Architettura Parassita. passato presente futuro

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Politecnico di Torino, FacoltĂ di Architettura I TESI DI LAUREA SPECIALISTICA Architettura (costruzione)

ARCHITETTURA PARASSITA passato presente futuro

ALBERTO MINERO

relatore MATTEO ROBIGLIO



Grazie alla mia famiglia, che mi ha sempre supportato e che ha sempre creduto in me. Grazie Matteo e i ragazzi di TRA, per la disponibilità e l’ospitalità durante i mesi di lavoro. Grazie alla t?f di Delft e al Politecnico di Torino, per l’ispirazione e l’esperienza formativa.


ARCHITETTURA PARASSITA passato presente futuro


introduzione

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PASSATO

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stratificazione della cittĂ

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crisi e parassitismo contemporaneo

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PRESENTE

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endoparassita

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ectoparassita

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parassitoide

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FUTURO

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parassita [pa-ras-sì-ta] agg., s.(pl.m. -ti) • agg. 1 biol. Di organismo che vive parzialmente o totalmente a spese di un altro individuo (detto ospite): insetti p.; piante p. 2 fig. Che non produce e vive alle spalle di altri SIN sfruttatore: parenti p.; improduttivo, socialmente inutile: enti p. • s.m. 1 biol. Organismo parassita || p. domestici, cimici, pulci, pidocchi, ecc. 2 fig. (anche f.) Persona che vive a spese altrui, sfruttando gli altri; più in generale, persona oziosa, che vive a carico della società 3 telecom. Disturbo nelle radiocomunicazioni • sec. XV

Sabatini Coletti - Dizionario di lingua italiana


8 | definizioni


“Parassita. Organismo animale o vegetale che vive sopra o dentro un altro organismo di specie diversa, detto ospite, e trae da esso i mezzi per la propria sussistenza, con proprio beneficio e danno per l’ospite. Il parassita non si limita a nutrirsi a spese dell’ospite, ma utilizza quest’ultimo come propria nicchia ecologica e gli affida in parte o totalmente il compito della regolazione dei rapporti di entrambi con l’ambiente esterno. I parassiti sono per definizione patogeni, attualmente o potenzialmente. Si distinguono parassiti facoltativi, che possono vivere anche indipendentemente dall’ospite, e parassiti obbligati, che dipendono strettamente dall’ospite per le proprie necessità. L’ospite a sua volta può essere permanente, quando tutto il ciclo biologico del parassita si svolge a spese dell’ospite stesso, o temporaneo, quando tale ciclo è limitato a un solo stadio di sviluppo. Si parla inoltre di ectoparassiti, che conducono vita parassitaria a contatto della superficie esterna dell’ospite (per esempio, i pidocchi, le pulci, vari acari, le zecche, ecc.), e di endoparassiti, che vivono invece all’interno del corpo dell’ospite (protozoi, vermi, ecc.).” Enciclopedia Treccani


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“ARCHITETTURA PARASSITA passato presente futuro” è un’analisi che riguarda la riscrittura del tessuto urbano e l’architettura PARASSITA, focalizzandosi sul significato in termini di riciclaggio, sovrascrittura e riuso di spazi e di strutture. Identificando la città come un NUOVO PAESAGGIO su cui intervenire in alternativa al consumo del suolo. Riconsiderando la realtà ARCHITETTONICA come TETTONICA. In un processo di densificazione mutualistica in cui il vecchio e il nuovo possano trarre vantaggio l’uno dall’altro.

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ARCHITETTONICA

TETTONICA

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ROOF-TOP

MOUNTAIN-TOP

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L’obiettivo è sottolineare quanto debba la storia degli insediamenti alla modifica e stratificazione delle architetture; metodo che se applicato oggi potrebbe risolvere il problema dell’espansione delle città senza dover ricorrere alla costruzione di nuovi isolati e quartieri; oltre a rappresentare un’occasione e uno stimolo per promuovere diversità nei modi di vivere e abitare, rompendo le barriere dell’habitat urbano, inserendosi come elemento di disturbo. Il termine “parassita” trae origine dalla cultura greca: il paràsitos (commensale, o meglio para “presso, accanto” e sitos “cibo”) era il titolo, ai tempi con accezione positiva, che veniva dato ai ministri, soliti oziare accanto ai magistrati, la cui funzione era quella di raccogliere la porzione di grano per gli Dei, che veniva riposta nel parasikon, il granaio pubblico. Successivamente, nella cultura romana, il termine cambiò significato diventando aggettivo per definire coloro che vivevano mantenuti presso le ricche famiglie, allietando padroni e commensali durante il giorno e durante i banchetti. Il termine divenne prevalentemente un aggettivo

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con connotazione negativa e venne utilizzato dalla scienza per descrivere quegli esseri viventi che vivono sfruttando le risorse di “corpi ospitanti”. Nello stesso modo, in architettura, si è assistito ad un forte cambiamento nella percezione del riciclaggio: da risorsa primaria a strategia da evitare, preferendo altri metodi di espansione (non densificazione!) della città. La zonizzazione e la regolamentazione dell’edilizia, hanno portato a trasformare la stratificazione e il RIUSO degli spazi in un ABUSO. Ma è nella cultura del XX secolo, il secolo della globalizzazione e dell'uniformazione del vivere e dell’abitare la città, che il parassita ha ripreso il suo valore positivo, come elemento di disturbo, un rumore, capace di interrompere la monotonia, portare vantaggi e risolvere problemi altrimenti irrisolvibili, come la “stanza in più”. “Il parassita è un operatore differenziale del cambiamento. Egli eccita lo stato di un sistema: il suo stato di equilibrio (omeostatico), lo stato presente dei suoi scambi e delle sue

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circolazioni, l’equilibrio della sua evoluzione, il suo stato termico, il suo stato informazionale. Lo scarto prodotto è assai debole, e non lascia prevedere, in generale, una trasformazione, né quale trasformazione. L’eccitazione fluttua e così la determinazione.” Così Michel Serres, filosofo francese, definisce il parassita: operatore del cambiamento.

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PASSATO


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andamento temporale del PARASSITISMO in architettura

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1760

1980

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STRATIFICAZIONE DELLA CITTÀ


Anche se non ufficialmente riconosciuto, in architettura il concetto di parassita è legato all’immagine di piccoli edifici costruiti sui tetti, negli anfratti, appesi, ancorati, infilati e incastrati tra e su di altri edifici. Immagini che riportano ai progetti di avanguardia nordeuropei, ai progetti di sperimentazione per le case self-made e per i ripari di “fortuna” e che ricordano le case sugli alberi, il riuso dei container e la plug-in architecture, ma considerare l’architettura parassita come frutto di una nuova moda che arriva dai paesi nordici risulta riduttivo. In senso più ampio la definizione di parassitismo architettonico non è legata solo ai sopracitati casi: si pensi ad esempio alle soprelevazioni dei palazzi nei centri storici, fenomeno comunissimo anche se meno “estroverso” e comunicativo dei moderni plug-in; si pensi alle città antiche, alle rovine riutilizzate e “riconquistate” dalla città; si pensi a tutte quelle forme di riuso di spazi, interni ed esterni, al recupero di materiali da costruzione, alla tendenza di densificare le città, all’autocostruzione. Il parassitismo di spazi e costruzioni è stato utilizzato come strategia primaria fin dalla nascita dei primi insediamenti. Come nelle slum e nelle favelas, costruite secondo la logica “dell’aggiunta” seguendo come regola unica la necessità e il minimo sforzo.

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La definizione di necessità recita: “esigenza, bisogno assoluto di qualcosa” ma anche “miseria”, “povertà” e “mancanza di mezzi”. In filosofia il termine necessità è da sempre stato legato a doppio filo con il determinismo, che la definisce come “il fatto per il quale tutto ciò che è o che accade debba essere così e non altrimenti”. Spesso funziona come “motore” per il raggiungimento e il compimento dei bisogni, secondo una logica determinata di causa-effetto. La risposta a questa spinta della necessità, applicata nello sviluppo degli insediamenti (siano essi città, villaggi o periferie), ha portato alla strategia del riciclaggio e del parassitismo. I primi insediamenti dovevano, fin da subito, risolvere il problema della sicurezza. I pericoli esterni, rappresentati dapprima da animali e successivamente da altre civiltà, indusse la maggioranza dei popoli ad adottare come soluzione la cinta muraria. Il muro rappresentava il limite “invalicabile” e portò al modello della città densa, compatta, che cresce in altezza e che sfrutta ogni spazio a sua disposizione.

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Dentro le mura però la città era viva, in crescita, perciò la necessità di costruire portava a una densificazione sempre maggiore, con conseguente uso di tetti, anfratti, e riuso di strutture abbandonate, fagocitandole come in un sistema organico; fino alla completa saturazione. Questo modello di insediamento risponde alla descrizione d'impronta costante e densità crescente.

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La città cresce all’interno delle mura. Le mura proteggono le cascine ed i campi, che con l’espandersi della popolazione lasciano spazio a nuove costruzioni, dapprima basse, poi sopraelevate, fino alla completa saturazione.

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Sviluppo murario di Roma nel 1700’. E’ evidente la grande quantità di spazio incluso tra le mura. “Tipografia di Roma” - Gianbattista Nolli 1748 28 | passato


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Estensione della città fino al completo riempimento delle mura e successiva espansione “incontrollata”. Foto aerea di Roma - GoogleMaps

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Un vecchio edificio, per quanto di pregio, rappresentava sempre l’occasione di un riuso: quando possibile si agiva demolendo e ricostruendo, riutilizzando i materiali e - molto spesso - mantenendo le fondazioni (si veda ad esempio il grandissimo numero di chiese costruite su templi romani o chiese più antiche, ma anche i palazzi di moltissime città, ad esempio Torino, in cui le fognature romane sono state utilizzate come fondamento dei palazzi seicenteschi e settecenteschi); in mancanza di risorse si agiva andando a riempire gli spazi, completandoli con elementi semplici, spesso attraverso l’autocostruzione (come nelle case di ringhiera, i cui ballatoi rappresentano l’occasione per la “stanza in più”, generando “fantasiose” strutture in legno o materiali poveri). Il parassita trasforma la città e le strutture considerandole infrastrutture: la superficie architettonica diventa superficie tettonica. La preesistenza diventa nuovo suolo da “colonizzare” e utilizzare.

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Casa di ringhiera - Torino architettura parassita | 33


Esempi di queste “colonizzazioni” sono tutt’ora visibili. Alcuni simboli delle nostre città, tutelati e “intoccabili” nell’immaginario collettivo, sono in realtà nati dalla stratificazione e dal parassitismo. Il ponte Vecchio di Firenze, così come tantissimi altri casi di ponti abitati, deve la sua immagine attuale a una stratificazione avvenuta per tappe successive che ha interessato diversi secoli. Nel 1442 fu colonizzato dai macellai, che erano stati obbligati ad aprire i loro banchi sul ponte, e non nel centro, per evitare cattivi odori e le strisce di sangue dovute al trasporto della carne dal fiume alla vie della città. I macellai si costruirono delle piccole baracche, con la funzione di magazzino, che poi s'ingrandirono, fino a sporgere dal ponte, sorrette da esili strutture di legno. I passi successivi videro la costruzione del corridoio Vasariano e l’irrobustimento dei negozi dei macellai, fino ad arrivare all’attuale conformazione di completa “colonizzazione”, che nasconde quasi completamente la vista del fiume ai passanti.

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Pontevecchio - Firenze

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1345 costruzione del ponte sull’Arno

dal 1442 colonizzazioni dei macellai

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1500’ processo di densificazione

1565 costruzione del corridoio Vasariano

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Lo stesso Colosseo, durante il medioevo, era stato abbandonato. Si era persa quasi completamente la conoscenza su cosa fosse o a cosa servisse. Fu presto “trasformato” in cava a cielo aperto per materiali pregiati, fino al tardo rinascimento. Per un periodo fu addirittura ospite di alcune abitazioni. Sempre a Roma - città esemplare per stratificazioni - è presente un caso di completa trasformazione. Lo stadio di Domiziano, lungo 276 metri, largo 54 in grado di ospitare 30.000 spettatori, fu lentamente trasformato, riadattato e sfruttato per la costruzione di palazzi sulla struttura degli spalti. Oggi Piazza Navona mantiene ancora la forma (in pianta) dello stadio, arricchito da fontane. Nei cortili e nelle cantine dei palazzi sono ancora visibili le antiche strutture romane, modificate e riciclate. In modo molto simile al Colosseo di Roma, ad Arles, nel medioevo, l’antico anfiteatro è stato convertito in una vera e propria cittadella turrita. La struttura romana era perfetta come muro di cinta, e l’interno era ricco di materiale da costruzione. Il parassitismo ne ha trasformato la struttura originale, senza distruggerla, ma sfruttandola per un nuovo utilizzo.

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Piazza Navona - Roma

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Esempi analoghi si ritrovano in tutta Italia, a Lucca dove un intero isolato è costruito sulla pianta dell’anfiteatro o a Napoli dove alcune parti dell’anfiteatro sono ancora visibili, fagocitate dai palazzi adiacenti.

Analizzando questi esempi è interessante notare come la stratificazione e il parassitismo non siano da ricercare solo nella povertà, o nelle classi più misere, ma il riciclo sia stata una pratica utilizzata in tutte le epoche e su tutti i livelli. Gli esempi più famosi e più maestosi di architetture del passato rappresentano solo una piccola parte - quella sopravvissuta al parassitismo - del patrimonio architettonico, che ha subito nei secoli successive stratificazioni e modifiche.

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Si avvalora quindi a la tesi che la strategia parassita non esista solo come breve parentesi, ma come strategia d'intervento più antica e più praticata; che trova il suo principale motore nella quasi totale assenza di norme o regolarizzazioni per l’edilizia: la maggioranza del tessuto urbano “storico” è il risultato di un sistema flessibile, che sfruttava “l’esistente” nella sua complessità, come risorsa.

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Anfiteatro - Lucca

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Anfiteatro - Arles

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Anfiteatro - Catania

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Palazzo Madama - Torino architettura parassita | 47


CRISI E PARASSITISMO CONTEMPORANEO

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Il riciclaggio urbano è stato la regola prima per lo sviluppo degli insediamenti: sfruttando il suolo, demolendo e ricostruendo, in un ciclo continuo di stratificazione.

Questo fenomeno è continuato - e continua - nelle parti del mondo meno sviluppate, o in rapido sviluppo, dove la crescita sfugge alle regole e le norme della città moderna: è il caso di alcune capitali sudafricane e asiatiche in cui avvengono fenomeni analoghi al parassitismo. Città “rurali”, invase dalla ricchezza dell'Occidente, crescono con una doppia faccia: le new towns moderne, che seguono le regole della città occidentale e i sobborghi, le slums, dove le persone costruiscono da sole, non sempre in povertà, ma con tecniche miste fra tradizione e innovazione, trasformando vecchi edifici in complessi sitemi di abitazioni, ognuna con propria identità e carattere. Ma in questi contesti è difficile parlare di vero e proprio parassitismo, in quanto il tessuto stesso è costruito senza regole e senza una chiara distinzione tra gli elementi, al punto di rendere quasi impossibile stabilire quale sia il parassita e quale l’ospite. In Europa e in America invece, nei secoli successivi al 700’, il parassitismo cede il suo ruolo di strategia primaria con la prima rivoluzione industriale e il conseguente sviluppo.

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È lo stesso James Watt - inventore nel 1765 della macchina a vapore - che afferma: “Il vapore è il primo esempio di Dio che si sottomette all’uomo”. Frase che “riassume” lo spirito d'innovazione del ‘700, il pensiero che l’uomo, attraverso la ragione e la scienza possa superare i limiti delle conoscenze imposte. Il Settecento è il secolo delle prime esposizioni nazionali, e in seguito internazionali. L’uomo scopre di avere il potere di plasmare il mondo a suo piacimento e grazie all’industria e al carbone diventano realizzabili grandi opere come le ferrovie e le costruzioni in ferro. In questo periodo crolla la necessità di agire secondo il minimo sforzo, s'infrangono le barriere della città e grazie alla scienza e alla medicina inizia il boom demografico su scala mondiale. Anche in architettura e nello sviluppo delle città le cose cambiano. Con il richiamo dell’industria e della modernità nascono le città liberali, caratterizzate da un’espansione su larga scala, senza regole. L'Ottocento è anche il secolo dei grandi sventramenti da cui derivano trasformazioni urbanistiche su larga scala, spinti dalla nascita delle scienze che dimostrano l’insalubrità dei centri storici, allora sovrappopolati.

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Approccio in completa opposizione alla puntualità del parassitismo, che modifica il tessuto urbano partendo da interventi individuali e su piccola scala. Il parassitismo scompare gradualmente, ciò che è vecchio non viene valorizzato e perde anche il suo valore di risorsa. I centri cittadini si “cristallizzano” acquisendo monumentalità e valori più vicini a quelli di beni da tutelare, piuttosto che un tessuto da vivere e da trasformare. Le cose cambiano ulteriormente durante le grandi guerre. La devastazione e la distruzione d'intere zone urbane porta a riflessioni sull’architettura, e alla conservazione del patrimonio. Nascono così i primi ragionamenti sulla tutela dei centri storici, ma anche il desiderio di modernità, di cambiamento e sguardo al futuro.

Sono gli anni del movimento moderno, delle città ideali e della città industriale, che risponde ai nuovi standard di qualità della vita, di misure e dimensioni dettate dal “vivere moderno”; che ha come risposta una logica di densità costante e impronta crescente.

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La grande quantità di risorse e la convinzione di disporre di energia pressoché infinita ha portato all’espansione delle città, nella ricerca di spazi e forme nuove, abbandonando i centri e dimenticando il valore dell’esistente.

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Dal dopoguerra fino alla fine del Novecento le città sono protagoniste di un'espansione “folle” ed incontrollata: negli anni 60’ e 70’, grazie alla fiducia nella ripresa economica e al generale benessere si assiste ad una vasta espansione delle città. La città, nei sogni e progetti degli architetti del Movimenti Moderno, è molto diversa da quella in cui viviamo oggi. I progetti del plan Voisin di Le Corbusier, o della Broadacre City di Wright, passando per gli eccessi visionari delle wolking e plug.in city degli Archigram, propongono città rivoluzionarie con dinamiche molto distanti dalla vita dei centri storici e delle città consolidate. Fortunatamente la stratificazione non viene completamente abbandonata, a favore di demolizioni e ricostruzioni, ma in alcuni casi si continua ad intervenire sui centri storici con soprelevazioni e piccoli aumenti di volumetria. Lo stesso Le Corbusier nel suo progetto dell’appartamento Beistegui a Parigi, compie un intervento parassita, trasformando un tetto in un luogo di calma e meditazione, ricco di significati metafisici.

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Negli anni successivi con la fine del boom economico e la crisi del petrolio degli anni 70’ anche l’architettura ha dovuto ridimensionare le proprie ambizioni. I progetti delle città ideali sono rimasti utopie irrealizzabili e ci si è trovati a gestire un patrimonio di architettura esistente che versava in stato di abbandono o forte degrado. Dagli anni 90’ in poi il flusso di fuga dalle città si è invertito: i centri storici si sono via via rivalutati e ripopolati, con conseguente diminuzione del consumo di suolo e ritorno alla densificazione e trasformazione urbana. Questo ha portato alla riconsiderazione del tema del parassitismo architettonico e sociale, a partire dal lavoro di Michel Serres, passando per le esposizioni al MoMa di New York o alle più recenti esperienze olandesi. La crescente spinta verso la sperimentazione e l’ecologia, unita all’emanazione in diversi Paesi europei di norme che limitano le nuove costruzioni a favore del recupero e riuso del tessuto esistente, ha favorito lo sviluppo di un nuovo parassitismo, volto alla stratificazione e al riciclaggio di spazi e strutture esistenti, riprendendo la pratica già sperimentata nella città antica.

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La costruzione nel 2001 del Las Palmas parasite con la contemporanea mostra P.A.R.A.S.I.T.E. (Prototypes for Advanced Ready-made Amphibious Small scale Individual Temporary Ecological Houses) ha dato inizio a un nuovo modo di concepire il riciclaggio della città, libero da norme e zonizzazioni, e figlio dell’autocostruzione e della temporaneità. La risposta internazionale è stata molto forte e si sono susseguiti numerosissimi progetti di recupero spinti da una strategia di tipo parassitario. Come dimostrazione del crescente interesse nella riscrittura della città, durante la Biennale di Architettura di Venezia del 2006, il padiglione tedesco ha ospitato la mostra CONVERTIBLE CITY: una raccolta di esempi (alcuni dei quali riportati di seguito) d'intervento sulla città consolidata, attraverso l’inserimento, l’aggiunta o la trasformazione del tessuto esistente. Queste ricerche hanno portato alla nascita di una costellazione di piccoli interventi, ma anche alla crescente consapevolezza che la densificazione del tessuto esistente sia effettivamente una strada obbligata per il prossimo futuro; strada che presenta molti problemi, ma che merita di essere percorsa.

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In Italia ci sono state delle opportunità per lo sviluppo di una cultura “parassitaria”: il Piano Casa, voluto dal governo Berlusconi, come motore per rilanciare il mercato immobiliare, permetteva l’ampliamento delle volumetrie degli edifici esistenti, ma è stato letto nel modo sbagliato: non come occasione di sperimentazione, ma come semplice spinta alla cementificazione, focalizzando il problema sulle “villette” di periferia, e non valutando l’effettivo vantaggio che avrebbe portato nelle città, magari associato a un serio incentivo alla riqualificazione energetica. Ad oggi però l’architettura parassita, come ricerca verso soluzioni nuove dell’abitare, è ancora una strada poco praticata, vista più che altro come una sperimentazione, più vicina all’arte che non all’edilizia. Sempre più spesso le riviste pubblicano articoli sul tema o riportano progetti di innesto e riscrittura, ma si tratta sempre di casi isolati, e raramente di vere strategie a livello urbano o territoriale. Ad ostacolare lo sviluppo di un vero e proprio parassitismo moderno ci sono le odierne norme e regolamentazioni urbanistiche che limitano gli interventi e non regolamentano la possibilità di edificare sul costruito.

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Ad esempio i centri storici sono soggetti a tutele di tipo categorico e di zona, che limitano la libertà d'intervento secondo regole scritte per “famiglie di edifici” senza verificare caso per caso l’effettiva necessità di conservazione assoluta, o la possibilità d'intervenire con ampliamenti e trasformazioni. Agire in questo senso sulla città rappresenta un’occasione per farla rivivere e trasformarla in città moderna. Obiettivo che è ormai in cima alla lista per ogni città contemporanea che punta a diventare una Smart City, ma che si limita ad intervenire su infrastrutture, telecomunicazioni e servizi, tralasciando l’edificato, che rappresenta la componente principale di un insediamento. Provando per un attimo a dimenticare l’importanza di densificare la città ci si potrebbe chiedere se effettivamente l’aggiunta di elementi nei centri rappresenti un effettivo valore aggiunto. La risposta è da cercare nel modo di abitare, e nei desideri delle persone. La scelta tra vivere in città o in campagna è spesso dettata dalla necessità o meno di poter avere un giardino, dello spazio esterno, ma privato, da poter vivere con qualità. Il vivere in città obbliga spesso ad omologarsi alla vita di condominio, allo standard degli appartamenti e all’uniformità dei cortili e delle corti.

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Ecco che allora il parassita presenta una soluzione, agendo da operatore del cambiamento, concretizzando la possibilità di vivere in modo nuovo la città: in ville sui tetti, in appartamenti con giardini in quota, in condomini agricoli dotati di orti urbani, in locali e negozi in quota ed in parchi e giardini che crescono tra un tetto e l’altro.

Quest’immagine rappresenta un’utopia, ma non così lontana come sembra.

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Una STRATEGIA ANTICA, per realizzare una CITTĂ€ FUTURA

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PRESENTE

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Il parassita si pone in relazione con l’esistente, in modo quasi animale; una relazione di dipendenza o di predazione.

Possiamo ricondurre l’architettura pa-

rassita ad una classificazione biologica, per cercare d'individuare e riconoscere le diverse strategie percorribili.

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! Nel mondo animale i parassiti vengono classificati per il tipo di relazione che instaurano con l’ospite, prima che per dimensioni o per il regno animale di appartenenza. Nello stesso modo, parlando di architetture, la classificazione proposta non si occupa della scala o del linguaggio, ma si concentra sull’idea progettuale e sulla relazione con l’esistente.

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endoparassita INSERIMENTO

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L’endoparassitismo è la categoria che risponde alla strategia più difficile e raffinata. Il parassita si stabilisce all’interno del corpo ospitante, senza mostrare traccia della sua presenza. Il tipo di relazione che s'instaura è quella di “protezione”: il parassita si colloca dentro il corpo ospitante, quasi invisibile dall’esterno. La sua presenza è nell’interno, dove è causa di trasformazioni e di modiche, più o meno radicali. Sono figli dell’endoparassitismo tutti i progetti d'inserimento nell’esistente o i progetti di mantenimento della “scatola muraria” con conseguente sostituzione dell’interno; i riempimenti di cavedi, di cortili e di androni, ogni spazio vuoto dentro al quale un nuovo intervento possa trovare “rifugio”. L’ospite è un guscio, è una protezione. La caratteristica principale di questi progetti è la dipendenza, il non curarsi del rapporto con l’esterno. L’endoparassita ha un esterno “molle”, e delega la funzione di protezione all’edifico che lo ospita.

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Lo S(CH)AUSTALL rappresenta un caso estremo di endoparassitismo, ma ne esemplifica molto bene la strategia. Nelle immagini: (a destra) il progetto finito, (in questa pagina) fase di inserimento del parassita. architettura parassita | 69


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S(CH)AUSTALL FNP Architekten - Rheinland-Pfalz, Germania - 2005

Letteralmente un gioco di parole tra Saustall (riparo per i maiai) e Schustall (sala esposistiva), il nome di quest'intervento racconta già la storia dell’edifico. Il progetto ha previsto il mantenimento di un modesto riparo per maiali, considerandolo come parte del contesto naturale. Il nuovo corpo s'inserisce letteralmente all’interno dell’edificio ospite, comportandosi come un crostaceo dentro alla conchiglia che prende possesso del nuovo guscio appropriandosi interamente dello spazio. Il vecchio edificio rimane “intonso”, senza subire modifiche, comportandosi solo da guscio per l’aggiunta (che in questo caso è assoluta). La dipendenza è totale, poiché la piccola sala espositiva del nuovo intervento non si preoccupa della relazione con l’esterno; relazione che, come detto precedentemente, viene delegata alla scatola muraria dell’edifico.

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NEO LEO - “Vertical Living” Lüderwaldt Verhoff - Colonia, Germania - 2005

L’intervento nasce dalla necessità di ampliamento di una casa familiare a Colonia. La soluzione ha portato a utilizzare lo spazio del cavedio come stanza in più, che collega l’appartamento esistente a un nuovo volume posto sul tetto (il che lo rende anche “ectoparassita”). Questo spazio ospita la scala, alcuni scaffali e un’area gioco per i bambini. L’inserimento è stato preceduto dalla demolizione delle pareti perimetrali che si affacciavano sul cavedio, in modo da permettere una completa fusione tra i due elementi. Come nel caso precedente, il parassita viene letteralmente calato all’interno dell’edifico ospite, fino a saturare completamente lo spazio vuoto. Anche in questo caso il parassita ha un esterno non rifinito - qui addirittura aperto - proprio perché costruito per essere in realtà parte delle divisioni interne dell’appartamento.

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Il parassitismo è meno radicale: il nuovo oggetto occupa una piccola parte dell’ospite, senza modificarne il naturale funzionamento, ma aggiungendosi in uno spazio pensato per portare luce e aria alle stanze più basse, funzione mantenuta per mezzo di un pozzo, chiuso da pannelli forati, in modo che la luce e l’aria possano continuare a fluire fino al piano inferiore. La relazione che s'instaura tra gli elementi è molto forte. Il parassita da solo non ha funzione, e perderebbe completamente di significato se estratto dal suo ospite. La dipendenza è uno degli elementi più importanti e caratteristici del parassitismo, in particolare di quell'interno: questo deriva dal fatto che il nuovo oggetto deve perfettamente inserirsi nell’ospite, occupando spazi che hanno dimensioni e caratteristiche uniche caso per caso. Questo porta ad avere parassiti unici - tornando alla biologia, molto specializzati - in grado di adattarsi a un solo ospite, o in certi casi a famiglie di ospiti (esempio: tutti i palazzi che hanno un cavedio di dimensione x).

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MACHmit! MUSEUM Klaus Block - Berlino, Germania - 2003

La chiesa protestante di S. Elia ha condiviso la sorte di altre chiese di Berlino, che hanno visto il ridursi della dimensione della congregazione fin al totale abbandono. Il progetto per il riutilizzo ha definito come nuova destinazione un museo per bambini, che ha lasciato lo spazio alla sperimentazione. Il risultato finale è il recupero dello spazio nella sua condizione originale, attraverso l’inserimento di un nuovo corpo distaccato dalla struttura della chiesa. La nuova volumetria si sviluppa fino alla sommità della navata, sfruttando la verticalità con un percorso labirintico dedicato ai bambini, mentre al piano terra lo spazio è pensato come sala espositiva e ospita il caffè ed i servizi. La relazione tra gli elementi è accentuata da una spaccatura all’interno del blocco, che lo divide in due, lasciando passare la luce e permettendo di ammirare la navata in tutta la sua altezza.

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Come moltissimi altri esempi di parassitismo, anche questo museo nasce come struttura temporanea (lo spazio è stato affittato per 75 anni), il che ha permesso di sperimentare e realizzare una soluzione che sarebbe stata difficile da approvare come definitiva; pur considerando i 75 anni come periodo “temporaneoâ€?.

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ectoparassita AGGIUNTA

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L’ectoparassitismo è la famiglia di progetti che

più si comporta secondo la visone di superficie architettonica/tettonica: la stanza in più, il rooftop, le soprelevazioni, le ville sui tetti sono tutti esempi di costruzioni che occupano lo spazio lasciato dagli altri edifici o tra di essi. Le città sono ricche di spazio non utilizzato; un’uso di questa risorsa consiste nell’occupazione dei tetti per poter sperimentare nuovi modi di costruire, ma anche di vivere e di insediarsi in città. A differenza dei parassiti che si collocano all’interno, gli ectoparassiti sono autonomi dal punto di vista “tecnico”: hanno un esterno finito e resistente, e si occupano da soli di reggere il proprio peso, sfruttando la struttura esistente. Si genera una dipendenza spaziale tra ospite e parassita con la possibilità di abitare spazi diversi, nuovi, generalmente privilegiati per vista e altezza.

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“Las Palmas” PARASITE Korteknie/Stuhlmacher Architecten - Rotterdam, Olanda - 2001

Nel 2001 i due architetti olandesi realizzano sul tetto della fabbrica Las Palmas (da cui il progetto prende il nome) un struttura temporanea per ospitare la mostra “Parasites. The city of small things” in occasione di “Rotterdam, città della cultura”. L’edificio nasce come manifesto e prende subito il ruolo di “logo” dell’architettura parassita. Questo successo è da ricercare nell’innovazione del progetto e nel suo altissimo grado di sperimentazione di “nuove” tecniche, o meglio l’utilizzo intelligente della costruzione in legno massiccio, tecnica quasi del tutto sconosciuta in Olanda. Infatti l’intero edifico è realizzato con lo stesso materiale, che ha al contempo caratteristiche strutturali ed isolanti, oltre al fatto di permettere (attraverso l’incollaggio di grandi pannelli) una grande flessibilità.

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L’autonomia strutturale è stata al centro del progetto, per poter collocare il parassita sul tetto della fabbrica senza doverne verificare la stabilità. Il piccolo atelier, per questioni burocratiche, sarebbe dovuto durare soltanto 6 mesi, che poi, dato il grande successo, si solo allungati fino a 5 anni (limite massimo per le costruzioni temporanee). Come detto in precedenza la relazione tra gli elementi è soprattutto spaziale: il progetto stesso del parassita è stato concepito in modo da poter essere smontato e ricostruito in un altro luogo; ma la forza e il successo del progetto sono da cercare nella posizione: la fabbrica Las Palmas si affaccia direttamente sul porto di Rotterdam, regalando una vista privilegiata ed una posizione esclusiva, quasi di isolamento, fuori dagli standard abitativi della città.

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RUCKSACK House Stefan Ebestadt - Lipsia/Colonia/Essen, Germania 2004

La Rucksack House, letteralmente la “casa zaino” è stata progettata per essere la risposta più flessibile ed economica alla domanda della “stanza in più”. A metà tra arte ed architettura la Rucksack è un parallelepipedo in acciaio e legno che viene letteralmente appeso alla facciata o al tetto dell’ospite. Il successo del progetto sta nell’aver risolto un problema nel modo più semplice ed ovvio: la stanza in più si ancora alla facciata e regala un nuovo ambiente sospeso al di sopra dello spazio pubblico. Questo nuovo ambiente è completamente vuoto e presenta diverse aperture che permettono di avere nuove visuali sulla città. Anche in questo caso il parassita si arricchisce della posizione privilegiata e pur essendo pensato come elemento adattabile in ogni situazione (tant’è che ne esistono tre in altrettante città tedesche) necessita di una posizione elevata e di molto spazio per essere davvero sfruttato.

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Il trattamento esterno permetterebbe di posizionare il parassita anche come elemento stand-alone, ma cosĂŹ facendo perderebbe tutta la sua qualitĂ e tutte le caratteristiche che lo rendono unico e funzionale.

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DIDDEN Village MVRDV - Rotterdam, Olanda

L’ampliamento della casa della famiglia Didden, a Rotterdam, ha avuto fin da subito il vincolo di potersi sviluppare solo in altezza. La soluzione al problema è stata l’aggiunta di due semplici volumi con tetto a spiovente, collegati all’abitazione per mezzo di due doppie scale a spirale. La particolarità del progetto sta nello scopo che si voleva raggiungere e nella particolare immagine scelta per renderlo evidente. MVRDV lo descrive così: “The addition can be seen as a prototype for a further densification of the old and existing city. It adds a roof life to the city.” (L’addizione può essere vista come un prototipo per un’ulteriore densificazione del tessuto esistente. Aggiunge alla città una “vita su tetto”). Il significato è perciò puntare sulla densificazione, sfruttando l’esistente e gli spazi ancora non colonizzati, per creare nuovi tipi di vita urbana.

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L’eccentricità degli architetti ha portato a voler denunciare questa nuova idea, trattando il tetto come un vero e proprio villaggio in miniatura, con i due volumi trasformati in “casette” e l’aggiunta di aiuole ed alberi; il tutto colorato di blu. Un blu elettrico, senza soluzione di continuità tra gli elementi, che aiuta ad identificare l’intervento come un elemento unico e finito. La relazione con l’esistente è ridotta dalla volontà di trattare il tetto come un piccolo spazio autonomo e chiuso su se stesso dalle alte pareti perimetrali. L’obiettivo di realizzare un prototipo per la densificazione è ben riuscito, anche se sfrutta meno di altri la posizione privilegiata in cui è situato.

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parassitoide SOVRASCRITTURA

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Letteralmente, dalla biologia, il parassitoide è un

organismo che instaura con il suo ospite una relazione di parassitismo estremo, per alcuni aspetti più vicino alla predazione, portando l’altro organismo alla morte. In architettura si traduce in interventi che pur mantenendo l’esistente ne riscrivono le regole, sovvertendo l’ordine spaziale e gerarchico degli elementi: una vera e propria sovrascrittura, che porta come risultato un sistema del tutto nuovo. Questa strategia è propria dei progetti che privilegiano se stessi a discapito dell’ospite, che viene subordinato ad elemento secondario. La definizione lascia spazio ad elementi di dimensioni maggiori rispetto ai casi precedenti; dimensioni che potrebbero arrivare anche alla scala urbana, ma senza escludere i casi di trasformazione minori.

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Wohlfahrt-Laymann House Meixner Schltuer- Francoforte, Germania - 2005

Il progetto ha interessato il piccolo cottage della famiglia Wohlfahrt-Laymann, esempio classico di architettura delle campagne tedesche. Inizialmente il progetto prevedeva la demolizione e la costruzione di una nuova villa, ma gli architetti hanno optato per la conservazione: la casa è stata trasformata e snaturata, attraverso alcuni ampliamenti plastici e la completa tinteggiatura di colore bianco (di una tinta leggermente diversa da quella adottata per gli elementi aggiunti). La volontà dell’architetto - riuscita o meno - è stata quella di conservare la magia e l’atmosfera che la la villa ed il giardino riuscivano a trasmettere. Il che ha portato ad aggiungere un nuovo elemento, il parassita, al di sopra della casa come un guscio - quasi ad invertire i ruoli. Una scatola che allo stesso tempo protegge e intrappola il piccolo cottage.

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Tra vecchio e nuovo si instaura un rapporto di dare e avere, in un parassitismo a doppio senso - come lo definisce l’architetto - che propone un elemento nuovo e moderno senza eliminare l’atmosfera classica del cottage e del giardino che lo circonda. Il parassita diventa elemento centrale e dominante, vivendo sulle spalle del suo “ospite�, e portandolo quasi a scomparire, ma sfruttando le sue caratteristiche spaziali e formali a proprio vantaggio.

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SPITTELAU Viaducs Zaha Hadid- Vienna, Austria - 2005

Zaha Hadid ha dovuto trovare un modo di rispondere alla sua voglia di libertà e allo stesso tempo di rispettare il vincolo di mantenere l’esistente completamente inalterato. La soluzione è stata quella di sovrapporre al tessuto un nuovo sistema aereo articolato e complesso, che sfrutta l’elevazione e si basa su di un accurato studio dei pieni e dei vuoti, creando tagli e fratture in cui si posizionano gli attacchi a terra e gli accessi. I nuovi volumi, che ospitano delle residenze universitarie, sono completamente autonomi e intaccano la struttura dell’ex viadotto ferroviario dello Stadtbahn di Otto Wagner (oggi utilizzato come passaggio ciclabile e pedonale), che rimane formalmente inalterato, ma la cui percezione dello spazio subisce un grande cambiamento.

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Le grandi strutture delle residenze trasformano lo spazio sottostante, creando delle nuove relazioni tra lo spazio pubblico e privato, generando nuovi flussi. Anche in questo caso il parassita si pone come elemento primario, pur vivendo in simbiosi con l’esistente e dovendo ad esso la qualità e la complessità dei propri volumi.

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104 | presente


SHARP CENTRE for DESIGN Alsop Architects- Toronto, Canada - 2004

Il progetto dell’ampliamento dell’Ontario College of Art and Design prevedeva la costruzione di una nuova volumetria nello spazio vuoto antistante l’edifico esistente. Alsop ha però preferito, con un approccio molto simile a quello utilizzato dalla Hadid a Vienna, lasciare inalterato lo spazio, sviluppando un volume sospeso a 26 metri di altezza. Questo nuovo corpo - al di là della sua immagine - modifica la percezione dello spazio, agendo da elemento attrattivo e generando uno spazio aperto, ma coperto, molto interessante. Le relazioni, se non direttamente con lo spazio sottostante, si instaurano con il vecchio edifico, ampliandolo e trasformandone enormemente l’immagine, oltre che permettere nuove viste sul parco limitrofo e sulla città.

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Questo caso presenta qualche anomalia rispetto al concetto di parassita, in quanto è difficile capire quale sia l’ospite: se il parco, o il college. Ma è proprio qui che il parassitismo agisce, sovvertendo le gerarchie e modificando le relazioni tra gli elementi esistenti. Ancor piĂš che nei casi precedenti, il parassita urbano si mette in mostra, diventando elemento principale di tutto il complesso universitario ed imponendosi anche nello skyline cittadino.

architettura parassita | 107


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Di seguito vengono riportati alcuni tra i numerosi casi di parassitismo moderno nazionale ed internazionale, a riprova che non ci si trova davanti ad un’utopia, ma ad una sempre piÚ concreta realtà .

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Appartamento Beistegui - Parigi Le Corbusier

110 | presente


Caixa forum - Madrid Herzog & De Meuron

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Pinacoteca Agnelli - Torino Renzo Piano

Sala “bolla�, Lingotto - Torino 112 | presente Renzo Piano


ILTI Luce - Torino

architettura parassita | 113 Ufficio di Architettura


Everland Hotel - travelling L/B

114 | presente


loftCUBE

Aisslinger studio

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ZICA kern - Raasdorf ARTEC architekten

116 | presente


Rooftop Remodeling - Vienna Coop Himmelb(l)au

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theCUBE - travelling Park Associati

118 | presente


Design Roof - Shoreham Project Orange

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FUTURO


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Torino deve la sua immagine odierna ad una continua stratificazione a partire da un accampamento romano. Ma quale ruolo potrebbe giocare l’architettura parassita nel futuro di Torino? L’espandersi della città ha portato alla nascita di un tessuto compatto, denso e ricco di riscritture ed elementi unici, nel quale non è difficile l’individuazione di un’area su cui intervenire, ma che difficilmente si presta ad una generalizzazione. È infatti molto difficile caratterizzare il tessuto in base alle proprie eccezioni. La possibilità di intervento sulla città non può quindi essere generalizzata, ma ci si può interrogare sulla possibilità e sulle modalità di intervento che meglio si adattano al tessuto esistente. Per questo l’analisi è stata svolta in 3 fasi, corrispondenti ognuna ad una domanda, alla quale si è provato a dare una risposta.

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L’AUMENTO DI VOLUME DEL TESSUTO ESISTENTE, CON CONSEGUENTE DENSIFICAZIONE, È IN GRADO DI RISPONDERE ALLA DOMANDA ANNUA DI CUBATURA?

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Per rispondere a questa domanda sono stati raccolti i dati relativi ai permessi di costruzione raccolti dall’ISTAT negli ultimi anni, per costruire un modello di insediamento che rispondesse ai parametri di crescita Italiani (per semplicità si fa riferimento ai soli edifici a destinazione residenziale). Tale modello è stato poi confrontato con un modello analogo in cui l’ipotesi è quella di poter aumentare del 20% la volumetria di ogni edificio esistente, portando ad una densificazione. L’obiettivo è verificare se il patrimonio esistente sia in grado di assorbire la domanda di nuova cubatura, e per quanto tempo. La scelta di utilizzare valori medi per la volumetria esistente è bilanciata dal fatto che la simulazione dovrebbe tenere conto anche dell’impossibilità di aumentare il volume di tutti gli edifici esistenti. La decisione di semplificare in entrambe le direzioni serve a bilanciare il risultato e ad aumentarne la chiarezza.

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In Italia ogni anno si costruiscono complessivamente circa 100 milioni di m3 di nuovi edifici adibiti ad abitazione, con una volumetria media di 2000 m3 ad unitĂ . Dato diviso per circa 50 milioni di abitanti, per una media di 2 m3 annui per abitante.

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Schematizzando e riducendo l’esempio a 1000 abitanti, si ottiene un insediamento “Italiaâ€? di 50 edifici da 8 unitĂ di 75 m2 medi, abitate da famiglie medie di 2,5 elementi. Per un totale di 20 abitanti per edifico. architettura parassita | 127


Nell’insediamento Italia la domanda di cubatura porta a costruire 2000 m3 annui, equivalenti ad un nuovo edificio ogni anno.

128 | futuro


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Che significa aumentare la superficie complessiva di 1/5 nell’arco di 10 anni.

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Sfruttando un aumento di volumetria del 20% per 1/10 degli edifici, si potrebbe rispondere alla domanda di cubatura annua senza consumare nuova superficie.

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134 | futuro


Questo porterebbe ad eliminare completamente il consumo di nuovo suolo per un periodo di 10 anni.

fonte ISTAT architettura parassita | 135


COME SI COMPORTA IL TESSUTO URBANO IN RELAZIONE AD INTERVENTI DI PARASSITISMO?

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Il tessuto urbano torinese è stato suddiviso in ambiti, caratterizzati da un’immagine riconoscibile e caratteri simili. Le sei aree sono state analizzate e si sono individuate le migliori strategie di parassitismo, in relazione alla storia ed alla morfologia del tessuto. Il risultato ottenuto è una schematizzazione del centro di Torino, un “catalogo” di interventi possibili suddivisi per ambito e in grado di rappresentare le maggiori possibilità di parassitismo.

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Città vecchia Parte della città corrispondente allo spazio fisico dell'antico castrum romano, entro il quale la città si è trasformata nel periodo medioevale e fino alla fine del Cinquecento, ed è stata soggetta a ristrutturazione urbanistica nel Settecento e alla fine dell'Ottocento. Alla stratificazione storica che caratterizza il nucleo più antico di Torino corrisponde una grande complessità di emergenze architettoniche, di insiemi uniformi e uniformati, di spazi di relazione, di tessuti e di tipi edilizi organizzativi della struttura urbana, con espressioni architettoniche ed urbanistiche multiformi e di grande rilevanza. Emerge come carattere tipicizzante la mancanza di isotropia nell'insediato, con forte differenziazione anche qualitativa degli esiti edilizi ed urbanistici. L'antica vocazione di centralità, sostenuta da funzioni residenziali e commerciali, è stata ribaltata in maniera che è apparsa a lungo irreversibile, alla fine dell'ottocento, con interventi che hanno sconvolto l'antico tessuto della "città vecchia" con ristrutturazioni fisiche e funzionali in senso terziario superiore.

138 | futuro


Questo tessuto si presenta ricco di stratificazioni e molto denso. La dimensione delle strade e dei cortili risulta minore rispetto alla media Torinese e le rare eccezioni sono caratterizzate da elementi architettonici di valore. Le possibilità di intervento, oltre alla completa sostituzione di porzioni di tessuto, si riducono perciò a piccoli innesti, volti al completamento di fronti od alla chiusura di cavedi - spazi di scarsa qualità - che rappresentano un'occasione per l'aumento di volumetria, oltre che per creare nuovi accessi ai tetti, colonizzabili con terrazzi, orti e giardini.

architettura parassita | 139


Città Nuova Costituita dalla parte di città corrispondente al suolo che era interno all'antica cinta muraria; perimetro che non segue con fedeltà assoluta l'andamento delle antiche cortine e bastioni, ma che comprende od esclude alcuni tessuti urbani di frangia, in relazione alle connotazioni tipologiche. Il nucleo ha carattere di unicità nella città e si configura come prodotto storico di trasformazioni edilizie e urbanistiche correlate alla storia politica, economica e sociale della città intesa in senso complessivo. Queste trasformazioni sono dovute a fenomeni leggibili nella lunga durata (ampliamenti verso il Po) e corrispondono a momenti essenziali di decisioni in precise sezioni storiche. Risultano presenti - sia negli esiti urbanistici, sia nell'architettura e negli spazi di relazione - valori storico artistici, valori ambientali e documentari, valori di immagine riferibili anche alla memoria collettiva.

140 | futuro


Lo sviluppo su via Po ha generato un tessuto caratterizzato dalla presenza di una "quinta", identificabile con le facciate sulla via, che nasconde una grande varietà di cortili e volumi differenti. I tetti di questa zona godono delle migliori visuali sulla città e sulla Mole, aumentando notevolmente il pregio delle unità dotate di terrazzi. Questo tipo di unità è presente come soprelevazione dei palazzi su via Po, ma mantenendosi arretrata non ne modifica l'immagine monumentale. Intervenire in questo ambito è un’occasione per proseguire con la tradizione delle soprelevazioni, con ampliamenti sui tetti; ma si potrebbe espandere questa strategia soprelevando anche gli edifici nei cortili, realizzando nuove unità, dotate di terrazzi e giardini, dai quali godere della vista privilegiata sulla collina e sui monumenti della città.

architettura parassita | 141


Ampliamenti Neoclassici Ottocenteschi La maggiore estensione di questi tessuti urbani riguarda il Borgo Nuovo, cioè la zona compresa tra Piazza Vittorio, Corso Cairoli, l'Antico Viale del Re (Corso Vittorio Emanuele II) e il fronte sudorientale dell'antica fortificazione (Giardini Cavour e Piazza Maria Teresa). Tale modello organizzativo è tuttavia presente in forma più estesa ed è riferibile anche ai tessuti urbani realizzati nella prima Restaurazione come espansione fuori porta. A questi tessuti urbani non corrispondono di regola momenti di ristrutturazione urbanistica, ma unicamente processi di intensificazione edilizia del tardo Ottocento o di sostituzione nel Novecento. La fase storica che caratterizza questo tessuto ha privilegiato l'edilizia per la residenza borghese e l'edilizia da reddito, determinando una scarsa presenza di edifici con destinazione e caratteri architettonici eccezionali. Tali parti della città si configurano dunque come zone con edifici e spazi di relazione a prevalenza residenziale, di matrice culturale neoclassica od eclettica. Essi hanno una valida connotazione di forte omogeneità ambientale.

142 | futuro


Intervenire in questo tipo di tessuto è molto difficile e la grande omogeneità degli stili e delle forme architettoniche non permette grande libertà. I fronti sono maggiormente molto compatti, fatta eccezione per alcuni edifici che, al contrario di quanto avviene nel resto della città, si comportano come palazzi indipendenti, separati gli uni dagli altri. In questi casi è possibile intervenire con piccoli completamenti, aggiunte volumetriche o realizzazione di terrazzi e giardini al piano. Ciò che viene fatto su strada si può riproporre nell'interno dei cortili, dove fabbricati più modesti potrebbero essere soprelevati per realizzare ville urbane, che godendo della posizione privilegiata nel centro storico rappresenterebbero delle residenze di altissimo pregio.

architettura parassita | 143


Espansioni borghesi da reddito Questi ambiti corrispondono a tessuti residenziali e misti originariamente esterni alla fortificazione sei-settecentesca. La struttura urbana relativa a questi piani corrisponde alla nuova fase post-unitaria della cittĂ , collegata al proseguimento degli assi storici definiti fino agli anni centrali dell'ottocento. In questi ambiti l'edilizia residenziale appare omologa per caratteri distributivi e costruttivi e presenta un numero discreto di classi tipologiche. Prevale l'edilizia sviluppata sul supporto di piani regolatori settoriali, con espansione della cittĂ fortemente ancorata al criterio della produzione di rendite, tipica della fase di pre-industrializzazione e corrispondente alle realizzazioni costruttive degli ultimi anni dell'Ottocento entro la cinta daziaria.

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Le case a ballatoio, mescolate a piccoli edifici ed officine spesso modificate e reinventate sono gli elementi che compongono il tessuto urbano di questi quartieri. Gli interventi possibili sono molti, a partire dal completamento dei cortili con nuovi corpi edilizi fino alla chiusura e trasformazione dei ballatoi - pratica comune giĂ nei secoli precedenti - per modificare la distribuzione delle unitĂ , con il possibile ampliamento con terrazzi e giardini.

architettura parassita | 145


Ampliamenti urbani preunitari Questo tipo organizzativo urbanistico è riferibile ad un insieme di ambiti costituenti definite parti di città , che corrispondono al progetto e alla realizzazione - in espansione - della città pre-unitaria e dell'immediato periodo post-unitario, con edilizia realizzata lungo l'intero secondo Ottocento, con poche sostituzioni del periodo recente e senza alcuna ristrutturazione urbanistica. La struttura urbana relativa a questi piani corrisponde alla nuova fase redditiera dell'Ottocento, come specchio di una fase economica accentratrice in Torino di attività amministrative, commerciali e burocratiche, attenta soprattutto a un modello di sviluppo sostanzialmente di dimensione regionale. Gli ambiti urbani raggruppabili in questa classe tipologica sono costituiti di massima da edilizia originaria di tipo residenziale borghese, articolata in complessi di impianto unitario, oppure in insiemi caratterizzati e ben connotati sia a livello di fabbricato edilizio, sia a livello di disegno urbanistico.

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In questi ambiti gli interventi possibili sono assimilabili alla realtĂ extraurbana. I corpi delle ville possono essere ampliati, occupando parte dei giardini, in modo da modificare la distribuzione e gli accessi, o di trasformare radicalmente il rapporto con l'esterno. Un'altra occasione di densificazione potrebbe essere la trasformazione dei bassi fabbricati e dei garage in nuove unitĂ , attraverso soprelevazioni, innesti od aggiunte.

architettura parassita | 147


Borghi operai e industriali Il complesso degli ambiti corrispondenti a questa classe tipologia si riferisce a settori urbani di prevalente formazione del tardo Ottocento e del Novecento, cioè ad una fase di forte espansione ed urbanizzazione corrispondente al periodo industriale. La localizzazione di questi ambiti è fortemente condizionata dalla presenza di barriere daziarie e dalla traccia stradale dei collegamenti extraurbani con il territorio. Il tessuto si presenta misto con edifici residenziali, costruiti anche al di fuori della regolamentazione cittadina, che offrono un numero discreto di classi tipologiche, spesso intercalati da strutture protoindustriali o con residuati edilizi e infrastrutturali risalenti alla precedente organizzazione agricola del territorio.

148 | futuro


I borghi industriali, con il loro tessuto misto, sono stati soggetto di moltissime trasformazioni, molte delle quali in corso ancora oggi. Grazie alla grande eterogeneitĂ , ai grandi spazi di cortili e alle grandi piastre industriali le possibilitĂ sono molte: dai completamenti dei fronti, con l'aggiunta di nuovi corpi edilizi in grado di ricostruire una figura urbana, la colonizzazione di tetti ed edifici industriali, che permette la realizzazione di grandi ville urbane, con giardini, in grado di innovare il modo di abitare la cittĂ , fino alle espansioni puntuali, sulle grandi facciate dei palazzi residenziali.

architettura parassita | 149


LA DENSIFICAZIONE RAPPRESENTA UNA POSSIBILITÀ DI INNOVAZIONE. QUALI FIGURE ED ELEMENTI ARCHITETTONICI CI SI PUÒ IMMAGINARE?

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BELVEDERE Cavedi, piccoli retri e interstizi del tessuto urbano posso essere trasformati in stanze in piĂš, giardini d'inverno o possono essere sfruttati per la realizzazione di scale private che collegano unitĂ su piĂš livelli senza intaccare la struttura, con la possibilitĂ di raggiungere la copertura e conseguentemente eventuali terrazze o giardini.

architettura parassita | 151


GIARDINI PENSILI I grandi cortili luminosi permettono la realizzazione (in aggiunta o completamento) di nuove unità sulle coperture degli edifici più bassi. Sfruttando la luce e la visuale privilegiata queste unità godrebbero di giardini e orti urbani, senza sacrificare la privacy, ma godendo della posizione centrale nella città. 152 | futuro


ROOF ROOM L'espansione nelle mansarde con conseguente nascita di abbaini è una pratica regolamentata nella città. Spingendo all'estremo tale pratica si può immaginare di realizzare delle vere e proprie stanze in più, dotate di terrazzo o giardino, regalando la possibilità di vivere il tetto dell'edifico, in modo nuovo, con ampie vetrate e spazio aperto. architettura parassita | 153


ROOF VILLA Gli edifici piĂš bassi nei cortili posso essere soprelevati e lasciare spazio a delle ville sul tetto: unitĂ con gli stessi confort di una casa singola, con giardino, terrazzi e privacy, ma con tutti i vantaggi di trovarsi in una zona centrale e di pregio della cittĂ .

154 | futuro


IN BETWEEN A completamento del fronte urbano, sopra passi carrai e cancelli, si possono progettare dei giunti (elementi di collegamento) che funzionando come "cassettiere" potrebbero ospitare stanze in piĂš, terrazzi o giardini al piano, per trasformare unitĂ di pregio in elementi unici.

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CASA ECOLOGICA All'interno di cortili complicati e ricchi di eccezioni i completamenti e le soprelevazioni posso rappresentare l'occasione per realizzare nuove unitĂ che rispondano ai parametri del mercato moderno, con ampie vetrate, terrazzi e impianti tecnologici moderni.

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VERANDA I ballatoi sono nati come elemento distributivo, ma molto spesso sono stati divisi e resi privati. La pratica di chiudere la balconata con strutture in legno è riconducibile fin al medioevo. Oggi ci si può immaginare chiusure leggere, permanenti, in grado di trasformare la distribuzione interna delle unità e di creare accessi ai tetti di garage e officine, che possono essere trasformati in giardini o terrazze. architettura parassita | 157


GARDEN BOX Le ville del centro soffrono di una distribuzione legata alla classe ricca borghese dell'ottocento. Intervenire nei giardini potrebbe modificare radicalmente la fruibilitĂ di queste unitĂ , permettendo di separarle o trasformarle, o semplicemente di generare una nuova relazione tra interno ed esterno.

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DEPÉNDANCE I garage e i bassi fabbricati annessi alle ville possono essere trasformati in nuove unità attraverso l'innesto di nuovi volumi. Questo tipo di interventi rappresenterebbe la nascita di piccole unita di altissimo pregio, con giardino e posto auto.

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GREEN BUILDING A completamento del fronte urbano, sopra bassi fabbricati e officine, le soprelevazioni posso rappresentare l'occasione per realizzare nuove unitĂ che rispondano ai parametri del mercato moderno, con ampie vetrate, terrazzi e impianti tecnologici moderni, senza eliminare le attivitĂ , o le residenze, sottostanti. 160 | futuro


VILLA URBANA I grandi piani liberi rappresentati dai tetti dei grandi edifici industriali o ex-industriali si possono trasformare in "nuovo suolo" per la costruzione di ville urbane di grandi metrature, in appoggio sulle strutture esistenti.

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riferimenti bibliografici • Benevolo Leonardo, Storia della città, Editori Laterza, 2006 • Cavallari Murat Augusto, Forma urbana ed architettonica nella Torino barocca, UTET, 1968 • Friedman Yona, Utopie realizzabili, Quodlibet, 2003 • Friedman Yona, Pro Domo, Actar, 2004 • Gregotti Associati, Qualità e valori della struttura storica di Torino: piano regolatore generale di Torino, Torino Comune, 1992 • Gregotti Associati, Libro bianco sull’ambiente di Torino: piano regolatore generale di Torino, Città di Torino, 1991 • Marini Sara, Architettura Parassita, Quodlibet, 2009 • Melet Ed/ Vreedenburgh Eric, Rooftop Architecture: building on elevated surfaces, NAi, 2005 • Politecnico di Torino, Dip. Casa e Città, Beni culturali e ambientali della città di Torino, SIAT, 1984 • Serres Michelle, THE PARASITE, Minnesota Press Edition, 2007


Torino, 2012




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