Info magazine n 6

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Supplemento ad Affare Fatto num. 43 Dicembre 2015

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Il linguaggio dell’amore è un linguaggio segreto e la sua espressione più alta è un abbraccio silenzioso. Buon Natale

Cultura - Dialetto a pag. 4

Storia - Natale nelle trincee a pag. 6

In Viaggio, scoprire... a pag. 10

CONSIGLIA

Idee da leggere e regalare a pag. 19

Creazioni di Natale fai da te a pag. 14

Billy Mio Bekerino per passione a pag. 21

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La tavola di Natale a pag. 16

Pizza Bio: la qualità della farina a pag. 22

Info consiglia a pag. 18

Eventi di Natale in zona a pag. 23

Foto di copertina: Stefano Stefani

Malanni invernali a pag. 12


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CULTURA

Dialetto

Le Festività natalizie nel territorio di palude del Basso Piave (estratto da: risultati di ricerca dell’ass. G.R.I.L. Basso Piave)

Nel nostro immaginario il mese di dicembre è legato a tutte le festività che, cominciando dal ponte che ‘lega’ San Nicola e l’Immacolata, culmina con il periodo che dal Natale ci porta all’Epifania. E chi, adulto o bambino, non vive oggi la frenesia degli acquisti, tipica appunto di questo periodo? I tempi attuali ci vedono costantemente protagonisti di una supervalutazione degli interessi materiali, a discapito invece dei valori umani e sociali che maggiormente dovrebbero qualificarci come individui. Questa ‘anomalia valoriale’, oggi così diffusa, un tempo era certamente meno avvertita, soprattutto in quelle aree non cittadine ove il mercimonio (il denaro quale valore di scambio) non aveva ancora inquinato la società e la mentalità originaria dei nostri nonni. Il territorio del Basso Piave, per esempio, visse questo passaggio in maniera più netta a seguito dello sviluppo del fenomeno della bonifica, che comportò non solo una modificazione consistente dell’assetto ambientale e territoriale, ma anche l’inserimento in quest’area geografica di logiche di pensiero e di comportamento del tutto nuove, tipiche dei proprietari delle limitrofe aree di pianura, forieri del nuovo concetto di ‘proprietà’, di fatto estraneo alla gente del Basso Piave. Ma, ancor prima, ad aver affacciato il concetto di proprietà erano stati i romani, al seguito dei quali arrivò poi anche una nuova religione: quella cristiana. Di fatto, la radicalizzazione della religione cattolica in quella che è stata lungo una vasta area paludosa, chiusa al fascino dei valori materiali che la ‘modernità’ del mondo esterno proponeva, si è veri-

ficata e unanimamente accettata solo in tempi piuttosto recenti. In origine, la realtà identitaria locale conosceva un’unica divinità di ancestrale memoria, la dea Reizia (il ritrovamento di dischi votivi nel nostro territorio conferma il culto antico nei suoi confronti). Con l’arrivo dei Romani, e con la successiva affermazione della fede cristiana, a questa figura femminile si sostituì non tanto il culto di Cristo, quanto piuttosto quello della Madonna che, nell’immaginario della gente del Basso Piave, continua ancora oggi ad essere l’immagine alla quale si è maggiormente legati. La Madonna, infatti, era spesso venerata come simbolo femminile di protezione, tanto che le veniva assegnato il ruolo di accompagnare la gente nell’attraversare la stajón morta, l’inverno (il periodo durante il quale veniva a mancare all’uomo il supporto offerto da Madre Natura): non per nulla una delle feste più sentite rimane quella della Madona de Ditzembre (così veniva qui apostrofata la festa dell’Immacolata, l’8 dicembre). Non deve stupire questa particolare affezione nei suoi confronti (ben evidente nei tanti capitelli presenti nel Basso Piave), se si pensa che da sempre in questo nostro territorio alla figura della donna, appunto, era demandata la gestione dell’intera famiglia nonché l’allevamento dei figli e la loro educazione (concetto altrettanto ben evidenziato nell’uso del termine ‘Madona’ con cui ogni genero si riferiva alla propria Suocera), mentre all’uomo era tradizionalmente riconosciuto non solo il ruolo di difensore e dunque di rappresentante della famiglia rispetto al mondo esterno, ma soprattutto di colui che aveva l’onere di procurare

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più risorse possibili per la sopravvivenza stessa del nucleo familiare. (L’uso del ‘Voi’ e non del ‘Tu’ evidenziava il massimo rispetto reciproco anche nel rapporto di coppia) Contrariamente a quanto vivevano gli individui negli sporadici centri urbani caratterizzati da un’estrema sofferenza, in una società come quella di palude, tutta dedita alla continuità generazionale e alla sopravvivenza in un ambiente difficile e complesso, era ben diverso il sistema di valori cui ci si affidava, e certamente il denaro non vi faceva parte. L’unica legge implicitamente riconosciuta da tutti era ‘el jutarse e el darse na man’, che spingeva ad anticipare i bisogni altrui e ad essere solidali nel momento della necessità (aspetti descritti anche da Cassiodoro). La gente del Basso Piave, nella loro abituale condivisione di tutte le risorse, non trovò inusuale la proposta del cristianesimo ‘di essere tutti fratelli e di aiutarci l’un l’altro’, perciò, anche la festività del Natale, ha costituito un elemento in sostanziale continuità con la mentalità della gente del Basso Piave, così tesa al valore della procreazione. Ma che senso poteva avere festeggiare il Natale secondo costumi non propri? La gente di palude, di fatto, ha continuato a caratterizzarsi ancora per vario tempo per il fatto di legare tale festa, seppur di ‘recente’ introduzione, esclusivamente ad un momento di vera convivialità, vissuta insieme ai propri parenti, e quindi in una forma più intima e, a memoria d’uomo, non vi fu mai scambio di doni, come avviene attualmente in una dimensione certamente più materialistica e, sembra, sempre meno spirituale. In realtà, già nel periodo tra le due guer-

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5 re mondiali, una prima forma di inquinamento identitario caratterizzò i nostri giovani che, se durante il Natale ancora non avevano l’abitudine di ricevere doni, iniziarono ad avviare una nuova pratica, il primo giorno dell’anno, quando andavano di casa in casa a questuare un po’ di denaro (’a mancia), come recitava l’ormai dimenticata filastrocca ‘Monino monano...’. Nell’ambito delle festività tipiche del Basso Piave, il momento culminante era rappresentato dalla festa forse più antica che si ricordi, il Panevìn, che si festeggia accendendo un grande falò, a metà della stajón morta . Per quanto questo fosse il periodo più duro per l’uomo di palude, perché caratterizzato dalla improduttività della Natura, egli poteva comunque usufruire dei doni elargiti dalla sua benevola divinità. I principali doni erano: il fuoco, in quanto utilizzato come strumento per cuocere tutte le risorse e l’intelligenza, con la quale venivano messe da parte per superare questa fase. Ed ecco perché era usanza consumare, durante tale celebrazione, la pintza, accompagnata dal vin brulè (la pratica di aggiungere aromi e spezie è andata via via ampliandosi col tempo, anche per effetto del commercio delle spezie sviluppato da Venezia fin dal Medioevo). Il momento migliore per poter ringraziare tale divinità era ritenuto quello che ricadeva pressapoco alla metà dell’attuale mese di gennaio. Con l’inserimento nel territorio del Basso Piave della regione cristiana, la festa del Panevìn venne accostata all’Epifania celebrandola, fino agli anni ’60 del secolo scorso, sia la notte del 5 gennaio, come pure sette gorni dopo, ‘all’ottavario’!), forse, in ricordo dei Re Magi che avevano portato i doni a Gesù. Insomma, si è verificato un sincretismo religioso fra due feste riferite a specifiche e differenti fedi, innestatesi l’una nell’altra.

Spesso scambiata erroneamente per una forma di adorazione pagana del fuoco, e dunque non compresa nel suo reale significato, la festa del Panevìn era intesa ad esprimere la gratitudine dell’uomo verso la divinità che donava tutte le risorse. Il fuoco avveniva in seguito alla costruzione di una catasta di cose da bruciare come: sterpaglie, canne palustri e altri vegetali (anche se poveri, comunque avevano una loro precisa utilità) che, venivano posti attorno a un palo, conficcato nel terreno. E dal fuoco appunto nasceva l’ambìto ‘risultato’ della pintza, ulteriore dono, realizzato grazie alla bontà della natura e all’abilità delle donne di gestire le risorse che gli uomini avevano procurato loro. Il rito veniva accomagnato dall’ormai nota filastrocca ad esso associata. Il Panevìn ha un’evidente identità maschile e assume valore assolutamente positivo: nel territorio del Basso Piave richiamava appunto il ruolo dell’uomo, preposto a procurare tutte le risorse necessarie al mantenimento del nucleo familiare. A questa credenza, fusa con quella cristiana, se ne aggiunse un’altra, che determinò un ulteriore sviluppo del sincretismo fra credenze diverse: la forma di questa catasta, nel tempo, si è confusa infatti con quella di una donna. Infatti, a metà Quaresima, in concomitanza con l’inizio della primavera (’a verta) - la stagione con cui anche per i Romani iniziava l’anno solare - si usava celebrare il rito di bruciare ’a vecia, festa appunto di origine romana, che richiama però un’entità di chiara matrice femminile. Essa era intesa come ‘negatività’ e concettualmente opposta all’identità maschile e positiva del rito del Panevìn. La vecia, in questo caso, veniva bruciata come buon auspicio per eliminare i residui dell’anno appena finito, con tutti i suoi elementi negativi.

Che essa non appartenga di fatto alla realtà del Basso Piave lo conferma il fatto che, in questa particolare area geografica, i vecchi hanno sempre rappresentato il fulcro della vita sociale e familiare, perciò le logiche di pensiero della gente della palude non avrebbero mai consentito che si pensasse, simbolicamente, di ‘bruciare una vecchia’. Quale ‘vecchia’ rimane invece centrale per la realtà identitaria del Basso Piave? La Befana, naturalmente! Il carattere espresso dalla Befana è totalmente opposto a quello della vecia, e non poteva essere diversamente, visto che era la donna, nel Basso Piave, a gestire tutte le risorse che l’uomo gli procurava. Perciò, secondo la tradizione locale, questa figura porta in sé un valore positivo: infatti, è sì brutta, vecchia e trasandata, ma distribuisce anche doni ai bambini proprio durante la notte del Panevìn, riempiendo le calze appese al camino dai piccoli come, al tempo, succedeva in tutti i casoni di palude. Tali doni, poi, potevano consistere in dolciumi, se i bambini si erano comportati bene, carbone o tutoli di mais se si erano comportati diversamente. Questo è rimasto a lungo, nell’immaginario collettivo della gente del Basso Piave, l’unico momento durante il quale si consegnavano realmente doni ai bambini (pratica continuata in concomitanza con quella natalizia, introdotta solo in epoca molto recente). È per questo motivo che la tradizionale figura della Befana continua a suggestionare, ancora oggi, i più piccini e, pur nella sua semplicità, rimane così tenacemente radicata nel territorio del Basso Piave, tanto da non essere mai stata soppiantata, nonostante la presenza degli altri doni, all’apparenza più accattivanti e lusinghieri, che caratterizzano le attuali forme di festeggiamento del Natale...

L’associazione G.R.I.L. Basso Piave Gruppo di ricerca identitaria e linguistica “Basso Piave” L’Associazione nasce con lo scopo di svolgere ricerche sull’identità del Basso Piave, con particolare interesse per gli aspetti etnici, geografici e linguistici del territorio compreso fra i Comuni di San Donà di Piave, Ceggia, Musile di Piave, Eraclea, Jesolo, Torre di Mosto, Fossalta di Piave, Noventa di Piave e le aree limitrofe.

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CENTENARIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE 1915 - 2015

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CULTURA

Natale di tregua e sangue nelle trincee della Grande Guerra All’inizio del secolo scorso il Santo Natale era una ricorrenza che conservava ancora tutta la sua purezza; non c’era la radio, tanto meno la televisione, la corrente elettrica non aveva ancora raggiunto i paesini, nelle case l’illuminazione era data dalle lampade a petrolio o dalle candele. Solitamente, di sera le famiglie contadine andavano a letto presto, la cena era consumata prima dell’imbrunire, ma la sera della vigilia di Natale tutte queste semplici regole del vivere quotidiano venivano trasgredite, le comunità erano chiamate a partecipare alla Santa Messa di mezza notte per celebrare la nascita del bambin Gesù. Succedeva così che prima di quell’ora le famiglie, sempre molto numerose, si riunissero davanti al focolare; mentre gli adulti parlottavano delle cose più varie, i ragazzini giocavano gioiosi nell’insolita serata. Dopodiché, tutti insieme, percorrendo strade fangose, andavano in Chiesa, dove il parroco coinvolgeva i presenti con un’omelia all’altezza della ricorrenza. Nei cuori di quelle genti semplici echeggiavano consolatrici le parole “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”! Cattolicissimi e praticanti, centinaia di migliaia di quegli uomini, di lì a poco, si trovarono, loro malgrado, protagonisti di un conflitto sanguinosissimo: la “I Guerra Mondiale”. In trincea, man mano che passavano i mesi di guerra, con l’aumentare dei morti e delle sofferenze, nei cuori dei combattenti in prima linea si faceva sempre più strada rancore e odio verso il nemico. Non era facile, ne possibile, conciliare l’insegnamento religioso con le necessità della guerra, tuttavia, a Natale, i cristiani sentono quasi un bisogno fisiologico di manifestare pace e bontà; in molti tratti del fronte, infatti, i nemici, i semplici soldati di trincea, decisero di siglare una specie di “tregua” non dichiarata, ma rispettata dai più! In alcuni casi, si arrivò a veri atti di fraternizzazione tra le parti, basti pensare al famoso fatto d’arme successo nel Natale del 1914 in Francia. La zona era quella di Ypres, in un punto dove le linee tedesche e inglesi correvano vicine, poche decine di metri; ebbene, ad un certo punto, i soldati tedeschi posero sopra ai parapetti delle proprie trincee piccoli abeti adornati come “alberi di Natale” con delle candele accese, poi iniziarono a cantare la canzone natalizia The First Nowell the Angels did say. Un gesto di sano altruismo che di lì a breve contagiò anche i soldati inglesi, che risposero cantando anche loro il motivo natalizio; si passò poi all’ esposizione di cartelli con tanto di auguri al nemico, tant’è che all’alba di Natale, timidamente, i soldati da ambo le parti iniziarono a salutarsi con un’alzata di mani. I militari più coraggiosi ben presto uscirono dalle trincee per una stretta di mano e finì che tedeschi e inglesi fraternizzarono al punto di giocare una specie di partita a calcio, un fatto talmente straordinario, in un scenario di guerra come quello, che ispiro molti romanzieri dello scorso secolo e non di meno la produzione d’un grande film franco-anglo-tedesco: Joyeux Noel (Una verità dimenticata dalla storia) del 2005, regia di Christian Carion.

La citata tregua d’armi in Francia non fu certo l’unica, anche sul nostro fronte sono successi episodi che, seppur in un contesto più modesto, videro i contendenti in situazioni di fraternizzazione “natalizia”! Nel Monte Zebio, sull’Altopiano di Asiago, dove fino al mese di settembre 1916 i contendenti si erano fronteggiati fino all’ultimo sangue, con la perdita di migliaia di soldati morti e feriti, accade, nella notte di Natale, un fatto inedito: “una tregua natalizia”! Questo fatto, di cui sotto riporto una parte del testo originale, è stato menzionato dal 73° Reggimento austro-ungarico” nel proprio diario reggimentale. In questo si legge: Alla messa da campo del giorno di Natale, celebrata preso il II battaglione, ogni compagnia inviò una delegazione. Il rancio venne migliorato, la razione di vino portata ad un litro. Come nella giornata precedente nessun colpo disturbò la festività della “pace sulla terra”. Di fronte alla 16 compagnia gli italiani avevano alzato un tabellone con la scritta “Gut Faier Tach” che accompagnarono col grido “Evviva la pace”. Ciò diede avvio ad un episodio di fraternizzazione. Il tenete Rublic quando tornò dalla messa non voleva credere ai propri occhi. Sulla terra di nessuno fra le opposte linee si erano ritrovati amici e nemici e si scambiavano vicendevoli auguri di buona fortuna. Portavoce era un certo Marini, che aveva lavorato in Germania ed aveva lasciato a Colonia una fidanzata. Assieme venne scritta per lei una cartolina. In cambio del vino e del cioccolato ricevuti, i Landser regalarono sigarette. Il S.Ten. Heide Paudler trovò un compagno d’arte, il pittore Domenico Rossomando da Palermo, con cui scambiò delle riviste d’arte. Dato che i rapporti col nemico erano strettamente proibiti, il Ten. Rublic si trovò in certo qual modo in imbarazzo, non poté d’altro canto sottrarsi alla pressante richiesta di portarsi a sua volta davanti alla linea. Qui un nuovo arrivato, il S. Ten. Ugo Locci, dopo le reciproche presentazioni fatte dal solito Marini, gli fece consegnare una fiasca di Vermut ed una di vino rosso. Rublic, a sua volta, ricambiò con sigarette, cioccolata, mele e noci. Solo quando iniziò ad imbrunire le due parti si congedarono cordialmente. Ovviamente in guerra simili atti di fraternizzazione tra le parti erano proibitissimi, tuttavia, essendo che l’episodio narrato è stato redatto nel diario ufficiale reggimentale, ci fa pensare che venne “tollerato” dall’alto comando nemico. Da parte nostra, invece, il comando, venuto a conoscenza del fatto, rispose con il tribunale militare che punì severamente i responsabili dell’accaduto. Non ci sono racconti da parte italiana che descrivono questo fatto, tanto era efficiente la censura militare, nonostante ciò traccia dell’accaduto la troviamo nella sentenza del tribunale militare, la quale recita:


7 La notte tra il 19 e il 20 dicembre un plotone della sesta compagnia del 129° fanteria rilevava da una trincea di monte Zebio un reparto del 130° fanteria. La neve era così abbondante che aveva coperto le feritoie e impediva di far fuoco. Fu proposto di scavare gradinate sulla neve per poter salire sopra le trincee e costruirvi degli appostamenti per i tiratori. Durante i lavori il caporalmaggiore D.B. ebbe vaghezza di salire col caporale C.M. sopra le nostre trincee da dove si vedevano gli austriaci scoperti dalla cintola in su che spalavano neve. Gli austriaci rivolsero parole non comprese perché in tedesco, facendo cenni di saluto. Sopraggiunto il M.E. (M.E. è il famoso Marini citato nel diario austriaco) che fu in Germania a lavorare e là ebbe a fidanzarsi, iniziò una conversazione che portò ad una specie d’intesa reciproca di non molestare i lavori. Di qui uno scambio di cortesie e di saluti specie nell’occasione della festa di Natale, tanto che dalla trincea nemica veniva alzato un gran cartellone con su scritto in tedesco “Buon Natale” e vennero successivamente gettate sigarette che vennero raccolte dal C.M. e ricambiate con pane”. Le condanne furono le seguenti: D.B. della provincia di Salerno, anni 33, decoratore, coniugato, censurato, caporalmaggiore del 129° fanteria; condannato a 1 anno di reclusione militare; C.M. della provincia di Avellino, anni 24, contadino, censurato, coniugato, caporale del 129° fanteria, condannato a 1 anno e 1 mese di reclusione militare; M.E. (al povero Marini andò proprio male!) della provincia di Arezzo, anni 23, celibe, già condannato per rifiuto di obbedienza, soldato del 129° fanteria, condannato complessivamente a 8 anni di reclusione. Dal resoconto del Tribunale militare si evince che non tutta la verità venne a galla. Dei numerosi soldati ed ufficiali coinvolti, infatti, solo tre pagarono. Il cartello di Buon Natale esposto dai nostri, inoltre, viene diversamente attribuito dal tribunale al nemico, anche i cambi di doni si limitano a sigarette e pane, quando in verità sono andati ben oltre. Probabilmente, i toni della vicenda sono stati volutamente “sminuiti” dallo stesso ufficio censura per evitare di generare pericolose imitazioni tra la truppa. Anche sul Piave, il 25 dicembre 1917, qualche giorno dopo la sanguinosa battaglia d’arresto, con ancora molti corpi di sol-

In un ricovero di prima linea, dove è stato posto un abete addobbato a festa, alcuni soldati austro-ungarici festeggiano il Santo Natale con bevute e canti, in un clima di allegria e serenità.

dati insepolti sul terreno, successe qualcosa che mise in luce gli effetti benefici del Santo Natale tra le cattolicissime truppe avverse. L’episodio riguarda un tratto di fronte dinnanzi a Sant’Andrea di Barbarana; il fatto qui è diverso, ma nella sostanza non cambia. Il racconto è di Antonio Ratunno, un militare del 266° reggimento di fanteria della Brigata Lecce che visse quei simpatici momenti. Antonio racconta: Ad un tratto, quando l’ora della notte è già inoltrata e quando tutti noi siamo seduti accanto al focolare su cui divampa vivida e grande una fiamma che benevolmente ci riscalda e ci illumina, ecco che tra il cupo e fitto silenzio giunge fino a noi l’allegro schiamazzare dei nostri nemici austriaci. Costoro, avendo trasformato le loro trincee in luoghi di divertimento, con chitarre, violini, mandolini, flauti e tamburi fanno un chiasso da baccanale, divertendosi a più non posso, come se si trovassero nelle proprie famiglie o nel proprio paese e non nel luogo terribile e pericoloso in cui si trovano. Si divertono, si divertono come se la guerra fosse già finita da un lungo periodo di tempo. Il loro divertimento, il loro strepito giunge sempre più distinto, sempre più preciso fino a noi, tanto che incuriositi usciamo dai nostri covi e, fermatici alle falde dell’argine di S. Andrea di Barbarana, assistiamo alla scena che i nostri nemici austriaci svolgono tra la più matta e la più sfrenata allegria nelle loro trincee, in questa notte memoranda e solenne del S. Natale dell’anno 1917. Tra le altre cose, è bello il fare menzione di un invito che, in modo di preghiera, è rivolto a noialtri italiani, e le cui parole, nonostante lo strepito ed il baccano che si fa nelle loro trincee, pure giungono fino a noi chiare e distinte. Essi ci dicono: - O buoni italiani, lasciateci divertire tranquillamente in questa sera della vigilia di Natale! Non tirate! Non tirate alla nostra volta! Vedete? Anche le nostre batterie non tirano mica e da parecchie ore sono diventate mute! Divertitevi anche voi e buona notte! E come per incanto, su tutta l’estensione del fronte del Piave sembra che regni la calma ed il silenzio, come se la guerra fosse cessata da lungo tempo o come se le trincee fossero vuotate o disertate dai due eserciti combattenti. Non si odono più quei soliti colpi del moschetto e del fucile che le sentinelle, di tratto in tratto, durante il proprio servizio, erano solite tirare a vuoto nel silenzio della notte, e neppure si ode più lo scoppio terribile delle granate e delle bombarde: le batterie nemiche e le nostre tacciono e tacciono sempre.

In un ambiente dolomitico un reparto austro-ungarico partecipa alla celebrazione della Santa Messa di Natale; interessante notare con quanta cura è stato preparato l’altare per l’occasione natalizia.


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Natale in alta quota. Gli alpini, per meglio celebrare la Santa Messa, hanno realizzato con neve ghiacciata una grande croce che sovrasta l’altare; al momento dello scatto la santa funzione non è ancora iniziata e sembra che gli alpini siano distratti dal sorvolo di un aeroplano, considerato che guardano tutti in alto.

A leggere questi racconti ci s’illude che per gli uomini impegnati in quella guerra il Natale portasse un po’ di pace e serenità; se ciò è vero per alcuni tratti del fronte, per altri la situazione era completamente diversa. Infatti, mentre a Sant’Andrea di Barbarana i contendenti siglavano tacitamente una tregua non dichiarata dai comandi, sull’Altopiano di Asiago, nella zona dei “tre monti” (Monte Valbella, Col del Rosso e Col d’Echele), il giorno 23-24 e 25 dicembre lo scontro raggiunse una tale violenza che passò alla storia come “il Natale di sangue”! Dopo la rottura di Caporetto anche nell’Altopiano di Asiago le nostre truppe retrocessero di un bel po’ di terreno, fino a saldare le linee di resistenza con quelle sul Massiccio del Grappa. Mentre ci ritiravamo, qui e lì le nostre retroguardie impegnavano il nemico per rallentare la sua avanzata e nel mese di dicembre la nostra armata raggiungeva finalmente la linea di massima resistenza, per intenderci, quella da difendere ad oltranza e che passava anche attraverso i citati monti. All’inizio di dicembre, dopo un breve riordino, le truppe austroungariche passarono all’offensiva su tutto l’altipiano. Dopo una sanguinosissima lotta, dove sono state usate ogni tipo di armi, compresi lanciafiamme e gas letali, i nemici riuscirono a strapparci le cime dei tre monti in questione. La situazione per il nostro esercito era diventata molto grave, ancora un piccolo sforzo e i nemici sarebbero piombati in pianura, alle spalle delle nostre truppe schierate sul Piave. Per il nostro comando supremo, era assolutamente necessario riconquistare le posizioni perdute ed in particolar modo i tre monti! Il contrattacco iniziò cosi il giorno 24 e si protrasse fino al 25 dicembre del 1917; di questo terribile fatto d’arme, gli storici scrissero:

Il 24 dicembre alle 2, il comando della 2a div. italiana ordina il contrattacco condotto principalmente dal 5° rgt. bersaglieri. Viene attaccato M. Melago e, di slancio, anche Col del Rosso. A mezzogiorno gli italiani hanno guadagnato notevole terreno su questo fronte, tuttavia, il Col del Rosso nonostante i ripetuti attacchi da parte del 5° bersaglieri, non venne conquistato. La situazione rimaneva seria e alle 23,20 il comando del XXII corpo inviava in aiuto a Col del Rosso il 151° fanteria (brigata Sassari), nel tentativo di risolvere la situazione e disimpegnare i privatissimi del 5° reggimento bersagliere e il 78° fanteria. Già durante la notte un battaglione del 77° fanteria, sostenuto da un altro del 129° ( il 129 reggimento era proprio quello di Marini, il protagonista dell’episodio della tregua di Natale sul Zebio l’anno prima) appena giunto in linea, aveva impegnato l’avversario fra Costalunga e M. Valbella, senza ottenere alcun vantaggio. Il contrattacco verso il Col del Rosso, condotto dal 151° fanteria e dai valorosi bersaglieri del 5°, procedeva lentamente causa la reazione avversaria e le serie perdite che ne conseguivano. Dopo aver opposto strenua resistenza, i reparti del I/78 fanteria, che erano completamente accerchiati, riuscivano ad aprirsi un varco, dal quale filtravano un ufficiale e pochi soldati superstiti. Nel tardo pomeriggio il 9° fanteria tentava invano di riprendere Col d’Ekele, mentre non registravano progressi i reiterati attacchi sferrati dal 151° fanteria e dal 5° bersaglieri a Col del Rosso. Il generale Schiarini avverte che le perdite subite in particolare dalla 2° divisione il 23, 24 e 25 dicembre sono difficilmente precisabili, perché registrate ad operazione conclusa e in modo approssimativo: si trattava di 20 ufficiali morti e 85 feriti, 865 militari morti e 2187 feriti, s’intende quelli accertati. I dispersi, invece, erano circa 8.000, compresavi la percentuale di morti e feriti dovuti abbandonare per l’andamento della lotta e il ripiegamento. Ed è cosi che il 25 dicembre, il giorno di Natale, la mistica e più sentita ricorrenza della cristianità si traduceva, in questa zona del fronte, in quello che passerà alla storia come il “Natale di sangue”. Nei cupi momenti della lotta senza quartiere accesasi in questa sacra festività sulle estreme balze dell’Altopiano dei Sette comuni, fra gli eserciti di popoli in grandissima maggioranza cristiani, a nulla valse l’invocazione, “Pace in terra agli uomini di buona volontà”; in quel giorno, la battaglia riprendeva con rinnovato furore, mietendo altre migliaia di vite umane!

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In viaggio scoprire...Trento A Natale uno dei luoghi sicuramente più suggestivi e visitati è Trento e i suoi Mercatini. mano), tipiche pantofole e cappellini in lana cotta o in feltro... insomma, basta girarsele tutte, non sono più di una settantina.

A Trento il mercatino apre i battenti già da novembre ed entra in piena atmosfera natalizia pochi giorni prima della festa dell’Immacolata, tra il 6 e l’8 dicembre. I sei filari distribuiti nella piazza centrale della città si suddividono i prodotti tipici. Ci sono per esempio i formaggi del Trentino (i vari puzzone di Moena, Fontal di Cavalese, Cuor di Fassa o Affogato di Sabbinara); cercate la bancarella del Gruppo Formaggi del Trentino, in genere esposta per prima, nel filare più esterno. Non mancano le ceramiche e i dipinti fatti a mano, tessuti lavorati nella più antica tradizione tirolese e ancora, tisane e prodotti alle erbe alpine, carni e il tipico speck del Trentino, cesti e confezioni natalizie, dolci e biscotti natalizi come ‘stollen’ o ‘eiskonfekt’. E poi ancora, miele del Trentino e prodotti lavorati con cera d’api, torte e confetture fatte a mano (segnatevi la bancarella Cucina di Annalisa, uno dei due filari esterni), prodotti in legno lavorati a mano, tipici cuscini riempiti con farro o amaranto, prodotti dell’artigianato come le terrecotte di ‘querda’ (tutte lavorate a

Non dimenticate le bancarelle dei prodotti alimentari tipici del Tirolo e del Trentino, tra tutte consigliamo quelle del pane: c’è ne per tutti, pane tipo brezel, pane alle noci, pane ai semi di zucca, pane dolce di Natale, pane alle carote, pane ai semi di finocchio, pane al lardo asburgico... e poi è possibile assaggiare anche lo sciroppo dell’orso (non temete, è uno sciroppo lenitivo per la tosse a base di eucaliptus, miele e propoli, tradizionalmente preparato dalla ditta Lunelli di Trento). E a proposito di miele, se siete appassionati, Trento e tutto il Trentino sono veramente il posto che fa per voi, soprattutto a Natale. Non mancherà sulle bancarelle la tipica grappa del Trentino, da portare a casa con voi e condividere con gli amici di sempre (da provare la grappa al biancospino e alla liquirizia). Provate anche il cosiddetto Parampampoli, una bevanda alcolica tipica della Valsugana trentina fatta con grappa, caffè, vino, zucchero, miele e aromi (ideale per vincere il freddo più frizzante). Il profumo tipico di mercatini di Natali è anche quello del Vin brulé: quello del Trentino ha gusto di mela, chiodi di garofano, cannella e fiori d’ibisco; viene servito caldo e oltre a riscaldare le mani, riscalda davvero

anche il cuore più infreddolito. Lo trovate accanto alle bancarelle che servono i piatti tipici del Trentino, come il panino del contadino (preparato con salsiccia di pasta di lucaniche, una tipica pasta di carne di suino e bovino, altri affettati e formaggi del posto), oppure i pinzotti caldi e la Cuccalar (una sorta di piadina tipica della Valle dei Mòcheni, nella Fersina, preparata con pancetta e formaggio fuso) e, non ultima, la polenta (in genere servita con fasoi a bronzo, fagioli). Non perdetevi i dolci tipici, come lo Zelten, a base di pinoli, noci, mandorle e canditi. Altri mercatini di Natale a Trento

Trento ospita non uno ma diversi mercatini di Natale. Oltre al mercatino di Natale di piazza Fiera (dalla terza settimana di novembre e fino a tutto dicembre), si visitino anche il Mercato Contadino di vai Garibaldi (dalla seconda settimana di novembre e fino al 23 dicembre), la Fiera di Santa Lucia nella vie di tutto il centro storico (secondo

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fine settimana di dicembre), il Mercatino degli Alberi di Natale (in piazza Dante), la Fiera Domenica d’Oro (lungo le vie della città, la terza domenica di dicembre), il Mercatino dei Guadenti (dell’usato, con cadenza mensile, in piazza Dante e Piazza Garzetti), la Mostra Mercatino, da fine novembre alla prima settimana di dicembre in via Cavour (Atrio Sala della Tromba). Sotto le antiche mura del Castello del Buonconsiglio, noto per aver ospitato il famoso Concilio di Trento, la città si prepara a rivivere nuovamente il suo periodo più caratteristico. Le luminarie decorano le torri merlate, gli alberi, i negozi e le vie della città. L’atmosfera è quella tipica del Natale, le vetrine dei negozi illuminate a festa, la gente che passeggia per le compere e i regali natalizi, le musiche che inondano i vicoli più frequentati. Uno dei percorsi consigliati

è quello che dal Castello segue il cosiddetto ‘itinerario imperiale di Trento’, da via San Marco, via Manci e via Belenzani, fino a piazza Duomo, il cuore storico della città. Via Suffragio con i caratteristici portici è ugualmente uno dei luoghi più suggestivi del Natale di Trento. Non si manchi di visitare attrazioni storiche come le Case Cazuffi Rella o il Palazzo Roccabruna, e soprattutto il MART, uno dei più interessanti musei d’arte moderna e contemporanea in Italia. Gli eventi a Trento durante il Natale sono numerosi. Il servizio cultura e turismo del Comune di Trento è aperto ad accogliere tutte le richieste di informazione necessarie ai visitatori (numero telefono 0461 88 41 69). Trento, città di Natale è l’iniziativa in programma, con un calendario ricco di eventi culturali e di spettacolo: ci sono i cori dei pastori del Calisio, quelli della Confraternita degli Stellari di Faedo e i tanti concerti del repertorio classico dei canti tradizionali trentini (Concerti della Montagna, ogni domenica in piazza Fiera, o Concerti delle Voci Bianche, ogni sabato in piazza Duomo). Ai più piccoli il programma natalizio offre giornate ricche di colore e allegria, attraverso laboratori creativi e di didattica,

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lettura di fiabe, teatro, giochi e attività manuale e artistica in genere I bambini (e i genitori, zii, nonni, ecc) avranno modo di notare la casetta di Babbo Natale e il trenino di Babbo Natale (partenza da Piazza Cesare Battisti). Gli adulti forse preferiranno un concerto di musica clas-

sica al Teatro Auditorium di Trento o al Teatro Sociale. La messa di Natale a Trento è invece celebrata nella chiesa di Santa Maria Maggiore e, come da tradizione, nell’atrio della Stazione Ferroviaria di Trento, il 24 dicembre alla mezzanotte. Lo sapevate? Per raggiungere Trento a Natale ci sono speciali treni storici (Ale 6019), con partenza da Milano e da Bergamo e con fermate in città come Brescia, Treviglio e Rovato. E il Capodanno a Trento che si fa? Vi aspetta una grande festa in piazza Duomo, non mancate!


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- Malanni invernali quali sono i rimedi della nonna?

Siete stati colpiti da una forte tosse magari secca? Da secoli e secoli il rimedio della nonna per curare la tosse è il solito: una tazza di latte caldo con del miele. Semplice quanto scontato, questo rimedio aiuta a lenire la tosse e, soprattutto nel caso sia secca, diminuisce la sensazione di pizzicore che fa solitamente partire l’attacco. Assumere questo rimedio la sera prima di andare a dormire aiuta a trascorrere meglio la notte. Sempre per combattere la tosse sono molto utili le barbabietole: vanno lessate e tagliate a fette e poi disposte in un piatto e cosparse con dello zucchero semolato. Una volta fatta questa operazione si devono lasciar riposare almeno 30 minuti (meglio un’ora) fino a che non si forma il succo che va poi bevuto per sfruttarne le proprietà lenitive. Se siete state colpite da raffreddore, niente di meglio di un rudimentale aerosol, fatto semplicemente con acqua calda e un asciugamano sulla testa. Nell’acqua è bene sciogliere delle gocce essenziali di eucalipto che aiutano a respirare meglio e stasare le vie aeree. Se invece il problema è la febbre la nonna consiglia di bere un bel bicchiere di vin brulè. La ricetta è molto semplice: far bollire del vino con zucchero e cannella. Bere un bicchiere di questo composto la sera prima di andare a letto aiuta a far abbassare la febbre perché favorisce la sudorazione. Erbe officinali: le migliori per l’inverno Tante sono le erbe officinali che possiamo assumere sia per migliorare le prestazioni del nostro sistema immunitario che per limitare i sintomi dei malanni invernali. Fra tanti spicca certamente l’echinacea, una delle più note erbe officinali per curare i malanni invernali. Non solo echinacea però: anche uncaria, drosera e eucalipto sono ottimi aiuti per proteggersi dai malanni invernali, così come liquirizia, sambuco e menta. Conosciamo meglio questi rimedi fitoterapici.

Drosera: la drosera è una pianta carnivora con importanti proprietà lenitive indicata per questo per la cura della tosse secca, ma non solo: è indicata anche per mal di gola, febbre, starnuti emicrania. Viene usata anche per combattere l’ansia e la sensazione di debolezza degli arti.che non si guarisce. Si consiglia di assumere il trattamento sempre lontano dai pasti.

Eucalipto: l’eucalipto è indicato sia per curare il raffreddore che la tosse e in generale gli stati influenzali tipici del periodo invernale. Per disinfettare il cavo orale può essere usato come antisettico semplicemente usandolo per fare gargarismi. Per aiutare a liberare le vie aeree si può usare l’estratto di eucalipto sciolto in acqua calda per fare quelle che volgarmente vengono chiamate ‘fumenta’, una sorta di aerosol casalingo che si effettua semplicemente respirando i vapori emessi dall’acqua calda, con un asciugamano sulla testa come precedentemente specificato.

Echinacea: si tratta di una pianta erbacea che deriva dal Nord America con spiccate proprietà antinfiammatorie, antibatteriche e antivirali. Di questa pianta si usano principalmente le radici. Avendo anche proprietà immunitarie è utile per prevenire le malattie da raffreddamento. Per prevenire le malattie da raffreddamento di consiglia di usare per 2 mesi 1 o 2 capsule al giorno oppure per 15 giorni 40 gocce di estratto secco. Se invece si deve curare la malattia da raffreddamento si possono assumere fino a 50 gocce 3 volte al giorno fino a che non si guarisce. Si consiglia di assumere il trattamento sempre lontano dai pasti.

Uncaria: questa pianta il cui nome scientifico è Uncaria Tormentosa, deriva dall’America latina e ha importanti proprietà medicinali, note tra le popolazioni locali da secoli e secoli. La parte ‘pregiata’ si trova nella corteccia e nella radice ed è da qui che vengono estratti gli elementi immunostimolanti. Grazie a queste proprietà immunologiche l’uncaria ci aiuta a prevenire le malattie invernali e anche quelle infiammatorie. Visto che aiuta il sistema immunitario bisogna che sia assunta in determinati periodi dell’anno solitamente inverno e primavera quando il virus è più volatile ed è più facile esserne colpiti.


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In una bacinella metti colla vinilica e poca acqua, mescola bene. Gonfia un palloncino alla sua massima ampiezza e sgonfialo un pò fino a diventare della grandezza desiderata. Con un pennello metti la miscela di colla vinilica e acqua sullo spago in abbondanza. Arrotolandolo intorno alla pallina a piacere. Lascia asciugare bene e scoppia il palloncino una volta asciutto. Resterà una graziosa pallina di natale che potrai decorare come vuoi e appendere. Ma se vuoi proprio stupire inserisci nel palloncino prima dello spago e la colla un oggetto piccolo, delle caramelle o un piccolo regalo e quando scoppierai il palloncino resterà ingabbiato nella pallina magicamente. Mamme e papà divertitevi a farlo con i vostri bimbi, sarà un momento simpatico insieme e un ricordo felice. Buon natale da Nattiballoon.

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Palline con pailletes OCCORRENTE: palline di polistirolo; tanti spilli; paillettes colorate; nastrini di raso; colla a caldo

PROCEDIMENTO: Prendete la vostra prima pallina di polistirolo. Ora prendete uno spillo e forate al centro una delle paillettes. Adesso inserite la paillettes sulla pallina di polistirolo. Si è bloccata semplicemente. Visto? Non è difficile. Ora eseguite lo stesso procedimento seguendo uno schema rotatorio Prima di infilare l’ultima paillettes prendete la colla e mettetene un po’ sulla parte di polistirolo rimasta libera. Ora infilate l’ultima paillette con lo spillo e premete un po’ di più. Utillizzate degli spilli più corti della pallina di polistirolo altrimenti l’ago arriverà dall’altra parte di questa Quando tutta la pallina sarà ricoperta da brillanti paillettes dovete prendere il nastrino.Il nastrino va precedentemente tagliato della lunghezza voluta.Infilzate il nastrino con uno spillo e a sua volta infilzate anche la pallina di polistirolo ricoperta di paillettes Con lo stesso procedimento potete ricoprire la pallina di polistirolo con bottoni colorati.

IDEA REGALO la custodia per lo smartphone Una custodia per lo smartphone è un oggetto utile e personalizzabile perfetto come regalo di Natale. Gli smarthone vanno a finire dapertutto, nelle tasche, nelle borse, tra i libri e sotto i banchi. Una custodia morbida per lo smartphone e bella da vedere sarà un regalo di Natale utile per amici e nipoti. Prepariamo: due rettangoli di feltro che siano più larghi dello smartphone di almeno 3 cm ago, filo e del filo da ricamo per la decorazione Decoriamo un lato della custodia con diverse cuciture, se non abbiamo una macchina da cucito, possiamo realizzare anche dei ricami a mano.

Cuciamo i due rettangoli lungo i tre lati, lasciando un lato corto libero per poterci infilare lo smartphone. Se non avete una macchina da cucito, potete realizzare la cucitura a mano oppure saltare questo passo. Scegliamo un filo da ricamo colorato e realizziamo dei punti decorativi sugli orli, come indicato in foto. La custodia è già pronta! Un lavoretto facile e veloce. Con un po’ di fantasia potete realizzare vari tipi e forme di custodia, le possibilità sono infinite. Io ne ho realizzato uno con un passante per cui ho utilizzato un ritaglio di cuoio e un bottone decorativo di recupero.

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- LA TAVOLA DI NATALE Come si apparecchia? Al centro il piatto: alla sua sinistra la forchetta e a destra il coltello, con la lama verso l’interno. Ilcucchiaio va a destra del coltello, mentre il cucchiaino da dessert in alto, in senso orizzontale rispetto al piatto. Semplice vero? La grazia elegante del galateo rende composta e indimenticabile anche una semplice colazione. Ricordati che non bisogna mai incrociare le posate sporche, basta allinearle sul piatto una di fianco all’altra. I piatti si tolgono da destra e sostituiscono da sinistra con un piatto pulito e nuove posate, portate al tavolo sopra un piatto. Portatovagliolo/segnaposto

Menù di Natale 2015 Aperitivo di Benvenuto Carciofi ripieni al coniglio su crema di patate affumicate petto d’oca in salsa yogurt con Valeriana, noci e pinoli Raviolone Casereccio al fondente d’uovo, profumato al tartufo vellutata di radicchio alla Trevigiana Sorbetto del “Burcio” Cappone della tradizione al forno con cardi Julienne di Vitello al Radicchio e Camembert Delizie di Natale Vini selezione del “Burcio”, acqua e caffè € 42,00 per prenotazioni:

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Rigorosamente in tessuto, legato da un semplice nastro colorato in raso: aggiungi al tovagliolo un bigliettino con il nome dell’invitato e ecco un grazioso segnaposto. Se desideri lega al nastro un campanellino per deliziare tutti con un trillo di buon umore. LUCI SULLA TAVOLA Non far mancare sulla tavola delle feste le fiamme danzanti delle candele: circondate da una manciata di glitter daranno all’ambiente nuova luce. L’idea in più: inserisci le candele dentro a tanti barattoli vuoti riciclati, riempiti per metà di mais o candido riso. Centrotavola goloso Per un centrotavola originale, scegliete qualcosa di appetitoso, che richiami ancora una volta la forma dell’albero di Natale. Potete preparare un albero di Natale di frutta fresca, o una pizza a forma di abete, oppure un alberello di biscotti da presentare su di un vassoio che riporrete al centrotavola Per creare questo alberello di Natale commestibile, sono stati utilizzati deibiscotti a forma di stella di dimensioni differenti, da impilare per creare la tipica forma conica dell’abete. Per preparare i biscotti scegliete la vostra ricetta preferita per i frollini. Potrete creare la glassa effetto neve mescolando lo zucchero a velo con qualche goccia di succo di limone. Curiosità Sai che il melograno è simbolo di fertilità e abbondanza dai tempi antichi? Lascia qualche frutto sulla tavola: tu e gli invitati potrete condividere i suoi preziosi chicchidurante il pasto. E per ricordare questo frutto coloratissimo... una manciata di perline rosse come decorazione tra un piatto e l’altro: i bambini potranno infilarle in un filo di nylon e portarle a casa.


In cucina con lo chef Marco Frare della Tattoria Isetta

Gnocchi di polenta rossa (tipo San Martino) con busara bianca di canoce Per 4 persone: Ingredienti per gli gnocchi: 3 hg di farina di polenta 1 litro di latte 2 hg di farina bianca 4 uova intere noce moscata sale q.b.

Ingredienti per il sugo: 4 hg di canoce piccole 1 scalogno 1/2 spicchio d’ aglio privo dell’anima centrale 1 cucchiaio di pane grattato fresco 1 bicchiere di vino bianco (Sauvignon) olio d’oliva extravergine sale e pepe q.b.

Preparate la polenta con il latte, fatela cuocere per circa 30 minuti a fiamma dolce, impastate il composto con il resto degli ingredienti fino ad ottenere un massa omogenea. Formate, aiutandovi con due cucchiai, delle quenelle e cuocetele in acqua salata. Iniziate a preparare il sugo: tagliate le canoce e adagiatele sul letto di scalogno tritato e leggermente appassito nell’olio, alzate la fiamma e sfumate con il vino bianco. Aggiungete il pane grattato, aggiustate di sale e pepe, coprite con il coperchio e cuocete a fiamma dolce per circa 5 minuti. Lasciate riposare a fuoco spento per altri 15 minuti. Spolpate le canoce e tenete da parte la polpa, schiacciate le teste in un setaccio per ottenerne il sugo. Unite la polpa delle canoce e aggiungete 1/2 mestolo di acqua bollente per creare l’emulsione. Condite gli gnocchi con il sugo cosi preparato e buon appetito.

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La vita di Rachel non è di quelle che vorresti spiare. Vive sola, non ha amici, e ogni mattina prende lo stesso treno, che la porta dalla periferia di Londra al suo grigio lavoro in città. Quel viaggio sempre uguale è il momento preferito della sua giornata. Seduta accanto al finestrino, può osservare, non vista, le case e le strade che scorrono fuori e, quando il treno si ferma puntualmente a uno stop, può spiare una coppia, un uomo e una donna senza nome che ogni mattina fanno colazione in veranda. Un appuntamento cui Rachel, nella sua solitudine, si è affezionata. Li osserva, immagina le loro vite, ha perfino dato loro un nome: per lei, sono Jess e Jason, la coppia perfetta dalla vita perfetta. Non come la sua. Ma una mattina Rachel, su quella veranda, vede qualcosa che non dovrebbe vedere. E da quel momento per lei cambia tutto. La rassicurante invenzione di Jess e Jason si sgretola, e la sua stessa vita diventerà inestricabilmente legata a quella della coppia. Ma che cos’ha visto davvero Rachel? Nelle mani sapienti di Paula Hawkins, il lettore viene travolto da una serie di bugie, verità, colpi di scena e ribaltamenti della trama che rendono questo romanzo un thriller da leggere compulsivamente, con un finale ineguagliabile. Decisamente il debutto dell’anno, ai vertici di tutte le classifiche

Stavano così bene insieme, cosa è successo alla loro vita? Cosa è successo ai due chiusi in una camera d’albergo con il cartello “non disturbare” sulla porta? Dove sono finite la passione, la complicità? Il romanzo è un’immersione nella vita quotidiana di una coppia, nell’evoluzione di un amore. Racconta la crisi che si scatena alla nascita di un figlio e, ancora di più, racconta di quando qualcosa rompe l’incantesimo tra due innamorati. E suggerisce, lascia intravedere una risposta, una via d’uscita. E come se i protagonisti dei suoi romanzi più amati, “Il giorno in più” o “Il tempo che vorrei”, si ritrovassero ad affrontare quello che viene dopo l’innamoramento, la responsabilità e la complessità dello stare insieme per davvero. Volo sorprende per la capacità di fotografare e dare un nome ai sentimenti, perfino quelli meno nobili e non per questo meno comuni. Si tratta di un romanzo diretto, sincero, spudorato. Leggendolo capita di ridere e commuoversi, come quando qualcosa ci riguarda da vicino.

l Piccolo Principe è un adulto-bambino che lascia il suo minuscolo asteroide per mettersi in viaggio nel cosmo. Durante il cammino, visita sei pianeti diversi, abitati da strani personaggi: un re, un vanitoso, un ubriacone, un uomo d’affari, un uomo che accende e spegne un lampione, un geografo. Sono personaggi equivoci, che mettono in risalto il lato ridicolo degli affanni umani. Queste storie hanno lo scopo d’insegnare a vivere: essere coraggiosi tra i vili, buoni tra i malvagi, liberi tra i prepotenti, sinceri tra i bugiardi, saggi in ogni circostanza dell’esistenza. Alla fine il Piccolo Principe giunge sulla Terra, e precisamente nel deserto del Sahara: a parte un serpente, non c’e anima viva, così si mette alla ricerca degli uomini. Nel tragitto, s’imbatte in una volpe, il Principe la invita a giocare, ma l’animale può accettare solo se prima sarà addomesticato. L’incontro con la volpe è il capitolo più lungo di tutto il libro e anche il più importante, perché in queste righe emerge il valore dell’amicizia. Per la volpe significa essere addomesticata, per il Piccolo Principe prendersi cura della sua rosa. Da quest’animale il Piccolo Principe, apprende importanti verità, prima d’incontrare l’io narrante, un aviatore precipitato nel deserto e scomparire poi definitivamente.


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illy Mio, Bekerino per passione con la sua macelleria a Pravisdomini (PN) è molto conosciuto nella nostra zona per la qualità e la varietà dei suoi prodotti, recentemente visto su Telepordenone e sempre presente nelle più importanti manifestazione con il suo spiedo gigante.

Billy da quando è nata la passione per la macelleria? Sono nato e cresciuto in macelleria, la mia è una famiglia di macellai, commercianti dal 1900. Quali sono le caratteristiche per diventare un buon bekerino? Passione per il proprio lavoro, buona volontà, sicurezza nei propri mezzi e non fermarsi mai, per stupire la gente con nuove creazioni. Dobbiamo veramente evitare la carne rossa e gli insaccati come ci dicono i media? No, la carne rossa dobbiamo consumarla con moderazione come tutte i cibi a nostra disposizione, non dobbiamo ascoltare tutto ciò che dicono i media che pensano solo a far notizia, dobbiamo dare fiducia al proprio macellaio perché per il proprio lavoro ci mette il cuore e passione e ci consiglia sempre nel migliore dei modi con carni di ottima qualità, non come in certe realtà dove non potrai mai trovare persone professionali che ti sanno consigliare. Se le analisi vengono fatte su carni di bassa qualità è chiaro che ci saranno risultati disastrosi.

A cosa dobbiamo fare attenzione per non sbagliare? Farsi consigliare dal proprio macellaio, che le carni abbiamo provenienza italiana, allevata e macellata in Italia perché abbiamo i controlli più rigidi e sicuri del mondo, secondo le normative. Cosa possono trovare le casalinghe nella tua macelleria questo Natale? Casalinghe e i veri gourmet potranno trovare la novità: “le cremose del bekerino” salumi per gli antipasti tutti di produzione mia, tra questi anche prodotti particolari come la mortadella con il radicchio di mia ideazione e produzione, il salmone fresco di pescheria affumicato da me al naturale per crostini prelibati. Carni della tradizione natalizia esclusivamente cotte allo spiedo a legna visibile sul posto e su ordinazione come l’anatra all’arancia, faraona, reale di vitello, selvaggina, anche ripieni a scelta. Un tuo consiglio per le abbuffate di Natale Per il cenone di capodanno antipasti: bresaola, prosciutto cotto affumicato, pastin da piastra, carni scelte come la tagliata. E per il cenone di Capodanno? Filetti per griglia selvaggina su ordinazione il vero musetto, il lingual. E lo zampone Info Magazine ti ringrazia e ti augura Buone Feste

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Pizza Bio: la qualita’ dElla farina Qb - Qualità Bio è una linea di farine biologiche unica, caratterizzata dall’equilibrio tra i grani più antichi del mondo e quelli più innovativi. Un connubio perfetto di valori nutrizionali e di sapori originali. Nasce dalla ricerca di Molino Grassi, che fin dagli anni ‘30 sceglie e trasforma le migliori materie prime italiane e estere in costante collaborazione con i produttori agricoli e nel vero rispetto del territorio. Multicereali: alla farina biologica manitoba abbiamo aggiunto i valori nutizionali di: segale, ricca di lisina, che da ai tessuti muscolari una maggiore resistenza alla fatica; orzo, ricco di beta glucani che riducono il livello di colesterolo; riso, ricco di carboidrati e digeribile anche per chi è ipersensibile al glutine; avena, ricca di fibre. Montana: è un mix perfetto di cereali che appartengono all’agricoltura di montagna. Il farro spelta, nato sul Mar Caspio 7000 anni fa, e la segale, uniti al grano che nasce nelle grandi praterie canadesi, contribuiscono a donare un gusto unico ai prodotti da forno. Miracolo: per salvaguardare la biodiversità e il territorio è nata la collaborazione tra Molino Grassi e Claudio Grossi, agricoltore parmense che da anni lavora per recuperare le antiche varietà locali di grano. Si è così ridato vita al “Grano del Miracolo” ormai dimenticato da anni. Un grano più ricco di fosforo, ferro e sostanze antiossidanti. Ideale per ottenere prodotti da forno unici per sapore e profumi. Einkorn: il farro piccolo o Monococco fu tra i primi cereali coltivati dall’uomo, nelle zone più orientali del Mediterraneo. Lo fu sino al 3000 a.C., quando venne pian piano sostituito da far-

ro dicocco e farro spelta, in grado di garantire raccolti più abbondanti.Ha un alto contenuto di antiossidanti: unito ai sali minerali del grano tenero tipo 1 garantisce notevoli vantaggi nutrizionali. Kronos: Albert Carlton negli anni ’80 inizia a coltivare il grano duro nel deserto dell’Arizona: riesce a renderlo perfetto per tutte le paste top quality. Molino Grassi è riuscito ad adattarlo all’agricoltura italiana, coinvolgendo centinaia di agricoltori ottenendo un grano unico per tenacità, sapore e colore. Kamut: il frumento Khorasan a marchio Kamut è un antenato del grano duro. Era coltivato migliaia di anni fa nella regione compresa tra Egitto e Mesopotamia. Dopo un lungo oblio è stato riscoperto dalla famiglia Quinn, agricoltori biologici del Montana. Offre alti valori di proteine nobili, grassi acidi insaturi, sali minerali. è una valida alternativa per chi è ipersensibile al glutine.

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Eventi di Natale i n

PAN E VIN 5 gennaio 2015

Noventa di Piave

z o n a

Caorle

DOMENICA 20/12 SPETAME CHE RIVO gara podistica non competitiva a cura dolla ASD OLlMPlCAORLE Caorle. Pizza Motteotti. ore 10.00 CAORLE DI SAPORI eccellenze del territorio mostra enogoatronomlca Caorle, Centro Civico dalle ore 11.00 alle ore 18.00 Martedì 22/12 CONCERTO DI NATALE con le Corali dal Territorio Caorle, Chiesa di Porto Santa Margherita, ore 20.30 Mercoledì 23/12 A CHILD IS BORN concerto evento a scopo benefico Caorle, Palazzetto dello Sport. ore 21.00 Glovedì 24/12 NATALE SUL MARE a cura del Gruppo Sommozzatori Caorle Caorle, Scogliera antistante Piazza Vescovado, ore 23.30 Sabato 26/12 MAGICAL BEATLES TRIBUTE BAND Caorle, Piazza Matteotti dalle 16.30 alle 18.00 Glovedi 31/12 CAPODANNO IN PIAZZA BACK FOR ROCK In concerto DJ SET con animazione EXTRAS In concerto - Caorle. Piazza Matteotti dalle ore 22.00 alle ore 04.00 Venerdì 01/01 4° CIMENTO: UN TUFFO NEL MARE PER FESTEGGIARE IL NUOVO ANNO a cura di A.S.O. Olimpicaorle Caorle. Spiaggia di Ponente - Fronte Don PabIo, ore 11.00 WELCOME NEW YEAR CON LA MOVIDA BAND E DARIO BALLANTINI Caorle. Piazza Matteotti dalle ore 17.00 alle ore 19.00 SPETTACOLO PIROTECNICO Caorle, Spiaggia Madonnina d.W Angelo, ore 19.30 Martedì 04/01 CONCERTO DEL NUOVO ANNO Caorle. Duomo Santo Stefano ore 20.30 MERCOLEDI’ 06/01 ARRIVA LA BEFANA!!! consegna calze a i bambini a cura del Gruppo Amici In Cammino per la SoIidarietà Caorle, Centro Storico, ore 15.00

Motta di Livenza

CA’ MEMO ore 19.45 ROMANZIOL ore 19.00 SANTA TERESINA ore 20.00

IN BASILICA MADONNA DEI MIRACOLI sabato 19 dicembre, 2015, ore 20.45 CONCERTO DI NATALE A CURA DEL CORO LUCA LUCCHESI

Jesolo

San Nativity Jesolo 2015/2016 Aperto da martedì 8 dicembre 2015 a domenica 31 gennaio 2016 Orario: lunedì a sabato: 9.30 - 12.30/14.30 - 19.30 domenica e festività: 9.30-21.00 www.jesolo.com

ASCOLTA YES! RADIO

www.yesradiodance.com

San Donà di Piave

Domenica 20 dicembre foro Boario - Mercato straordinario ore 17.00 - Teatro Metropolitano Astra “Concerto di Natale” Associazione Nazionale Bersaglieri di San Donà di Piave ore 17.30 - in Piazza Indipendenza Cioccolata calda per tutti e arrivo di Babbo Natale Martedì 22 dicembre ore 21.00 - Teatro Metropolitano Astra “Concerto di Natale” Vocal Skyline dal 23 dicembre al 10 gennaio in Galleria “Battistella” “Personale” di Gianni Pizzinato - Aleph Inaugurazione il 23 dicembre alle 18.00 5 Gennaio ore 18.30 - Sala Conferenze del Centro Culturale” L. Da Vino” Premiazione del Concorso di poesia “Del NadaL dea Befana e altri strigozi” a cura del Gruppo “Sei di San Donà se ..... ore 17.30 in Piazza Indipendenza “la Befana incontra i bambini” e il tradizionale corteo, preceduto dalla Fanfara dei Bersaglieri alle 18.00 in Parco Fluviale l’Accensione dci “PAN E VlN” a cura dell’associazione Nazionale Bersaglieri di San Donà di Piave 6 Gennaio ore 18.30 - Auditorium del Centro Culturale “Leonardo da Vinci” “Concerto dell’Epifania” la Fanfara del Piave in collaborazione con Associazione Anffas di San Donà di Piave, Caorle, Centro Storico, ore 15.00



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