Oltre Gli Orizzonti - Febbraio 2012

Page 1

magazine online di

cultura&sport

Aics Genova

oltregliorizzonti

n. 3 FEBBRAIO 2012

In punta di dito Nostalgia

e passione: quando il calcio si chiamava Subbuteo

riscoprirte lo spor o L'Assessore Cascin

spi ega la sua ricetta

le mille e e una nott Benessere

e cucina etnica

bastano le mie forze Habilis Genova,

za scuola di sopr av viven

tutto sui circoli Le

ultime dal mondo Aics


oltregliorizzonti IN COPERTINA Il calcio totale dell'Ajax di Cruijff e una mano pronta a colpire: il pallone visto attraverso gli omini del Subbuteo [ foto di simone arveda ]

MAGAZINE DI CULTURA E SPORT DI AICS GENOVA | Pubblicazione online Redazione: Michele Cammarere / Federico Pastore Progetto grafico e impaginazione: Simone Arveda Aics Genova: Via Galata 33/6, 16121 Genova Mail: redazione@aics.liguria.it Internet: aics.liguria.it Chiuso in redazione il 23 feb 2012


editoriale

L'importante è fare Si

può nascere col talento o affinarlo col tempo: basta provarci testo di Michele Cammarere

L

'importante è fare e toccare con mano, come quando si era bambini. Non tutti ne sono capaci. C'è chi nasce con una qualità, chi la acquisisce e la perfeziona nel tempo, chi non ce l'ha ma ci prova lo stesso, non è importante, l'importante è fare. E' quello che ci hanno insegnato gli incontri di questo mese, realtà diverse ma tutte vissute con grande passione. Passioni che nascono da dentro, così come la voglia di trasmetterle a chi non le conosce. Immersi nella natura

La chiacchierata con il team della scuola di survival e sopravvivenza Habilis ne è un esempio: amici che condividono tante energie e le mettono insieme per costruire un percorso condividendolo con gli altri. Il richiamo della natura, la voglia di starci dentro anche solo per il gusto di ritrovare l'emozione della scoperta, raggiungere un obiettivo o soltanto stare insieme. Alla (ri)scoperta del Subbuteo

Un po' lo scopo per cui è nato il Subbuteo, mitico gioco che ha appassionato milioni di persone in tutto il mondo, una su tutte Edilio Parodi, l'uomo che lo portò in Italia, e grazie alla sua passione e a quella dei suoi figli è stato determinante per farlo conoscere anche a noi. Una chiacchierata con Arturo Parodi, colui che ha vissuto tutta la storia, gli aneddoti, i momenti belli e brutti della storia di un gioco, scritta ogni giorno dai tanti appassionati che non smettono di alimentarla. Gente che "fa"

Tanta gente che “fa” in questo numero, come l'associazione Mille e una Notte con le sue proposte, il Dream Day 2012, gara di danza aperta a tutti i circoli di danza promossa da Giocanimando di Federica Limardo e gli altri circoli che fanno e hanno voglia di farsi conoscere con le loro attività e le loro manifestazioni arricchendo il mondo Aics. Basta uscire di casa e dare voce alle passioni, noi grazie ai nostri circoli proviamo a stuzzicarvi, il resto tocca a voi.

3 / febbraio 2012

3


4 aics liguria / oltre gli orizzonti

questo

LA FATICA E POI LA PACE Andiamo a conoscere i ragazzi del circolo Habilis Genova e la filosofia alla base delle loro iniziative: riscoprire il mondo che ci circonda, insegnando a sopravvivere solamente con le proprie forze, può portare alla pace interiore

RISCOPRIAMO SPORT E CULTURA L'Assessore Regionale Gabriele Cascino ci racconta la sua visione dello sport e il ruolo dell'associazionismo in un mondo dominato da troppo egoismo

CALDERONE Cosa fanno i nostri circoli: fatti, notizie, curiositĂ , eventi dal mondo Aics. Il Trofeo Frigerio di marcia, di nuovo a Genova, la gara di danza organizzata dal circolo Aics Giocanimando, le offerte da sogno di Mille e Una Notte e il nuovo Aics Mobile


5 3 / febbraio 2012

o mese

LA FOTO DEL MESE Ogni mese uno scatto per guardare oltre: oltre il contorno, oltre l’immagine. Oltre gli orizzonti, insomma

12

FOOTBALL IS ON THE TABLE Un lungo viaggio nel mondo del Subbuteo: popolarissimo dagli anni Settanta ai primi Duemila, il gioco portato in Italia da Edilio Parodi ha ceduto il passo. Ma non nel cuore dei tanti che lo hanno amato


aics liguria / oltre gli orizzonti

6

inter

«Riscopriamo s

L'Assessore Regionale Gabriele Cascino

testo di Michele

P

er affrontare i problemi che lo sport incontra nel suo sviluppo e per quello che riguarda le problematiche delle strutture bisogna avere competenza e anche passione per ciò che si fa. Incontrando l'Assessore allo Sport della Regione Liguria, l'avvocato Gabriele Cascino, è dalle sue parole che arrivano conferme sul ruolo che lo sport occupa nella sua vita «A me è sempre piaciuto fare sport. Ho giocato a pallone, nell'Argentina Arma del Comune di Taggia, sono stato lì tanti anni. Poi inevitabilmente gli allenamenti, i viaggi, le trasferte, i tanti impegni mi hanno costretto a giocare in maniera meno agonistica. Gioco il giovedì sera con la squadra degli avvocati di Sanremo, partecipiamo anche a Eurolawyers, torneo internazionale con gli avvocati di tutta Europa. Poi vado in bicicletta, corro e gioco a tennis. Lo sport mi è sempre piaciuto insomma, ovviamente sono tifoso, mi piace il calcio, ma avvicinarsi ad altre discipline è importante e soprattutto gratificante». Secondo lei il calcio merita tutto il seguito che ha?

«Bisogna distinguere. Il calcio che piace a tutti noi, quello che si gioca fin da bambini in piazza, per la strada, all'oratorio, quando si è ragazzi. Piace, diverte, fa stare in compagnia, fa stare all'aria aperta, e poi, come si dice, l'Italia è un paese fondato sul calcio, no? Poi c'è l'altro calcio, la Serie A, quello dei grandi interessi economici, anche delle grandi “mediazioni” politiche, in un termine asettico, ovviamente, e quello secondo me è un calcio che merita meno di quello che raccoglie. Il concetto è che allo sport si è sostituito il business. Cose che inquinano, gli scandali delle partite truccate, il doping, trasferimenti di giocatori fatti ad hoc per aggiustare bilanci e far guadagnare i procuratori». Quindi la parte buona del calcio, e dello sport in generale, è quella in cui questi agenti esterni non esistono o non recitano un ruolo da protagonisti?

«Certo, quello in cui si va a far sport per passione, per stare all'aria aperta, divertirsi e stare in compagnia, e dove c'è in palio soltanto la pizza a fina partita. I numeri sono impressionanti, è quello che più mi fa piacere. Quello che fanno associazioni di promozione come la vostra è uno splendido ed impagabile lavoro che spoglia lo sport delle cose inutili, e lo riporta all'essenza, dove non c'è il risultato sportivo a

GENOVA L'Assessore allo Sport e Tempo Libero, Organizzazione e Personale Gabriele Cascino comandare, ma il gusto del gioco». Lei è stato presente allo scorso anno alle finali dei campionati Aics, la manifestazione “Tutti Insieme per Ail”.

«È stato molto bello veder giocare i bambini del 2003 nel torneo della mattina, è quella la parte migliore dello sport. L'ente pubblico deve avere una mission particolare, un obiettivo. Per quello che mi riguarda, l'impronta che ho voluto dare all'Assessorato allo Sport della Regione è quello dello sport di base, lo sport di cittadinanza, lo sport che debba rientrare nei canoni più puri del gioco, del divertimento, lo sport alla portata di tutti, quello che fa integrare, che educhi. Un po' quello che voi rappresentate, i valori dell'associazionismo di base. E vedere i vostri

numeri, impressionanti, chissà che impegno. Di sicuro è più difficile organizzare i vostri campionati che la Champions League. Una grande forza che va tutelata, aiutata». Cosa può fare la politica in più per gli enti di promozione sportiva?

«Il momento economico è difficile, è evidente. Sarei poco credibile a promettere fiumi di denaro, e questa non è la mia volontà. Però la politica potrebbe aiutare associazioni come la vostra concedendo le strutture, la logistica e permettendo quindi di organizzare gli eventi. Sarebbe un ottimo punto di partenza, dando il giusto risalto alle manifestazioni, presentandole alla cittadinanza come si deve, essendo presente insomma, aspettando tempi migliori. Perché poi anche nello sport di somme di denaro bisogna metterne. Anche se è tutto fondato


7 3 / febbraio 2012

rvista

sport e cultura»

no e una nuova sfida per le

Associazioni

e Cammarere

sul volontariato, sull'impegno delle persone, qualche aiuto economico serve, come è sempre servito, anche in passato». Parla del passato: è cambiato negli anni il modo di stare insieme?

«Mi ricordo bene, la chiesa e l'oratorio avevano un loro ruolo, io facevo parte di molte associazioni, ce ne erano tante e tutte frequentate. Effettivamente l'associzionismo è cambiato da quando io ero giovane, la gente andava al circolo anche solo per stare in compagnia, ed era bello. Secondo me è cambiato, purtroppo, e questo è uno dei mali della nostra società moderna, fondata essenzialmente sull'individualismo, che ha dimenticato quanto sia bello stare insieme, fare gruppo». Anche oggi troviamo moltissime associazioni e circoli frequentati, che offrono opportunità valide ed interessanti per chiunque: è forse cambiato lo scopo dell'associazione?

«Credo che la spinta maggiore per associarsi al giorno d'oggi sia quella di ottenere vantaggi economici. Non per tutti ovvio, anche se non c'è nulla di male. Niente vieta di unire interessi comuni per ottenere vantaggi comuni, e per poter rappresentare un certo tipo di necessità da parte della società. Una volta avevamo partiti più forti, sindacati più forti. Enti come Aics sono nati da un sindacato o da un partito, rappresentando una certa area di idea politica, nel senso buono del termine, non intendo dire fossero politicizzati». Tantissimi enti sono nati in quei

periodi.

«E questo è stato solo un bene per il nostro paese. Quindi l'associazionismo nel termine più puro dovrebbe tornare indietro di qualche tempo, per riscoprire lo sport, la cultura, il dedicarsi a progetti comuni, come negli anni '70 e negli anni '80, quando nelle associazioni questo modo di stare insieme era la regola». Le associazioni sono nate come estensione dei partiti nello sport, ma di certo adesso non è più così. Sono passati tanti anni, ormai gli enti vivono di vita propria.

«Certamente è così, è passato tanto tempo, la politica non c'entra più niente, però sembra che si sia perso anche qualcosa negli ultimi anni, adesso è tutto volto al raggiungimento del risultato a tutti i costi, forse in maniera troppo esasperata. Ribadisco, l'unico male è l'individualismo che domina la società ormai, ed è un peccato, perché la base era una base importante. Questa grande stratificazione dell'associazionismo che c'era in Italia, anche per colpa di questo egoismo di massa, si è andata un po' a perdere, è un dato di fatto. Bisogna superare questo momento anche storico». Secondo lei è anche un problema di educazione allo sport?

«Intendo proprio questo, è anche il momento storico che incide, se penso al futuro vedo un associazionismo vivo, a patto che cambi il modo di approcciarsi allo sport. Per questo Aics è così importante, come tutti quelli che fanno il vostro lavoro. C'è bisogno che i genitori portino i loro figli

all'aria aperta, togliendogli lo schermo davanti agli occhi». Educazione che parte dai genitori dunque.

«Sì: non esasperarli, soprattutto quando vedono il loro ragazzo divertirsi. È quello che conta in fondo, questa è un'altra missione di enti come Aics. Insegnare come fate che lo sport è divertimento, esortandoli ad uscire magari non rimanendo ore su internet». Tante forme di associazionismo nascono su Internet, però.

«Assolutamente, nascono perfino partiti politici, basta guardare Beppe Grillo ed il Movimento Cinque Selle. Sono forme moderne di associazionismo che sono importanti, tanti blog sulle più diverse argomentazioni, sarà interessante vedere a che cosa porterà. Ma finché vedo i vostri numeri crescere resto fiducioso per il futuro». Ci vuole l'impegno di tutti per mantenerli e farli continuare a crescere.

«Genova e la Liguria in genere hanno sempre avuto grandissima tradizione, sono stato 10 giorni fa al Trofeo Ravano, al palazzetto della Fiumara, e mi ha fatto grande piacere vedere tutti quei ragazzi di quarta e quinta elementare: è quello lo sport di base. Un bimbo su 8 pertecipa al trofeo... Anche questa è la fortuna di Genova e Liguria, è una realtà che qui non è stata mai dispersa. Anni di sindacati forti, di movimenti dei lavoratori, hanno prodotto dei risultati che sono arrivati fino ad oggi anche in altre sfere».

la scheda

Chi

è

Gabriele Cascino

Gabriele Cascino è l'Assessore allo Sport e Tempo Libero, Organizzazione e Personale della Regione Liguria, sotto la nuova giunta Burlando. Nato a Praia a Mare (Cosenza) il 24 maggio 1973, Cascino - all'età di cinque anni - si trasferisce con la propria famiglia in Liguria, a Taggia, dove ancora risiede. Laureato in giurisprudenza, dopo aver completato il praticantato supera l'esame per l'abilitazione alla professione di avvocato presso il proprio studio di Sanremo. Dal 2003 è iscritto all'Italia dei Valori, e dal 2005 ricopre la carica di segretario provinciale nella provincia di Imperia.

«Il calcio delle piazzette, quello merita. Ai vertici gli interessi sono troppi»

«Credo sia più difficile gestire i tornei Aics che non la Champions League»

«Sono stato al Torneo Ravano: è lì che trovi il vero sport di base»


8 aics liguria / oltre gli orizzonti

calde

Cosa fanno i Fatti,

notizie, curiosità,

a cura di Michel

Benessere > Nel

cuore del centro storico di

Genova

trovate un mondo di offerte

Hammam, massaggi, cene etniche: sognare si può con le Mille e Una Notte

di f. past.

I

n Via del Molo, nel cuore del vecchio - ma quello vecchio davvero - centro storico di Genova, c’è Paolo Marini, con il suo Le Mille e una Notte. Che è un centro estetico? Un hammam? Un centro benessere? Un luogo di relax? Sì, è tutto questo, ma non solo. Paolo Marini, ex agente immobiliare, dopo decine di anni di compravendita nel ramo case, casette e affini, ha tirato giù la saracinesca e, insieme alla moglie, ha deciso di tirarne su un’altra. Dentro, c’è un mondo completamente diverso da quello frequentato sino ad allora. Un mondo da sogno: Le Mille e una Notte, appunto. Dal mercato immobiliare al bagno turco

Marini racconta della trasformazione. «Avevo un’agenzia immobiliare, ormai diversi anni fa, ma ad un certo punto mi sono stufato. Ho sempre girato il mondo per curiosità e sono sempre stato un grande appassionato di cucina e più in generale dello star bene. Così, di comune accordo insieme a mia moglie, ho deciso di tentare una nuova avventura, che incarnasse completamente ciò che noi due siamo». Scuole massaggi e benessere seguite con profitto e concluse, titoli necessari acquisiti, negozio trovato (il mestiere è servito), non restava che aprirlo. È successo ormai tre anni fa. «Tre anni fa, esatto - prosegue Marini -, siamo partiti con l’hammam e la cucina è arrivata quasi subito, quasi come una conseguenza naturale, per via della mia grande passione per la culinaria». Qui sta ciò che rende le Mille e una Notte una realtà molto diversa da tutte le altre del settore. Esempio pratico. Entri all’hammam alle 5 di pomeriggio, esci alle 11 di sera. Con la pancia piena e i muscoli rilassati e, probabilmente, un sorriso così. «Sì, qui facciamo tutte queste cose - sorride compiaciuto Marini -. Iniziamo con i trattamenti per il corpo, i massaggi, il bagno turco e via discorrendo, per poi offrire anche la possibilità di gustare una vera cena etnica. Siamo in grado di preparare piatti tipici da tutto il mondo, con alimenti freschi, comprati esclusivamente il giorno stesso. Per questo lavoriamo solo su prenotazione. Se vuoi la cena araba, greca, indiana, spagnola, marocchina o asiatica basta chiederlo in anticipo: e noi siamo a disposizione». Lo chef a domicilio

Ed ecco che il pomeriggio e la serata sono da sogno. Se poi qualcuno fosse attaccato alla poltrona e non riuscisse proprio a schiodarsi di casa, o per qualche eventualità non la potesse abbandonare, o volesse

magari, più semplicemente, regalare al fidanzato o alla fidanzata una cenetta da non dimenticare, ecco l’altra idea di Paolo Marini. Il progetto Cucinovagando. «Non è altro che chef a domicilio - dice lui -. Semplicissimo. Chi lo desidera, può contattarmi e fissare un appuntamento. Io vado nella casa designata, faccio un sopralluogo per vedere di quali spazi lavorativi potrò usufruire, poi compro gli ingredienti il giorno stesso della cena e mi presento a casa dei clienti per cucinare. Chi lo desidera, può anche stare con me mentre lavoro, per imparare qualche segreto di un'altra cucina. Quando la cena è pronta, ringrazio, saluto ed auguro a tutti buon appetito». Solletico per i cinque sensi

Non è finita qui. Per chi lo desiderasse, Le Mille e una Notte mette a disposizione anche musica e massaggi! Ancora Marini: «Volendo, nel pacchetto completo c’è anche la possibilità di trasferire il nostro centro a domicilio, con personale qualificato e anche con musicisti, pronti a rendere la cena davvero unica». Insomma, anche a casa massaggi, gusto e musica! Un benessere totale, che soddisfa tutti i cinque sensi. «Credo che la cucina sia davvero una delle poche arti a riuscirci. Prende tutti i cinque sensi, perfino l’udito, col ticchettio delle posate e le chiacchiere coi commensali... Davvero un’esperienza unica». Contenuti, infine, i prezzi fissati da Marini, numerosi ed originali invece i pacchetti proposti. Si va dall’addio al nubilato all’hammam, all’anniversario, al compleanno, all’hammam più cena, all’hammam femminile fai-da-te, alla biodanza, addirittura al teatro e alla scuola di cucina, sia pratica che tecnica, e ai corsi di yoga (curati da Liana Carmen Merlenghi, sono ricominciati a metà gennaio). Più Cucinovagando, di cui abbiamo parlato in precedenza. Insomma, non resta che collegarsi al sito dell’associazione (più sotto potete trovare tutte le informazioni utili per contattare Marini). E, naturalmente, mettersi comodi. PER SAPERNE DI PIÙ

L'associazione culturale Le Mille e Una Notte è online, all'indirizzo www.lemilleeunanotte.net; situata nel cuore del Porto Antico di Genova, in via del Molo 49 rosso, è aperta dal martedì al sabato e la prima e terza domenica del mese (lunedì, giorno di riposo). Per contatti e informazioni, i numeri di telefono sono 010 2465884 e 335 6131591; su prenotazione, l'associazione può concordare orari personalizzati per offrire i propri servizi.

Cene, musica, trattamenti per il corpo: benessere per i cinque sensi


9

,

3 / febbraio 2012

erone

nostri circoli eventi dal mondo

Aics

le Cammarere

GENOVA Il pacchetto di offerte dell'Associazione Culturale Le Mille e Una Notte: la maestra yoga Liana Carmen Merlenghi, la zona dedicata ai trattamenti hammam e la sala da pranzo


aics liguria / oltre gli orizzonti

10

Marcia > Torna

sulle nostre strade, patrocinata da

Aics,

la prestigiosa manifestazione

Il mare di Genova per il Trofeo Frigerio

GENOVA Due immagini delle passate edizioni del Trofeo Frigerio, prestigiosa manifestazione nazionale di marcia giunta alla 43a edizione

T

orna a Genova il Trofeo Frigerio, storica e prestigiosa manifestazione nazionale di marcia. La manifestazione, come ormai consuetudine, si terrà nell'ultima domenica di febbraio con il chiaro obiettivo di riproporre una gara dall'altissimo contenuto tecnico. Confortato dal gran numero di atleti presenti al via ed impreziosito da presenze internazionali di grandissimo rilievo, la tappa genovese del Trofeo Frigerio rappresenta un avvenimento di grande impatto promozionale sotto il profilo sportivo per una disciplina in continuo sviluppo, con il chiaro intento di rivolgersi sia ad atleti di elìte, ma soprattutto all'attività giovanile, volta alla ricerca di nuovi talenti per la Nazionale, tradizionalmente capace di raccogliere successi e risultati di prestigio a livello mondiale. Genova e la marcia

Tante volte il mondo della marcia e quello della città di Genova si sono incrociati. Un grande simbolo nazionale come Abdon Pamich, genovese di adozione e medaglia d'oro olimpica, ha inaugurato questo connubio, tra la città ed una specialità che ha sempre rappresentato certezze di competitività e successi a livello internazionale. Una bella occasione per l'offerta turistica di Genova, con le sue bellezze e le sue potenzialità organizzative, e per gli organizzatori, che vorranno di sicuro confermare quanto di buono fatto negli ultimi anni.

Città da record

Testimonial d'eccezione sarà l'atleta cinese Wang Zhen capace, nell'edizione del Trofeo Frigerio 2011, proprio qui a Genova, di firmare la miglior prestazione mondiale stagionale (non ufficiale). Una presenza che simboleggerà un riconoscimento alla Nazionale Cinese, presenza ormai abituale e graditissima alla manifestazione. Gara con vista mare

La gara si svolgerà in Corso Italia, ed occuperà lo spazio della carreggiata a mare che va dai bagni San Nazaro ai Bagni Lido. I concorrenti ripeteranno più volte il percorso, e potranno godere, assieme agli spettatori, della bellezza del nostro lungomare in un tratto suggestivo. L'anno olimpico

Ospitare una tappa del Frigerio proprio nel 2012, anno delle Olimpiadi di Londra, speriamo possa esser di buon auspicio per i nostri atleti, affinchè qualcuno di loro possa essere protagonista nelle gare della 20 e 50 km. La manifestazione è promossa dal Comitato Coordinatore Marcia in Liguria ed il Gruppo Città di Genova, ed è patrocinata da Regione Liguria, Provincia di Genova, Comune di Genova, Fidal, Aics, Camera di Commercio di Genova e Bagni San Nazaro.

savona e imperia, falanga presidente

Succede

al compianto Italo

A causa della perdita del compianto Presidente Italo Zerbini, si è resa necessaria la convocazione di un'assemblea straordinaria degli associati per l'elezione dei nuovi organismi statuari del comitato interprovinciale Savona e Imperia. Ha aperto l'assemblea Giovanni Falanga, Presidente FF del comitato uscente. Gino Dellacasa, Presidente Regionale Aics, ha presieduto l'assemblea. Lo stesso Falanga ha relazionato sull'attività e sugli impegni futuri del Comitato Interprovinciale, contestualmente all'esposizione delle evidenti difficoltà economiche che il paese sta attraversando. Difficoltà accentuate dal fatto che i Comitati a partire dal 2013 saranno divisi. Lo stesso Giovani Falanga, al termine dell'assemblea, viene eletto all'unanimità come Presidente del Comitato Interprovinciale.

Zerbini

alla guida del

Comitato Interprovinciale

CONGRESSO AICS Il compianto Italo Zerbini, a destra, con il governatore Claudio Burlando, il presidente nazionale Aics Bruno Molea, Livio Speranza (presidente provinciale Coni, al centro) e l'Assessore allo Sport della Regione Liguria Gabriele Cascino


aprile la gara organizzata da

Giocanimando

Dream Day, tempo di ballare

11

ecco aics mobile Il

nostro sito diventa light

È arrivata la prima novità del 2012. È online infatti, la versione mobile del sito del Settore Calcio Aics. Per tutti i possessori di smartphone, con qualsiasi sistema operativo, e di tablet, sarà ora possibile navigare su una versione light del sito Aics, appositamente studiata. Una novità assoluta per i campionati amatoriali in tutta la regione, una novità voluta fortemente da Aics per cercare di precorrere i tempi, proprio come l'Associazione fece ormai tanti anni fa con il sito Internet, che allora non era di certo così diffuso come è adesso.

GENOVA Street-dance protagonista al Dream Day organizzato dall'associazione Giocanimando

G

iocanimando, l'associazione di Federica Limardo, organizza a Genova, il 20 e 21 aprile prossimi il Dream Day. Dream Day è una gara di danza alla quale sono invitati a partecipare tutti i frequentanti dei corsi di danza moderna, hip-hop e ginnastica artistica sia livello principianti che livello intermedio/avanzato delle scuole e palestre tesserate Aics. Di seguito, alcuni passi del regolamento. Gara

La gara si terrà a Genova, il 20 e 21 aprile, presso via Riboli 20, nel quartiere di Albaro. Il coordinatore o referente sarà considerato unico rappresentante del gruppo per ogni tipo di comunicazione da parte dell’organizzazione. La registrazione della scuola, del gruppo o della squadra deve avvenire dalle 14 alle 15.30 del giorno 21 aprile 2012, presso lo stand preposto: non è obbligatorio portare l’intero gruppo. L'inizio della gara è fissato per le ore 16.30. In caso di mancato raggiungimento di un numero minimo di partecipanti l’organizzazione si riserva il diritto di unire e/o eliminare le categorie. L’ingresso al pubblico è gratuito. Il cd può essere consegnato o all’iscrizione (preferibilmente) o alla registrazione (sconsigliato), deve essere traccia singola, con sopra scritto nome della scuola, del gruppo, categoria e stile. La sequenza del programma deve essere assolutamente rispettata, salvo che in situazioni eccezionali o situazioni contingenti. Sarà compito dell’organizzazione comunicare in maniera tempestiva ogni e qualsiasi variazione della sequenza in ingresso in palcoscenico.

Categorie

Il concorso è aperto a tutti. Le gategorie sono costituiti da gruppi minimo di 3. Non sono ammessi insegnanti all’interno del gruppo ma solo allievi. La gara si articola nelle seguenti categorie: Baby, 0-11 anni compiuti; Teen, 12 -17 compiuti; Senior, 18 e oltre. Sono concessi elementi fuori età nella misura di 1 ogni 3 ballerini. Coreografie

Le coreografie verranno raggruppate per carattere tecnico nelle seguenti discipline: streetdance (mix di tutti gli stili di ballo legati alla cultura hip-hop: b-boying, popping, locking, funk, house, wacking, new style, L.A. style); modern (danza moderna, modern-jazz, contemporaneo); ritmix (fusione di stili misti con elementi obbligatori di ginnastica artistica, ritmica, aerobica o acrobatica). Struttura della coreografia: la composizione coreografica è libera, i costumi devono essere liberi ma decorosi e consoni alla coreografia; è vietato l’uso di sostanze come borotalco, oli sia in palcoscenico che in corpo, o di altri elementi che possano sporcare il palco di gara; all’interno del palcoscenico possono entrare solamente oggetti o accessori che fanno parte della coreografia, installati e rimossi dagli stessi partecipanti o loro addetti. Qualora la coreografia verrà protratta oltre i limiti consentiti, i giudici procederanno con la penalizzazione. Durata massima dell’intera coreografia dovrà essere obbligatoriamente, a partire dal primo beat udibile, di 3’ (+/- 30 secondi) per tutte le coreografie. Giuria esterna

Per la valutazione di tutte le categorie e sezioni è prevista la convocazione di un collegio

di grande qualità, composto da esperti qualificati nel settore, scelti tra insegnanti, coreografi, e/o professionisti di chiara fama. La classifica e le votazioni della Giuria sono insindacabili. Se lo riterrà opportuno, la giuria può non assegnare i premi previsti. Garante della regolarità delle operazioni di voto e di scrutinio è il Presidente di Giuria, abilitato al compito assegnato e designato dall’organizzazione. Ogni membro della commissione giudicante designato sarà informato sui metodi e sui parametri di giudizio da parte del Presidente di Giuria. Il giudizio verrà articolato in sei diversi parametri ed espresso a votazione distinta su: tecnica coreografia, scelta coreografica, interpretazione e originalità, musicalità, capacità di assieme, utilizzo dello spazio. Ogni gruppo può partecipare a più sezioni con gli stessi danzatori (ma con coreografie diverse), può partecipare nella stessa sezione con più coreografie (ma con danzatori diversi). Non sono previste prove palco. Costi

Prezzo: una coreografia, 10 euro a partecipante, con la seconda coreografia a seguire costo a partecipante 5 euro in più. I premi in palio

Per ogni sezione verranno stabiliti i vincitori che saranno premiati pubblicamente a fine competizione. In palio targhe, coppe e gadgets, più la partecipazione gratuita allo stage del 22 aprile con Natalia Vallebona. INFO E PRENOTAZIONI

Elena Fossa: cellulare 340 8546668, e-mail elenafossa87@ yahoo.it

Nella realizzazione della versione “mobile” del sito Aics ci siamo messi nei panni del tesserato, per selezionare le informazioni che è necessario reperire mentre si è in giro. Ovviamente la versione mobile del sito non avrà gli identici contenuti del sito nella versione normale, ma avrà il necessario che può servire quando non c'è la possibilità di accedere alla versione classica di aics.liguria.it. È possibile trovare la homepage, con tutte e 4 le notizie principali che sono nella home del sito in versione classica, tutte le news dell'ultim'ora, risultati e classifiche aggiornati in tempo reale, le info sulle squadre, i comunicati ufficiali e tutti i contatti. La parte più interessante, però, è sicuramente quella del pre-gara. C'è lo spazio per tutte le info della partita, la mappa interattiva per raggiungere il campo dove la gara stessa si disputa, le info sulla formazione avversaria, oltre che della propria (esempio: il colore della maglia), con l'elenco dei tesserati Figc, gli eventuali squalificati, il numero del Pronto Arbitri, che spesso non si ha dietro... Da oggi sarà più facile dare una sbirciata ai risultati dallo spogliatoio dopo aver giocato per vedere tutte le evoluzioni della classifica e commentarle “a caldissimo”, in più si eviterà di perdersi “sui bricchi” alla ricerca di un campo, o di arrivare al campo con l'identica divisa degli avversari. Insomma, una novità per stare al passo con i tempi, e agevolare l'accesso al nostro sito anche su dispositivi di ultima generazione, ormai sempre più diffusi. Per adesso l'indirizzo da digitare per accedere alla versione mobile è www.aics.liguria.it/mobile, ma prossimamente chiunque vi verrà automaticamente indirizzato, anche digitando l'indirizzo classico del sito del settore calcio dal vostro smartphone o tablet. Buona navigazione!

3 / febbraio 2012

Danza > Ad


aics liguria / oltre gli orizzonti

12

Football is on the table Quando l'erba era un panno: l’epopea del Subbuteo testo di Michele Cammarere foto di Simone Arveda

GENOVA | 6 feb 2012 Una base tonda, il pallone oltre la linea di tiro, difesa schierata e omino a terra: ne è passato, di tempo, da quando un gioco come il Subbuteo invadeva e conquistava le case italiane


subbuteo

Storie di omini, palloni, colla, pennelli e campioni, storia di nostalgia e (tanta) passione

3 / febbraio 2012

13


aics liguria / oltre gli orizzonti

14

1

2

GENOVA | Il mondo del Subbuteo - 1 1 | Dal catalogo degli accessori: torretta con operatore tv per abbellire lo stadio di casa 2 | Porta da allenamento, per affinare il talento

3

4


3 / febbraio 2012

15

GENOVA | Il mondo del Subbuteo - 2 3 | Set di portieri 4 | Ci sono anche arbitro e guardalinee 5 | Pezzi da collezione e omini 6 | Numero 1 in volo 7 | Palloni, palloni, palloni

5

6

7


aics liguria / oltre gli orizzonti

16

GENOVA | Il mondo del Subbuteo - 3 8 | Una vecchia scatola a fare da sfondo ad un omino ritoccato a mano: Inghilterra, maglia grigia da trasferta con inserti rossi

8


3 / febbraio 2012

17


aics liguria / oltre gli orizzonti

18

GENOVA | 6 feb 2012 Squadra rossa e squadra blu, così cominciava l’avventura: il kit base bastava per entrare nel mito. Ma non ci si fermava lì, mai: poi colpi di pennello per gli sponsor, la fascia di capitano sul braccio del più bravo, lo stemma sui pantaloncini, scudetti coccarde tricolori bande diagonali e quant’altro: e l’omino del Subbuteo diventava calciatore, e le fantasie volavano libere


Comincia tutto con un falco The Hobby, infatti, era il nome che Peter

Adolph, di professione ornitologo, aveva scelto per il gioco da lui ideato negli anni ’50. Essendo anche il nome di una specie di falco, diffuso, tra l’altro, in Italia, il falco lodolaio, secondo l’Ufficio Brevetti inglese era non registrabile, quindi Adolph prese parte del suo nome latino, ossia Falco Subbuteo, e così lo chiamò. La simulazione di un gioco che appassionava praticamente tutti, come il calcio, era presente nelle menti di tutti i produttori di giocattoli già da tanti anni. Tanti furono i tentativi di riprodurre in maniera più o meno riuscita lo sport più famoso del mondo, ma fu solo il Subbuteo a riuscirci davvero, cancellando i primi giochi di calcio da tavolo (qualcuno anche piuttosto riuscito) dagli scaffali dei negozi. Il Subbuteo, all’epoca, veniva venduto solo per corrispondenza ma in breve tempo iniziò ad avere schiere di appassionati in ogni angolo della terra, soprattutto in Italia, grazie al fondamentale apporto della ditta Edilio Parodi di Manesseno (subito fuori Genova), primo e, per circa trent’anni, unico distributore in Italia. Non male per un gioco che, a guardarlo bene una volta aperta la scatola, era composto da piccoli pezzetti ed un panno: nulla di divertente

all’apparenza. Un gioco, mille modi per viverlo

Invece il Subbuteo è stato uno dei pochi giochi capaci ad andare “oltre”. Bastavano quei piccoli omini ed il tavolo della cucina per far diventare quello stesso tavolo uno degli stadi più famosi del mondo, facendoci credere che il calciatore lanciato dal nostro dito potesse vivere di vita propria compiendo gesta balistiche fuori dal comune, il tutto creato ad hoc dalla nostra fantasia. Subbuteo è stato, ed è tutt’ora, un gioco particolare, un gioco nel quale l’interpretazione delle cose era ad assoluta discrezione del giocatore. Mille modi di giocarlo, mille modi di intenderlo, dal gioco in sé al collezionismo, in totale sinergia. Omini rossi, omini blu

Chi non ricorda il pacco base, quello con il panno verde, tre palloni bianchi, le due porte di plastica, il piccolo libretto delle istruzioni, la squadra rossa e la squadra blu? Non molto, ma tutto quanto bastava per iniziare a giocare. Il pacco base poteva essere impreziosito all’infinito, grazie al catalogo che anno dopo anno si arricchiva di decine di squadre nuove, accessori, spalti, tribune, tabelloni segnapunti, spettatori già colorati o da colorare, palloni, il mitico campo astropitch (era la variazione del classico panno verde di cotone: un tappetino con fondo di gomma che non aveva bisogno di nulla per essere fissato, bastava srotolarlo e diveniva in un lampo un manto di gioco perfetto), e decine e decine di altri accessori per poter, nel migliore dei casi, poter costruire a casa propria un vero stadio completo di tutti i minimi particolari. Alla fine lo

stadio lo costruivano proprio in pochi, i prezzi non erano esattamente abbordabili per un bambino, e le cose da comprare erano talmente tante che anche ricevendo un pezzetto od ogni compleanno o Natale, per riuscire nell’impresa di costruire uno stadiolo ci sarebbero voluti anni. Ma tutti noi abbiamo sognato di costruire in casa la perfetta replica dello stadio della nostra squadra del cuore, addirittura c’era chi, non potendosi permettere i pezzi originali, costruiva le sue tribune con il Lego od il Meccano, facendo venire fuori così un ibrido non troppo lontano dalla realtà degli stadi di provincia o delle serie minori. Questo è uno dei segreti del successo di questo gioco: non serviva altro che il kit base per essere al livello di tutti gli altri, il resto era tutto colore e fantasia. Bastava avere un paio di squadre con i colori giusti ed il gioco era fatto. La maglia bianconera a strisce poteva essere la Juventus, ma per la scatola stessa che conteneva i “fantastici 11” poteva essere anche l’Ascoli, il Siena, l’Udinese, il Newcastle, il Notts County, lo Charleroi, e così via. Bastava avere una squadra rossoblu per poter avere Genoa, Cagliari, Bologna, Crotone, Gubbio e tante altre estere. Funzionava così per tutte le squadre. Il Subbuteo tra amici

Le regole erano semplici, eppure venivano parzialmente ignorate o stravolte dai giocatori, illusi che la replica di un gioco sul calcio dovesse avere le stesse regole del gioco reale. Le differenze c’erano

le regole del subbuteo

Tocchi,

falli, linea di tiro: ecco come si gioca

Il Subbuteo, come spiega anche Arturo Parodi nell'intervista delle pagine seguenti, non è affatto un gioco immediato: apri la scatola e dentro ci sono due squadre, le porte, un pallone; sì, ma poi? Non basta metterle sul panno verde, perché una partita abbia un senso. Vediamo allora di dare una rapida occhiata alle regole per capirne un po' di più su quello che, con un minimo di applicazione, diventa vero e proprio calcio. Da tavolo, ovviamente. Undici contro undici, e questo non cambia, pallone parecchio più grosso di quel che ci si aspetterebbe, portiere da manovrare con un'asta che arriva fin dietro la porta; gli omini stanno in piedi su una base semisferica (nel corso degli anni è proprio lì che si sono concentrate le innovazioni e le principali migliorie tecniche) che consente loro di scivolare sul campo restando (quasi) sempre in piedi. Come muoverli? Risposta facile, per un subbuteista, ed è dal primo tocco che uno può farsi un'idea sull'essere portato o meno per la cosa: si gioca solo ed esclusivamente in punta di dito. Traduzione: si colpisce la base con l'unghia di indice o medio, senza mai (imperativo categorico) fare leva sul pollice ma solamente sulla superficie di gioco. Tanto quanto gancio e rullata sono mosse vietate intorno ad un calciobalilla, così la bicellata è bestemmia in materia di Subbuteo. Andiamo avanti, e facciamo rotolare il pallone. Si mantiene il possesso finché l'omino messo in movimento colpisce la palla (e questa o l'omino stesso non vadano a toccare un avversario). Nel mentre, l'altro giocatore ha a disposizione uno spostamento (sempre a patto di non scontrare omini e sfera) ad ogni tocco altrui. Massimo tre tocchi di palla con lo stesso omino, poi deve toccare ad un compagno. Per modificare la disposizione in campo della propria formazione sono inoltre a disposizione tre ulteriori mosse prima di un calcio d'angolo o di una rimessa dal fondo, con la squadra in attacco a effettuarle per prima e quella in difesa a prendere - di conseguenza - le opportune contromisure. Ok, l'azione ormai è impostata. Bisogna concluderla, però. Già, il tiro. Ed arriviamo a quella strana linea sulla trequarti che spesso ha confuso i neofiti del Subbuteo. Quella, piazzata ad una trentina di centimetri dalla porta, è la linea di tiro: si può provare la conclusione (con qualunque omino si desideri: date un'occhiata su youtube e troverete difensori capaci di andare in gol arrivando direttamente dalla propria area...) solo se il pallone è interamente al di là. Per parare, mano sull'asticella che regge il portiere e riflessi ben allenati. Più o meno, è tutto. A questo punto sì, la palla passa a voi.

19 3 / febbraio 2012

C

hi ha avuto la fortuna di essere stato bambino nei primi anni ’70 lo conosce bene, chi è bambino adesso ne ha sentito parlare, entrambi si possono ritrovare faccia a faccia sul terreno di gioco, per cimentarsi in una sfida alla pari. Stiamo parlando di lui, del Subbuteo, il famoso gioco di calcio in punta di dito che solo definire gioco è riduttivo per un sacco di buoni motivi. L’hobby per eccellenza, non di fatto, ma di nome.


aics liguria / oltre gli orizzonti

20

LONDRA | 1978 I tempi d’oro del Subbuteo: Andrea Piccaluga (sulla destra, con la coppa in mano) dopo il Mondiale Juniores conquistato a Wembley

I

dalle navi al mondo e ritorno

primi tentativi, le idee di

Adolph, i Mondiali:

poi gli americani, il crollo... e

Zeugo

[ federico pastore ] E’ lungo lo strascico storico che conduce alla nascita del Subbuteo. In gran parte dei casi, versione questa ormai accettata dagli appassionati e dunque fissata nell’immaginario collettivo, l’invenzione del gioco è attribuita all’inglese Peter Adolph, che effettivamente - questo è un dato certo - ha fornito il nome al gioco. Subbuteo proviene dal nome latino del falco lodolaio (appunto Falco Subbuteo, sui testi specializzati). Essendo Adolph ornitologo ed essendo il falco lodolaio particolarmente veloce e preciso nel catturare la preda, colui che oggi è indicato come il grande padre del Subbuteo pensò di battezzare in questo modo una creatura in realtà già esistente nella cultura inglese. Trova collocazione a fine Ottocento la notizia che sulle navi battenti bandiera britannica, alcuni marinai si fossero industriati a realizzare figurine di piombo, rappresentati calciatori. Non potendo essi giocare il football sul ponte, pensarono di adattarlo in uno spazio ridotto. Una sorta di simulazione. Certo non perfezionata, ma una specie di preistorico antenato del punta di dito amatissimo in Italia e all’estero. Intuizione, quella dei marinai, ripresa negli anni ’20 (o ’30, qui ci sono versioni discordanti) da W. L. Keelings, anche lui inglese. Keelings chiamò il gioco New Footy, realizzando i calciatori con cartone laccato, su una base semisferica. Il problema di questa sorta di versione beta del Subbuteo era uno in particolare. Gli omini non facevano tanta strada sul pitch e soprattutto non potevano essere spostati dalla loro posizione iniziale. Per esempio, se uno faceva l’ala destra, restava sempre

ala destra e il suo raggio d’azione era limitato alla zona di competenza. Il New Footy era una buona idea, ma era statico. Questo lo capì bene Peter Adolph, quando decise di rivoluzionare tutto, dopo la guerra. Siamo negli anni ‘50 circa. Il materiale a disposizione di Adolph - la plastica - è più performante e si adatta meglio alle esigenze di quello che sarà per milioni di ragazzini britannici e non il gioco dell’infanzia e dell’adolescenza. Adolph bilancia la base con inserti metallici, rendendola più aerodinamica e nello stesso tempo più pesante. Porta il gioco dove può sviluppare la fantasia, senza dunque limitare la posizione degli omini, come nella versione di Keelings, ma introducendo semplici regole. La palla è di chi riesce a toccarla consecutivamente, non importa con quale uomo. Se non la prendi, tocca all’avversario. Che si può muovere mentre tu giochi, a patto di non toccare né te, né la palla. Si crea dunque una tattica anche in fase di non possesso, si crea il campo di battaglia per milioni e milioni di sfide appassionanti e completamente coinvolgenti. Negli anni ’60 il Subbuteo esplode letteralmente nella società inglese, tanto che - da un’indagine svolta nel 2002 - il 90% degli over 30, in Gran Bretagna, ha nell’armadietto un set Subbuteo. Ma non è solo nell’isola di Albione che vola il falco. Gli emigranti portano il gioco dappertutto, tanto che gli anni ’70 sono quelli della prima Coppa del Mondo, evento sentitissimo e con una partecipazione fuori dal comune. Tutti i ragazzi dagli 11 ai 16 anni giocano a Subbu-

teo, in Inghilterra, come in Svizzera, in Austria, in Italia, in Germania, in Olanda, in Belgio, perfino in India e in altre ex colonie inglesi e non. Il 1970 è l’anno del primo mondiale, si gioca naturalmente a Londra, in concomitanza con le date della Coppa del Mondo di calcio, disputata in Messico. Il primo campione del mondo è un tedesco, Peter Czarkowski, che scrive il suo nome nella storia battendo in finale il belga Pierre Tignani per 2-0. Il primo successo italiano arriva nel 1978, sempre a Londra, sempre in Coppa del Mondo, questa volta categoria Juniores, forse la più frequentata e certamente la più seguita quell’anno. Vince Andrea Piccaluga, una sorta di monumento per gli appassionati. Tanto che, negli anni ’80, il suo dito magico viene assicurato per 400 milioni di lire. Ormai il Subbuteo è una realtà di tutti i ragazzi e gli anni Ottanta rappresentano il boom più florido per il gioco e per la casa che lo produce. La Weddingtons Games, che nel 1968 aveva acquistato il brevetto direttamente da Peter Adolph. E’ in questo periodo che molti adolescenti si sfidano nelle cantine o nei box, o nelle case, a suon di colpi di dita. Con le nuove attrezzature e gli accessori, sempre più curati. Inizialmente, è curioso ricordarlo, il Subbuteo veniva venduto così. Squadre, pallone, regolamento e un gessetto per tracciare le righe del campo su un panno. Il panno era da trovare, a proprio piacimento. E’ ben successiva la produzione del pitch, quello da stirare prima di giocare, più successiva ancora la diffusione di astropitch, il panno sempre teso e sempre pronto. Precursore involontario di tempi assai più grigi per il gioco di

Peter Adolph. Con l’avvento dei videogames e dei primi personal computer, il mondo degli adolescenti cambia radicalmente. L’americana Hasbro non lo capisce e sbaglia i tempi. Compra Subbuteo nel 1996 da Weddingtons e a fine 1999 annuncia che interromperà la produzione delle squadre e di tutto il materiale, non sussistendo più la convenienza domanda-offerta. Il 2001 è un anno tragico per gli appassionati. Hasbro inizialmente sembra tornare sui suoi passi, ricominciando a produrre qualche pezzo, ma a maggio arriva la parola fine sull’esperienza gestita dagli americani. La grande diffusione di Subbuteo finisce qui, anche se a guardar bene, era già finita nel 1996, quando Hasbro acquistò un gioco che non poteva reggere il confronto con la emergente, dirompente ed inarrestabile introduzione dei videogames. Il mondo cambia, Hasbro ci perde un sacco di soldi e allora il Subbuteo torna da dove è partito. Dalle navi, cioè da Genova, e dalla passione di chi ama costruire con le proprie mani i suoi divertimenti. I figli dello storico distributore italiano Edilio Parodi azienda genovesissima, con sede attualmente a Manesseno -, per anni e anni leader in Italia, lanciano il marchio Zeugo a metà anni 2000. Zeugo, che in dialetto genovese significa gioco, riprende le figure degli anni ’70, le più amate e le meglio performanti. I giocatori, quelli umani, però, sono sempre meno, tutti con qualche capello grigio. E tra i giovanissimi, c’è ben poco ricambio. Il Subbuteo morirà con la generazione che aveva 14 anni nel 1994? Difficile dirlo qui.


I tornei ufficiali

Tutto questo riguarda il formato casalingo dei neofiti, ovviamente, perché fin dalla sua comparsa il Subbuteo ha visto nascere una miriade di club e gruppi di appassionati che utilizzavano il regolamento ufficiale con un’applicazione maniacale, che consentiva loro di sfruttare il gioco in tutta la sua potenzialità, ed organizzare i primi tornei e campionati a sfondo agonisico. Le prime competizioni a livello nazionale, europeo e mondiale risalgono al 1970 e proseguono tutt’ora in tantissimi paesi del mondo. Il primo campione italiano di Subbuteo fu il genovese Stefano Beverini che, grazie a quella vittoria, si guadagnò il diritto di partecipare ai campionati del Mondo, disputati nel 1974 a Monaco di Baviera in concomitanza con il mondiale di Cruijiff e Beckenbauer. Il fascino di un’epoca

I club e le associazioni sono tutt’ora innumerevoli, con differenze sostanziali tra di loro, che riguardano l’utilizzo dei materiali o regole particolari. Citiamo l’esempio Old Subbuteo, un’associazione che è nata nel 2006 che si prefigge l’obiettivo di riunire collezionisti, giocatori occasionali, ed organizzare scambi e tornei per gli appassionati di questo gioco con regole e materiali esclusivamente anni ’70/’80, con l’evidente obiettivo di ricreare in maniera fedele atmosfere e tornei con il fascino dell’epoca, un fascino forse intaccato dalla modernizzazione dei materiali, delle regole dei tornei e soprattutto nello spirito old, dove - come affermano sul loro sito - serietà e rispetto per le regole del gioco si sposano a momenti di amicizia, aggregazione e divertimento. Quando si entra nel mito

Le cose sono cambiate per il Subbuteo negli anni, il gioco ha vissuto tanti inizi e tanti momenti difficili, quello che non è cambiato è l’affetto ed il personalissimo bagaglio di ricordi che ciascuno riscopre ogni qual volta vede un omino, oppure ogni volta che la parola magica Subbuteo viene tirata fuori. Il mito del Subbuteo è stato fatto della passione della gente, di quelli che quando entravano in un negozio di giocattoli andavano a cercare il reparto “verde”, quelli che in ginocchio sul pavimento di casa ad un certo punto sentivano un dolore lancinante e non capivano se il dolore provenisse dal ginocchio nel quale si era conficcato il pezzo di omino schiacciato o dal cuore per aver rovinato la miniatura, di quelli che riattaccavano l’omino con l’attack che gli faceva le caviglie più grosse di quelle di Rumenigge, quelli che li riattaccavano con l’accendino, ed inevitabilmente facevano diventare l’omino più basso, che poi diventava il numero 10, giocatore più bravo perché diverso, di quelli che aprivano la base e ci mettevano un piombino in più per essere più precisi e battere l’amico di turno. Quelli del Subbuteo.

GENOVA | 6 feb 2012 Luci sul Subbuteo, oggi come negli anni Settanta, agli albori del mito: ma la passione che muoveva i ragazzi di vent’anni fa non si può più trovare. E così il calcio da tavola resiste, rimane, seppur ammantato di nostalgia

21 3 / febbraio 2012

eccome, ma alla fine non importava. Bastava giocare, segnare e far esultare l’omino. Tutto questo in teoria, perché le polemiche a non finire sulle regole cominciavano sul pavimento di casa con il compagno di scuola proseguendo nei primi tornei tra amici, dove ognuno aveva un regolamento tutto suo, tant’è vero che prima di iniziare a giocare bisognava mettersi d’accordo su quali regole usare per non finire a litigare sull’effettiva validità di una mossa o meno.


aics liguria / oltre gli orizzonti

22

Il

distributore

> I ricordi di Arturo Parodi

Undici tappi e una pallina: tutto cominciò così

di Michele Cammarere

E

ntrando nell’ufficio di Arturo Parodi, figlio di Edilio, il fondatore della Edilio Parodi snc, storica ditta di produzione e distribuzione di giochi genovese, si capiscono molte cose. Nella libreria, esposti con orgoglio, giochi, foto, trofei. C’è una predominanza assoluta nel tipo di articoli disposti senza un ordine preciso: domina il verde. Quel tipo di verde che tutti quelli che hanno avuto a che fare con articoli del genere conoscono: il verde Subbuteo. Si vedono scatole storiche, teche con miniature di calciatori, la Coppa del Mondo di Subbuteo (quella vera, non una miniatura: il John Waddington Trophy), svariati accessori d’epoca, e molti articoli dell’erede del Subbuteo, Zeugo, il gioco di calcio da tavolo che adesso la Edilio Parodi produce con orgoglio, lo stesso orgoglio con cui Arturo Parodi inizia a darci qualche cenno sulla storia che accomuna la sua ditta di famiglia ed il celebre Subbuteo. «Il Subbuteo è un gioco inglese nato nel dopoguerra per intuizione di Peter Adolph racconta Parodi -, un ornitologo che diede a questo passatempo da lui inventato il nome Subbuteo, nome latino del Falco Lodolaio, che in inglese si chiama hobby. Per lui era un bell’hobby, e anche per gli altri appassionati dell’epoca, che potevano reperire il gioco soltanto per corrispondenza». Signor Parodi, una volta entrati qui, guardando quello che c’è sugli scaffali (foto d’epoca, omini, accessori e la Coppa del Mondo di Subbuteo) si vede che il Subbuteo è stato parte integrante della Edilio Parodi. Com’è nata quest’avventura?

«La storia è questa... Mio padre, Edilio, ha sempre avuto a che fare con i giocattoli, e ovviamente a me e a mio fratello i giochi non mancavano in casa. Nonostante ciò io e lui passavamo tantissimo tempo a giocare con un gioco da noi inventato, fatto con i tappi delle bottiglie, una pallina di cotone e due porte costruite con il Meccano. Vi ricorda qualcosa? I tappi dovevano essere rigorosamente diversi uno dall’altro, così come diversi uno dall’altro nella realtà sono i giocatori. In questo modo scattava anche una sorta di collezionismo di tappi, un gioco nel gioco. Un giorno mi fece andare nel suo ufficio, avrò avuto 12 anni, per mostrare il mio gioco ad alcuni rappresentanti di una ditta genovese che produceva giochi in scatola. Non riuscirono a tirare fuori nulla, forse non erano appassionati di sport, forse non ci credevano». Bella responsabilità per un ragazzino di quell’età, suo padre si doveva fidare molto di lei.

«Quando vedi due ragazzini giocare pomeriggi interi ad un gioco qualsiasi è naturale cercare di scoprire cos’è che li interessa così tanto. Io sono sempre stato un ragazzino creativo, ero alla ricerca della modifica del gioco comprato nel negozio, il gioco così com’era non mi divertiva più di tanto». Così l’idea del gioco di calcio finì in soffitta?

«Per qualche tempo si, visto che la ditta genovese non tirò fuori nulla. Poi, un giorno, mio padre lesse un annuncio su una rivista inglese che vendeva questo gioco, Subbuteo, era un annuncio piccolino, lo ricordo ancora. Vedendo che si trattava di un gioco di calcio gli scrisse. Ricordo benissimo il momento in cui mio padre arrivò tutto trafelato nella nostra casa di Gavi, era estate, con il pacco appena arrivato». Vi ci buttaste a capofitto, immagino.

«A dire il vero no, eravamo impegnati a giocare con il pallone vero, ma dopo cena aprimmo la scatola, e vedemmo il Subbutèo (come lo chiamava mio padre) per la prima volta. Sistemammo il gioco, mio padre assieme a mio fratello si impegnarono nel tradurre le istruzioni, che erano in inglese e con mio cugino disputammo la prima partita, sotto l’occhio perplesso di mio nonno, che osservava con le mani in tasca. Ci furono subito le prime discussioni, io giocavo in punta di dito, mio cugino con la classica e vietatissima bicellata. Passammo la notte a guardare gioco e catalogo, erano davvero affascinanti». Suo padre ne rimase affascinato come voi?

«Mio padre dopo ferragosto prese un aereo, ed andò a prendere accordi con gli inglesi. A fine agosto 1971 arrivò un inglese con tutto il campionario. Era il classico gentleman inglese, baffetti e cappello. Speravamo con il suo arrivo di scoprire le regole del gioco che fino ad allora non avevamo capito o che ignoravamo. Ma lui era un commerciale, ne sapeva meno di noi...». GENOVA | 1984 Bobby Charlton, icona del calcio inglese, in compagnia di Edilio Parodi durante una visita di cortesia a Genova, guarda il manifesto del torneo di Subbuteo alla fiera Primavera


3 / febbraio 2012

23

GENOVA | 20 gen 2012 Arturo Parodi nel suo ufficio di Manesseno con una foto storica: Bobby Moore e Gordon Banks, campioni del mondo nel 1966 con la maglia dell'Inghilterra, impegnati in una sfida di Subbuteo

E la storia partì, a quel punto.

«Si, la storia partì subito. L’inizio non fu dei più semplici, dovemmo superare la diffidenza iniziale dei commercianti, il Subbuteo è un prodotto particolare. Quando apri la scatola trovi piccoli pezzetti di plastica, non è immediato come impatto. Ma superati gli ostacoli iniziali il successo fu immediato. In Italia più di ogni altro paese, un pochino in Inghilterra, ma gli appassionati, grazie alla vendita per corrispondenza, erano già disseminati ovunque». In Italia come sono nate le prime associazioni, i primi club di appassionati?

«In Italia siamo stati quelli che ci hanno creduto di più. Mio padre per gli appassionati ha fatto un lavoro incredibile. Aveva creato una rete di rapporti con i club, tutti scrivevano a noi e lui li metteva in contatto. Senza distinzioni: nord, sud, cercava di far giocare tutti. E ci riusciva».

«Arrivò un inglese, speravamo ci spiegasse le regole: eravamo già più esperti di lui...»

«Zeugo è il gioco perfetto. Performante, curato. Ma oggi è difficile vendere un prodotto così»

Anche la distribuzione era piuttosto diffusa. Già nei primi anni '80 le scatolette verdi del Subbuteo si trovavano ovunque.

«Si, c’era una buona distribuzione. Erano altri tempi, funzionavano le piccole realtà familiari, non i grandi centri commerciali ed i grandi gruppi. È a causa del loro arrivo che siamo arrivati a questa crisi. L’unico modo per uscirne sarebbe mettere in condizione il piccolo commerciante di poter competere con i grossi marchi. È difficile ma è un passo che dovrebbe essere assolutamente fatto». Come la Hasbro, attuale proprietaria del marchio Subbuteo. Una grossa multinazionale che, a detta di molti giocatori di Subbuteo, ha compromesso la buona salute del marchio.

«La Hasbro è una grossa azienda, grandi capitali, grosse possibilità economiche. Escono con dei giocattoli senza assolutamente considerare di vendere un bel gioco o meno. Loro devono soltanto vendere. Imporre un gioco al commerciante che funziona solo grazie


aics liguria / oltre gli orizzonti

24

LONDRA | 1977 Foto dall'album dei ricordi della famiglia Parodi: Giovanni Battista (a destra) a Wembley con Kevin Keegan (secondo da sinistra)

GENOVA | 1984 Nella foto grande, Arturo Parodi impegnato in una sfida al tavolo da Subbuteo contro Bobby Charlton


È piuttosto incredibile che una grossa azienda come la Hasbro non sia riuscita a valorizzare il marchio Subbuteo, non crede?

«Ribadisco il concetto di prima. Il Subbuteo non è un articolo facile, non è un articolo da grossi numeri. È un articolo che vende se trattato in un certo modo. Non puoi aspettarti grandi numeri, ti devi accontentare di tanti piccoli numeri, che sommati insieme fanno un successo. Ci vuole cura, per il cliente e per il rivenditore». Per parlare di date, quando è arrivata Hasbro?

«Abbiamo continuato dal 1971 al 1995, quando è arrivata la lettera di Hasbro, nuova proprietaria del marchio, che ci licenziava. E ci imponeva di interrompere il lavoro e distruggere lo stock. Avevamo un contratto decennale, ma la legge inglese considerava inaccettabili contratti così lunghi. Così Hasbro ha potuto fare quello che ha fatto. Anche forse grazie al suo potere economico, forse. Così è iniziata la battaglia legale, purtroppo senza successo». Le faccio una domanda particolare: quando avete ricevuto la lettera di licenziamento, avete deciso di lottare più per un discorso economico o di cuore?

«Tutte e due, praticamente Subbuteo era il 70% del fatturato, ma non solo: era la parte “determinante” del fatturato. Con Subbuteo andavo nei punti vendita ed avevo una carta commercialmente forte. Senza il Subbuteo non ti rispetta più nessuno, per molti motivi. E poi era l’articolo su cui avevamo investito 25 anni di lavoro, ormai era un affare di famiglia. E poi, cosa non trascurabile, mio padre ha contribuito in modo determinante per migliorare il gioco stesso. Era lui a chiedere nuovi accessori e modifiche. Subbuteo ha avuto l’assortimento che aveva anche e soprattutto grazie a mio padre».

A proposito di accessori, io ho sempre immaginato da piccolo che i figli di Edilio Parodi avessero chissà che accessori e chissà quante squadre... È così?

«No, abbiamo sempre avuto un campo normalissimo, niente stadi, niente super collezione di squadre. Certo, potevo cercare con più facilità quelle che piacevano a me, ossia quelle con basi più larghe». Com’era il rapporto con i club e le associazioni?

«Io ho iniziato a lavorare qui per seguire proprio i rapporti con gli appassionati. C’era chi chiedeva regole, chi chiedeva come organizzare un torneo e chi chiedeva di organizzare un campionato. Adesso il rapporto è un po’ cambiato, prima c’erano i campionati di Subbuteo, adesso si sono trasformati in campionati di calcio da tavolo, con materiali diversi, non solo targati Subbuteo, quindi progressivamente sono un po’ calati, non essendo noi totale punto di riferimento». Per ciò che riguarda i materiali com’è cambiato Subbuteo negli anni?

«Subbuteo non ci ha mai seguito quando gli chiedevamo di produrre un gioco più performante. Volevamo un gioco che “giocasse” meglio. Il Subbuteo con l’omino degli anni '70 giocava meglio. Una questione di materiali. A metà degli anni '70 la ditta faceva fatica a soddisfare le nostre richieste in fatto di ordini, perché la produzione passava obbligatoriamente dalla colorazione che allora era affidata alle famiglie della zona, che coloravano a mano ogni singola miniatura, così iniziarono a produrre in maniera automatizzata in un nuovo stabilimento, a Leeds. L’omino che veniva prodotto nei nuovi stabilimenti era il famoso omino zombie che, oltre ad essere brutto esteticamente, era brutto per giocare. Abbiamo lottato moltissimo per far cambiare quel tipo di miniature, ci siamo riusciti con mille difficoltà, anche se non è mai stato come il primo prodotto». Com’è finita la storia con il Subbuteo?

«Dopo tantissimi problemi legali con Hasbro, che aveva iniziato una produzione massiccia del Subbuteo, ribadisco, senza nessuna cura per il gioco, noi iniziammo a produrre Zeugo, che era, per noi il gioco di calcio da tavolo perfetto: fatto bene, performante, un gioco fatto per divertirsi. Subbuteo veniva prodotto in serie, stampato, dipinto dalle macchine, senza nessuna cura per la giocabilità. L’amarezza sta nel fatto che i commercianti, compresi quelli genovesi, sceglievano di vendere Subbuteo, per il nome e per il prezzo più competitivo del nostro, nonostante fosse il nostro il gioco migliore. Non c’è più cura per il prodotto per quello che riguarda queste grosse ditte. Si torna al problema di fondo, i piccoli non sono in condizione di competere con i grandi, loro hanno soldi, pubblicità, potere economico e persuasivo. I negozi chiudono, rimane solo la grande distribuzione, che vende il prodotto del grosso produttore». Un po’ di amarezza per come è finita la storia con Subbuteo è palpabile. D’altronde Edilio Parodi e tutti i suoi collaboratori sono stati davvero fondamentali per la diffusione, il miglioramento, e l’ingresso di Subbuteo nel mito. Un gioco importante, che grazie a questa ditta di gente seria ma soprattutto appassionata è potuto diventare quello che è stato, è e sarà per sempre nell’immaginario di tutti: un gioco mitico, che ha fatto innamorare milioni di persone in tutto il mondo.

25 3 / febbraio 2012

alla pubblicità e alla forza commerciale. Nonostante il prodotto magari possa non essere valido. A me non piacciono i giocattoli di oggi, poca creatività. Gli unici negozi di giocattoli che mi piacciono sono quelli che trattano il gioco educativo, quelli che non trattano giocattoli iperpubblicizzati, quelli che stanno attenti alla qualità del gioco, dei materiali, che aiutano il bambino a crescere. Le grosse aziende non fanno attenzione a questi piccoli particolari».


aics liguria / oltre gli orizzonti

26

Il

circolo

> Enzo De Bastiani

e la rincorsa del

Cts Genova

alla promozione

Quelli che non smettono di giocare

E

nzo De Bastiani e il Cts Genova, nel segno del Subbuteo. Un gioco, spesso appellato sport da chi lo pratica, in declino ormai da anni, praticato quasi solo da chi lo praticava già negli anni Settanta, Ottanta e Novanta. Come un’automobile degli anni Trenta. Difficile trovare i ricambi. Ma difficile anche da dimenticare, se ha significato qualcosa. E per i ragazzi degli anni Settanta, Ottanta e Novanta, il Subbuteo ha significato molto. Per alcuni - tanti -, semplicemente era tutto. La scomparsa del settore giovanile

Cose che forse gli adolescenti di oggi non possono capire, come quando gli stessi ragazzi degli anni Ottanta o Novanta sentivano i nonni raccontare dei giochi spartani della loro infanzia, o anche peggio, di quando a 20 anni erano già in guerra. Invece di giocare con gli amici. Stesso effetto nei giovani di oggi, probabilmente. Abituati a divertimenti molto più plug and play, molto più diretti, veloci nell’avvicinamento, nel consumo. E nella dimenticanza. Forse meno legati ad ingegno e senso pratico. Senza dubbio, meno romantici. Si parla, naturalmente, dei videogiochi. Nominarli ad un subbuteista come Enzo De Bastiani è come bestemmiare in chiesa. De Bastiani sa cosa il movimento videoludico ha fatto al Subbuteo e che cosa ancora gli sta facendo. «Ne ha ucciso il settore giovanile - dice il presidente del Cts Genova -, l’ho visto con i miei occhi seguendo il club, che ho fondato qui a Genova nel 2007. Non c’è niente da fare, qualcuno eravamo riusciti ad introdurlo, intendo juniores sotto i 14 anni, ma poi

di f. past.

si sono persi tutti. Vedo purtroppo che anche negli altri club si fa una fatica matta per tenere in piedi un settore giovanile ormai pressocchè inesistente». All'inseguimento di Sanremo e La Spezia

Numeri, i coristi di De Bastiani. In Italia, attualmente, sono circa 1000 i tesserati presso la Fisct, Federazione Italiana Sport Calcio Tavolo. Un po’ pochini, paragonati alle centinaia di migliaia di giocatori di solo dieci o venti anni fa. Tra questi, giovani non ce n’è. O ce n’è pochi. De Bastiani però non si scoraggia e tiene duro. «Dal 2007, sono passati di qua circa 52-53 soci, ora sono appena 8 quelli ufficialmente iscritti. Capisci che abbiamo dovuto regolamentare meglio la situazione. Attualmente, accettiamo solo persone che hanno voglia di competizione e di impegnarsi in questo gioco. Non avendo nemmeno una sede, non possiamo più prendere tutti e disputare dei tornei interni, insegnando a giocare. Prima, eravamo a San Bernardino (le alture sopra Manin, ndr), ci avevano messo a disposizione un locale e si giocava lì. Avevamo anche la possibilità di organizzare degli open, come abbiamo fatto due anni fa. Ma poi abbiamo perso pure la sede e così giochiamo nel bunker di un nostro amico, in attesa di reperire un locale». Nonostante questo, il Cts sta per salire in Serie C. L’obiettivo è andare a prendere i rivali di Sanremo, attualmente in B. «Siamo partiti dalla D, che è l’ultima categoria, quindi la prima quando sei nuovo. Il mio obiettivo iniziale era riprendere la gloriosa tradizione del Subbuteo genovese,


che tanti campioni e tanti titoli ha regalato nel corso degli anni. Purtroppo, verso il 2000 circa, si è chiuso quel fantastico ciclo e con fatica, adesso, stiamo cercando di recuperare la storia. Abbiamo in squadra una vecchia gloria come Valentino Spagnolo, certamente il più forte giocatore ligure, vincitore dello Scudetto, di vari titoli regionali e di un Campionato Italiano. Poi, ci sono parecchi talenti diciamo pure emergenti, ragazzi di 30 o 40 anni che hanno voglia di fare bene e provare a vincere qualcosa. Per questo ho ragionato sulla chiusura del club, diciamo su un numero basso di persone che potesse essere il più competitivo possibile. In Liguria siamo i più giovani, i club di La Spezia e Sanremo iniziano a patire la situazione, perché stiamo andando a prenderli, nonostante siamo attivi da pochi anni». Oggi si gioca a Calcio Tavolo

Attivi ed entusiasti. Il Cts ha una maglia personalizzata, come le vere squadre di calcio, con la croce rossa di Genova sul petto, rigorosamente in campo bianco, i nomi e i numeri sulla maglia. Insomma, i ragazzi di De Bastiani fanno sul serio. «Ma anche il Subbuteo è cambiato - racconta il presidente -, oggi si definisce infatti Calcio Tavolo. È un’altra cosa. Si gioca con materiali più professionali, molto più costosi di prima e disponibili quasi solo online, tramite i produttori, direttamente. Senza più passare per i negozi, come succedeva un tempo. Gli omini sono costruiti con materiale infrangibile, con basi equilibrate, tutti uguali e non si rompono praticamente mai. Prima invece era ben diverso. Diciamo che il Calcio Tavolo, attualmente, può essere avvicinato di più al concetto di biliardo. Credo che sia meno ruspante di prima, ma più spettacolare, magari una cosa più da adulti, ma direi più spettacolare». Tra sponsor e nuovi materiali

I materiali, dunque, hanno cambiato non poco la conformazione del movimento, un movimento già minato dall’avvento dei videogiochi,

poi trasformato in maniera netta dall’evoluzione dei materiali. Che ha generato giocatori più livellati, grazie alla maggiore facilità di ottenere risultati accettabili. Un po’ come nello sport in generale, dove invece del talento, si notano assai di più il ritmo, la forma e la prestanza fisica, la tattica. Il vecchio Subbuteo, probabilmente esiste solo negli armadietti degli appassionati. Oggi, si parla di Calcio Tavolo. «Il Subbuteo infatti non è più accettato nelle competizioni ufficiali - dice De Bastiani -, si gioca con i materiali moderni. Tutti hanno le squadre di nuova generazione, perché funzionano molto meglio. Tutti hanno anche degli sponsor, ma di nuovo sono nella situazione di paragonare. Penso ad esempio al clan di Pes - Pro Evolution Soccer, il famosissimo videogame sul calcio -, che riceve una cifra parecchio importante da Hitachi, circa 12.000 euro, ed ha molti ragazzini al suo interno. Noi dobbiamo ringraziare il nostro sponsor Carige, che ce ne da 300... Le dimensioni sono molto diverse. Qui a Genova non c’è più grande passione, ci sono solo alcuni giocatori che non mollano, ma per essere competitivo devi prendere degli extra-regione. Come nel nostro caso. Ne abbiamo quattro su otto. Non è che vengono a vivere qui come nel calcio vero, ci vediamo ai tornei, però non fanno parte della nostra scuola». Sempre in campo

Mentre cerca di fondare la sua nuova scuola, Enzo De Bastiani pensa già alla prossima tappa. Modena, tra due settimane. Un open cui il Cts parteciperà. «Ci saremo, con la solita voglia di far bene. Poi, ad aprile, si svolgeranno gli Italiani e la Coppa Italia a Montecatini, dove la federazione ha a disposizione dei locali per far disputare le partite. Speriamo di fare bene e di centrare l’obiettivo principale di quest’anno, che ripeto: andare in C». PER SAPERNE DI PIÙ

Da segnalare infine il sito del Cts, curatissimo e ricco di curiosità, risultati, commenti ed immagini: www.ctsubbuteogenovaclub.blogspot.com

27 3 / febbraio 2012

CTS GENOVA Tre foto di gruppo per i ragazzi del Cts: nelle due sotto, sempre al centro, la vecchia gloria Valentino Spagnolo insieme al presidente Enzo De Bastiani (foto Luca Rajna)


aics liguria / oltre gli orizzonti

28

Il

giocatore

> Francesco Conti,

per anni ai vertici, racconta il suo

Subbuteo

Ricordi, vittorie e rimpianti di un talento «Occhio a sbagliare col portierino...»

di f. past.

L

’aspetto romantico del Subbuteo lo incarna un giocatore in particolare. Il genovese Francesco Conti, che oggi ha 30 anni, e da dieci si è ritirato dai tavoli, dopo aver vinto due campionati italiani espoire (1998 e 2000), uno juniores (1995) e due masters. Ed essere stato per cinque anni, tra il 1992 ed il 1997 il numero uno nel ranking juniores del nostro paese. Ci sono anche due finali perse nella carriera di Conti, a testimonianza di un curriculum da uomo sempre in fondo alle competizioni importanti. Fino al declino delle motivazioni e dunque anche dei risultati, giunto ad inizio secolo, quando arriva il ritiro definitivo. Di cui diremo. Non è però sul palmares che bisogna concentrarsi, per raccontare questa storia. È sugli aneddoti. Il palmares parla sì di un vincente, ma anche e soprattutto di un ragazzino che amava questo gioco e che lo ha saputo interpretare in una forma davvero singolare. Il rimpianto del portierino

Incontriamo Conti in un contesto particolare, alla mostra Arte Genova 2012, alla Fiera di Piazzale Kennedy. La chiacchierata si svolge tra un dipinto di J. Peter Witkin, uno di Serrapiglio, Cristini, Claudio Monnini e il divertente e dissacratorio Glory Hole di Adolfo Maffezzoni. Questo inizialmente. Ma l’intervista vera, quella dove il ragazzo di Oregina tira fuori le cose migliori, arriva lontano dal trambusto del via vai e degli occhi che rincorrono le immagini. Saliamo al piano superiore del padiglione C. L’obiettivo è fumare una sigaretta. Dentro è naturalmente vietato. Ci sono due sedie da bar, di plastica bianca, in fondo, tra frigoriferi della Coca Cola GENOVA | 6 feb 2012 Una delle scatolette da gioco di Francesco Conti

vantaggio acquisito e dunque la possibilità di vincere gli US Open, iniziati da perfetto sconosciuto con un rusticissimo sponsor sulla polo. Ma, alla fine, manda la palla di là, come voleva. Scatenando il delirio del pubblico. Situazione simile per Conti, che dalla sconfitta contro Intra, tira fuori una carriera da dieci e lode. «È iniziato tutto lì - prosegue -, prima avevo giocato solo un torneo regionale con mio cugino, con il quale in quel periodo trascorrevo molto tempo. Pure lì persi in finale, 5-0 contro il Milan di un tal Bussetti. Era stato un buon risultato, come prima apparizione. Iniziai ad allenarmi e a credere di poter fare bene. E, soprattutto, conobbi i miei compagni del Genoa Club, importantissimi per me. Paolo Musso, Davide Massino, Fabio Malvaso, Andrea Lampugnani, tutti più grandi di me, tra i trenta e i quarant’anni. È stato con loro che ho diviso le giornate più belle e i ricordi migliori, legati soprattutto ai tornei a casa di qualcuno, quando si facevano triangolari e quadrangolari e in palio c’era l’onore. Ricordo un altro aneddoto divertente. Si giocava a casa di mio cugino, che chiamava un amico ai piani superiori del palazzo, facendogli uno squillo sul telefono fisso - c’era solo quello - in caso di sfida singola e due in caso di torneo a più squadre. Dopo un po’, lui scendeva e si giocava. Una volta, in uno di questi tornei, Gianluca Ferraris, l’amico del piano di sopra, giocatore mai arrivato in ranking, subì gol e l’omino andò fuori dal campo dopo il tiro dell’avversario. Con un grandissimo calcio al volo, Ferraris colpì l’omino che sbattè su un lampadario, rimbalzò sul muro e cadde distrutto a terra. Era uno dei pibe. I pibe erano i fenomeni, i giocatori fatti meglio delle scatole, quelli che ti esaltavano di più. La rottura di un pibe significava la fine di un’era. Doveva generarsi un altro pibe, un altro leader in campo e non era una cosa che potesse accadere così facilmente. Fu una scena incredibile, che non dimenticherò mai». Imparare a vincere

Altro aneddoto che fa capire come Conti intendesse il Subbuteo. «Il viaggio per i nazionali espoire di Cosenza, nel 1998. Tutto in macchina da Genova. Io, D’Ercole, Malvaso e un altro ragazzo. Ci fermammo nella notte a Pisticci, provincia di Matera, nel luogo di origine della famiglia di Malvaso, ospitati da suo zio. La mattina dopo, ripartimmo per Cosenza, dove giocammo e io vinsi il mio primo titolo espoire. Ma è il viaggio la cosa che ricordo con più gioia, fu davvero emozionante. Con questi ragazzi e soprattutto con Malvaso, la persona con cui adoravo di più fare le trasferte, mi faceva morire dal ridere». Conti parla poi di un altro personaggio importante nella sua carriera: Paolo Musso. «È stato Musso, che al tempo aveva trent’anni più o meno, ad insegnarmi a vincere. Vincere è una cosa che si impara, non vinci sempre perché sei più forte. Vinci perché sai vincere. È una abilità mentale, la capacità di gestire la pressione e di esercitare tattiche utili in quel determinato momento. Ricordo che Musso girava attorno al tavolo e mi dava un sacco di consigli quando ero agli inizi. Una volta addirittura si fece espellere perché era troppo nervoso. Non so cosa vide in me, però aveva smesso quando mi conobbe e dopo ha ricominciato a giocare. Forse gli ho dato una seconda giovinezza, non lo so. Sicuramente lo devo ringraziare, perché senza di lui non so se sarei riuscito ad ottenere tutti i successi che ho ottenuto». Olanda e Argentina

abbandonati ed un tavolaccio, di plastica pure quello. Vicino a noi il grande portone dell’uscita di sicurezza. Un angolo che ricorda un film di Fellini. Ci sediamo e si comincia. Questo il primo aneddoto che fa capire la mentalità del giocatore. «Avevo 11 anni - inizia Conti -, stavo giocando la finale del mio primo torneo nazionale, il Guerin Subbuteo, sentitissimo. Contro un avversario davvero forte, Efrem Intra, che poi è diventato un campione e ha vinto anche il Mondiale (in Germania, nel 2006, ndr). Perdevo 2-0, sono riuscito a recuperare e a pareggiare la partita, portandola ai supplementari. Lì, mi è capitato di dover recuperare un pallone col portierino, un colpo non difficile, ma neanche facile. Sbaglio. Quando sbagli col portierino, il portiere non ce l’hai più e tocca all’altro, che ti fa gol a porta vuota. Sbaglia anche Intra. Ho la possibilità di giocare quel pallone decisivo in un modo diverso, più sicuro. Ma ci riprovo col portierino, perché non accetto di non esserci riuscito. Sbaglio ancora. Intra stavolta no e mi fa gol. Perdo la finale ed il titolo. Non sono mai riuscito a vincere il Guerin Subbuteo nella mia carriera. È il più grande rimpianto, che mi porto dentro ancora oggi». Quel giorno, a vedere il torneo, che si disputava a Genova, c’erano molti appassionati e giocatori di Subbuteo da tutta Italia. Qualcuno disse a Conti: «Bravo, non te la sei fatta addosso - ricorda lui -. O qualcosa del genere. Lì si è capito che potevo dire la mia». Esordi, applausi e pibe

Qualcuno forse ricorda il film Tin Cup, con Kevin Costner. Quando all’ultima buca il golfista impersonato da Costner tenta un colpo impossibile, finendo in acqua. E ci riprova fino a perdere tutto il

Torniamo un attimo indietro, al 1995, anno in cui Conti vince il suo primo titolo nazionale, l’unico nella categoria juniores. «Vinsi con l’Olanda a base arancione, contro il torinese Cammarata. Un match teso, perché lo sentivamo tutti e due, fu anche una gara bruttina. La semifinale invece mi lasciò un sapore particolare. Affrontai Zizola, sardo, accreditato da tutti come l’uomo da battere. Ce le demmo di santa ragione, fu una partita bellissima. Vinsi io a piazzati. Non avevo un gran tiro, ma qualcuna sono riuscito a vincerla, come quella partita lì, che segnò sicuramente il prosieguo della mia carriera di subbuteista. Mi portò in finale e riuscii ad ottenere il primo titolo. Da lì, presi fiducia e non mi fermai più. Vincevo quasi tutti i tornei cui partecipavo e rimasi in cima al ranking juniores per cinque anni». Conti era diventato l’uomo da battere. Poi, il salto nella categoria espoire, tra juniores e senior. Che regala al genovese altri due titoli nazionali. Vinti con l’Argentina, non più con l’Olanda. «Abbandonai l’Olanda, in un primo momento per un Parma con cui giocavo benissimo ma non vincevo niente. Poi presi ad usare l’Argentina con base gialla, l’Argentina All Stars. Con cui ho vinto due italiani e due master. C’erano Batistuta, Maradona, Kempes e Caniggia sulla destra, con fascia e capelli disegnati, malissimo, da me. Cercavo sempre di mettere un po’ di romanticismo nelle mie squadre». Mondiali? No, grazie

Il 2000 è l’ultimo anno di successi per Conti, che vince il suo secondo espoire, dopo la partecipazione del 1999 agli europei di Rotterdam. Non particolarmente fortunata. «Giocammo sia a squadre che in singolo - ricorda -, ho ancora la maglia della nazionale a casa, naturalmente. Perdemmo contro il Belgio e io persi anche in singolo. Ricordo una fortissima giocatrice belga, l’unica donna contro cui


«Il Guerin Subbuteo era sentitissimo. Ho perso in finale, è il mio rimpianto più grande»

«Girai una vhs con Antonio Cabrini, che sbagliava tutte le battute. Finì nelle scatole del Subbuteo» abbia mai giocato. La fecero entrare dopo, finimmo 0-0 e perdemmo ai punti, visti i risultati delle altre partite. Ma veramente questa ragazza era fortissima». Nel 2000, si disputa il Mondiale seniores a Vienna. Conti ha 19 anni, è convocato, ma rifiuta di partecipare. È il primo segnale di una rottura che ben presto diventa irrecuperabile. «Rifiutai di partecipare, in fondo forse sapevo di non poterlo vincere e non mi piace scendere in campo senza poter lottare per il primo posto. Questo è un motivo. Un altro è che avevo perso gli stimoli. Non mi allenavo più. Mi sono sempre allenato pochissimo, ma lì proprio non facevo più niente. Poi avrei dovuto pagarmi l’aereo e non volli. Così rifiutai e restai a casa». Niente Mondiale, che Conti non giocherà mai in carriera. Il distacco

Successivamente, un italiano seniores a Bologna, dove il ragazzo di Oregina non brilla più come in passato ed esce presto. A questo punto, l’addio. Improvviso e netto. «Smisi, per molti motivi. Il gioco era cambiato, la mia federazione anche. Ne esisteva una nuova che non mi piaceva più. Le strumentazioni evolute poi, avevano stravolto la maniera di giocare. Con le squadre con la stecca e i campi con cui ho iniziato a giocare io, dovevi avere talento per emergere. Quando sono arrivati l’astropitch e le profi-base, il livello si è stabilizzato verso il medio. Molti giocatori, che prima non riuscivano ad esprimersi, tramite le tecnologie più avanzate, hanno cominciato a vincere partite che prima non avrebbero mai vinto. È successo un po’ ciò che succede nel tennis moderno. Anche perché il Subbuteo è molto simile al tennis, come mentalità. E come modo di redarre le classifiche, anche. Ora non

c’è più un Edberg che va a rete e vince i tornei, ora ci sono giocatori solidi, fisicamente fortissimi e con un cuore ed una corsa eccezionali. Ma talento poco. Secondo me, nel Subbuteo è successa la stessa cosa». Quella volta, io e Cabrini

Così Conti esce da vincente, senza essersi però mai realmente misurato in un mondo seniores che non lo vedeva più stella. Il ragazzo di Oregina non ne aveva più voglia. Così almeno dice lui. Gli restano gli amici, i ricordi, le coppe ed una vhs molto speciale. «L’evento Subbuteo girato a San Marino con Antonio Cabrini - ride -, sì, fu una giornata molto divertente. Credo fosse all’interno di un Milan Camp o una cosa del genere. Restammo lì una settimana. Io andai giù con Alberto Villa, che era presidente fondatore dell’Aicat e mi aveva portato là perché ero il campione juniores. Villa è quello che ha creduto di più nella promozione del Subbuteo, in assoluto. Avevo 14 o 15 anni, non ricordo bene. Non eravamo preparati alle telecamere, alle luci, alla regia. Inventavamo i testi e Cabrini sbagliava sempre le battute. Io me la cavai discretamente, feci i colpi che dovevo fare e la cassetta finì nelle scatole del gioco, del Subbuteo». E nell’armadio di Conti, insieme a tutta l’attrezzatura, che ormai non esce di lì da un pezzo. Chissà se un giorno l’ex campione italiano ci ripenserà. «Non so se ora sarei più all’altezza, dovrei giocare e vedere. Di sicuro, se ricominciassi, non potrei più usare la mia Argentina All Stars. Quella squadra ha vinto tutto, posso giocarci solo a casa di qualche giocatore, in amichevole. Serate di livello e di ricordi. Se rientrassi, dovrei farlo con una squadra nuova. Quel tempo è finito».

29 3 / febbraio 2012

GENOVA | 6 feb 2012 Francesco Conti, 30 anni, genovese di origini greche: per anni, in gioventù, uno dei talenti più puri dell'intero panorama subbuteistico nazionale. Ha anche partecipato ad un corso in videocassetta insieme ad Antonio Cabrini


aics liguria / oltre gli orizzonti

30

GENOVA | 6 feb 2012 Quattro squadre della collezione di Francesco Conti: Liverpool, Inghilterra, Camerun e una dettagliatissima Lazio


1 3/ /novembre febbraio 2012 2011

31


aics liguria / oltre gli orizzonti

32

SUBBUTEOPIA | Primavera 2012 Sotto, il logo di Subbuteopia, in arrivo a primavera. A destra, l’inglese Stephen Moreton e il suo Stadium of Fingers: il campo da Subbuteo più grande del mondo [foto: subbuteopia.com]

Cinema > Un

regista e un musicista portano il subbuteo sul grande schermo

Il sogno di Davide e la sfida a Golia Subbuteopia, il documentario

di Federico Pastore

C

’è un luogo segreto, dove respira un sogno, un sogno che non è da nessuna parte, eppure è. Eutopia - buon luogo. Outopia - nessun luogo. Subbuteopia. Un progetto che rende corpo il respiro e dal luogo segreto, lo conduce dove le persone lo possano vedere. Al cinema e sui supporti dvd. L’idea e i fondi Subbuteopia nasce dall’idea

del regista Pierr Nosari e del musicista Enrico Fontanelli, supportata dalle case di produzione Pop Cult e La Società Sintetica, entrambe indipendenti e specializzate in documentari creativi. Un altro grande aiuto, il non luogo del Subbuteo lo riceve dal portale Verkami. Che cos’è Verkami? Molto interessante andarlo a scoprire. Verkami è un crowdfunding. Come i bambini, a domanda risponde un’altra domanda. Che cos’è un crowdfunding? Isolando le due parole inglesi che compongono il nome, si capisce che una è crowd, gente, l’altra funding, fondi. I fondi dalla gente, intesa come comunità. Una comunità libera, che dona ad un progetto se il progetto la interessa, senza né costrizioni, né vincoli. Funziona così. Un artista indipendente ha un’idea, intende realizzarla, ma gli mancano i fondi. Cruccio di molti giovani e meno giovani sognatori. Scopre Verkami, pubblica il suo progetto in una pagina dedicata del sito

ed ha 40 giorni di tempo per raccogliere adesioni e dunque sovvenzioni. L’offerta è libera, si va dai 10 euro ai 500, ai 1000, ma anche oltre. Un singolo privato può donare ciò che desidera. Chiaro che, più alta è la somma, più alta è la ricompensa. Nel caso di Subbuteopia, documentario fortemente voluto da Nosari e Fontanelli, il tetto da raggiungere era 15.000 euro. Per concludere le riprese e realizzare la post produzione. Obiettivo raggiunto

Il team che ha messo su quest’idea proponeva in cambio gadgets, quali magliette, squadre, box esclusivi con il dvd del film, biglietti per le anteprime in programma nel 2012/13 in tutta Italia e il proprio nome o il logo della propria associazione nei titoli di coda del girato. Beh, i ragazzi di Subbuteopia, attraverso Verkami ed una lunga lista di appassionati sostenitori, ce l’hanno fatta! 15.750 euro raccolti, anche oltre il limite di 15.000 fissato in apertura dai creatori del documentario. 360 mecenati, sono chiamati così - a ragione - i liberi donatori sul circuito Verkami, hanno appoggiato concretamente la causa di Nosari e Fontanelli, rendendo possibile dunque la conclusione effettiva del film. Film il cui trailer - in verità in ben quattro versioni - è già disponibile sul sito di La Società Sintetica, casa co-produttrice

insieme a Pop Cult del progetto. Le origini e le leggende

Si parla naturalmente dell’ornitologo Peter Adolph, il grande papà di Subbuteo, con interviste ad amici e conoscenti e riprese realizzate a Longton Road, il paesino inglese da cui tutto è partito alla fine degli anni Sessanta. Poi, le curiosità sul movimento sia passato che moderno, con interviste a personaggi di spicco del Subbuteo di casa nostra, come i fratelli Giovanni Battista ed Arturo Parodi, figli del primo e più grande importatore italiano di Subbuteo, Edilio Parodi, famosissimo tra gli amanti di questo gioco. Oppure al campione del mondo Juniores del 1978, il pisano (d’adozione, i natali sono genovesi) Andrea Piccaluga, che a Londra proprio nel ’78 battè 3-0 il tedesco Dirk Barwald, diventando il primo italiano a fregiarsi della corona iridata (e di un’assicurazione milionaria per il proprio dito). Impresa riuscita poi nel 1982 anche a Renzo Frignani, sempre contro un tedesco, Horst Becker, ma questa volta nella categoria Seniores. Davide contro Golia Subbuteopia non è però solo

cronaca di una vita vissuta o un amarcord. I creatori del progetto tentano di dare un risvolto sociale al documentario, portando alla luce un movimento che nel contesto attuale pare davvero

di nicchia. Quasi scomparso. E’ utile ricordare che la produzione di Subbuteo è stata interrotta nel 2000, quando Hasbro non ritenne più di investire sul marchio che aveva comprato poco prima, nel 1996, dalla storica proprietaria inglese, la Waddingtons Games, facendone l’ingranaggio di un’industria che, limitandoci ai dati del 2010, si stima abbia ricavato circa 4 miliardi di dollari. Un ingranaggio in cui gli omini del Subbuteo non si sono mai incastrati, troppo abituati alle cure degli artigiani che manualmente dipingevano le loro gambe, visi e divise. E dunque mal disposti alle dozzinali cure di una catena di montaggio automatica. Così come chi poi gli omini li anima, cioè i giocatori. Che Hasbro non l’hanno mai amata, perché realizzava un prodotto senz’anima, non trasmetteva la passione di mano in mano. Erano omini freddi, dicono i giocatori, e rispondevano anche male sul prato. C’è infatti chi spenderebbe un sacco di soldi per una squadra prodotta negli anni ’70. E chi ce l’ha, non se ne priva. Insomma, a volerla vedere un po’ più in grande, Subbuteopia è Davide contro Golia, come gli stessi ideatori dichiarano nella presentazione del progetto. Un progetto certamente romantico ed appassionato, che ha già convinto 360 mecenati e che aspettiamo di vedere presto nelle sale italiane.


PIERR NOSARI Regista e autore

ENRICO FONTANELLI Autore

«Con questo documentario spero di portare fortuna all’Atalanta»

Le

ANDREA DALPIAN Direttore della fotografia

«Giocavo a Subbuteo da solo. Il campo era disegnato sopra una tenda»

«Mai giocato. Ma questa potrebbe essere la volta che comincio»

GIUSI SANTORO Produttore Pop Cult

«Perdevo, e non mi divertivo. Ora però sì, che mi diverto»

omini, palloni e dita... in 5 libri pubblicazioni che meglio hanno saputo rendere il sapore di una sfida a

2008

2007

2010

2010

Subbuteo

2006

“Vite in punta di dito”

“Storia illustrata della nostalgia”

“Subbuteo... o son desto?”

“Wembley in una stanza”

“Flick about” (libro fotografico)

Bungaloo Publishing Undici storie diverse nei contenuti ma identiche nella passione verso il Subbuteo. Il calcio in punta di dito visto nel suo aspetto più feticistico, per quelli per i quali il Subbuteo non è mai stato e non potrà mai essere solamente un gioco, ma molto di più.

Daniel Tatarsky - Tatarsky ripercorre dalle origini a oggi la storia di un’impresa e di un’utopia: dall’ipotesi che fosse possibile “subbuteizzare” qualsiasi evento del mondo reale, fino al momento in cui, incalzato dalla concorrenza dei videogame, il gioco è stato ritirato dal mercato.

Nicola De Leonardis - Panni verdi, omini, colla e lunghi pomeriggi con gli amici: il Subbuteo è un gioco creativo e interattivo con cui portare alla vittoria realtà locali che mai avrebbero avuto tale possibilità, ma anche un grande strumento di socializzazione, di incontro e di nascita di amicizie.

Fabrizio Ghilardi - Il gioco che ha appassionato migliaia di bambini accompagna in questo nuovo libro i due protagonisti, chini sul tappeto verde, a cavallo tra ’70 e ’80. C’è anche il mondo degli adulti, incarnato dai genitori, dagli insegnanti e dal nonno, che regala ai due fratelli l’agognato Subbuteo.

Charlotta Smeds - La Smeds e’ una fotografa (tanto brava quanto bella) svedese che vive e lavora a Roma, in Flick About è riuscita nell’impresa di rendere una perfetta unione tra fotografia e Subbuteo, esaltando il gioco del cuore come mai nessuno era riuscito finora.

33 3 / febbraio 2012

SUBBUTEOPIA | Primavera 2012 Due immagini da una sfida di Subbuteo, ripresa per il documentario sul calcio in punta di dito ideato da Pierr Nosari ed Enrico Fontanelli [foto: subbuteopia.com]


aics liguria / oltre gli orizzonti

34

outdoor

La fatica e poi la pace Sulle tracce dell'Homo Habilis testo di Federico Pastore foto dal sito habilisgenova.it


3 / febbraio 2012

35

Sopravvivere, farcela da soli con quello che la natura offre: è l'idea di Habilis Genova

HABILIS GENOVA Sfidare i propri limiti, faticare, ritrovare il contatto con la natura ed imparare a conviverci sfruttando solamente le proprie forze: ed arrivare a trovare la pace interiore: è la filosofia alla base del circolo Habilis


aics liguria / oltre gli orizzonti

36

D

al deserto Ubari in Libia, alla grotta del campo base di Sant’Olcese. Habilis evolve, senza la fretta che il tempo di questo tempo mette, ma con la pazienza di chi sa che prima o poi arriverà dove vuole andare. I ragazzi terribili dell’associazione culturale di Tullo, frazione di Sant’Olcese, sono pronti ad accogliere gli allievi e a formarli. Con l’obiettivo di conferire un attestato e, chi ce la fa, portarseli in Islanda quest’estate. In un’uscita - almeno un mese tra i ghiacci - che non c’entra nulla con le ferie agostane raccontate sui tg, sui giornali e sulle riviste di gossip. Un salto da due milioni di anni

Roba da duri qui. Certo, c’è tutta una preparazione prima, che passa proprio dal campo base di Sant’Olcese, con lezioni e corsi di formazione sportiva outdoor. Con la possibilità di trascorrere anche la notte lì, perché la struttura c’è ed è bella grossa. Soprattutto lo staff di Habilis l’ha tirata su con le proprie mani, nell’ultimo anno. Fatica

e sudore, per qualcosa che si ama. Ma gli intenti di Habilis, a pensarci bene, sono già ben chiari dal nome dell’associazione. Habilis, appunto. Che vuol dire? Viene da Homo Habilis, secondo gli studiosi - anche se c’è qualche controversia, ma ormai è passata come buona - il primo ominide del genere Homo a sviluppare capacità simili a quelle che hanno generato il mondo come lo conosciamo oggi. Tre le caratteristiche fondamentali. Prefigurare la necessità futura degli oggetti, scegliere i materiali adeguati per costruirli ed essere in possesso dell’abilità manuale e cognitiva per realizzarli e poi utilizzarli. Sembra roba da poco, in realtà quando uno dei ragazzi di Habilis - Fabio -, ci ha fatto vedere come accendere un fuoco tramite l’uso della sola pietra e di erba secca, non è sembrato proprio un gioco da ragazzi. Pensi: tira fuori l’accendino e la facciamo finita! Ma tra le pietre e l’accendino ci sono a spanne - 2.4 milioni di anni di evoluzione. Non una passeggiata. Habilis li percorre all’indietro, cercando di andare avanti con le proprie mani. Alla ricerca della libertà

Il presidente dell’associazione Ghigo Gualinetti parla chiaro. «Questa scuola è un mezzo per ottenere la propria libertà personale. Ci vuole fatica, ma il risultato

finale vale ogni sforzo. Io ho alle spalle più di 40 anni di esperienza in attività estreme, cominciati per allontanarmi dalla realtà di tutti i giorni, che mi stancava e mi sembrava inutile. Il bar, gli amici, le sigarette, gli stessi discorsi sempre, le stesse cose tutti i weekend, i giorni tutti uguali. Così ho ascoltato il richiamo della natura e non mi sono negato davvero nulla. Albergava dentro di me una natura primitiva diciamo, mi mettevo alla prova con tutto: scalate estreme, la grotta più profonda del mondo, immersioni, la bici sulle spalle, buttandomi giù dalle piste da sci. Ho fatto un sacco di cose, anche stupide. A me servivano per scaricare tensioni, ansie, ma avevo anche acquisito un bagaglio di esperienze incredibile che potevo comunicare agli altri». La pace

Così nasce il progetto Habilis, insieme all’amico Gerardo “Gerry” Fornaro. «Esatto. Passando per il Cai, speleologia, alpinismo, anche immersioni, ho capito che il mio modo di vivere può anche essere interpretato come un modello, per un recupero psicofisico della persona. Ho pensato: perché non mettere a dispizione tutto questo per rendere possibile a qualcuno il percorso che ho fatto io? Arrivare alla fine dell’anno avendo fatto tutto in proprio, senza delegare al pc o alla tv,

HABILIS GENOVA Due immagini dalle spedizioni in giro per il mondo organizzate dai ragazzi di Habilis: la prossima tappa è l'Islanda

Manuali,

viaggio nel mondo della sopravviven siti internet, consigli utili: e magari imparare a capire quanto dista [ f. past. ]

Un po’ di informazioni, per chi della sopravvivenza non sa molto, per non dire nulla. E magari è curioso. Ci rifacciamo a documenti reperiti per lo più in rete, sui diversi siti - che, solo in Italia, sono parecchi - dedicati a quest’attività, molto sviluppata all’estero. Specialmente negli Stati Uniti ed in Australia, dove la conformazione del territorio e le distanze - spesso enormi per la mentalità diffusa nel nostro paese - dai centri più popolosi, rende alle persone l’interesse e forse in alcuni casi la necessità di stabilire un contatto più diretto con la natura. Diciamo anche primordiale, in alcuni casi. Qui si va nell’estremo probabilmente, ma è abbastanza estremo quasi qualunque individuo che si dedica seriamente alla pratica della sopravvivenza in outdoor. E anche un po’ contradditorio, almeno in apparenza. Sul sito survivalbushcraft.blogspot.com leggiamo: prepara la tua avventura in modo sicuro. E poi. Aspettati di tutto. E ancora: come arrivare, come rimanere vivo e come uscire con sicurezza. Altro estratto, per far capire la testa con cui i sopravviventi affrontano le cose. L’accendino e i fiammiferi sono facili, ma se si bagnano? Anche: come cucinare senza pentole o padelle? Seguito da: vitale per la tua sopravvivenza. Se rimani senz’acqua, che fai? Hai un filtro per depurarla? Come puoi realizzarne uno se non ce l’hai? E oltre. Si può vivere per circa tre settimane senza cibo, se hai molta acqua e un posto comodo per riposare. Infine, la cautela. Che sembra non esserci, a prima vista, in una persona che si prepara ad affrontare le peggiori difficoltà, con la sola forza dell’ingegno e della conoscenza. Ma c’è, eccome. Ad esempio nel rispetto dell’ambiente, che chi pratica sopravvivenza predica continuamente. Lasciate il posto come e meglio di quando siete arrivati. Non toccate le segnalazioni dei percorsi, inseritene di nuove se siete in grado. Migliorate le condizioni generali dei sentieri o realizzatene, se non esistenti. Cautela anche per quanto riguarda il meteo e la sicurezza. Che vanno praticamente di pari passo. Chi affronta spedizioni di uno o più giorni completamente immerso nella natura, non può permettersi di non conoscere la situazione metereologica. Gli istruttori raccomandano sempre di vagliare le previsioni prima di partire e di informare una persona di fiducia sul tragitto

designato, informandola anche quando si arriva a des temporali. Il rumore del tuono dopo il lampo impiega vediamo il lampo e dieci secondi dopo sentiamo il tuo piccolo vantaggio. Molto curioso anche perdersi nelle d telo impermeabile, di 40 cm più lungo della nostra a tutto, veloce da installare, magari tra due alberi. Poi l animali presenti e del loro atteggiamento. Insomma, u molti si tolgono dagli impicci - almeno in partenza -, t descritte in questa pubblicazione sono da utilizzare rischio. Di conseguenza, l’editore non si assume nes abuso di qua

Da segnalare la raccolta di manuali proposta dal si americana. E datati. Carpentry for Boys, ad esem consigliato, dai gestori del sito, averlo a disposizione. and the tricks of trapping and trap making. 162 sopravvivenza indotta, nel senso che nel 1850 la cacci Dunque, le persone avevano un’esperienza molto for inglese come gli altri, sono descritte le tecniche utilizz Ad esempio tramite la Dead Fall, che si utilizzava pe Questa per animali di dimens


Ingrediente base, umiltà

Si parte dal comune minimo denominatore dell’umiltà. Gualinetti lo spiega così. «Quando sono entrato nel Cai, anni fa, mi presentai senza conoscere nessuno. Arrivai tra tutti questi giovanotti coi piumoni, che sembravano più grossi di quello che erano e mi guardavano un po’ strano, forse diffidenti. Portai con me un bottiglione di vino da diversi litri, lo posai sul tavolo e dissi: signori, sono qui! Mi presentai così. Sapevo di essere l’ultimo arrivato e di avere tutto da imparare. Così misi le cose in chiaro e piano piano imparai. Mi misi in gioco con la massima umiltà e con la massima determinazione ad andare oltre i miei limiti. Questo era il mio spirito, questo è lo spirito che mi accompagna ancora adesso, quando esco in montagna o da qualunque altra parte. Tant’è vero che spesso mi capita di fare la guida e la gente alla fine della giornata mi ringrazia... Io dico sempre: grazie a voi!».

Intervista > Gerry Fornaro,

un temporale

stinazione. E fornendo indicazioni utili, per fare un esempio, sui a circa tre secondi a chilometro, per essere avvertito. Quindi, se ono, significa che il temporale è a tre chilometri circa da noi. Un descrizioni degli accampamenti notturni, dove è consigliato un altezza e largo il giusto per proteggerci lateralmente. Sopratlo studio del terreno, della quantità di acqua disponibile, degli un mondo intero. Interessanti anche le note legali, con le quali tramite un semplice avvertimento. Le tecniche di sopravvivenza in circostanze disastrose, in cui la sicurezza delle persone è a ssuna responsabilità per possibili danni, a seguito dell’uso o alsiasi tecnica descritta.

ito housegate.net. Molti, praticamente tutti, di provenienza pio, è del 1914. Definito "simpatico", parla di carpenteria ed è Addirittura del 1850 invece il testo Camp life in the woods, 2 anni sono tanti per rifarsi ad un manuale. Qui però si parla di ia con le trappole e la vita di campo, negli States, era la regola. rmata, utile a chi oggi si affaccia a questo mondo. Nel testo, in ate per procurarsi cibo senza le tecnologie e i materiali di oggi. er catturare gli orsi. O la Down Fall, o ancora la Quail Snare. sioni più ridotte. Ce n’è per tutti i gusti.

Habilis

Una scelta libera per potersi sentire liberi E superare se stessi

di f. past.

G

erardo “Gerry” Fornaro è uno dei fondatori di Habilis, la scuola di formazione outdoor che da un anno ormai sta preparando il terreno per aprire i battenti il prossimo aprile, mese destinato all’inaugurazione ufficiale del progetto. Il campo base - come lo chiamano i ragazzi di Habilis - è situato in quel di Tullo, frazione arrampicata poco sopra Sant’Olcese, dove le montagne fanno scudo al mare e la natura sembra ciò che era all’inizio di tutto: padrona assoluta. Esperienze estreme

nza

socio fondatore di

Fornaro abitava dall’altra parte della strada, proprio lì a Tullo, fino a qualche anno fa. Poi la tratta di sponda, con l’acquisto del terreno e l’idea di coinvolgere gli amici di sempre in un progetto bello carico di entusiasmo ed idee. Di professione Fornaro fa l’operaio acrobatico. Sì, quelli che ogni tanto si vedono in cima ai caseggiati appesi con corde a restaurare, rassettare, murare; ridendo e scherzando. Belli tranquilli. Con qualche curioso diversi metri più sotto, che si ferma e dice: «Ma stanno girando un film?». No. Si tratta di un lavoro vero e proprio, che testimonia molto chiaramente l’inclinazione di Fornaro, come quella dei suoi soci, anch’essi professionisti del settore. Non esattamente impiegati in giacca e cravatta. «Beh, è chiaro che per aprire una scuola di formazione outdoor devi amare un po’ l’avventura - sorride Gerry, dal belvedere del campo base di Habilis -, noi abbiamo girato parecchio negli ultmi anni, facendo esperienze direi piuttosto estreme in terre anche ostili. Penso a quando siamo stati, recentemente, nel deserto Ubari, in Libia, fortunatamente prima della guerra... Siamo rimasti lì un mese, tutto con le nostre forze». Ben lontani dagli alberghi e dai centri turistici, che comunque nel paese dell’ex raìs non sono mai stati merce da moneta. Forse tra non molto sì, con l’arrivo - anche lì - degli americani e della globalizzazione. Vabbè, ma non è questa la sede... Prossima tappa, Islanda

Fornaro racconta anche di un progetto in partenza nel prossimo futuro, l’ennesimo. «Quest’estate si va in Islanda - nel loro linguaggio, come dire Formentera...

-, spedizione su per un altro mesetto. Anche qui, tutto con accampamenti e sopravvivenza sul territorio». Già, perché i ragazzi di Habilis si adattano a ciò che hanno intorno, cercando di sfruttarlo al massimo, senza dover andare a comprare da mangiare o necessitare di sostegni dall’esterno. Sta proprio qui la differenza e lo stimolo per chi guarda da fuori. Essere in grado di farcela, con ciò che si ha in mano in quel momento. «Noi vogliamo promuovere l’attività outdoor, intesa come sport all’aria aperta. Quindi si comincia da arrampicata, canoa, trekking, tiro con l’arco e mille altre cose. E anche la scuola di sopravvivenza vera e propria, che insegnamo per far sì che l’uomo cittadino abbia la possibilità di sopravvivere in un ambiente ostile, quindi costruirsi un riparo per trascorrere una notte nel bosco senza l’ausilio di aiuti tecnici. Conoscendo almeno la possibilità di procurarsi gli alimenti: quindi cacciare, pescare, raccogliere bacche frutti, piante commestibili. Essere indipendenti e conoscere il territorio in cui ci si trova». Superare se stessi

Insomma, non solo un’attività da weekend libero. C’è qualcosa di più in Habilis, sebbene l’aspetto ludico non possa e non debba essere tralasciato. «Sì, noi

«Essere indipendenti, conoscere il mondo che ci circonda: è questo quello che vogliamo insegnare»

siamo istruttori, abbiamo fatto un corso a Torino quindi certificati, abilitati e formati. La nostra non è solo una scuola che promuove un filone, un’attività, ma integra l’attività outdoor con la scuola di sopravvivenza survival. L’aspetto ludico ovviamente è parte integrante del pacchetto. Chiaro che uno debba essere un minimo predisposto, perché se ti dà già fastidio camminare in un bosco, difficilmente potrai avvicinarti ad una realtà come la nostra. Il divertimento sta nel riuscire a superare se stessi, scoprendo un mondo nuovo e in fin dei conti nemmeno così nuovo... Si parla della natura, che è attorno a noi ogni giorno». Il corso si avvicina

Habilis non è una scuola militare, nel senso che non esistono obblighi particolarmente probanti o vincolanti. Si tratta di una scelta libera, per sentirsi più liberi. Attraverso un percorso durante il quale si è accompagnati, in totale sicurezza, da figure qualificate e con decenni di esperienza nell’outdoor. Soprattutto con la passione per ciò che fanno. Già visitare il campo base, ancora in costruzione, fa effetto. I ragazzi di Habilis hanno tirato su una casa con le proprie mani, una casa intera, senza prefabbricati. Dalle fondamenta in su, disegnandola ed adattandola ai bisogni della scuola. In più, c’è anche la zona notte. Pensata per chi starà a Tullo un paio di giorni, nell’arco del tempo destinato al corso. Corso che partirà ufficialmente ad aprile, corso che durerà due o tre mesi. Corso che, per chi arriva in fondo, si sente parte integrante del progetto e viene selezionato dagli istruttori, permetterà di partecipare in estate alla spedizione in Islanda organizzata dal team di Habilis. Un’avventura vera e propria, senza telecamere, senza televisione, senza supermercati e senza le comodità che costituiscono la realtà di ogni giorno. Più che altro, si tratta di una sfida, i cui aspetti psicologici ed emotivi, prima ancora che pratici, sono ben descritti dal presidente dell’associazione, Ghigo Gualinetti. Val la pena leggere la sua intervista per rendersi conto di quanto possa essere interessante conoscere questo modo di intendere il mondo.

37 3 / febbraio 2012

affrontando ogni cosa con grande serenità e camminando davvero sulle proprie gambe. Accendere il fuoco è l’ultima cosa. Sto parlando di cambiare mentalità. Ti entra dentro una pace incredibile, sembra assurdo, ma proprio attraverso la fatica arrivi alla pace. Non è idealmente molto diverso dallo yoga».


38 aics liguria / oltre gli orizzonti

la foto del mese di Simone Arveda

GENOVA | 6 feb 2012 Inter 1988/89: Subbuteo, materiale per inguaribili nostalgici

pomeriggio anni ottanta

A pagina 12 il servizio sul Subbuteo

C

Gli scherzi della memoria e quelle cose belle per davvero

olla e pennello, e fantasia. Ingredienti buoni per tante cose, d'ogni genere: arte e fai-da-te, e pure arte fai-da-te. C'erano i tre stranieri, le partite alla domenica pomeriggio (punto, giusto un cambio d'orario con le stagioni: ma il pallone, come il mondo, cambia, frulla, gira, e tocca stargli dietro), ed era il tempo in cui il weekend se ne andava con i gol in tele. Quindi: la colla, un pennello, la fantasia, e c'era il modo di infilarti tra le pieghe di quel calcio. Un omino del Subbuteo sul panno del Subbuteo per giocare a Subbuteo, e poteva anche essere squadra blu contro squadra rossa. Però spuntavano già gli sponsor, e una scritta Misura sulla maglia dell'Inter dei record ce la si poteva anche dipingere. E gli omini volavano via dal verde, matematicamente sotto le ginocchia, e giù mani d'Attak: erano gli anni di Carletto Ancelotti tenuto insieme con lo spago, che vuoi che sia? Ci sono cose che la memoria tinge di nuovi colori, mentendo al cervello. Altre, invece, erano proprio belle così.


3 / febbraio 2012

39



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.