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gaetano raffaele piga mainardi

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seah pei jun

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le loro perversioni. Siano argilla per il futuro, perché dal dolore nasca la vita, la novità, il fiato creatore.

Le donne e gli uomini che frequentano, a qualsiasi titolo, il Miramare, le stanze che carpiscono brandelli e momenti di tante vite diverse e lontane, diventano materia creativa, opere, performance, testimonianza. Per disegnare con le tempere del nuovo millennio l’immagine di un’isola che pulsa e che non è gallinelle, ceramica smaltata, tappeti che pungono, pibiones e zipponi caldi di orbace. Una terra che non è stereotipo, ma archetipo. Una Sardegna che è Atlantide, che è l’isola dei Feaci, la landa delle Sirene, il luogo del mistero originario e delle città sommerse. Una terra che le civiltà le crea. Poi le esporta, via mare e via cielo, nel mondo, perché il mondo le assuma e le digerisca. Anche senza ricordare che lì sono nate, lì sono state inventate, prefigurate, disegnate.

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Visione del futuro e futuro della visione, in un viluppo sensuale di uomini e donne che passano, per caso, ma non troppo, in un luogo che è un caso, ma non troppo, in un’isola a caso, che è l’ombelico del mondo.

Arte di emergenti, fatta con sconosciuti e maestri, in un luogo assai caratterizzato, in una regione del mondo che potrebbe essere qualsiasi ma che, ancora una volta è quella, il centro dei planisferi, il sandalo di Dio, posato sul mare più bello della storia.

Gaetano Raffaele Piga Mainardi

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