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ovvero

STRILLETTERE DAL MONDO SCOUT Approfondimenti e stralci di vita scout ai tempi del Coronavirus Num.3 29 Marzo 2020 (Usciamo ogni volta che riusciamo) AGESCI ZONA DI MODENA


Giornalino senza pretese della Zona di Modena ad uso interno dei soci. Le immagini contenute sono protette dalla normativa sulla privacy e pertanto non possono essere utilizzate per secondi fini. Potete spedirci qualsiasi materiale da pubblicare agli indirizzi: rzm.zonamodena@emiro.agesci.it rzf.zonamodena@emiro.agesci.it GRAZIE FIN DA ORA PER I VOSTRI CONTRIBUTI!!!

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Editoriale: Pensieri e contropensieri in libertà, passando per la Spiritualità della Strada di Giorgio Basadonna. QUASI PRONTI A SERVIRE Quando si comincia una route, di solito, c’è un itinerario stabilito, un programma prefissato, un percorso ben preciso, con vari punti di riferimento, di rifornimento, di riposo. Tutto sembra sicuro e garantito: ed è bene. Ma poi nella realtà delle cose, non sempre si riesce a restare nelle linee pensate, non sempre il ritmo reale di cammino corrisponde a quello stabilito: situazioni, avvenimenti, incontri, difficoltà personali, obbligano a cambiare tutto, a inventarne uno. In queste settimane di strada ne abbiamo fatta: dalla prima sensazione di smarrimento, ansia, attesa di un’evoluzione rapida che ci riportasse alla normalità, siamo passati all’accettazione della realtà. Sappiamo che questo viaggio solitario o in piccole compagnie casalinghe non sarà affatto breve come pensavamo, eppure abbiamo trovato nella nostra bisaccia tante ricchezze che prima non sapevamo di avere: la curiosità, la creatività, la determinazione e la cocciutaggine che ci hanno portato a prendere più dimestichezza con il computer, a sentirci a nostro agio davanti a una webcam e a sperimentarci anche in ambiti che prima non pensavamo proprio essere adatti a noi. “Quando la strada non c’è, inventala!” diceva Baden Powell. […] Cercare la strada non è sempre facile, e spesso vuol dire sbagliarsi, perdere le tracce, ritrovarsi senza più nessun punto di riferimento: tutto appare allora così precario, ci si sente così piccoli e deboli, così dipendenti, così bisognosi dell’aiuto altrui! Ok, ci stiamo provando. Ma che ne è stato del cuore pulsante dello scouting, l’osservare, dedurre, agire? Della concretezza dello scoutismo? Possiamo davvero definirci Pronti a servire se stiamo nella comodità delle nostre case? Allargando l’analisi, guardando con l’occhio scout ciò che ci circonda, forse potremmo spingerci a dire che il mondo intero funziona per concatenazioni dinamiche di “osservare, dedurre, agire”: per mantenere l’equilibrio, ognuno deve giocarsi nella fase giusta al momento giusto. Quando il ragazzo viene ad attività, io lo osservo e deduco quali siano i suoi bisogni. Quando io agisco, dandogli l’esempio, lui deduce e comprende l’insegnamento che gli voglio trasmettere. Semplice. Allarghiamo l’orizzonte allora: se ora a noi capi, scout, AGESCI, cittadini, fratelli, viene chiesto di fermare il nostro agire stando a casa, significa che per una sana dinamica della società, questo è il nostro momento per osservare e dedurre, mentre altri hanno il compito di agire. È così per chi lavora nella sanità, nel governare il Paese, nelle attività produttive e di vendita di beni di prima necessità, e in tutti gli ambiti che stanno continuando ad agire, secondo le regole, le esigenze e le richieste attuali. Ecco quindi che a noi è richiesta una “vigile attesa”. In medicina la vigile attesa è la fase iniziale del percorso di cura, è il momento in cui si fanno controlli periodici al paziente, valutazioni approfondite per capire quale sia il momento opportuno per iniziare una terapia. Non ci stiamo fermando, dunque, ci stiamo preparando alla fase successiva. È importante non confondere il nostro ruolo di oggi con

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quello che abbiamo avuto nelle passate emergenze, in richiesto di essere squadra attiva sul campo fin da subito.

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Chi oggi ci protegge, ci cura, provvede al nostro sostentamento, avrà bisogno della nostra azione concreta in un futuro molto prossimo e sarà allora che noi dovremo farci trovare pronti. Per questo il tempo di quarantena si fa ancora più prezioso: un’opportunità da cogliere come necessaria preparazione al bene che verrà, al momento in cui dovremo prenderci cura della comunità di uomini fragili e ammaccati che saremo, finita la burrasca. Bello. Ma siamo sicuri che i nostri ragazzi riescano a percepire questo sguardo più ampio? O vedono semplicemente un surrogato di scoutismo che cerca di entrare nelle loro case per non perderli? Come facciamo a chiedere una vigile attesa proprio a loro, che sono esuberanza, impazienza allo stato puro? In risposta a queste domande oltre al buon senso e alla creatività tornano utili i fondamenti del metodo, la nostra formazione, i documenti e le riviste associative: se li riprendiamo in mano, scopriremo che sono molto meno rigidi di quello che pensiamo, anzi, spesso ci danno consigli su come agire nei momenti difficoltà e prevedono che i percorsi vadano rivisti, modificati. Ma ancora una volta, dobbiamo porci nella lettura degli strumenti a nostra disposizione con uno sguardo nuovo. Sul Manuale del capogruppo, ad esempio, nel capitolo che parla del Progetto Educativo sono elencate alcune attenzioni che possono fare al caso nostro in questo periodo di imprevista riprogettazione dell’anno scout: - Il P.E. richiede ad ogni Capo di esercitare al meglio la propria capacità di leggere i bisogni, saperli identificare correttamente e definire delle priorità d’intervento - Il progetto deve essere elastico e duttile, deve offrire la possibilità di essere arricchito in corso d’opera. Quindi possiamo pensare che il P.E. non sia mai concluso, ma che sia sempre in evoluzione, e che mentre agiamo, possiamo perfezionarlo - Il P.E. non è un esercizio astratto, al contrario si tratta di un progetto che interagisce fortemente con la realtà e con il territorio - La progettualità è un valore che orienta le azioni di tutti i nostri interventi: si tratta di un atteggiamento mentale e morale. - Nel P.E. deve esserci spazio per lasciarci stupire dai ragazzi e dalla loro naturale imprevedibilità. Progettare pensando di prevedere tutto, significa sbagliare approccio in partenza. Ora non ci rimane che esercitarci a ricalibrare gli obiettivi che ci eravamo dati a inizio anno, selezionarli, sezionarli, nella ricerca di riplasmarli su misura di quelli che sono oggi i nostri ragazzi, nelle loro case, ma sempre immersi nelle loro infinite complessità. Riprogrammiamo restando in vigile attesa, mantenendo la forte identità che caratterizza la nostra proposta educativa. Lanciamo stimoli e cogliamo segnali, muoviamoci sul fronte in cui ci è possibile ora, quello virtuale e quello delle relazioni, rendendolo una forma di “azione in essere”, sognando di essere al più presto comunità anche nella presenza. Ricordiamoci poi di questa esperienza quando saremo di nuovo liberi di agire, quando toccherà a noi riappropriarci degli spazi e dei tempi della normalità; ricordiamo le scintille creative, gli affetti più

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viscerali, diamoci da fare per curare le ferite del mondo, rendiamoci ossigeno di questa società che sta vivendo il suo affanno. Inventare la strada vuol dire anche tentare nuovi percorsi, nuovi paesaggi, per accorciare le distanze, per evitare le difficoltà insormontabili, per incontrare altre persone: inventare per essere più liberi e dare alla propria esperienza un contenuto più vasto. Inventare anche per offrire ad altri nuove possibilità, per evitare ad altri pericoli e disastri, per liberare da costrizioni e chiusure. Inventare la strada impegna a usare la fantasia, a rischiare, a trovare in sé stessi risorse e capacità forse impensate. Inventare la strada è un rischio, è il rischio: ma il rischio è la condizione della libertà, è l’ambito della vita umana quando si vuole realmente goderla tutta. Laura

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Editoriale: PASSEGGIATE METODOLOGICHE/2 In questo periodo in cui la possibilità di camminare all’aperto è quasi completamente preclusa, perché non approfittare del tempo libero per compiere qualche breve passeggiata tra gli articoli del nostro Regolamento metodologico? Un modo per riscoprire la ricchezza e la bellezza del metodo educativo scout. FACILE A DIRSI “L’educazione alla cittadinanza e all’impegno politico è presente in modo intrinseco nello scautismo” (Reg. met., art. 16 IB). Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. Facile a dirsi finché si tratta di ribadire dei concetti: per limitarci a quelli citati nell’articolo 16 del metodo, “solidarietà”, “legalità” e “giustizia”, tre valori volti ad “affermare e difendere il primato assoluto della persona umana e della sua dignità”. Facile, finché ripetiamo queste parole nelle nostre riunioni e attività. Difficile, quando per essere solidali, per agire nella legalità e per compiere scelte secondo giustizia dobbiamo accettare pesanti limitazioni alle nostre più comuni libertà. È quanto sta accadendo in queste settimane. Facile lamentarci perché ancora troppa gente cammina per strada senza motivo. Difficile scegliere di essere noi per primi a limitare le uscite da casa. Facile ridere (sorridere, dai) alla notizia che ci sono paesi nel sud Italia nei quali la prima reazione ai provvedimenti presi dal governo è stata quella di organizzare grigliate per tutta la famiglia. Difficile accettare di smetterla di fare inutili acquisti online che mettono a rischio la salute di chi deve correre come un matto per consegnarci i pacchi (basta digitare su Google “fattorini amazon virus” per farsi un’idea della situazione, almeno fino a qualche giorno fa). Facile dire che l’esperienza che stiamo vivendo sicuramente ci insegnerà molto e ne usciremo cambiati. Difficile riconoscere con onestà che se un male potrà far cambiare la nostra vita in meglio è segno che eravamo caduti molto in basso e che un immediato ritorno allo stile di vita di sempre, non appena le autorità daranno il via libera, non solo è (purtroppo) possibile, ma in fondo in fondo un po’ ce lo auspichiamo. Facile dirsi cittadini, cristiani, scout. Difficile esserlo. Nella misura in cui cerchiamo di esserlo noi, però, lo saranno anche i ragazzi, i quali, tra l’altro, ci osservano oggi forse più di prima, si accorgono, percepiscono se diamo loro il buon esempio oppure no. E quando torneremo a fare attività con loro come metodo comanda, le nostre facce, i nostri gesti, le nostre parole, abbandonata la mediazione rassicurante degli schermi, diranno se siamo stati noi per primi cittadini, cristiani, scout in questo periodo di isolamento oppure no: ai ragazzi basterà guardarci e ascoltarci per capirlo. “L’educazione alla cittadinanza, in un’ottica di protezione civile, trova espressione nel motto «essere pronti» attraverso un atteggiamento di responsabilità verso la comunità civile e l’ambiente, in una cultura di previsione e prevenzione del rischio”. Si chiude così l’articolo del metodo citato all’inizio, con toni che ricordano un testo della Chiesa delle origini che ben si addice a descrivere la nostra presenza attiva e responsabile nel mondo: “I cristiani, infatti, non si distinguono dagli altri uomini né per regione, né per lingua, né per abbigliamento. Infatti, non abitano città loro proprie, né utilizzano un gergo straordinario, né conducono uno speciale modo di vita. (...) Abitano la loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e sopportano tutto come stranieri; ogni terra straniera è loro patria e ogni patria è terra straniera. (...) Trascorrono la vita sulla terra, ma

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hanno la cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite e superano le leggi con la loro vita. Amano tutti e sono perseguitati da tutti. (...) Sono poveri e arricchiscono molti; mancano di tutto e abbondano in tutto” (A Diogneto, fine II o inizio III secolo). Facile a dirsi, difficile a farsi, bello provarci! Un grazie, fra i tanti che possiamo dire in questi giorni, a Francesco (l’Alpino) del MO6 che ha accettato di ricoprire il ruolo di incaricato di zona alla Protezione Civile: un servizio di coordinamento difficile ma bello in questo periodo così concitato. Come da citazione già riportata, “l’educazione alla cittadinanza, in un’ottica di protezione civile, trova espressione nel motto «essere pronti»”. Facile pensare che, trovato l’incaricato, ora siamo a posto. Difficile continuare a farci trovare tutti pronti. Bello vedere che ci stiamo già e continuamente provando. Don Federico

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LA LUCE NELLE TENEBRE Penso che in questo giorno 26 marzo 2020, dove il tempo ci dice che la primavera ancora deve arrivare, esprime il nostro stato d’animo: questo tempo freddo e piovoso riflette meglio cosa portiamo dentro. La pandemia che ha portato il mondo intero a prendere provvedimenti, cambiando in modo repentino scelte e dichiarazioni frettolose e azzardate dei governi, ci ha fatto prendere coscienza della semplice realtà che prima vivevamo, ma ignoravamo: l’uomo è mortale, è fragile, è limitato. Dov’è la nostra fiducia nella tecnica e nella scienza? Sembravamo invincibili come un’eterna adolescenza dove mai si presenta la fragilità e pensavamo di essere immortali. Siamo in stato di “guerra” spesso si sente dire, ma il nemico è visibile, qui no. Non solo, ma involontariamente, le persone che amiamo possono trasmetterci questo virus. Una tragedia, si, una tragedia, sembra quasi che abbiamo perso la speranza. Ah, si, la speranza, ma in cosa? Il volto di tanti, irriconoscibile per le mascherine portate ormai da tutti, ci sfigura, ci cambia i connotati, ci rende irriconoscibili. Il volto triste spesso lo vediamo nelle persone che scrivono: andrà tutto bene. Il volto triste di Cleopa e del suo compagno di viaggio (cfr. Lc. 24,13ss). Anche noi come i due discepoli di Emmaus camminiamo con il volto triste, senza accorgerci che nella tragedia il Signore cammina a fianco a noi. Proprio ieri nella prima lettura tratta dal libro del profeta Isaia, l’oracolo dell’uomo di Dio, ci diceva che il nome di questo bambino che sarebbe nato da una vergine si sarebbe chiamato Emmanuele: Dio con noi. Si, Dio con noi. Così la kenosi (lo svuotamento), l’umiliazione del Verbo, diventa la ricchezza per ognuno di noi. È Lui che dà senso alle nostre vite. Nell’ultimo periodo, spesso nella Chiesa universale si sentiva parlare dei preti solo per i loro scandali, in questo periodo si intravede invece una luce nuova. Preti che muoiono per donare un respiratore a chi ne ha più bisogno. Tanti preti, troppi che muoiono per donare la vita. Segno, nell’ora delle “tenebre”, di una luce che mai ci abbandona. Queste “tenebre” nelle quali tutti viviamo, preti e vescovi compresi, però è l’opportunità per riscoprire la dimensione vera dell’uomo: la figliolanza con il Padre. Siamo nel Figlio dal giorno del Battesimo. Questo è il tempo per vivere questa comunione, né su questo monte, né a Gerusalemme (Gv. 4,..) ma in Spirito e Verità. La paura pervade il cuore di ciascuno perché il “bastione” delle nostre speranze è crollato. È il tempo per constatare su quale terreno abbiamo fondato la nostra casa, con sorpresa scopriremo che in realtà la casa è l’umanità, con muri di tanti colori e di tanti manufatti, qualcosa crolla, ma ci sono anche muri solidi che rimangono in piedi, così la famiglia che rimane senza “casa” si rifugia nella “casa” di altri, le “porte” si aprono all’accoglienza che questa volta ci accomuna e non ci divide. L’umanità intera vive questa paura e come, in una stanza di ospedale le persone fanno conoscenza nella comunione della malattia, così noi ci scopriamo fratelli per stringerci non solo nella paura, ma anche nella speranza che per noi cristiani non è un ottimismo, sperando che tutto passi, ma è fondato su una persona Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, che non ci abbandona nemmeno nella morte. Andrà tutto bene non perché passeremo indenni dalla morte, ma perché sapremo con Cristo vivere da uomini e donne nuove, come il Battesimo ci ha fatti, già oggi nella tragedia, nella morte di tanti amici e fratelli. Non aspetteremo che tutto passi per vivere meglio, ma sceglieremo, con l’aiuto del Signore, di vivere meglio oggi, non domani, perché il cristiano è l’uomo del presente che vive con la speranza che oggi gli viene data. Il Signore è risorto e ogni morte è illuminata dalla risurrezione.

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La speranza allora non sarà perché tutto andrà bene, ma perché oggi, tutto può essere vissuto nell’amore che non conosce la morte, come san Paolo ci scrive nella prima lettera ai corinzi nell’inno alla carità (cfr. 1 Cor. 13). Fiorano Modenese, 26 Marzo 2020 Don Antonio Lumare

A.E. Zona di Modena

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RUBRICA: “Pescatore di uomini… con la rete internet” Questo spazio nasce per condividere tutte quelle iniziative digitali interessanti per crescere insieme ognuno da casa propria.

Mani Tese presenta: “Il bello di restare: incontri online con esperti per capire il nostro tempo”. Primo appuntamento il 31 Marzo con ALBERTO PELLAI, dalle 14:30 alle 16:00. Iscrizione gratuita ma necessaria: https://www.manitese.it/il-bello-di-restare

Reading e spettacoli teatrali in streaming https:// spettacolo.emiliaromagnacreativa.it/it/eventi-e-news/notizie/

E-book Mondadori gratuiti https://www.mondadoristore.it/eBookitaliani-gratis/gr-3046/

Audiolibri Rai Play Radio gratuiti https://www.raiplayradio.it/ articoli/2018/01/Radio3--Ad-alta-voce--tutti-i-romanzif91c61a8-0021-40ca-a62f-514b841b558b.html? fbclid=IwAR3CcJ1sTuIBzF2i-XAdYCEw204gHpkr-oG9bXshoKTETlXZIV3SxfvB7g

BPER Forum Monzani eventi in diretta online http:// www.modenatoday.it/eventi/cultura/bper-forum-monzani-eventi-sociallucarelli-genovesi-ventura-modena-marzo-2020.html

Sotto lo stesso tetto http://www.modenatoday.it/video/ piufortidite-coronavirus-modena.html

TEDx TALKS Global health expert Alanna Shaikh: https:// www.youtube.com/watch?v=Fqw-9yMV0sI

Chiocciole Contagiose #seguilaspirale https://www.facebook.com/ chiocciolecontagiose/?__tn__=%2Cd%2CPR&eid=ARBu9uvhvXMo96XQXaemBahBoruFDVOuHHtbBRsZrredCLchpk3mhMdQEO3xr FYPYKQ-NLIePhXkU5Dm

Risorse gratuite, eventi virtuali, Servizi utili iostoacasa.net/

Scarica gratuitamente il Messalino digitale https:// apg23.mailmta.com/nl/web? c=ejg7&d=4uu&h=2p8jgdhdtita6adci1j3sfjrsg&i=3ks&iw=j&s=wp&sc=r0f&sn =301&wp=kp

Proposta Educativa - #fanuovetuttelecose https://www.facebook.com/ scoutpropostaeducativa/ https://www.agesci.it/2020/03/27/25-marzoin-diretta-su-facebook-fanuovetuttelecose/

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POSSIAMO SCEGLIERE COME VIVERE QUESTA SITUAZIONE Nell’agosto del 1940 lo psichiatra Roberto Assagioli, fondatore della Psicosintesi, fu arrestato per attività pacifiste e internazionaliste, invise al regime fascista. Anziché uno spiacevole contrattempo o una tragedia, questa fu per lui un’occasione fondamentale di crescita e rinnovamento interiore. “Capii che ero libero di assumere uno fra molti atteggiamenti nei confronti di questa situazione, che potevo darle il valore che volevo io, e che stava a me decidere in che modo utilizzarla. Potevo ribellarmi internamente e imprecare; oppure potevo rassegnarmi passivamente e vegetare; potevo lasciarmi andare ad un atteggiamento malsano di autocompatimento e assumere un ruolo di martire; potevo affrontare la situazione con un atteggiamento sportivo e con senso dell’umorismo, considerandola un’esperienza interessante (quella che i tedeschi chiamano ‘Erlebnis’). Potevo trasformare questo periodo in una fase di riposo, in un’occasione per riflettere tanto sulla mia situazione personale – considerando la vita vissuta fino ad allora – quanto su problemi scientifici e filosofici; oppure potevo approfittare della situazione per fare un allenamento psicologico di qualche genere; infine, potevo farne un ritiro spirituale. Ebbi la percezione chiara che l’atteggiamento che avrei preso era interamente una decisione mia: che toccava a me scegliere uno o molti fra questi atteggiamenti e attività; che questa scelta avrebbe avuto determinati effetti, che potevo prevedere e dei quali ero pienamente responsabile. Non avevo dubbi su questa libertà essenziale e su questa facoltà e sui privilegi e le responsabilità che ne derivavano.”

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RUBRICA: “Sulla tua Parola getterò le reti”. Ovvero: Il VANGELO della DOMENICA commentato dai CAPI Gv 11, 3-7.17.20-27.33b-45 “Chi crede in me, anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno”. Non è mai facile accettare la morte di persone a noi care, ancora di più, non è facile accettarla per una bimba di dieci anni, che inizia a capire cosa significhi morire, ma non lo comprende appieno. Ho avuto la fortuna di avere una mamma che mi ha trasmesso il dono più grande: quello di credere nella forza delle preghiere. Così ogni sera dedicavamo un pensiero da mandare lassù nel cielo con l’aiuto della preghiera. Con tutto quello che sta succedendo, la mia preghiera più grande va alle famiglie, ai bimbi, ai figli, ai nipoti che hanno perso una persona a loro cara e non l’hanno potuta salutare per l’ultima volta; La speranza che questa preghiera li possa raggiungere e possano trovare conforto e pace, perché le persone care vivono nel Regno dei Cieli. Elisa Capo Clan, San Felice Gesù in questo passo del Vangelo dice a Marta: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi in questo?”. La domanda finale l’ho sentita come rivolta direttamente a me. Come dire: "Oh, credi o no nel fatto che per amore ti prometto la risurrezione, che ti rialzerò tutte le volte in cui cadrai e che ti farò uscire dall’oscurità del sepolcro come ho fatto con Lazzaro?". È una domanda che voglio conservare e custodire. Giacomo Capo reparto, Modena 8 Ma quale gloria può mai venire da tutta la sofferenza di questi giorni che sta spezzando i cuori di tanti? Da una umanità devastata e smarrita? Da tutti questi morti in solitudine? Eppure, tu, Gesù, davanti a Lazzaro, che ami tanto, ti commuovi, ti turbi e scoppi a piangere! Forse che Lazzaro sia ognuno di noi? Ogni uomo che il virus si è portato via? L'umanità intera sommersa dal dolore, barcollante al buio? Voglio pensare che sia così, voglio credere che questa umanità sia il tuo caro Lazzaro, che tu ami tanto e fai risorgere per glorificare Dio! Rita Iabz LC, Nonantola

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Strillettere dai gruppi!

Challenge 2020: una grande sfida per i nostri noviziati https:// agesci-my.sharepoint.com/:v:/g/personal/ rzm_zonamodena_emiro_agesci_it/ EVeWQ3tUPYtNrnfflmNXo6YBtMfgpBzVUT_4W9hKIUhEDw?e=avCJzS

Gara di Cucina Tricolore – Reparto di Cavezzo - https:// www.instagram.com/p/B-FXeNmHuRl/?utm_source=ig_web_copy_link

Giocare a QUARANTOCA – Sq. Aironi Cognento 1 https:// www.instagram.com/p/B-FXx7FHySS/?utm_source=ig_web_copy_link

Servono idee per la cucina? – Sq. Pantere Soliera 1 https:// www.instagram.com/tv/B-NQR0tnLCZ/?utm_source=ig_web_copy_link

News dal Clan Mo8 - https://www.instagram.com/clanjobel_modena8/

Grande Caccia “Potteriana” al Reparto del Mo8 - https:// drive.google.com/file/d/10F28-Yu1h9iqyH83pooZf5ZPL3fvFVS8/view

“Le noci dell’anno scorso sono terra nera”, riunione di CocaCovid-19 del Modena 8 La seconda riunione di Comunità Capi in tempi di pandemia. Della serie dimenticatevi di come erano le riunioni di Coca fino a due mesi fa e inventatevi un modo nuovo di fare riunione. E infatti attraverso una speciale passaporta, dalla magica zona arrivano un compositore, un pittore e un allevatore che ci guidano nella nostra riunione virtuale allestita al meglio delle nostre competenze tecnologiche. E per dirla tutta questa modalità Zoom porta già alcuni aspetti positivi, come il cominciare quasi in orario, parlare uno alla volta, ascoltarsi e finire non dopo la mezzanotte. Chissà se il Coca smart meeting non possa continuare qualche volta anche quando tutto sarà finito. Vedremo. Ci siamo confrontati su laboratori che i più avevano già preparato, altro aspetto interessane sull’arrivare tutti e non solo i Capi Gruppo con materiale e idee pensate apposta e anche che non solo i VVLL sanno fare disegni e origami) in una delle riunioni a più alta densità “di contenuti” di sempre. In ordine sparso, che a volte cercare di dare un senso fa perdere le cose importanti, qualcosa di quello che è emerso sul capo educatore alla bellezza e al sogno. Gustare le cose belle, quelle che sei contento di aver fatto, quelle che ti muovono emozioni e sentimenti, quelle che ti verrebbe voglia di ripetere in continuazione… i campi, le uscite, quella mitica grigliata, la fatica condivisa, i tuoi amici di sempre, le persone a cui vuoi bene. Essere trasparenti con le proprie fragilità e i propri difetti, anche con le proprie debolezze ed errori in una autenticità che accoglie senza giudicare che non indica ma accompagna. Parlare con le parole dei padri che conoscono i figli, parole scritte col linguaggio del cuore e quello della testa. Parole che sanno di passato e descrivono il futuro. Avere una mente aperta come la fantasia del Creatore che ha immaginato e fatto sì che i semi dell’acero staccandosi dalla pianta potessero volare lontano, leggeri e carichi di speranza. Farsi fiori bellissimi di farfalle bellissime che permettono al bruco arrampicarsi sullo stelo e di fare il bozzolo in cui crescere e alle farfalle di nutrirsi e volare lontano. #MEGLIOSOLICHEVIRUSACCOMPAGNATI ovvero STRILLETTERE Pag DAL MONDO SCOUT -

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Avere gli occhi aperti per poter vedere la potenza e il fascino del mare e la maestosa imponenza delle montagne per farci sentire parte di qualcosa di grande pur nella nostra piccola dimensione. Essere capaci di sognare i ragazzi per poter immaginare per loro un percorso che porti alla realizzazione di sé e alla salvezza. Vivere insieme, nel noi, nel gruppo, nella comunità, nella squadra. La comunità come esperienza irrinunciabile per crescere. Essere come il pianoforte che accompagna gli altri strumenti e ha moltissimi tasti che devono essere suonati tutti, bianchi e neri, per formare accordi con tutte le tonalità differenti. Fare proprie la pazienza, la competenza e la sensibilità del costruttore che dedica tempo e applicazione e si occupa di ogni aspetto estetico e funzionale della propria opera. Abbiamo un metodo che ci aiuta (avventura, ambiente fantastico, progressione personale, rapporto personale capo rover/scolta, scouting, simbolismo e linguaggio, formazione…) abbiamo qualcuno a cui chiedere tutto questo: “Ask the boy”. Un limite è il non saper incoraggiare nel modo giusto, nel toccare le ali della farfalla così forte, volendola aiutare, impedendole poi di volare. Un problema sono i ragazzi “diversi o speciali”, quelli alle estremità della curva della normalità, quelli che chissà se lo scoutismo va davvero bene anche per loro. Ci limita il tempo, che è sempre poco e non aspetta, che accelera e appesantisce anche chi ha lo zaino leggero... Ci ostacola la fatica dell’impegno costante, la fatica delle relazioni e delle cose da fare. Diventa difficile quando non sappiamo quale linguaggio usare e quando ci sostituiamo ai ragazzi proponendo i nostri sogni e pretendendo che la nostra ida di bellezza sia per forza anche la loro. Questi sono solo alcuni dei temi e delle immagini che hanno popolato la nostra riunione in quarantena in questo strano tempo pieno di brutte paure e di incubi piuttosto che di sogni e bellezza. Però così, nel nostro ritrovarci a Coca come anche all’assemblea di sabato scorso, abbiamo già cominciato ad occuparci non delle vecchie noci ma delle piante che ce ne porteranno di nuove l’anno prossimo e negli anni a venire. Fate a modo, un abbraccio virtuale ma fraterno. CoCa Modena 8

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RUBRICA: “Ritagli dal Signore degli Anelli” a cura di Don Giacomo e Giacomo IN TRE SI È IN COMPAGNIA Qualche piccolo essere incuriosito si avvicinò ad osservarli quando si fu spento il fuoco. Una volpe, che attraversava il bosco per affari suoi personali, si arrestò qualche minuto ad annusare. «Hobbit!», pensò. «Incredibile! Avevo sentito dire che avvenivano strane cose in questo paese, ma trovare addirittura degli Hobbit che dormono all’aria aperta sotto un albero! E sono in tre! C’è sotto qualcosa di molto strano». Aveva perfettamente ragione, ma non riuscì mai a scoprire che cosa. La Via prosegue senza fine lungi dall’uscio dal quale parte. Ora la Via è fuggita avanti, devo inseguirla ad ogni costo rincorrendola con piedi alati sin all’incrocio con una più larga dove si uniscono piste e sentieri. E poi dove andrò? Nessuno lo sa. Quando ripresero il cammino, il bosco era immerso nel crepuscolo. Il vento dell’Ovest sospirava tra i rami. Le foglie sussurravano. Presto la strada incominciò a scendere dolcemente e pareva si tuffasse nel vespro. Nell’oscurità dell’Oriente una stella spuntò sugli alberi. Camminavano a fianco a fianco con lo stesso ritmo, per tener su lo spirito. Dopo qualche tempo, allorché le stelle furono fitte e scintillanti, dimenticarono la loro inquietudine… Si misero a canticchiare dolcemente, come fanno tutti gli Hobbit quando camminano, e soprattutto quando, di notte, stanno rientrando a casa. Rosso è il fuoco nel camino, sotto al tetto un letto aspetta; ma non son stanchi i nostri piedi, voltato l’angolo incontrar potremmo d’improvviso un albero oppure un grosso sasso, che nessuno oltre noi ha visto. Alberi e fiori, foglie e fuscelli fateli passare! fateli passare! Sotto al nostro cielo colli e ruscelli passeranno oltre! passeranno oltre! Voltato l’angolo forse ci aspetta un ignoto portale o una strada stretta; se purtroppo oggi tirar oltre dobbiamo, può darsi che domani questa strada facciamo, prendendo sentieri nascosti che portano alla Luna o al Sole. Mela, spina, fateli passare! Sabbia, pietra, in bocca al lupo!

noce, prugna, fateli passare! stagno, dirupo, in bocca al lupo!

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Dietro è la casa, davanti a noi il mondo, e mille son le vie che attendon, sullo sfondo di ombre, vespri e notti, il brillar delle stelle. Davanti allor la casa, e dietro a noi il mondo, tornar potremo a casa con passo infin giocondo. Ombre e crepuscolo, nuvole e foschia sbiadiranno via! sbiadiranno via! Fuoco e luce, da bere e da mangiare, così tutti a letto poi potremo andare! Il desiderio d’infilarsi l’Anello s’impadronì nuovamente di Frodo; ma questa volta con molta più forza, tanta forza che prima di potersene rendere conto, la sua mano frugava già in tasca. Ma in quell’attimo giunse un suono misto di canto e di risa. Voci chiare e trillanti s’innalzarono volando nell’aria chiara illuminata dalle stelle. L’ombra nera si raddrizzò e retrocedette, montò in groppa e, attraversando il sentiero, parve svanire dall’altra parte nell’oscurità. Frodo trasse un sospiro. «Gli Elfi!», esclamò Sam, sussurrando. «Gli Elfi, signore!». Si sarebbe precipitato fuori, correndo impetuosamente verso le voci, se non l’avessero trattenuto. Gli Hobbit sedettero nell’oscurità a lato del sentiero. Passò qualche minuto e gli Elfi si avvicinarono, scendendo il viottolo verso la valle. Camminavano lentamente e i tre amici potevano vedere la luce delle stelle scintillare sui loro capelli e nei loro occhi. Non portavano con sé alcuna luce, eppure pareva emanare dai loro piedi un barlume simile a quello che diffonde la luna prima di salire alta nel cielo, lungo i contorni delle montagne e delle colline. «O Luminosi! È una fortuna insperata!», disse Pipino. Sam era senza parole. «Ti ringrazio di tutto cuore, Gildor Inglorion», disse Frodo inchinandosi. «Elen sila lùmenn’ omentielvo, una stella brilla sull’ora del nostro incontro», soggiunse in alto elfico. Pipino, già insonnolito, inciampò un paio di volte; ma l’Elfo alto che gli stava accanto lo prese per il braccio impedendogli di cadere. Sam camminava a fianco di Frodo, come in sogno, e sul suo viso era dipinta un’espressione mista di paura e di gioia stupefatta. Alta ad oriente si ergeva Remmirath, la Rete di Stelle, e dalla nebbia, solenne, maestosa, si innalzò la rossa Borgil, incandescente come un gioiello di fuoco. Improvvisamente un leggero colpo di vento spazzò via la nebbia come fosse un velo, e Menelvagor, lo Spadaccino del Cielo, apparve in tutto lo splendore della sua cinta scintillante, mentre sorgeva all’orizzonte della terra. Gli Elfi, tutti insieme, intonarono una canzone e ad un tratto un fuoco avvampò sotto gli alberi illuminandoli con la sua luce rossa. «Venite!», gridarono gli Elfi agli Hobbit. «Venite! È giunta l’ora di conversare in allegria!». Sam non riuscì mai ad esprimere, o persino a tracciare nella propria mente un’immagine chiara di ciò che pensò e provò quella notte, benché essa costituisse per lui uno degli avvenimenti più importanti della sua vita. La migliore descrizione che seppe trovare fu: «… Ma il canto! era il canto che mi andava al cuore; non so se mi spiego come vorrei». «È molto raro che gli Elfi esprimano il loro parere, poiché i consigli sono doni pericolosi, anche se scambiati fra saggi, e tutte le strade

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possono finire in un precipizio. Ma cosa faresti al posto mio? Mi hai detto poco sul tuo conto; come potrei dunque scegliere meglio di te? Ma se tieni veramente ad avere il mio consiglio, te lo darò in nome della nostra amicizia. Credo che dovresti partire immediatamente, senza tardare… Porta con te amici fidati e volenterosi… I nostri sentieri incrociano i loro molto raramente, per caso o per un dato fine. Forse quest’incontro non è dovuto a un puro caso…». «Ma dove troverò il coraggio necessario?», chiese Frodo. «È ciò di cui ho più bisogno». «Lo troverai nei luoghi più impensati», disse Gildor. «Spera il meglio! E ora dormi… Ti nomino Amico degli Elfi; che le stelle possano brillare sulla fine del tuo viaggio! Raramente abbiamo trovato tanto piacere nella compagnia di un estraneo, ed è bello sentir frasi dell’Antica Lingua sulle labbra di altri viandanti in giro per il mondo».

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SPERANZA di Gianni Rodari Se io avessi una botteguccia fatta di una sola stanza vorrei mettermi a vendere sai cosa? La speranza. "Speranza a buon mercato!" Per un soldo ne darei ad un solo cliente quanto basta per sei. E alla povera gente che non ha da campare darei tutta la mia speranza senza fargliela pagare.

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UN TEMPO SOSPESO È quando il tempo si fa sospeso, che cominci a cercarti per davvero. Prima era la vita che ti trovava e ti diceva come essere. Le tue azioni erano già decise, programmate. I tuoi pensieri già pensati. Abitudini che scorrevano, una dopo l’altra, come fotogrammi di un film. Ti credevi protagonista. Ma spesso ti trovavi a recitare un ruolo già scritto da altri per te. Quante volte ti sei sentito non un protagonista, ma una comparsa in quel film che è la tua vita? Poi tutto cambia. Non puoi essere quello che sei sempre stato. O meglio: tu sei sempre quello lì. Ma completamente diverso. Ti vengono a trovare nuovi pensieri. Ti parli come non hai mai fatto prima. Devi mettere ordine ad un caos che non avevi previsto. In tutto questo lavoro, che è sfidante e faticoso, hai una grande opportunità: conoscerti meglio. Hai tempo per parlare di te stesso a te stesso. Di guardare a te stesso con gli altri in un modo completamente altro. Di sentire ciò che spesso è rimasto soffocato dal mondo che faceva molto rumore. Ora quel rumore è anch’esso sospeso. C’è solo il rumore del tuo dentro. E anche se non te lo aspettavi, potresti scoprire che non è un rumore. Ma un suono. Il suono del silenzio. Da leggere e condividere con chi fatica a trovare pace. Cosa molto comune in questo tempo agitante. Alberto Pellai Se volete abbinare l’ascolto di un brano musicale a questa breve riflessione ecco alcuni brani che possono essere la giusta colonna sonora: The sound of silence – Simon & Garfunkel Quiet times - Dido

I NON ABBRACCI E I NON BACI Gli abbracci che non abbiamo potuto dare I baci che sono rimasti sospesi, magari gettati nell’aria verso un balcone Gli sguardi filtrati da uno schermo di cristallo Le parole che rimangono chiuse nei cassetti del cuore, perché dirle ora ci fa sentire troppo vulnerabili Ci rimarrà appiccicato addosso questo tempo sospeso, con tutto il dolore di ciò che non è stato Ci stropiccerà l’abito della vita non solo ora che non possiamo indossarlo, ma anche poi, quando quell’abito ce lo rimetteremo addosso, stropicciato con tutte le sue pieghe. E sentiremo il peso e la fatica di quei non abbracci, di quei non baci, di quei non sguardi, di quelle non parole. Ma non vorrò passarci su il ferro da stiro, su quelle pieghe. Perché mi daranno il senso di ciò che volevo essere e non sono stato, in questi giorni faticosi. E nelle pieghe di quell’abito stropicciato scoprirò ciò che questo tempo mi ha insegnato. Alberto Pellai

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