FACE to ECAF
IL VOLTO TRA FISIOGNOMICA E ARTE
EDITORIALE Micieli Adriana
I
l nostro primo approccio con il prossimo è influenzato in maniera rilevante dall’aspetto esteriore. Il volto è la sede di ben cinque sensi e con milioni di espressioni comunica le nostre emozioni conscie ed inconscie. Ho basato il mio progetto tesi sullo studio del volto e di quelle discipline scentifiche e filosofiche che negli anni hanno fondato le loro teorie analizzando il volto umano. In questa rivista intendo trattare tali argomenti in modo semplice e funzionale, con lo scopo di spiegare e porre curiosità a chi non conosce la fisiognomica e chi come me è affascinato dalla potenza del volto inteso come canale comunicativo. Ho trattato l’argomento da un punto di vista prettamente artistico; dopo una prima intrduzione anatomica infatti mi sono soffermata sull’influenza che tali discipline hanno apportato in campo grafico e fotografico influenzando correnti e stili pittorici. Mi auguro che questa rivista sia un punto di partenza per chi come me ha curiosità verso lo studio del volto e della fisiognomica.
SOMMARIO Il volto
pag 5
Cos’è la fisiognomica
pag 11
Teorie ed evoluzioni
pag 17
I temperamenti
pag 20
Il volto e la fisiognomica nell’arte
pag 25
Il ruolo della fotografia
pag 31
“
I volti ingannano raramente, Si ha l'anima del proprio volto e il volto della propria anima
“ #( Paul Brulat )
perplessione
IL VOLTO I
3
dubbio
l volto è il canale più rilevante della comunicazione non verbale, le espressioni del volto cambiano continuamente e hanno un’importante funzione nell’interazione sociale. Il viso, o faccia, o volto, è la parte frontale della testa, che negli umani parte dalla fronte e arriva al mento e include i capelli, la fronte, le sopracciglia, gli occhi, il naso, le guance, la bocca, le labbra, i denti, la pelle e il mento. Il viso è considerato la caratteristica peculiare di ogni persona, che ne permette il riconoscimento. Anche nelle caricature il viso di una persona è l’elemento che più si presta a esagerazioni emblematiche di un determinato carattere. “Non ti ho dato né viso, né luogo che ti sia peculiare, né alcun dono speciale, o uomo, affinchè il tuo viso, il tuo posto e i tuoi doni tu li scelga, li conquisti e li possegga da te stesso[…] Ti ho messo al centro del mondo affinchè tu possa meglio contemplare ciò che il mondo contiene. Non ti ho creato né celeste né terrestre, mortale o immortale, così che per tua scelta, liberamente, alla maniera di un buon pittore o di un abile scultore tu completi la tua stessa forma”. (Pico della Mirandola) Il volto è la parte più sensibile del corpo umano, la parte che reagisce maggiormente agli stimoli esterni, alle emozioni e alle reazioni che essi suscitano. E’ formato infatti da un sistema di ben dieci fasci muscolari e contiene molti tratti che permettono di esprimerci, ognuno dei quali è capace di una gamma infinita di movimenti evidenti e impercettibili. La testa che oltre al viso comprende la fronte e le orecchie, è il centro sensoriale del corpo umano e ogni organo
arco sopraccigliare
sensoriale è a sua volta in rapporto con i relativi apparati; di conseguenza il nostro viso essendo in diretto contatto con le emozioni è facile notare su di esso tracce permanenti o temporanee del nostro stato psicologico e del nostro vissuto. La complessità del volto come oggetto osservabile, decifrabile, descrivibile, da sempre ha posto una quantità di quesiti a cui, in tempi diversi, si è tentato di dare risposta. Tracce delle mille contraddizioni che risiedono sul nostro volto e fanno parte dell’immaginario collettivo sono inscritte, seppure in modo frammentario, nella storia etimologica dei termini, che lo designano: volto, viso, faccia; in latino: vultus, facies…I mille vocaboli usati per descrivere il volto hanno etimologie a se stanti che racchiudono aspetti e caratteristiche diverse. (formare, fare) in netta relazione a facies (aspetto,forma). La faccia è l’aspetto, la figura, i modi di essere con cui oggetti, luoghi o avvenimenti si presentano allo sguardo e al pensiero. Il termine Viso derivante dal latino videre (vedere) ci rimanda al ruolo d’informatore visivo. “il viso non è dunque semplice parte del corpo. Attraverso il viso, l’altro che ancora non esisteva, a un tratto entra nel campo delle cose visibili”. (Il volto e l’anima. Fisiognomica e passioni. Milano 1995) Ogni espressione ripetuta più volte, ogni mutamento ricorrente lascia sul nostro volto, sulle parti molli, segni effimeri che a lungo andare si tramutano in caratteristiche permanenti. Esperienze piacevoli ripetute mille volte imprimono un lineamento di permanente bellezza; mentre espressioni
4
osso zigomatico
7
negative ripetute mille volte imprimono l’esatto opposto. Ogni uomo ha nella sua fisionomia qualcosa di particolare che lo caratterizza. Vi sono molto spesso, oltre i lineamenti generali, dei lineamenti particolari estremamente convincenti e di significato tagliente e nascosto. Per osservare perfettamente un viso, bisogna guardarlo di profilo, di fronte e di tre quarti, di sette ottavi e dall’alto in basso; l’intera figura mostra troppo in una sola volta per il vero osservatore, bisogna per questo motivo guardare ogni lato a parte. Anatomicamente parlando se consideriamo la testa nel suo insieme riusciamo ad individuare due zone della morfologia cranica nettamente distinte fra loro: lo splancnocranio dove sono collocati gli organi di relazione (occhi, naso, bocca) e il neurocranio ossia l’ovoide cranico vero e proprio, che contiene il cervello con il sistema nervoso centrale. Secondo uno sguardo miologico (scienza che studia i muscoli) i muscoli della testa si possono dividere in tre gruppi: i muscoli mimici o pellicciai che determinano le espressioni del viso, i muscoli scheletrici e masticatori che muovono l’unico osso mobile della testa, la mandibola, e i muscoli annessi agli organi di senso che muovono gli occhi, la lingua e permettono i movimenti delle ossa dell’orecchio interno. Bisogna inoltre fare una distinzione fra tratti fissi, temporanei e tratti mobili: i tratti fissi sono quei tratti che fanno parte patrimonio genetico ereditato dalla propria famiglia di origine. I tratti “temporanei” sono modificazioni transitorie che appaiono sul nostro volto e rappresentano lo stato psicofisico in un determinato periodo della nostra vita. I tratti “mobili”, infine, sono la parte evidente, mutevole ed espressiva del nostro volto. Il volto si contrae e si muove incessantemente e con
la sua mimica, conscia o inconscia, manifesta le emozioni che stiamo provando. Il nostro viso è il biglietto da visita con cui ci relazioniamo, in esso sono insite emozioni che caratterizzano il nostro vissuto attraverso una miriade di segni, tratti e espressioni passeggere con cui noi comunichiamo la nostra interiorità.In questo modo i tratti permanenti, come la forma degli occhi o la grandezza del nostro naso, ereditati dai nostri predecessori, si fondono con mille emozioni contrastanti che a lungo andare lasciano segni visibili e ci caratterizzano come singolo. Secondo queste teorie non è dunque la forma del nostro viso che rimanda a una specificità del nostro carattere ma al contrario è il nostro essere che si esteriorizza tramite il volto. La fisiognomica invece sostiene la tesi opposta ovvero che ogni caratteristica del nostro volto rimanda a un determinato aspetto insito nel nostro carattere. Il volto è il primo approccio visivo che abbiamo con il prossimo, con il nostro interlocutore; di conseguenza accade spesso che trovandoci difronte una persona che non abbiamo mai visto prima ci poniamo in modo involontario impostando il nostro atteggiamento su ciò che riusciamo ad intuire dalla sua immagine e dalle fattezze del suo volto. Questo metodo di approccio non garantisce certezze eppure siamo istintivamente portati alla ricerca di un linguaggio somatico che ci dia quell’input che desideriamo inconsciamente per poterci fidare o meno del nostro interlocutore. È da ciò che nasce la fisiognomica il cui termine designa un’antica pratica utilizzata allo scopo di conoscere carattere e temperamento di una persona basandosi sui tratti somatici. Note: Il volto e l’anima. Fisiognomica e passioni (Milano 1995). Jhoann Caspar Lavater, la fisiognomica, Atanor s.r.l Roma Anna Guglielmini, Il linguaggio segreto del volto
6
La faccia e' l'aspetto, la figura, i modi di essere con cui oggetti, luoghi o avvenimenti si presntano allo sguardo e al pensiero
La faccia e' l'aspetto, la figura, i modi di essere con cui oggetti, luoghi o avvenimenti si presntano allo sguardo e al pensiero
COS'È LA L
11
a fisiognomica nasce da un interesse prettamente filosofico che ha come scopo lo studio dei tratti somatici di ogni individuo, cercando di ricollegarli al relativo profilo caratteriale, l’aspetto esteriore ci porta inconsapevolmente alla scoperta dell’Io interiore. L’interesse verso l’ignoto è un interesse ricorrente nell’uomo, lo studio del viso e di ciò che ogni fisionomia umana cela è strettamente correlato alla paura di tutto ciò che non è noto, paura insita in ogni essere umano che lo spinge verso un’incessante desiderio di conoscenza. Fin dai tempi più remoti, infatti, si è avvertita l’esigenza di tracciare una grammatica per la riconoscibilità, ciò ha prodotto una vasta trattatistica. Il termine fisiognomica deriva da physis (natura) e gnomos (giudice, interprete) e indica riconoscimento e interpretazione della natura. Giovan battista Della Porta afferma: Il nome della Fisionomica viene da Physis, che vuol dire natura e (gnomon), regola, legge, o regola di natura, che con certa regola, norma e ordine di Natura si conosce da tale forma del corpo, tale passione dell’anima. (ex tali corporis forma tales animae affectiones consequantur). Della fisionomia dell’huomo, Napoli, 1610, I, 30: 58 (2° ed.della tr. It. del De humana physiognomia, Vico Equense, 1586). La fisiognomica è quella scienza che si fonda su una presunta solidarietà tra anima e corpo. La forma visibile che si offre alla percezione rimanda a un’altra forma, invisibile.
Il più famoso studioso di fisiognomica di tutti i tempi, Gaspar Lavater, segnala più forme di competenza fisiognomica: da una competenza “istintiva”, fragile e incerta, a una forma di competenza “forte”, oggettiva, scientifica. Se dobbiamo attenerci ai tratti che appaiono sotto il nome di “ fisiognomica”, questa scienza si limita a un rigido sistema di regole che a determinati tratti permanenti del corpo fa corrispondere specifiche inclinazioni dell’animo. Si tratta di un codice di regole automatiche che resta pressoché inalterato nel tempo, riproponendosi con esasperante monotonia da un tratto all’altro. La fisiognomica (detta anche fisiognomia, fisiognominica ecc.) rappresenta una disciplina parascientifica, la cui denominazione è attribuita ad Aristotele. Si tratta di un metodo per cogliere dalle forme del volto e dalle sue espressioni il carattere e le tendenze interiori dell’uomo. Parallelamente alla fisiognomica, si sono sviluppate, nel corso del tempo e, talvolta, in opposizione, altre discipline come la Patognomica, la frenologia, lo studio della mimica, e in questo secolo la morfopsicologia che studia la corrispondenza tra la forma corporea e la psicologia. La fisiognomica analizza i caratteri in condizione di riposo mentre la Patognomica analizza i caratteri in condizione di un movimento determinato dalle nostre passioni. La fisiognomica è, nell’accettazione più larga deltermine, la superficie dell’uomo in riposo o in movimento; la conoscenza del rapporto che lega
FISIOGNOMICA ? Gli occhi formati in maniera che l'arco inferiore della palpebra formi un arco a tutto sesto sono indice di buona natura, di delicatezza, carattere timido, pauroso e debole.
(Lavater)
13
l’esterno all’interno, la parte visibile a ciò che nasconde l’invisibile. Mentre la fisiognomica si prefigge di conoscere i segni tangibili delle nostre forze e delle nostre inclinazioni naturali, la patognomica si occupa dei segni delle nostre passioni. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’ Ottocento la fisiognomica di Lavater e la patognomica di Lichtenberg conobbero una sorta di evoluzione applicativa nella frenologia e nella mimica. Franz Joseph Gall dallo studio sperimentale sulla conformazione del cranio elaborò la sua teoria sulla frenologia, secondo Gall tutti gli istinti, le tendenze e le facoltà mentali dell’individuo risiedono sulla superficie del cranio. La mimica invece si avvale di espressioni passeggere, in netto contrasto con la fisiognomica che invece è determinata dai tratti persistenti. Le teorie sulla mimica furono ampliamente utilizzate da Charles Darwin per condurre i propri studi su: “l’espressione dei sentimenti nell’uomo e negli animali, ricerca iscritta nel percorso teorico dell’evoluzionismo.” La fisiognomica in tempi più recenti ha favorito lo sviluppo di analisi introspettive intente a conoscere i cosidetti “moti dell’animo”, che hanno attratto e affascinato artisti e scienziati in particolare dal XVI secolo. In questo caso quindi la valutazione dei caratteri esteriori ci rimanda a un’interiorità, su queste basi e per certi versi la fisiognomica ha anticipato la moderna psicanalisi. Nei primi anni del XX secolo la fisiognomica si divise in tre branche che si differenziavano per il metodo e l’approccio al soggetto: • La fisiognomica di tradizione magico-esoterica, tendente a relazionare volto e simboli astrologici con fini prevalentemente divinatori. • La fisiognomica che tenta di unire l’approccio intuitivo e l’approccio
“
Ragione e sapere sono come corpo e anima. Privata del corpo l' anima noN e' che vuoto vento. Privata dell'anima il corpo non e' che un' insensibile struttura
“
scientifico ma che sfocia inevitabilmente in teorie razziste e antisemite, in relazione a una tendenza culturale del periodo. • La fisiognomica che sconfina nel campo della mimica. “Ragione e sapere sono come corpo e anima. Privata del corpo l’anima non è che vuoto vento. Privata dell’anima il corpo on è che un’insensibile struttura”. Questa riflessione del poeta Khail Gibran pone in rilievo il carattere esoterico che determina il connubio tra anima e corpo. La fisiognomica rinascimentale tentò di portare in superficie questo connubio ponendo l’attenzione sul vasto meccanismo simbolico che lega il micro e il macrocosmo, tra le allegorie astrologiche e il sostrato culturale derivante da eredità di antiche filosofie e religioni. Su questo campo un importante contributo giunse da Gerolamo Cardano, medico milanese il quale teorizzò la metoscopia che tentava di far collimare fisiognomica, scienza e astrologia.
#
(Khail Gibran)
Note: Giovan battista Della Porta De humana physiognomia (1586) Massimo Centini Fisiognomica (Nei segni del volto il destino dell’uomo)
(Il volto e l'anima, Fisiognomica e passioni)
(
il viso non e' dunque semplice parte del copo, Attraverso il viso, l'altro che ancora non esisteva, a un tratto entra nel campo delle cose visibili
TEORIE ED EVOLUZIONI L
17
e prime fonti sulla fisiognomica risalgono agli studi Aristotelici (384-322 a.C.), il quale tentò il confronto tra forma umana e forma animale come chiave di lettura del carattere dell’uomo. Ogni volto veniva analizzato e associato a un determinato animale trovando possibili somiglianze, il suo intento era indicare la chiave per individuare le qualità essenziali di entrambi. Possiamo notare ancora oggi residui di zoomorfismo Aristotelico nei comuni modi di dire che associano qualità umane a una determinata figura animale, come ad esempio: “coraggio di un Leone” o “furbizia di una volpe” ecc. Tracciando una linea generale possiamo notare come la fisiognomica nasce nell’antica Grecia da un’analisi filosofica, successivamente giunge in Europa attraverso studi di natura medica ed esoterica fino al taro medioevo, viene impiegata nell’individuazione del binomio etica-estetica fino al periodo moderno, per concludersi in uno strumento di analisi criminologica. Possiamo quindi notare che la fisiognomica assume nel corso degli anni tre fasi importanti; passa da un’iniziale natura filosofica alla pratica medicoalchimistica per concludersi come strumento di controllo sociale. La fisiognomica comincia già dal medioevo a suscitare diffidenza nonostante supportasse parecchie teorie scientifiche dell’epoca. È proprio in questo periodo che il napoletano Giambattista Della Porta scrisse il De humana physiogno monia (1586) rielaborando un sunto
Da Aristotele a Lombroso
delle teorie antropologiche e del pensiero classico-medievale. Lo studioso prese le dovute distanze dalla fisiognomica classica evidenziandone limiti e imprecisioni. Tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600, assume un carattere via via più moderato, abbandonando l’impronta alchemica ed entrando in un ambito prettamente scientifico. Entriamo nel pieno del seicento e quindi nella fase pre-illuminista con Charles le Burn (1619-1690) il quale sostiene che non è la forma esterna a imprimere i caratteri all’anima ma è l’anima che plasma il volto tramite le espressioni. L’autore sintetizza gli individui in tre insiemi: individui dalle passioni moderate, individui che imprimono sul volto solo passioni particolarmente significative e individui travolti dalle passioni. Le Burn inoltre cercò le varie espressioni facciali nelle specie animali riprendendo le teorie zoomorfiche di Aristotele. Un’ulteriore innovazione in campo fisiognomico avvenne nel 1772 con Jhoann Caspar Lavater fisiologo, teologo e pittore tedesco il quale esplicitò nel suo trattato sulla fisiognomica la sua teoria che legava la bellezza morale e corporea in un ottica cristiana. La fisiognomica di Lavater aveva un impronta decisamente etnologica e nonostante la sua introduzione delle silhouette, che rappresentava un metodo innovativo per la comparazione dei vari tratti somatici, il suo pensiero rimase legato al razzismo di fondo.
La sua opera venne ampiamente criticata soprattutto da Lichtenberg, teorico e sostenitore della patognomica. Nonostante ciò la fisiognomica di Lavater fu apprezzata da vari uomini di pensiero come Hagel, Kant e Ghoethe. Cesare Lombroso è il punto di arrivo di una lunga ricerca morfologica. L’attenzione di Lombroso si concentra non tanto sulle razze, bensì sulle categorie sociali rappresentate da delinquenti, pazzi, ladri, prostitute, uomini di genio e anche donne oneste e uomini normali. Nel 1876 esce il suo libro più famoso, L’uomo delinquente studiato in rapporto all’antropologia, alla medicina legale e alle discipline carcerarie. Lui sostenne che il soggetto che delinque commette il crimine sotto la spinta di elementi che appartengono al proprio portato biologico. Il criminale nato, dunque, è così per natura. Tutto il suo essere corporeo lo riflette: il viso marcato da una serie di stigmate; il peso, il volume, la conformazione e le circonvoluzioni del cervello. La criminalità è inscritta fatalmente nel corpo e rivela la prossimità atavica dell’uomo all’animale. Per l’antropologia criminale, dunque, il delinquente, come l’animale é ‘naturalmente’ cattivo. La teoria di Lombroso attirò non pochi attacchi soprattutto da parte del mondo cattolico, che si scagliò contro il suo ‘materialismo’ e contro la sua negazione del libero arbitrio. Tuttavia, anche se oggi questa teoria suona bizzarra e razzista, quando apparve si costituì come un vero e proprio orientamento progressista nella criminologia del tempo, con conseguenze anche positive nel trattamento dei reclusi.
14
Note: Dario David La vera storia del cranio di pulcinella (le ragioni di Lombroso e le verità della fisiognomica) Massimo Centini Fisiognomica (Nei segni del volto il destino dell’uomo)
15
I TEMPERAMENTI L
a teoria dei quattro umori attribuita a Ippocrate, medico del 400 a.C, ha fortemente condizionato la cultura dell’ antichità e del medioevo. “ Esistono quattro umori nell’uomo, che imitano i diversi elementi; aumentano ognuno in stagioni diverse, predominano ognuno in diversa età. Il sangue imita l’aria, aumenta in primavera, domina nell’infanzia. La bile gialla imita il fuoco, aumenta in estate, domina nell’adolescenza. La bile nera ovvero la melanconia imita la terra, aumenta in autunno, domina nella maturità. Il flegma imita l’acqua, aumenta in inverno, domina nella vecchiaia. Quando questi umori affluiscono in misura non superi ore né inferiore al giusto l’uomo prospera.” (Anonimo De mundi constitution, P.L., XC, 88) I quattro elementi dell’universo (aria, acqua, fuoco, terra) hanno la loro influenza nel corpo umano sotto forma di umori: sangue, bile gialla, bile nera, flemma. In base al prevalere di uno di questi elementi la persona risulta di carattere sanguigno, collerico, malinconico e flammatico. Seguendo la teoria del micro e del macrocosmo la tesi dei quattro umori cerca di collegare l’uomo all’universo attraverso una serie particolare di caratteristiche che influenzano il carattere. In questo modo si crea un linguaggio magico-esoterico che ha lo scopo di definire una sorta di equilibrio tra l’uomo e l’universo. Ogni temperamento corrisponde a un’età dell’uomo, ad una stagione e ad un carattere; queste teorie prendono in considerazione la dicotomia precedentemente citata tra ciò che è la fisiognomica vera e propria e l’effetto delle passioni che inconsciamente si stabilizzano sul nostro volto fino a determinarne dei tratti caratteristici. La teoria dei temperamenti, infatti, si sofferma sugli stati emozionali passeggeri che col tempo mutano il volto. Una caratteristica particolare, è quella di mettere in evidenza eventuali stati patologici derivanti dalla mancanza di autocontrollo sugli umori, considerati la base del temperamento. La malinconia col tempo ha assunto i toni della malattia, a differenza degli altri umori è stata abbinata al temperamento di chi vive una situazione di disagio interiore che in molti casi propende verso la creatività (R.m. Witt Kower op. cit.)
20
#
(Jhoann Caspar Lavater, la fisiognomica)
21
Il collerico ha come caratteristica principale l’instabilità, il sanguigno è caratterizzato da una forza trascinante e il flemmatico dalla sua staticità, il melanconico invece è noto per la sua fisionomia “assente” e lo sguardo vago. La teoria dei temperamenti nel corso degli anni ha cercato maggiore approvazione e una sorta di verifica scientifica, si è scoperto, infatti, che i temperamenti sono condizionati da un sistema endocrino estremamente complesso. In questo modo si è giunti alla conclusione che esiste un temperamento per ogni individuo, il che vale a dire che ci sono tanti temperamenti quanti sono gli individui. Sigmund Freud (1856-1939) afferma: “Da sempre si conoscevano molte cose sull’influsso della psiche sul corpo, ma solo ora queste acquistano il giusto rilievo. La cosiddetta espressione dei moti dell’animo costituisce l’esempio più comune di azione della psiche sul corpo, e si può osservare regolarmente e in tutti: la tensione e il rilassamento dei muscoli facciali, l’adattamento degli occhi, l’afflusso del sangue alla pelle, la sollecitazione impressa all’apparato vocale, la disposizione delle membra, specie delle mani, rivelano quasi tutti gli stati psichici di un uomo”. (S.Freud opere, 1886-1905, Roma, 1994, pag. 84-85)
Possiamo dedurre quindi che l’uomo, attraverso il volto, esprime non solo il carattere ma si carica d’indicatori in relazione allo status culturale di cui il soggetto è o si crede parte.
Note: Anonimo De mundi constitution, P.L., XC, 88 Massimo Centini Fisiognomica (Nei segni del volto il destino dell’uomo) Sigmund Freud (1886-1905,) Opere, Roma, 1994, pag. 84-85
Non ti ho creato ne' celeste ne' terrestre, mortale o immortale, cosi' che per tua scelta, liberamente, alla maniera di un buon pittore o di un abile scultore tu completi la tua stessa forma (Pico della Mirandola)
IL VOLTO E LA FISIOGNOMICA L
25
a fisiognomica è l’arte di dedurre dai lineamenti del volto le caratteristiche psichiche e morali di una persona. Gli artisti dopo aver elaborato tecniche adatte a riprodurre in modo realistico figure umane riprese dal vero, hanno cercato di conferire alle figure dipinte “il moto e il fiato”, cioè si sono dedicati alla rappresentazione degli aspetti psicologici della personalità umana. Gli artisti, infatti, si applicarono allo studio dei moti mentali attraverso l’analisi di quelli corporei, e alla conseguente rappresentazione dei primi attraverso espressioni facciali ritenute a essi corrispondenti. Leonardo da Vinci, è il primo artista a interessarsi alla rappresentazione dei “moti dell’animo”; la pittura fino a quel momento era stata ritenuta inferiore, perché incapace di esprimere gli aspetti psicologici della personalità umana. Oltre a Leonardo, anche Caravaggio nei suoi dipinti si propose spesso di cogliere l’istante in cui un dolore fisico si trasmette al volto, come nel “Fanciullo morso da un ramarro”. Nel periodo barocco e nel Settecento molti artisti proseguono gli studi nell’ambito della fisiognomica. Nell’Ottocento anche nella pittura si riaccende l’interesse per gli aspetti psicologici della personalità umana, come nel caso di Hayez che nei suoi dipinti di donne trasmetteva quel senso di preoccupazione, che viveva negli stati d’animo della popolazione risorgimentale. Nel Novecento il ruolo della fisionomica si esaurisce con l’affermarsi della psicoanalisi: nell’arte figurativa
NELL’ARTE si manifesta una perdita d’interesse per i particolari fisionomici, e si afferma la rappresentazione dell’espressione della psicologia umana ottenuta attraverso la deformazione dei tratti somatici. “Farai le figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell’animo; altrimenti la tua arte non sarà laudabile”. (Leonardo da Vinci) Questa famosa citazione di Leonardo più volte ripetuta pone l’accento sul concetto di artista “puro”, ossia colui che riesce ad imprimere in ogni raffigurazione del volto i tratti dell’anima del soggetto. Come ben sappiamo la fisiognomica ha spianato la strada alla psicanalisi di Freud; l’arte spesso inconsciamente ha utilizzato un approccio freudiano ancora prima che uscisse “l’interpretazione dei sogni” di Freud (1900): Da Leonardo a Bacon, infatti, “andare oltre l’apparenza, scavando nell’animo umano” è stato uno dei temi principali trattati nell’arte. Il ritratto non è solo un genere pittorico, ma una rappresentazione della percezione che gli artisti di ogni epoca ebbero di sé e dell’uomo più in generale, ciascuno secondo il proprio tempo, la propria cultura e la propria storia. Il ritratto ha inizialmente un compito documentale, vuole rappresentare l’aspetto reale di una persona. Solo nel Rinascimento quando la visione antropocentrica sostituisce quella teocentrica e l’uomo, padrone del suo destino, acquista una nuova coscienza della percezione dell’io,
il ritratto diventa un mezzo per esprimere il vissuto interiore del soggetto rappresentato: in questo viaggio alla rovescia, che l’uomo occidentale intraprende verso l’interno di sé, assume particolare importanza la corrispondenza tra interiorità ed aspetto esteriore, che viene indagata soprattutto per opera di Leonardo da Vinci. Leonardo scrisse un vero e proprio “trattato sulla fisiognomica” l’artista infatti impiega quasi tutto il suo percorso artistico nello studio dei moti dell’animo arrivando alla raffigurazione delle teste grottesche che quasi convergono nel ritratto caricato, deformato, dalla sua fisionomia iniziale. Leonardo osserva: “De’ visi mostruosi non parlo, perché senza fatica si tengono a mente”. Da questa affermazione possiamo dedurre che i visi mostruosi non sono oggetto di una osservazione dal vero, bensì il risultato di un processo di sperimentazione in cui l’artista esagera i tratti somatici del volto portandoli agli estremi. Siamo quasi agli albori della caricatura, anche se lo scopo di Leonardo non era deformare il volto con scopo caricaturale quanto studiarne i moti e i vari cambiamenti espressivi possibili. Se prendiamo in considerazione l’intera produzione di queste teste notiamo che Leonardo cerca di studiare vari fattori giocando sui contrasti. Studia la bellezza partendo dalla bruttezza, elabora dei canoni di perfezione che si diverte a deformare. Partendo da un approccio scientifico e poi artistico Leonardo studia volti
26
27
umani e animali con lo scopo di trovare una base figurativa comune. Negli studi di teste per la battagli di Anghiari, Leonardo confronta teste umane e teste ferine. La testa di un guerriero urlante è mostrata a fianco di quelle di un cavallo e di un leone. In questo modo l’artista cercava di dimostrare l’esistenza di un’essenziale unità morfologica negli esseri viventi. Il passo dal ritratto alla caricatura è più breve di quanto si possa pensare, esagerando alcune caratteristiche del volto si produce una perdita di equilibrio orientando il soggetto verso il comico e il grottesco. Nella caricatura quindi entrano in gioco parecchi elementi di aggiunta destinati a sovrapporsi alla struttura iniziale in modo da complicarne la decodificazione. Le circostanze culturali e sociali provocano nel volto caricato un’aggiunta di elementi che porta a distrazioni percettive. Una posizione particolare all’interno del volto caricato è rappresentata dall’artista Giuseppe Arcimboldo (Milano 1527-1593) il quale propone una visione in netto contrasto con le teorie rinascimentali, esso, infatti, pone una visione geocentrica dell’uomo realizzando ritratti attraverso l’assemblaggio di elementi naturali diversi ma simbolicamente coerenti con il soggetto raffigurato. Oggi l’arte va ben oltre la raffigurazione fedele dell’essere umano cercando di esprimere il disagio dell’uomo contemporaneo; l’arte contemporanea vede l’uomo come una creatura sfigurata e contorta, lo specchio di una società alla deriva. L’arte dà al ritratto e alle sue valenze fisiognomiche un’impurità nella forma come preludio dell’essere. “Quasi riesumando ipotesi Darwiniane, fino a risemantizzarle all’interno della tradizione Lombrosiana, nel gioco del paradosso, scopriamo la tragedia di un divenire che pone continuamente in evidenza la
visi “ De'mostruosi non parlo, perche' senza fatica si tengono a mente
“
nostra fragilità, il peso del nostro disfacimento. Il corpo cadente, trasformato o mutante, è quindi emblema del nostro abbattimento. Forse della nostra sconfitta, drammaticamente rivelata da un apparenza che sembrerebbe non avere più nulla da dire sul nostro essere. Sul nostro carattere visualizzato da un volto, ormai privo di fisionomia”. (fisiognomica, nei segni del volto il destino dell’uomo) Con queste parole percepiamo il disfacimento di una società che si riversa in ogni forma artistica e soprattutto nella rappresentazione di un volto privo di fisionomia ma ricco di disagio, che trova nella corrente artistica post human la piena espressione.
28
#
(leonardo da vinci)
Note: Le “teste grottesche” di Leonardo tra anatomia, scienza fisiognomica e arte. Pietro C. Marani Massimo Centini Fisiognomica (Nei segni del volto il destino dell’uomo)
"farai le figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell'animo, altrimenti la tua arte non sara' laudabile" (Leonardo da Vinci)
U
n ruolo diverso ha invece la fotografia, essa, infatti, contribuisce all’ingresso della fisiognomica nell’ambito delle scienze positive. Secondo la visione positivistica l’uomo doveva essere misurato isolandone ogni caratteristica con lo scopo di riuscire a stabilire una gabbia di riferimento. Così la tecnica fotografica, capace di fissare la realtà senza subire eventuali cambiamenti stilistici e personali da parte dell’artista, fu la prediletta nel ruolo di catalogare e assimilare in modo obiettivo i cambiamenti e le caratteristiche del volto umano. In Italia la fotografia antropologica si sviluppa con Paolo Mantegazza e Cesare Lombroso, ma è con il secondo che questa entra in ambito criminologico. Fu’ proprio grazie a Lombroso, infatti, che venne introdotta la
27
IL RUOLO DELLA foto segnaletica, atta a creare un vasto repertorio sui criminali dell’epoca con lo scopo di studiarne meglio i tratti. Mantegazza, invece, si concentra nel cercare di imprimere le espressioni su una pellicola fotografica e poi studiarne i passaggi. Il suo scopo principale fu quello di analizzare le espressioni e il loro mutare attraverso: l’età, il sesso, la razza e la costituzione individuale. Mantegazza cercava di documentare tutti gli elementi espressivi senza dover ricorrere a una ricerca a posteriori, tramite la fotografia cercava d’imprimere ogni fase dell’espressione presa in esame e partendo da queste premesse realizzò il suo “Atlante delle espressioni del dolore (1876)”. Nel corso degli anni ci fu anche chi criticò la fotografia, soprattutto le sue pretese artistiche, Charles Baudelair (1821,1867) nella sua polemica antifotografica sosteneva: “vero compito della fotografia è di essere la serva delle scienze e delle arti (…) Arricchisca pure rapidamente l’album
la fotografia acquista un piu' della dignita' CHE LE MANCA QUANDO CESSA DI ESSERE UNA RIPRODUZIONE DELLA REALTa' E CI MOSTRA COSE CHE NON ESITONO PIu' (proust)
FOTOGRAFIA del viaggiatore e ridia ai suoi occhi la precisione che può far difetto alla sua memoria, adorni pure la biblioteca del naturalista (…) sia insomma segretario e taccuino di chiunque nella sua professione ha bisogno di un’assoluta esattezza materiale”.
Note: Massimo Centini Fisiognomica (Nei segni del volto il destino dell’uomo) Charles Baudelair (1821,1867)
28
"studi sulla mimica, Archivio fotografico del Museo di Antropologia ed Etnologia (Fondo Mantegazzza)" Rivista esplicativa:
FACE TO FACE (Il volto tra fisiognomica e arte)
CopyrightŠ
Illustrazioni e foto originali
Relatore:
Stefano Mosena
Foto e illustrazioni: Adriana Micieli
Progetto grafico e impaginazione: Adriana Micieli
Progetto Tesi:
Accademia di belle arti di Roma Grafica Editoriale 2014/2015
Rilegatura:
punto metallico
Carta:
Freelife vellum white 170 gr Copia 1/5
34