Master Thesis _ INSIDE CHANEL_ Lo spirito della Maison e un omaggio a Venezia

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POLITECNICO DI MILANO Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni Laurea Magistrale in Architettura | Architettura degli Interni

INSIDE CHANEL LO SPIRITO DELLA MAISON E UN OMAGGIO A VENEZIA

Relatore: Prof. Pier Federico CALIARI Correlatore: Arch. Paolo CONFORTI

Tesi di Laurea di: Lisa CROSERA Alessandra MAGLIOLA

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ANNO ACCADEMICO 2018 |2019


VOLUME III IL PROGETTO


Indice

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Abstract

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Scelta del sito

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Area di progetto

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Principi compositivi

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Riferimenti tematici ed architettonici

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Il progetto

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L’allestimento

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Referenze bibliografiche


Tanto il fenomeno dinamico della moda quanto la disciplina dell’architettura parlano di identità personale, sociale e culturale. Entrambe rispecchiano gli interessi della collettività e le aspirazioni del tempo afferrando il cambiamento dei luoghi per esibirlo: l’una “abitando corpi”, l’altra vestendo i luoghi. Walter Benjamin

ABSTRACT

Lo studio preliminare al progetto ha seguito due direzioni principali: l’analisi dei caratteri morfologici e tipologici della città di Venezia e lo studio dell’essenza dello stile della Maison Chanel. A partire da questa analisi abbiamo cercato di delineare le fondamenta del modello architettonico e dell’allestimento museale. Come in una narrazione, così il nostro progetto della Fondazione Inside Chanel è stato costruito su diverse sezioni tematiche, ma ha anche lasciato spazio all’unitarietà dell’insieme del racconto. Il lavoro che è stato fatto non propone solo un contenitore di oggetti emblematici della casa di moda ma intende dare vita ad un percorso pensato, non in maniera cronologica, ma che valorizzasse la complessità degli elementi che compongono la varietà del mondo Chanel. Ogni singolo pezzo della collezione è stato scelto e allestito nell’ottica di creare un quadro complessivo del fenomeno. Accantonata l’idea che essa sia rappresentata solo da abiti e abbigliamento, la costruzione che accompagna la collezione museale vuole indagare e far comprendere in profondità la molteplicità del fenomeno Coco Chanel nella sua interezza. La collezione parlerà e svelerà

tutti gli elementi che hanno contribuito a rendere Chanel un emblema d’eccellenza nel mondo della moda. La scelta del sito è stata dettata dal carattere più frizzante e in continuo cambiamento dell’Isola della Giudecca, simbolo della rivoluzione industriale della città di Venezia- e quindi specchio riflesso della personalità di Mademoiselle Coco Chanel nel mondo della moda- e da un’ analisi assiale di punti focali relativi alle architetture palladiane presenti a Venezia e della loro costruzione sull’acqua. La progettazione architettonica si è mossa nel completo rispetto della struttura e della storia del luogo, proponendo interventi che tendono a essere un coronamento della morfologia e della struttura urbana già esistenti. Il progetto di allestimento fin dalle prime fasi ha cercato di dialogare con il progetto curatoriale in un continuo gioco di rimandi con essa. L’apparente contraddizione tra l’effimero del mondo della moda e la permanenza di un’architettura così solida si risolve con un progetto museografico e di allestimento in grado di diventare luogo di scambio dinamico, senza essere uno spazio cristallizzato. Il progetto vuole comunicare quanto moda e architettura 2


siano due mondi solo apparentemente separati, che si coniugano nell’idea di forma, capaci di assumere caratteri simili nella percezione netta e precisa dell’immaginario dello spettatore mentre si caricano reciprocamente di notorietà di portata mondiale. La moda è architettura perché dà forma alle tendenze, le afferra e abilmente dà loro sostanza e tangibilità. È la moda a produrre la società, non né è il risultato. Sono in molti ad aver sostenuto questa tesi, tra cui voci autorevoli come il filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel e il francese Jean Baudrillard. Il fenomeno dinamico della moda e la disciplina dell’architettura parlano entrambi di identità personale, sociale e culturale

rispecchiando gli interessi della collettività e le aspirazioni del tempo. Entrambe afferrano il cambiamento dei luoghi e lo esibiscono per costruire un’immagine netta e precisa che si radica nell’immaginario dello spettatore e gli fanno assumere notorietà di portata mondiale. L’obiettivo del progetto è la costruzione di una narrazione stratigrafica tra architettura, allestimento e storia della Maison Chanel, capire le dinamiche del suo insediamento a Venezia, città sull’acqua, e capacità di assumere nel suo insieme e di restituire al pubblico i caratteri di un’immagine forte e altamente iconica, propria del marchio Chanel.

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La scelta di sviluppare il progetto della Fondazione Inside Chanel nell’Isola della Giudecca è avvenuta sia dopo un attento studio della città di Venezia, dal punto di vista storico e del suo sviluppo, dei suoi caratteri morfologici e urbani sia dopo uno studio sulla personalità di Coco Chanel, mente fondatrice della Maison, ripercorrendo e approfondendo il suo periodo veneziano – anni ’20 - e cercando di cogliere tutti gli aspetti della città che possono aver affascinato la stilista. I fattori determinanti la scelta sono molteplici.

SCELTA DEL SITO

1. Studio del tessuto urbano ( pieni e vuoti) e ricerca di un’area abbastanza cospicua. 2. Forte legame dell’Isola della Giudecca con il passato : artigianato e poi industrie tessili e di lavorazione del pellame. 3. Panorama sul Bacino di San Marco : i palazzi eleganti della Giudecca Nova . 4. Fervore artistico degli ultimi anni: nuova SoHo.

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1. Studio del tessuto urbano ( pieni e vuoti) e ricerca di un’area abbastanza cospicua.

San Polo

Partendo dall’analisi dei pieni e dei vuoti si nota subito che la densità è alta nei sestieri di San Polo e San Marco, più bassa con un grano più grande nelle ex-aree industriali che si sono sviluppate molto dalla metà dell’800 all’inizio del ‘900; il tessuto è meno fitto sulla Giudecca, a San Giorgio e nel sestiere di Castello, oppure più particolare all’Arsenale e ai giardini della Biennale. Rispetto alla città storica, molto densa, il Lido e le isole della Laguna Sud sono meno edificate e il grano diventa meno fitto. La Giudecca e alcune delle isole erano i veri e propri orti e frutteti di Venezia, mentre altre, dopo essere state più o meno autonome, furono adibite a degli usi specifici come le isole ospedaliere, il cimitero di San Michele o i conventi. Proprio per questa sua conformazione la Giudecca risultava avere spazi abbastanza grandi per ospitare il complesso della Fondazione.

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Alberoni

Giudecca

Arsenale

Industrie

Lido

Conventi

Isole

2. Forte legame dell’Isola della Giudecca con il passato : artigianato e poi industrie tessili e di lavorazione del pellame.

alle prime attività produttive ed a segnare le sorti della loro terra. Lavoravano le pelli trasformando così ben presto questa attività nell’attività della Giudecca e dando prova, con il loro operato, di un fervore industriale che esisteva da sempre. Dalla sua nascita dunque l’isola della Giudecca è stata sede di industrie produttive fino alla fine della seconda rivoluzione industriale con un apice produttivo durante il XIX secolo in cui divenne la tenuta industriale di Venezia, sede non solo dei cantieri navali e degli artigiani ma anche di alcune delle più grandi fabbriche dell’Italia nord-orientale, nonché di produttori di beni di lusso di nicchia come le opere tessili e lo showroom Fortuny.

L’origine etimologica del nome Giudecca, e ancora prima lo sviluppo dell’isola, sono da ricercare in quell’aspetto più tipicamente produttivo che le è proprio e che l’ha caratterizzata fin dalle sue origini. Non a caso il termine judeca potrebbe essere stato assunto nel 1254, come scrive Wladimiro Dorigo, proprio per denominare l’isola dall’arte de zudecar, cioè di conciare le pelli e il cuoio. Già a partire dall’ VIII secolo, orti e ortaglie dominavano incontrastati il paesaggio e lì, tra aree di selvaggio candore, gli abitanti cominciarono presto a dedicarsi

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3. Panorama sul Bacino di San Marco : i palazzi eleganti della Giudecca Nova . La parte centrale dell’isola, che fu culla dei primi insediamenti e delle prime attività locali, è da considerarsi la più antica (VIII secolo); si devono attendere invece ancora diversi anni prima che si delinei e prenda vita la Giudecca nova che comprende la Chiesa della Croce e si estende fino alla punta di San Giovanni a est. Questa parte aderisce perfettamente a quell’immagine artistica e storica che si amava dipingere di una città; non fabbriche ed edifici fatiscenti ma solo chiese, palazzi eleganti e monumenti. Molte nobili famiglie dunque si trasferirono attirate dalla vegetazione rigogliosa, e grazie alla pace che vi dimorava anche numerosi artisti, in cerca di ispirazione e tranquillità, si stabilirono qui per brevi periodi; un esempio è il grande Michelangelo che nel 1529 scelse la Giudecca per dimorarvi. Ancor oggi, in particolar modo il tratto orientale della fondamenta, o passeggiata del lungomare della Giudecca, è una sorta di fila di milionari; Elton John e David Furnish possiedono un appartamento qui, così come Miuccia Prada e Patrizio Bertelli. Ciò è dovuto al fatto che le Fondamenta San Giovanni sono da considerarsi un vero e proprio punto strategico in grado di offrire un panorama unico sulle bellezze della città di Venezia quali Punta della Dogana, Palazzo ducale, la Basilica e la Piazza sul Bacino di San Marco.

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4. Fervore artistico degli ultimi anni: nuova SoHo.

Alla luce di queste considerazioni, si denota la perdita dell’identità del luogo della punta orientale dell’Isola della Giudecca – meglio nota come Fondamenta di San Giovanni - ora adibita a Caserma e Squero della Guardia di Finanza, questo ci è sembrato il luogo adatto per la Fondazione Inside Chanel. Un tessuto urbano in grado di ospitare per dimensione e forma la Fondazione; una Giudecca ricca di un passato denso e sempre presente proprio come quello dell’orfana di Aubazine che è diventata la regina della moda di Parigi e del mondo intero ma il cui passato ha sempre continuato a riaffiorare per tutto il corso della sua vita; un punto strategico in grado di offrire un panorama unico sulle bellezze della città di Venezia che tanto avevano ispirato Mademoiselle: Palazzo ducale, la Basilica e la Piazza sul Bacino di San Marco; un contesto quale la nuova SoHo veneziana caratterizzata da case d’arte, ateliers, gallerie e spazi espositivi che conferiscono alla punta orientale della Giudecca un ambiente artistico effervescente con cui confrontarsi.

Poche porte più in là, in un ex laboratorio di cerali, l’artista figurativo britannico Geoffrey Humphries è venuto a dipingere nel 1966 e non se n’è mai andato. Lo studio di Humphries è un affascinante Bateau-Lavoir veneziano. Era un ostello per artisti quando arrivò qui, e sebbene lui ei suoi pennelli, tele, oggetti di scena, cappelli e famiglia occupino ora tutto lo spazio, si è conservato qualcosa dello spirito bohémien di quegli anni in cui la Giudecca era ancora considerata un luogo non per la sosta.

Fu solo nel ventesimo secolo che questa piccola striscia di paradiso cominciò a cambiare. Simbolo duraturo di questa trasformazione è l’enorme mulino di farina Molino Stucky, costruito nel 1895 dall’industriale svizzero Giovanni Stucky. Nei suoi primi anni ha impiegato 1.500 persone, ma il boom è stato breve e quando il Molino Stucky chiuse, nel 1955, l’immagine della Giudecca si oscurò. Piena di case popolari a basso costo e largamente lasciate allo sbando dalle autorità cittadine e dalle forze dell’ordine, è stata vista da molti come una specie di Bronx veneziana. Ma fortunatamente, quella che una volta era un Bronx con i canali d’acqua ora può essere definita più come una SoHo veneziana: un fiorente villaggio artistico in cui atelier si alternano a gallerie e spazi espositivi. Fu qui che l’artista Mario de Maria, che si faceva chiamare Marius Pictor, costruì una delle più stravaganti residenze private del XX secolo della città. Un divertissement in stile liberty, divenne presto noto come la Casa dei Tre Oci. Per anni, oltre ad essere la residenza della famiglia De Maria, era una casa aperta per artisti in visita e musicisti. Dal 2012, sotto gli auspici della Fondazione di Venezia, Tre Oci è diventato l’unico spazio pubblico di Venezia dedicato all’arte della fotografia e con mostre di grandi fotografi, Tre Oci attira il tipo di visitatore - più di 100.000 in tre anni - che sta cambiando l’immagine della Giudecca. 13

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Masterplan stato di fatto


La Chiesa di San Giovanni Battista appariva per tempio, per grandezza, per chiostri, per orti, e per molte altre abitazioni assai nobile. Jacopo Sansovino

AREA DI PROGETTO

Dove ora vediamo un cantiere navale e la caserma della Guardia di Finanza, di fronte a San Giorgio, sorgeva la chiesa di San Giovanni Battista che era protetta da mura a merli e da torri, che si credono il residuo di un antico castello o forte, a difesa del palazzo ducale e della città. La chiesa fu costruita tra il 1339 e il 1344, per volontà di Bonacorso Moriconi. Egli dispose i suoi averi affinchè, oltre alla Chiesa per San Giovanni Battista, fosse predisposto anche, accanto ad essa, un Monastero di Monaci Camaldolesi in dipendenza dal priore di San Mattia di Murano. Volendo poi, a questa opera di religione, aggiungerne altra di misericordia, prescrisse, che “contiguo alla chiesa istituir si dovesse sotto lʼinvocazione di San Francesco un ospedale, dove potessero esser ricoverati, e mantenuti venti poveri.” Nel 1511 fu rinnovata la cappella maggiore le cui vedute Settecentesche la mostravano ancora in stile gotico. La floridezza del convento durò fino al tardo Seicento quando cominciò il declino fino alla soppressione voluta dalla Serenissima nel 1767. Infine il convento venne messo in vendita nel 1774, mentre la chiesa continuò a funzionare fino allʼarrivo dei napoleonici. La chiesa di San Giovanni Battista, abbandonata nel 1808, subì - fin dai primi anni

dellʼottocento - alcune trasformazioni funzionali dovute allʼattivazione del punto franco allʼisola di San Giorgio Maggiore; lʼintera isola della Giudecca fu così investita da tutta una serie di iniziative in rapporto al funzionamento del porto. Napoleone avrebbe voluto trasformare lʼintera punta della Giudecca in giardino pubblico, realizzando così la “Passeggiata alla Giudecca”, poiché la sua ubicazione domina splendidamente tutto il bacino di San Marco. Il progetto però fu realizzato soltanto per quanto concerne lʼintervento demolitore, mentre nulla si fece per adattare lʼedificio, che rimase con l’uso richiesto dai generali dellʼepoca: un edificio osservatorio per il movimento delle truppe. Nel 1892 lʼarea, sempre di proprietà del demanio, fu affittata per un periodo di ventʼanni alla Società Veneta di Navigazione a Vapore Lagunare, che realizzerà una serie di scali e procederà alla trasformazione di quanto rimaneva di storico in officine e depositi per imbarcazioni. Agli inizi del XX secolo probabilmente iniziarono le demolizioni e dietro l’ ex abside l’ampia area libera, inizialmente adibita a squero, venne poi occupata dalla Caserma della Guardia di Finanza Tommaso Mocenigo. 18


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RILIEVO FOTOGRAFICO 1 2

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Rilievo fotografico dell’area di Progetto.

Demolizioni

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Estratto VPGT - Piano regolatore generale per la cittĂ antica di Venezia del 17|12|1962 con ultimo aggiornamento 9 | 11| 1999

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Planivolumetrico stato di fatto


Lo studio approfondito dell’urbanesimo veneziano orientato all’acqua, mira a mostrare come il sistema urbanistico, in tutte le sue dimensioni sociali, politiche, religiose e culturali, poteva guidare la costruzione di architetture fronte acqua, palazzo dopo palazzo. Daniel Savoy

PRINCIPI COMPOSITIVI

Come ben spiegato nel capitolo Venezia e le scenografie orientate sull ‘acqua - L’innesto de Il Redentore, del primo volume, il collocamento de Il Redentore del Palladio in relazione alla Piazzetta di San Marco fu così calcolato in modo tale che, se si usa l’angolo sudorientale del Palazzo Flangini Fini come punto di mezzo di un cerchio teorico , il cui raggio sia uguale alla distanza a San Giorgio, si vede che Il Redentore venne situato sull’unico possibile pezzo di terra che fosse sia sulla circonferenza del cerchio ( e conseguentemente teoricamente armonioso con San Giorgio) sia visibile dalla Piazzetta. Ancora, dunque può essere stato l’uso cerimoniale della baia che incoraggiò questa coordinazione. Alla luce di queste considerazioni ci è sembrato doveroso, vista l’ubicazione della nostra area su questo cerchio teorico, approfondire il concetto espresso da Palladio e studiare le dinamiche con cui aveva rapportato i propri edifici al fronte acqueo. Un altro tema fondamentale da noi indagato è stato, come Palladio ed i suoi patroni certamente sapevano, quello di giocare sulla teatralità della baia, ovvero partecipare ad una tradizione mitologica veneziana mol-

to antica di imprimere un significato cosmologico a quello spazio. Mentre disegnava San Giorgio, allora, Palladio stava pensando alla teatralità della baia e come quella caratteristica del luogo potesse essere accresciuta ed esaltata attraverso l’architettura; per questo motivo anche il nostro progetto non poteva esimersi, in particolar modo nello studio del prospetto principale, dall’analisi e dall’applicazione di queste teorie progettuali.

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Giace Venezia ancora dinanzi ai nostri sguardi come era nel periodo finale della sua decadenza: un fantasma sulle sabbie del mare, così debole, così silenziosa, così spoglia di tutto all’infuori della sua bellezza che qualche volta quando ammiriamo il suo languido riflesso nella laguna rimaniamo incerti quale sia la città e quale l’ombra. John Ruskin

Il secondo tema con cui ci siamo relazionate, in seguito alla scelta e all’analisi del sito, è stato quello di ridefinire la morfologia e la conformazione della punta nord orientale della Giudecca. Per affrontare questo tema abbiamo esaminato dei casi studio di isole fluviali caratterizzate da una simile struttura. In particolar modo gli esempi che più ci hanno dato motivo di riflessione sono stati: Punta della Dogana a Venezia, Museuminsel e il Bode Museum a Berlino, Roosvelt Island a New York, L’Ile de la Cité a Parigi.

Palazzo Flangini Fini. Chiesa del Redentore | A. Palladio | 1577. Fondamenta di San Giovanni alla Giudecca - Area di progetto. Chiesa di San Giorgio Maggiore, A. Palladio, 1566. Punta della Dogana, 1676.

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Punta della Dogana T. Ando Venezia | 2009

Bode Museum E. Von Ihne Berlino | 1904

Roosvelt Island L. Kahn New York | 1972

Ile de la Cité Parigi

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Data la conformazione del nostro sito e in seguito agli esempi esaminati ci è sembrato opportuno da un lato marcare tramite un edificio, la forma geografica triangolare esistente dell’isola, dall’altro aprire la punta verso la città di Venezia storica e il bacino di San Marco. A fondamento della primo punto abbiamo sia una motivazione storica, infatti dall’ incisione di Jacopo De’ Barbari del 1500 abbiamo visione della forma planimetrica del monastero benedettino che con alte mura cingeva e disegnava la forma dell’isola, sia degli esempi dei casi urbani prima citati: l’edificio della Dogana a Venezia, per esempio, ha una bella pianta triangolare, che segue la morfologia delle rive del Canale della Giudecca e del Canal Grande, ed è caratterizzato, sul lato prospiciente il Bacino San Marco, dalla presenza di una torre. Per quanto riguarda il secondo assunto progettuale invece, legandoci anche alla teoria della teatralità del Bacino, ci è sembrato doveroso aprire la costruzione della Fondazione verso il Canale della Giudecca e la città tutta di Venezia, sia per sottolineare il carattere pubblico del nostro progetto sia per render giustizia a quel panorama che tanto aveva inspirato Mademoiselle Chanel durante il suo soggiorno veneziano. Per coniugare questi due modus operandi che possono risultare di primo acchito quasi un ossimoro abbiamo utilizzato un elemento tipico della tradizione veneziana: il portego composto da arcate.

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Città modernissima, con la sua rete di calli, ponti e vie d’acqua, dotata di una razionalità propria nonostante una sintassi antigeometrica, antiprospettica e anche grazie a un certo linguaggio composto [ ... ] di una geometria provvisoria e speciosa che moltiplica, intreccia, decompone e ricostruisce [ ... ].”

Campiello

Corte

Sergio Bettini Come abbiamo visto, gli elementi costitutivi fondamentali dell’organismo urbano sono le insule. Quando le insule si formano, con qualche analogia con le cellule di un tessuto organico, crescono colmando progressivamente gli spazi che le separano le une dalle altre, fino a ridurli ai canali così come oggi si presentano. L’organizzazione urbana all’interno delle insule avviene secondo pochi modelli ripetutamente seguiti in tutta la città: l’edilizia tende per lo più a disporsi con un andamento a pettine rispetto al bordo dei canali, e così, in rapporto alla forma e alla dimensione delle diverse insule, si assiste alla costituzione di tessuti più o meno regolari, percorsi da calli interne parallele ai canali o affacciati su spazi aperti di maggior dimensione, denominati campi. Come accade per i canali, gli spazi aperti si dispongono nella città secondo una loro logica gerarchica. E ci è d’aiuto la toponomastica, che li distingue in campi, campielli e corti, in rapporto diretto con la dimensione e le funzioni ospitate: che sono massimamente pubbliche nei campi, e di tipo semi-privato nelle corti, quasi come una sorta di prolungamento

esterno dell’abitazione. Vi è qui un integrazione profonda fra spazio pubblico e spazio, che non si ritrova in alcun altra città: l’abitazione si prolunga nella corte, nel campo e nella calle, spesso vi si apre direttamente, e qui si svolgono funzioni e operazioni che altrove sono ristrette all’interno dei muri domestici. Questo concetto è alla base dell’organigramma del nostro progetto: fra i due ambiti, così rigidamente separati nelle altre città, qui non v’è diaframma; e lo stesso accade per le attività artigianali e commerciali, perché nulla vieta che lo spazio collettivo del campo o della fondamenta venga usato per depositarvi oggetti e materiali, e svolgervi operazioni che ciascuno potrà osservare transitandovi.

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Campo

Andamento a pettine


La città di Venezia è stata costruita a mo’ d’imbarcazione, perchè fosse adatta al mare , [...] ma soprattutto a forma di fondaco. Peter Ackroyd

Vi sono due ordini di lettura del progetto; la prima è la giacitura della fondazione: cioè il suo orientamento, l’andamento dei corpi di fabbrica, la direzione delle visuali, i ritmi e le misure; la seconda relativa alla sua figura architettonica in senso generale: il carattere dell’edificio, le relazioni che stabilisce, la sua riconoscibilità, l’immagine che offre di sé e l’immagine che intende evocare. Naturalmente sia per l’una che per l’altra di queste direzioni il lavoro di progetto ha dovuto inevitabilmente fare i conti con la città, la sua architettura, l’ unico di Venezia. Riguardo al primo punto e all’ordine di questioni che solleva, si pensa di far assumere ai corpi di fabbrica che compongono la Fondazione Inside Chanel la stessa giacitura dei vicini Granai della Repubblica. In pratica il nuovo complesso edilizio dovrà svilupparsi per linee parallele al muro di confine sud dei Granai, inglobando nella sua maglia strutturale l’attuale Caserma della Guardia di Finanza Tommaso Mocenigo, riprendendo lo stesso principio compositivo della Mezquita di Cordoba del 785 d.C. In tal modo la trama regolare di questa parte individuata della Giudecca, saldata a quella del nostro intervento, potrà, per così dire, ridefinire gli spazi della testata, come un

pezzo della città che penetra e definisce la punta est dell’ Isola della Giudecca. Alla luce di queste prime considerazioni, se guardiamo ora il secondo punto, quello relativo alla figura complessiva dell’edificio ed al suo carattere, ci rendiamo subito conto del fatto che qui il rapporto con la città diventa ancor più generale e coinvolgente. Del resto, non è certo Venezia un luogo avaro di esempi in grado di farci intendere il senso, ma anche i modi e le tecniche, delle risposte date nel tempo a problemi pratici e di figurazione molto vicini a quelli che c’interessano qui.Basti pensare ad esempio alle condizioni planimetriche del nostro edificio, al rapporto con l’acqua e poi alle leggi stesse costitutive e costruttive di questa città, ai caratteri degli edifici, alle loro misure e agli spazi che li dividono. In particolar modo ci è stato fondamentale lo studio di quell’episodio centrale dell’edificazione urbana che è la casa fondaco, al suo impianto senza incertezze che passa invariato nel palazzo (da Ca’ da Mosto a palazzo Manin ad esempio) alla disposizione tripartita, al fronte ripetitivo, alle forme ad L ed a U degli esempi che includono la corte. Basti pensare ai principali obiettivi pratici del nostro edificio, alla sua prevalente 37

destinazione come spazio espositivo. E’ difficile qui non ricorrere ai tanti esempi di case fondaco, al disegno lineare del loro impianto che va dritto allo scopo, a quella figura senza complicazioni, giusta e perciò ripetuta nel tempo, alla scala in linea che unisce le due sale sovrapposte, alle visuali che quella scala introduce. Se poi guardiamo il nostro edificio non solo come spazio espositivo ma più in generale come luogo pubblico, come luogo d’incontro - gli spazi come luoghi di eventi - di nuovo si presenta inevitabile la figura delle grandi case sull’acqua. Da questo riferimento viene anche la scelta della luce che scende dall’alto nelle sale, o frontale dal loggiato. Se pensiamo ad esempio anche agli altri compiti che anche spettano alla Fondazione, ovvero al fatto che è destinata a conservare e a custodire le opere, gli abiti e le testimonianze della Maison Chanel, e che gli spazi destinati a tale scopo sono la parte rilevante dell’insieme, allora ci vengono in mente altri edifici quali i magazzini, i granai, i fondaci pubblici, ecc., quegli edifici sempre uguali nel tempo che questa città di palazzi, di chiese e di monumenti non ha mai rinunciato a includere nei suoi luoghi più rappresentativi e ufficiali. In particolar modo i magazzini del Sale o del fondaco del Megio, che ancora possiamo vedere, ma anche di altri edifici che conosciamo solo dai disegni o dalle vedute, così simili fra loro per la comune idea costruttiva e per la loro struttura utilitaria ripetuta per addizione e per necessità. Perché quasi sempre si tratta di edifici costituiti da una, struttura base che si ri-

pete, mentre spesso i fronti, come muri di confine, seguono le linee incuranti del catasto. Edifici a più navate, come appunto i magazzini del Sale, o a blocchi affiancati, come i bellissimi granai di Terranova che si trovavano a fianco della Zecca, gli antichi granai di Terranova intravisti nella pianta del De’ Barbari o attraverso l’obiettivo della macchina ottica del Canaletto, il rettangolo liscio e svettante come un grande frontespizio della loro facciata di mattoni. La giacitura dei Granai della Repubblica a orditura regolare e passo costante è la stessa maglia da noi ripetuta nel progetto; nel fissarne il passo dei corpi edilizi, cioè le dimensioni trasversali e i distacchi, abbiamo tenuto conto delle misure dell’orditura e del passo che hanno prodotto il disegno dei volumi. In realtà, così come in tutti gli edifici veneziani, anche nel nostro progetto il fronte verso il canale viene per primo: è l’elemento generatore dei blocchi edilizi, del loro impianto, della loro forma, del loro verso e anche delle misure che governano la loro progressione. E cosi, alla fine, la fitta successione dei corpi di fabbrica caratterizzati dai tetti a falda tipici dei magazzini e da un prospetto con doppio portico ad archi condurrà ad uno spazio cupolato in testata, che con la sua funzione di faro, di highlite, delinea, specchiandosi nel Bacino di San Marco, in maniera forte e presente, la voce di questa Isola dal passato glorioso e al contempo la storia di uno dei brand di Alta Moda più importanti dell’ultimo secolo. 38


RIFERIMENTI TEMATICI ED ARCHITETTONICI

IDENTITÀ E SUGGESTIONE

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RICONOSCIBILITÀ E MODULARITÀ

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RIGORE E MONUMENTALITÀ

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SPERIMENTALITÀ E TRADIZIONE

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RIDISEGNO DEI CONFINI

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ORIGINALITÀ DELLA REGOLA

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FORMA E MATERIALI

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IL PROGETTO

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Planivolumetrico di progetto


Pianta piano terra


Pianta piano superiore


Sezione trasversale


Sezione trasversale sulla corte


Prospetto dal Bacino di San Marco


Prospetto dal Canale di San Giorgio


Le sac, les bijoux, les chaussure, le camélia, les boutons, les chaînes, tout est là. Karl Lagerfeld

L’ALLESTIMENTO

gettuale anche attraverso diversi tipi di pavimentazione - graniglia, mosaico e piastrelle logate appositamente disegnate - che permettono di percepire i cambiamenti di spazio e di tema.I materiali scelti sono in continuità con la tradizione costruttiva veneziana seppur rivisitati in chiave più moderna. Gli abiti e i materiali esposti, sono suddivisi per macro - tema e si trovano sempre in spazi allestiti per far comprendere al meglio le suggestioni e l’utilizzo degli elementi stessi all’interno del mondo Chanel e per sottolinearne la sua brand identity ovvero l’insieme di elementi espressivi utilizzati dall’azienda per veicolare le credenziali di una marca. Per essere compresa, condivisa e riconosciuta una marca deve avere un’identità composta di contenuti peculiari che una volta definiti verranno comunicati dall’azienda attraverso i vari strumenti di comunicazione al pubblico. La storia dell’azienda, i suoi cambiamenti nel tempo, la sua credibilità e il ruolo nei confronti dei consumatori sono i tratti salienti che definiscono la cultura della marca.

Lo studio dei principali musei e delle mostre relative al campo della moda e degli accessori nel mondo ci ha permesso di costruire l’intero sistema allestitivo. L’osservazione degli esempi più prestigiosi di allestimenti dedicati alla moda, tra i quali ricordiamo, il Museo Gucci, l’ Armani Silos, il Museo del Tessuto di Prato e delle mostre temporanee quali Mademoiselle Privé (Shangai) , Christian Dior Designer of Dreams (V&A Museum - Londra), The Little Black Dress ( MET- New York), ci ha permesso di capire che la nostra Fondazione non poteva limitarsi ad essere un contenitore di vestiti, ma che avrebbe voluto diventare un reale strumento per capire, educare e far immergere il visitatore nel complesso e variegato Mondo Chanel. Insieme agli interventi architettonici è stato pesato il programma dell’allestimento museale. Di volta in volta i dispositivi atti a mostrare le opere sono stati pensati sia per valorizzare lo spazio architettonico esistente, sia per ospitare i documenti, gli abiti, gli accessori e gli oggetti di cui si compone la collezione creando un percorso dinamico e fluido che posssa rendere l’esperienza piacevole per il visitatore. Il percorso è sottolineato a livello pro64


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Pianta piano terra 65

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Pianta piano sopraelevato 66


1. L’ambiente specchiato.

3. Il Tweed.

2. I gioielli Haute Couture.

4. La Rivoluzione firmata Coco Chanel. 67

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5. I Diamanti.

7. Il Portale.

6.Il Paradosso di Coco Chanel.

8. Lo scalone di rappresentanza. 69

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9. Omaggio a Venezia.

11. Le Camelie.

10. Gli abiti da sposa Haute Couture.

12. The Little Black Dress. 71

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13. Padiglione dei bozzetti.

15. Padiglione Profumo N° 5.

14. Le perle.

16. Le piume.

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17. L’appartamento 31 Rue Cambon

19. Abiti e pannelli Coromandel.

18. Omaggio a Venezia. 75

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Sezione longitudinale


Dettaglio allestitivo Omaggio a Venezia


Dettaglio allestitivo della Cupola


Bibliografia

A.A.V.V., Culture Chanel: la donna che legge, Catalogo della mostra che si è tenuta presso Ca’ Pesaro - Venezia dal 17 settembre 2016 al 8 gennaio 2017. Basso Peressut L., Caliari P.F., Architettura per l’archeologia. Museografia e allestimento, Prospettive edizioni, Milano, 2014. Caliari P.F., La forma dell’effimero. Tra allestimento e architettura, compresenze di codici e sovrapposizione di tessiture, Lybra Editrice, Milano, 2000 Caliari P.F., Museografia. Teoria Estetica e Metodologia didattica, Alinea, Firenze 2003

REFERENZE BIBLIOGRAFICHE

Marchetti L. , Segre Reinach S., Exhibit! La moda esposta: lo spazio della mostra e lo spazio della marca, Mondadori, Milano 2017.

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