dei suoi punti. “Siamo ai livelli di Verstappen: questo ragazzo, un giorno, diventerà un campione”: se lo dice uno come Toto Wolff, direttore esecutivo della Mercedes, forse è meglio crederci.

11.500

MILA EURO PER OGNI PUNTO

FOTO PILOTI DI: ZRYZNER / SHUTTERSTOCK.COM; IVAN GARCIA / SHUTTERSTOCK.COM; CRISTIANO BARNI / SHUTTERSTOCK.COM; HAFIZ JOHARI / SHUTTERSTOCK.COM; FOTOIMAGE MONTREAL / SHUTTERSTOCK.COM; OSKAR SCHULER / SHUTTERSTOCK.COM FOTO AUTO DI: DAN ISTITENE/GETTY IMAGES

84 | FORBES GENNAIO, 2018


FORMULA 1

Un circo da 3 miliardi

CLIVE MASON/GETTY IMAGES

La Formula 1 fattura più delle 20 squadre di calcio di Serie A. La voce più consistente è legata ai diritti tv. Ma importantissime sono anche le sponsorizzazioni e le partnership tecniche

DI MATTEO SPAZIANTE

Q

uanto vale la Formula 1 dal punto di vista economico? Per le sole scuderie, il valore complessivo del fatturato si aggira intorno ai 2,7 miliardi di euro. I 10 team, secondo i dati raccolti nel Business Book Gp 2017, hanno ricavi che sfiorano i tre miliardi: per intenderci, il fatturato delle 20 squadre della Serie A italiana di calcio nella stagione 2015/16 era pari a 2,4 miliardi di euro. Un giro d’affari particolarmente corposo, quindi, quello del circus della Formula 1. Così come nel calcio, la voce più consistente è legata ai diritti tv, versati alle scuderie attraverso i premi, pari a circa 1,1 miliardi di euro. Ma importanti sono anche i ricavi da sponsorizzazioni, che sono valsi circa 940 milioni di euro, mentre il valore delle partnership tecniche con fornitori di componenti e accessori è stato di circa 700 milioni di euro.

Tutto ruota attorno alla visibilità del brand sulla monoposto. Gli spazi presenti su alcune parti di una vettura di Formula 1, come l’ala posteriore, la fiancata o la presa d’aria sopra la testa del pilota, possono arrivare a valere in media fino a 23 milioni di euro per le aziende. Ma una monoposto può essere brandizzata anche in molte altre zone, dagli specchietti (circa 4,5 milioni il valore medio) fino all’ala anteriore, sia davanti (3 milioni in media) sia sul lato (4,5 milioni in media). La corsa alla sponsorizzazione in Formula 1 è per questo sempre aperta. Non a caso, tra gli sponsor legati alle scuderie da contratti del valore annuo di oltre due milioni ci sono ben 75 marchi, e per la prossima stagione, oltre al recente ingresso di Alfa Romeo, si parla anche di Aston Martin come partner principale di un team. GENNAIO, 2018 FORBES | 85


Ranking MERCEDES, LA PIÙ RICCA E LA PIÙ VINCENTE La più ricca e anche la più vincente, almeno negli ultimi anni. La scuderia tedesca dal 2014 ha conquistato 63 gran premi su 79, ottenendo inoltre 71 pole e quasi il doppio dei punti della Ferrari (2.837 contro 1.564). Nemmeno l’addio di Rosberg da campione in carica ha creato problemi al team guidato da Toto Wolff e Niki Lauda, che hanno centrato il quarto titolo consecutivo, sia come piloti che come costruttori. Un dominio che si riflette anche sul lato economico: i principali sponsor e partner sono ovviamente la Mercedes-Benz (che mette a disposizione del team circa 250 milioni secondo Business Book Gp 2017), ma anche brand come Petronas (41 milioni), Qualcomm (9 milioni), Ubs (4 milioni) fino a Bose (3 milioni) e Hugo Boss. Il totale? Quasi i 500 milioni di euro, considerando anche i versamenti per premi e tv.

FERRARI, IL BRAND PIÙ FASCINOSO Senza dubbio, il brand principale dell’intera Formula 1. La Ferrari è l’unica squadra sempre presente dalla prima stagione, e anche nelle annate più complicate resta un simbolo per il circus: non a caso, nonostante l’ultimo titolo risalga al 2008, la scuderia di Maranello rimane uno dei team più ricchi. Anche grazie a sponsorizzazioni ormai storiche come quella quarantennale con Philip Morris (37,5 milioni di euro), oppure Shell del valore di 27 milioni (Santander ha invece annunciato la conclusione del rapporto a fine anno). La Ferrari poi, grazie alla sua storia, è anche la squadra che riceve più soldi dalla federazione: nel 2017 infatti si parla di ricavi da 473 milioni complessivi, circa 25 milioni in meno rispetto alla Mercedes.

IL CIRCUS RITROVA UNA PROTAGONISTA Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Il “giro immenso” in questo caso è durato ben 30 anni. L’amore in questione, invece, è quello tra Alfa Romeo e Formula 1. Il prestigioso brand del Gruppo Fiat Chrysler Automobiles (Fca) ha siglato infatti una partnership tecnico-commer-

RED BULL, QUANTI SOLDI DALLE LATTINE Le lattine corrono, eccome. Gli anni dei domini con Vettel sembrano ormai lontanissimi, eppure la Red Bull resta sempre competitiva, anche grazie alle magie di Adrian Newey, uno dei più vincenti ingegneri della storia della Formula 1. Senza però i soldi di Red Bull, sarebbe difficile mantenere un livello così alto: l’azienda austriaca nel 2017 ha versato circa 200 milioni di euro, quasi la metà del 430 milioni stimati come ricavi per la scuderia. Le sponsorizzazioni principali sono quelle con Rauch (4 milioni), Tag Heuer (5 milioni) e Mobil (20 milioni). E dalla prossima stagione arriveranno anche i soldi di Aston Martin: la scuderia infatti si chiamerà Aston Martin Red Bull Racing, con la casa automobilistica che diventerà così title sponsor del team di Milton Keynes. 86 | FORBES GENNAIO, 2018


FORMULA 1

MCLAREN, LUCI E OMBRE GIAPPONESI Honda croce e delizia per la McLaren. Se da un lato i motori della casa giapponese (che nel 2018 saranno sostituiti da propulsori Renault) si sono rivelati tutt’altro che competitivi (133 punti totali in tre stagioni, quinto posto come miglior risultato in gara, ottenuto tre volte), dall’altra proprio grazie alla Honda la scuderia di Woking è rimasta tra le più ricche, permettendosi ad esempio l’oneroso stipendio di Fernando Alonso. Nel 2017 infatti sono circa 300 i milioni investiti da Honda nella McLaren, su un totale di circa 450 milioni di ricavi: considerando che dalla federazione sono arrivati altri 112 milioni, si può capire come l’impatto delle sponsorizzazioni sia stato minimo. Il brand principale è Johnnie Walker (10 milioni), seguito da Sap (5 milioni), Hilton e CNN (3 milioni).

ciale pluriennale con il team svizzero Sauber F1 Team per tornare in pista dalla stagione 2018. La livrea delle monoposto sarà caratterizzata dagli inconfondibili colori Alfa e dal marchio del brand in qualità di Title Sponsor. Le monoposto saranno motorizzate con le power unit Ferrari 2018 e la squadra si chiamerà Alfa Romeo Sauber F1 Team. “L’accordo con Sauber ­F1 Team”, ha spiegato Sergio Marchionne, ad di Fca, “è un passo significativo nella ricostruzione del brand Alfa Romeo che, tornando in Formula 1 dopo un’assenza dalle corse di oltre 30 anni, restituisce al campionato uno dei marchi che hanno fatto la storia di questo sport, andando ad aggiungersi ad altre importanti aziende automobilistiche che partecipano alla Formula 1”.

FORCE INDIA, L’EFFICIENZA IN PISTA Non tra le scuderie più ricche, ma sicuramente una delle più efficienti: nelle ultime tre stagioni il team del magnate indiano Vijay Mallya è stata la quarta forza del campionato, davanti ad una scuderia storica come la Williams. Merito anche della scelta dei motori Mercedes, ma non solo. A livello di budget, il team è ben lontano dalle big: la stima per il 2017 è di 145 milioni di euro, di cui 85 che arrivano dalla federazione. I brand principali sono BWT (6 milioni) e Claro (5 milioni), mentre particolarmente importante è il rapporto con la Telcel di Carlos Slim (magnate messicano nella top10 di Forbes degli uomini più ricchi al mondo), legato al pilota Sergio Perez tanto da versare al team 5 milioni di euro, pari allo stipendio del driver.

CHI ROMBA DIETRO I CAMPIONI Seppur in difficoltà a livello di risultati, Renault e Williams rimangono tra le squadre più ricche: il team francese ha ricavi stimati per 271 milioni di euro (sponsor principali la stessa Renault, Infiniti e Castrol), mentre la Williams intorno ai 190 milioni (Martini e Rexona partner principali). Tra le altre, la Toro Rosso riceve circa 50 milioni dalla sola Red Bull (su 124 milioni di ricavi complessivi), così come l’azienda Haas versa 50 milioni nell’omonimo team (120 milioni di ricavi complessivi). La Sauber, infine, è l’unica scuderia con ricavi al di sotto dei 100 milioni (90 milioni complessivi), nonostante i 20 milioni che arrivano da Silanna, colosso dell’hi-tech legato al pilota Marcus Ericsson.

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Il colosso pensa positivo Il 2018? Somiglierà al 2017: avrà una crescita economica moderata e un’inflazione globale piuttosto contenuta. Parola di Sergio Trezzi, managing director e country head per l’Italia di Invesco, il grande gruppo americano leader nel risparmio gestito DI ANDREA GIACOBINO

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ergio Trezzi, managing director, è responsabile distribuzione Europa (ex Uk), Middle East e Latin America per Invesco, oltre ad essere country head per l’Italia, di Invesco, il colosso americano del risparmio gestito. Presente nel Bel Paese da 20 anni, Invesco è una casa di gestione nota e affidabile, con una forte penetrazione nei diversi canali della distribuzione retail e una patrimonio oltre 35 miliardi di euro in vari prodotti di risparmio gestito (fondi comuni di investimento, mandati di consulenza, mandati discrezionali e Etf). In Italia Invesco è oggi fra i primi 20 player nel settore dei fondi comuni con oltre 26 miliardi di euro di patrimonio gestito, mentre si posiziona tra i primi tre player del settore tra le società indipendenti internazionali.

Il 2018 sarà anche l’anno di Mifid 2: secondo lei gli operatori finanziari sono pronti a questo appuntamento? Penso che gli attori principali del mondo finanziario si siano organizzati da tempo in modo strutturato. Le società prodotto e i canali di vendita dovranno scambiarsi una ampia mole di informazioni: la complessità di questi flussi imporrà modelli di partnership più forti. I distributori, in particolare, saranno tendenzialmente portati a focalizzarsi su un numero inferiore di società di gestione del risparmio. A loro volta anche alcune case d’investimento potrebbero scremare l’offerta. Sono inoltre convinto che per adeguarsi alla nuova normativa e rimanere allo stesso tempo competitivi, occorra avere una struttura forte e in grado di appoggiarsi su pilastri solidi. Invesco si è già da tempo mossa per adeguarsi alla nuova direttiva e grazie ad una struttura gloable dispone della dimensione adatta per gestire questa nuova sfida.

Al di là di imponderabili rischi geopolitici, gli occhi saranno puntati sulla sostenibilità delle traiettorie di crescita.

Che anno sarà il 2018 per i mercati finanziari? Ci aspettiamo una prosecuzione delle tendenze macroeconomiche del 2017: una crescita economica positiva e moderata, un’inflazione globale positiva e contenuta. Le principali sorprese positive potrebbero giungere da un’accelerazione della crescita nei paesi avanzati: in area Euro (al momento le aspettative della Bce sono per un tasso di crescita economica del 2018 inferiore al 2017), ma anche in Giappone e negli Stati Uniti, per esempio. Nell’universo emergente, la Cina è destinata a catturare buona parte dell’attenzione e potrebbe essere la fonte delle maggiori sorprese, in positivo come in negativo. Al di là di imponderabili rischi geopolitici, gli occhi saranno puntati sulla sostenibilità delle traiettorie di crescita. In primis sul ciclo economico degli Usa. Pensiamo che le banche centrali debbano muoversi con estrema cautela: possibili errori di politica monetaria e movimenti scomposti di tassi di interesse e inflazione potrebbero avere un impatto sul quadro macro complessivo.

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In questa fase di mercato, i fondi a gestione attiva vanno favoriti rispetto agli strumenti a replica passiva? Il nostro obiettivo è predisporre un ampio ventaglio di strategie e soluzioni di investimento differenti per soddisfare le molteplici e mutovoli esigenze della clientela. Non abbiamo una preferenza per il singolo veicolo, la nostra gamma omnicomprensiva di soluzioni di investimento attive, passive e alternative è stata costruita negli anni per aiutare i clienti a raggiungere i propri obiettivi di investimento. Mifid2 impone una maggiore trasparenza sui costi. Spingerà gli investitori a comprare più Etf, in quanto veicoli caratterizzati da commissionipiù basse? Come asset manager siamo stati tra i primi a comprendere l’importanza che avrebbero avuto gli Etf. Nel 2006 abbiamo acquisito PowerShares


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e un anno dopo abbiamo rilevato altre due società per consolidare la nostra posizione tra i leader globali dei “replicanti”: Source e Guggenheim Investments. Gli Etf sono strumenti validi se i driver principali sono la necessità di replicare indici e l’economicità, ma ciò non significa che siano la soluzione più adatta per tutti i portafogli o le fasi di mercato. I prodotti realmente “attivi” hanno infatti dimostrato la loro validità con ottimi risultati per gli investitori. La giusta combinazione di attivo e di passivo è quindi la soluzione che crediamo sià la più efficiente. Nell’attuale contesto di mercato, quali sono i trend da seguire per rispondere al meglio alle esigenze degli investitori Italiani? Il quadro macroeconomico di crescita e inflazione moderate rimane tendenzialmente favore-

vole alle attività rischiose. È probabile che, in un contesto in cui le valutazioni si sono generalmente espanse, il maggior valore in ambito azionario possa ancora essere espresso dalle aree del mercato più cicliche, come Eurozona, Giappone, alcuni Paesi emergenti, meno care e che potrebbero beneficiare dell’evoluzione dello scenario con utili maggiori. Cercare il rendimento nei mercati obbligazionari richiede invece un passo in più, non solo la capacità di misurare il rischio da un punto di vista quantitativo, ma anche la capacità di analizzarlo da un punto di vista qualitativo. Proprio per questo motivo la regola d’oro da seguire è una forte diversificazione del portafoglio in termini di strumenti finanziari e a livello geografico, allargando gli orizzonti per trovare opportunità selettive. F

Sergio Trezzi, classe 1971, in Invesco dal 1999, nella sua lunga carriera all'interno di Invesco ha gestito e realizzato numerose iniziative strategiche e progetti, tra le quali, lo European Strategic Distributors Program, il lancio della gamma PowerShares ETF in Europa e attualmente il Global Private Banking Forum di Invesco. A soli 32 anni capo del business italiano, ha anche rappresentato Invesco Europe in molti panels mondiali, come il comitato globale per lo sviluppo dei prodotti in architettura aperta. Trezzi è membro del Consiglio Assogestioni ed è Professore Associato di "Introduzione alla gestione del portafoglio" presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dal 2011. Di carattere riservato, ama il gioco di squadra e la forte partecipazione e responsabilizzazione del suo team. Nella vita privata è un grande appassionato di musica, nel poco tempo libero ama dedicarsi ad attività sportive come il calcio, running, lo sci e tutto ciò che riguarda il mare.

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La prova della verità Dove andranno i mercati azionari nel 2018? E quelli obbligazionari? Il petrolio avrà un anno da leoni? Le commodity continueranno a dare incertezza? Forbes ha rivolto queste e altre domande a quattro money manager: Charles McKenzie di Fidelity, Alex Tedder di Schroders, Ken Adams di Aberdeen Standard Investments e Andrew Harmstone di Morgan Stanley DI LUIGI DELL’OLIO

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desso i mercati devono dimostrare di saper andare avanti con le proprie gambe. Pur nella diversità di vedute su quello che attende le principali asset class nel 2018, su questo punto sono tutti d’accordo: la stagione degli stimoli monetari si avvia verso il (lento) tramonto e tanto l’azionario, quanto l’obbligazionario e le commodity sono attesi a test decisivi sulla tenuta degli attuali livelli di prezzo. Mentre all’orizzonte si stagliano nuovi focolai di incertezza a livello geopolitico. Bond, occhio alle banche centrali Le banche centrali, che nell’ultimo lustro sono state l’ancora di salvataggio a ogni minaccia di crisi sui mercati e sostegno via via più potente nelle fasi di sviluppo, adesso diventano motivo di preoccupazione. Soprattutto per il segmento

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dei bond, il più penalizzato nelle fasi di rialzo dei tassi. Per Charles McKenzie, chief investment officer (cio) obbligazionario di Fidelity International, è improbabile che Jerome Powell, nuovo presidente della Fed, possa modificare radicalmente l’approccio fin qui tenuto dalla Banca centrale americana, improntato alla prudenza. Sta di fatto che, con la disoccupazione che viaggia sotto il 4,5% e l’inflazione in area 2%, l’esperto si attende due rialzi ai tassi ufficiali nel corso del 2018. “L’attuale ciclo di inasprimento è il più lento della storia, ma è pur vero che negli ultimi tre cicli in media i tassi d’interesse hanno toccato il picco solo dopo 18 mesi”, spiega McKenzie. Guardando all’altra sponda dell’Atlantico, il cio obbligazionario di Fidelity segnala che nell’Eurozona l’espansione economica è più ampia di quanto mai registrato dalla crisi finanziaria ad oggi. “Le ferite del settore bancario

RASICA / SHUTTERSTOCK.COM

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sono in via di guarigione e gli squilibri fiscali continuano a preoccupare, ma è improbabile che si manifestino fino al prossimo ciclo”. Un problema più urgente per le autorità è invece l’assenza di inflazione, che è il motore dei consumi e può alleviare i problemi nei Paesi con un elevato debito pubblico. “La nostra previsione centrale per i prossimi 12 mesi vede il rendimento del Treasury decennale in rialzo dal 2,35% al 2,52,75%”, precisa. L’azionario fa i conti con il ritorno della volatilità Da una parte multipli più elevati delle medie storiche, dall’altra una crescita economica che si va consolidando e la carenza di alternative tra le altre asset class. È uno scenario composito quello che caratterizza il comparto azionario, anche se i principali gestori restano orientati all’ottimismo. “Siamo di fronte a una crescita economica sincronizzata tra le varie aree del mondo e a un trend

solido di progresso degli utili aziendali”, annota Alex Tedder, head of global equities di Schroders. Il 2018 si preannuncia come un anno positivo per l’azionario globale, nonostante persistano dei rischi, dato che le valutazioni si trovano sui massimi relativi e c’è poco margine d’errore per gli investitori”, aggiunge. “Gran parte di questo balzo del 2017 è attribuibile al miglioramento dei fondamentali”, sottolinea Tedder, a indicare che non siamo di fronte a una bolla, destinata prima o poi a scoppiare. In questo scenario, avverte, il rischio principale è la compiacenza diffusa, cioè che l’ottimismo continui ad autoalimentarsi perdendo di vista i fondamentali. Anche perché, dopo un lungo periodo di volatilità particolarmente contenuta per gli interventi diffusi delle banche centrali, già nelle ultime settimane si è assistito a un ritorno della volatilità, che potrebbe accentuarsi nei mesi a venire. Da qui la necessità di procedere d’ora in avanti con scelte selettive, andando a individuare i campioni di domani all’interno dei trend strutturali in essere. “Ci aspettiamo una trasformazione massiccia nelle industrie dell’energia e dell’automotive nel corso dei prossimi anni”, spiega l’esperto. “Si può navigare questo cambiamento sia evitando i player destinati a perdere, sia individuando i vincitori”. Sicuramente più incerto è lo scenario delle commodity, i cui prezzi sono condizionati non solo dalla legge della domanda e dell’offerta, ma anche dal contesto geopolitico nei Paesi produttori. Il petrolio intorno ai 60 dollari al barile è a un livello di equilibrio secondo Ken Adams, head of tactical asset allocation, multi asset di Aberdeen Standard Investments. “Le scorte di greggio si stanno riducendo gradualmente dai loro massimi dell’an-

In alto Charles McKenzie, chief investment officer obbligazionario di Fidelity International. Sotto Alex Tedder, head of global equities di Schroders.

QUOTA DI PRESTITI IMPIEGATA PER IL RIACQUISTO DI AZIONI PROPRIE Dal 2000 al 2001 Meno della metà dei prestiti assunti dalle aziende è stata utilizzata per il riacquisto di azioni, lasciando così spazio agli investimenti produttivi.

Ultimi cinque anni Le aziende hanno preso in prestito grandi importi per riacquistare azioni, invece di investirli in asset produttivi.

59% 37%

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Nella foto sotto Ken Adams, head of tactical asset allocation Aberdeen Standard Investments. A lato Andrew Harmstone, managing director di Morgan Stanley Investment Management.

OUTLOOK 2018

no. Con il programma di tagli Opec/Nopec e l’uso di tattiche tipiche delle Banche centrali per regolare i livelli delle scorte da parte dell’Opec, riteniamo che il prezzo del petrolio resterà intorno ai 60 dollari al barile”. La prudenza domina sulle prospettive dell’oro, che nelle fasi di crescita economica perde il valore di asset rifugio e inoltre deve fare i conti con l’atteso rafforzamento del dollaro (con cui ha una correlazione inversa) in conseguenza della stretta sui tassi in America. Goldman Sachs si attende un calo di circa il 10% a quota 1.120 dollari al barile, prima di una lenta risalita. Tempesta in arrivo? Non mancano coloro che sottolineano il rischio di pesanti correzioni sui mercati. Andrew Harmstone, managing director, lead portfolio manager per il Global Multi Asset team di Morgan Stanley Investment Management, segnala due rischi su tutti: il primo è che in presenza di rapporti debito-capitale già alti e tassi d’interesse in ascesa, le aziende potrebbero trovarsi nella necessità di finanziare i loro investimenti emettendo azioni. È probabile che si mettano in moto due dinamiche: l’effetto deprimente degli alti costi di prestito sugli utili

e l’emissione di nuovo capitale azionario. “Presi nel loro insieme, questi due fattori potrebbero esporre le azioni a un rischio di ribasso”, sottolinea. In secondo luogo vi sono da considerare le tensioni a livello politico, soprattutto tra Corea del Nord e Stati Uniti e la situazione catalana. In questo frangente riteniamo saggio ridurre selettivamente il rischio. “Un approccio ovvio per mitigare le ricadute di un brusco e inatteso aumento dei tassi d’interesse è quello di ridurre la duration”. Insomma, meglio proteggersi per limitare eventuali danni. F

IL PIL NEL 2017 PAESE PER PAESE VARIAZIONE DEL TASSO DI CRESCITA DEL PIL

10% o più 6% - 10% 3% - 6% 0% - 3% meno di 0% senza dati

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©IMF, 2017, Fonte: Fondo monetario internazionale – ottobre 2017


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Carlo Gualandri: Innovare la gestione delle spese aziendali è una sfida per migliorare la produttività IN COLLABORAZIONE CON SOLDO

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n sondaggio condotto da Istituto Piepoli per Soldo nelle imprese italiane ha fatto luce sulle inefficienze nei processi di gestione delle spese, che potrebbero facilmente essere ottimizzati grazie alla tecnologia. In media i responsabili finanziari impiegano oltre 2 ore ogni volta che devono fare un acquisto e in un’azienda su 10 si supera addirittura un giorno di lavoro. Del resto solo il 5% delle imprese anticipa denaro ai dipendenti per permettere loro di gestire spese in autonomia e tra le maggiori sfide per il 2018 si indica il bisogno di controllare in tempo reale come vengono spesi i soldi della società (40%) e chi è abilitato ad accedervi (43%). Problematiche che potrebbero essere drasticamente ridotte attraverso l’automazione di questi processi.

NUOVE FUNZIONALITÀ PER LA PREPAGATA L’idea di una carta prepagata e controllata in tempo reale viene vista dal 54% dei CFO come un modo di spendere i soldi aziendali più responsabilmente, velocizzando la compilazione delle note spese, mentre il 22% crede che possa aumentare la fiducia nell’azienda e nei suoi processi. Una soluzione vista positivamente anche dai dipendenti - che investono in media più di 3 ore al mese in queste attività - favorevoli alla tecnologia soprattutto per ridurre sprechi e tempo (67%), stress (52%), migliorare la produttività (60%) e affrontare più volentieri le trasferte (51%). Considerando che nel 64% delle aziende non si hanno regole e/o processi abituali per gli anticipi di spesa ai collaboratori, gestire acquisti e sostenere costi di tasca propria, in attesa di ottenere un rimborso, può diventare per moltissimi una situazione tanto onerosa quanto, in realtà, semplice da risolvere. In questo frangente Soldo ha individuato una chiara opportunità per eliminare qualsiasi potenziale problematica dovuta agli eccessi di spesa e a

CHI SIAMO

• Soldo è un sistema di carte prepagate business personalizzabili, basato sul circuito Mastercard. • Grazie a un cruscotto di gestione su web e un’app, permette di creare carte fisiche e virtuali per dipendenti e dipartimenti e ricaricarle online a costo zero, effettuare pagamenti, ricevere notifiche di ogni movimento e controllare in tempo reale quanto è stato speso e da chi. • Integrabile ai più usati software gestionali, consente di creare report ed esportare i dati per utilizzarli in contabilità.

una gestione poco efficiente dei processi di pagamento, rafforzando nel contempo il senso di fiducia e autonomia tra i dipendenti attraverso la distribuzione di carte prepagate smart. Se i lavoratori hanno l’opportunità di utilizzare una carta aziendale che elimini il problema di dover spendere momentaneamente i propri soldi, i team finanziari potranno esercitare il pieno controllo su dove, quando e come è stata utilizzata la carta, oltre ad avere l’accesso in tempo reale a transazioni, dati e report. COME EVITARE SPRECHI ULTERIORI Un altro aspetto che il sondaggio ha permesso di evidenziare infatti è quello degli sprechi legati agli acquisti non autorizzati: a quasi 1 dipendente su 5 (17%) è capitato di fare spese in eccesso o per esigenze personali, non legate all’azienda, utilizzando i soldi della società. Osservando le risposte ottenute sia dai CFO che dai dipendenti, risulta evidente che i processi di acquisto all’interno delle imprese debbano essere ripensati da zero. Effettuare una spesa per conto della propria azienda non dovrebbe produrre lavoro extra per il personale, ma piuttosto costituire un’operazione indolore e snella, che non vada in particolare e gravare sul team finanziario con compiti amministrativi inutili.

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Metti un indice nel portafoglio “Gli Etf non sono necessariamente un’alternativa ai fondi comuni, ma possono contribuire a rendere più completo l’investimento”. Parola di Emanuele Bellingeri, numero uno di iShares Italia DI LUIGI DELL’OLIO

“S Emanuele Berlingeri, responsabile per l’Italia di iShares.

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pesso si parla dei fondi passivi in alternativa ai fondi attivi, ma le diverse soluzioni d’investimento possono convivere parchè ciascuna di esse può apportare valore all’interno di un portafoglio ben diversificato”. Emanuele Bellingeri, managing director e responsabile per l’Italia di iShares, il più grande operatore di Etf al mondo (gruppo BlackRock) con un patrimonio in gestione di circa 5.900 miliardi di dollari, delinea uno scenario differente dalla narrazione prevalente sul mercato, che vede gestioni attive e passive in contrapposizione tra loro nelle scelte d’investimento, soprattutto nel comparto retail, quello rivolto ai piccoli investitori.

Qual è il trend principale cha caratterizza oggi il settore dei fondi passivi? Vi è un cambiamento di prospettiva da parte degli investitori, in primo luogo quelli americani, ma con sempre maggiore frequenza anche tra quelli di altre aree geografiche. In linea con quanto sottolineiamo da tempo, si diffonde la percezione che i fondi indice non costituiscono soluzioni d’investimento solo per particolari categorie di investitori od obiettivi di investimento, ma possono rappresentare un mattoncino all’interno di un portafoglio che contiene anche strumenti attivi, nei quali vi è un intervento più marcato da parte dei gestori professionali. È una rinuncia da parte sua a farsi alfiere del settore in cui è leader di mercato?


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Niente affatto. Ritengo sbagliato parlare di fondi passivi, dato che tutte le scelte d’investimento richiedono una componente attiva, una scelta, che può configurarsi con diverse modalità. Quindi non è corretto fare un discrimine tra prodotti che prendono posizione su un indice, e per questo comportano costi ridotti, e quelli in cui si affida al gestore una continua movimentazione del portafoglio, accettando in cambio di fare i conti con commissioni più elevate? Questa è una scelta importante, ma non può essere prioritaria. Per costruire un portafoglio adeguato è necessario partire da una riflessione sui mercati, sui settori sui quali investire. Solo successivamente si dovrebbe scegliere lo strumento. Si tratta di riflessioni che non sempre i piccoli investitori sono in grado di fare… Infatti la mia indicazione, a meno che non si posseggano competenze finanziarie avanzate, è di affidarsi a un addetto ai lavori, che sia un consulente o una società di gestione del risparmio. Si tratta del passaggio preliminare perché, se si sceglie la persona giusta, quella che esprime un interesse allineato con quello dell’investitore, ci si incammina lungo il sentiero migliore che potrà dare le maggiori soddisfazioni nel medio-lungo periodo. Il debutto della Direttiva Mifid 2, pone nuovi obblighi a capo dei consulenti. Li condivide? Fare trasparenza nel mercato per favorire scelte d’investimento consapevoli, è interesse di tutti. Per chi affida i propri risparmi, così per l’industria finanziaria, chiamata a recuperare la fiducia persa negli anni della crisi. Con la Mifid 2, toccherà al professionista dimostrare al cliente che si sta facendo la scelta migliore per lui. Come si capisce se è la migliore? Significa che deve essere adeguata al suo profilo di rischio e in linea con le sue aspettative di rendimento. Questo comporta un’analisi su fattori come la liquidità, i costi di gestione, la bontà del prodotto. Alla luce di questo ragionamento, cosa può dare un Etf all’interno di un portafoglio d’investimento? L’obiettivo primario di questo strumento è di prendere posizione su un indice diversificato di prodotti e di farlo a costi ridotti. Le faccio un esempio: il nostro Etf sull’indice S&P 500 (rappresentativo delle principali 500 aziende quotate a Wall Street, ndr) ha commissioni annue dello 0,07%. Quindi, con una sola operazione si acquista un elevato numero di titoli, ottenendo un’elevata diversificazione. Peraltro, l’Etf è uno strumento quotato e questo significa che è possibile uscire quando si vuole, al prezzo di quel momento. Aggiungo che sul mercato l’offerta è ormai

completa: è possibile investire in tutte le asset class e aree geografiche, con la possibilità di puntare sulla crescita dei sottostanti, così come sul calo, in questo caso attraverso soluzioni short. Inoltre, si sono diffuse nel tempo differenti soluzioni per la costruzione degli indici: ai criteri tradizionali, che replicano il peso dei diversi titoli nell’indice, si sono aggiunte soluzioni che ne seguono altri come il contenimento della volatilità o una ponderazione settoriale. Guardando i risultati dell’ultimo Blackrock Etp Landscape, emerge che a spingere i nuovi flussi in entrata negli ultimi mesi sono soprattutto i prodotti obbligazionari. Non è sorprendente rispetto al sentire comune che vorrebbe queste soluzioni adatte soprattutto per investire nell’equity, magari andando a presidiare settori e aree geografiche in cui è più complicato il fai da te? Investire direttamente in bond non è così facile: pensiamo all’esempio delle emissioni corporate che hanno un taglio minimo difficilmente accessibile per i piccoli investitori. E pensiamo anche ai rischi che caratterizzano oggi l’obbligazionario di fronte alla prospettiva di un rialzo dei tassi. L’Etf consente la massima diversificazione, riducendo i rischi per il sottoscrittore e offrendo una struttura commissionale particolarmente contenuta, che in uno scenario di rendimenti nulli o quasi per molte emissioni può fare la differenza. F

Andamento patrimonio investito in ETF e ETP a livello globale #Products

Assets US$ Bn 2.800

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0 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007 2009 2011 2013 2015 Ott-17

Andamento patrimonio investito in ETF e ETP a livello europeo # Products

Assets US$ Bn 400

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GENNAIO, 2018 FORBES | 97


FORBES

CON BLACKROCK

BARRA DRITTA SULL’AZIONARIO SERGIO OLIVERIO/IMAGOECONOMICA.IT

DI LUIGI DELL'0LIO

Per Blackrock le quotazioni dell’equity sono elevate, ma occorre considerare la crescita economica e la carenza di alternative tra le altre asset class

98 | FORBES GENNAIO, 2018

questo momento lo scenario più probabile è il proseguimento di una crescita sincronizzata. L’incognita maggiore per il prossimo anno è legata all’inflazione. È da tempo che si sollevano preoccupazioni su un’accelerazione dei prezzi relativi ai beni di consumo, che puntualmente vengono smentite… Se guardiamo all’ultimo anno, è effettivamente così. Nonostante la crescita economica, l’inflazione core, quella cioè che esclude le componenti più volatili come alimentari ed energetici, resta inferiore alla media degli ultimi 15 anni, malgrado l’enorme liquidità immessa sul

mercato dalle banche centrali. Questa situazione però ha anche permesso alla Fed in passato e alla Bce oggi di mantenere un atteggiamento di politica monetaria molto accomodante. E invece cosa attendersi dal 2018? A nostro avviso è probabile che vi sia un’accelerazione, ma senza strappi: negli Usa i prezzi dei beni al consumo “core” dovrebbero crescere poco sopra al 2% e nell’Eurozona poco sopra all’1%, in entrambi i casi un ritmo leggermente superiore a quello del 2017. Se si conferma questo andamento, la Fed

PIL reale globale a parità dei poteri d’acquisto, variazione percentuale anno su anno 7% 6% 5% 4% 3% 2% 1%

Crescita PIL reale globale a parità dei poteri d’acquisto (PPP)

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1980

Il 2018 si preannuncia come un altro anno positivo per gli investimenti azionari, anche se sarà difficile immaginare performance come quelle dell’anno che sta per concludersi. È la convinzione di BlackRock, il più grande asset manager al mondo (5,9 miliardi di dollari). Ne abbiamo parlato con il responsabile delle strategie d’investimento in Italia Bruno Rovelli. Cominciamo da uno sguardo di scenario. Il 2017 andrà in archivio con una crescita economica intorno al 3,5% a livello mondiale, tutt’altro che disprezzabile considerando le preoccupazioni espresse da vari analisti fino alla scorsa primavera e il susseguirsi di sorprese a livello geopolitico. Cosa attendersi invece dal 2018? A nostro avviso, il trend in atto dovrebbe trovare conferma anche il prossimo anno. Ci aspettiamo un Pil mondiale in rialzo del 3,7-3,8%, con il segno più in tutte le macroaree del Pianeta. Segnali positivi dovrebbero arrivare dai mercati emergenti, attesi a un progresso intorno al 4-5%, mentre l’economia statunitense dovrebbe crescere intorno al 2,5% e quella dell’Eurozona poco sopra il 2%. L’Italia dovrebbe restare poco sotto quest’ultimo livello, ma è destinata comunque a proseguire nella ripresa. Dunque vede sereno all’orizzonte? Noi facciamo previsioni, quindi non possiamo parlare di certezze, ma solo assegnare probabilità ai diversi scenari. In

Bruno Rovelli Responsabile investment advisory BlackRock

Media storica crescita PIL a PPP

Fonte: IMF WEO dati aggiornati ottobre 2017, elaborazioni BlackRock su stime OECD e IMF. La media storica è calcolata considerando i dati dal 1980 al 2016. I dati relativi a 2017 e 2018 sono stimati.


Variazione anno su anno del Consumer Price Index (indice dei prezzi al consumo) per i paesi OCSE (core e all items) 8% 7% 6% 5% 4% 3% 2% 1% 0%

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Variazione a/a CPI core OECD

Fonte: BlackRock Investment Institute, dati OCSE. Dati al 30/9/2017

che per molti versi resta un mistero. All’inizio del 2017 erano in tanti a temere una brusca frenata della crescita e invece il progresso dovrebbe essere di poco inferiore al 7%. Nel 2018 sarà ancora il traino dell’economia mondiale o dobbiamo aspettarci un rallentamento? In effetti quest’anno la Cina è stato un fattore di stabilità per i mercati mondiali. Superato l’appuntamento del 19esimo congresso del partito comunista, il prossimo anno potrebbe essere un generatore di volatilità. Infatti le autorità cinesi saranno impegnate a favorire una

“Le quotazioni azionarie sono care se paragonate alle medie storiche, ma non sembrano così elevate se paragonate ad altre asset class”. paragonate alle medie storiche, ma non sembrano così elevate se paragonate ad altre asset class come i governativi o i corporate investment grade . Dunque, siamo positivi verso l’equity, anche se dobbiamo fare i conti con un rallentamento nella crescita degli utili. Rispetto al +12% di quest’anno, nel 2018 ci attendiamo un progresso inferiore di tre-quattro punti. Non abbiamo ancora parlato della Cina,

giu-05

Variazione a/a CPI all items OECD

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dovrebbe rialzare i tassi altre tre volte e la Bce dovrebbe proseguire nella riduzione del quantitative easing, ma senza attivare un brusco arresto. E se invece i prezzi si impennassero? È un’ipotesi di difficile realizzazione, ma comunque da considerare. In questo caso la stretta monetaria dovrebbe essere più veloce, con ricadute negative anche per chi investe. Torniamo alla vostra ipotesi-base: dove investire nel 2018? Iniziamo col dire quali sono gli ambiti che, a nostro avviso, hanno scarso appeal. Sulla componente governativa dei bond occidentali ci attendiamo performance negative, sugli investment grade e gli high yield (le due categorie di emissioni societarie, le prime relative ad aziende ritenute dai mercati più solide e le seconde relative a realtà con fondamentali più fragili, ndr) performance attorno allo zero o solo leggermente positive. Insomma un contesto più complicato rispetto al 2017, che si chiude, a livello globale, con performance nulle per i bond sovrani e in crescita per tutte le altre obbligazioni, dal 3% degli investment grade al 6% degli high yield a ben oltre il 7% per gli emergenti. Allora possiamo attenderci un altro anno d’oro per le azioni? Le quotazioni azionarie sono care se

crescita con meno eccessi in ambito finanziario e questo dovrebbe portare a una stretta sullo shadow banking, vale a dire il sistema di credito non tradizionale. Detto questo, ci aspettiamo comunque una crescita importante sia in Cina, che più in generale nei mercati emergenti. Il 2018 si apre con il debutto della Mifid 2, la direttiva europea sulla distribuzione dei prodotti finanziari che introdurrà maggiori obblighi di trasparenza a carico

dell’industria del risparmio, a tutto vantaggio dei piccoli investitori. Come vi state preparando? Stiamo lavorando con tutti i nostri clienti per assicurare ovviamente il rispetto della normativa ma soprattutto livelli di servizio sempre piú elevati. In contemporanea abbiamo lanciato BlackRock Universe, una nuova piattaforma di investimento per la clientela italiana, originata e cogestita dal team di Milano. Di cosa si tratta? Sono soluzioni di investimento che mettono a disposizione, sotto forma di fondo comune, tutte le capacitá di investimento di BlackRock: Etf e fondi absolute return. I portafogli che ne risultano sono molto diversificati sia per asset class che per strategia di investimento e si differenziano per livelli di rischio. Partiamo dalla soluzione base obbligazionaria, denominata Fixed Income Selection, per poi salire via via con soluzioni tendenzialmente più volatili, ma anche, in prospettiva, con rendimenti attesi più elevati. Come generare rendimento in campo obbligazionario alla luce di attese negative per il settore? Diversificando sia a livello di mercati, che di gestori. Puntiamo su una limitata correlazione con i mercati sottostanti e sulla capacità dei nostri gestori di cogliere in modo tattico le opportunità che via via si presentano sul mercato. GENNAIO, 2018 FORBES | 99


INVESTMENT

Benvenuti nella Satoshi Revolution Giacomo Zucco, 34 anni, laurea in fisica teorica, è il ceo dei Blockchainlab, incubatore milanese di idee e startup per il mondo blockchain. La sua fortuna cominciò quando gli distrussero l’hard disk DI CLAUDIO KAUFMANN

C

iak, si gira. Ecco la storia: c’è un tale che accumula 1 milione di dollari sul suo pc. Ci sono due tipacci della security aziendale che gli distruggono l’hard disk. Lui si licenzia ma poco dopo realizza il sogno della sua vita. Una favola? Un film di Hollywood? Nulla di ciò, a

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Giacomo Zucco è capitato davvero: 34 anni, laurea in fisica teorica, oggi è il ceo dei Blockchainlab, incubatore milanese di idee e startup per il mondo blockchain. Benvenuti nella Satoshi Revolution. “Nel 2012”, racconta Zucco, “lavoravo come Technology Consultant in Accenture. Un po’ per noia, un po’ per curiosità, decisi di installare sul mio computer il software che serviva a minare (estrarre, ndr) i bitcoin. Ne accumulai ben 50 in otto ore!”. Numeri alla mano, oggi sarebbe un tesoretto di oltre 300mila dollari. Il gioco di Zucco continua ma non dura. “Una mattina due guardie mi sequestrarono il pc. Provai a spiegare che sono solo bitcoin, non capirono. Dissero che avevo reso vulnerabile la sicurezza informatica aziendale, aprendo porte che non dovevo aprire”. Ebbene, ai valori di oggi in quel pc ci sarebbe un gruzzolo a sei zeri. “In realtà”, aggiunge Zucco, “all’epoca non valevano granché”. Ma poco dopo lasciò il lavoro. L’episodio fu la sua via di Damasco, una folgorazione. A distanza di cinque anni infatti, Giacomo Zucco, fin da bambino aspirante scienziato e scopritore, è uno dei maggiori esperti italiani della “catena dei blocchi”, la tecnologia nata (pare) da un’intuizione del leggendario Satoshi Nakatomo (nessuno sa chi sia o se esista veramente). Una tecnologia destinata a rivoluzionare il mondo, dall’economia alla dimensione politica, che però secondo i detrattori, sta provocando solo l’ennesima bolla finanziaria, con oltre 1.000 cripto-valute già censite. Sul punto il tecnologo Giacomo Zucco è categorico, “Il 99% delle cripto sono fuffa o marketing. O le due cose insieme”. “Non a caso”, aggiunge, “i maggiori esperti del pianeta in crittografia e sistemi open source lavorano sui bitcoin”. Tutto vero, ma perché stanno nascendo più monete digitali che funghi in un bosco dove ha appena piovuto? “Perché sul web”, rincara Zucco, “ci sono milioni di smanettoni vogliosi di farsi notare, magari informatici mediocri: cambiano qualcosina e dicono che è nata una nuova criptovaluta, guarda caso la loro. E qualcuno ci casca. Io le chiamo le shitcoin”. L’unica criptovaluta che Zucco salva, bitcoin a parte, è il monero, quella preferita, secondo la vulgata, dai delinquenti: droga, armi, farmaci strani, finanza occulta e, forse, le manine di qualche servizio segreto. “E’ vero che il monero è usato per nascondersi”, riconosce Zucco, “ma io guardo al lato tecnologico: il monero è un progetto con sviluppatori seri. È la criptovaluta della privacy. Mentre il bitcoin è facile tracciarlo, con il monero non sai mai chi paga chi. È una seconda blockchain, però è molto pesante e costosa. Penso che alla fine lo standard sarà il bitcoin”. Del resto, Zucco, è appunto un fisico teori-


CRIPTOVALUTE

co, quello gli interessa. Può parlare ore di database, marcatori temporali e funzioni algoritmiche, magari di notte in chat con altri sviluppatori che stanno a San Francisco o a Johannesburg. Molto meno lo appassiona stabilire quanto debba valere un bitcoin. “Per anni blockchain e bitcoin sono stati un argomento esoterico, degno di una setta. Adesso è diverso: c’è un entusiasmo eccessivo, certi prezzi cadranno ma ciò non cambia di una virgola il futuro della blockchain. Anche Internet ha prodotto una bolla ma il web ha cambiato il mondo. Nel 1996 qualcuno immaginava miliardi di persone in giro con lo smartphone in tasca?” Si arriva così a una domanda chiave: in attesa che si sgonfi la bolla o si dimostri che un bitcoin può valere “un miliardo, ma che dico un milione” (per dirla alla Totò), che ci farà in futuro l’umanità con la blockchain? È davvero una tecnologia disruptive, al pari del fuoco, della ruota o del web? “Cambierà tutto – ribadisce Zucco - penso all’e-commerce, ai pagamenti internazionali e ai pagamenti innovativi, come il M2M (machine-to-machine, nrd). Ci saranno macchine-robot che si pagano fra loro, dal distributore di bibite al cellulare. Oggi chiudiamo il wi-fi agli altri con la password. Si può ragionare al contrario: chi usa il mio wi-fi me lo paga all’istante. Sono minuscoli esempi. Potranno cambiare miliardi di cose, dai viaggi al taglio dell’erba, dagli atti notarili all’acquisto del cappuccino. Senza intermediari”. Eccola qui la Satoshi Revolution, l’economia del permissionless (senza permesso), dove ogni transazione ha una “cronologia univoca, coerente, immutabile”, insiste Zucco, “non è fantascienza. La tecnologia c’è già, manca il quadro normativo e legale. E ciò varrà anche tra aziende, enti o nazioni, sperando che prima o poi non ci siano più”. Ecco, l’ultima frase è importante: emerge la comGiacomo Zucco

ponente libertarian (e un po’ anarchica) di Zucco e di tutto il mondo blockchain: l’idea che con la decentralizzazione di ogni scambio e rapporto economico, gli Stati Nazione (il sovrano) possano cedere il passo e marginalizzarsi. Del resto, Giacomo Zucco è stato il giovanissimo (a soli 27 anni) portavoce del Tea Party in Italia, quando nel luglio del 2010 si unisce al movimento globale anti-tasse: è un periodo frenetico di riunioni, comizi e presenze tv, “ora faccio ancora politica tutti i giorni ma col mio lavoro, niente militanza”. In effetti lavora moltissimo, “sette giorni su sette, anche di notte”, dice. Con il boom dei bitcoin è più cercato del Barbiere di Siviglia: tutti lo chiedono, tutti lo vogliono. A contenderselo sono le banche, dagli Usa al Canada, dall’Asia all’est Europa, per non dire della Svizzera dove “i clienti vogliono bitcoin a tutti costi, è vista come asset class decorrelata da altri mercati”. Il problema delle banche è che non sanno da chi comprarli e come detenerli. “La blockchain garantisce sicurezza solo se la sai usare”, dice Zucco, “una cosa è il singolo con il suo wallet e le password scritte, ma le banche o gli hedge fund devono gestire codici complessi, non possono usare impiegati impreparati”. Così Zucco è diventato un globe trotter: prossimi voli in Lettonia, Bielorussia, Stati Uniti, Francia e Repubblica Ceca. C’è anche un salto in Bulgaria, a Sofia, dove col suo network è diventato socio di una miniera di bitcoin: un casermone di quattro piani in periferia, con contratti di energia elettrica da farm industriale: “Siamo piccoli quindi facciamo partnership con altre miniere, poi dividiamo i bitcoin”. Già, perché l’estrazione funziona un po’ come una lotteria, “non ci sono equazioni da risolvere, si va per tentativi”, spiega Zucco, “ci sono delle macchinette, chiamiamole così, che fanno calcoli complessi e velocissimi. La prima che trova la soluzione la propaga per la rete. In quel modo si creano 12,5 bitcoin”. Nel frattempo c’è anche chi cerca Zucco per le cose un po’ strambe, “un ristorante mi ha chiesto di organizzargli una Ico (Inizial Coin Offering), per rinnovare il locale. Tecnicamente sarebbe possibile, lui offre dei token (gettoni) a chi lo finanzia, poi ogni qualvolta un cliente paga, magari una pizza e una birra, chi ha il token riceve una piccola quota dei guadagni del ristorante, come fosse una royalty”. Semplice, no? Ma c’è un piccolo problema: ad oggi è illegale. Ma il boom delle Ico intanto continua: “Troppa gente”, continua Zucco, “si sta illudendo che sia il nuovo Eldorado. In alcuni casi è vero, tanti altri si faranno del male. Però la blockchain rimarrà, è un’altra cosa. Un giorno si capirà perfino che l’oro digitale può essere riserva di valore quanto l’oro fisico”. Benvenuti nella Satoshi Revolution. F

UNA VITA DA MINATORE

(IN CRIPTOVALUTE) Vita da minatori moderni, circondati da pc e schede video, piazzati su scaffali accuratamente ventilati per evitare che diventino roventi come ferri da stiro. Il moderno miners di criptovalute è un giovane di Brescia: Gianluca Mazza, 28 anni, fondatore della startup 0301, in onore alla data di nascita del primo bitcoin della storia (3 gennaio 2009). Ora lavora ancora per BHB Newtwok, laboratorio di idee e progetti sulla blockchain, ma da qualche mese vola avanti e indietro da Sofia, capitale della Bulgaria, dove ha aperto la sua prima miniera, in una palazzina di quattro piani. “Sono venuto qui perché un kilowattora costa un quarto rispetto all’Italia La farm è automatizzata”, aggiunge, “dalla diagnostica, al sistema del ricircolo dell’aria”. Tutto il software è farina del suo sacco, a conferma che i cervelli fuggono dal Belpaese. Ad ora le criptovalute “minate” sono tre: Zcash, Monero ed Ethereum, poi convertite in bitcoin. L’investimento è costato 600.000 euro, il punto di pareggio è previsto già nei prossimi sei-sette mesi. A quel punto, salvo soprese, sarà un Eldorado, “si possono guadagnare anche migliaia di euro al giorno”, spiega, “il sogno è quello di arrivare a un bitcoin ogni 24 ore, non sarà facile, vedremo”. Ma non è finita: Gianluca Mazza sta già lavorando alla seconda miniera, con un investimento cinque volte più grande.

Gianluca Mazza

GENNAIO, 2018 FORBES | 101


Cosa farò con i soldi delle caramelle Dopo aver venduto per 5,9 miliardi di dollari la King Digital Entertainment e le sue Candy Crush, Riccardo Zacconi sta cercando nuovi investimenti. Le idee non gli mancano. A cominciare dall’Italia... DI GIOVANNI IOZZIA

“L

Riccardo Zacconi, il papà di Candy Crush e fondatore di King.com.

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a mia casa è a Londra ma l’Italia mi manca molto e se potessi tornerei domani, a Roma. Spero di poterci presto trascorrere più tempo”. Riccardo Zacconi è in una di quelle fasi della vita in cui puoi permetterti di pensare diversamente al futuro. A 50 anni, compiuti a maggio, dopo aver venduto per 5,9 miliardi di dollari la King Digital Entertainment e le sue Candy Crush, sta pensando che cosa poter restituire: ai nuovi imprenditori, ai bambini che patiscono malattie rare e alla sua Italia che fa fatica a crescere come po-

trebbe. La voglia di giving back si manifesta frequentemente in chi fa fortuna, soprattutto nei Paesi di cultura anglosassone (dove del resto capita più spesso di fare fortuna). C’è qualcosa di dolce nella fortuna di Riccardo Zacconi. Le caramelle colorate sono le protagoniste della Candy Crush Saga, il videogioco che ha reso ricchi lui e i sui soci con la vendita ad Activision Blizzard, uno dei più celebri e giocati rompicapo nella storia dell’intrattenimento digitale. È persino riuscito a ottenere il brevetto sulla parola candy, Zacconi. Non solo: come si chiama il fondo di venture capital che, tra le altre cose, lo impegna adesso? Sweet Capital. Zacconi, romano, divorziato con un figlio, è un ex ragazzo della New Economy di fine Novecento. Esordio nella consulenza, poi l’impegno imprenditoriale in quelli che allora erano i terreni più frequentati, i portali e i siti di dating. Esperienze in

ANDREW BURTON/GETTY IMAGES

FINTECH/STARTUP


GAMING

Germania, poi si trasferisce a Londra per fare il venture capitalist e lì intercetta il mercato crescente dei videogiochi. Certo, come quasi tutti quelli della sua generazione, ha nostalgia di Space Invaders e Asteroid ma non è lui, laureato in Economia alla Luiss, il vero giocatore del team della King Entertainment. Il creativo è il partner Sebastian Knutssan, dal cui studio di Stoccolma sono venute fuori le Candy Crush, le famose caramelle digitali che hanno portato Zacconi a sedersi a tavola con il fondatore del social network Mark Zuckerberg, visto che sono state tra le distrazioni più popolari su Facebook. Una bella storia di successo di un italiano cittadino del mondo, quella di Zacconi. Se gli domandi quale sia il migliore risultato che si possa conseguire, ti risponde dalla Cina: “Avere un bel team”. E se insisti chiedendo che cosa serve per creare un’azienda di valore aggiunge: “Prevedere il fallimento come parte del modello”. Evidentemente lui lo ha fatto. “Nel marzo del 2000 ho perso decine di milioni e nel 2003 King si trovava a due ore dalla bancarotta”, ha rivelato al Corriere della Sera. Non è accaduto e l’impresa è cresciuta bene, grazie all’intuizione di andare sugli smartphone con un’app e poi sui social, un momento prima che esplodesse il mercato con iPhone e Android. Poi un percorso da manuale: nel 2014 la quotazione a Wall Street (con Zacconi che si ritrova con un valore di circa 700 milioni di dollari secondo alcune stime della stampa inglese). Nel novembre 2015 la vendita. E adesso? Che cosa si fa dopo aver fatto tanti soldi? “Lavoro sempre in King (è rimasto ceo, ndr) per continuare a creare giochi che facciano divertire centinaia di milioni di persone sorprendendole ogni giorno con delle novità inaspettate”, risponde. E poi c’è Sweet Capital, il fondo di venture capital. “Circa 20 investimenti a oggi. Focus principale sono le mobile app per il mercato consumer, per esempio Hooked che ha reinventato il modo di leggere libri gialli in formato messenger”, racconta Zacconi nel ruolo dell’investitore di capitale di rischio. “Caratteristica fondamentale è che le idee siano veramente innovative a livello internazionale e che il team sia molto bravo non solo nella strategia ma anche nella esecuzione del prodotto e nel marketing. Noi abbiamo molta esperienza nel far crescere prodotti nuovi e innovativi a livello mondiale e possiamo quindi aiutare le società in cui investiamo”. Nessun investimento in Italia? “Non abbiamo ancora investito in società italiane ma spero di poterlo fare presto”, risponde diplomaticamente

Zacconi, che aggiunge: “A mio avviso abbiamo un potenziale enorme non utilizzato e vorrei nei prossimi 15 anni che ci siano più società tecnologiche italiane leader a livello mondiale”. Intanto, con Luca Ascani, altro expatriat digitale fondatore di Populis, in settembre ha portato in Italia il Founders Forum, network di creatori di imprese innovative di successo: a Roma John Elkan (presidente Fca) e Alberto Nagel (amministratore delegato Mediobanca) si sono ritrovati con Evan Spiegel, fondatore di Snapchat (servizio per inviare messaggi che si autoeliminano), e Xavier Niel, l’imprenditore francese che ha portato scompiglio nel mondo delle telecomunicazioni con il lancio di Eliad e poi della low cost mobile Free. Niel è anche promotore di Ecole42, un’esperienza che Zacconi vuole replicare in Italia. Perché? Che cos’ha di particolare? “Per competere nel settore tech a livello mondiale ci vuole una preparazione di avanguardia”, spiega. “La Ecole42 è una scuola completamente gratuita per imparare a programmare a livello molto elevato. La cosa più interessante è che l’unica condizione per essere ammessi è di passare un test di logica molto difficile. Non serve nessuna laurea né preparazione di alcun tipo e chiunque tra i 18-30 anni è ammesso a partecipare. Sto lavorando per portarla in Italia con una struttura a scopo non di lucro”. È chiaro che sull’Italia Zacconi vuole investire, anche se ancora non si scopre più di tanto. “La prima edizione del Founders Forum ha avuto un ottimo riscontro, sia tra gli italiani sia tra gli imprenditori e investitori esteri. Questo è solo l’inizio. Con Luca Ascani stiamo lavorando a un piano più ampio per sviluppare il tech in Italia, ma è troppo presto per parlarne”. È molto probabile che nei prossimi anni sentiremo ancora parlare di Zacconi, visti i suoi principi: “Se uno non molla, prima o poi, riesce a realizzare i suoi sogni”. Ma i sogni spesso costano. “Il denaro è uno strumento e non un fine per se”, dice lui che ne ha visto tanto. “La cosa più importante per me è lasciare il mondo un po’ meglio di come lo ho trovato”. L’affermazione suona meno retorica quando si va a scoprire un altro fronte su cui è impegnato Zacconi: Pten research.org. Pten è un gene la cui mutazione aumenta il rischio di tumore soprattutto nei bambini. “Ho messo su una fondazione no profit in cui investo in ricerca medica per aiutare bambini con malattie genetiche rare”. I giochi a volte possono anche fare molto bene. F

UNA FORTUNA DA 100 MILIARDI DI DOLLARI È un mondo parallelo quello dei videogiochi. E chi non lo frequenta fa fatica a comprenderne il peso economico. Si parla di un business che a fine 2017, a livello globale, dovrebbe superare i 100miliardi di dollari, confermandosi il primo mercato dell’intrattenimento, più di cinema e musica. Un mercato che dal pc si è spostato verso lo smartphone (come dimostra anche la storia di successo di Candy Crush), passando dalla console. Adesso si sta muovendo verso i luoghi fisici. L’ultima frontiera sono gli eSport, veri e propri tornei con tanto di commentatori e dirette streaming che stanno facendo emergere un nuovo business: sta già attirando l’attenzione di grandi imprese e banche che lo considerano un buon canale per raggiungere la cosiddetta generazione Z (i nati dopo il 1995). Le previsioni dicono che genererà un giro d’affari di circa 1,5 miliardi di dollari nel 2020. L’Italia è nella top ten mondiale dei mercati: 24,5 milioni di gamers per un giro di affari di circa 1,6 miliardi di euro. E sono sempre di più i giocatori adulti: la concentrazione è nella fascia d’età fra i 25 e i 55. Il mercato è però sempre più rivolto a Oriente, perché è lì la massa di giocatori che può determinare il successo di un gioco. Online la fanno da padroni cinesi e russi. E League of Legends, il più giocato al mondo, deve il suo successo al gradimento che arriva dall’Oriente. Questa tendenza sta condizionando la creazione dei nuovi giochi, pensati più per i gusti orientali.

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FINTECH/STARTUP

La scienza della finanza Da Google agli alternative data per la finanza. Fabrizio Milano d’Aragona è l’uomo dietro la prima società italiana attiva nell’estrazione dal web di segnali per orientare le scelte d’investimento DI MARCO BARLASSINA

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on conosco nessuna commodity che valga quanto l’informazione” diceva il Gordon Gekko del primo Wall Street. Non si sbagliava: la disponibilità di informazioni, prima ancora che queste diventino notizie, può fare la differenza nel mondo degli investimenti. Gekko però non poteva sapere – era il 1987 – che trent’anni dopo le informazioni sarebbero divenute non solo commodity, ma anche disponibili in sovrabbondanza, quasi senza limiti, e in forma gratuita. Internet era ancora di là da venire e oggi avere informazioni prima degli altri è divenuto praticamente impossibile, tanto che la competizione si è spostata sul campo dei tempi tecnici di esecuzione delle negoziazioni, con l’emergere dell’high frequency trading, o trading automatico, dove l’unità di misura sono i millisecondi. Venuto a mancare il concetto stesso di possesso delle informazioni diventa allora importante saper cogliere i cosiddetti “segnali deboli”, quelli nascosti tra le righe del web, capaci di influenzare l’andamento di un titolo finanziario nel medio e lungo periodo. Interpretare cioè tutta la mole di conversazioni, post sui social network, argomenti di discussione sui blog che insieme formano un’entità chiamata “alternative data”. Le prime esperienze di questo tipo hanno preso vita agli albori della diffusione dei social network sulla base di alcuni lavori accademici che avevano messo in relazione diretta l’andamento delle azioni quotate in Borsa con il sentiment ricavabile dai tweet su Twitter. Oggi, con il procedere della digitalizzazione di sempre più aspetti della vita, i “dati alternativi” che possono essere presi in considerazione alla caccia di “segnali deboli” sono cresciuti esponenzialmente. Si sono aggiunti una serie di dati pubblici, quali quelli di Google Maps, quelli delle vendite su Amazon e potenzialmente quelli provenienti da qualsiasi oggetto munito di sensori. La complessità degli algoritmi necessari a estrarre le informazioni prima che diventino notizie è aumentata di pari passo, così come la potenza di calcolo al servizio di queste elaborazioni. Non stupisce così che le società attive in questo settore (quasi tutte statunitensi o britanniche), non siano più di una decina al mondo. E, sorpresa: una di queste è italiana. A fondarla tre ex top manager di Google Italia: l’attuale ceo, Fabrizio Milano d’Aragona, tra i componenti con Massimiliano Magrini del primo nucleo di persone che hanno portato la società di Mountain View nel nostro Paese; Mauro Arte, Cfo e business developer, che nella sede italiana di


ALTERNATIVE DATA

Google si occupava del settore media & entertainment, divenendo anche capo della divisione YouTube Italia; Claudio Zamboni per diversi anni industry leader per i settori telco e tech di Google in Italia. Un inizio nell’antesignano dei motori di ricerca, Altavista, e un percorso in Google che, iniziato nel 2002, l’ha portato fino alla responsabilità diretta dei settori retail, fashion e local, Milano d’Aragona nel 2010 intuisce che le competenze maturate possono consentirgli il salto verso un’iniziativa tutta sua. Con i due soci dà così vita a 3rdPlace, azienda specializzata nella creazione e nello sviluppo della digital intelligence. E’ qui che nasce il primo esperimento italiano nella ricerca di alternative data digitali per il settore finanziario. FinScience, questo il nome della startup lanciata da Milano d’Aragona e soci, si rivolge infatti principalmente al mondo della gestione, che siano società di gestione del risparmio (Sgr) o family office, ma anche alle aziende quotate o in quotazione che sono interessate a monitorare le informazioni che possono avere effetti sui prezzi. Saranno queste a ricevere gli output del lavoro di estrazione delle informazioni. L’impressione, entrando negli uffici di Fin-

Science, è quella di trovarsi in un pezzo di Silicon Valley calato nel centro di Milano: scritte alle pareti, grandi open space e molti giovani under 30 indaffarati davanti ai loro computer. “Da noi c’è anche una componente umana che va oltre la macchina”, esordisce Milano d’Aragona muovendosi nei corridoi della sua creatura. Già, la macchina, quella attorno a cui tutto ruota quando si tratta di elaborazione di dati, in questo caso è “un algoritmo proprietario che abbiamo sviluppato internamente capace di restituire un output composito che viene poi inviato ai clienti”, spiega Milano d’Aragona. La macchina vera e propria in realtà sta da un’altra parte, sul cloud, perché la potenza di calcolo necessaria per elaborazioni di questo tipo richiederebbe l’utilizzo contemporaneo di centinaia di server, che sarebbe inefficiente avere fisicamente negli uffici e che comporterebbe un dispendio economico impossibile da sostenere per una startup. Anche per chi, seppur nato solo a inizio 2017, ha già raccolto in un primo round di finanziamento un milione di euro si prepara a un nuovo round per raccogliere le disponibilità necessarie a lanciare commercialmente la piattaforma e ampliare il team. Tra i primi investitori sono entrati nume-

Nella pagina precedente Fabrizio Milano s’Aragona, ceo e co-fondatore di FinScience, a lato uno dei claim che appaiono sulle pareti degli uffici della società a Milano. Alla pagina successiva, Alessandro Arrigo, general manager della società .

GENNAIO, 2018 FORBES | 105


FINTECH/STARTUP rosi nomi noti del venture capital italiano e del mondo della finanza. Tra i business angel da cui FinScience ha ricevuto il supporto grazie all’intermediazione di Epic SIM e all’advisor Good Ventures ci sono: Giuseppe Galimberti, in passato top manager in Jp Morgan, Morgan Stanley, Deutsche Bank e Ubs; Ugo Pastori managing partner della società di consulenza aziendale svizzera Weisstor ed ex ceo del fondo di fondi hedge Thalia; Massimo Prelz Oltramonti nel programma di venture capital di Olivetti dal 1981, ed ex managing director del fondo di private equity Advent International; oltre a Nicola Colla e Fabio Nalucci co-fondatori della piattaforma di innovazione Gellify.

Tutti angeli che hanno creduto nelle potenzialità che l’analisi di FinScience possa tramutarsi in un supporto di valore nella gestione. “Non si deve pensare a FinScience come a una società che invia segnali, frecce rosse o verdi su un titolo. Noi non consideriamo mai l’intraday, dove potrebbero entrare in gioco dinamiche che sporcherebbero l’analisi. Il risultato del nostro lavoro è invece teso a ricavare indicazioni utili per individuare un trend”, spiega Milano d’Aragona, “perché siamo all’inizio di una nuova fase: dall’economia della rete si sta passando all’economia dei dati, che dapprima hanno influenzato il digitale, poi le funzioni marketing e sales fino ad arrivare ora a dominare tutti gli aspetti di un’azienda”. “Il software”, aggiunge Alessandro Arrigo, general manager della società, “permette di acquisire, ordinare e interpretare grandi quantità di dati digitali da fonti diverse. Agisce quindi come un selezionatore di fatti rilevanti, a cui associa la pro106 | FORBES GENNAIO, 2018

ALTERNATIVE DATA

duzione di indicatori di sintesi, da utilizzare a supporto delle decisioni di investimento dei clienti. I gestori integrano le informazioni e le interpretano. Inoltre, grazie a un meccanismo di analisi incrociata di dati, è in grado di suggerire all’utente il monitoraggio di argomenti digitali a elevato impatto finanziario. FinScience non prende decisioni di investimento ma fornisce informazioni”. FinScience può dunque essere definito un software di interpretazione di dati strutturati (numeri) e non strutturati (conversazioni) con il quale ampliare il set informativo a supporto delle attività di analisi dei mercati finanziari. “Monitora le sorgenti di dati digitali per segnalare eventi potenzialmente interessanti per l’investitore”, dice ancora Arrigo, “e l’analisi permette di quantificare l’interesse in rete per una certa azienda e il livello di diffusione di un contenuto in rete, di identificare i principali macro e micro temi legati all’azienda e infine di tracciare la correlazione tra i segnali forti/deboli e l’andamento di un titolo azionario. FinScience individua i segnali, anche quelli emergenti, ne calcola la diffusione nel tempo e produce indicatori di sintesi”. Una sfida impossibile in tempi in cui le fake news hanno la capacità di divenire virali molto più velocemente delle notizie verificate? “C’è un tracciamento dei profili di comportamento dell’utente che permette di affidare differenti pesi a seconda dell’affidabilità. L’algoritmo pesa e seleziona solo notizie rilevanti per i segnali monitorati. Perché il peso sia alto occorre che la fonte dimostri una conoscenza verticale dell’argomento”. Soprattutto però parlano i risultati, che stanno dimostrando la capacità del sistema di presentare andamenti predittivi sulle principali metriche digitali e finanziarie. Come sottolinea Milano d’Aragona, non senza mantenere una certa dose di giusta riservatezza: “Quello che posso dire in questa fase è che stiamo testando il sistema su alcuni portafogli target. Ci sono pattern di collegamento interessanti e su alcuni portafogli di aziende quotate c’è capacità di miglioramento delle performance”. Trent’anni fa la frase tipo di Gekko ai suoi collaboratori era: “Dimmi qualcosa che non so”. Oggi lo chiederebbe a un sistema per l’analisi degli alternative data? F

IN UNA SOLA ORA SU INTERNET...

21,6 MILIONI di Tweet

fonte: Twitter

34.200

Siti internet fonte: Forbes

8,5 MILIARDI di E-mail

fonte: The Radical Group

144 MILIONI

Ricerche su Google fonte: Google


FINTECH/STARTUP

FINTECH LEADERS Paese

Piazza quotazione

Quotazione al 4/12/2017

Performance ultimi 12 mesi

Mkt Cap in Mln euro

Visa

USA

New York

107,43 Usd

p

39,94%

187.812

MasterCard

USA

New York

143,43 Usd

p

39,53%

128.138

MONDO

American Express

USA

New York

98,59 Usd

p

39,07%

72.216

PayPal Holdings

USA

New York

70,97 Usd

p

82,02%

71.983

The Charles Schwab

USA

New York

51,55 Usd

p

33,21%

58.318

Fidelity Nat.

USA

New York

93,63 Usd

p

26,06%

26.380

TD Ameritrade

USA

New York

53,34 Usd

p

29,27%

25.520

Fiserv

USA

New York

132,24 Usd

p

27,61%

23.257

Interactive Brokers Group

USA

New York

58,91 Usd

p

58,70%

20.527

IHS Markit

GB

New York

44,44 Usd

p

27,34%

14.959

Square

USA

New York

36,87 Usd

p 179,32%

12.089

E*TRADE

USA

New York

50,54 Usd

p

43,54%

11.430

Total System Services

USA

New York

73,10 Usd

p

51,18%

11.341

Wirecard

GERMANIA

Francoforte

p 119,02%

11.198

MSCI

USA

New York

127,57 Usd

91,08 Eur

p

59,93%

9.696

Sei Investments

USA

New York

70,18 Usd

p

47,34%

9.326

Temenos Group

SVIZZERA

Zurigo

131,80 Chf

p

93,54%

7.544

Jack Henry & Associates

USA

New York

115,48 Usd

p

34,57%

7.527

SS&C Technologies

USA

New York

40,48 Usd

p

40,66%

7.032

FactSet Research Systems

USA

New York

204,49 Usd

p

29,14%

6.749

86,28 Eur

Ingenico

FRANCIA

Parigi

p

21,56%

5.310

Fair Isaac

USA

New York

156,29 Usd

p

35,68%

3.955

Morningstar

USA

New York

93,28 Usd

p

29,37%

3.348

Paysafe

GB

Londra

587,00 Gbp

p

62,20%

3.242

ACI Worldwide

USA

New York

Simcorp

DANIMARCA

Copenhagen

ITALIA

Milano

22,37 Usd

p

21,31%

2.239

366,20 Dkk

p

16,59%

1.941

8,41 Eur

p

72,12%

5.059

Italia FinecoBank Tamburi Investment Partners

ITALIA

Milano

5,62 Eur

p

60,39%

888

TAS

ITALIA

Milano

1,94 Eur

p 203,12%

162

H-Farm

ITALIA

Milano

0,78 Eur

p

13,80%

68

Digital Magics

ITALIA

Milano

7,53 Eur

p

99,18%

55

DODICI MESI A TUTTO GAS PER TAS, SQUARE E WIRECARD Tre società fintech negli ultimi 12 mesi (dati calcolati ai primi di dicembre) hanno più che raddoppiato le quotazioni: l’italiana Tas (+203%), l’americana Square (+179%) e la tedesca Wirecard (+119%). A far correre Tas, più che la crescita dei ricavi (+21% annuo nei primi 9 mesi del 2017) e dei margini (Ebitda +42,6% sempre nei primi 3 trimestri dell’anno) è stata la spinta dei Piani individuali di risparmio. Nel caso di Square risultati superiori alle attese hanno convinto analisti e investitori a puntare sul titolo della società che ha sviluppato una tecnologia di pagamenti adottata da un numero crescente di aziende in tutto il mondo. Wirecard, attiva nei pagamenti elettronici e nelle applicazioni di gestione del rischio, ha a sua volta beneficiato di nuove alleanze commerciali in Germania (Veon) e all’estero (Citigroup, Tencent). LUCA SPOLDI

GENNAIO, 2018 FORBES | 107


30 novembre 2017 > 8 aprile 2018


Forbes Life 112

LO STILE AMERICANO SFILA IN ITALIA

114

LA FIERA (INTERNAZIONALE) DELLE NOVITÀ

116

PASSERELLE, UNO SHOW DA 20 MILIARDI

Napoleone, l’imperatore di Firenze Romano, classe 1954, laureato in Legge. Amministratore delegato di Pitti Immagine dal 1989, Raffaello Napoleone è tra i personaggi più influenti della moda italiana DI MARTA CITACOV


FORBES LIFE scale e il costo del lavoro. Solo così possiamo pensare di diventare più competitivi e far lievitare le opportunità. Basti pensare che in Italia nascono continuamente nuove scuole per la formazione nel settore moda. Questo significa che il comparto è sempre più attraente. Ma occorre premiare chi investe, studiare un piano di agevolazioni per chi crea lavoro e per chi, al contempo, contribuisce a consolidare la nostra posizione di eccellenza nel mondo. Il governo ha fatto molto in questo senso, soprattutto con il piano per il Made in Italy 4.0, per cui sono stati stanziati 170 milioni di euro.

N

on è la prima volta che lo incontro per un’intervista. Napoleone però non è facile da fermare: prende una media di quattro aerei al mese, fa parte di un numero indefinito di consigli di amministrazione - quasi tutti legati alla moda - e ha pure tre figlie. La prima, Livia, ha 35 anni e lo ha reso nonno di due nipotini. Lei e la sorella Virginia, 33, sono nate dal matrimonio con Camilla Mazzei, nipote di Lapo, ex presidente della Cassa di Risparmio di Firenze, prematuramente scomparsa nel 2004. La piccola Caterina, invece, è frutto dell’unione con Silvia Orsi Bertolini e ha 9 anni. Napoleone è nato a Roma nel 1954, ha una laurea in Giurisprudenza e vive a Firenze dal 1981. Nel 1989 è entrato a far parte di Pitti Immagine, di cui è amministratore delegato da quasi trent’anni. Napoleone, qual è lo stato dell’arte della moda italiana oggi? I dati parlano chiaro: le cifre del Made in Italy sono positive. Nonostante gli anni difficili, la tenuta del mercato è stabile. Anche se si tratta di un settore ampio e diversificato, con realtà diverse in ogni sua frazione. Se pensiamo al digitale, per esempio, registriamo una forte crescita dell’e-commerce nelle vendite. Diversamente, nei filati, una prima lettura dell’anno 2017 vede una diminuzione nei valori . Un calo che però va interpretato: scendono i volumi dei consumi standard, ma al contempo salgono significativamente le eccellenze, ovviamente con valori più alti a livello economico e anche di immagine.

In alto, il manifesto del tema di questa edizione di Pitti Immagine Uomo, dedicata al cinema. Nella pagina accanto e in apertura, due ritratti di Raffaello Napoleone, ad di Pitti.

110 | FORBES GENNAIO, 2018

Che cosa manca all’Italia per garantire una spinta maggiore? Non voglio sembrare banale, ma è sotto gli occhi di tutti: per stimolare maggiormente investimenti e imprenditori, occorre diminuire la pressione fi-

Export, social, crafters, lifestyle... che lingua parla la moda del futuro? Il Paese parla italiano ma ha imparato a esprimersi anche nell’esperanto della moda, per riuscire ad essere internazionale. Internazionale è il non più nuovo mondo del digitale, con i social network che sono diventati uno strumento imprescindibile per la comunicazione, per esempio. Internazionale è la parola chiave di qualsiasi sviluppo futuro. Bisogna puntare su una visione globale di quello che accade nel mondo. Filtrando attraverso gli occhi della nostra cultura, che da sempre rappresenta un metro di giudizio privilegiato su questo settore. Non è un caso che Pitti sia una manifestazione sempre più aperta ai visitatori stranieri, con un incremento di circa 120 nuovi buyer a stagione. Per non parlare della scelta di ospitare designer da tutto il mondo, mettendo in risalto in ogni edizione una nazione diversa, con le sue realtà produttive e creative. Le fiere sono la chiave per uno sviluppo che dia risultati tangibili? L’80% dell’export italiano passa dalle fiere. Per quanto ci riguarda, fino ad oggi abbiamo saputo garantire agli espositori risultati credibili, anche su progetti a breve termine. Il flusso di visitatori e compratori non ha mai smesso di crescere. E Pitti è una vetrina straordinaria, riconosciuta e riconoscibile, che permette di tastare il polso in maniera dinamica. Oggi non c’è posto, lo dico senza timore di essere smentito, dove si possa “carotare” l’andamento del mercato Moda come a Pitti. Infatti se è vero che il consumo interno di moda femminile negli ultimi 5 anni ha registrato un calo da un miliardo di euro, è vero anche che il sitema moda in senso globale si è espanso. Anche in termini di percezione: la moda non è più vista come vezzo fatuo, ma come arte applicata e contenitore di valori autentici. A Pitti il “viaggio virtuale” nell’universo moda è completo: dal piccolo artigiano al grande nome internazionale, ci sono tutti. Pitti non è più soltanto una fiera, pur con la sua im-


PEOPLE

Quanto valgono, separarti, i mercati Uomo e Donna nell’abbigliamento? Il divario abissale che li separava è andato progressivamente assottigliandosi. L’industria italiana quantifica in circa 12 miliardi di euro il fatturato riferito alla moda femminile. Quello maschile non arriva a toccare i 10 miliardi (9,6),

ma rispetto a trent’anni fa il salto è stato enorme. Pitti Uomo ha aperto i battenti nel 1972, con 43 aziende e un totale di poco più di 500 compratori. Ora inauguriamo Pitti Uomo edizione 93 con 1.230 marchi e collezioni, di cui il 44% provenienti dall’estero. Con il duplice appuntamento annuale, per la stagione invernale e per quella estiva, tra i 60mila metri quadri di superficie espositiva della Fortezza da Basso si muoveranno oltre 35mila visitatori da ogni angolo del pianeta. Qual è la chiave che può portarci a non perdere il nostro primato e proseguire nella crescita? Ancora una volta, la cultura. Se penso che il Museo Effimero della Moda, l’esposizione aperta a giugno dalla Fondazione Pitti Discovery in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi , ha chiuso lo scorso ottobre con oltre 112mila visitatori in soli quattro mesi, mi pare chiaro che la voglia di conoscenza, la curiosità nei confronti della moda, di oggi e del passato, siano un dato di fatto. Bisogna continuare ad investire anche nella moneta più preziosa per la moda, la comunicazione. Rinnovare le proposte, aprirsi a mondi e culture sempre nuovi. Per questo ospitiamo una nazione per ogni edizione. Il confronto e lo scambio sono mezzi di crescita indispensabili. Qual è il più grande cambiamento avvenuto nella moda maschile negli ultimi trent’anni? Dal mio punto di vista, si è passati da un uomo in uniforme alla conquista del divertimento nel vestire e nel vestirisi. Un tempo c’erano regole dalle quali era impossibile uscire. Chi lo faceva diventava immediatamente un eccentrico. Questo, al contrario, è quasi d’obbligo nel costume contemporaneo. Non necessariamente trasgredire, ma differenziarsi. La donna in carriera in abiti da ufficio non fa più notizia, ma continua a rinnovare il proprio guardaroba. E l’uomo è uscito dai rigidi schemi che lo volevano coerente con codici prestabiliti anche nell’abbigliamento. Oggi può capitare di trovarsi di fronte un banchiere vestito come Fedez. Dove vede le sue figlie tra vent’anni ? Quando immagino il loro futuro la sensazione è positiva. Dove? Non lo so con certezza. Stiamo vivendo il più importante momento di ricambio nell’industria italiana dal Dopoguerra. Quindi i giovani ora hanno davvero molte opportunità. Si tratta di saperle cogliere. Contando sulle nostre radici ed esplorando il mondo il più possibile. Noi genitori non dobbiamo perdere tempo, per non farne perdere ai nostri ragazzi. F

PITTI IMMAGINE UOMO 93 IN CIFRE

4 I giorni di apertura, dal 9 al 12 gennaio, dalle ore 9 alle ore 18. Per informazioni e accrediti: www.pittimmagine.com

1.230 I marchi e le collezioni presentati duante la manifestazione negli spazi di Fortezza da Basso, a Firenze

541 I nomi provenienti dall’estero (44% del totale)

227

I nomi nuovi e i marchi che fanno ritorno al Salone

60.000

Il totale dei metri quadri di esposizione

36.000

I visitatori totali dell’ultima edizione invernale

+2%

La percentuale di crescita del fatturato dell’industria della moda italiana al primo trimestre 2017

+2,4%

La percentuale di crescita dell’export nel settore tessile-abbigliamento tra gennaio e luglio 2017 F8 STUDIO / SHUTTERSTOSK.COM

portantza e pur considerando che la fiera resta il core business. Attualmente Pitti è il salone del lifestyle per eccellenza, a tutto tondo. Dalle sfilate di tendenza alle perfomance artistiche e alle mostre di risonanza mondiale.

GENNAIO, 2018 FORBES | 111


FORBES LIFE

Lo stile americano sfila in Italia La prima volta di Brooks Brothers in passerella celebra i 200 anni del brand, acquisito nel 2001 da Del Vecchio. Al Salone dei 500 in mostra button-down e seersucker

E

rano passati poco più di due mesi da quando il crollo delle Torri Gemelle aveva destabilizzato gli Stati Uniti come mai prima. Nel novembre 2001 Claudio Del Vecchio, figlio di Leonardo - il patron di Luxottica - acquisì il brand di abbigliamento più “antico” degli Usa per 225 milioni di dollari, rilevandolo dalla catena britannica Marks&Spencer, che lo aveva comperato (al triplo) nel 1988. La storia del costume americano festeggia i suoi duecento anni di tradizione (e 30 da quando è passata di mano a società straniere) in pompa magna: la prima sfilata e una mostra che ripercorre le tappe fondamentali dall’apertura della piccola merceria a New York, fino all’inaugurazione dell’ultimo dei suoi quasi mille negozi (280 su suolo statunitense, oltre 700 sparsi in 45 paesi del mondo. Per celebrare il bicentenario, Brooks Brothers ha scelto Firenze. Sarà infatti l’evento speciale di Pitti Uomo, la sera del 10 gennaio, niente meno che nella splendida cornice del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. Là nella sala più grande mai realizzata in Italia per la gestione del potere civile, voluta dal Savonarola alla fine del Quattrocento, sotto i giganteschi affreschi di Leonardo da Vinci e Michelangelo, il marchio che può vantare di aver vestito 40 dei 45 Presidenti degli Stati Uniti e infinite star, da George Clooney a Beckham, presenterà per la prima volta in assoluto su una passerella gli abiti maschili che hanno forgiato lo stile yankee (e che oggi sono anche le divise formali dell’FC Interna-

112 | FORBES GENNAIO, 2018


EVENTS

In alto, un’immagine d’epoca della fabbrica di abbigliamento in Catherine Street, a New York, nel 1845. A destra, uno scatto della collezione che verrà presentata a Pitti. Nella pagina accanto, il presidente Claudio Del Vecchio di fronte all’ingresso della sede di Madison Avenue. In alto, la cover del libro “200 years of American Style”, edito da Rizzoli Usa.

zionale). Dalla famosissima camicia button-down, nata come polo nel 1896 e divenuta un must di ogni guardaroba maschile, agli abiti in Madras e seersucker che conquistarono il pubblico a fine Ottocento. Brooks Brothers fu infatti il primo retailer a offrire abiti confezionati sul suolo americano. Fondata da Henry Sands Brooks, agli albori era una piccola sartoria all’angolo fra Catherine e Cherry Street, un angolo di Lower Manhattan che dal 1860 venne praticamente smantellato pietra dopo pietra per la costruzione del Ponte di Brooklyn. Oggi il flagship store si staglia al 346 di Madison Avenue, dove ha sede da un secolo ed è entrato a far parte dei punti di interesse – segnalati anche sulle guide turistiche – della New York che va vista. Qui da tutto il mondo arrivano acquirenti in cerca di un’eleganza senza compromessi, che si adatta ai tempi senza invecchiare e che è accreditata presso l’establishment così come per i creativi. Basti pensare all’incredibile innovazione della camicia non-stiro, nata per i viaggiatori e trasformatasi in complemento dell’abbigliamento quotidiano di ogni uomo. Oggi Brooks Brothers, con un fatturato che ha superato il miliardo di dollari, non punta più soltanto sul mercato Usa, ma ha ampliato il suo raggio di azione aprendo anche a mercati nuovi – come la Cina – e consolidando quelli in cui era già forte, in primis il

Giappone. E, naturalmente, l’Europa. La culla indiscussa dell’eleganza maschile è un obiettivo primario per l’azienda, che alterna designer di grido per le collezioni femminili- Thom Browne, Zac Posen - a una produzione fedele al proprio Dna per quanto riguarda l’uomo, come ha detto l’ad Luca Gastaldi. F

GENNAIO, 2018 FORBES | 113


FORBES LIFE

La fiera

(internazionale)

delle novità

U

Nella pagina accanto, a sinistra: Turo per Ikla Wright (foto Chris Vidal Tenomaa, styling Tuomas Laitinen, model Kerkko Sariola @ Nisch Management). In bianco e nero, dall’alto,: Takahiro Miyashita (foto Takao Oshima) e Jun Takahashi (foto Yoshie Tominaga).

na girandola di eventi popolerà Firenze dal nove al dodici gennaio. Il format è ormai consolidato: la grande sfilata di un brand inatteso che sceglie questa piazza per mettersi in mostra, le anticipazioni internazionali, la nazione ospite, i tantissimi stand divisi per categoria, gli happening “collaterali”, inaugurazioni di negozi, mostre originali, cene esclusive. Il grande circo di Pitti Immagine festeggia l’edizione numero 93, ovvero supera i 46 anni di vita dal debutto, nel 1972. Il doppio appuntamento, per l’autunno-inverno a inizio anno e per la primavera-estate a giugno, si evolve costantemente e raccoglie consensi. Negli allestimenti della Fortezza da Basso, oltre 1.200 marchi espongono le loro collezioni negli stand. Dal formale allo streetwear, il salone è “vestito” dalla direzione creativa di Sergio Colantuoni e dedicato al cinema. “Dai thriller ai film d’azione, dai kolossal allo sport, Pitti si trasforma in un Film Festival”, spiega Co-

lantuoni, “e i padiglioni sono sale in cui godersi lo spettacolo. Il piazzale della Fortezza è il cuore del movie theatres district che abbiamo immaginato per raccontare la contaminazione tra stili attraverso billboards e locandine che annunciano i blockbuster ma non tralasciano le produzioni indipendenti”. La metafora sintetizza la voglia di internazionalità di quella che oggi è la più importante fiera dell’abbigliamento maschile al mondo. E la sua proiezione – è il caso di dirlo – verso un panorama di lifestyle a tutto tondo. Quattordici le sezioni in cui si dipana il salone: Pitti Uomo, Pop Up Stores, Fashion at Work, HI Beauty, Futuro Maschile, Make, Touch!, l’Altro Uomo, Born in the USA, Unconventional, Open I Play, Urban Panorama, MyFactory. Ogni settore approfondisce una tematica e offre novità. “Ogni edizione di Pitti Uomo è sempre un grande film sulla moda maschile”, ha detto Agostino Poletto, direttore generale di Pitti Immagine, “che ha per protagonsiti marchi, buyers, giornalisti, influencer e visitatori da tutto il mondo”. Instagram sarà il mezzo preposto al racconto instante per instante della manifestazione. Partendo da 40 “stories”, ognuna ispirata a una pellicola celebre, da Rocky a Forrest Gump e A qualcuno piace caldo, ognuno potrà aggiungere la propria visione della fiera con l’hashtag #Pittilivemovie. «Pitti Live Movie è un viaggio onirico fra realtà e finzione”, ha aggiunto Colantuoni, “e fra cinema e città. Undici i film in programmazione, tutti da vivere sui set dei padiglioni”. Tra le novità, brand come il danese First Aid to

IL COMMERCIO ESTERO NELL’INDUSTRIA TESSILE-MODA ITALIANA (2017) Periodo: gennaio/luglio 2017. Dati a cura di SMI - Sistema Moda Italia su Istat

Import Mln euro

Export Mln euro

Saldo Mln euro

Tessile Tops Filati Tessuti

4.288 6.217 1.929 +0,5% 216 107 -109 1.300 1.203 -97 1.187 2.646 1.459 496 298 -198 1.089 1.963 874

Moda

8.072 11.732 3.660 +3,4% 4.104 6.986 2.882 3.751 4.354 603 217 392 175

Tessile Casa Altri prodotti

Abbigliamento Maglieria Calzetteria

TOTALE TM

114 | FORBES GENNAIO, 2018

12.360

17.949

5.589 +2,4%


PEOPLE

kahashi e Takahiro Miyashita, rispettivamente con i label Undercover e The Solist. Entrambi visionari, amici nella vita, daranno vita a uno show unico, con due sfilate consecutive che illustreranno il lavoro dei due creativi e protagonisti della scena new punk nipponica. Non poteva essere trascurata la scena dell’abbigliamento sportivo, che è ormai una dimensione trasversale del vestire attuale. Alla Polveriera il progetto speciale Athlovers è dedicato al lifestyle, non esclusivamente active, che accoglie le collezioni scaturite da uno spirito “athletic minded”.

CALENDARIO EVENTI PITTI UOMO 93

FINLANDIA è la Guest Nation, con 8 designer

INTERN. WOOLMARK PRIZE la finale il 9 gennaio

ATHLOVERS è il progetto speciale sullo sport in collaborazione con Reda

MAGLIANO

the Injured, Major Giovanni Allegri, Dyne for Save the Duck, il messicano Hecho, un nutrito gruppo di brand britannici (alla faccia della Brexit). Ma soprattutto, la Finlandia, Guest Nation di questa edizione. Otto i designer selezionati da Pitti e presentati nell’area speciale dello Spazio Carra, tra giovani emergenti ai brand iconici come Turo. “L’iniziativa della Fondazione Pitti Discovery”, sottolinea Lapo Cianchi, segretario generale della Fondazione e responsabile degli eventi speciali di Pitti, “è un progetto che ci consente di fare ricerca nei Paesi emergenti della moda contemporanea. Il nostro pubblico potrà scoprire talenti giovanissimi o conoscere meglio espressioni del Finnish Design davvero interessanti”. Altro evento da segnalare, il ritorno a Firenze della finale dell’International Woolmark Prize: alla Stazione Leopolda, verranno proclamati i due vincitori (uno per la moda femminile e uno per quella maschile) scelti tra i sei finalisti selezionati all’interno di un gruppo d’élite di 65 designer che si sono distinti per originalità e inventiva. Ad assegnare il premio, circa 130 mila euro, una giuria qualificata. I Guest Designer sono due giapponesi, Jun Ta-

In collaborazione con Reda, storico lanificio biellese, Athlovers introduce un nuovo concetto di abbigliamento per il tempo libero dalla forte connotazione sportiva. Cinque i progetti: il belga 42.54, fondato dalle due medaglie d’oro nella 4x100 a Pechino 2008 Olivia Borleé e Elodie Ouédraogo; Aeance, Germania, 19 pezzi per coniugare comfort e performance; DYne (Usa), tecnologia al servizio del fashion creata da Christopher Bevans; Isaora, ancora dagli Stati Uniti, proposta che traduce le esigenze di dinamismo in un contesto urbano; Gr1ps, brand italiano ispirato alla disciplina del Jiu Jitsu e punta sull’apparel adatto a sport da combattimento. Last but not least, l’anteprima di M1992, firmato dal dj dello storico Plastic, Dorian Stefano Tarantini, sostenuto da Camera Nazionale della Moda Italiana. F

Luca Magliano, il vincitore di Who’s on Next?, a Pitti Italics:

GUEST DESIGNER i due giapponesi Jun Takahashi e Takahiro Miyashita con i loro brand

M1992 debutta la collezione del dj Tarantini

CONCEPT KOREA il 10 gennaio in passerella le collezioni Beyond Closet e Bmuet(te)

TOKYO FASHION AWARD a Touch! i sei finalisti Body Song, Children on the Discordance, Digawel, F7CE, Kuon, Soe

GENNAIO, 2018 FORBES | 115


FORBES LIFE

Passerelle, uno show

da 20 miliardi Cento sfilate per raccontare che non c’è crisi nella moda: dal 12 al 15 gennaio, 4 giorni di Fashion Week a Milano. I grandi designer presentano l’uomo del prossimo inverno

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oda fa rima con miliardi. Per la precisione 83,6 nel 2016, stando ai dati diffusi da Camera Nazionale della Moda Italiana perl’intero comparto (abbigliamento, accessori, pelletteria, gioielli, cosmetici, occhiali). Nel 2013 erano poco meno di 75. E continua a crescere il fatturato maschile, che si attesta “attorno al 20/25% del totale”, ha dichiarato lo scorso giugno Carlo Capasa, presidente di Cnmi. Per la prima volta l’anno scorso, secondo Sistema Moda Italia, il mercato del Made in Italy maschile ha superato i 9 miliardi di fatturato, 1,2% in più rispetto al 2015. Dunque la moda cresce nonostante la crisi. E le sfilate sono il momento in cui, con i buyer internazionali che transitano tra Firenze e Milano, si tirano le somme dell’andamento per le prossime stagioni. Cento gli appuntamenti per una quattro giorni di fuoco tra sfilate, presentazioni, eventi speciali. Milano si popola di circa 400 modelli, ragazzi tra i 17 e i 25 anni – salvo rare eccezioni “vintage” – che approdano da ogni parte del mondo per interpretare, indossandole, le tendenze che determineranno lo stile dell’autunno-inverno 2018-2019. E se una volta le star erano le super bellezze femminili per le quali negli anni Novanta venne coniato il neologismo top model, oggi a far parla-

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re sono i giovani uomini che calcano le passerelle. Con maree di followers sui social network – basti pensare a Cameron Dallas, influencer californiano di 23 anni seguito su Instagram da quasi 21 milioni di persone – i volti maschili amati dal fashion system sono cittadini del mondo che si spostano da una fashion week all’altra, sono contesi dai fotografi più celebri del globo e guadagnano – soprattutto con le campagne pubblicitarie – cifre inarrivabili per i loro coetanei lontani dai riflettori. Tra di loro ci sono anche alcuni italiani. Come Alessio Pozzi, nato nel 1995 a Capriolo, un paesino in provincia di Brescia, e scoperto in un centro commerciale da uno scout lungimirante. Alto 1 metro e 90, ha prestato il volto (e il corpo) ormai a decine di scatti per altrettanti stilisti. Il suo plus? Una cicatrice procuratasi giocando con il suo gatto. Perché è così importante la kermesse di Milano? Prima di tutto perché la densità di appuntamenti (troppo serrati, in soli quattro giorni, dicono in tanti) è superiore a quella di quanlunque altra location: a New York sono rimasti una trentina di nomi, molti dei quali americani, e per quanto riguarda Londra, oltre allo spauracchio della Brexit, il pericolo attentati ha sicuramente giocato un ruolo rilevante nel calo di griffe in calenda-


MFW

rio (ormai sono meno di 60). Resta Parigi, come alternativa. Da sempre Italia e Francia si “litigano” il primato di Capitale della Moda. Ora, secondo Claudio Marenzi, presidente di Sistema Moda Italia (Smi), di Pitti Immagine e anche della neonata Confindustria della Moda, “soprattutto sul menswear la sinergia tra Pitti e Milano ha consolidato definitivamente il nostro primato”. Forse anche perché i brand leader sul fronte maschile parlano in larga parte italiano: dalla sartoria al prêt-à-porter, con record di export. Scorrendo l’agenda degli impegni non si può non notare che le attrattive, nella Fashion Week milanese, non mancano. A partire dal Re, Giorgio Armani (ricavi che si attestano a oltre 2,5 miliardi, con un aumento della liquità al 31dicembre 2016, da 664 a 881 milioni di euro) con i suoi due appuntamenti (la prima linea, che dal 2018 comprende anche Armani/Casa e Giorgio Armani Privé da un lato, e l’Emporio, in cui sono confluiti Armani Jeans e Armani Collezioni, dall’altro). Proprio Armani è una delle chiavi del primato italiano. Il suo carisma, intatto anche alla soglia degli 84 anni (li compirà l’11 luglio), è uno dei traini più poderosi che ci permettono di arrogarci il diritto di chiamare Milano la Capitale mondiale della Moda. Anche perché lo stilista per eccellenza ha fatto di parte dei suoi spazi in via Bergognone – il Silo, il Teatro – sedi non più solo delle sue sfilate e delle presentazioni delle novità da lui firmate, come i profumi o i mobili, le tendenze del terzo comparto della riorganizzazione aziendale, A/X Armani Exchange – ma anche palcoscenico privilegiato, messo a disposizione di giovani talenti emergenti provenienti da tutto il mondo. Cavalcando per primo i cambiamenti di costume degli anni Ottanta, quando si modificò il modo di vestire delle donne che si affacciavano al mondo del lavoro, Armani ha saputo delineare uno stile preciso per l’uomo contemporaneo, tanto da arrivare a essere la divisa “obbligatoria” per il gentiluomo di successo. I consulenti d’immagine “prescrivevano” l’abito Armani per garantire una buona impressione ai colloqui di lavoro, le working girls sfoggiavano i suoi tailleurs pan-

talone con cui passavano agilmente dall’ufficio all’appuntamento galante per l’aperitivo. Creando un piccolo universo griffato Armani – dall’arredamento di Armani /Casa, con i suoi Hotel nel mondo, a bar e ristoranti di pregio, fino alle linee dedicate allo sport come EA7, sponsor della squadra di basket Olimpia di Milano e del Coni – lo stilista ha permesso a generazioni di identificarsi con uno stile minimale, al passo con i tempi, rigoroso senza mai essere noioso, capace di grandi exploit – come gli abiti di scena creati per stelle della musica internazionale o i costumi di molti celebri film – ma anche, e forse soprattutto, di una quotidianità credibile e affidabile. Se è vero che fu proprio Giorgio Armani a dichiarare «La moda è morta» nel 1996, a più di vent’anni di distanza è ancora lui a darle vita ogni stagione con immutato piglio creativo e imprenditoriale. Tanto da segnare un +12,4 per cento nell’utile del suo gruppo nel 2016. “Andiamo avanti anche in questi anni difficili”, ha dichiarato Armani, “il marchio è solido e le nostre strategie puntano alla continuità”. Una continuità tangibile, che – proprio come Re Giorgio - non si ferma mai. Dai profumi, sempre in vetta alle classifiche di vendita e popolarità, fino ai dolci, lanciati nel suo department store di Via Manzoni 31 a Milano e ora disponibili anche online. Continuità fatta di idee, sempre nuove. Come la scritta “Made in Armani” che ha fatto da sipario alle ultime collezioni per la primavera-estate: oltre il Made in Italy. Armani può. F

Sopra, Giorgio Armani contornato dai modelli della sua sfilata per la primavera-estate 2018, lo scorso giugno a Milano. Nella pagina accanto, un’uscita della passerella Emporio Armani.

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LIVING MILANO

DI ALESSIA BELLAN

FOOD | RISTORANTI ALLA RIBALTA Nella zona più ricercata del momento, all’11 di via Savona, alza il livello della ristorazione e dell’accoglienza il nuovo “Ecrudo”, risto-bar-ritrovo di charme che mette insieme buongusto milanese e buona cucina. Dal grande banco bar al fine-dining più classico fino al caveau-salotto, tutto è curato nei minimi dettagli, dai colori avvolgenti e dai toni riposanti di tutte le varianti del beige e del tortora, al velluto dei divani, alle luci soffuse e perfette. Il nuovo concept creato da Alessandro Agrati, architetto specializzato in benessere assoluto e voluto dalla società Italy First, è il primo di un progetto più ampio, che ha l’obiettivo di espandere e trasmettere lo stile di vita e l’eleganza italiani anche nell’hotellerie di lusso e nella gastronomia-bistrot di eccellenza. Ma non è l’unica apertura in città. Il vulcanico chef e volto noto della tivù (Masterchef Junior, 4 Ristoranti, In cucina con Ale), ha coronato il sogno: ora anche Alessandro Borghese ha il suo locale, in viale Belisario. Le sue iniziali e una promessa già nel nome: dietro le vetrate fumè della cucina a vista di “AB-Il lusso della semplicità” si preparano piatti della migliore tradizione italiana. Negli spazi progettati dagli architetti Alfredo Canelli e Giovanni Antonelli, al primo piano di uno storico edificio di Gio Ponti, anche un cocktail-bar gourmet, un laboratorio dedicato alla pasta fresca e gli uffici di Food Consulting e Progettazione del ecrudo.it cuoco imprenditore. ART | LE NEW ENTRY

NEL QUADRILATERO

Inarrestabile la corsa delle griffe al Quadrilatero della moda. Patek Philippe, manifattura svizzera specializzata in orologi di lusso di proprietà della famiglia Stern dal 1932, ha inaugurato in Via Verri la più importante boutique d’Europa: 300 mq su due livelli, in collaborazione con Pisa Orologi. Taglio del nastro da record anche per Moncler, che ha aperto il negozio più grande del mondo al numero uno di via Montenapoleone, un maxistore di 800 mq su quattro piani. Dal piccolo schermo al cuore pulsante di City Life.

118 | FORBES GENNAIO, 2018

LUXOR | ANCHE I RICCHI AFFITTANO

Il concept? Semplice: affittare appartamenti di lusso mentre i proprietari sono fuori casa. Dopo Roma, Capri, Positano e la Toscana, Onefinestay rafforza il suo posizionamento nel nostro Paese e sbarca anche nel capoluogo lombardo con 11 residenze private esclusive, per il soggiorno di viaggiatori italiani e internazionali. “Stiamo consolidando la nostra presenza anche in Italia. Milano è il primo passo per il nostro progetto di sviluppo nel Paese”, ha commentato Javier Cedillo-Espin, ceo della società. Il leader mondiale nell’ospitalità d’eccellenza, fondato a Londra nel 2009 e di proprietà della catena AccorHotels, conta 10mila case e ville in 180 destinazioni (che diventeranno 200 entro la fine di quest’anno), ha già ampliato la sua vasta offerta grazie all’acquisizione delle società Squarebreak e Travel Keys.

AGENDA

FORBES LIFE

Incontri

Fino al 28 gennaio / Cripta di San Sepolcro

Bill Viola – The Quintet of the Silent, 2000

Tre installazioni video di uno dei più importanti artisti contemporanei all’interno di uno spazio carico di spiritualità, la Cripta di San Sepolcro, su temi come l’eternità, il rapporto con il tempo, i limiti della condizione umana. 18 gennaio | Mediolanum Forum

Lady Gaga in concerto L’eclettica popstar approda a Milano con l’attesissimo “Joanne World Tour”.

Mostre Fino al 15 gennaio / Fondazione Prada

Alejandro G. Iñárritu - Carne Y Arena (Virtually Present, Physically Invisible) I visitatori possono rivivere grazie alla realtà virtuale, il drammatico viaggio di un gruppo di rifugiati. Fino al 11 febbraio PAC Padiglione d’Arte Contemporanea

Gregotti Associati. Un progetto integrale (1953-2017) Una splendida occasione per rivivere la carriera di Vittorio Gregotti, una delle figure più importanti dell’architettura internazionale, fondatore dello studio che ha realizzato centinaia di progetti distribuiti in oltre 20 Paesi. Fino al 14 gennaio | Pirelli – HangarBicocca

Take Me (I’m Yours) Rompendo ogni canone, i visitatori sono invitati a compiere tutto quanto è vietato fare in un museo: i lavori si possono toccare, usare o modificare, consumare o indossare, comprare e perfino prendere gratuitamente. Fino al 28 gennaio | Forma Meravigli

Kuwait. Un deserto in fiamme Gli scatti infuocati di Salgado nel reportage sui pozzi incendiati nella prima guerra del Golfo.



FORBES LIFE

LIVING MONTE CARLO

DI DIANA BIN

MOTORI | IL PRINCIPATO SI PREPARA PER IL RALLY MUSIC | L’ORCHESTRA FILARMONICA DI VIENNA AL

GRIMALDI FORUM DI MONACO

Tra gli eventi da segnare in agenda a gennaio 2018 c’è il concerto dell’Orchestra Filarmonica di Vienna, che suonerà al Grimaldi Forum di Monaco venerdì 12 alle ore 20. A ospitare il concerto, diretto da Gustavo Dudamel e organizzato dall’Opera di Monte Carlo, sarà la Salle des Princes. Il programma della serata prevede opere dei compositori Gustav Mahler ed Hector Berlioz. Fondata nel 1842, l’Orchestra Filarmonica di Vienna deve parte della sua enorme fama al celebre Concerto di Capodanno, che dal 2001 raggiunge sempre la vetta delle classifiche di vendita www.wienerphilharmoniker.at in Austria.

Il Principato scalda i motori per il rally di Montecarlo. L’evento automobilistico annuale, arrivato alla ottantaseiesima edizione, si terrà dal 25 al 28 gennaio 2018 sotto la regia dell’Automobile Club di Montecarlo, lo stesso ente che organizza anche il Gran Premio di Monaco. La partenza del rally è prevista a Monaco giovedì 25 gennaio alle ore 18. I biglietti per assistere alla manifestazione sono già disponibili in prevendita presso diversi tour operator o sul sito web ufficiale dell’evento. www.rally.it

FOOD | IL PRINCIPATO SI ESPANDE PER FARE SPAZIO A NUOVI RESIDENTI

ART | ALL’ASTA LE FOTOGRAFIE DI GRACE KELLY IN VIAGGIO PER MONACO

Sono stati venduti all’asta per circa quattromila euro alcuni scatti che ritraevano Grace Kelly (nella foto) a bordo del transatlantico SS Constitution durante la traversata che, nella primavera del 1956, l’ha portata da New York a Montecarlo per il matrimonio con il principe Ranieri III. Le fotografie, vendute all’asta da Heritage Auctions, sono state scattate dalla madrina dell’attrice premio Oscar, Pauline McCloskey. Sposando Ranieri III, Grace Kelly è diventata la nuova principessa di Monaco, un titolo vacante dal 1925, anno della morte di Alice, moglie separata del bisnonno di Ranieri, Alberto I.

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Espansione in vista per Monte Carlo. Stando al Daily Mail, il Principato starebbe progettando la bonifica di sei ettari di terra dal mare, per ampliare il proprio territorio e fare spazio a nuovi residenti. L’operazione, con un costo stimato di circa 2 milioni di euro, ha già ricevuto il via libera del Principe Alberto II e prevede la costruzione di un nuovo quartiere ecologico chiamato Porter Cove, vicino al Casinò di Montecarlo, dove troverà spazio anche un’estensione del Forum Grimaldi. L’obiettivo è realizzare nuovi appartamenti di lusso - circa 120 in tutto - in un momento di ripresa della domanda e scarsità dell’offerta. Secondo le stime, entro il 2026 altri 2.700 multimilionari sposteranno la propria residenza nel Principato, dove attualmente c’è carenza di unità abitative disponibili. Per costruire le fondamenta della nuova area, la società di costruzioni Bouygues importerà centinaia di migliaia di tonnellate di sabbia dalla Sicilia.



LIVING SVIZZERA

DI ALESSIA BELLAN

SCI | UN WEEKEND DA CAMPIONI Torna il 6 gennaio l’appuntamento con Audi Fis Coppa del Mondo di sci di Adelboden. Il tracciato del Chuenisbärgli è considerato lo slalom gigante più difficile della Coppa del Mondo maschile, una pista tra le più spettacolari del Circo Bianco. Dal 1956, vincere ad Adelboden significa consacrarsi tra i migliori sciatori al mondo. Qui hanno gareggiato tra gli altri Ingemar Stenmark, Pirmin Zurbriggen, Alberto Tomba e Didier Cuche. La festa inizia venerdì pomeriggio, con il grande spettacolo dedicato alla Coppa del Mondo nella Märitplatz. myswitzerland.com

Immaginare

Retrospettiva dedicata a Oliviero Toscani, uno dei più straordinari comunicatori del mondo della pubblicità. Cinquant’anni di carriera, in un percorso espositivo che prende avvio dalle immagini inedite realizzate durante il periodo di formazione alla Scuola di Arti Applicate di Zurigo nei primi anni Sessanta fino alle più recenti campagne. Dal 21 gennaio al 29 aprile Fondazione Beyeler Basilea

Fino al 7 gennaio Zentrum Paul Klee, Berna

10 Americans. After Paul Klee FOOD

SUSHI STELLATO TRA LE ALPI

The Chedi Andermatt, già Best Hotel of The Year 2017 per la guida Gault Millau, conquista la stella Michelin. A ricevere il prestigioso riconoscimento è stato The Japanese Restaurant, fiore all’occhiello dell’hotel 5 stelle di Andermatt, rinomata località sciistica nel cuore delle Alpi. Insieme con Megu di Alpina Gstaad, è l’unico ristorante giapponese stellato della Svizzera. Sushi, sashimi, tempura, teppanyaki, teppan e kaiseki sono alcune delle specialità dell’executive chef elvetico Dietmar Sawyere, affiancato dal sushi-master Taniguchi Kazuki e dal teppanya-ki-chef Yoshizumi Yutaro. Per chiudere in bellezza una giornata sulle piste del Gemsstock con un tuffo nella piscina panoramica dell’albergo.

Tutto è iniziato nel 1983 con una statua gigante di ghiaccio di Heidi realizzata per gioco da un team di scultori giapponesi. Adesso il World Snow Festival, alla sua 36esima edizione, è uno degli eventi top di Grindelwald, villaggio svizzero dell’Eiger nell’Oberland Bernese, meta di vacanze ed escursioni tra le più apprezzate e cosmopolite della Svizzera e la più grande stazione sciistica della regione della Jungfrau. Per sei giorni, dal 15 al 20 gennaio, artisti e designer da tutto il mondo si sfidano scolpendo e modellando candidi blocchi di ghiaccio di oltre un metro, adornando il villaggio con veri e propri capolavori, giudicati poi da una giuria di esperti myswitzerland.com/it/grindelwald.html in base ad abilità, originalità e attualità. 122 | FORBES GENNAIO, 2018

Fino al 21 gennaio / Museo m.a.ax. Chiasso

L’edificio che accoglie la prestigiosa Fondazione Beyeler – luminosa opera di Renzo Piano, combinazione unica di architettura, natura e arte – ospita un’ampia retrospettiva dedicata all’artista tedesco, in occasione del suo 80° compleanno.

thechedi.grandluxuryhotels.com

ART | GHIACCIO AD ARTE

Mostre

Georg Baselitz

EXHIBITION | L’ANNO DELL’ACQUARIO

A Losanna si può fare un tuffo nelle acque dei cinque continenti. Ha da poco aperto i battenti Aquatis, il più grande acquario d’acqua dolce d’Europa, 3.500 mq su due livelli dove una cinquantina tra acquari, terrari e vivarium ospitano oltre 10mila pesci e rettili. Al primo piano si viaggia lungo il Rodano, dalla fonte glaciale alla foce nel Mediterraneo. Il secondo piano è un percorso alla scoperta degli altri continenti, dai grandi laghi africani popolati da coccodrilli alle acque amazzoniche ricche di pesci colorati, di arapaïmas e di piranha, attraverso le mangrovie e le riso-pesciculture dell’Asia fino in Oceania lungo il fiume Pioneer australiano. Aquatis porta la firma degli architetti dello studio Richter Dahl Rocha & Associés che, in collaborazione con gli ingegneri dell’ER Energies Rationnelles SA, hanno creato un complesso ecosostenibile. L’obiettivo: 450mila visitatori nel primo anno, per assestarsi poi su aquatis.ch/it una media di 380mila.

AGENDA

FORBES LIFE

Con 4mila opere, il Zentrum Paul Klee vanta la collezione più importante al mondo dedicata al pittore tedesco. Nel museo progettato da Renzo Piano Building, una mostra sulle influenze che il pittore astrattista ha avuto su alcuni maestri americani, da Jackson Pollock e Robert Motherwell a Mark Tobey. Fino all’11 marzo | Kunstmuseum, Berna

Da Van Gogh a Cézanne, da Bonnard a Matisse La Collezione Hahnloser Capolavori di Van Gogh, Cezanne, Renoir, Giacometti e Matisse tra gli eccezionali dipinti e sculture del modernismo francese e dell’avanguardia svizzera della collezione Hahnloser, straordinaria raccolta privata riunita tra il 1906 e il 1937 dalla coppia svizzera Arthur e Hedy Hahnloser.


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Eberhard Weiblen: Trasformare grandi strategie in grandi performance. IN COLLABORAZIONE CON PORSCHE CONSULTING

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er me, un’organizzazione ad alta performance è un’azienda che genera risultati superiori. Oggi e nel futuro. La maggior parte delle aziende non sopravvive per più di 20, 30 anni. Tuttavia, oltre alla sopravvivenza, un’azienda di successo dovrebbe anzitutto “alzare il tiro” e raggiungere l’eccellenza in una prospettiva di lungo termine. Ci sono aziende che hanno dimostrato di essere eccellenti, in Italia per esempio se guardo Barilla o Campari, entrambe fondate nel diciannovesimo secolo, sono aziende il cui successo di lunga durata deriva da prestazioni eccellenti”. L’ARTE DI CONSEGNARE RISULTATI SUPERIORI “A mio parere”, dice Weiblen, “tutte le aziende hanno fattori distintivi che non dovrebbero cambiare ed elementi che invece dovrebbero mutare nel tempo. Le aziende ad “alte prestazioni” hanno due fondamentali forti che non hanno bisogno di essere cambiati: lo scopo e i valori dell’azienda. Ciò che può cambiare invece è la strategia”. E al giorno d’oggi la strategia deve essere adattata ogni anno, a causa dell’aumento della complessità e del ritmo di innovazione. Si dovrebbe anche provare a mettere in discussione, ad “hackerare” autonomamente il proprio modello di business. Immagina un’azienda che produce macchine per la stampa di biglietti cartacei, nel prossimo futuro non si avrà più bisogno di quei biglietti, verranno comperati tutti online. Quindi si deve ripensare il modello di business e probabilmente le competenze chiave. “Ritengo che le aziende possano essere suddivise in tre diversi gruppi, in base al livello di maturità organizzativa: società a basso livello di maturità, le società in trasformazione e le società pacemaker”, aggiunge Weiblen. Le aziende a basso livello di maturità non hanno un processo di gestione adeguato o sono povere nei processi decisionali. Poi hai le aziende in trasformazione in cui vengono identificate le sfide e la necessità di un nuovo business e viene avviato il processo di cambiamento. Infine abbiamo le aziende pacemaker come Porsche. La prima cosa da fare è analizzare gli ostacoli di un’azienda e capire cosa non rende l’azienda flessibile al cambiamento. Agilità ed efficienza sono elementi fondamentali di un’organizzazione ad alte prestazioni. La capacità di immaginare il futuro è un ulteriore elemento distintivo: tutti dovrebbero avere in mente come dovrebbe essere il futuro della società e il gruppo dirigente dovrebbe essere pienamente allineato su di esso. Successivamente, è importante impostare altri

6 hypothesis: A bridge to the near future 1

Customer-oriented approach limited to sales and marketing

Customer centricity throughout the entire Organization

2

Focus on processes

Stronger focus on innovation

3

Traditional top-down management style

4

Optimization of own enterprise

More openness for new business partners (extended ecosystem)

5

Traditional KPI's on a monthly basis

Real time information, e.g. through digitization

6 Source: Porsche Consulting

vs.

Small, multi-disciplinary and self-organizing teams

Keep the Core: Purpose and Values

2

tipi di azioni incentrate sul benessere della tua risorsa più importante, i tuoi dipendenti. Per esempio, i cambiamenti nella tua organizzazione, nel tuo ufficio, come il nuovo a Milano dove siamo oggi, rendendo l’ambiente di lavoro una piacevole esperienza Eberhard Weiblen, CEO Porsche quotidiana. Consulting “Porsche ha sempre fatto auto bellissime, ovviamente, ma ha avuto un periodo molto difficile all’inizio degli anni ‘90 del secolo scorso. Porsche ha valori molto profondi e radicati nel passato, come la passione, l’atteggiamento pionieristico, la sportività, la sensazione di essere una famiglia”. Tuttavia, l’azienda ha spesso dovuto ripensare il suo valore aggiunto soddisfacendo sempre di più le aspettative dei clienti. Attualmente la Porsche sta sviluppando un’automobile completamente elettrica, ma il problema ora è di produrre un’auto che sia la Porsche delle macchine elettriche e non solo un’altra auto elettrica. “Per un’azienda è fondamentale attenersi con coerenza al suo scopo e muoversi verso un approccio orientato al cliente”, dice Weiblen. “Nell’imminente futuro, l’intera strategia aziendale dovrà spostarsi sempre più verso un approccio orientato al cliente che riguardi l’intera organizzazione, ben oltre le vendite e il marketing. Allo stesso tempo, le aziende del futuro devono concentrarsi maggiormente sull’innovazione, perché la velocità dell’innovazione e il tempo di riadattamento è sempre più rapido e dirompente”. In effetti, le aziende devono essere molto più aperte ad ampliare le loro capacità attraverso partner in nuovi ecosistemi complessi. E, naturalmente, le aziende del futuro dovranno essere sempre più attraenti per i dipendenti qualificati. Le organizzazioni ad alte prestazioni competono in nuovi grandi ecosistemi di cui l’individuo è ancora il centro. Per questo, è importante dare forma all’eccellenza a tutti i livelli: in queste piattaforme multi-azienda, a livello di società, a livello di team e a livello di singola persona. “Con il nostro concetto di “Perfect Day” per il nostro cliente SAP, ad esempio, abbiamo supportato le persone nel massimizzare le loro prestazioni e il loro contributo alla visione aziendale, aumentando il ritmo di innovazione. Per ottenere risultati eccezionali, dobbiamo lavorare molto concentrati sulle persone, rimuovere le paure al cambiamento e ispirare la voglia di creare qualcosa di unico”. GENNAIO, 2018 FORBES | 123


LIVING LONDRA

DI ANAÏS BORRI

FOOD | LA CASA DELLE BOLLICINE Negli ultimi cinque anni, il Prosecco è entrato nel cuore dei Brits ed è diventato amato quanto, (se non di più), lo Champagne. Secondo la International Wine and Spirit Research, il Regno Unito è infatti il più grande importatore di vini frizzanti al mondo e il più grande consumatore di Prosecco dopo l’Italia. Meno presuntuoso e oneroso del cugino francese, è considerato il drink perfetto per celebrare grandi e piccole vittorie. Anche le grandi catene di supermercati come Sainsbury’s e Tesco hanno lanciato il loro marchio di bollicine, rendendo il vino veneto sinonimo di lusso accessibile. A breve, inizio febbraio, aprirà anche la Prosecco House, il primo bar londinese interamente dedicato al drink e un vero tempio all’onore del vino preferito dagli inglesi. ART

LA STANZA INCANTATA

L’Estorick Collection, galleria londinese da sempre dedicata all’arte moderna italiana, festeggia i suoi vent’anni con una mostra eccezionale. Per la prima volta, le più importanti opere della collezione Jesi lasceranno la Pinacoteca di Brera per la grande gioia dei londinesi. De Chirico, Boccioni, Morandi, Carrà, De Pisis, sono solo alcuni dei grandi artisti inclusi in questa straordinaria selezione di dipinti e sculture. The Enchanted Room aprirà il 24 gennaio e terminerà l’8 aprile.

FASHION | CLASH DELLE CULTURE

Mischiate la tradizione sartoriale italiana alla giungla urbana londinese e ottenete JordanLuca. Questo marchio è il risultato di un incontro culturale italo-british, basato sull’immagine dei suoi fondatori Jordan Bowen e Luca Marchetto. Laureato alla Nuova Accademia Di Belle Arti di Milano, Marchetto porta con sé il patrimonio della terra natale con un twist punk derivato dalle sue esperienze con grandi creatori di moda come Vivienne Westwood. JordanLuca è stato lanciato a giugno 2017 e presenterà la sua nuova collezione in occasione della Men’s London Fashion Week dal 6 all’8 gennaio.

MUSIC | NAPOLI NEL MONDO

Il grande sassofonista e cantautore Enzo Avitabile torna a Londra per un concerto intimo e raro il 18 gennaio al Dingwalls. Preparatevi per un viaggio musicale in giro per il mondo con influenze napoletane, africane e blues. In passato ha collaborato con grandi star americane come James Brown e Tina Turner, ma non ha mai perso di vista le sue origini. Autore della Black Tarantella, Avitabile continua a rendere la sua tradizione musicale sempre più internazionale, arricchendola con nuovi ritmi etnici. 124 | FORBES GENNAIO, 2018

AGENDA

FORBES LIFE

Concerti 12 gennaio / 02

Paramore

13 gennaio | 02 Academy Islington

Absolutely Bowie

Fino al 30 giugno | Victoria Palace Theatre

Hamilton The Musical

Mostre 18 - 22 gennaio / In tutta la città

Lumiere London Fino al 28 gennaio / Barbican Centre

Basquiat: Boom for Real Fino al 11 febbraio National Portrait Gallery

Cézanne Portraits

BUSINESS LIFE

OCCHIO AL GDPR

Il regolamento generale sulla protezione dei dati, o Gdpr, entrerà in vigore in tutta l’Ue dal 25 maggio 2018, quindi rimangono soli pochi mesi per prepararsi. Il Gdpr Summit sarà un’occasione perfetta per i dirigenti che devono assicurare la conformità a questa direttiva ed evitare multe che potrebbero ammontare al 4% dei ricavi aziendali. L’evento si terrà il 30 gennaio e vedrà l’intervento dell’esperta di diritti umani Ivana Bartoletti. Da tempo impegnata in politica, è stata responsabile nazionale di Diritti civili dei Democratici di Sinistra nel governo Prodi e, da giovane, portavoce nazionale del sindacato Studenti.net. Ora lavora a Londra come consulente sul rispetto della privacy per grandi gruppi multinazionali. www.gdprsummit.london


LIVING BERLINO

PEOPLE DI ALESSIA BELLAN

FOOD | ITALIANI BRAVI CHEF Riscuote grande successo tra i berlinesi l’originale idea di due chef italiani, Nicolas Avolos e Antonio di Santo, di aprire un ristorante pop-up che compare solo alcuni giorni a settimana, perlopiù nel weekend, sempre in un locale diverso, spesso nel quartiere di Kreuzberg. Per conoscere la location esatta non basta la classica prenotazione, i clienti devono registrarsi sul sito per sapere dove recarsi e consultare il menu, che cambia ogni volta. Alcune proposte? Raviolo “Tom Kha” di gamberi e zafferano, tagliatelle con tartufo e asparagi thai, branzino farcito con olive e capperi caramellati e i fritti della tradizione italiana rielaborati in chiave gourmet. “Due sole stanze, cucina e sala, adiacenti ed entrambe accessibili a chiunque. C’è persino un sofà davanti ai fornelli per i più curiosi. Vogliamo che i nostri clienti percepiscano un clima di convivialità. Ci sono pochi coperti, giusto una ventina. Come in una vecchia osteria”, spiegano i soci-amici pugliesi. Dopo la caccia al tesoro, la ricompensa per il palato è garantita. HOUSE

ART

Nella baia di Rummelsburg, sulla Sprea, nella parte est di Berlino, c’è un appartamento sull’acqua tra i più particolari al mondo (suggerito dal sito Welcome Beyond), soluzione perfetta per chi vuole godersi una vacanza in una delle metropoli europee più dinamiche del momento senza rinunciare alla suggestiva vista fiume e a tutte le comodità. Dotato di ogni comfort Modern Boat, il battello-alloggio, ospita due camere, salone, bagni e cucina ed è possibile organizzare un emozionante giro della città stando comodamente seduti a casa e godendosi lo spettacolo dalle grandi vetrate panoramiche.

Sarà un importante centro culturale e un museo, sede di esibizioni e performance artistiche. L’Humboldt Forum verrà ospitato all’interno del castello imperiale di Berlino, risalente al 1443 e voluto da Federico I, poi dimora degli Hohenzollern, oggi ricostruito per l’occasione su progetto dell’architetto italiano Franco Stella. Nonostante il taglio del nastro sia previsto solo per il 2019, il futuro museo è già al centro di numerose polemiche a causa del contenuto delle sue mostre più importanti. Sebbene la missione del museo sia suscitare interesse nell’interazione fra culture e promuovere una comprensione più profonda tra i popoli, molti storici e critici hanno mosso obiezioni alle origini (non proprio nobili) di alcuni degli oggetti presenti, accusando il museo di esporre “arte insanguinata”. Le opere risalgono infatti perlopiù alle battaglie coloniali, oggetti rubati oppure estorti o ottenuti con la violenza. Un esempio su tutti la collezione africana del Museo Etnologico, più di 30 pezzi ottenuti durante la rivolta di Maji-Maji (1905- 1907), bottino di guerra di una rivolta coloniale nell’Africa Orientale Tedesca. Non sono mancate dichiarazioni al vetriolo, dimissioni e scandali, e ora tutti i riflettori sono puntati sull’ambizioso e delicato progetto.

CAMERA CON VISTA (SUL FIUME)

CLUB | CLUB CONTROCORRENTE L’ex ufficio postale sulla Skalitzer Strasse ora ospita il Privatclub Berlin. Musica indie per massimo 200 persone in uno spazio stile retrò che attira gente rilassata con concerti e feste che non inseguono le ultime tendenze, ma presentano un potpourri beat senza tempo che può estendersi a ska, latino e motown.

UN PROGETTO CHE FA DISCUTERE

AGENDA

FORBES LIFE

Eventi Dal 21 gennaio al 5 marzo Location varie

Vorspiel

Giunto alla 8a edizione, il Vorspiel coinvolge l’intera città e riunisce oltre 45 iniziative in un programma che prevede aperture di mostre itineranti, spettacoli, incontri con gli artisti. Dal 26 gennaio al 4 febbraio Location varie

Turmoil - Ctm Festival for Contemporary Electronic Music and Art Spazio alla musica e all’arte che riflettono le condizioni sociali e politiche. Attraverso eventi e concerti, discorsi e dibattiti, l’edizione 2018 esplora la musica e il suono di fronte a un presente in crisi e confuso: qual è il suono, quale l’estetica del tumulto? Dal 16 al 19 gennaio / Location varie

Settimana della moda Torna il consueto appuntamento invernale con la fashion week berlinese, che ogni anno attira oltre 100mila visitatori per visitare fiere di settore, assistere a eventi e performance e alle sfilate delle Maison.

Mostre Fino al 26 febbraio / Berlinische Galerie

Monica Bonvicini - 3612,54 M³ VS 0,05 M³ Il titolo della mostra rimanda alla superficie e al volume della hall della Berlinische Galerie che ospita la personale dell’affermata artista italiana, Berlin-based, conosciuta soprattutto per le grandi installazioni scultoree. Lavorando con diversi media, l’artista indaga il concetto e la funzione del termine “facciata” e le relazioni tra architettura, potere, gender e sorveglianza. Fino al 21 gennaio - Willy-Brandt-Haus

Sony World Photography Awards 2017 I migliori scatti del più importante concorso di foto del mondo, 227mila fotografie da 183 paesi diversi e 200 di esse in esclusiva solo nella capitale tedesca. Fino al 18 marzo - Alte Nationalgalerie

Rodin – Rilke – Hofmannsthal: Man and His Genius Per celebrare il centenario della morte dello scultore e pittore Auguste Rodin (1840-1917), l’Alte Nationalgalerie espone alcuni dei capolavori del maestro francese provenienti dalla Nationalgalerie di Berlino, dal Musée Rodin di Parigi e dalla Bremer Kunsthalle.

GENNAIO, 2018 FORBES | 125


FORBES LIFE

DI AKA SARABETH

LIVING USA

FOOD | IL TARTUFO TROVA CASA A NEW YORK Che i newyorkesi apprezzino i prodotti Made In Italy non è certo una novità, ma che nel popolare Upper West Side di Manhattan, tra i grattacieli di una zona in grande espansione anche dal punto di vista edilizio, ci sia un vero e proprio tempio del tartufo, forse lo è un po’ di più. I palati più esigenti della Grande Mela infatti, ora hanno un nuovo riferimento che si chiama Urbani Truffles Lab, in cui scoprire, gustare e imparare a cucinare questo prodotto d’eccellenza e che, come racconta Vittorio Giordano, vice president di Urbani Truffle, solo 36 ore prima di arrivare a New York era ancora sotto terra in Italia. L’amore della famiglia Urbani, da sei generazioni dedita alla passione per il tartufo, propone all’interno del suo Truffle Lab a New York una serie di incontri (a dicembre e per tutto il 2018) per scoprire il dietro le quinte della produzione di tartufo, del suo delicato www.urbani.com ecosistema ma anche i suoi molteplici utilizzi in cucina, avvalendosi dell’esperienza dei massimi esperti del settore. TENDENZE

SVEGLIAMOCI ITALICI!

È partita dalle Nazioni Unite a New York la nascita di una nuova comunità globale, quella degli italici, in cui Piero Bassetti, primo presidente della Regione Lombardia e autore del libro Svegliamoci italici!, chiama a raccolta gli Italici, dando loro riferimenti comuni e rimettendo il nostro Paese al centro di un nuovo dinamismo, allargando di molto le frontiere del suo sviluppo. “L’incontro ‘Italics as a Global Commonwealth’ è ricco di suggestioni e individua correttamente una vocazione e una realtà che caratterizzano la percezione del nostro Paese, della sua storia, della cultura e del suo ingegno nel mondo”. Sono queste le parole contenute in un messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lette dall’Ambasciatore Sebastiano Cardi in apertura del convegno. Ma chi sono gli italici secondo Bassetti? Si tratta di 250 milioni di persone nel mondo, distribuite in cinque continenti: non sono solo gli italiani di passaporto, ma coloro che hanno un legame culturale, familiare o economico, anche parziale o indiretto, con l’Italia. L’evento di presentazione del progetto alle Nazioni Unite ha avuto come obiettivo quello di creare le basi per ambire a essere di respiro planetario, superando, non solo nei contenuti ma anche nelle dinamiche di dialogo e confronto, gli schemi strettamente nazionali, coinvolgendo esponenti di grandi aree culturali con le quali disegnare nuove forme di rappresentanza. www.fullmoon.phangan.info

126 | FORBES GENNAIO, 2018

FOOD | PASTA: CHE PASSIONE CON SOLA PASTA BAR Nel 2018 sarà uno dei trend più interessanti nel settore della ristorazione newyorkese. Si tratta del “fenomeno” dei pasta bar, ovvero locali dedicati alla sola pasta. Chef stellati e rinomati si stanno sfidando per aprire format e location esclusive per cavalcare questo trend. Da poche settimane ha visto la luce Pasta Flyer, il locale dello chef Mark Ladner (ex Del Posto) che si pone l’obiettivo di cucinare la pasta in meno di un minuto. Poco prima ha aperto a Nolita, The Sosta, nato dall’idea della fondatrice di “by Chloe”, che si ispira al concetto della “sosta” italiana nelle aree ristoro lungo le autostrade. Il locale più di tendenza, tuttavia, nasce da una intuizione di un gruppo di italiani che, nel cuore di Soho, hanno aperto il Sola Pasta Bar. Cucina a vista al centro del locale, dove i cuochi cucinano diverse qualità di pasta di fronte ai clienti. ART | UN OMAGGIO ALL’ARTE ITALIANA CONTEMPORANEA

Sorge tra le verdi e lussureggianti colline della Valle dell’Hudson, a nord di New York City, Magazzino Italian Art, il museo dedicato all’Arte Povera Italiana fortemente voluto dall’italiano Giorgio Spanu e dalla moglie Nancy Olnick. Lo spazio, disegnato dall’architetto Miguel Quismondo, è in perfetto connubbio con l’area espositiva e con il giardino esterno che lo circonda; grandi aperture a vetro non solo sulle pareti ma anche sui soffitti per un costante dialogo tra dentro e fuori. Un luogo dunque dove far conoscere meglio un aspetto dell’arte italiana meno nota al pubblico americano che già apprezza l’arte contemporanea e che qui avrà l’occasione di ammirare le opere che, per la maggior parte dei casi, non sono mai state esposte prima negli Stati Uniti. Magazzino, sotto la direzione dell’italiano Vittorio Calabrese, sarà inoltre nel 2018 una fucina di progetti e di idee, luogo ideale per i newyorkesi, la comunità locale e i turisti che vorranno lasciare per qualche ora la frenesia della metropoli e scoprire www.magazzino.art una nuova promettente realtà.


AWARDS

F

PRIVATE BANKING SUMMIT


FORBES LIFE

LIVING ASIA

DI FEDERICO MORGANTINI

ART | LINO TAGLIAPIETRA E IL VETRO ITALIANO A SHANGHAI Fino al 4 marzo 2018, il Liuli China Museum di Shanghai presenta per la prima volta in Cina i capolavori del maestro vetraio italiano Lino Tagliapietra. Nato nel 1934 a Murano, all’età di 11 anni era già apprendista nel laboratorio del mastro vetraio Archimede Seguso e nel 1955, a soli 21 anni, ottenne lui stesso il prestigioso titolo di mastro vetraio. Nel 1968 è stato tra i fondatori de La Murrina, forse la più affermata fabbrica italiana di vetro, presso la quale ha lavorato fino al 1976 per poi dedicarsi principalmente all’arte. Le sue opere sono esposte in musei come il Victoria & Albert di Londra, il Corning Museum of Glass e il Metropolitan di New York, il De Young di San Francisco, il Musée des Arts Décoratifs di Parigi, così come in numerose gallerie www.liulichinamuseum.com e collezioni private.

BUSINESS | ASIAN FINANCIAL FORUM IN HONG KONG

PARTY | FULL MOON PARTY IN KOH PHANGAN [TAILANDIA]

Per chi non si accontenta del Capodanno, a Koh Phangan, in Tailandia, i festeggiamenti proseguono la notte del 2 gennaio con il mitico Full Moon Party. Nata negli anni ottanta, la mitica festa sulla spiaggia celebra ogni mese la luna piena. In alta stagione arriva a 30.000 presenze, quasi totalmente turisti provenienti da tutte le parti del mondo, che ballano e bevono fino all’alba. Quella del 2 gennaio 2018 è attesa come una delle più grandi feste della storia proprio per la concomitanza con le vacanze di Capodanno.

Dal 15 al 16 gennaio si terrà a Hong Kong l’undicesimo “Asian Financial Forum” (AFF). L’evento riunirà gran parte dei membri più influenti della comunità finanziaria e degli affari a livello mondiale per discutere degli sviluppi e delle tendenze economiche nei dinamici mercati asiatici, che sempre di più attraggono capitali e competenze. Molto interessante la “Deal Flow Matchmaking Session”, dove oltre 100 selezionate startup incontreranno gratuitamente potenziali investitori. Hong Kong da sempre ha funzione di porta di ingresso e hub finanziario per tutto il Sud Est Asia, tanto che lo scorso anno l’AFF ha visto più di 2.900 partecipanti da 50 Paesi diversi, con oltre 440 giornalisti accreditati.

www.fullmoon.phangan.info

SAW

17–28 JANUARY 2018

SINGAPOREARTWEEK

128 | FORBES GENNAIO, 2018

www.asianfinancialforum.com

EVENT | SINGAPORE ART WEEK

Alla sua sesta edizione, dal 17 al 28 gennaio, la Singapore Art Week conquisterà musei, gallerie e location di vario genere della Città Stato più sofisticata e ricca d’Asia. L’iniziativa, promossa congiuntamente dal National Arts Council, dal Singapore Tourism Board e dal Singapore Economic Development Board, prevede un programma non solo di esposizioni, ma anche di aste, seminari ed esperienze di “immersione” in installazioni artistiche di grande qualità. www.artweek.sg


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PENSIERI E PAROLE

Lavoro

“Amare il proprio “OGNI LAVORO CHE lavoro è la vera e concreta forma di ELEVI L’UMANITÀ felicità sulla terra. Quello che spetta alle HA LA SUA DIGNITÀ.” future generazioni, ai —MARTIN LUTHER KING JR. futuri governi, è far sì che ciascuno ami il proprio lavoro. Un “Bisogna sogno da Woodstock.”

lavorare come se si volesse vivere in eterno, ma vivere come se dovessimo morire adesso.”

“Le persone non scelgono la loro carriera: ne vengono travolte.” —JOHN DOS PASSOS

“Si aspira ad avere un lavoro per avere il diritto di riposarsi.” —CESARE PAVESE

“Nessuno nota mai ciò che è già stato fatto; si può soltanto vedere ciò che rimane da fare.”

—MARTIN LUTERO

“IL LAVORO CI FARÀ LIBERI, LA LIBERTÀ CI FARÀ GRANDI.”

—MARIE CURIE

“LO ZELO È IL PADRE DI OGNI FORTUNA. E L’OBIETTIVO DI UNA BUONA INTENZIONE NON È MAI STATO RAGGIUNTO TRAMITE IL SUO OPPOSTO: LA PIGRIZIA.”

—GIUSEPPE GARIBALDI

—MIGUEL DE CERVANTES

“È DIVENTATO UN MIO CREDO: PROVA L’IMPOSSIBILE PER MIGLIORARE IL TUO LAVORO.” —BETTE DAVIS

“IN QUALUNQUE MESTIERE, IN QUALUNQUE PROFESSIONE È BENE TENERE CONTO DI QUESTO: CHI LAVORA EGOISTICAMENTE NON ARRIVA A NIENTE. CHI LAVORA ALTRUISTICAMENTE SE LO RITROVA, IL LAVORO FATTO.” —EDUARDO DE FILIPPO

“Il meglio del vivere sta in un lavoro che piace e in un amore felice.” —UMBERTO SABA

“COME FACCIO A DIMOSTRARE INTERESSE PER IL MIO LAVORO, SE NON MI PIACE?”

FINAL THOUGHT

“L’ANIMA DEL PIGRO DESIDERA, E NON HA NULLA, MA L’ANIMA DEI DILIGENTI SARÀ SODDISFATTA APPIENO.”

“Riempi l’oggi con il lavoro; riempi il domani con la speranza.”

—PROVERBI 13;4

—B.C. FORBES

—FRANCIS BACON

SOURCES: NOBODY KNOWS MY NAME, BY JAMES BALDWIN; THE ALGONQUIN WITS, BY ROBERT E. DRENNAN; THE TIMES BOOK OF QUOTATIONS; THE WAY OF ALL FLESH, BY SAMUEL BUTLER; DON QUIXOTE, BY MIGUEL DE CERVANTES; THE PLEASURES AND SORROWS OF WORK, BY ALAIN DE BOTTON; ESSAYS, BY FRANK MOORE COLBY; THE AUTOBIOGRAPHY OF MARTIN LUTHER KING JR.

130 | FORBES GENNAIO, 2018

BENIGNI

LUCKY TEAM STUDIO / SHUTTERSTOCK.COM

LUTERO

DI EVERETT HISTORICAL / SHUTTERSTOCK.COM

CLOCKWISE FROM TOP LEFT: MONDADORI PORTFOLIO/GETTY IMAGES; ULF ANDERSEN/GETTY IMAGES; CULTURE CLUB/GETTY IMAGES; HOWARD SOCHUREK/THE LIFE PICTURE COLLECTION/GETTY IMAGES; JOHN SPRINGER COLLECTION/CORBIS/CORBIS/GETTY IMAGES; DAVE PICKOFF/AP; ANN RONAN PICTURES/PRINT COLLECTOR/GETTY IMAGES; MOVIESTORE COLLECTION/ALAMY; PRISMA/UIG/GETTY IMAGES;WOLVERHAMPTON CITY COUNCIL/ARTS AND HERITAGE/ALAMY

—ROBERTO BENIGNI




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