CHASING THE SUMMER diary of photographic travel
CHASING THE SUMMER “FROM THE DAWN TO THE SUNSET”
Non sapevamo bene a cosa andavamo incontro e non eravamo consapevoli del treno da attendere e del binario da prendere, e dell’orario da rispettare. Benché provassimo ad apparecchiare una giornata ordinata, tutto rimaneva asimmetrico, le posate irregolari, i bicchieri scompigliati, il portapane un poco sbilenco. Eravamo un letto sfatto che non si ha voglia di riassettare, delle agende a cui sono stati strappati i fogli.. proprio lì, lì in mezzo.. camminavamo lungo i meccanismi di un frullino che miscelava noi, lei e lui, ed io, e i giorni del nostro calendario. Assomigliavamo a tre schizzi buttati giù da un fumettista assonnato, stanco e un po’ ubriaco … schiantati su un supporto approssimativo che poteva essere qualunque cosa, un tovagliolo di carta, uno scontrino.. velocemente abbozzati con la mano sinistra di un fumettista mancino che appoggia la testa sulla destra.
Non eravamo conformi a nulla. Non stavamo in posa. Ci piaceva camminare a mano lungo i ciottoli gialli del campo dietro casa, correre, prenderci in braccio e per le braccia, prenderci a cazzotti, in giro e girotondo e prenderci e basta. Ci piaceva rincorrerci e raggiungerci. Guaire, ridere, fino a stordirci, che bello e che bello che era stare tra di noi. Ci distendevamo sui letti di sabbia e scrutavamo il cielo … e tutti gli azzurri che poteva contenere … un po’ scassati e un po’ tribolati non ci importava dei granelli che solleticavano la nostra pelle, ma ci affondavamo di più in quei letti di arena, strofinando le nostre chiacchiere e i nostri sorrisi.
Era il periodo dei nascondini tra gli arbusti e la tana libera tutti sui tronchi odorosi di linfa … era il periodo delle margherite tra i capelli e dei soffioni che poi etccciù!!! Un filo d’erba in bocca e via, giù per i pendii a correre e spolmonare la vita che c’avevamo dentro. Stava sopraggiungendo l’inverno e con lui il cadere delle foglie e il migrare degli uccelli … che se ne volavano a stormi compatti sopra le nostre teste con la costanza inesorabile del passare dei mesi e delle stagioni. Anche noi avremmo voluto essere delle estati o degli inverni, dei febbraio e degli aprile, per poter andarcene quando non era più il nostro momento, nasconderci tra le pagine di un diario e lasciare che qualcun altro vivesse al posto nostro e mandasse avanti la baracca.
Eppoi sapere che potevamo tornare al nostro posto nell’almanacco, come tessere puntuali, e precise, come un bottone nella sua asola, come le torte custodite nelle papere di terracotta, si , proprio quelle che trovi in cucina della nonna. Volevamo essere gli spettatori del film della nostra vita ‌ solo per un momento ‌ ci volevamo sedere comodamente proprio sotto lo schermo, sotto sotto con le gambe incrociate e i poc - corn in grembo, seguendo le immagini nella successione che piÚ ci piaceva. Eravamo spensierati e passavamo cosÏ le nostre giornate, stendendo bucati di mattine bianche e fresche, vivendo notti mai troppo nere ma illuminate dalla folgore crepitante della nostra voglia di compagnia.
Ci servivamo e ci salvavamo insieme l’un con l’altro … e scacciavamo via la tristezza travestendola da leggerezza: un beat caldo accompagnava i nostri giorni, mentre saltellavamo da una nota all’altra di uno spartito vivace e un po’ jazz, svirgolando su è giù per un pentagramma a tratti swing che sapeva di rivoluzione e novità. E tanta libertà .. assolutamente consapevoli che non volevamo riceverla su un piatto d’argento, ma prendercela, tutta quanta,e combattere, e rubarla dai balconi dei cortili interni, e spiegarla sempre più in alto .. su in poppa per andare sempre più veloce, lungo le acque controcorrente del nostro viaggio e delle nostre conquiste.
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Così vivevamo queste ultime giornate d’estate e questo timido autunno che stava per far capolino bussando sugli steli, sulla canapa e su quegli arbusti che ci avevano finora accarezzato, ascoltato e sorriso. Non sapevamo cosa avrebbe portato questo periodo che stavamo per affrontare. L’inverno ci avrebbe forse diviso o avremmo forse continuato a camminare insieme, un passo dopo l’altro, prima la destra e poi la sinistra … uno, due,tre … e non sbagliare il ritmo diamine! Questo ci chiedevamo su per la collina,lanciando sassi negli stagni e contando gli innumerevoli cerchi che provocavamo sull’acqua, uno dentro all’altro uno dentro all’altro più veloci, uno dentro all’altro inesorabili.
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Lanciavamo sassi al cielo con tutta la forza che avevamo, come per liberare la potenza dalla pietra, come per tramutare quei blocchi in splendidi volatili e infondere un senso di libertà nuovo e liberatorio. Totalizzante e confortante. Facevamo a gara a chi faceva il lancio più lungo, coi piedi nudi sui massi, prendevamo la rincorsa e sparavamo tutta la nostra energia e ci slanciavamo come per afferrare quei quadrati di cielo grigio e azzurro, così terso e freddo, così romanticamente fastidioso .. e un po’ incazzato. Ci trovavamo sporchi e umidi con gli schizzi d’acqua addosso .. noi che eravamo sempre disobbedienti e malandrini, noi non si tornava a casa mai puliti ma ogni volta con macchie e gocce in più dei nostri continui giochi nelle rive degli stagni e dei fiumi impetuosi.
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CHASING THE SUMMER “FROM THE SUNSET TO THE DAWN”
Guardavamo la bella stagione andarsene piano piano e portare con sé i nostri ricordi di un’estate vissuta fino all’ultimo sorso. Non sapevamo dove ci avrebbe portato il tempo, qualcuno avrebbe cambiato città, qualcun altro sarebbe rimasto, qualcuno avrebbe iniziato dei nuovi studi e qualcun altro dei nuovi progetti: non sarebbe mai più stata la stessa medesima monotonia di trovarsi tutti i santi giorni, quell’abitudine gratificante a passare le ore insieme e sapere di esserci uno per l’altro. I tempi sarebbero cambiati e stavano già mutando fisicamente,le piante,il vento,le ore più corte e i tramonti velocissimi.
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Avremmo vissuto un’ultima notte insieme, quell’ultima sicurezza di stare insieme e poi chissà. La notte ci aspettava fremente, e noi guerrieri l’avremmo cavalcata senza paure. Saremmo stati noi, quelli di sempre, e qualche amico stretto: tutto era organizzato per la nostra ultima grande cena dove si sarebbe chiacchierato di tutto e di più, si sarebbe riso e avremmo poi portato a spasso la nostra allegria sollevandola in alto, come i palloncini delle giostre, quelli di carta luccicante, quella dei cioccolatini. Proprio quelli a forma di Titty e Gatto Silvestro, che non scorderemo mai. Volevamo essere spensierati come non mai e cancellare con un colpo netto tutti gli alambicchi scritti a gesso nella lavagna che ci eravamo costruiti, forse un po’ più per scudo o arma di difesa, ecco volevamo distruggere le ansie e le paure e le incertezze e i timori e liberare la nostra volontà imbrigliata da Mister Tempo Che Passi e Non Ci Dai Nemmeno Il Tempo Di Spegnere Bene La Sigaretta Ma Me La Lasci A Metà.
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Questa ultima notte insieme era il nostro ballo delle debuttanti, quelle cose che ci disegni su i sogni ogni notte e le colori stando attento agli spazi, con cura e precisione: questa ultima notte insieme ci impegnavamo a farla girare vorticosamente come una trottola, e l’avremmo buttata, lanciata fuori nell’asfalto, giù per la discesa, giù per i viali alberati, giù giù per le nostre biciclettate primaverili nei giardini, quelli un po’ nascosti e impervi dei nostri ricordi, giù per le ringhiere e per i guard rail emozionali, giù e ancora più giù nei corridoi metropolitani delle serate dove ci scoppiava il cuore. Questa ultima notte sarebbe stato il nostro happy ending, la nostra favola … e l’avremmo vissuta fino in fondo.
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Era scoccata la mezzanotte e scappavamo per prendere l’autobus, correvamo e correvamo, piccole cenerentole tutte colorate, puntini pixellosi giù per le vie, miriadi di biglie luccicanti sparate come a razzo, ed era proprio così che ci sentivamo nel buio della sera, così ci sembrava di essere, ricaricati da un’energia pura e polposa come una scatola di pelati … splatt!!!Via … su i cappucci e addosso le felpe colorate, su le maniche delle magliette e su le braccia in alto … throw your hands up fino alle stelle, prossima meta la discoteca, e chissenefrega del mal di testa.
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La nostra discoteca, il nostro locale preferito, quello dalla scritta imperiale fuori dalla porta, a caratteri cubitali, manco fossimo nell’antica Roma, in un foro romano o proprio in mezzo ad uno spettacolo di gladiatori, in mezzo all’arena e nella fossa dei leoni, cheppoi e poi eravamo leoni un po’ anche noi e da leoni era la serata che stavamo abbracciando. La nostra discoteca, quella delle prime cotte e delle prime pomiciate attaccati ai muri dei bagni, quella delle serate sbarbatelle dove eravamo stati iniziati alla follia e al rito propiziatorio dell’aperitivo .. della patatina dell’oliva e dello sfurizzo che non ci bastava mai. La nostra discoteca, quella che ci si andava in autobus e in bicicletta e si tornava a casa in bicicletta o in autobus.. o più spesso a piedi.
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Quelle erano le luci che ci avevano accompagnato nelle nostre danze piÚ acerbe e quelle stesse luci ci avevano permesso di aggiustarci una matita sbavata, un colpo di rossetto velocemente abbozzato fuori dalla porta di casa, perchÊ i carcerieri non volevano.. e no che non volevano.. loro a crederci sotto le coperte ma noi no.. ci sedemmo a fumare una paglia e inspirammo con una carrellata un po’ nebbiosa tutto quel periodo di bugie e innamoramenti, quel periodo di tanti Romei e Giuliette che non eravamo altro. E la casa abbandonata dove ci rifugiavamo nei nostri pomeriggi solitari era proprio lÏ accanto, la casa dalle pareti umide e dai mattoni a vista che sembrava una moderna capanna di Hansel e Gretel, piena di dolci racconti di un disperato erotico stomp.
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Quelle pareti un po’ malaticce e infreddolite avevano custodito le nostre più piccanti e innocenti malizie.. i nostri segreti e i nostri “Oh!” e “Mah”, i nostri giochi con la bottiglia e le nostre chiacchierate col gatto. Quelle casa era stata il nostro scenario, la nostra casa della bambole, e il nostro telefono a fili. Chi ci avrebbe ancora accolto tra i suoi umili muri, e chi avrebbe scaldato ancora il nostro condividere? Non avremmo più guardato fuori da quella finestra e non ci saremmo più seduti sul suo balcone a pensierare. E sarebbe stato bello pensare a quei tempi semplici in cui giocavamo con poco, con le pentoline e la terra, cucinando ricette di bacche selvatiche e terriccio umido, e sabbia e ghiaia e ortiche che ci facevamo sempre male, ahi! che fastidio che al solo pensiero mi pizzica ancora.
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Stavamo rivivendo il piacere sublime delle piccole cose e di un tè caldo insieme, portato nei thermos e preparato dalle nostre nonne, una brioche alla crema appena sfornata, l’insalata di riso estiva, la semplicità di un qualcosa fatto a mano con genuinità e freschezza.. una costruzione di lego, una partita a qualche gioco in scatola anni ottanta, uno scalone disegnato nell’aia con i gessetti. E poi tutti a casa a scrivere nella Smemoranda quello che avevamo combinato, e gli sguardi che ci eravamo lanciati a random, alcuni amichevoli e alcuni altri civettuoli.. i messaggi al cellulare letti sotto le coperte tirate su fino agli occhi … e i sospiri e i chissà domani cosa accadrà di nuovo e chissà se le emozioni saranno ancora irripetibili come questa notte. Quanti chissà e quanti perché infilati uno dietro all’altro, perline colorate del nostro quotidiano meravigliarsi per un momento qualunque.
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Avevamo ripercorso anni importanti, anni che ci avevano formato e forgiato e che non avremmo mai scordato, costi quel che costi. Sarebbero rimasti in noi, questo è sicuro.. stavamo vivendo l’ultima notte prima dell’addio e del momento delle promesse. Si, ti scriverò, ti chiamo appena arrivo, ma tu dimmi come ti troverai di là e cosa farai e come ti sistemerai e se mi penserai, si se mi penserai e terrai la mia foto nel portafoglio.. si quella fototessera che ci eravamo fatti tutti insieme dentro la cabina quella notte di fine estate. Ci eravamo promessi un’amicizia duratura che non sarebbe stata scalfita da alcun imprevisto, forte come le nostre risate all’alba, guardando il sole spiccare e la notte svanire lentamente. Le prime luci del mattino ci coccolavano e scaldavano, rifocillavano i nostri occhi un poco stanchi e lacrimanti.. e cominciava un nuovo giorno davanti a noi. A noi che saremo spariti come cenere, lasciando qualcosa di scoppiettante come le braci e il fuoco.
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E si tornava a casa, un po’ sudici e con le mani che sapevano di fritto, di consumato e vissuto. Contenti e appagati di questa nottata raminga, segugia e randagia e fuggitiva, ci sentivamo i protagonisti di una storia corale scritta a più mani, di un romanzo dei giorni nostri con quelle copertine così accattivanti e i titoli succhiabili fino all’osso. Francamente del giorno dopo ce ne infischiavamo e volevamo raggiungere il nostro letto e appoggiare la nostra testa così piena di emozioni, riposare per scrivere l’indomani la nostra vita in una pagina bianca a quadretti fini fini.. stretti tra di noi camminavamo lungo la strada del ritorno, lasciando dietro di noi pezzi di mollica per poter un giorno ritrovare le stesse immagini e gli stessi flash comunicativi. Stretti come un branco di lupi, vicini come le balene che si spostano a branchi per non perdere la via, allineati come lo stormo di uccelli che volavano sopra di noi in quel cielo che talmente sapeva di noi da raccontarlo a memoria per sempre.
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CHASING THE SUMMER “TIME TO WAY BACK”
Matilde, la problematica, Matilde, la sempre un po annoiata, Matilde la cinica. Amazzone metropolitana, divoratrice di libri di altri tempi e romanzi di grandi battaglie, contenta quasi mai, soddisfatta quando vince, quando vince lei e quando vincono le sue eroine. E i suoi compagni di divertimenti. Stratega e un poco calcolatrice, merito indiscusso delle serate passate a giocare a risiko. Ma non disdegna il monopoli, Matilde. Dipende dal momento. Dura da scalfire, ma non impossibile. Croccante fuori, ma tenera all interno, basta solo arrivarci piano piano. Voglia di realizzarsi e cambiare il mondo, voglia di far valere la giustizia. Prossimo obiettivo, non si sa con certezza, certo stare in tribunale.. non sarebbe male. Per ora pensa a proteggere la sua schiera e i suoi cari amici, come una leonessa con i suoi cuccioli. Costantemente guerrigliera e a cavallo. Ma una volta tornata a casa, una tazza di caffe, e le sue debolezze ce le ha pure lei. Succede a tutti, e spesso agli scorpione, dopo la battaglia, qualche traballare momentaneo.
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Chris, unico scopo nella vita, fare della propria vita, qualcosa di sublime. Predisposizione naturale per le cose difficili, ambizione genuina verso le difficolta. Passione vera, mettersi in discussione ogni giorno con nuove sfide. Solo di giorno, di notte si sogna. Passatempo preferito, vagare tra le lande delle proprie aspettative con una forza e una determinazione mai viste prime accanto ai suoi fedeli compagni di avventura.Tanti desideri, unica tenacia, coinvolgimento emotivo alle stelle, qualche innamoramento, qualche donna, ma il vero amore, quello per la vita, quello di amare la vita. Qualche dubbio per il futuro, ma la netta convinzione di spaccare sempre e comunque. D’altronde, l’ariete lo consente. Segni particolari, lo sguardo che vede tutto e ti sa leggere dentro. Amore per la musica, il rock,il suo basso e la sua chitarra, le serate giu in cantina a chiacchierare e strimpellare, le cose impossibili da progettare e costruire. Prossimo scopo realizzabile, una fabbrica di marmellata.
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Nina, sognatrice ininterrotta. Colorito vivace, parlantina spigliata. Tallone d Achille: tendenza spiccata a fantasticare e qualche volta parlare da sola, troppi sogni nel cassetto e non solo. Costantemente sulle nuvole per alcune cose, radicata con i piedi belli per terra per altre. E quelle altre sono la voglia e il desiderio a volte imbrigliati di trasformare i propri pensieri in concretezza : si sa che a volte la timidezza possa imbrigliare. E pure la tendenza ad arrossire, qualche volta. Ci sta. Nina disegna i propri progetti sui quaderni stropicciati, disegna i suoi bozzetti sui vetri appannati e sui block notes accanto al telefono. Nina disegna e crea, e taglia e cuce, ed e quello che vorrebbe fare per sempre. Vorrebbe impressionare le sue giornate e i suoi divertimenti con i compagni, sulle rocce e sulle grotte, Nina e i suoi disegni rupestri che non si cancellano molto facilmente. Classico, i pesci, lo fanno sempre. Perche non stanno bene sulla terra, ma preferiscono tuffarsi in un mondo un po subacqueo e schiumoso. Qualche lacrimuccia ogni tanto, ma la speranza di una Penelope vincente che sovrasta qualche tristezza ciclica. Sogno ricorrente, falcare la passerella con le sue modelle, dopo aver presentato la sua personale collezione di moda. 43