Guida Gpone.com al Gp d'Italia al Mugello

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GUIDA AL GP www.gpone.com D’ITALIA

e n o


ANNO DENOMINAZIONE

500 cc / MotoGP

250 cc / Moto2

125 cc

Villa (Harley-Davidson) Bianchi (Morbidelli)

1976

Gp delle Nazioni

Sheene (Suzuki)

1978

Gp delle Nazioni

Roberts (Yamaha)

Ballington (Kawasaki)

Lazzarini (MBA)

1982

Gp di San Marino

Spencer (Honda)

Mang (Kawasaki)

non disputato

1984

Gp di San Marino

Mamola (Honda)

Herweh (Real)

Vitali (MBA)

1985

Gp delle Nazioni

Spencer (Honda)

Spencer (Honda)

Bianchi (MBA)

1991

Gp di San Marino

Rainey (Yamaha)

Cadalora (Honda)

Öttl (Rotax)

1992

Gp d’Italia

Schwantz (Suzuki)

Cadalora (Honda)

Gianola (Honda)

1993

Gp di San Marino

Doohan (Honda)

Capirossi (Honda)

Raudies (Honda)

1994

Gp d’Italia

Doohan (Honda)

Waldmann (Honda)

Ueda (Honda)

1995

Gp d’Italia

Doohan (Honda)

Biaggi (Aprilia)

H. Aoki (Honda)

1996

Gp d’Italia

Doohan (Honda)

Biaggi (Aprilia)

Öttl (Aprilia)

1997

Gp d’Italia

Doohan (Honda)

Biaggi (Honda)

Rossi (Aprilia)

1998

Gp d’Italia

Doohan (Honda)

Lucchi (Aprilia)

Manako (Honda)

1999

Gp d’Italia

Criville (Honda)

Rossi (Aprilia)

Locatelli (Aprilia)

2000

Gp d’Italia

Capirossi (Honda)

Nakano (Yamaha)

Locatelli (Aprilia)

2001

Gp d’Italia

Barros (Honda)

Harada (Aprilia)

Ueda (TSR-Honda)

2002

Gp d’Italia

Rossi (Honda)

Melandri (Aprilia)

Poggiali (Gilera)

2003

Gp d’Italia

Rossi (Honda)

Poggiali (Aprilia)

Cecchinello (Aprilia)

2004

Gp d’Italia

Rossi (Yamaha)

Porto (Aprilia)

Locatelli (Aprilia)

2005

Gp d’Italia

Rossi (Yamaha)

Pedrosa (Honda)

Talmacsi (KTM)

2006

Gp d’Italia

Rossi (Yamaha)

Lorenzo (Aprilia)

Pasini (Aprilia)

2007

Gp d’Italia

Rossi (Yamaha)

Bautista (Aprilia)

Faubel (Aprilia)

2008

Gp d’Italia

Rossi (Yamaha)

Simoncelli (Gilera)

Corsi (Aprilia)

2009

Gp d’Italia

Stoner (Ducati)

Pasini (Aprilia)

Smith (Aprilia)

2010

Gp d’Italia

Pedrosa (Honda)

Iannone (SpeedUp)

Marquez (Derbi)


ROSSI E DUCATI SULLA LORO PISTA Il Re e la Regina del Mugello: Rossi e la Rossa, Valentino e la Ducati. Questi i due ingredienti più “saporiti” di un Gran Premio d’Italia tra i più attesi degli ultimi anni. La tappa toscana del Mondiale, spostata dalla tradizionale data di giugno a inizio luglio, arriva in un momento cruciale per il pesarese e per la Casa di Borgo Panigale, che su un circuito amico sperano di ottenere un risultato che possa dare una svolta alla loro stagione. I presupposti ci sono tutti: la nuova Gp11.1, portata in pista per la prima volta ad Assen, anticipa le novità tecniche introdotte sulla Gp12 “mille”, provata a lungo proprio al Mugello. Vale e il suo staff avranno quindi i riferimenti giusti per iniziare a lavorare sin dalle prime prove nella giusta direzione. Il grosso problema, lamentato diverse volte dal “Dottore”, è infatti legato all’assenza di un vero setting di base da cui partire nei weekend di gara, e che costringe il team ad inseguire in prova i più veloci. In gara, poi, le cose vanno meglio, tanto che Valentino, zitto zitto, è comunque quarto in campionato con 81 punti. Facendo un paragone con il 2010, dopo 7 gare Rossi ne aveva soltanto 61. Raccolti tutti in tre gare grazie a un primo, un secondo e un terzo posto, è vero, ma sta di fatto che paradossalmente Rossi in classifica è messo molto meglio di un anno fa. Tutto, quindi, è ancora da giocare. Se la Ducati numero 46 uscirà dal Mugello con dei punti pesanti, la stagione della coppia tutta italiana potrebbe decollare: un risultato importante darebbe la giusta spinta per affrontare nel migliore dei modi le due gare - Sachsenring e Laguna Seca - prima della pausa estiva, in attesa di altre novità tecniche, questa volta concentrate all’anteriore, in vista di Brno.


COSA SI E’ MESSO IN TESTA ROSSI? 2001 - HAWAIANO

Il casco riprende la livrea a grandi fiori hawayani della Honda NSR del pesarese. Non mancano il sole, davanti, e la luna, dietro.

2001 2002

2002 - QUELLO DEL “GRAZIA”

Vale omaggia il papà Graziano indossando una “replica” del casco utilizzato in passato dal padre: bianco con una fascia rossa che circonda la visiera.

2003 - IL VALE NAZIONALE

Per la gara di casa Rossi indossa il casco come se fosse una maglia della Nazionale di calcio: azzurro, con il nome e il numero nella parte posteriore.

2004 - MEDAGLIA DI LEGNO

Valentino ironizza sul suo stato di “obbligato a vincere”: reduce da due quarti posti, a Jerez e a Le Mans, al Mugello sfoggia la medaglia di legno...

2005 - DOTTORE PER DAVVERO

Fresco di laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione, Rossi non è più soltanto “The Doctor”, perché ora è Dottore. Per davvero.

2003

2006 - FUMETTO QUARANTASEI

Sul casco compaiono i personaggi del fumetto “Quarantasei”, striscia dedicata da Milo Manara al campione pesarese: tra gli altri, Enzo Ferrari.

2007 - IO TIFO VALE

Questo casco è dedicato tutto alla grande passione dei tifosi: a fine gara, infatti, Valentino lo lancerà dal podio al pubblico che lo festeggia.

2008 - TERRORE ALLA SAN DONATO

Uno dei più azzeccati: quando è in carena, dalla moto spunta soltanto il faccione di Valentino che, impaurito, aspetta lo “staccatone” della S. Donato

2009 - MANI NEI CAPELLI

Il concetto è lo stesso dell’anno precedente, ma questa volta non c’è il volto, ma le mani nei capelli. Un gesto che imitano anche i due bulldog di Vale.

2010 - MI GIOCO IL JOLLY

Per Rossi correre al Mugello è come giocarsi un jolly: purtroppo non lo ha potuto neanche sfruttare, fermato il sabato dall’incidente alle Biondetti.

2004


2005

2007

2006 2009

2008

2010


...E TU CHE TEMPO FORMULA 1 1’18”76 (2004)

1’50”

1’52”5

MOTOGP 1’48”1 (2008) SUPERBIKE 1’51”9 500 GP 1’52”45 (1999) 250 GP 1’52”6 (2008) SUPERSPORT 1’54”4 (2010) MOTO2 1’55”6 (2010) 125 GP 1’58”0 (2010) YAMAHA R6 CUP 1’58”6 (2010) MOTO 1000cc STRADALE 2’05”0

30 anni, 20 secondi in meno

Cronologia dei record della top class, dalla Suzuki di Sheene alla M1 di Rossi Il disegno della pista del Mugello è rimasto inalterato dalla nascita: chi ci corre oggi ha a che fare con le stesse identiche curve di chi si trovava ad affrontarlo a metà anni Settanta, in sella a motociclette totalmente differenti da quelle di oggi. E’ perciò possibile analizzare quanto l’evoluzione tecnica abbia influito sulle prestazioni.

Le Suzuki di Barry Sheene e Phil Read, le più veloci nel 1976, giravano in 2’07”6. Già due anni più tardi, nel 1978, Kenny Roberts con la Yamaha scese di quasi tre secondi, spingendosi fino a 2’04”8. Negli anni 80 fu la Honda di Spencer ad alzare l’asticella, avvicinando sensibilmente il limite dei 2 minuti netti

segnando, nel 1985, il record di 2’01”49. Un limite che, complice l’assenza del Motomondiale per sei anni, riuscì a resistere fino al 1991, quando venne inevitabilmente “demolito” dalla Suzuki di Schwantz in 1’54”276. Negli anni Novanta è Doohan il record man incontrastato: l’australiano con la NSR500 nell’arco di cinque


FAI AL MUGELLO? 1’55”

stagioni riesce però a “limare” soltanto 8 decimi, passando dall’1’54”048 del ‘92 all’1’53”26 del 1996. Il record tiene fino al 1999, quando un incredibile Harada segna la pole sull’Aprilia bicilindrica in 1’52”454, tuttora il tempo più veloce di una 500 due tempi al Mugello. L’avvento delle MotoGp ha poi portato ad un ulteriore abbassamento dei tempi: 1’51”258 (2002, Rossi, Honda); 1’49”553 (2004, Gibernau, Honda); 1’49”223

1’57”5

2’00”

(2005, Rossi, Yamaha); 1’48”969 (2006, Gibernau, Ducati), fino allo stratosferico 1’48”130 di Rossi, segnato nel 2008 sulla Yamaha M1, nell’ultima stagione dell’era delle gomme da qualifica. Un muro che è però destinato ad essere abbattuto: nonostante l’assenza delle coperture “chewing-gum”, nel 2010 Pedrosa è infatti riuscito a scendere fino a 1’48”819. L’asfalto totalmente rinnovato, definito già da molti un “biliardo”, farà il resto...

1985, quando si girava ancora sopra i due minuti. Qui Randy Mamola insegue Wayne Gardner.


TECNICA MOTOGP // TECNICA MOTOGP // TECNICA MOTOGP // TECNICA MOTOGP //

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(1) MOTORE. Tutte le MotoGP adottano in questa stagione motori a scoppi irregolari. Per chi utilizza motori V4 (Honda, Ducati, Suzuki), l’irregolarità varia a seconda dell’angolo della V tra le due bancate. Una V larga (ad esempio, Ducati, 90°) porta ad ingombri maggiori, ma consente di adottare una migliore geometria dei condotti di aspirazione; al contrario una V più stretta (es. Honda) permette di avere ingombri minori, ma non consente di adottare condotti di aspirazione dritti. Unica casa a montare un 4 ciliindri in linea

(con contralberi per equilibrare le vibrazioni causate da questo layout) è la Yamaha. Questa soluzione consente di avere molto spazio in senso longitudinale all’anteriore e al posteriore per giocare con il bilanciamento della moto. (2) SCARICHI. Tutte le moto che montano un motore V4 hanno gli scarichi sdoppiati: uno che esce in basso, lateralmente, e uno in alto sotto al codone. Lo sdoppiamento degli scarichi è legato all’irregolarità degli scoppi, che non

TO CA

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consente di accordare le onde di pressione di entrambe le bancate. Se con un motore cosiddetto “screamer”, infatti, c’è simmetria temporale tra le onde di pressione di una bancata e dell’altra, che sono quindi accoppiabili in un unico scarico. Se lo si facesse con un motore “big bang”, su una bancata si avrebbero dei vantaggi, dall’altra invece le onde troverebbero un ‘muro’. (3) FORCELLONE. Attraverso il forcellone è possibile giocare sul bilanciamento della moto,

scegliendo se dare più carico al posteriore o all’anteriore. Per dare più carico al posteriore, ossia per avere più trazione e più stabilità in frenata, si accorcia il forcellone e si sposta in avanti la ruota anteriore. Si spostano cioè in avanti entrambe le ruote. Per dare più carico all’anteriore, si allunga il forcellone posteriore e si avvicina alla moto la ruota anteriore. Sulla Ducati, ad esempio, in questo caso lo spazio di manovra è limitato dal motore V4 a L, con la bancata anteriore che è orizzontale e vicina alla ruota anteriore.


TECNICA MOTOGP // TECNICA MOTOGP // TECNICA MOTOGP // TECNICA MOTOGP Parlando di bilanciamento, si tratta sempre di un compromesso: dando più carico al posteriore per cercare trazione e stabilità, infatti, si ha nel contempo una maggiore tendenza all’impennata, problema notevole su una MotoGP. Su una pista come Motegi, ad esempio, si cercherà carico all’anteriore; a Barcellona, invece, dove non ci sono grandi accelerazioni ma tanti curvoni lunghi, al posteriore. Per quanto riguarda il forcellone, con l’arrivo della GP11.1 - che anticipa le soluzioni già provate sulla nuova mille, la GP12 - tutte le MotoGP odierne ce l’hanno con la capriata bassa. Questa soluzione è molto in voga perché consente di abbassare il punto attorno al quale il forcellone, quando è sollecitato, si torce. In questo modo il punto di contatto della gomma sull’asfalto rimane più stabile, con ovvie conseguenze positive sulle prestazioni. (4) AIRBOX. Il concetto è analogo a quello degli scarichi: se il motore è un V4 a scoppi irregolari, un airbox sdoppiato in due consente di dividere l’aspirazione delle due bancate portando a maggiori prestazioni. Nel caso della Ducati non è

Yamaha M1

possibile adottare un airbox sdoppiato per via della particolare architettura, con il telaio anteriore in carbonio - che collega il perno di sterzo al motore - che integra anche l’airbox. (5) FRENI. Da quest’anno è possibile utilizzare una sola misura dei dischi freno anteriori in carbonio: 320 mm. Chi utilizza freni Brembo ha comunque a disposizione tre tipologie differenti di dischi: una con fascia frenante bassa e materiale frenante standard, un’altra con fascia alta e materiale sempre standard, e una terza con fascia frenante alta e un nuovo materiale frenante, denonimato “new3”. Quest’ultimo ha un attacco più “mordente”, utile in condizioni di freddo, ma anche con il gran caldo, perché consente di avere prestazioni più costanti anche su piste calde che potrebbero presentare problemi di perdita di potenza frenante (ad esempio, Sepang). Per quanto riguarda la differenza tra fascia alta e bassa, quella alta consente di aumentare la capacità termica del disco; il disco, cioè, ci mette di più a scaldarsi, ed evita quindi di arrivare al limite della temperatura di esercizio. Alcuni utilizzano

Il forcellone della GP11.1

anche la fascia alta coprendo il disco con una cover: la capacità termica più elevata infatti fa anche in modo che il disco si raffreddi più in fretta: in alcune piste questa soluzione consente di mantenere per più tempo possibile il disco alla giusta temperatura di esercizio. (6) SERBATOIO. Per regolamento, il serbatoio di una MotoGP può contenere al massimo 21 litri di carburante. Ma quanto incide realmente questo limite sulla potenza dei motori in gara? Innanzitutto, va detto che dipende moltissimo dal circuito; in secondo luogo, dipende dalla potenza massima del motore. Vale cioè l’equazione più cavalli uguale più consumi. Il motore Honda, accreditato come il più potente del lotto, è quindi quello che dalle prove alla gara - sui circuiti più severi sul fronte dei consumi, che costringono a viaggiare più magri per arrivare fino alla bandiera a scacchi - perde più cavalli per strada. Le Ducati - che contrariamente a quanto si possa pensare non hanno i motori più potenti - raramente si ritrovano a dover tagliare potenza in gara rispetto alle prove. Quando ciò accade la perdita si attesta sui 6/7 cavalli.

Honda RC212V


1976: Lega ricorda LIRE 3000 Qui a lato, un biglietto “prato” del 54° Gran Premio delle Nazioni del 1976, prima volta del Motomondiale sul circuito del Mugello: all’epoca costava 3.000 Lire. In quell’anno correvano quattro categorie: 50, 125, 250, 350 e 500 cc. Sul biglietto è raffigurato Phil Read sulla Yamaha campione del mondo. In gara l’inglese verrà battuto in volata dalla Suzuki di Barry Sheene (un solo decimo li separa sul traguardo).

LARGO AGLI YANKEE Il quinto posto di Pat Hennen nel GP delle Nazioni del 1976 rappresenta il primo passo della “scuola” americana nel Motomondiale: prima di lui, nessun pilota yankee aveva infatti mai ottenuto punti nella classe 500. All’epoca erano i piloti europei, in particolare italiani e inglesi, a dominare incontrastati, ma i tempi stavano cambiando. Di lì a poco gli USA avrebbero preso il sopravvento, con 13 titoli in 16 stagioni dal 1978 al 1993 grazie a Roberts, Spencer, Lawson, Rainey e Schwantz. Proprio il texano ha ottenuto l’ultima vittoria yankee al Mugello, nel 1992.

16 maggio 1976: sul circuito del Mugello perdono la vita due giovanissimi talenti del motociclismo. Otello Buscherini, forlivese, nella gara della 250 cc; Paolo Tordi, cesenate, poco dopo, in sella a una 350. Mario Lega, lughese, iridato della quarto di litro nel 1977, quel giorno era lì con loro. Mario, in particolare, era fortemente legato a Buscherini, suo coetaneo. “Otello è stato un faro per me - ricorda Lega - era un aminale da gara, mi ha insegnato tutto. Un

portento: eravamo coetanei, ma lui era più grande della sua età”. Mario ricorda molto bene gli istanti che precedettero la gara risultata poi fatale a Buscherini: “Io avevo lasciato nella stagione precedente il team Diemme, con cui c’erano stati degli screzi, e fu proprio Otello a sostituirmi; anche lui però, poco dopo, ebbe dei problemi e passò al team Venemotos. Quel giorno, prima della partenza ci ritrovammo uno accanto all’altro ai cancelli della pista. Otello era intento a raccontarmi i suoi problemi con il team quando, a un certo punto, compaiono due medici. ‘Non crediamo che voi piloti siete così tranquilli prima di correre. Fateci sentire il cuore!’, fa uno di

Reggiani: “Qu Loris Reggiani ha percorso tantissimi chilometri al Mugello, da pilota e da collaudatore: al romagnolo, oggi commentatore dei Gran Premi assieme a Guido Meda, è mancata però la gioia di una vittoria. Per due volte consecutive - ‘92 e ‘93 - è infatti stato beffato sul traguardo per un solo decimo. “Entrambe le volte, da una Honda: prima Cadalora, poi Capirossi - ricorda - Luca, però se la guadagnò, la vittoria. Riuscì a starmi davanti per tutto l’ultimo

giro senza lasciarmi spazio; l’anno dopo invece Loris mi infilò sul dritto. Quella volta mi sono girate un po’ di più! Mi sarei meritato la vittoria. Però furono entrambe gare molto belle: al Mugello sono sempre così. Nel ‘92 fu una lotta a quattro, fino a un certo punto c’erano anche Biaggi e Chili; nel ‘93 Harada era il più veloce, in curva. Evidentemente, non aveva tanto motore”. Reggiani ha iniziato a conoscere i saliscendi del Mugello a fine


Buscherini loro. Pronti! dissi io. Scoprirono che il nostro battito era come quello di due anziani seduti su una panchina... nonostante tutto!”. “Dopo le prime fasi di gara continua Lega - ci ritrovammo in un gruppone di una dozzina di piloti, tutti intenti a superarsi e a prendersi la scia. In fondo al rettilineo, alla staccata della San Donato, vedo Otello tenersi tutto a destra, e dentro di me mi dico: ‘indò val Otello?’, dove va? Mi aspettavo che avremmo incrociato la sua traiettoria, si sarebbe allargato e noi altri lo avremmo ripassato. Invece no: riuscì a stare stretto e a passarci tutti! ‘Ecco, lo sapevo, avrei dovuto seguirlo!’ Mi dissi. Nelle curve successive iniziò subito ad allungare.

Mario Lega impegnato al Mugello su una Bimota 350

Alla prima Arrabbiata alzai lo sguardo per vedere dove fosse. Non lo vidi: poteva essere già così avanti? Purtroppo, non era così: era caduto”. Dai racconti di Lega si intuisce la sua grande ammirazione nei confronti di Buscherini, come amico e come ‘avversario’. “Agli inizi, avevamo 17 anni, correvamo assieme nella categoria Cadetti. A un certo

punto, Otello mi confidò la sua intenzione di passare direttamente tra i Senior, i professionisti, saltando la Junior. ‘Cosa pensi di fare, senza esperienza, contro piloti del calibro di Nieto?’ gli dissi io. E lui: beh, hanno due braccia e due gambe come me, qual è il problema? Ecco, era questa sua grande carica interiore che lo rendeva un Pilota con la P maiuscola”.

ui c’è da perdersi!” anni Settanta, quando le vie di fuga erano praticamente assenti. “La mia prima gara al Mugello risale al 1978, nel trofeo Aspes (Criterium Monomarca Aspes Yuma, ndr). Il circuito era già stato modificato in seguito alle tragedie di Buscherini e Tordi. Mi ricordo che nel ‘75, quando andavo a vedere le gare, i pochi spazi di fuga erano delimitati da pali e reti. All’epoca era così... anzi, il Mugello era uno dei migliori sul fronte sicurezza”.

Come detto, Reggiani ha vissuto il Mugello anche da collaudatore per l’Aprilia. “Dal ‘90 al ‘95 con la 250, poi anche con la 400: non mi stancava, tanto che è uno dei pochi circuiti dove giro volentieri anche oggi, assieme a qualche amico, con moto da corsa. Anche perché, diciamolo: ci puoi anche aver fatto tre milioni di chilometri, ma arrivare alla Casanova Savelli e alle Arrabbiate è sempre un’emozione non indifferente!”. Loris svela infine un simpatico

aneddoto che dimosta quando il Mugello richieda una certa esperienza per essere interpretato al meglio: “Ho un ricordo preciso della prima volta che ci ho girato: a un certo punto non sapevo più in quale punto della pista fossi. Insomma, mi ero perso! A prima vista il circuito può sembrare banale, con tutte quelle esse ripetute che sembrano tutte uguali, ma in realtà sono tutte diverse. Per andare forte al Mugello, devi girarci tantissimo”.


SIMONCELLI S

e le qualifiche dei Gran Premi regalassero punti, Marco Simoncelli sarebbe senza dubbio in lotta per il Mondiale: da inizio anno SuperSic è veloce; anzi, velocissimo. Al venerdì e al sabato, in tutti i turni di prove, con l’asfalto asciutto, umido o bagnato. Da cinque gare, il Sic conquista la pole o nel peggiore dei casi parte secondo. Chiari sintomi di potenzialità enormi che finora il romagnolo non è però riuscito a “orientare” nella direzione giusta in gara. Anche ad Assen Marco ha esagerato: scattato benino dalla pole, era terzo dietro alle due Yamaha di Spies e Lorenzo. Arrivato alla prima curva a sinistra del tracciato, ha voluto infilare il maiorchino, ed è successo il patatrac. Di nuovo. Come a Jerez; come all’Estoril e a Silverstone. Risultato:


C’E’

zero podi, e due quinti posti - a Losail e a Le Mans - come migliori risultati. Tutto però fa pensare che il Gran Premio d’Italia possa essere l’occasione giusta per SuperSic. Ricordate la stagione 2008, quella dell’iride in 250? Marco dopo i primi due Gran Premi era ancora a secco di punti “grazie” a una serie di sfighe, tanto che per sdrammatizzare fece cucire sulla tuta “+0”, come il suo punteggio in classifica. Al Mugello, sesta gara della stagione, arrivò finalmente il primo successo in duemmezzo. Un risultato che diede una svolta all’annata del romagnolo, poi laureatosi campione. “Quella vittoria fu bellissima - ricorda Marco - non vincevo un Gran Premio da tre anni, ed era anche la prima in 250 dopo due stagioni difficili. Speriamo possa accadere la Il “volo” del Sic nel primo giro del GP del Portogallo

Espargarò e mi sono ritrovato ultimo, ma poi sono riuscito a rimontare fino alla nona posizione”. In Olanda è toccato a Ben Spies interrompere l’egemonia dei “fantastici quattro” della MotoGP - Stoner, Lorenzo, Rossi e Pedrosa -; chissà che in Toscana non tocchi finalmente a SuperSic...

stessa cosa anche quest’anno: il nostro obiettivo del resto rimane sempre lo stesso, giocarsi la vittoria!”. L’importante, per Simoncelli, sarà imparare dai recenti errori, e non farsi prendere dalla foga. “Devo ‘scollinare’, superare questo momento: al Mugello ci sono tanti saliscendi, potrebbe essere l’occasione giusta! A parte gli scherzi, la pista è una delle più belle al mondo ed è fantastico correrci, soprattutto quando le colline attorno al circuito si riempiono di gente. Prima di arrivare al Motomondiale, nel 2003 in 125, non ci avevo mai corso prima: ci avevo fatto soltanto un test per il Campionato Europeo. Correrci la prima gara è stato come vivere un sogno”. Il palmares del Sic al Mugello conta anche un secondo posto, ottenuto nel 2009. “Potevo vincere, ma purtroppo Pasini mi ha fregato proprio all’ultimo dopo una bella battaglia - ricorda Marco - Comunque non sono andato male neanche l’anno scorso, alla mia prima volta con la MotoGP: purtroppo alla partenza mi sono toccato con la Ducati di

Sotto, siamo nel 1996: Marco ha ancora i capelli corti quando vince la sua prima gara di Campionato Italiano nelle minimoto...


(1) Il podio del 2003: Rossi è primo davanti a Capirex e Biaggi (2) Rossi festeggia la vittoria del 2005 in sella alla Yamaha M1: è la sua quarta consecutiva al Mugello

1

4

5

6

2 (6) Valentino e Max, primo e secondo, sul podio nel 2002 (7) Dopo la battaglia vinta in pista, Rossi alza il braccio a Loris sul podio dell’edizione 2006

3

(3) Biaggi comanda il gruppo nel 2005 davanti a Valentino, Melandri e Loris (4) Capirossi con la Desmosedici in livrea storica davanti a Rossi nel 2006 (5) Nel 2000, Rossi e Biaggi, prima di cadere, inseguono la Honda di Capirossi

7


Le patatine di SuperSic San Carlo è uno dei pochi grandi sponsor extra settore presenti in MotoGP: abbiamo parlato col presidente Vitaloni, presente ai box per tifare Simoncelli La livrea delle moto del team Gresini sta diventando una piacevole costante della MotoGP, un po’ come lo sono i colori della Repsol per il team ufficiale HRC. San Carlo, azienda milanese leader in Italia nel mercato degli snack salati, già da diversi anni veste infatti le Honda della squadra faentina con il semplice ma efficace abbinamento cromatico dei suoi famosi packaging delle patatine: bianche, col il logo giallorosso in bella evidenza. Una bella partnership in un momento comunque complicato per i team della MotoGP, che contano pochissimi grandi sponsor extra settore. “Perché abbiamo scelto la MotoGP? A noi servono consumatori giovani, e abbiamo capito che il mondo dei motori avrebbe potuto fare al caso nostro - spiega il presidente di San Carlo, Alberto Vitaloni - Proprio mentre stavamo valutando dove investire, Gresini ci ha contattati e ci siamo detti: perché no?”. Dietro a questa scelta c’è anche una passione personale per le due ruote? “No: a me piacciono più le moto rispetto alle auto, ma è soltanto una coincidenza. Per noi era importante attirare i giovani, abbiamo pensato più che altro a quello”. San Carlo è impegnata anche in altri sport? “Nello sci, nelle

arti marziali, e siamo anche nel calcio, come sponsor minore del Napoli e del Catania”. In Italia siete leader nel mercato degli snack salati: l’impegno in MotoGP è legato anche alla voglia di espandersi all’estero? “Sì: abbiamo già una rete di distribuzione all’estero e essere in MotoGP ci sta aiutando a far conoscere il nostro brand, che è molto apprezzato”. Voi siete tra i pochi grandi sponsor extrasettore in MotoGP, uno sport che comunque in Italia è seguitissimo. Come se lo spiega? “In Italia tutto è condizionato dal calcio, che assorbe la maggior parte delle risorse disponibili a livello di sponsor. Soltanto dopo il calcio arrivano gli altri sport, cosiddetti minori, dove comunque

incide molto la presenza o meno di grandi protagonisti italiani”. Adesso voi ne avete sicuramente uno: Simoncelli. “Esatto: viviamo molto bene questo momento. Lo scorso anno avevamo intuito subito le sue potenzialità; poi, è un ragazzo che tiene unito tutto il team, spontaneo e simpatico di natura, e tutto ciò ai giovani piace. Per questo, nonostante non abbia ancora ottenuto risultati eccezionali in gara, Marco ha già un seguito formidabile. A lui non piace sentirsi dire che è l’erede di Rossi, ma speriamo tutti che sia così, e se nel 2012 il team resterà così com’è, vogliamo essere della partita per il titolo”.


LE LACRIME DI KEVIN 10 giugno 1995, sala stampa del Mugello alla vigilia del GP d’Italia: Kevin Schwantz ha davanti la platea di giornalisti e annuncia, in lacrime, il suo addio alle gare. Nella sua ultima stagione completa - il 1994, l’unica dove abbandona il 34 per sfoggiare il numero 1 di campione del mondo - Schwantz ottiene la sua ultima vittoria a Donington, correndo con la mano sinistra fratturata. Per omaggiare uno dei piloti più popolari della storia del Motomondiale, che lascia a soli 30 anni, la Dorna ritira il numero 34: da quel giorno, nessuno potrà più usarlo nella classe regina.

LA BUFALA DI SCHUMI

Alla fine di febbraio del 2008 il quotidiano francese l’Équipe lancia la bomba: Schumacher al via del Gp d’Italia come wild card su una Ducati. Una voce poi alimentata dal test effettuato ad aprile da Michael, che sostituì il collaudatore Guareschi completando 42 giri, miglior tempo 1’58”. Schumi, però, smentì subito tutto.

MELANDRI SUPEREROE

Gara da supereroe per Marco Melandri quella del Mugello nel 2002: vestito completamente da Spiderman il ravennate, nonostante qualifiche non brillanti (quinto a 7 decimi dal poleman Battaini) andò a cogliere la seconda vittoria stagionale in sella all’Aprilia ufficiale con il vecchio telaio, fortemente voluto da Macio.

L’APRILIA 500 DA RECORD

LA POENGSEN VA A PUNTI

OKADA “PNEUMATICO”

Il record della pista del Mugello per una 500 a due tempi da Gran Premio è detenuto dalla Aprilia RSW-2 bicilindrica di Jan Witteveen: un primato importante perché destinato a durare per sempre, considerata l’uscita di scena dei motori a due tempi dalle competizioni a due ruote. Ad ottenerlo fu Tetsuya Harada nelle qualifiche del Gp d’Italia 1999: 1’52”45.

Nel GP d’Italia del 2001 la tedesca Katja Poengsen entra nella storia: è lei infatti la prima donna ad ottenere punti nel Mondiale 250cc, grazie al 14° posto ottenuto in sella ad una Aprilia. Prima di lei soltanto due “lady” avevano ottenuto punti iridati: la finlandese Taru Rinne e la giapponese Tomoko Igata. Entrambe, però, in sella alle più piccole 125cc.

Sono lontani i tempi in cui era la Honda a inseguire: nel 2008, al Mugello, la HRC fece debuttare il motore a valvole pneumatiche sulla Rc212V, in ritardo rispetto alle concorrenti. A guidare la moto “pneumatica” fu chiamato Okada: Pedrosa infatti non voleva rischiare usando subito in gara il nuovo motore, preoccupato di intaccarne l’affidabilità...

PEDROSA COME UN RAZZO: CENTO METRI IN UN SOLO SECONDO! Nel 2009, prima di tuffarsi verso la staccata della San Donato, Dani Pedrosa ha deciso di farsi una corsetta sul rettilineo. Il suo “passo”? 97,22 metri al secondo. Che, detto in altre parole, significa 350 km orari. 349,3 alla speed trap, per essere precisi. E’ questo il record di velocità mai registrato da una MotoGp, ed è stato segnato proprio al Mugello, teatro in passato di altri record velocistici per la top class. Vediamoli.

1998 - Aoki (Suzuki) - 317,0

1999 - Biaggi (Yamaha) - 318,6

2002 - Ukawa (Honda) - 324,5

2003 - Capirossi (Ducati) - 332,4

2004 - Barros (Honda) - 334,0

2005 - Checa (Ducati) - 340,5

2009 - Pedrosa (Honda) - 349,3


2003: SPARISCE L’ULTIMA MOTO 500 A DUE TEMPI Il Gran Premio d’Italia del 2003 è stata la prima gara, dall’inizio della “formula” MotoGP, senza più neanche una moto a due tempi sullo schieramento. Fino a quel momento, infatti, assieme ai nuovi prototipi a quattro tempi avevano convissuto le “vecchie” Proton KR 500cc a tre cilindri del team di Kenny Roberts. La nuova KR5 MotoGP, presentata da “King” Kenny a inizio anno e spinta dal 5 cilindri Honda da 990cc, non risultò infatti pronta per essere schierata nei primi quattro Gran Premi, e debuttò soltanto al Mugello, mandando in pensione una volta per tutte l’ultima due tempi superstite. Un esordio poco fortunato, con Nobu Aoki e Jeremy McWilliams ritiratisi rispettivamente a 9 e a 5 giri dal traguardo.

LA PRIMA ROSSA DI VALE

Prima di approdare in Ducati, Rossi era solito ‘flirtare’ con un’altra Rossa, la Ferrari: è proprio al Mugello che Vale ha effettuato il suo ultimo test, a fine novembre 2008. Il pesarese riuscì a girare in 1’22”5, a circa 1”5 dai tempi dei piloti titolari: con la stessa monoposto, Raikkonen solo due mesi prima siglò 1’21” netto.

CAPIREX SQUALIFICATO

SIC E BARBERA RISCHIANO

LA PRIMA DESMOSEDICI

Vittorioso a 41 anni nel Gp d’Italia 1998, Marcellino Lucchi nel 1999 avrebbe potuto centrare un altro bel risultato, ma il contatto al via con Capirossi lo mise subito KO: i commissari decisero poi di squalificare per una gara Loris. Poco male: l’imolese si prese una vacanza, durante la quale incontrò la bella Ingrid...

La gara della 250 del 2008 si ricorda per l’incidente tra Simoncelli e Barbera, in lotta per la vittoria: a due giri dalla fine il romagnolo cambia traiettoria in rettilineo mentre lo spagnolo gli è vicinissimo. Inevitabile il contatto, con Barbera che finisce a terra a grande velocità. SuperSic ottiene così il suo primo centro in 250cc.

L’avventura in MotoGP della Ducati è iniziata nel 2003, ma già nel 2002 la Casa di Borgo Panigale ha svelato al mondo, durante il GP d’Italia, ossia sulla pista che l’ha vista nascere, la mamma di tutte le Desmosedici, la GP2.

NAKANO VOLA A 320 KM/H

MA QUELLO E’ UN... SIDEKART! Durante il GP delle Nazioni del 1978, Rolf Biland, poi 7 volte iridato nei sidecar, sfruttando i buchi del regolamento fa debuttare in prova un nuovo mezzo, contraddistinto da due ruote posteriori pressoché allineate, entrambe motrici. Un trike, più che un sidecar, che non prevedeva più movimenti da parte del passeggero, seduto infatti su... un sedile da kart! Biland corse il GP con un sidecar tradizionale, giudicando il BEO troppo pesante per la pista del Mugello, ma ormai l’escalation ai prototipi era partita: di lì a poco ne arriveranno addirittura alcuni col volante e col pilota seduto, prima di una modifica ai regolamenti.

Durante il Gran Premio d’Italia del 2004, Shinya Nakano se l’è vista brutta quando la gomma posteriore Bridgestone che equipaggiava la sua Kawasaki è improvvisamente scoppiata mentre era lanciato sul rettilineo a oltre 320 km/h. Una caduta spettacolare, ma dalla quale il giapponese è fortunatamente uscito indenne.

QUELLA VOLTA CHE CADALORA PROVÒ L’APRILIA. A FERRAGOSTO Carlo Pernat ha frequentato tantissimo il circuito del Mugello: lo ha fatto durante i Gran Premi, ma anche, e soprattutto, durante i test. Molti dei quali segreti. “Il Mugello era uno dei pochi circuiti dove potevi tenere nascosta una prova - ricorda Carletto - Un esempio? Nel 1996, il giorno di Ferragosto, provammo Luca Cadalora sull’Aprilia 250. Stavamo valutando se ingaggiarlo per la stagione ‘97. La cosa è sempre stata tenuta riservata anche dal personale del circuito, tanto che la notizia non è mai uscita. Un segno di grande professionalità”. Pernat ha seguito da bordo pista tutti i test più importanti delle Case italiane che avevano scelto il tracciato toscano per collaudare le proprie moto: prima la Cagiva, poi l’Aprilia e infine la Ducati, nella veste di manager di Loris Capirossi.


L’ULTIMA GARA DELLA ...e l’ultima REGINA DI BELLEZZA... del più grande

L’ultima creatura dei fratelli Castiglioni, la Cagiva C594, considerata da molti la più bella moto da Gran Premio moderna, terza nel mondiale 500cc del 1994 con John Kocinski, diede l’addio alle corse al Mugello, nel 1995, portata in pista da Pierfrancesco Chili. Un’unica apparizione nella quale il bolognese riuscì a qualificarsi in terza posizione davanti alle

Yamaha e Suzuki ufficiali, mentre in gara lottò per il podio fino a quando un “dritto” non lo fece scivolare al decimo posto. Qualche settimana dopo, la Cagiva tornò al Mugello per quella che è risultata l’ultima uscita in pista della Rossa varesina, un test per confrontare la C594 con il prototipo a iniezione elettronica sperimentato con Fogarty nel ‘94.

L’ultima corsa di Giacomo Agostini in sella a una motocicletta è stata una gara di Campionato Italiano del 1977, al Mugello. Il grande Ago, in sella a una Yamaha 350, incappò in una caduta nella quale si ruppe una clavicola. Da qui la decisione, a 35 anni, di lasciare le moto. Di lì a poco il 15 volte iridato comunicò l’intenzione di dedicarsi all’automobilismo (F.2 nel 1978 su una Chevron-BMW, e poi Formula Aurora, campionato parallelo al Mondiale di Formula 1, fino al 1980).

5 giugno 2010: durante le prove libere del sabato mattina la gomma posteriore ancora fredda tradisce Valentino Rossi, che viene disarcionato dalla sua M1 all’ingresso della esse Biondetti. Dalle immagini si capisce subito che la gamba destra di Vale è conciata male. Il primo comunicato della Yamaha - sopra - lo conferma: il pesarese si è fratturato tibia e perone. operato al CTO di Firenze, sei settimane dopo Rossi torna in pista ed è 4. al Sachsenring. A Laguna Seca sarà già sul podio.


PASINI PER UN MILLESIMO

L’ultima vittoria italiana in 125 al Mugello risale al 2008 grazie a Simone Corsi. Tra le più belle va però ricordata quella di Mattia Pasini, che nel 2006 riuscì a battere Bautista per 1 solo millesimo. Una grande gioia per il romagnolo, che veniva da una serie di “asinate”, come stava a testimoniare l’asino sul suo casco...

FRIBA, LE MOTO DA CORSA “MADE IN MUGELLO” A Dicomano, piccolo paesino della comunità montana del Mugello a un tiro di schioppo dal circuito, esiste un piccolo costruttore di moto da competizione, la FRIBA. Specializzata nella costruzione di 125 GP - con cui partecipa al CIV, a lato - il Friba Racing Group è oggi una realtà in grado di occuparsi di tutte le fasi di progettazione e costruzione di un prototipo, grazie ad oltre 20 anni di esperienza nelle corse. Un bel gruppo, che contribuisce anche a far crescere i tecnici toscani mediante una collaborazione con il dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università di Firenze. I calcoli fluidodinamici dell’airbox della nuova Friba Moto2 - progetto del fiorentino Simone Boninsegni - ad esempio, sono seguiti dagli studenti.

LA PRIMA DOPPIETTA DI FAST FREDDIE Il 1985 è l’anno di Freddie Spencer, che supportato dalla HRC riesce nell’impresa di vincere in un colpo solo i mondiali 250 e 500 cc. La prima doppietta di Spencer arriva proprio al Mugello, quarta gara della stagione, in un weekend rocambolesco: “Vinsi la gara della 500 dopo una dura battaglia con Eddie Lawson - ricorda Spencer - Faceva un gran caldo: dopo la cerimonia del podio corsi nel mio motorhome, bevvi più acqua che potevo e corsi via per schierarmi al via della 250, sperando di fare in tempo. Toni Mang aspettò a partire per il giro di formazione consentendomi di prendere il via! Scattai e mi ritrovai 10°, o 12°: dovevo prendere subito il ritmo, se volevo vincere. Soltanto a metà gara ripresi Mang e Lavado, in testa. Con la 250 i punti di frenata e le linee sono leggermente diversi rispetto alla 500…”. Per abituarsi a questo scenario, Spencer fece molti test durante l’inverno saltando da una moto all’altra, seguito da Erv Kanemoto.

Spencer sulla Honda 250cc al Mugello nel 1985

VALENTINO E LA SCHIFFER

2004: LA GARA PIU’ CORTA

TUTTI I CORDOLI TRICOLORI

1997: Rossi vince, con l’Aprilia 125, il suo primo Gran Premio al Mugello. Le sfide con Biaggi sono ancora di là da venire, ma Valentino “pungola” già il romano. Max all’epoca frequentava la top model Naomi Campbell e così, Vale, per rispondergli, “rimorchiò” nel giro d’onore la bambola gonfiabile Claudia Schiffer...

Nel 2004 il Gp d’Italia della MotoGP si disputò su 6 giri: uno sprint durato 12 minuti alla fine del quale la spuntò Rossi. La gara fu interrotta (con Vale davanti a tutti) dopo 17 tornate a causa della pioggia: all’epoca il regolamento sanciva l’effettuazione di una nuova gara, della durata pari ai giri rimanenti.

In occasione del 150° dell’unità d’Italia, il Mugello ha deciso di abbandonare i colori rosso e giallo - tipici della Ferrari, proprietaria dal 1988 dell’impianto toscano - per dipingere i cordoli con il Tricolore della bandiera italiana. Con una livrea tricolore correranno anche le due moto del Team Italia FMI nella classe 125 cc.


SCUOLA GUIDA CON ALEX Saliamo in sella con De Angelis per capire come si affronta la pista del Mugello

Il Mugello è una delle piste più complete al mondo: per questo è tra le preferite dai piloti, italiani e non. I dislivelli sono una caratteristica di questo circuito: già uscendo dai box, infatti, si è a ridosso di una collina, quella che si trova in fondo al rettilineo. Ricordo quanto fosse bello affrontare questo punto a tutta velocità con una MotoGP: nel punto più alto la ruota davanti si solleva da terra, e non appena ritocca l’asfalto, bisogna subito frenare. Questo è senza dubbio uno dei punti più emozionanti.

SAN DONATO

Dopo la staccata si va ad affrontare la prima curva, la San Donato; è da seconda marcia, sia con la Moto2 che con la MotoGP. È molto difficile, o almeno lo era fino allo scorso anno, per la presenza di una buca che tendeva a portarti all’esterno della pista; per evitarla dovevi essere bravo in frenata: alleggerire i freni senza scomporre la ciclistica per arrivare vicino alla corda e iniziare così a ‘salire’ nel migliore dei modi. La pista, infatti, proprio in quel punto inizia a salire. Ho parlato al passato perché il tracciato è stato completamente riasfaltato, perciò penso che non troveremo più queste asperità sul terreno, ma questo dovremo comunque verificarlo durante il Gran Premio d’Italia

LUCO POGGIO SECCO

Dopo la San Donato c’è subito una variante, per cui bisogna riuscire a stare più a destra possibile per essere già pronti per fare una bellissima frenata e rimanere in traiettoria per affrontare per il sinistra-destra che è molto importante, poiché dopo c’è un allungo dove si mette una marcia. Qui è vitale riuscire a sfruttare tutta la progressione del motore per fare una bella sinistra, rimanendo interno per poi essere efficaci nella curva a destra e uscire il più forte possibile. Come tutti sanno, le Moto2 in particolare non hanno chissà quale cavalleria, perciò è veramente importante riuscire ad aprire il gas il più presto possibile: anche un solo metro fa la differenza! Le prime tre curve si effettuano con la stessa marcia, ma se precedentemente si è sbagliata la San Donato, fino a quando non inizia il rettilineo successivo alla ‘esse’ non si riesce

a recuperare l’errore. E se si sbaglia la variante si esce così piano che è facilissimo perdere più di mezzo secondo in questo, chiamiamolo, T1.

MATERASSI BORGO SAN LORENZO

Nella parte successiva, più veloce, io mi... sbizzarrisco di più. Si arriva ad un altra variante, molto simile a quella che abbiamo appena visto, ma molto più scorrevole, che si effettua in terza anziché in seconda. Andiamo a frenare dopo un piccolo rettilineo dove si toccano i 210 km/h e la esse si percorre, nel punto più lento, a 120 km/h: ciò fa capire quanto sia nettamente più scorrevole rispetto alla precedente, che si effettua a 110 km/h.

CASANOVA SAVELLI

Passato questo punto si arriva ad una delle curve più famose di questo tracciato, la Casanova-Savelli. Tutti gli appassionati conoscono questa curva doppia, perchè è velocissima (nel punto più lento si fanno i 144 km/h), in discesa e dove si possono fare veramente un sacco di sorpassi. Nella nostra categoria la Casanova-Savelli è importantissima perchè siamo tutti molto vicini e nei primi giri in questo punto si possono vedere sorpassi praticamente da ogni parte, cosa che rende molto bello questo tratto. Il pilota qui può veramente esaltarsi se è a posto di ciclistica. Se sbagli la prima curva, sbagli anche


la seconda, inoltre, dato che si è in discesa, è facile finire molto larghi senza riuscire a riportarsi in traiettoria per effettuare le due “Arrabbiate”.

ARRABBIATA 1 E 2

Le due arrabbiate magari non sono così belle come la Casanova-Savelli, ma sono probabilmente più importanti perché essendo in salita è fondamentale saper far ‘scorrere’ la moto, altrimenti si può perdere tutta la spinta per affrontare come si deve l’Arrabbiata 1 e nella 2, che scollina, se non si arriva ad una velocità accettabile non riesci poi a fidarti per aprire il gas nel punto giusto. In Moto2 poi, dove non esiste controllo di trazione, molte volte aprire troppo presto per non aver fatto scorrere la moto significa... andare in terra! Quindi, l’importante nell’Arrabbiata 1 è far scorrere la moto in modo da sfruttare la velocità con il gas; senza mettersela per cappello, ovviamente. Il fatto di saper far scorrere la moto in curva deriva dal fatto di aver guidato delle moto ‘vere’: non una 125, ma una moto che ha cavalli, che per me è la 250. In questo caso parliamo di scorrevolezza perché queste curve si fanno a 190 km/h.

SCARPERIA PALAGIO

Dopo l’Arrabbiata 2, dove non si vede dall’altra parte quando la si percorre e per questo è importante uscire forte, arriviamo ad una variante, la Scarperia-Palagio, che ogni pilota interpreta a suo modo. Non c’è una linea vera, non esiste una traiettoria più redditizia: qui la strada si fa in base al set up della moto e secondo il proprio stile di guida. Qui mi ricordo una gara in 125, all’inizio della mia carriera, dove su 25 giri avrò fatto altrettanti sorpassi tutti diversi in questo punto. Dopo questa variante arriviamo al Correntaio che è abbastanza vicino, poiché si mette solo una marcia e si arriva di terza.

CORRENTAIO

Il Correntaio è una curva molto strana; in primo luogo è larghissima, il che dà l’idea di poterla fare a una velocità elevatissima dandoti l’impressione di poter fare sempre meglio. Ma non va dimenticato che si tratta

di una curva in discesa, quindi si acquista una velocità elevata anche con poco gas, dunque non bisogna farsi fregare: bisogna sempre mantenere la linea interna e mai staccare il ginocchio dal cordolo in vista della variante che segue, le due Biondetti, dopo le quali si mettono due marce.

BIONDETTI

Come detto, al Correntaio bisogna tenere la linea ideale mantenendo il gas costante, prendere velocità, ma non bisogna assolutamente andare larghi, rimanendo tutto all’interno, per poi affrontare le Biondetti vedendole come se fossero un rettilineo, come a tagliarle nel mezzo, per sfruttare il rettilineo successivo. È proprio alle Biondetti che lo scorso anno cadde Valentino Rossi, ma questo non è certo il punto più pericoloso del circuito. Come ormai tutti sanno, le Bridgestone sono gomme molto dure, con carcasse rigide da far paura per evitare che le grandi potenze espresse dalle MotoGP ne provochino il surriscaldamento. Valentino in quel punto aveva rallentato molto: sicuramente la gomma era fredda, probabilmente neanche rodata del tutto e così all’ingresso delle Biondetti, che è a sinistra, mentre il Mugello ha curve per un buon 70% a destra, è caduto.

BUCINE

Dopo le Biondetti si arriva in velocità all’ultima curva del tracciato, la Bucine. Qui qualcosa da raccontare ce l’ho perchè, purtroppo, ci ho perso due gare, in 250. Una volta persi la volata con Bautista, un’altra con Lorenzo. Ci ho provato in tutti i modi, sia a stare davanti sia a stare dietro, ma non ha funzionato. La soluzione è soltanto una: bisogna cercare, durante il weekend, di fare una scelta che permetta di essere velocissimo in uscita, ma non si può certo fare il set-up solo per questa curva... La Bucine, come il Correntaio, è in discesa e quindi tende a portarti all’esterno: non è facile trovare un buon assetto per il fatto che è richiesta rigidezza al retrotreno per cercare di mantenere la corda, ma al contempo serve anche molta trazione per poter aprire presto il gas, e le due cose molto spesso non vanno d’accordo. L’ultima curva si effettua

in terza marcia ai 110 km/h, il che significa che non appena si arriva al cordolo e si mette la quarta si è già ai 140 km/h, dunque la scia di chi sta davanti la senti subito.

IL RETTILINEO

A questo punto si arriva sul lungo rettilineo del Mugello: la prova del nove in tutti i sensi, perché durante la gara è importante la staccata del rettilineo per superare i piloti davanti, mentre nell’ultimo giro è importante uscire forte dall’ultima curva per non farsi superare sul traguardo. Si tratta comunque di un lungo rettifilo, in questo caso posso dire che la mia moto lo scorso anno ha fatto i 281 km/h, mentre la moto di Debon, che fece il record di velocità, arrivò ai 290 km/h che per un 600cc come la Moto2 è un risultato di tutto rispetto. Ma per me è bello ricordare che quando ero in MotoGP feci segnare la sesta o settima velocità di punta, a 339 km/h! Per concludere, un consiglio per chi si avvicina per la prima volta al Mugello: c’è da ricordare che questa è una pista molto lunga e molto larga e difficile da memorizzare. Bisognerà quindi percorrerla nei primi giri cercando i propri riferimenti per i punti di frenata sia per l’apertura del gas. E poi, proprio per la larghezza, bisogna cercare di sfruttare bene le linee per non fare più strada di quella che serve, stando sempre bene attenti a cercare il cordolo interno per poi aprire il gas in progressione. Insomma, ci vuole un po’ di tempo, ma sono sicuro che dopo un po’ di pratica vi divertirete un sacco. Quindi, buon divertimento!

nge A e D Alex

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CosĂŹ uguali, cosĂŹ diverse: ci sono 30 anni esatti tra la Yamaha YZR500 0W54 di Kenny Roberts e la YZR M1 di Jorge Lorenzo.

1981 2011


Stoner aveva 11 anni quando, nel ‘97, Doohan dominava in sella alla Honda NSR500. Oggi Casey lo imita alla perfezione...

1997 2011


MALEDET TI TOSCANI Nel Motomondiale la Toscana, per i tecnici, è quello che la Romagna è per i piloti

Andrea Orlandi

I fratelli Giacomo e Francesco Guidotti

All’inizio, era Guidotti. Poi, Noccioli, Deganello (*) ed Orlandi. Quindi tutti gli altri, e sono tanti, che dalla Toscana hanno marciato sul Motomondiale. La regione, per i tecnici, è quello che la Romagna è per i piloti. E’ difficile individuarli tutti (gente che raramente sale sul palcoscenico); però, un bel numero tra meccanici, capo meccanici ed elettronici provengono da lì, e la parlata toscana è una delle più diffuse, in tutte le categorie. Quando il calendario propone il Mugello, per loro è una sorta di “tutti a casa”. La radice della faccenda è probabilmente il motocross, più che la velocità, anche se ormai sono diversi coloro (ed è l’ultima ge-

nerazione) che non hanno conoscenza delle ruote artigliate. Oggi, non si incontra più nessuno della famiglia Guidotti nel paddock. Francesco, figlio di Fabrizio (il capostipite, oggi in pensione), e che fino a due anni or sono era team manager in KTM, si è trasferito in Superbike, dove si occupa delle Aprilia di Biaggi e Camier. Giacomo, il fratello maggiore (e che nel Motomondiale voleva dire Aprilia), lo ha preceduto (responsabile tecnico di Haslam, BMW). E Maria, addetta stampa di Honda, pur essendo una Guidotti (e toscana), discende da un altro ramo. Così, i più anziani tra gli apprendisti (in termini di militanza) risultano essere oggi Mauro Noccioli, Aligi Deganello ed Andrea Orlandi. Di Noccioli, in realtà, ne esistono due versioni: una con i baffi, ed una senza. Tutti e due, però, hanno in comune una caratteristica: se non gli garbi, non gli garbi (e gli occhi, che si rabbuiano subito, lo certificano). Se invece gli garbi, ti sei fatto un amico. In carriera, ha lustrato i cilindri di molti dei campioni di ieri e di oggi. Qualche nome? Capirossi, Biaggi, Rossi. Immaginate se non ci fosse stato. Andrea Orlandi è l’alter ego di Noccioli. Non solo provengono dalla stessa covata, ma per molto tempo hanno mantenuto rapporti di lavoro stretti. Oggi, entrambi indossano la tuta di Aspar: mentre Noccioli si occupa della Moto2, Orlandi lavora in MotoGP. Istituito Tecnico a Firenze, un anno di ingegneria, Andrea ha avuto per le mani Biaggi, Borsoi, Perugini, Bautista, Barbera. Solo per citare i più noti. Noccioli & Orlandi non sono gli


unici toscani arruolati da Juan Martinez Aspar (“aspardanyer”, calzolaio, era il nonno di Juan). Fa loro compagnia Marco Agostini. Ha 35 anni, ed è di Lastra a Signa (Firenze). Ha iniziato in una officina Yamaha ma è, comunque, un prodotto del vivaio Noccioli. Da Matteoni (firma storica del Motomondiale) bazzicano Federico Calosi, 24 anni (“faccio questo mestiere perché mi garba: andrei anche in un campionato minore”) e Andrea Viviani, di tre stagioni più vecchio. Quando si corre il GP d’Italia, gioca in casa più di ogni altro: è di Barberino. A suo tempo, ha sostenuto tre esami alla facoltà di ingegneria meccanica. “Senza aprire un libro. Poi, mi è venuto il sospetto che, volendo continuare, avrei dovuto studiare. Allora, lavorare per lavorare...”. Con Alex De Angelis, alla JiR di Luca Montiron c’è Federico Beccucci. E’ di Poggibonsi, in provincia di Siena. Gavetta nei campionati minori, nel mondiale dal ‘99. Da Ajo, team finlandese, sfaccenda Francesco Di Goro. E’ di Firenze (dove ha studiato all’ITIS ed Ingegneria), ma il cognome tradisce un lungo viaggio, per

arrivarci: “E, nel viaggio, gli antenati si sono fermati, per qualche tempo, sul delta del Po”. Goro, il paese che è anche di Milva. Alla Phonica Racing di Fiorenzo Caponera, in classe 125, c’è Alessandro Tonelli, capotecnico. Nato alle porte di Firenze, giovane, capelli lunghi (chitarristi anni ‘60), divide i momenti liberi tra cavalcate in bicicletta e cogitabonde valutazioni su armamenti, stazze, alberi, pescaggi, ancore, cuccette. E’ da tempo impegnato in una impresa impossibile: definire, scartabellando annuari e riviste, la barca a vela perfetta per quattro persone. Può condividere le proprie riflessioni, se vuole, con un altro toscano che si dà da fare nel suo steso garage: Alessio Bacconi. I due lavorano in simbiosi: Alessio è il telemetrista. Fiorentino, le origini della famiglia sono però di Grosseto da dove il nonno, protagonista di una storia per alcuni versi simile a quella di certi personaggi di “Cuore” (Edmondo de Amicis) è emigrato fanciullo, per crescere poi all’ombra dei Bobboli. Fino a poco tempo fa, con loro anche un terzo toscano: Simone Falcini, detto Mosca. Non per via della capitale della Russia, anche se un soprannome così sarebbe piaciuto a Giovannino Guareschi, che lo avrebbe imposto a qualche sodale di Giuseppe Bottazzi (Peppone) nella infinita baruffa con Don Camillo. Invece, Simone è diventato Mosca

perché da bambino era piccolissimo, e si abbronzava facilmente. Oggi, che piccolo non è più ma Mosca è rimasto, va in giro con una capigliatura da ultimo dei Mohicani che, dice lui, “è frutto di una prova di coraggio”. Leonardo Gena lo trovi alla Yamaha. Camionista e gommista. Mica solo: anche paracadutista (militare nei parà, 12 lanci) brevetto di pilota (d’aereo), cuoco (“il mio forte è la pasta al forno”) chitarrista e bassista (“però, ormai non provo abbastanza”). Enduro, primo amore. Ultimo amore, una ragazza di Genova, che lo ha convinto a trasferirsi da Grosseto alla Liguria. Per chiudere in gloria, Aligi Deganello, capomeccanico di Marco Simoncelli. Si sono conosciuti in 125; Marco portava allora i capelli corti ed era un ragazzino dalle braccia e gambe lunghe come zampe di un ragno, e sulla moto quasi non ci stava. Per qualche tempo si sono persi di vista; poi, e sono state le stagioni della Gilera 250, si sono ritrovati. Da allora fanno coppia fissa, legati da una fiducia che non conosce crepe.

(*) Qualcuno potrebbe forse sostenere che in questo elenco di toscani Deganello non sia esattamente al proprio posto: nato a Bologna, cresciuto a Firenze, è poi tornato a vivere alle porte di Bologna. Però, anche se si è formato alla toscanissima scuola Guidotti (ci è arrivato a 14 anni) per Deganello, l’Appennino non ha rappresentato un muro, ma la cerniera di un’anta che a volte si ribalta qui, a volte là. Dopotutto, anche il Chianti è al 70 per cento Sangiovese.

Nereo Balanzin


LOCA, IL MAESTRO P

er Roberto Locatelli tutto è iniziato al Mugello un sabato pomeriggio di diciassette anni fa: un periodo felice per quella che la stampa aveva battezzato “Italmoto”, con Biaggi che furoreggiava nella duemmezzo e Cadalora che, in sella alla Yamaha, provava a tenere a freno uno straripante Doohan nella 500. Nella 125, però dominavano i giapponesi: Ueda, Sakata, Tsujimura. In quel 2 luglio del 1994, giornata di qualifiche del Gran Premio d’Italia, i “jap” non avevano però fatto i conti con una giovane wild card, Roberto Locatelli, che andò a prendersi la pole con autorità, alla sua “prima” tra i grandi. “Arrivai in circuito in ciabatte - ricorda il Loca - e nel furgoncino avevo giusto due cose prese dall’orto della nonna. Fare la pole position così, beh, fu una gioia incredibile, faccio fatica a descriverlo. Qualcosa di unico, paragonabile soltanto alla vittoria del Mondiale, nel 2000. La domenica mattina, prima della gara, la prima cosa che feci fu andare in edicola per comprare la Gazzetta: e io c’ero, assieme a campioni come Biaggi e Cadalora, che il giorno prima avevano fatto la pole in 250 e

500. Incredibile”. Una pole position che ha aperto a Locatelli le porte dell’Aprilia: “In gara, poi, arrivai decimo dopo un errore continua il Loca - ma fu la pole il mio biglietto da visita più importante. Di lì a poco mi incontrai infatti con Pernat

“Nel ‘94 arrivai

in ciabatte e feci la pole. Domenica mattina corsi subito in edicola: volevo vedermi sulla Gazzetta. E’ stato incredibile

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e Witteveen, ed entrai subito in Aprilia. Un sogno che si avverava”. Specialista della cilindrata più piccola, Locatelli in sella a una ottavo di litro era difficilmente battibile al Mugello: tre vittorie, nel ‘99, 2000 e 2004, condite da un secondo posto, nel 2002, con la 250cc. “Credo che pochi altri possano vantare un palmares così, nelle piccole cilindrate, su questa pista. Se sono uno specialista del Mugello? Beh, la 125 era la mia cilindrata, e il Mugello è la mia pista. Per questo motivo sono riuscito a ripetermi tre volte. Ma è anche l’atmosfera che si respira su questo circuito a darti una carica incredibile. Mentre ci corri, ciò che vedi sulle colline tutto attorno ti spinge a primeggiare più di ogni altra cosa”. Ritiratosi alla fine della stagione 2009, Roberto ricopre oggi il ruolo di “tutor” dei piloti all’interno del Team Italia FMI, supportato dalla Federazione: la stessa squadra che lo ha lanciato nel 1994. Il Loca mette a disposizione la sua grande esperienza al servizio di Alessandro Tonucci e Luigi Morciano: “Se proprio devo essere sincero, prima di scoprire questo mestiere - confida Locatelli - non credevo potesse esserci una


cosa così bella che non fosse fare il pilota! E’ un ruolo affascinante ed è piacevole aiutare i ragazzi, e vedere che hanno bisogno dei tuoi consigli”. La stagione di Tonucci e Morciano è iniziata in salita: finora né il marchigiano né il laziale sono riusciti ad entrare nella zona punti, ma la crescita appare costante. “Ci stiamo scontrando contro una realtà molto dura - spiega Locatelli - I ragazzi ci mettono tutta la volontà, ma molte piste sono per loro nuove, e i turni di prova di soli 40 minuti non ci agevolano”. Insomma, i tempi degli exploit da parte delle giovani wild card sono lontani, ma qual è il motivo? “Prima, i giovani crescevano diversamente da oggi: il campionato europeo era molto in voga, e lì si correvano molte gare all’estero. Imparavi le piste e, diciamo, diventavi un ‘ometto’. Io sono cresciuto nell’Europeo”. I due piloti del team “federale” devono inoltre fare i conti con un mezzo che non è tra i più aggiornati: per loro infatti c’è una “vecchia” Aprilia RSV. Una moto che è stata vincente fino al 2006, ma poi sostituita, a partire già dal 2007, dalla nuova RSA. La scelta è però comprensibile: la Federazione non ha potuto effettuare un grosso investimento per un mezzo che avrebbe potuto utilizzare una sola stagione: la 125cc a due tempi si sta infatti avvicinando alla fine della sua lunga storia, sostituita nel 2012 dalla nuova categoria Moto3. La FMI crede molto in questa novità: il prossimo anno il Team Italia sarà al via della Moto3, tanto che sono già in corso le prime valutazioni sulla moto da adottare: “Finora abbiamo visto poco - ha spiegato il Loca - Il prodotto presentato dalla Honda, ad esempio, è sì economico, ma forse un po’ troppo standard. Da quanto abbiamo potuto vedere finora nel CIV, dove corre la Ioda Moto3, possiamo già dire che serve qualcosa di più evoluto per poter essere competitivi. In ogni caso, faremo le nostre valutazioni e alla fine opteremo per la moto che sulla carta si dimostra la più competitiva”. Speriamo perciò di poter assistere dal prossimo anno a gare della cilindrata minore un po’ più tricolori: di fronte al dominio spagnolo, l’Italia ha veramente bisogno di nuovi talenti...

QUELLE WILD CARD POCO SELVAGGE

Andrea Dovizioso nel 2001 (foto da andreadovizioso.com)

L’exploit ottenuto da Locatelli nel 1994 è ripetibile, oggi? La storia recente dice, purtroppo, di no. Negli utlimi tredici anni, i piloti che hanno partecipato al Gran Premio d’Italia nella veste di Wild Card hanno ottenuto le briciole. Soltanto tre piloti (Claudio Cipriani nel 1998, Gioele Pellino nel 2002, Michele Conti nel 2005) sono riusciti ad entrare nei primi 15, ed ottenere così qualche punto. Tutti gli altri hanno chiuso nelle retrovie. Va comunque detto che alcune di queste Wild Card hanno poi proseguito brillantemente la propria carriera, a prescindere dai risultati ottenuti in queste loro prime apparizioni sulla scena iridata. E’ il caso di Andrea Dovizioso, ritirato nel 2001, di Simone Corsi, 22° nel 2002, o ancora di Michele Pirro, 19° nel 2004. Evidentemente, i tempi sono cambiati: i talenti italiani escono più “alla distanza”, incontrando più difficoltà durante i primi passi rispetto al passato.

1998 Claudio Cipriani - 15° Marco Tresoldi - 20° 1999 Marco Petrini - 23° Gaspare Caffiero - 24° Marco Tresoldi - 25° Lorenzo Lanzi - rit. Riccardo Chiarello - rit. 2000 Alessandro Brannetti - 17° Alex Baldolini - 24° Marco Tresoldi - rit. 2001 Andrea Dovizioso - rit. 2002 Gioele Pellino - 14° Simone Corsi - 22° Marco Petrini - rit. 2003 Michele Conti - 22° Mattia Angeloni - 24° Alessio Aldrovandi - 26° Michele Pirro - 29° 2004 Alessio Aldrovandi - 17° Stefano Bianco - 18° Michele Pirro - 19° Lorenzo Zanetti - rit. Michele Danese - rit. 2005 Michele Conti - 11° Lorenzo Baroni - 24° Luca Verdini - 29° Simone Grotzkyj Giorgi - rit. Nico Vivarelli - rit. 2006 Daniele Rossi - 21° Luca Verdini - 22° Roberto Lacalendola - 23° Nico Vivarelli - rit. 2007 Simone Sancioni - 17° Roberto Lacalendola - rit. 2008 Lorenzo Savadori - 22° Riccardo Moretti - 26° Luca Vitali - 30° Gabriele Ferro - 31° Ferruccio Lamborghini - 33° 2009 Luigi Morciano - 17° Riccardo Moretti - 20° Davide Stirpe - 21° Gennaro Sabatino - 24° Alessandro Tonucci - 26° 2010 Alessandro Tonucci - 18° Mattia Tarozzi - 19° Armando Pontone - 20° Luigi Morciano - rit. Tommaso Gabrielli - rit.


Speciale GPOne.com - Guida al Gran Premio d’Italia A cura di Alberto Cani Hanno collaborato: Nereo Balanzin, Luca Bologna, Ernesto Emmi Foto: PhotoZac e Milagro www.gpone.com - info@gpone.com GPone testata giornalistica reg. n. 558 del 30/12/2003 c/o Tribunale di Roma Š 2011 Buffer Overflow Srl - Tutti i diritti riservati


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