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04/2021 Fauna selvatica raccolti cuneesi a rischio “estinzione”
NOCCIOLO
La corilicoltura piemontese punta dritta alla sostenibilità
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REGNO UNITO LATTE FRUTTA
Fauna selvatica, la politica ha fallito
DANNI ORMAI SEMPRE PIÙ CONSISTENTI IN TUTTA LA GRANDA. APPELLO A REGIONE E PREFETTI
di Fabio Rubero
“È triste dover constatare che la politica degli ultimi vent’anni sul contenimento della fauna selvatica ha miseramente fallito”. Questa l’amarissima constatazione del presidente di Confagricoltura Cuneo e Piemonte, Enrico Allasia, che si fa portavoce del grido di dolore che all’unisono si leva da ogni angolo della nostra provincia e non solo. Un problema di cui lo stesso Allasia, insieme a Ercole Zuccaro (direttore di Confagricoltura Piemonte) ha parlato all’assessore regionale all’agricoltura Marco Protopapa. “È una situazione sempre più pesante, che provoca frustrazione ed esasperazione tra gli agricoltori che vedono i loro raccolti distrutti, con scarse possibilità di ottenere un risarcimento dei danni” avevano commentato
LA VOCE DELLE AZIENDE CUNEESI ESASPERATE DAL PROLIFERARE INCONTROLLATO DI UNGULATI
a margine dell’incontro i vertici della Confagricoltura piemontese, interpretando appieno il pensiero delle tantissime aziende che quotidianamente hanno a che fare con i pesanti danni che gli animali selvatici causano loro. L’associazione si è rivolta anche a tutti i prefetti piemontesi affinché, come rappresentanti del governo a livello territoriale, assumano il coordinamento delle iniziative tra i vari enti. Vediamo qual è la situazione tra le aziende nelle diverse zone della Granda.
Nel Cuneese
“I selvatici continuano a proliferare a dismisura e i danni ormai non si contano più – dichiara Adriano Rosso, responsabile zona Cuneo di Confagricoltura –. Dal canto nostro, abbiamo scritto ormai tre mesi fa a tutti i sindaci dei Comuni dell’asse dello Stura per manifestare loro la possibilità di uscire dall’area contigua e fare così in modo che nel loro territorio comunale non vi fossero limitazioni venatorie, ma nemmeno uno dei primi cittadini ha risposto e men che meno ha chiesto che il proprio comune venisse stralciato dall’area. Evidentemente alla loro cittadinanza va bene così, ma a questo punto si facciano carico delle conseguenze della loro decisione”. Area dello Stura in cui ha sede (a Sant’Albano Stura) l’azienda agricola di Ferdinando Delleani che spiega come nel corso degli anni i danni subiti dagli animali selvatici siano stati pesantissimi. “Quest’anno – riferisce l’azienda - abbiamo agito preventivamente e siamo riusciti a limitare l’impatto sulle nostre coltivazioni di mais. Abbiamo autonomamente provveduto ad acquistare del seme trattato perché la situazione era divenuta ormai insostenibile. Siamo a ridosso dello Stura dove i cinghiali regnano, dunque non possiamo fare altro che adottare importanti misure preventive”.
Il Monregalese
“La situazione è ormai insostenibile – spiega Walter Roattino, responsabile zona Mondovì di Confagricoltura –. Quest’anno non è stata risparmiata neppure la zona più pianeggiante (Piozzo, Carrù… ) che solitamente veniva colpita durante la maturazione cerosa del mais”. Ma non è tutto. “Nelle zone montane, come Viola, i cinghiali hanno letteralmente devastato i prati e ora stanno distruggendo il sottobosco di castagneti da frutto dove viene effettuata la raccolta meccanizzata. Per non parlare della zona di media collina (Vicoforte, Mondovì, Briaglia… ), dove le nostre aziende hanno avuto problemi enormi con la semina del mais e in molti casi hanno dovuto provvedere completamente a riseminare e recintare il tutto con costi vertiginosi in termini di tempo e di denaro”. La conferma arriva dalla viva voce di un’azienda che opera in quel territorio. “In pochissimi giorni – spiega Andrea Dragone dell’omonima azienda agricola - i cinghiali hanno completamente raso al suolo le nostre coltivazioni di mais, cosa che negli anni scorsi non era mai avvenuta. Stanno facendo buchi enormi nei prati, ma i problemi più grandi arrivano quando il mais cresce e dunque diventa molto più difficile individuare gli animali. Abbiamo recintato e riseminato il tutto, ma è difficile andare avanti così”.
In Langa e Roero
Anche nella zona del Braidese i cinghiali rappresentano un grande problema per le coltivazioni di mais e cereali. “Quest’anno l’aumento dei danni in comuni come Ceresole d’Alba, Caramagna Piemonte e Sommariva del Bosco
Cinghiali devastano indisturbati i campi
è stato incredibile – spiega Fabio Fogliati, responsabile zona Bra di Confagricoltura –. La cosa disarmante è che la gente è talmente stufa che non presenta nemmeno più la domanda di rimborso che comunque copre solo in parte il danno effettivamente sostenuto. A Ceresole d’Alba c’è l’azienda agricola di uno sconsolato Antonio Ferrero. “Se continuiamo così tra pochi anni smetteremo di seminare – ci dice –. Siamo a un punto di non ritorno ed evidentemente alla politica interessa davvero poco di quelle che sono le istanze di noi agricoltori. Il problema è che la gente è davvero esasperata, anche perché se una volta erano questioni che riguardavano prettamente i territori montani, oggi troviamo selvatici ovunque”.
Nel Saluzzese
“Nell’area del Saluzzese – spiega Marco Bruna, responsabile zona di Saluzzo di Confagricoltura - sono i frutteti ad essere presi principalmente di mira. Nella zona di pianura (Verzuolo, Lagnasco, Manta, Costigliole Saluzzo) i danni sono stati ingenti. Non è solo un discorso economico, ma riguarda anche il fatto che l’azienda spesso deve rifare gli impianti perdendo tempo preziosissimo”. A Costigliole Saluzzo c’è l’azienda agricola di Fabrizio Capellino che spiega come sia necessario trovare il giusto equilibrio. “A chi non piace vedere gli animali scorrazzare liberi nei prati e nei boschi? – ci dice -. Tuttavia credo che, come per qualsiasi specie, se ne debba fare una questione di densità della
ALLASIA: “IL TEMPO DELLE PAROLE È FINITO, ORA SI PASSI AI FATTI E LO SI FACCIA IN FRETTA”
popolazione e di buon senso. La presenza del lupo spinge cinghiali e caprioli più a valle dove, tra l’altro, hanno anche maggiore facilità a trovare cibo e dunque si trovano benissimo. Occorre ristabilire una politica tesa a mantenere il giusto equilibrio anche per una questione di sicurezza e ordine pubblico”. Voci che testimoniano difficoltà trasversalmente evidenti a cui va data una risposta immediata. “Il tempo delle parole è finito – conclude Enrico Allasia - e se in questi ultimi anni i selvatici sono aumentati e non diminuiti significa che la strategia utilizzata ha miseramente fallito. Siccome non vorremmo essere ancora qui tra un anno a ripetere le stesse cose, rivolgo un appello affinchè si riveda ciò che deve essere rivisto, come le funzioni degli ATC e dei comprensori alpini, i piani di contenimento e i periodi di caccia, ma si faccia qualcosa e lo si faccia in fretta. Non si arrivi, per cortesia, all’extrema ratio di chiamare in causa l’esercito il cui intervento non farebbe altro che certificare il totale fallimento dell’azione politica”.
DANNI DA FAUNA Confronto a Cuneo con il presidente Cirio
Nel pomeriggio di giovedì 27 maggio, in occasione del convegno on line “Il Nocciolo. Qualità e sostenibilità nella produzione” al quale è intervenuto, il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, ha fatto visita alla sede provinciale della Confagricoltura di Cuneo, incontrando il presidente Enrico Allasia, il direttore Roberto Abellonio e i dipendenti. In particolare, insieme ai rappresentanti dell’organizzazione agricola il presidente Cirio si è soffermato ad affrontare alcuni dei principali temi e criticità che interessano il settore primario piemontese, prima fra tutte quella dei danni provocati dalla fauna selvatica alle coltivazioni. Ha dichiarato Roberto Abellonio: “Con l’avvio delle semine primaverili, infatti, si sono registrati attacchi sempre più massicci di cinghiali, in particolare delle zone contigue ai parchi e nelle aree vicine alle zone boscate con la presenza di incolti. Con il presidente della Regione abbiamo discusso delle proposte di Confagricoltura per il contenimento della fauna selvatica, con l’obiettivo di garantire una maggiore sicurezza stradale e al tempo stesso di prevenire i danni legati alle coltivazioni danneggiate, che stanno comportando un ingente danno agli agricoltori, già vessati dalla crisi economica causata dalla pandemia”.
Innovazione, ricerca e sostenibilità per la valorizzazione della nocciola piemontese
UN MIGLIAIO I PARTECIPANTI AL CONVEGNO ONLINE ORGANIZZATO DA CONFAGRICOLTURA CUNEO
di Francesca Braghero
“Siamo giunti alla settima edizione di un convegno ormai internazionale, incentrato quest’anno sul tema della sostenibilità della filiera corilicola e in merito al quale Confagricoltura Cuneo insieme all’Istituto Nord Ovest Qualità (INOQ) ha presentato un progetto specifico”. Con queste parole Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Cuneo e Piemonte, ha aperto giovedì 27 maggio il convegno dal titolo “Il Nocciolo. Qualità e sostenibilità nella produzione”, tenutosi in diretta streaming e seguito da oltre un migliaio di utenti collegati non solo dal Piemonte ma da tutta Italia, dimostrando come questo importante appuntamento annuale costituisca sempre più un punto di riferimento per chi opera nel comparto corilicolo. È seguito l’intervento di Marco Protopapa,
CUNEO 18%
% della SAU cuneese su quella nazionale NOCCIOLETI
assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, che ha messo in evidenza come il tema della sostenibilità sia sempre più presente in agricoltura e possa fare la differenza in termini di innovazione, competitività e difesa della qualità delle proprie colture, tra le quali quella del nocciolo ha un ruolo rilevante per il territorio piemontese. Posizione condivisa da Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte, che si è concentrato sull’importanza di promuovere la valorizzazione della nocciola Piemonte IGP esattamente come in passato è avvenuto per il settore vitivinicolo: “La nocciola piemontese si distingue per integrità, sapore, resa e, soprattutto, sostenibilità della produzione, che avviene sempre nel pieno rispetto dell’ambiente e dei lavoratori. Dobbiamo avere consapevolezza della qualità delle nostre nocciole, valorizzarle e marchiarle come prodotto unico, per affermarlo senza timore del confronto nella produttività internazionale, non solo come prodotto italiano, ma come prodotto piemontese”. Dopo una serie di brevi filmati introduttivi di Pier Paolo Bertone, presidente di Ascopiemonte, Nicoletta Ponchione, vice presidente di Asprocor e Gianluca Griseri, consigliere di Agrion e tra gli organizzatori del convegno, volti a mettere in luce il significativo aumento della superficie coltivata a nocciolo in Piemonte negli ultimi sei anni e la conseguente necessità di intensificare la ricerca nell’attività corilicola del territorio per promuoverne l’eccellenza, si è entrati nel vivo del convegno. Gianni Comba dell’istituto Nord Ovest Qualità, primo relatore intervenuto, ha presentato il “Progetto filiera corilicola sostenibile in Piemonte”, già al vaglio della Regione, che mira a dotare le aziende produttrici di un modello disciplinare tecnico condiviso e certificabile con una dichiarazione di sostenibilità ambientale, a partire dal protocollo standard di certificazione DTP 112, che possa offrire garanzia di qualità alle nocciole piemontesi. Tra i requisiti considerati vi sono la sostenibilità dei terreni di coltivazione, l’implementazione di un sistema di gestione agronomica rispettoso dell’ambiente e della salute dei consumatori,
SOSTENIBILITÀ AL CENTRO DEL PROGETTO DI CONFAGRI CUNEO E INOQ AL VAGLIO DELLA REGIONE
il mantenimento della fertilità del suolo. A tal proposito, si procederà alla selezione di un gruppo di aziende rappresentative del territorio piemontese su cui sperimentare il protocollo di certificazione DTP al fine di dimostrarne l’applicabilità. Il convegno è proseguito con Nadia Valentini del dipartimento DISAFA (Scienze agrarie, forestali e alimentari) dell’Università di Torino, che si è concentrata sul tema della cascola anticipata dei frutti del nocciolo, problema sempre esistito in questa coltura, dovuto a cause non sempre comprese e definibili in modo assoluto. La relatrice ha messo in evidenza come la ricerca possa contribuire al raggiungimento di una soluzione mediante l’approfondimento degli studi genetici e fisiologici sul nocciolo, le sperimentazioni e ulteriori indagini sul ruolo della cimice asiatica, al fine di mettere a punto dei protocolli di buone pratiche agronomiche in grado di mantenere le piante in condizioni di benessere. A seguire, Ivano Scapin di AgroTeamColsunting ha trattato il problema dell’avariato, che porta a difetti di natura organolettica e merceologica visibili sui frutti dopo la raccolta, rendendoli non idonei all’uso industriale. Il fenomeno, che ha diverse cause, va affrontato con misure di prevenzione, come il contenimento della cimice asiatica ed eventuali trattamenti contro i funghi, anche se ancora prematuri in quanto in fase di ricerca. Il convegno si è concluso con l’intervento di Alberto Puggioni di Netafim Italia, che ha trattato il ruolo chiave dell’acqua per la produttività del nocciolo e l’importanza della tecnica di irrigazione a goccia messa a punto da Netafim, che ha fatto scuola nel campo corilicolo, facendo tesoro delle proprie esperienze sul campo.
RIVEDI TUTTO IL CONVEGNO
Inquadra il QR Code con lo smartphone e puoi rivedere tutti gli interventi del convegno organizzato da Confagricoltura Cuneo
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Api e mieli piemontesi colpiti dalle gelate di aprile
GLI APICOLTORI NELLA NOSTRA REGIONE SONO 5.600 PER UN TOTALE DI OLTRE 190MILA ALVEARI E 2,1MILIONI DI CHILI DI PRODOTTO ANNUO
Il 20 maggio è stata celebrata la Giornata Mondiale dell’Ape Italiana, sottospecie di ape autoctona diffusa, apprezzata e allevata su scala planetaria, un caso unico che spiega le ragioni dell’orgoglio e dell’impegno della comunità apistica nazionale nel tutelare e salvaguardare questo patrimonio della nostra biodiversità. Gli apicoltori censiti in Italia sono in costante aumento: circa 65.000, cui se ne aggiungono almeno altri 10.000 che, specie tra i giovani, nonostante la pandemia, stanno manifestando il proposito di avvicinarsi a questo allevamento seguendo i necessari corsi di formazione. Gli apicoltori piemontesi sono oltre 5.600, la maggior parte in provincia di Cuneo, per un totale di oltre 190.000 alveari che pongono la nostra regione al primo posto per numero di addetti in Italia, con oltre 2,1 milioni di chili di miele all’anno. Il punto critico dell’apicoltura resta quello della produzione del miele, da ormai cinque anni soggetta a una costante riduzione dovuta alle avversità atmosferiche e ai cambiamenti climatici. “La mancata produzione dei mieli primaverili italiani è ormai strutturale – spiega Confagricoltura Piemonte - e come tale va gestita, adottando interventi compensativi per gli apicoltori affinché non abbandonino questa attività. Anche quest’anno – fa rilevare Confagricoltura - la stagione in Piemonte non è partita sotto i migliori auspici: le gelate del 7 - 8 e 9 aprile hanno colpito in particolare le piante di acacia, causando danni rilevanti”.