Art direction e realizzazione

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AMBIENTARSI

Trimestrale d’Informazione Ambientale Anno I Numero 4 Dicembre 2010 - www.ambientarsi.net Iscrizione al tribunale di Roma N. 95/2010 del 16/03/2010 ISSN 2039-1137

Direttore Responsabile Alessandra Lombardi Direttore editoriale Amodio Di Luccio Capo redattore Sergio Ferraris Editore ADL Publishing Srl Art director Alessandra Pidò Progetto grafico ADL Group Srl Stampa Grafiche San Benedetto Srl Contatti Via R. R. Garibaldi, 119 00144 Roma T. +39 06 92918060 F. +39 0692911651 email: redazione@ambientarsi.net Redazione: Roberto Ballarotto, Claudia Bettiol, Pietro Cambi, Giuseppina Crisci, Alessandro Drago, Carla Gentili, Giuseppe Langella, Simone Malacrida, Alessandro Ribaldi, Alessandra Tomeo, Alessandra Tosato, Luca Vecchiato Le opinioni contenute negli articoli di Ambientarsi sono da ascriversi ai singoli autori e non rappresentano necessariamente la linea della Redazione. © Copyright Tutti i diritti di riproduzione o di traduzione degli articoli pubblicati sono riservati. Manoscritti, disegni e fotografie sono di proprietà dell’editore. È vietata la riproduzione anche parziale degli articoli salvo espressa autorizzazione scritta dell’editore. I contenuti pubblicitari sono riportati senza responsabilità, a puro titolo informativo. GARANZIA DI RISERVATEZZA L’editore garantisce il rispetto del principio di riservatezza nel trattamento dei dati forniti dagli abbonati. Ai sensi degli artt. 7,8,9 Dlgs 196/2003 gli interessati possono in ogni momento esercitare i loro diritti rivolgendosi a: ADL Publishing Srl all’indirizzo e-mail abbonamenti@ambientarsi.net

Sommario Il futuro dell’energia

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L’ambientalismo è liquido

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Oltre ogni paradigma

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La buona energia per il Sud

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Il Sole nel tempo

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di Simone Malacrida Prospettive

di Alberto Busetto e Luca Vecchiato Pensiero di Alessandro Drago Politiche di Sergio Ferraris Protagonisti

- Fotovoltaico per sempre di Domenico Coiante - Fotoni sostenibili di Pietro Cambi - La doppia vita del silicio di Amodio Di Luccio

La sostenibile leggerezza del Bambù

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Lo faccio prefabbricato

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Il credito del Sole

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Economie energetiche

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Efficienza al cubo

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di Barbara Sembianti Materiali di Sara Di Micco Tecnologie

di Amodio Di Luccio Economia

di Simone Malacrida Scenari di Amodio Di Luccio Tecnologie

Rubriche FLASH NEWS di Alessandra Tomeo

Per abbonarsi Modalità di pagamento - Bonifico bancario intestato a ADL Publishing Srl IBAN: IT 58 W 05308 03202 0000 00000 391 - Assegno non trasferibile intestato a ADL Publishing Srl da inviare presso ADL Group Srl ufficio abbonamenti Ambientarsi Via Cesario Console, 3 80132 Napoli Contatti T. +39 06 92918060 - F. +39 06 9291 1594 abbonamenti@ambientarsi.net

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L’OPINIONE di Virginia Gangemi

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LA PAROLA AL LETTORE

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APPUNTAMENTI a cura della redazione

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NEWS DALL’EUROPA di Carla Gentili

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NEWS AZIENDE di Alessandra Lombardi

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IL RECENSORE di Carla Gentili

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Stampata su carta ecologica senza contenuto di cloro

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a cura della redazione

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L’editoriale di Sergio Ferraris

Giacimento nascosto, mercato bloccato

È

un panorama asfittico e tentennante quello che caratterizza l’Italia in questo ultimo scorcio del 2010. Da un lato assistiamo a un attacco mediatico alle rinnovabili più mature, come eolico e fotovoltaico, dall’altro, in maniera tutt’altro che chiara si sta nuovamente premendo sul nucleare, mentre su quello che è il vero giacimento energetico italiano, l’efficienza energetica, nessuno sembra crederci veramente. Eppure le potenzialità per un’accelerazione sul fronte dell’efficienza energetica negli usi finali nel nostro Paese ci sono tutti. Il tessuto fatto di Pmi italiano è l’humus ideale per sviluppare queste tecnologie che sono facilmente accessibili, necessitano della classica inventiva nostrana, consentono di posizionarsi al meglio nei mercati internazionali ad alto valore aggiunto e permettono sia l’innovazione di prodotto, sia quella di filiera, consentendo di far fronte in maniera efficace alla crisi. Cosa manca dunque per far spiccare il volo all’efficienza energetica? Sostanzialmente due cose. La scarsa capacità della politica e delle Pmi di fare sistema e la completa assenza di una volontà di alcuni attori determinanti di formare quello “zoccolo duro interno” per dare solide basi al mercato, come si è fatto per decenni con il settore dell’auto. In Italia, per esempio, si costruisce molto, forse troppo, eppure gli esempi di edilizia sostenibile si contano sulle dita di una mano e non riescono ad attecchire, nonostante dimostrino delle punte d’eccellenza di livello internazionale. Eppure gli esempi ci sono. Oggi è decisamente complicato trovare un infisso che non garantisca alte caratteristiche d’isolamento termico e acustico e que-

sto risultato è essenzialmente dovuto agli incentivi del 55% e alla comunicazione che si è fatta sull’argomento. Purtroppo su altri aspetti legati al 55% non si sono ottenuti gli stessi risultati sia perché gli interventi sono più complessi, sia perché la valorizzazione degli stessi non è ancora oggi evidente. Il mercato immobiliare, infatti, è decisamente fermo nel recepire il valore degli investimenti per migliorare l’efficienza energetica degli immobili, impedendo a chi vende e anche a chi acquista una scelta consapevole che consenta di valorizzare questi aspetti. È un’arretratezza che difende interessi di retroguardia e di basso livello, per i quali è meglio avere un mercato livellato e uniforme verso il basso, anziché sviluppare le punte d’eccellenza dello stesso. In pratica il mercato immobiliare vuole continuare a piazzare, a prezzi alti, immobili che se valutati e messi in concorrenza con quelli efficienti, sicuramente sarebbero penalizzati. Ma quanto costa al Paese questa scelta? Molto. Prima di tutto costa sul fronte delle emissioni di CO2, sui consumi domestici delle famiglie e del terziario ma, soprattutto, costa a tutte le Pmi. Si pensi a quelle legate al settore dell’edilizia, che non riescono a sviluppare prodotti per l’edilizia efficiente, per l’impiantistica a basso consumo, arrancando così sui mercati internazionali. Si tratta, inoltre, di capitali, di addetti, di ricercatori, di impiantisti, di interi settori che, per questo tappo, non possono spiccare il volo come potrebbero. Eppure un piccolo-grande provvedimento era stato preso per iniziare a sbloccare tutto ciò: l’obbligatorietà della certificazione energetica degli immobili negli atti di compravendita. Un provvedimento a costo zero per lo Stato ma che è stato giudicato dall’attuale esecutivo come un balzello insopportabile e non come una leva di mercato. Il liberismo con le regole, in stile statunitense, qui da noi non ha ancora attecchito.

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Chi siamo Alessandra Lombardi Direttore responsabile, biologa, giornalista dal 1995. Ha lavorato con Greenpeace, Legambiente, ministero dell’Ambiente, Cobat, Federparchi. Lavora con Ansa Ecoenergia. Sergio Ferraris Capo redattore, giornalista scientificoambientale, direttore responsabile “QualEnergia” e di “QualEnergia.it” responsabile della sezione energia di “La Nuova Ecologia”. Amodio Di Luccio Imprenditore, direttore editoriale di Ambientarsi, presidente di Unione Imprese Solari, brand manager del marchio Energy Professional Network. Alessandro Drago Sociologo con Master in Diritto Ambientale. Project manager nella Programmazione Comunitaria per l’inclusione sociale, l’urbanistica, l’ambiente e la sostenibilità energetica.

Alessandra Tomeo Esperta di comunicazione sociale e ambientale. Lavora nell’Area Comunicazione ed Eventi di Sviluppo Lazio. Luca Vecchiato Ingegnere chimico a Padova. Ha lavorato per AgipPetroli, ENI, Ekipo. Nel 2003 ha fondato l’Ethan Group, la realtà industriale più giovane e dinamica dell’ecologia veneta. Pietro Cambi Ingegnere ambientale, geologo. Si occupa di sostenibilità e tecnologie innovative per rinnovabili e per la mobilità . E’ presidente di Eurozev, amministratore di Alterenergy e membro di Aspo Italia. Domenico Coiante Fisico, ex dirigente Enea, consulente e autore di testi sulle fonti rinnovabili. Di recente ha collaborato con il Dipartimento di Fisica della Sapienza.

Carla Gentili Esperta nel settore dei programmi di finanziamento comunitari e delle attività internazionali con particolare attenzione alle tematiche dello Sviluppo Sostenibile.

Alberto Busetto Laureato in scienze politiche, uno dei fondatori del gruppo Ethan. Attento alle dinamiche organizzative, comunicative e socio-culturali, mette in campo la sua esperienza nel settore pubblico e privato. Vive e lavora a Mestre.

Simone Malacrida Vicepresidente Associazione Italiana per la Ricerca Ingegnere elettronico da 4 anni si occupa di progettazione di impianti industriali, in particolare legati al settore energetico.

Sara Di Micco Architetto, dottore di ricerca in Tecnologia dell’Architettura. Si occupa di progettazione ecosostenibile ed è autrice di pubblicazioni scientifiche sul tema della casa ecologica prefabbricata.

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Flash news dal mondo CO2 a pranzo Due tonnellate è la quantità di CO2 che in un anno ogni persona nel mondo emette approssimativamente per mangiare. In totale queste emissioni rappresentano oltre il 20% di quelle totali di un anno. A calcolarlo è stata l’università di Almeria in uno studio pubblicato sulla rivista “The International Journal of Life Cycle”. I ricercatori spagnoli hanno stimato l’impatto ambientale della dieta spagnola. «Il cibo in Spagna - spiega Ivan Munoz, autore dello studio - produce emissioni per circa 2 tonnellate di CO2 all’anno e consuma 20 GJ di energia primaria. Nella ricerca si è analizzata la relazione tra la catena di produzione e consumo alimentare, il riscaldamento globale, l’acidificazione e l’eccesso di nutrienti nell’ambiente, prendendo a riferimento quanto ogni spagnolo ha mangiato nel 2005, cioè 881 kg, includendo anche la produzione agricola

Sole al 60% Due italiani su tre sono per il solare (66%) mentre praticamente l’80% considera quella del Sole l’energia del futuro seguita da quella eolica (28%). Resta stabile, al di sotto del 20% (18%), la propensione per il nucleare. Questi alcuni dei dati contenuti nel terzo rapporto sul solare condotto da Ipr per conto della Fondazione Univerde presieduta dall’ex ministro dell’ Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio. Il rapporto fotografa un Paese sempre più convinto della necessità delle energie pulite. In particolare, sul favore riscosso dal solare per il proprio fabbisogno energetico, rispetto al primo rapporto del 2009, quando gli italiani erano il 54%, si registra un aumento del 12%, che porta al 66% la percentuale di chi prende in considerazione il ricorso ai pannelli fotovoltaici. I più propen-

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a cura di Alessandra Tomeo e animale, il processo industriale, la vendita, la distribuzione, la preparazione e cottura casalinga, il trattamento dei rifiuti solidi e gli escrementi umani». Secondo lo studio, la produzione di cibo dagli animali, come la carne, ha un grande impatto. L’agricoltura, l’allevamento, la pesca e l’industria alimentare sono una grande fonte di anidride carbonica e inquinamento dell’acqua, così come anche gli escrementi umani, che contribuiscono all’inquinamento delle acque con azoto e fosforo stimolando la crescita di alghe e facendo calare il livello di ossigeno. «Anche se alcuni di questi effetti, - conclude Munoz - sono minimizzati dai processi di purificazione svolti prima che le acque di scarico siano riversate su fiumi e coste. Circa le emissioni, gli escrementi umani hanno un effetto nullo sul riscaldamento globale se sono compensati dalla fissazione del carbonio nella fotosintesi». si risultano essere nell’ordine gli adulti tra i 35 e i 54 anni (76%), i residenti del Centro d’Italia (75%) e in pari misura (69%), le donne e i residenti del Sud. In ogni caso, è opinione ormai praticamente unanime (90%, +6%) la necessità, da parte del Governo, di maggiori incentivi e, allo stesso tempo, cresce fino a sfiorare ormai la maggioranza assoluta degli italiani (48%, +4% rispetto alla scorsa rilevazione) la conoscenza della possibilità di usufruire di incentivi per l’installazione dei pannelli fotovoltaici. La maggioranza degli italiani è anche convinta della necessità di un futuro energetico puntato sulle fonti rinnovabili: se al primo posto si conferma la preferenza per il solare (79%, stabile rispetto alle precedenti rilevazioni), seguita dalla eolica (28%, +3 rispetto alla scorsa rilevazione), resta stabile al di sotto del 20% (18%) la propensione per il nucleare.

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Efficienza bianca

Vento del Sud

Arriva anche ad alta quota il risparmio energetico. La Regione Emilia-Romagna finanzia con 40 mila euro, pari all’80% del costo complessivo, un progetto presentato da “Unione di Prodotto Appennino e Verde” per realizzare uno studio volto a ridurre i consumi energetici e incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili per la gestione sostenibile degli impianti sciistici dell’Emilia-Romagna. «In questi anni- sottolinea l’assessore regionale ad Attività produttive e Piano energetico, Gian Carlo Muzzarelli- le stazioni invernali hanno sostenuto investimenti importanti, con importanti contributi regionali, per qualificarsi ed essere più sicure ed efficienti. Ci sono ancora sfide aperte per assicurare lavoro e crescita sostenibile, valorizzazione degli operatori dell’artigianato, turismo delle quattro stagioni: tra queste sfide, la questione energetica». Muzzarelli spiega che: « c’è un elevato fabbisogno per l’energia elettrica e i carburanti, che al comparto regionale costa complessivamente 1,5 milioni di euro all’anno. Grazie alla buona intuizione dello studio proposto dall’Unione di Prodotto Appennino e Verde si può puntare a obiettivi di efficientamento, risparmio e produzione di energia da fonti rinnovabili anche a beneficio delle stazioni sciistiche appenniniche».

In Italia il numero maggiore di installazioni di parchi eolici è presente nel Meridione con Puglia, Campania e Sicilia che insieme rappresentano nel 2009 circa il 60 per cento del totale nazionale. In ascesa il numero di impianti della Calabria che passa dal 2,9% del 2008 al 4,4% del 2009. Relativamente alla potenza degli impianti eolici, la Puglia detiene il primato con 23,5 per cento, seguita dalla Sicilia con 23,4 per cento. Le regioni meridionali rappresentano oltre il 98% del totale nazionale, con un balzo in avanti della Calabria che rispetto al 2008 ha più che raddoppiato la potenza installata. Sicilia e Sardegna assieme costituiscono circa il 36% del totale nazionale. Quanto alla produzione eolica, presenta valori molto elevati al Sud e la Puglia detiene il primato di produzione superando quota 25,8% e insieme alla Sicilia totalizza quasi il 50% di produzione eolica in Italia. La Campania e la Sardegna seguono, con quote rispettivamente del 18,0% e del 10,9%. Sempre in evidenza il valore percentuale di produzione della Calabria che è quasi triplicato rispetto a quello del 2008. Il contributo maggiore alla crescita dell’11% della potenza installata in Italia nel 2009 deriva dalla fonte eolica: nell’ultimo anno sono stati installati circa 1.360 MW addizionali.

Energia d’oriente

e alla ratifica da parte turca dell’Accordo Intergovernativo sull’ITGI del 2007. L’Ambasciatore Scarante ha anche menzionato l’interesse delle aziende italiane nei confronti delle potenzialità offerte dalle energie rinnovabili, in particolare nel settore eolico e dell’energia geotermica. Il ministro Yildiz al riguardo ha affermato di essere consapevole dell’importanza di un quadro normativo appropriato ed incentivante per le fonti di energia rinnovabile e di seguire con attenzione l’iter di approvazione della legge sulle energie rinnovabili attualmente all’esame del Parlamento turco.

In un colloquio tenutosi ad Ankara l’Ambasciatore d’Italia Gianpaolo Scarante e il ministro dell’Energia turco Taner Yildiz hanno passato in rassegna le iniziative di collaborazione bilaterale nel settore energetico. Il Ministro Yildiz ha ricordato l’impegno del Governo turco sia nei confronti del Nabucco che dell’Itgi. L’ambasciatore Scarante per parte sua ha espresso l’auspicio che si giunga in tempi brevi alla firma degli accordi di transito previsti dal Memorandum tra Edison, Botas e Depa firmato nel luglio scorso

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L’o p i n i o n e

di Virginia Gangemi

Riqualificare l’edificio

L’

obiettivo della riqualificazione energetica degli edifici preesistenti è un tema strategico per la riduzione sia dei consumi energetici sia dei gas serra, così come ci chiede l’Europa. Gli edifici da riqualificare presentano caratteristiche molto diverse fra loro, pertanto non è possibile ipotizzare soluzioni standard, ma occorre valutare, caso per caso, quali interventi effettuare per ridurre i consumi energetici. Per programmare un’efficace riqualificazione energetica è necessario acquisire una conoscenza approfondita del comportamento bioclimatico dell’organismo architettonico, con una metodologia di carattere scientifico che consenta di valutare le prestazioni in funzione dei caratteri tipologici, costruttivi e in relazione al livello di degrado. Queste considerazioni inducono a riflettere circa l’esigenza di formare una nuova figura professionale in grado di effettuare una diagnosi approfondita dell’edificio da riqualificare per giungere, in una seconda fase, a proporre strategie di intervento più idonee e appropriate, rispetto ai caratteri originari dell’organismo architettonico, che vanno tutelati e valorizzati. L’assenza di processi di formazione riconosciuti e accreditati, finalizzati alla messa in campo di operatori specializzati e altamente qualificati, in grado di affrontare e operare scelte progettuali delicate ed impegnative può compromettere la stessa attuazione della strategia complessiva per il risparmio energetico. Oltretutto l’intervento per la riqualificazione energetica non può essere solo unidirezionato, ma deve contemplare la valutazio-

ne di aspetti connessi alla tutela dell’identità storico architettonica. Tra i componenti edilizi che appaiono responsabili della tenuta bioclimatica delle preesistenze, un posto di primo piano lo ricopre il sistema delle finestrature responsabile, nei vecchi edifici, di renderli un colabrodo. Ed è il sistema infissi che richiede interventi puntuali e consapevoli. Infatti non è sempre possibile sostituire i vecchi componenti edilizi, generalmente costruiti con tecniche artigianali con nuovi componenti realizzati con metodi e materiali di produzione industriale. Spesso la qualità dell’intera facciata è sostenuta da una particolare tipologia di infisso, che conferma il linguaggio architettonico originale dell’edificio e che non può essere manomesso. In questi casi, oltre al recupero del manufatto, occorre mettere in campo altre strategie dimostrando competenza culturale, sensibilità progettuale e capacità di ipotizzare soluzioni innovative. Questo tipo d’attitudine e di preparazione può rappresentare l’esito di un percorso formativo di una nuova figura, la cui prima sperimentazione è in atto a Napoli, dal 13 novembre 2010 al 19 febbraio 2011. Il Corso per “Riqualificatore energetico”, promosso per la prima volta in Italia da Energy Professional Network e dalla sezione di Napoli e Provincia dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura, offre una formazione a carattere pluridisciplinare, per mettere in campo operatori specializzati in un settore di attività che avrà notevole sviluppo. È impensabile che per la riqualificazione energetica si lasci indeterminata, o a volte diversificata, a seconda delle Regioni, la procedura che garantisce la professionalità dei soggetti abilitati, facendo affidamento esclusivamente sulla politica degli incentivi fiscali, ora dilazionati in un arco temporale di 10 anni. Occorre promuovere una nuova cultura e un’adeguata conoscenza del problema, sostenendo quelle iniziative che faticosamente emergono nel panorama delle attività formative.

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Prospettive Domanda energetica in crescita e risorse in diminuzione, sembrano questioni inconciliabili

di Simone Malacrida

Il futuro dell’energia

Q

uali scenari si possono immaginare per il futuro energetico mondiale? Quali saranno le principali fonti energetiche e le aree più interessate al crescente fabbisogno di energia? Per rispondere a queste due brevi domande, tutt’altro che semplici nella loro sostanza, sono stati scritti numerosi articoli e libri, a volte anche utilizzando i dati numerici in ottica “ideologica” cioè a conferma di tesi precostituite. Si ha, quindi, la necessità di fare chiarezza, anche confrontandoci con quanto è successo negli ultimi trent’anni, per comprendere quale direzione è, ad oggi, la più probabile anche se, magari, questa stessa direzione non è la migliore possibile ed auspicabile. Il punto di partenza basilare per

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mostrare gli sviluppi futuri delle risorse energetiche è dato dalla previsione di domanda energetica primaria mondiale, vera pietra miliare per comprendere l’evoluzione delle ripartizioni tra le diverse fonti e i nuovi rapporti geopolitici che saranno instaurati a livello globale. Per domanda energetica primaria si intende la quantità di energia totale necessaria per alimentare tutte le attività umane e tutti i settori di utilizzo e di produzione dell’energia. In estrema sintesi, possiamo dire che il 35% di questa energia primaria è utilizzato dal settore dei trasporti, un altro 35% dal riscaldamento e condizionamento delle case, degli uffici e degli edifici ed il rimanente 30%

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dall’energia elettrica. Già da questo primo dato, si può comprendere come il problema energetico non è solamente ascrivibile alle questioni legate alla produzione di energia elettrica. L’unità di misura scelta per confrontare questi tre settori e per rapportarli all’energia primaria è data dal Mtoe che corrisponde all’energia equivalente sviluppata da un milione di tonnellate di petrolio ed è uguale a 11,63 TWh (cioè a 11 miliardi di chilowattora). La domanda energetica primaria mondiale è andata crescendo, nel corso del Novecento, da 1.000 Mtoe a 10.000 Mtoe annue, per l’aumento della popolazione mondiale e delle esigenze energetiche. È un dato di fatto che, negli ultimi dieci anni, la popolazione mondiale è cresciuta del 12%, la richiesta di energia primaria del 20%, la richiesta di elettricità del 32%.

Consumi alle stelle Basandosi su questi dati è possibile dire che, sotto la spinta del continuo aumento della popolazione umana e delle maggiori esigenze energetiche richieste da standard di vita sempre più alti, la domanda energetica è destinata ad aumentare ad un tasso superiore, tanto che è previsto per il 2050 un sostanziale raddoppio dell’energia primaria annuale, pari a circa 24’000 Mtoe contro le attuali 12’000 Mtoe e, addirittura, una triplicazione dei consumi elettrici. Questo discorso si può mettere in relazione soprattutto alle aree che necessiteranno sempre più energia visto che, già attualmente, circa due terzi della popolazione umana vivono in Asia e in Sud America e il consumo medio pro-capite di queste aree è nettamente inferiore rispetto agli standard europei e nordamericani (con una media procapite di 1.5 Toe contro le 4.5 Toe di un cittadino europeo e le 8 Toe di uno statunitense). D’altra parte, in questi Paesi, il tasso di crescita della richiesta di energia elettrica è notevolmente superiore rispetto alla media mondiale (si parla di aumenti tra il 50% e l’80% in dieci anni contro una media del 30%). Ciò avrà importanti conseguenze a livello geopolitico (i maggiori importatori di risorse energetiche fossili diventeranno proprio questi Paesi), economico, ambientale e di gestione delle fonti. Se il XX secolo è stato sicuramente dominato da un asse energetico sviluppato tra Europa e Stati Uniti dal lato dei consumi e Medio Oriente dal lato della produzione, non si può dire altrettanto per il secolo attuale. Differenti aree di produzione e di consumo si andranno a creare proprio nelle aree sopraccitate, spinte da una crescita demografica continua. Dal lato dei Paesi produttori, prenderà sempre più

piede il ruolo cruciale della Russia come primo Paese “energetico”, per il ruolo sempre più predominante del gas naturale rispetto al petrolio mentre, dal lato dei consumatori, Cina ed India si affiancheranno e supereranno Europa e Stati Uniti. Se vi sono dei dubbi che ciò si rifletterà sulla politica e sull’economia globale, basta considerare alcuni episodi delle recenti tensioni internazionali o di accordi politici strategici. Il gas naturale diventerà la prima fonte energetica, mettendo fine all’Era del Petrolio (anche se l’oro nero manterrà un’importanza decisiva per il settore dei trasporti), le energie rinnovabili cresceranno a ritmi impressionanti, senza però intaccare quella predominanza delle fonti fossili e la produzione di energia elettrica diventerà sempre più significativa nelle percentuali dell’energia primaria totale. Questi dati suggeriscono che il panorama energetico è destinato a cambiare in modo radicale, molto di più di quanto non sia cambiato negli ultimi trent’anni. Il mondo e l’energia utilizzata dalla generazione dei nostri padri sono sostanzialmente gli stessi di oggi, viceversa non possiamo dire altrettanto per ciò che concerne la generazione dei nostri figli. Nonostante le diminuzioni percentuali previste nel prossimo futuro sull’utilizzo di alcune fonti (in particolare il petrolio, il carbone e l’energia nucleare), la crescita di domanda energetica mondiale imporrà un necessario bisogno di ogni fonte e la produzione assoluta di ognuna di esse è destinata ad aumentare. Dunque, se vogliamo soddisfare la crescita di domanda energetica, serve più produzione e più sfruttamento di ogni risorsa, nessuna esclusa. Per questo, ogni decisione “ideologica” (cioè non dettata da considerazioni scientifiche, economiche, politiche ed ambientali, ma solo da pregiudizi e presupposti inconsci) su ogni singola fonte energetica è da considerarsi, di per sé, un danno verso le generazioni future e verso la crescente domanda energetica mondiale. Posto che l’attuale produzione energetica non basta per gli anni a venire e posto che tutte le fonti energetiche devono essere utilizzate e sfruttate al meglio, vi è da chiedersi come si faccia, partendo dalla situazione attuale, ad evolvere negli stati successivi previsti da questa crescita. Una risposta chiara e definitiva ad un problema complesso come quello dell’energia potrà arrivare solamente considerando tutti i parametri coinvolti, senza tralasciarne nessuno, dalla geopolitica all’economia, dall’ambiente alla qualità di vita ma, soprattutto, dando uno straordinario impulso ad un cambiamento culturale e sociale nei confronti dell’innovazione e della ricerca energetica.

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Pensiero

L’ambientalismo è liquido

di Alberto Busetto e Luca Vecchiato

Ecco come si configura il consumatore nel pensiero di Zigmunt Bauman

Z

ygmunt Bauman è uno dei più influenti pensatori contemporanei. Professore emerito di sociologia nelle università di Leeds e Varsavia, ha coniato la folgorante definizione di “modernità liquida” per designare un mondo in cui tutti i fattori in gioco risultano essere variabili incognite e, perciò, inutilizzabili all’edificazione di rassicuranti strategie cristallizzabili in esperienza: l’assedio alle posizioni acquisite è incessante e il pericolo

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dell’esclusione minaccia chiunque. Una rapida scorsa ai titoli di alcuni suoi libri (Voglia di Comunità, 2001; Modernità liquida, 2002; Intervista sull’ identità - a cura di B. Vecchi, 2003; Vite di scarto, 2005; Vita Liquida, 2006; Consumo, dunque sono, 2008; Paura liquida, 2008) segnala come le sue riflessioni esplorino la condizione di un individuo ormai decaduto dal nobile ruolo di cittadino per vestire i panni del consumatore che si cura esclusivamente di mettere a coltura intensiva il presente.

Sotto il segno della complessità Indipendentemente dalle valutazioni di ognuno sul rapporto tra Uomo e Natura, che si sia o meno convinti dell’origine antropica del cambiamento climatico, che si sottovalutino o no i rischi dell’inquinamento, una cosa è innegabile: l’impatto umano

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sulla Terra, da almeno 50-60 anni a questa parte, è rilevante e imprescindibile. Il premio Nobel Paul Crutzen ha proposto la definizione di Antropocene proprio per individuare l’era attuale, la prima in cui l’umanità ha un impatto significativo sull’esistenza dell’intero pianeta. Ancora più interessante da un punto di vista filosofico è la definizione di Noosfera: termine coniato da Vladimir Vernadsky, nasce dalla parola greca nous (“mente”) per individuare il momento in cui il genere umano comincia a padroneggiare l’energia atomica. Nel pensiero di Vernadsky la Noosfera è il superamento della Geosfera e della Biosfera: “la biosfera, sotto l’influenza dell’attività dell’uomo, passa ad un nuovo stato, quello della noosfera. L’influenza dell’attività umana sui processi naturali acquista un carattere sempre più globale. L’uomo diventa una potente forza geologica, sempre crescente, che cambia la fisionomia della terra”. Ma se la Geosfera è il dominio dell’inanimato e la Biosfera “un involucro dominato dalla vita”, la Noosfera è il dominio dell’intelligenza: protagonisti atipici del pensiero novecentesco (come Pierre Teilhard de Chardin, il “gesuita proibito”) si sono impadroniti di questo concetto per trasformarlo in quello di ‘”ambiente del pensiero umano”, l’insieme di tutta la conoscenza che gli uomini possiedono e si scambiano. Il concetto ha avuto anche derive mistico-religiose, tanto che alcuni sono arrivati a vedere nella Noosfera una specie di super-mente della Specie (vedi il cosiddetto “Punto Omega”, la singolarità delle coscienze universali). Ad ogni modo il concetto di Noosfera è estremamente suggestivo: difficile non farsi catturare dall’immagine di una rete iperconnessa di dati, concetti, memi e pensieri che avvolge l’intera superficie terrestre, una “struttura delle strutture” di iperbolica complessità e dimensione: per chi è cresciuto nell’epoca delle informazioni, faticosamente reperite sulle pagine dei libri, anche il semplice uso di Google e la travolgente velocità nell’ottenimento della conoscenza dà talvolta un’autentica ebbrezza. Per arrivare a capire come Noosfera e Biosfera interagiscono e si confrontano occorre, però, ricondurre questo incontro a un terreno comune, quello della Complessità. Chi, alla fine degli anni ‘60, ha incominciato ad occuparsi di complessità, come Ilya Prygogine o Edgard Morin, ha dovuto introdurre la fondamentale differenza tra complessità del vivente e complessità culturale. Nei sistemi ecologici la complessità è la Vita stessa: l’intrico dei rapporti tra gli esseri viventi e fattori naturali, la “biodiversità” in senso esteso, è così fitto e intrecciato da generare

la “robustezza” (o “resilienza”) del sistema stesso. In questo senso l’ecologia è davvero “scienza del Tutto”, in quanto refrattaria a ogni approccio riduzionistico. Diversa la situazione dei sistemi sociali e culturali che quasi sempre crollano sotto il peso di una complessità che diventa via via insostenibile: a distanza di vent’anni dalla sua pubblicazione, Il collasso delle società complesse di Joseph Tainter e la sua analisi del crollo dell’impero romano è ancora una lettura fondamentale. Viene, quindi, da concludere che caratteristica fondamentale della Noosfera è quella di sfuggire di mano ai suoi creatori. Ma come conciliare il rapporto tra l’”ambiente del pensiero umano” e l’”ambiente naturale”? Fino a che punto possiamo tagliare i ponti con la Natura e dirci cittadini di questo regno di ombre? Possediamo questa rete di informazioni o ne siamo posseduti? A queste domande molti hanno tentato di rispondere, con approcci che vanno dalla teoria dei sistemi (come nel caso di Fritjof Capra e del suo Tao della Fisica) alla filosofia (si pensi ad esempio all’opera di Jean Baudrillard) passando per la commistione tra politica e mass media (è il caso di Slavoj Zizec e di alcuni suoi libri fulminanti, come Benvenuti nel deserto del Reale). Ma è forse la sociologia che ci ha dato le risposte più immediate e fruibili. E tra i sociologi contemporanei giganteggia la figura di Zygmunt Bauman.

Modernità solida e modernità liquida La liquidità è l’attributo fisico dei corpi che non assumono, di norma, forma propria. Un punto di partenza semplice dal potere esplicativo prodigioso però, se a maneggiarlo è Bauman. La configurazione sociale odierna non ha contorni decisi. Al contrario la “modernità solida” era un mondo immobile ma solidale, capace di portare lì, dove le forze singole non avrebbero mai potuto, a patto di incarnarsi in essa “meccanicamente” (avrebbe detto Émile Durkheim). L’effetto di questo patto era la resilienza della comunità, collante tenace fatto di valori, codici e gerarchie condivise a cui abbandonarsi fiduciosi. Guardiamo ora alla complessità dell’oggi: qui i poteri normativi si limitano a regolare - e faticosamente - lo spazio sociale. I rapporti de visu passano ora alla competenza del singolo. Una bella responsabilità: lo “status sociale” si ereditava alla nascita, alle “classi sociali” si aderisce iscrivendosi con la moneta della conformità. A partire dal momento in cui Henry Ford pronuncia “voglio che i miei operai siano pawww.ambientarsi.net

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gati abbastanza bene da poter comprare le mie automobili”, il cerchio si chiude e si autoalimenta senza fatica. La metamorfosi da cittadino a consumatore è avviata. E il dominio della società liquida instaurato. “Guardiamoci attorno” sembra ammonire Zigmunt Bauman. In effetti, la società secolarizzata non sembra poi così diversa dall’habitat dell’uomo lupo, disseminata com’è di predatori pronti a contendersi un bottino che, però, è insufficiente a soddisfare le pretese di tutti. Il vertice della piramide sociale è un podio e come tale riservato a pochi. Risultato? C’è sempre qualcuno lì dove vorremmo essere noi! E allora risentimenti, rancori, rinunce, ritirate più o meno strategiche… Questo il contesto. Ma guardiamo ora all’attore di questo contesto. Ogni ambito della società dei nostri giorni presenta un tratto comune, quello della competizione. Attenzione però, una volta svanite dall’orizzonte le antiche oasi di saggezza, quei riti e quei miti che, disseminando lungo il cammino tabù e divieti, consacravano ruoli e gerarchie indiscutibili, sviliti poi il potere ordinatore della tradizione e l’entusiasmo riservato alle aspettative di un progresso condiviso, l’antagonismo degenera. Da questo momento grande è la sorpresa dell’attore sociale: potrà appagare ogni sua pulsione. Ma è un’indipendenza pericolosa: la sovranità su se stessi emancipa disorientando. Non più immunizzato alle frustrazioni e alle perdite di identità, incapace di accettare consapevolmente la società e il proprio ruolo in essa, l’uomo contemporaneo sperimenta sulla sua pelle rischi e danni conseguenti a condotte svincolate da ogni guida. Ecco emergere l’individualismo dei nostri giorni, un individualismo malato, incapace di disciplina all’interno di una reciprocità delle relazioni che, abbiamo appena visto, è ormai abbandonata a se stessa, priva di regole.

fessare la sua somiglianza con tutti. Ora gli si chiede di rinnegare gli antichi alleati, di distinguersi da loro. Ma la diversità è sancita dal riconoscimento di essere tale dagli stessi individui da cui ci si dovrebbe distinguere. L’”individualità” si lega indissolubilmente allo “spirito della folla”, per riprendere Bauman: siamo immersi nella Noosfera ma vogliamo tenere la testa fuori dalla massa. Sì, proprio un bel rompicapo! Caduti i condizionamenti dell’universo tradizionale, gli individui sono uguali per diritto e il loro desiderio libero di fissarsi dove vuole. Ma questa autonomia, immersa nell’universo indifferenziato della libera concorrenza reciproca, arriva in un epoca in cui il quotidiano è ormai strappato all’urgenza della naturalità dei bisogni reali: gli individui si ritrovano adesso prigionieri di passioni competitive incentivate dall’esclusiva e ossessiva ricerca dell’approvazione altrui. Ecco la contraddizione: distinguersi imitando, per poi scoprire di essere tutti uguali e ricominciare di nuovo la corsa alla differenziazione. È nella moda, come ha colto Georg Simmel, che si simbolizza il destino dell’uomo moderno: “la moda è imitazione di un modello dato, rassicura conducendo il singolo sulla via che tutti percorrono, dà un universale che fa del comportamento di ogni singolo un mero esempio; non di meno soddisfa il bisogno di diversità, la tendenza alla distinzione, l’attitudi-

L’impronta ecologica dell’individualismo moderno Il termine “individualismo”, ricorda Bauman in Vita liquida, affiora alla consapevolezza della società occidentale nel XVII secolo. Al momento implica solo l’attributo dell’indivisibilità: l‘individuo è l’unità sociale più piccola cui sia ancora possibile attribuire la qualità dell’“umanità”. È solo in un secondo tempo che il termine definirà l’unicità del singolo. E solo da questo secondo momento che l’imperativo “essere diverso dagli altri” diventa un rompicapo terribile. Perché? Il singolo, di fronte alle sfide del mondo, è inadeguato. La necessità del bisogno di protezione e di aiuto dall’altro lo ha costretto, sin dal’inizio, a con16 14_18 Bauman.indd 3

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INFORMA ZIONE P U B B L I C I TA R I A

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isparmio energetico e fonti rinnovabili

Cristian Abelli, laureato al politecnico di Milano. Titolare dello studio Archieco dal 2002

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ne al cambiamento. Ma quando è completamente diffusa, non la si definisce più moda, la diversità è eliminata e il gioco può ricominciare”. È la “vita liquida” di Bauman, la vita “fatta di continui inizi”, che “si alimenta dell’insoddisfazione dell’io rispetto a se stesso”. Le particolari condizioni ambientali odierne – l’assenza di veri divieti – fanno sì che gli uomini declinino insaziabilmente ogni desiderio in bisogno (cfr. il lavoro di René Girard). Tutti gli oggetti e nessuno in particolare, hanno senso solo in quanto pretesti nel tentativo di riconvertire un’ultima imperdibile seduzione in ricompensa per le delusioni di tutte le precedenti scommesse perdute. Ecco emergere quel “dominio ineluttabile” dei beni esteriori che Max Weber aveva descritto come “gabbia di durissimo acciaio” e che acquistano un tale potere sugli uomini da renderli schiavi del superfluo e di passioni puramente agonali. L’imporsi dell’economia monetaria, poi, accelera in modo rilevante questo processo. Il denaro deve dominare la coscienza in modo esclusivo da quando ha assunto la dignità riservata alle mete ultime dell’agire umano, di comune denominatore di tutti i possibili valori della vita. Conclusione: l’economia dei consumi è allora un’economia di oggetti che invecchiano istantaneamente. La rapida rotazione dei prodotti è sinonimo di eccessi e scarti: in una parola, rifiuti. Sono le fila del “sottoproletariato dello spirito”, definizione di Andrzej Stasiuk (che non richiede approfondimenti ulteriori)

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e ripresa da Bauman, ad ingrossarsi sempre più. Ma non si pensi che la parte di popolazione mondiale, non ancora contagiata da quella che proponiamo a questo punto di definire competizione liquida (fatta cioè di quelli che definiamo di conseguenza consumi liquidi, consumi esclusivamente effimeri, alla ricerca estenuante di conferme ed approvazione) e che Jeremy Seabrook, ricorda Bauman, chiama “classe inferiore globale”, non sia coinvolta nel processo complessivo… O pensiamo che la folle corsa verso l’individualità sia un privilegio tutto occidentale? “Rifiuti” ha, ormai, una valenza metaforica densa: rifiuti sono le merci consumate e rifiuti sono gli emarginati di quel continuum che va dal sottoproletariato dello spirito alla classe inferiore globale. Da una parte il risentimento di chi non riesce ad accreditarsi alla ristretta cerchia degli “individualisti” della vita liquida, dall’altra l’anomia di chi rinuncia, abdica all’esistenza sotto il peso della rassegnazione. Il progresso economico produce sempre più rifiuti, anche metaforicamente parlando! E, aggiungiamo ora, rischia di rendere qualsiasi discorso di matrice ambientalista puro esercizio di semantica, una moda ciclica utile solo a riempire i mass media. Con una progressione inesorabile l’economia monetaria si diffonde virulenta su tutta la superficie del nostro pianeta. Si potrebbe dire che la misura dell’impronta ecologica è direttamente proporzionale alla qualità della vita: un rapporto insostenibile! La cura del creato passa necessariamente per quella “sobrietà” ormai reclamata da più parti: è arrivato il momento di riconoscere l’Ecologia come scienza del tutto, dando così solidità a un ambientalismo che per ora è solo “liquido”.

Le città invisibili In una recente intervista Bauman ha definito Le città invisibili di Italo Calvino come “uno dei migliori trattati di sociologia mai scritti”. È, infatti, facile accostare al nostro mondo alcune delle città descritte, come, ad esempio, Leonia, la città che “più espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature di ieri che s’ammucchiano sulle spazzature dell’altro ieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri.” Il cittadino del mondo liquido, strappato all’abbraccio rassicurante della comunità, vaga ormai smarrito nella Noosfera senza appartenere a nessun luogo. Riuscirà a percepire le città invisibili che lo circondano e a evitare di diventarne prigioniero?

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Politiche

OLTRE OGNI PARADIGMA di Alessandro Drago

La sostenibilità energetica passa anche attraverso l’analisi sociologica: il caso Giddens

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ra i numerosi testi apparsi negli ultimi anni che affrontano il tema dei cambiamenti climatici, sta ricevendo una crescente attenzione quello intitolato “Le politiche del cambiamento climatico”, di Anthony Giddens. Tra i sociologi più conosciuti e sicuramente il più citato nel mondo accademico, il professore inglese della London School of Economics ha deciso di dedicare un’opera al tema più importante per il futuro dell’ambiente, analizzando le politiche messe in campo dagli Stati per fronteggiare gli effetti del riscaldamento del clima terrestre. Potrebbe essere uno dei tanti libri pubblicati sull’argomento e, invece, non lo è perché il sociologo Giddens, quando scrive di politica, non lo fa mai con il distacco di colui che padroneggia le

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scienze sociali quali discipline principalmente descrittive ed interpretative della realtà circostante ma con l’obiettivo di inf luenzare direttamente il mondo della politica. Fu così per l’ormai celebre “Terza via”, pubblicazione di fine anni ’90 che permise a Giddens di tracciare le linee guida per la rifondazione della socialdemocrazia in Europa, ispirata dalla creazione in Gran Bretagna del New Labour di Tony Blair, che il libro contribuì a promuovere. “Le politiche del cambiamento climatico” è un libro che si rivolge ai politici fornendo loro dei concetti base per delle linee guida alla realizzazione di strategie in grado di combattere gli effetti negativi del fenomeno in questione. Il cambiamento climatico, d’altro canto, osserva Giddens, è strettamente legato a strategie

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per la sostenibilità energetica su larga scala, che, attraverso il finanziamento all’innovazione tecnologica, permettano di limitare il consumo di combustibile fossile massimizzando l’efficienza delle rinnovabili. Il libro parte da un paradosso, cui l’autore dà il suo nome, il “paradosso di Giddens”, il quale sostiene che, poiché i pericoli posti dal riscaldamento globale non sono tangibili, immediati o visibili nel corso della vita di tutti i giorni e per quanto imponenti essi appaiano, la moltitudine rimarrà ferma, con le mani in mano, senza far niente di concreto per contrastare tale fenomeno. Nella tradizione dei testi dedicati dall’autore alla politica, una prima parte del libro si focalizza sull’analisi del fenomeno, i comportamenti degli individui e degli Stati mentre una seconda, invece, su proposte concrete avanzate ai politici per azioni rivolte a combattere i cambiamenti climatici. Le proposte partono da dieci concetti, il primo dei quali è quello dello “Stato garante” (dall’Inglese Ensuring State). Questo principio sottintende che “lo Stato è responsabile per il monitoraggio degli scopi pubblici e per tentare di assicurare che questi siano realizzati in una maniera “visibile ed accettabile”. L’idea sviluppa in maniera ulteriore il concetto di “enabling State”, che ritagliava nei confronti dello Stato un ruolo di promotore degli sforzi di enti non istituzionali nell’affrontare problemi collettivi partendo dal basso. Lo ‘Stato garante’ sottolinea la responsabilità dello Stato nei settori in cui gli agenti non statali svolgono un ruolo dominante nella fornitura di servizi pubblici. A questo concetto si associa la responsabilità pubblica dello Stato che segue la promozione di attività nei confronti di enti diversi (enabling), nonché la garanzia al raggiungimento degli obiettivi che lo stesso ha la responsabilità morale e politica di fornire. Ciò vuol dire che anche se i beni pubblici o i servizi sono forniti da privati o organizzazioni del terzo settore, lo Stato ha ancora un ruolo importante nel garantirli, sia che si tratti di controllo, di regolamentazione o di finanziamento. Due altri importanti concetti, alla base di una buona strategia per combattere i cambiamenti climatici ma che si possono parimenti applicare alla complementare strategia per la sostenibilità energetica, sono la convergenza politica e quella economica. La prima si basa sulla sovrapposizione positiva tra le politiche di mitigazione e altre

aree di politica pubblica al fine di puntare ad un unico obiettivo. Le aree di maggiore convergenza sono la sicurezza energetica, la pianificazione energetica e l’innovazione tecnologica. La seconda si basa sulla sovrapposizione tra le tecnologie a basso impiego di carbone, le forme di business e gli stili di vita con la competitività economica. Cioè, in buona sostanza, come coniugare scienza, business e comportamenti individuali virtuosi con il mercato. Altrettanto importanti sono i principi base per una politica dei cambiamenti climatici efficace quale il mettere sempre in primo piano gli effetti del fenomeno (Foregrounding) senza enfatizzarne i possibili disastri ma puntando su obiettivi positivi come il benessere sociale derivante dal rispetto dell’ambiente (Climate change positives) e l’importanza dell’accordo politico sugli scopi individuati che trascenda la differenza di approccio tra destra e sinistra (Political trascendence). Per finire, l’adottare delle politiche di adattamento pro-attive visto e considerato che gli effetti dei cambiamenti climatici saranno comunque avvertiti da ora innanzi. L’adattamento pro-attivo significa che non si possono affrontare tali effetti quando si presenteranno ma prepararsi a mitigarne gli impatti negativi con misure efficaci a cominciare dal contrasto delle emissioni climalteranti già presenti in atmosfera.

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Clima per legge La Gran Bretagna ha, ad esempio, adottato nel 2008 una legge sui cambiamenti climatici che cerca di fornire una base legislativa per le decisioni a medio e lungo termine sul controllo delle emissioni. Giddens osserva come tale legge faccia propria la preoccupazione delle democrazie moderne circa la difficoltà di costruire piani a medio e lungo termine che sopravvivano ai cambiamenti dei governi. E a tale proposito ha previsto la creazione di un Comitato sul Cambiamento Climatico che discuta non tanto su cosa fare ma su come farlo. Questo know-how ha un senso se, una volta costruito, se ne verifichino scientificamente le performance e lo si riproponga fintanto che un adeguato monitoraggio ne controlli l’effettiva efficacia nel tempo. Il Comitato pubblica dei report nei quali indirizza il Paese verso l’obiettivo della sostenibilità energetica e della lotta ai cambiamenti climatici, ad esempio indicando quali siano le tecnologie su cui puntare e quanto investire su di esse. Sebbene la legge britannica sui cambiamenti climatici così come la recente legge sull’energia trascurino importanti temi quali la giustizia sociale nelle politiche dei prezzi dei carburanti inquinanti, che alzandosi colpiscono soprattutto i già poveri e non sposino a pieno la politica di adattamento

pro-attivo, l’idea di base è quella di permettere di pianificare gli interventi oltre i limiti temporali posti dai cambiamenti dei governi nazionali. La pianificazione non è l’unico strumento utile allo scopo poiché serve, da parte dello Stato, l’incoraggiamento nei confronti delle aziende, del terzo settore e dei cittadini ad assumere un pensiero a lungo termine. In linea di massima, dovrebbe esserci un accordo sui cambiamenti climatici e la politica energetica tra le parti politiche in competizione al di là degli altri conf litti e differenze che comunque sussistono. E ciò può avvenire se lo Stato, anche attraverso le sue estensioni territoriali come le regioni e i comuni, giochi un ruolo di catalizzatore e facilitatore delle politiche nei confronti degli attori del terzo settore e dei soggetti non pubblici, in quanto ad esso afferiscono la maggior parte dei poteri necessari per contrastare i cambiamenti climatici e per rendere sostenibile l’uso energetico. Il passo successivo, quello di garantire la riuscita dei buoni propositi non è altrettanto semplice da spiegare né da attuare. Ha a che fare con un sistema di monitoraggio. Per rendere l’idea userò un progetto comunitario in corso, finanziato direttamente dalla Commissione Europea nell’ambio del Programma Interreg IVC, denominato “More for Energy”, guidato dalla

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Provincia Olandese di Flevoland e in cui sono coinvolte due regioni Italiane, il Lazio e l’Abruzzo. More4energy si occupa di politiche regionali in materia di sostenibilità energetica e vede coinvolte una decina di regioni dell’Unione Europa di Svezia, Olanda, Italia Spagna, Grecia Romania e Bulgaria, L’obiettivo è quello di impostare una strategia regionale per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica nei territori in cui questa non sia presente (come ad esempio nel caso delle Regioni provenienti da Paesi di nuova adesione) e migliorare, affinandole, le strategie già adottate dalle altre regioni partner.

Territori locali Questi tentativi avvengono sia sulla base dell’esperienza maturata dalle regioni che hanno approvato e visto funzionare una politica di sostenibilità energetica che attraverso un costante programma di monitoraggio che misuri le performance nell’arco di tempo in cui avviene la programmazione. Il metodo usato nel progetto per ottenere tale risultato è quello della peer-review, cioè della lettura comparata tra regioni in cui esperti e funzionari pubblici valutano sulla base di criteri stabiliti ed indicatori scientifici la politica per la sostenibilità energetica esistente, riscontrando non solo la performance delle risorse messe in campo dalle Regioni ma tentando di far emergere le potenzialità esistenti che, attraverso il confronto tra enti territoriali che condividono le diverse esperienze, possono essere ulteriormente valorizzate. Il progetto muove dal fatto che negli ultimi anni in Europa sono state adottate diverse strategie regionali per la sostenibilità energetica, spesso seguendo le linee-guida preparate dalla stessa Commissione, altre volte sfruttando l’intuizione di politici più innovatori di altri. A questa prima fase che potremmo definire pionieristica, deve necessariamente seguire un processo di valutazione e affinamento strategico che metta gli enti territoriali in grado di valutare i risultati finora raggiunti da tali politiche, monitorandone gli sviluppi e quindi adottando le migliori prassi esistenti a livello comunitario e mondiale. In tal senso il progetto More4energy fornisce alle Regioni coinvolte, una chiave di lettura delle politiche in essere o in divenire. Una chiave di lettura che parte da una checklist, o lista di controllo, costruita su alcune importanti dimensioni della politica regionale per la sostenibilità energetica come la capacità di gestire la risorsa attraverso 24 20_24 Drago.indd 4

il monitoraggio del consumo, il rendere pubblici i dati sul risparmio e l’efficienza, comunicare in maniera costante allo staff l’importanza della conservazione di energia e saper reinvestire i profitti derivanti dalle misure di risparmio in nuova tecnologia. Più in dettaglio sono prese anche in considerazione come indicatori indispensabili la performance energetica degli edifici e delle famiglie, i veicoli municipali e le f lotte dei mezzi di trasporto pubblico e l’illuminazione pubblica. Una buona strategia regionale deve però anche essere attenta alla produzione e fornitura di energia, insistendo soprattutto sulle rinnovabili, promuovendo al suo interno e tra la popolazione l’utilizzo di prodotti a basso consumo così come dei meccanismi finanziari per incentivare le fonti alternative al combustibile fossile e il risparmio energetico. Tutto ciò potrebbe sembrare vano se non fosse creato un sistema di misurazione che ci permetta di capire i progressi nelle dimensioni delle politiche regionali sopra menzionate. Ed è così che il progetto More4energy individua degli indicatori che permettono ad ognuno dei progetti strategici proposti di misurare in termini tecnici il grado di successo nel tempo (riduzione di CO2 , riduzione dei costi energetici, maggiore utilizzo di fonti rinnovabili, diffusione di materiale elettrico a basso consumo, incremento del business relativo alla sostenibilità energetica). Questi strumenti di misurazione possono essere anche applicati a concetti che potrebbero sembrare più astratti come l’impeto politico, l’educazione, la formazione e la comunicazione in genere. Questo può avvenire solo attraverso un monitoraggio messo in campo e perseguito dallo Stato e dai suoi enti derivati che, per dirla alla Giddens, devono farsi garanti della riuscita delle politiche promosse. La chiave di volta è questa. L’ente pubblico ha il dovere di impegnarsi non solo a fare da catalizzatore delle forze esistenti per concentrare gli sforzi verso un obiettivo ma assicurarsi che questo obiettivo sia raggiunto secondo un iter prestabilito, misurabile e, soprattutto, monitorato. Solo così si potrà avere una politica per la sostenibilità energetica realmente efficace, al di là di ogni paradigma che preconizzi il contrario.

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Protagonisti

La buona energia per il sud di Sergio Ferraris

Le rinnovabili possono essere una forte leva per lo sviluppo delle nazioni del sud del Mondo

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nergie Rinnovabili come punto cardine della cooperazione tra Sud e Nord del Mondo per lo sviluppo sostenibile. Questa la logica che guida l’associazione S4D – Solar For Development. Ne abbiamo parlato con il suo presidente François Correa.

Cooperazione sulle rinnovabili come si sviluppa e con quali obiettivi?

«La cooperazione sulle Energie Rinnovabili può svilupparsi da un punto di vista tecnico, commerciale, formativo o come finanziamento di progetti strutturanti. Lo scopo è quello di volgarizzare le Energie Rinnovabili per permettere alle popolazioni più interessate d’avere un accesso ai servizi di base grazie alle EnR».

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Come mai puntare sull’energia e non, per esempio, su acqua e cibo?

«L’energia è la matrice stessa attraverso la quale si possa accedere a servizi essenziali quali l’acqua. Inoltre è più costruttivo permettere alle popolazioni locali di creare valore aggiunto grazie all’utilizzo delle Energie Rinnovabili, piuttosto che aiutarli donando loro esclusivamente del cibo».

Mettere in contatto aziende del Nord del Mondo e decisori degli Stati africani, non è un po’ pericoloso, visti i precedenti degli ultimi decenni?

«Ci troviamo oggi in un mondo moderno caratterizzato dalla globalizzazione e da una comunicazione istantanea tra i diversi operatori presenti in ogni parte del mondo. Tutto ciò fa parte di un movimento irreversibile che non possiamo fermare. Il nostro scopo è quello di organizzare questi incontri per promuovere le Energie Rinnovabili nei Paesi dove i giacimenti (solare, eolico, idraulico e geotermico) sono importanti per permettere alle aziende del Nord e del Sud di trovare nuovi mercati solvibili».

Molti progetti di cooperazione che hanno come oggetto l’utilizzo di tecnologie avanzate spesso falliscono. Come pensate di risolvere questo problema?

«Non abbiamo né la vocazione né la pretesa di risolvere i prob lemi a cui accennate, ma proponiamo un modello cooperativo che permetta di integrare a monte e a valle i diversi attori del Nord e del Sud per favorire il passaggio di tecnologia e esperienza nel quadro di partenariati tecnici con la formazione degli utenti locali. Inoltre, in Africa, abbiamo una rete di tecnici, universitari ed aziende capaci di accogliere questi progetti e portarli avanti in modo proficuo per entrambe le parti. Bisogna anche capire che l’Africa ha iniziato un cammino di modernizzazione e che ha finalmente iniziato a prendere in mano il suo destino come si può ben vedere dal dinamismo dei suoi imprenditori».

Qual è la realtà energetica dei Paesi africani interessati?

«La situazione energetica dei Paesi dell’Africa subsahariana varia molto secondo il Paese e la Regione. Si può comunque dire che è comunemente caratterizzata da un deficit strutturale dovuto ad una forte

richiesta d’energia (elettrica) che non è sufficientemente coperta dalla produzione, in particolar modo nelle zone rurali».

Nei vostri progetti prevedete il trasferimento tecnologico? Come?

«Tecnologia è da intendersi in senso lato. Al di là di tutti i processi tecnologici, c’è anche un trasferimento di esperienza. Il trasferimento di tecnologia, di competenze ed esperienza possono, ad esempio, essere utilizzati per la realizzazione di sistemi di purificazione dell’acqua con energia rinnovabile, per la creazione di una catena di produzione di cellule fotovoltaiche, di trasformazione di biomassa in biogas o biocombustibili, etc.. Come vedete i campi di un possibile utilizzo sono molto vasti».

Nei vostri documenti citate spesso gli “Obiettivi del Millennio”. Non si tratta di tematiche superate che hanno dimostrato di non essere raggiungibili?

«Gli 8 Obiettivi del Millennio per lo sviluppo scaturiscono dalla Dichiarazione del Millennio nella quale, i rappresentanti dell’ONU, hanno voluto posare una pietra miliare del nuovo modo di vivere nel 3° Millennio. In effetti il nostro progetto E-Millenium Vilage Agora S4D ha l’ambizione di partecipare alla realizzazione di questo importante e nobile progetto. Abbiamo la volontà di ridinamizzare la piazza dei villaggi del mondo in generale e dell’Africa in particolare, apportandovi un ambiente energetico e tecnologico moderno, delle infrastrutture collettive, l’accesso all’acqua, alla salute, all’educazione e all’insegnamento nelle zone rurali e tutto questo utilizzando esclusivamente le Energie Rinnovabili, per produrre elettricità, illuminare la piazza del villaggio, pompare l’acqua, conservare i vaccini, cuocere gli alimenti, permettere le comunicazioni via internet, etc».

Come prevedete che si sviluppino realtà imprenditoriali locali, grazie ai vostri progetti?

«L’energia è alla base della creazione di valore aggiunto che permetterà la creazione di nuove ricchezze attraverso l’imprenditorialità locale. È impossibile far lavorare una macchina che vi serve in assenza di corrente elettrica. Permettere agli imprenditori locali, attraverso le Energie Rinnovabili, di scoprire nuovi processi lavorativi permetterà di favorire lo sviluppo».

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Da quest’anno il mercato britannico si presenta come uno dei piu’ proficui a livello europeo per gli investimenti nel settore, grazie ad una serie di provvedimenti normativi volti ad attrarre nuove opportunita’ di sviluppo, quali il Renewable Heat Incentive (RHI), che impattera’ su tutti i sistemi di riscaldamento rinnovabili, e il Feed in Tariff (FIT), comparabile al nostro ‘Conto Energia’ italiano. Tra le novita’ del Padiglione Italiano, a cura della Camera di Commercio Italiana per il Regno Unito, figurera’ il focus sull’interior design ecosostenibile, sponsorizzato dalla Stratex, in collaborazione con l’Associazione Italiana Progettisti d’Interni e l’Associazione britannica, la Society of British Interior Design.

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Ecosostenibilità

ECOBUILD: l’importante contributo delle aziende italiane all’ecosostenibilitá La manifestazione offre, ora piú che mai, una grande opportunitá di visibilitá e apertura al mercato per le aziende nazionali. La prossima edizione di ECOBUILD, una delle principali manifestazioni al mondo in materia di sostenibilitá, si terrá dall’ 1 al 3 marzo 2011 all’interno del centro fieristico di Excel a Londra. Come nella scorsa edizione, anche per la prossima, la Camera di Commercio Italiana per il Regno Unito coordinerá il Padiglione italiano, che é la piú grande area nazionale presente alla manifestazione. Essendo una vetrina internazionale di grande importanza, La Camera di Commercio intende sfruttare lo spazio dedicato al Made in Italy per offrire una grande visibilitá alle aziende italiane che operano nel settore. Tale promozione avviene durante una congiuntura molto importante: il Regno Unito, infatti, dispone di un giovane “conto energia” che offre incentivi molto elevati per chi decide di scegliere l’energia rinnovabile ed ha avviato un vasto sistema di promozione delle costruzioni ecosostenibili. Grazie alla forte e rapida crescita del settore, la prossima edizione di ECOBUILD rappresenterá per le aziende italiane una grande opportunitá di apertura a questo mercato. La manifestazione sará visitata da professionisti con alte qualifiche, come architetti, manager ed aziende di costruzione ed inoltre il padiglione italiano vedrá lo svolgimento di diversi eventi e convegni con la partecipazione di importanti istituzioni nazionali e di personaggi di spicco. Il dinamismo del padiglione nazionale sará promosso da conferenze tenute dal Presidente di Agenzia CasaClima, dall’Associazione Italiana Progettisti d’interni, e dalla presenza di un “padrino” d’eccezione, ovvero il noto architetto Mario Cucinella. Evento di grande importanza sará anche la firma di un accordo tra il Politecnico di Milano e alcune universitá inglesi per la creazione di un nuovo network molto giovane e produttivo. Questo format speciale e l’alto valore dei contenuti hanno permesso di coinvolgere le piú note realtá industriali italiane e hanno visto la sponsorizzazione di una serie di associazioni di categoria e Camere di Commercio locali. In qualitá di agente ufficiale ed esclusivo per tutt o il territorio italiano, la Camera di Commercio Italiana per il Regno Unito ha reso disponibili tariffe agevolate per tutte le aziende italiane interessate all’esposizione. Ulteriori informazioni relative a questa importante manifestazione sono reperibili nel sito web della Camera (www.italchamind.org.uk).

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Fotovoltaico

IL SOLE NEL TEMPO

30 Fotovoltaico per sempre 38 Fotoni sostenibili 40 La doppia vita del silicio

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Tecnologie

Fotovoltaico per sempre di Domenico Coiante

La durata dei moduli fotovoltaici al silicio cristallino una delle questioni cruciali per le rinnovabili

L

a vita operativa dei moduli fotovoltaici è un parametro fondamentale per la stima economica del costo di produzione del kWh (CkWh). Infatti, approssimando grossolanamente la formula al solo scopo di evidenziare le dipendenze, si trova che tale costo può essere espresso dalla seguente espressione: C kWh ~ QN [I/(AEP)]

(1)

Dove QN = r/[1- (1+r)-N] è il fattore finanziario d’annualità, che esprime la frazione del capitale, I, preso in prestito al tasso d’interesse r, da restituire ogni anno per N anni. AEP è l’energia netta prodotta all’anno. Come si può costatare, il costo del kWh, a parità degli altri parametri, è proporzionale al fattore d’annualità. La Fig.1 mostra l’andamento di QN in funzione del numero N di anni di restituzione del prestito al tasso del 5%. Il valore cala con il tempo: ad esempio, se la restituzione avviene in 5 anni, ogni rata annuale sarà pari al 23% del capitale, mentre se avviene in 30 anni il suo valore sarà pari 0,25 al 6,5%. Per gli investimenti nelle cen0,2 trali elettriche, si fissa generalmente il periodo di restituzione N in misura uguale 0,15 alla vita operativa. In base all’espressione (1) e al grafico di Fig.1, più lunga è questa, 0,1 più basso è il costo di produzione del kWh. Pertanto,

guardando al bilancio economico d’impresa, è estremamente importante poter contare su una vita operativa più lunga possibile. Nel 1979 divenni responsabile del Progetto Fotovoltaico del CNEN (Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare, poi divenuto ENEA). Il Progetto aveva l’obiettivo di promuovere lo sviluppo della tecnologia fotovoltaica in Italia intervenendo sull’intero spettro delle competenze, dalla ricerca fondamentale ed applicata fino agli impianti dimostrativi per la produzione d’elettricità, compresa la fase della formazione di un’industria nazionale. Per conoscere la storia dettagliata di questo tentativo, durato per me fino al 1993, ma tutt’ora in corso ad opera dei miei collaboratori più giovani, rimando il lettore al libro, “Fotovoltaico: il processo tecnologico e le nuove frontiere”, edito dall’ENEA nel 2008 (Coiante, 2008). Qui mi limiterò a raccontare soltanto un episodio, i cui sviluppi successivi sono arrivati fino ad oggi con un risultato d’interesse attuale. Si tratta del-

Tasso d’interesse 5%

0,05

Fig.1 – Il fattore d’annualità rispetto agli anni di restituzione del prestito al tasso d’interesse annuo del 5%

30 29_40 Inserto.indd 2

0 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 1617 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Anni

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Fig.2 - La Stazione Sperimentale Fotovoltaica della Casaccia nel 1983 (Fonte: Coiante, 1984)

la vita operativa di un piccolo impianto realizzato nel 1980. Appena nel 1979 ebbi l’incarico, mi preoccupai immediatamente di acquistare un certo numero di moduli fotovoltaici, da diversi produttori, sia statunitensi, sia italiani, per sperimentarne le prestazioni a confronto sul campo. I primi ad arrivare nel 1980 furono i moduli, forniti dalle due fabbriche statunitensi Arco Solar, una sussidiaria della società petrolifera Atlantic Richfield, in seguito divenuta tedesca come Arco Siemens e dalla Solarex. Altri moduli, tra cui quelli di fabbricazione italiana dell’Ansaldo e della neo costituita Solaris (poi Pragma, poi Enitecnologie), arrivarono a scaglioni successivi nel corso del 1981 e da ultimo nel 1982 e potemmo disporre anche d’alcuni moduli della padovana Helios Tecnology, società ancora oggi presente sul mercato. La sperimentazione fu condotta nella Stazione Sperimentale Fotovoltaica dell’ENEA, approntata per questo scopo alla Casaccia, dove è ancora in funzione (Coiante, 1984). La Fig.2 mostra un’immagine

di come era il sito alla fine del 1983. Si notano in primo piano i moduli della Solarex, in secondo piano quelli della Helios e dell’Ansaldo e sullo sfondo quelli dell’Arco Solar. Dietro al pannello Arco si intravede il prefabbricato dove erano alloggiate le apparecchiature di misura e di carico ed il sistema d’acquisizione dei dati di funzionamento.

I primi 10 anni di vita Si trattava rispettivamente di 60 moduli Arco Solar, modello ASI 2300-16 e 40 moduli Solarex modello HE60G, le cui caratteristiche tecniche sono riportate nella Tab.1. Al momento dell’arrivo dei moduli, furono ef-

Modello ASI 2300-16

Modello HE60G

Silicio monocristallino

Silicio monocristallino

35

72 (2x36)

Tonda

Quasi quadrata

78 cm (Φ = 10 cm)

39 cm2 (6,24 cm x 6,24 cm)

0,351 m2

0,298 m2

0,78

0,94

Potenza di picco

37 Wp

37 Wp

Temperatura di misura

28 °C

Materiale semiconduttore N. celle Forma Area della cella Area modulo Fattore di impaccamento

Intensità luminosa

2

1000 W/m

28 °C 2

1000 W/m2

Efficienza1

10,6%

12,6%

Tolleranza

± 10%

± 10%

Textured

Strato antiriflesso

Vetro/resina/plastica

Vetro/resina/plastica

1978

1978

Superficie delle celle Tecnologia d’assemblaggio Anno di costruzione

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31 24-01-2011 14:21:13


Fig.3 – Pannello fotovoltaico dei moduli Arco Solar nel 1983

Efficienza dopo 10 anni Nell’agosto del 1990, ho effettuato, con l’aiuto di un mio giovane collaboratore, la misura delle caratteristiche elettriche dei singoli moduli Arco e Solarex, mentre erano esposti alla piena illuminazione nelle ore centrali meridiane dei giorni sereni,

Module efficiency (%)

Module efficiency (%)

fettuate le misure di accettazione utilizzando i nostri strumenti, che erano stati tarati presso il Centro Europeo di Ricerche di Ispra. Rispetto alle specifiche dichiarate per l’efficienza, i risultati mostravano una differenza sistematica verso il basso, con valori collocati appena dentro la fascia di tolleranza (-10%). I valori medi, da noi misurati, risultarono all’incirca uguali al 9,54% per i moduli Arco e 11,34% per quelli Solarex. Pertanto, questi valori furono assunti come riferimento iniziale per le misure successive nel tempo. Nell’agosto del 1980 i moduli furono assemblati in due 11 pannelli, rispettivamente da 10 2,2 kWp e 1,48 kWp, e mes9 si in campo con esposizione 8 a Sud ed inclinazione di cir7 ca 42° (latitudine di Roma). 6 5 La Fig.3 mostra la fotografia 4 del pannello da circa 3 kWp 3 realizzato con i moduli del2 la Arco Solar. Partendo dal 1 basso, le prime 6 file conte0 nevano i 60 moduli, arrivati 0 5 10 nel 1980 (2,2 kWp) e messi in campo nello stesso anno, mentre le due file più in alto furono completate nel 1983 con moduli acquistati successivamente. Alla fine del 1980 gli impianti cominciarono a funzionare a regime sotto carichi diversi, mentre si provvedeva all’acquisizione automatica dei dati di esercizio. L’elettricità prodotta f luiva in una batteria di accumu-

latori elettrochimici, che alimentava in corrente continua alcune utenze domestiche, come un frigorifero, un televisore e l’illuminazione dei locali, mentre un piccolo inverter provvedeva ad alimentare in alternata una pompa sommersa con motore ad induzione per estrarre l’acqua da un pozzo artesiano. Per varie malaugurate vicissitudini, che sarebbe troppo lungo raccontare, non è stato possibile seguire nel tempo il funzionamento degli altri moduli installati, ma i dati di quelli della Solarex e dell’Arco Solar sono stati acquisiti per i primi 10 anni di vita e, come vedremo, per l’impianto Arco Solar l’acquisizione è continuata anche nei due decenni successivi.

Average Efficiency 8.84%

15

20

25 30 35 Module number

40

45

50

55

60

11 10 9 8 7 6 5 4 3

Average Efficiency 9.17%

2 1

Fig.4 – Efficienza dei moduli dopo dieci anni di funzionamento in campo. (Fonte: D. Coiante, S. Castello, 1991)

32 29_40 Inserto.indd 4

0

0

5

10

15 20 25 Module number

30

35

40

45

Dicembre 2010 24-01-2011 14:21:14


con insolazione sempre superiore a 700 W/m 2 . Dopo aver verificato l’uniformità della temperatura raggiunta a regime dalle celle sotto illuminazione, per ciascuna misura era rilevata la temperatura di una cella del modulo attribuendone il valore anche a tutte le altre dello stesso modulo. Questo dato era utilizzato per riportare il valore dell’efficienza ai 28 °C delle condizioni standard al fine di effettuare il confronto con i valori iniziali di riferimento. La temperatura era rilevata mediante una termocoppia tarata, posta in stretto contatto con la plastica (tedlar) che racchiudeva le celle nel lato posteriore dei moduli. La Fig.4 mostra il risultato finale dell’elaborazione delle misure nei due grafici, rispettivamente per i moduli Arco Solar e Solarex. Un solo modulo Arco Solar risultava guasto, ma la causa del suo mal funzionamento era dovuta ad alcune prove meccaniche invasive, cui era stato sottoposto durante le misure iniziali d’accettazione. Pertanto, ritenendo che il guasto fosse stato causato artificialmente e non dovuto all’invecchiamento naturale, scartammo il modulo, riducendo la base di osservazione sperimentale ai rimanenti 59 moduli. Dopo 10 anni, tutti funzionavano perfettamente.

°C

Max Err = 1.25%

40

20 1200

Max Err = 3.15%

IRRADIANCE

W/sqm

TEMPERATURE

60

L’efficienza media misurata era pari all’8,84% per i moduli Arco Solar e al 9,17% per quelli Solarex. Rispetto al valore di riferimento, si era prodotto nei dieci anni un calo complessivo d’efficienza del 7,34% per i moduli Arco e del 19,13% per quelli Solarex. All’osservazione visiva, i moduli si mostravano coperti da una patina opaca, che si era accumulata sul vetro nei dieci anni di esposizione all’aperto senza essere mai stati puliti. In particolare, lo strato di sporcizia era sistematicamente più spesso per i moduli Solarex. La differenza di comportamento era da attribuire al fatto che la superficie del vetro dei moduli Solarex era fatta a “buccia d’arancia” e, quindi, tratteneva di più la sporcizia, mentre quella dei moduli Arco era meno sporca perché liscia. In quegli anni, la conformazione bugnata del vetro dei moduli Solarex era ritenuta otticamente migliore perché permetteva, in teoria, un aumento dell’efficienza a causa dell’effetto antirif lesso. Nella pratica, però, la superficie ruvida si era dimostrata una trappola per la sporcizia ed i moduli erano passati da un’efficienza iniziale del 11,3% al 9,17% durante l’esposizione in campo per 10 anni, con un calo di oltre due punti. Dopo una grossolana pulizia del vetro, fatta con

900 10

Efficiency (%)

8 6

As measured (Max Err = 3.95%)

10 8 Extrapolated to T = 28 °C (Max Err = 4.25%)

6 0

5

10

15

20

25 30 35 Module number

Mean value = 8,74%

40

45

50

55

Fig.5 – Efficienza dei moduli Arco Solar dopo 23 anni di funzionamento continuo (Fonte: De Lia et al., 2003)

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acqua e spugna, il valore dell’efficienza era risalita sistematicamente dello 0.35% per i moduli Arco e lo 0,59% per quelli Solarex. Applicando questa correzione ai dati, l’efficienza media si portava rispettivamente al 9,14% per i moduli Arco e al 9,71% per quelli Solarex. Il calo d’efficienza era, pertanto, in parte recuperato, portandosi a –4,2% per Arco Solar e –14,4% per Solarex. Purtroppo la superficie del vetro a buccia d’arancia continuava a mostrarsi opaca e resistente ad ogni ulteriore lavaggio (con mezzi semplici). Questo comportamento fu ritenuto dalla stessa Solarex come un difetto sistematico, tanto che la conformazione del vetro a buccia d’arancia fu abbandonata nella produzione successiva dei moduli. In conclusione, potemmo attribuire all’efficienza dei moduli Arco Solar un coefficiente medio di degradazione per invecchiamento di -0,42% l’anno, mentre per quelli Solarex si aveva un valore molto più alto pari a -1,4% l’anno.

so medio del coefficiente di degradazione di circa -0,34% all’anno. Rispetto al valore iniziale di riferimento del 1980, (che era 9,54%), si registrava un calo complessivo d’efficienza per invecchiamento nei 23 anni trascorsi di circa 0,8 punti percentuali, corrispondente all’8,4%, cioè pari ad un tasso medio sull’intero periodo di -0,36% all’anno. Nell’estate del 2010, a 30 anni dall’installazione, i moduli Arco Solar ASI 2300-16 furono nuovamente sottoposti al rilevamento delle loro prestazioni. Nel tempo trascorso dopo le misure del 2003, per alcuni moduli si era verificato un inconveniente che non permetteva la misura delle loro caratteristiche. Per essi non era più possibile accedere ai terminali d’uscita contenuti nella scatola sigillata posta sul retro ( junction box) a causa dell’ossidazione delle viti. Pertanto, dopo numerosi tentativi non invasivi per l’apertura delle junction boxes, nel timore di danneggiare irreparabilmente i moduli, fu presa la decisione di scartare questi campioni dal rilevamento. Non potendo misurare direttamente le loro caratteristiche elettriche, ma avendo la prova indiretta del loro funzionamento (anche attraverso l’osservazione visiva dell’assenza di danneggiamenti macroscopici), si ritenne conveniente non considerare tali moduli guasti. Pertanto la base statistica fu ridotta ai 55 moduli, i cui terminali erano ancora accessibili alle misure. Il risultato è mostrato nella Fig.6. Due moduli risultavano già guasti alla data delle misure del 2003 (uno era quello danneggiato artificialmente), mentre altri 5 non erano più funzionanti al 2010. I rimanenti 48 funzionavano tutti, ma uno di essi mostrava l’efficienza degradata a circa il 4%. Considerando anche questo modulo come guasto ed effettuando la media sui rimanenti 47 moduli, l’efficienza è risultata pari all’8,3%. Negli ultimi sette anni, l’efficien-

Fig.6 – Efficienza dei moduli nel 2010 a confronto con quella del 1990 e del 2003 (Fonte: Abenante et al., 2010)

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Module Efficiency (%)

Dopo altri 13 anni Nel febbraio del 2003, dopo 23 anni di funzionamento, i miei ex-collaboratori (essendo io in pensione fin dal 1997) hanno ripetuto le misurazioni d’efficienza per i moduli Arco Solar ASI 2300-16 dell’impianto ancora al suo posto e in servizio alla Casaccia (De Lia et al., 2003). Purtroppo, non si è potuto fare altrettanto per i moduli Solarex perché, nel tempo trascorso, l’impianto era stato rimosso e i moduli dispersi per far posto ad altri esperimenti. I risultati delle misure sono mostrati nella Fig.5. Dei 59 moduli tenuti sotto osservazione, uno si era guastato, mentre 58 erano ancora perfettamente funzionanti. L’ispezione visiva mostrava, oltre la solita patina di sporcizia (recuperabile mediante spugnatura), un imbrunimento a chiazze della griglia metallica di raccolta delle cariche, deposta sulle celle. L’efficienza media era passata all’8,74% con un calo di 0,4 punti percentuali rispetto al valore di 9,14% del 10 1990. Pertanto si ri9 a scontrava un ulteriore a a 8 abbassamento relativo 7 del 4,4%, con un tas1980 (mean value at acceptance tests

b

a

a

c

a = not working in 2010 b = not working in 2003

6

c = not working in 1991

5

summer 1991

4 0

5

10

winter 2003

15

20

summer 2010

25 30 Module no.

35

40

45

50

55

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Fig.7 – Decremento nel tempo dell’efficienza media di conversione e tasso medio di degradazione per invecchiamento

10 9,8 9,6 9,4

-0,36% /anno

9,2

za è calata in termini 9 assoluti di 0,4 punti 8,8 percentuali, cioè del 5 8,6 % in termini relativi. Pertanto, il tasso di de8,4 gradazione in quest’ul8,2 timo periodo è salito a 8 circa -0,72% all’anno. 7,8 In definitiva, dopo 30 7,6 anni di funzionamento 7,4 sul campo, si può trar7,2 re il seguente bilancio: 1980 • 55 moduli sotto osservazione dal 1980 con efficienza media iniziale 9,5%; • 8 moduli guasti: 7 per invecchiamento e 1 per danneggiamento procurato; • 47 sopravvisuti; • efficienza media attuale 8,3% (87% del valore iniziale); • decremento assoluto d’efficienza in 30 anni pari a 1,2 punti percentuali; • decremento relativo totale -13%; La Fig.7 mostra l’andamento nel tempo dell’efficienza media di conversione. Nel grafico sono riportati i punti sperimentali e le barre dell’errore di misura, stimato intorno a ± 4% (De Lia, 2003). Nei limiti della fascia d’errore, possiamo approssimare il calo dell’efficienza con due tratte lineari, la prima dal 1980 al 2003 con un tasso di decremento dello 0,36% all’anno e la seconda dal 2003 al 2010 con il tasso di degradazione aumentato a -0,71% all’anno. Quest’aumento del tasso lascia presumere che sia

Percentuale dei moduli guasti Anno

Moduli guasti Percentuale (su 54)

1980

0

0%

1990

0

0%

2003

1

1,8 %

010

7*

13 %

*E’ compreso tra i guasti il modulo funzionante a efficienza ridotta al 4%

-0,71% /anno

1990

2000 Anno

iniziata la fase della degradazione finale dei moduli per usura. In ogni caso, occorre sottolineare che la potenza erogata nel 2010 dai 47 moduli sopravvissuti, dopo 30 anni di funzionamento, è ancora pari all’87% del valore iniziale: quindi non è stata ancora raggiunta la condizione di fine vita operativa, generalmente posta al limite del 50% delle prestazioni (quando si stima che i costi annui della manutenzione dell’impianto uguaglino all’incirca i proventi della vendita dell’energia alla rete). Avendo scartato dal conteggio dei guasti casuali il modulo danneggiato durante la fase iniziale d’accettazione, la base per la statistica dei guasti si riduce ai 54 moduli iniziali, che sono stati monitorati durante il processo d’esposizione in campo. Nella Tab.2 è riportata la sintesi del numero dei moduli guasti per invecchiamento rispetto ai 54 iniziali. La Fig.8 mostra il grafico della percentuale di moduli guasti in funzione del tempo d’esposizione in campo. La percentuale di guasti si è mantenuta bassa, sotto al 2%, fino ai 23 anni d’esposizione, poi essa è aumentata notevolmente nel periodo successivo, dove si può osservare chiaramente una tendenza esponenziale della crescita. L’analisi delle complesse cause di guasto, da sola, meriterebbe un’indagine chimico-fisica approfondita che esula dallo scopo di questo lavoro. Qui ci limiteremo ad alcune osservazioni visive macroscopiche: le fessurazioni apparse sulla lamina di tedlar, che sigilla il lato posteriore e l’imbruni-

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2010

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14

Fig.8 – Percentuale dei moduli guasti nel tempo rispetto ai 54 iniziali.

12

Percentuale moduli guasti (%)

mento delle celle, la cui temperatura sale ciclicamente nell’arco della gior10 nata, raggiungendo nelle ore meridiane dei giorni 8 limpidi valori anche superiori ai 50 °C. L’effetto 6 termico sulla resina si traduce in una decomposi4 zione chimica con emissione di agenti ossidanti. 2 Questi, a loro volta, sono responsabili dell’ossidazione (imbrunimento) 0 10 15 20 25 30 0 5 che si osserva sui contatti metallici delle celle. Ne Tempo di esposizione (Anni) deriva un aumento graduale nel tempo della remento dei moduli. Per quanto riguarda il primo sistenza serie parassita, che produce perdite ohmiche fenomeno, la fotografia di Fig.9 mostra in dettaglio responsabili del calo progressivo dell’efficienza. la situazione. Le fessure sono presenti in numero- Questo processo è risultato particolarmente evidensi moduli, ma il loro funzionamento è ancora più te nel caso dell’EVA (acetato di viniletilene), resina che soddisfacente, come dimostra il livello medio che era stato usata per l’incapsulamento dei moduli d’efficienza ancora presente (87%). Le singole cel- di Carrisa Plain: il prodotto della decomposizione le continuano ad essere protette dalla resina PVB è acido acetico, agente fortemente ossidante. Nel caso dell’incapsulamento con il PVB (polid’incapsulamento. Il secondo fenomeno, l’imbrunimento, è stato stu- vinilbutirrale), il fenomeno è molto lento, perché diato già da qualche anno (Wenger, 1991), proprio questa resina è molto più stabile con la temperatuin relazione ai moduli Arco Solar del grande im- ra. L’invecchiamento è reso evidente soltanto dopo pianto da 5,2 MWp di Carrisa Plains in California, molti anni d’esposizione. impianto realizzato nel 1984 e smantellato dopo cir- Tornando al nostro impianto, la Fig.11 mostra la ca 6 anni di funzionamento a causa del consistente foto di una parte del pannello Arco Solar come si degrado dell’efficienza dei moduli (-50%). Lo studio presenta oggi. Si distingue chiaramente la diffeha messo in evidenza due fenomeni principali che renza di comportamento. I moduli dell’Arco Solar, causano l’invecchiamento: l’imbrunimento del me- considerati in questo lavoro, sono quelli chiari in

tallo dei contatti deposti sulle celle per la raccolta delle cariche elettriche e l’opacizzazione della resina d’incapsulamento delle stesse. Avviene che, sotto l’azione della radiazione solare, soprattutto ad opera dei raggi ultravioletti, la resina epossidica si modifi-

ca opacizzandosi lentamente. La riduzione della trasmittanza ottica produce un abbassamento dell’efficienza di conversione. La radiazione solare è anche responsabile del riscalda-

Fig.9 – Fessurazione del foglio posteriore di tedlar in corrispondenza del contorno delle celle (Foto, fatta nel 2010, gentilmente fornita dall’ing. F. De Lia dell’ENEA)

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Fig.10 – Ossidazione della griglia di raccolta delle cariche su alcune celle dei moduli ARCO ASI 2300-16 dopo 30 anni d’esposizione (Foto, fatta nel 2010, gentilmente fornita dall’ing. F. De Lia dell’ENEA)

basso. Per essi è stato usato il PVB nell’incapsulamento delle celle e ciò rende conto della quasi perfetta conservazione. I moduli delle due fi le più in alto, che facevano parte di una seconda fornitura e che furono istallati nel 1983, erano stati incapsulati con EVA. Essi mostrano chiaramente i segni dell’imbrunimento, cosa che comunque non impedisce loro di funzionare a prestazioni ridotte, ma ancora soddisfacenti. In conclusione, i risultati dell’esperimento condotto dall’ENEA hanno evidenziato alcuni aspetti fondamentali: • Ponendo convenzionalmente il limite della vita operativa al raggiungimento della soglia dell’50% del valore della potenza iniziale, possiamo affermare che il nostro impianto fotovoltaico ha dato la dimostrazione sperimentale di una durata superiore ai 30 anni. Pertanto, le stime del costo del kWh, basate su questo valore sono da considerare attendibili. • Il decremento graduale dell’efficienza di conversione nel tempo non è trascurabile (circa 13%). Questo dato deve essere tenuto in conto nei calcoli preventivi del costo di produzione dell’energia, inserendolo nel fattore di prestazione dell’impianto. • La percentuale dei moduli guasti si è mantenuta entro il 2% fino a 23 anni d’esposizione e poi è salita al 13% ai 30 anni. Nei conti economici oc-

corre, pertanto, considerare anche le spese corrispondenti per la sostituzione dei moduli guasti. Ringrazio l’ing. Francesco De Lia dell’ENEA per la fornitura di alcune fotografie, per gli utili commenti a questo lavoro e per gli scambi d’opinione

in merito alle osservazioni sperimentali circa i processi d’invecchiamento dei moduli.

Bibliografia 1. D. Coiante, 2008, Fotovoltaico: il processo evolutivo e le nuove frontiere, Edizioni ENEA, Dicembre 2008, ISBN 88-8286-174-0 2. D. Coiante, 1984, L’area sperimentale dell’ENEA per la prova e la qualificazione di componenti e sistemi fotovoltaici, Notiziario ENEA N.11/12 Novembre/Dicembre 1984, pp.36-46 3. D. Coiante, S. Castello, 1991, PV Module Performances After Ten Years of Continuous Outdoor Operations, Proceedings of the Biennal Congress of the International Solar Energy Society, Denver, Colorado USA 19-23 August 1991, 181-185 4. F. De Lia, S. Castello, L. Abenante, 2003, Efficiency Degradation of C-Silicon Photovoltaic Modules after 22-Year Continuous Field Exposure, 3th World Conference on Photovoltaic Energy Conversion, May 11-16 2003, Osaka, Japan 5. L. Abenante, F. De Lia, S. Castello, 2010, Longterm Performance Degradation of C-Si Photovoltaic Modules and Strings,25th European Photovoltaic Solar Energy Conference and Exhibition, 6-10 September 2010, Valencia, Spain 6. Wenger H. J., Shaefer J., Rosenthal A., Hammond B., Shlueter L., 1991, Decline of the Carrisa Plains PV Power Plant: the Impact of Concentrating Sunligth on Flat Plates, Proc. 22th IEEE PVSC, pp.586-592

Fig.11 – Pannello Arco Solar (in parte) nel 2010 (Foto gentilmente fornita dall’ing. F. De Lia dell’ENEA)

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Innovazione

Fotoni sostenibili di Pietro Cambi

I pannelli fotovoltaici in CdTe sono sostenibili. Contrariamente a ciò che si pensa

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metro cubo di Cd-Te. Quindi ci vorrebbero 1.600 metri cubi di Cd-Te per installare 320GWp. Per i nostri circa 6.000 metri quadri ci sono voluti circa 3 decimetri cubi (3 litri) di Cd-Te, ovvero 18 chilogrammi. Per l’attuale produzione annuale della First Solar, circa 2 GWp, ce ne vogliono circa 25 metri cubi. Poiché per fare un metro cubo ci vogliono circa 6 tonnellate di Cd-Te, si evince che il principale produttore mondiale abbisogna di 150 tonnellate all’anno di Cd-Te. Di queste, con una semplice proporzione approssimativa, circa 90 di Cadmio e 60 di Tellurio. Per installare 320 GWp, in dieci anni, ci vorrebbero circa 24.000 tonnellate l’anno. Una quantità che per il Cadmio, come si vede anche dal grafico, con circa 1.600 tonnellate, costituirebbe una modesta frazione della produzione mondiale annuale. Il problema nasce per il Tellurio, per cui si parla di cifre oscillanti intorno alle 800 tonnellate/anno come produzione potenziale a partire dalla lavorazione di altri minerali e specialmente dai processi di purificazione del rame, mentre quella reale è

World production (tons/year)

n questa immagine potete vedere la produzione mondiale di Cadmio che si dispiega, in tutta la sua beltà, un apparente ondulating plateau, prodromico al raggiungimento e superamento del picco di produzione. Insieme ad altri soci Aspo, sto cercando di realizzare tre impianti fotovoltaici che utilizzano la tecnologia Cd-Te. Siamo stati tra i primissimi, come al solito, sia in Toscana che in Italia, anche se al mondo questa tecnologia che è ormai conosciuta e apprezzata e negli anni prossimi, per meri motivi di produttività (anche e soprattutto energetica, EROEI) e di costo, soppianterà buona parte delle tecnologie basate sul silicio. Dopo aver sviscerato per benino il discorso della presunta pericolosità di questi pannelli, della loro durata nel tempo e della loro produttività, ci resta ancora da verificare se la futura produzione fotovoltaica mondiale potrebbe essere sostenuta da questa tecnologia, sulla base delle disponibilità di Cadmio e Tellurio. Intanto partiamo da considerare che lo spessore attuale è in calo, si veda in fondo a questo post (forse di un fattore dieci) dello strato di Cd Te deposto sui pannelli è 25000 di circa mezzo micron, ovvero mezzo milionesimo di metro (la grandezza di un globulo rosso 20000 è di 10 micron, per capirsi). Lo scenario più estremo per l’Europa prevede, ad esempio, 320 15000 GWp installati nel 2020, con una produzione elettrica pari al 12% del totale. 10000 Con una efficienza di circa l’11% questa potenza corrispon5000 0 de all’incirca a 3.2 miliardi di metri quadri, 320.000 ettari 3200 km quadrati. Per 200 et0 tari di pannelli, con uno spesso1900 1910 re di mezzo micron, ci vuole un

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di circa 200 tonnellate/anno. Allo stato dell’arte le potenziali, notate bene, 800 tonnellate di Tellurio, sarebbero sufficienti ad una produzione di circa 26 GWp di pannelli fotovoltaici. Le 200 tonnellate reali basterebbero per circa 6GWp, ovvero il triplo della produzione First Solar per il 2011. Se le cose non cambiassero, quindi, non potremmo raggiungere quell’obbiettivo entro il 2020. Ci vorrebbero, infatti, 12 anni di produzione mondiale per arrivare a fornire il tellurio necessario, alle tecnologie attuali, per 320 GWp. Per essere esatti, con la produzione reale attuale di Tellurio, 200 tonnellate, non potremmo nemmeno sostituire la produzione attuale mondiale di pannelli fotovoltaici, nonostante la competitività della tecnologia rispetto al silicio. È quindi chiaro che questa tecnologia potrà espandersi con la velocità necessaria se e solo se nuove tecniche di deposizione ultrasottile entrano nella fase produttiva.

Realtà possibili È possibile? Probabilmente sì: senza andare molto lontano, una start up è appena stata ri-finanziata dal Monte dei Paschi di Siena e pare che con questa tecnologia gli spessori caleranno ad un decimo di quelli attuali. Se sarà cosi e se si aumenteranno le percentuali di Tellurio recuperato dalla fanghiglia anodica durante la produzione del rame, la produzione annuale di tellurio dovrebbe bastare per 260 GWp e non vi sarebbero particolari problemi di disponibilità della materia prima. Entro il 2020 il fotovoltaico, anche grazie al calo continuo dei costi industriali dei

pannelli (siamo attualmente a 0.79 dollari per Wp con prospettive prossime di arrivare a 0.5) potrebbe cominciare a stare in piedi anche senza il conto energia o similari contributi. In ogni caso, già nel 2020, il conto energia sarà solo il 60% dell’attuale, con il trend previsto nei prossimi anni che, ovviamente, potrebbe essere accelerato. A quel punto darà un contributo di circa 0.2 Euro/kWh, pari al valore medio di vendita del kWh a quella data (con un aumento annuo per quest’ultimo, non irragionevole, del 5% annuo). E nel futuro ulteriore, con il picco del Cadmio e del Tellurio? Poiché già attualmente si parla di un recupero al 95% per i pannelli in CdTe, una volta che i primi pannelli avranno raggiunto fine vita, potranno essere riciclati e non ci sarà bisogno di mantenere gli attuali livelli di estrazione delle materie prime. Ricapitolo: le previsioni di crescita per il fotovoltaico in Cd-Te potrebbero saturare, da qui al 2020, le capacità produttive del Tellurio. Questo non si verificherà se nuove tecnologie, che permettono sensibili aumenti di produttività a parità di materiale, arriveranno alla fase produttiva. Queste tecnologie sono in effetti già esistenti e vengono attualmente sviluppate in fase preproduttiva anche a casa nostra. Cosi stando le cose possiamo stare ragionevolmente tranquilli che anche una forte espansione della produzione fotovoltaica mondiale, basata sul Cd-Te, del resto necessaria per attenuare il post picco del petrolio e del gas (quello del carbone arriverà più tardi) potrà essere sostenibile per il futuro prevedibile.

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Problematiche

La doppia vita del silicio di Amodio Di Luccio

Una delle polemiche che riguardano il fotovoltaico è quella del fine vita dei pannelli. Il riciclo dei pannelli fotovoltaici sembra essere una questione marginale, ma non lo è viste le enormi quantità di sistemi solari che si stanno installando in tutto il Mondo: Europa in testa. Il silicio di grado solare, infatti, è una materia prima la cui produzione impegna risorse ambientali ed energetiche importanti e il suo riutilizzo potrebbe portare a economie di scala notevoli con benefici sia dal punto di vista ambientale, sia sotto il profilo dei costi finali dei pannelli fotovoltaici. Si tratta, come tutte le questioni che attengono ai problemi energetici, di problemi legati alle prospettive di lungo periodo che hanno dinamiche analoghe in tutti i settori di produzione dell’energia. Per il fotovoltaico esiste un problema in più. Un’industria che punta a una vera sostenibilità ambientale, infatti, deve considerare il fatto, anche ai fini dell’accettabilità sociale, che in uno spazio temporale di un paio di decenni dovrà affrontare l’emergenza

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rappresentata da milioni di pannelli fotovoltaici giunti a fine vita che dovranno essere gestiti in maniera corretta. Per rispondere a queste istanze l’industria del fotovoltaico, prima tra quelle energetiche, ha fondato nel 2007 l’associazione europea Pv Cycle che ha come obiettivo la creazione di un programma volontario di raccolta e di riciclaggio dei moduli fotovoltaici a fine ciclo di vita. Si tratta di una presa di coscienza che, secondo gli ispiratori dell’accordo, il ministro francese dell’Ecologia, l’Energia, lo Sviluppo Sostenibile e la Pianificazione del Territorio Jean-Louis Borloo e il Commissario europeo per l’Ambiente, Stavros Dimas, deve distinguere le industrie coinvolte nelle tecnologie rinnovabili da quelle fossili e inquinanti, che sono maggiormente legate al consumo di territorio, di risorse naturali, di materiali e che non sembrano al momento interessate alla questione.

Aziende volenterose L’iniziativa permetterà di ridurre lo spreco e consentirà il riutilizzo di preziose materie prime per la produzione di nuovi moduli. «È la prima volta che un settore dell’industria si organizza volontariamente a livello europeo per assicurare la raccolta ed il riciclaggio dei suoi prodotti. – ha affermato Jean-Louis Borloo. – Ponendosi, inoltre, traguardi estremamente ambiziosi». L’associazione, che conta 36 produttori europei di pannelli fotovoltaici, ed è aperta anche agli importatori, i quali a loro volta rappresentano oggi più del 70% del mercato fotovoltaico del Vecchio Continente, ha fissato, per il programma volontario, degli obiettivi ambiziosi che i membri del raggruppamento hanno ratificato con una dichiarazione congiunta. Nel concreto i produttori di moduli fotovoltaici si impegnano a raccogliere almeno il 65% dei pannelli fotovoltaici installati in Europa

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dal 1990 e a riciclare i materiali derivati dal loro smantellamento per almeno l’85%. «Per arrivare a questi risultati sarà necessario uno sforzo e una collaborazione di tutti i soggetti coinvolti come produttori, grossisti e importatori europei. - afferma Jan Clyncke direttore di Pv Cycle. – L’energia solare sarà realmente sostenibile soltanto quando il ciclo di vita dei pannelli fotovoltaici si chiuderà, permettendo l’utilizzo in ambito industriale di materie prime riciclate necessarie per la loro produzione». Il programma, finanziato dai produttori stessi, sarà pienamente operativo intorno al 2015, quando il numero dei pannelli da smaltire avrà raggiunto una massa critica tale da rendere conveniente l’attivazione di una catena di riciclo. E le previsioni sull’aumento dei rifiuti fotovoltaici vedono una rapida accelerazione visto che nel 2010 saranno 290 le tonnellate di rifiuti fotovoltaici, mentre si prevedono per il 2040 qualcosa come 33.500 tonnellate di moduli fotovoltaici ormai a fine vita. Nel frattempo l’associazione sta lavorando per risolvere i due problemi principali legati al riciclo dei sistemi fotovoltaici che sono: la logistica legata alla raccolta dei pannelli, ossia il censimento degli stessi, il trasporto, i centri di raccolta, il conferimento e lo smistamento; la messa a punto delle tecnologie dedicate al recupero e al riciclo dei materiali fotosensibili. Oggi, infatti, sono operative due tecnologie, quella messa a punto da Deutsche Solar che riguarda i pannelli a silicio cristallino e quella di First Solar, adatta ai moduli basati sul tellurio di cadmio, mentre si stanno sviluppando processi adatti alle altre tec-

nologie, come il film sottile. E il riciclo potrebbe risolvere anche una delle obiezioni ambientali che si oppone allo sviluppo dei pannelli a tellurio di cadmio che, a questo punto, non correrebbe più il rischio di essere smaltito in maniera indiscriminata nell’ambiente inquinandolo.

Silicio nel tempo L’approccio metodologico per il riciclo dei pannelli fotovoltaici prevede quattro fasi. La prima è quella dall’accantonamento dei fondi necessari all’atto della vendita del pannello attraverso il versamento di una quota in un conto vincolato non controllato dall’azienda produttrice. In questa maniera il denaro necessario al riciclo viene “immagazzinato” in una riserva protetta da eventuali fallimenti dell’azienda. La seconda fase riguarda la registrazione del luogo dove il pannello è installato, mentre la terza riguarda l’informazione sul riciclo che deve “sopravvivere”

COME È FATTO UN PANNELLO FOTOVOLTAICO E COSA SI RICICLA Il pannello fotovoltaico è composto principalmente dalle celle fotovoltaiche, realizzate con silicio oppure con altre sostanze con proprietà simili incapsulate tra due lastre di materiali plastici, di solito EVA (acetato di vinile) che le proteggono dall’umidità e dagli agenti atmosferici il tutto montato sotto a una lastra di vetro speciale, di solito vetro temprato a basso contenuto di ferro e ad alta trasparenza, per uno spessore di 4 millimetri che ripara gli elementi sottostanti dagli agenti atmosferici e in particolare modo dalla grandine. La lastra così composta è inserita in una cornice composta con dei profilati d’alluminio che hanno la funzione di irrigidire la struttura e renderla facilmente installabile. Silicio, materie plastiche, vetro e alluminio una volta separati sono facilmente riciclabili e utilizzabili per realizzare altri pannelli o oggetti di diversa natura.

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almeno 25 anni. Per fare ciò a ogni pannello fotovoltaico viene apposta un’etichetta che riporta il sito web e il telefono a cui rivolgersi, elementi utili per avere informazioni in sei lingue circa lo smaltimento e, soprattutto, indica il fatto che tutta l’operazione è gratuita visto che i costi sono già stati assorbiti e accantonati durante la fase di vendita. Successivamente è necessaria la fase logistica per trasportare e gestire i pannelli fino al centro di riciclaggio dove avviene lo smontaggio del pannello e la separazione dei materiali. La difficoltà principale di questa catena risiede nel fatto di mantenerla efficiente, sia sul fronte della logistica, sia su quello relativo all’informazione per oltre venticinque anni, un periodo che è decisamente più lungo rispetto altre categorie merceologiche. Altro fattore che potrebbe essere determinante per incentivare il riciclo è rappresentato dai risvolti sociali che questo possiede sul fronte dell’accettabilità di questa fonte. Gli utilizzatori finali del mercato domestico del fotovoltaico, infatti, sono caratterizzati da un’alta sensibilità ambientale e potrebbero essere disposti a spendere di più per avere una garanzia circa il corretto smaltimento dei pannelli a fine vita, cosa che potrebbe diventare per distributori e installatori una leva di marketing. Nel frattempo è First Solar la prima azienda dell’associazione ad annunciare un progetto operativo per la realizzazione del primo stabilimento europeo per lo smaltimento,

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il riciclo e il recupero dei pannelli fotovoltaici. L’impianto vedrà la luce a breve in Germania, nei pressi di Francoforte, e consentirà il recupero del 90% dei materiali di cui i pannelli sono composti, per riutilizzarli sia nella produzione di nuovi moduli, sia in altri prodotti. E mentre il fotovoltaico sembra aver chiuso, almeno in teoria, il proprio ciclo anche per quanto riguarda le turbine eoliche si sta cercando di realizzare un sistema analogo di riciclaggio e recupero.

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Materiali Il bambù è un materiale edile che consente realizzazioni di spessore

di Barbara Sembianti

La sostenibile leggerezza del Bambù

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l Bambù nasconde per la cultura occidentale molti segreti, ma in realtà è un materiale molto usato in oriente, anche per strutture di una certa importanza dal punto di vista strutturale. È un’erba “infestante”, presenta una capacità di crescita sorprendente, è leggero, quindi il trasporto è facilitato ed, infine, è estremamente resistente. Queste caratteristiche ne fanno un materiale eccellente dal punto di vista del risparmio energetico, poiché il risparmio ottenuto non risiede nella capacità di coibentazione di un edificio, quindi permette in tutta la catena che

lo porta dalla crescita, al trasporto, alla posa in opera, allo smantellamento, di creare risparmio energetico. Altra caratteristica che lo rende simile al legno, il suo antagonista naturale, è che può essere utilizzato per un’ampia gamma di prodotti: dalla struttura dell’edificio, alle finiture, all’arredo … ma non dimentichiamo anche il suo uso in cucina, in certe regioni del Mondo, nei cosmetici, per tessere alcuni filati e come combustibile. Grazie ad una crescita rapida ed al fatto che quando “nasce” il diametro è già della sezione definitiva, ogni anno possiamo ricavare

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fino a 25 volte il peso che ricaviamo dal legno. Dal punto di vista progettuale al bambù si deve la stessa attenzione che poniamo nella progettazione del legno, quindi attenzione all’umidità, cura nel realizzare “parti di sacrificio” per poter eliminare gli eventuali elementi deteriorati e valutazione dei vari tipi di snodi che si possono realizzare. Per maggiori informazioni potete visitare il sito: http://www.lab-architetturabioecologica.com/presentazione/progetti/paesi-in-viadi-sviluppo/. Nel 1778 Carl von Linné introdusse la descrizione del bambù in ambito scientifico basandosi sul termine indiano “Mambu” o “Bambu”. Il Bambù è un’erba legnosa della sottofamiglia delle Bambusoideae, facenti parte della famiglia delle Gramineae. Attualmente conosciamo circa 1.250 specie di Bambù, tra loro anche molto differenti: dal Bambù nano (di circa 10 cm di altezza) al Bambù più grande (che può raggiungere i 40m - 50m di altezza). Nel giro di 3-5 anni dal taglio il bambù raggiunge le altezze e gli spessori utili al nuovo taglio (per il legno servono circa 15-20 anni).

Tre gruppi In base al tipo di rizoma ed al tipo di canna si possono distinguere tre grandi gruppi di bambù: • bambù a rizoma monopodiale: crescono orizzontalmente spesso con una velocità ed un vigore sorprendenti (da qui il soprannome “runners”). A ogni internodo del rizoma si potrà sviluppare una nuova crescita in orizzontale, oppure in verticale con lo sviluppo di un culmo, per questo motivo possono essere invasivi. I bambù con rizoma monopodiale formano un bosco a struttura aperta con culmi che si ergono distanziati l’uno dall’altro. Sono caratteristici dei climi temperati ed includono, fra gli altri, i generi Phyllostachys e Pleioblastus; • i rizomi simpodiali sono corti e tozzi e danno origine ad un boschetto compatto con i culmi molto vicini fra loro. Il boschetto, quindi, si sviluppa uniformemente aumentando la propria circonferenza in modo non invasivo. L’habitat naturale dei bambù simpodiali sono le regioni tropicali ed includono, fra gli altri, il genere Bambusa; • esistono anche specie che non sono riconducibili né al gruppo dei monopodiali né a quello dei simpodiali, presentando una struttura rizomale intermedia. Queste specie sono tipi44 43_47 Bamboo.indd 2

che dei bambù che crescono ad altitudini elevate dove le condizioni climatiche estreme ne inf luenzano la crescita ed il comportamento. Un esempio è l’Arundinaria anceps. Va inoltre ricordato che, seppur le specie con rizoma simpodiale sono considerate tropicali, esistono numerose specie che si adattano anche al nostro clima, un esempio sono i bambù del genere Fargesia. Il nuovo germoglio che emerge dal terreno ha già il diametro uguale a quello che manterrà il culmo maturo. I bambù, infatti, non crescono in larghezza (come gli alberi) e l’altezza che il germoglio raggiunge nelle prime settimane sarà quella che manterrà durante la sua vita. La struttura del culmo, però, può cambiare con gli anni: per esempio la densità della parete aumenterà e la parete diventerà più spessa con la crescita. I culmi dei bambù possono avere un’incredibile varietà di forme e colori. Alcuni raggiungono lunghezze di molti metri, altri di pochi centimetri, alcune specie raggiungono diametri di molti centimetri, altri rimangono più sottili, alcuni crescono eretti altri si piegano sinuosamente. Solitamente sono di colore verde ma possono anche essere marroni, gialli, neri, rossastri, maculati o con strisce di colore diverso. Pur mantenendo la classica struttura con nodi ed internodi, esistono bambù con strutture particolari. Il Phyllostachys aurea per esempio, molto diffuso anche in Italia, presenta spesso inclinazioni del culmo, nodi irregolari, ed internodi corti alla base del culmo. Ancora più particolare è il caso del Phyllostachys pubescens var. heterocycla che presenta nodi in-

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clinati a 45 gradi nella parte bassa del nodo. I Phyllostachys solitamente culmo ed internodi gonfi e panciuhanno due rami per nodo: uno più È, quindi, un ti. In genere i culmi sono rotondi robusto ed uno più esile e più materiale dotato di ma, nel caso del Chimonobamcorto (a volte un terzo, ancora ottime proprietà mecbusa quadrangularis, si nota più piccolo, appare fra i due). caniche che, con un ele- I bambù Pleioblastus, Semiuna sezione quasi quadrata. Il genere Chusquea, infine, a vato modulo di elasticità, arundinaria, Sinobambusa e differenza degli altri bambù Chimonobambusa hanno tre permettono di utilizzarlo con culmi a sezione cava, è rami per nodo; Arundinaria anche per strutture tipodotato di culmi pieni. e Sinarundinaria da tre a sei; logicamente molto Dendrocalamus e Bambusa ne complesse. I rami hanno fino a nove. I bambù della Nella maggior parte dei casi i rami specie Chusquea, infine, hanno insi sviluppano solo quando il culmo ha torno ad ogni nodo un ciuffo che può raggiunto la sua altezza massima, ma non sempre arrivare fino a 50 rami. è così. I rami dei bambù Phyllostachys e Semia- La microstruttura del bambù è molto particolarundinaria, per esempio, crescono mentre il cul- re: la parte esterna è molto più densa di quella mo si sta ancora allungando. Nei bambù Sasa, interna, grazie alla maggior percentuale di silice Sasaella e Pseudosasa i rami crescono solo nella presente. Questa caratteristica determina la coparte alta del culmo, in altre specie i rami appa- stituzione di una “corteccia” esterna particolariono lungo tutta l’estensione del culmo. Questo mente resistente e la densità che diminuisce grafatto, però, è anche inf luenzato dalla quantità di datamente verso l’interno fa sì che il materiale luce ricevuta dalla pianta. Il numero di rami che sia particolarmente adatto nell’uso edile grazie si sviluppano da ogni nodo è un elemento impor- alla resistenza che si accompagna alla notevole tante per l’identificazione dei bambù anche se, leggerezza. È, quindi, un materiale dotato di ottime chiaramente, esistono eccezioni. I bambù della proprietà meccaniche che, con un elevato modulo specie Sasa e Pseudosasa hanno solo un ramo per di elasticità, permettono di utilizzarlo anche per

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Questa è la foto di un ponte realizzato interamente con struttura in bambù, ma non ci limitiamo solo nel sottolineare la capacità strutturale di questo materiale, ma anche la sua grande capacità “espressiva”.

alla flessione; pannelli prefabbricati di bambù e cemento; pannelli per pavimentazioni.

strutture tipologicamente molto complesse. La sua resistenza e leggerezza lo rendono paragonabile alle prestazioni dell’acciaio tanto che è stato definito appunto come “acciaio naturale”. In edilizia il bambù non viene utilizzato solo come elemento colonna/ trave, ma viene impiegato anche nella produzione di: pannelli per la costruzione di porte, pareti divisorie, scatole, ecc.; pannelli laminati con elevata resistenza

Strutture di bambù In zone come le Hawaii dove esiste carenza del mercato del lavoro, gli edifici realizzati in bambù costano 1/3 rispetto a quelli tradizionali. A livello strutturale ed in caso di terremoti il bambù è un materiale molto f lessibile, basta dire che viene utilizzato come materiale per strutture portanti nelle Hawaii dove i vulcani sono ancora attivi e i terremoti più che frequenti. Perché il bambù possa avere certe performance la struttura deve essere ben studiata, il materiale deve essere tutelato, si può provvedere, come per il legno, alla realizzazione di ambiti di “sacrificio” ma, soprattutto, la posa deve considerare le caratteristiche intrinseche del materiale e, quindi, l’assemblaggio deve rispettare alcune “regole” di base.

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La doppia vita del bambù «La pianta di bambù è l’oro verde dell’uomo povero: una persona può sedersi in una casa di bamboo sotto un tetto di bambù, su una sedia ad un tavolo fatti dello stesso bambù, con un capello di bambù sulla sua testa e sandali di bambù ai piedi. Allo stesso tempo può tenere in un mano una ciotola di bamboo, nell’altra bacchette di bambù che gli servono per mangiare germogli di bambù. Dopo aver consumato il suo pranzo, cucinato in un fuoco alimentato dalla combustione del bambù, il tavolo potrebbe essere pulito con un panno di fibre di bambù, può rinfrescarsi con un ventaglio in bambù, fare la siesta in un letto su di un materasso ed un cuscino fatti tutti di bambù. Al risveglio potrebbe fumare in una pipa di bambù, scrivere con una penna di bambù su carta da bambù e poi portare i giornali in cesti di bambù sospesi su di un’asta di bambù, con un ombrello di bambù sulla sua testa. Potrebbe attravversare un ponte sospeso costruito esclusivamente col bambù, bere acqua da una tubatura in bambù, ed asciugarsi il viso con un fazzoletto, ottenuto con le fibre di bambù» (Atal Bihari Vajpayee, ex primo-ministro dell’India).

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Anche se gli uomini si sono messi al riparo dagli eventi atmosferici per millenni grazie al bambù, questo ha scoperto una rinascita dal 2000 quando Simon Velez realizzò presso l’Expo di Hannover un enorme padiglione gigante con bambù della specie Guadua che ha dimostrato sufficiente resistenza a soddisfare i rigorosi regolamenti edili europei. Velez, ad oggi, rimane uno degli architetti maggiormente specializzati nell’utilizzo del bambù, avendone studiato le caratteristiche fisiche, le possibili e migliori applicazioni, dimostrandone tutti i vantaggi possibili. Velez così in Colombia ha realizzato ponti attraverso gole, enormi tetti di capannoni, stadi sportivi e centri commerciali, “Il bambù - spiega Velez, - è l’acciaio della natura. Qualunque ingegnere può utilizzare il bambù come l’acciaio, è davvero un materiale formidabile”.

La sostenibilità Il bambù ha anche delle eccezionali capacità nel contrastare l’inquinamento atmosferico: una

piantagione è in grado di catturare fino a 17 tonnellate di carbonio per ettaro all’anno, 40 volte superiore a quella assorbita da un bosco della medesima estensione. Ecco perché è considerato oggi uno degli elementi chiave per l’evoluzione sostenibile della produzione edilizia. Interessante a questo proposito è paragonare il bilancio energetico (energia richiesta per la produzione) di alcuni tipi di materiale da costruzione (MJ/mc per N/mmq): cemento: 240 - acciaio 1.500 - legno 80 - bambù 30. In alcuni Stati le piantagioni di bambù sono diffuse quanto quelle di legno. Il motivo è legato alla maggiore economicità del bambù rispetto al legno e anche alla maggior resa in coltura di quest’ultimo. La miglior resa è possibile sia grazie alle sue caratteristiche meccaniche, che se ben sfruttate permettono di spendere meno rispetto alla medesima costruzione realizzata in legno, sia alla rapidità di crescita che lo caratterizza, elemento che ha spinto diversi imprenditori a creare bambuseti per la raccolta del prezioso materiale.

Rittal – The System.

ENCLOSURES

POWER DISTRIBUTION

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CLIMATE

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CONT


Tecnologie Le case prefabbricate permettono flessibilità e risparmio energetico, ma in Italia sono ancora sinonimo di bassa qualità

di Sara Di Micco

Lo faccio prefabbricato

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n Italia circa un terzo delle abitazioni sono costituite da case unifamiliari, il 40% del mercato immobiliare. Dai dati Istat del 2006 sulla richiesta di permessi di costruire per nuove residenze si evince che, nei comuni capoluogo al di sotto dei 200.000 abitanti e, più in generale, in quelli non capoluogo, gli edifici di tipo mono-familiare superano quelli pluriplano. Nonostante la richiesta di questa tipologia edilizia sia molto alta, la sperimentazione di nuove tecniche costruttive fuori opera non ha ancora trovato la giusta diffusione nel nostro Paese, prevalentemente per motivazioni di tipo culturale. Siamo soggetti al peso di una tradizione costruttiva legata al mattone, nella quale il termi-

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ne “prefabbricato” continua ad essere erroneamente associato ai concetti di provvisorietà, precarietà e standardizzazione. Pregiudizi dovuti soprattutto ai fallimenti delle esperienze passate che hanno determinato edifici privi di qualità architettonica e di comfort, luoghi di emarginazione sociale e degrado. Esempio ne è dato dai quartieri popolari costruiti successivamente al terremoto dell’Ottanta. La prefab home appartiene alla cultura dei Paesi del Nord Europa e del Nord America mentre in Italia, a distanza di anni, questo tema necessita ancora di preparazione, dibattito, formazione. Oltre i confini nazionali le tecniche costruttive off-site sono, infatti, pratica comune.

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L’urgenza di agire in chiave ecosostenibile, la necessità di ridurre gli impatti, i consumi energetici e l’uso delle risorse, fanno dei sistemi industrializzati una possibile soluzione a tali esigenze dal momento che essi favoriscono il controllo delle prestazioni dell’organismo edilizio permettendo di tener conto, a monte, del processo delle variabili funzionali, statiche, formali, impiantistiche, materiche della costruzione e di programmare l’intera vita dell’edificio, cradle to cradle, dalla fase di realizzazione a quella di dismissione e riuso o riciclo dei materiali. Nell’ultimo decennio la sensibilizzazione verso una progettazione consapevole delle problematiche ambientali non riguarda solo i progettisti, ma vede coinvolto anche il mondo della produzione che, sempre più spesso, immette sul mercato prodotti in linea con i principi della sostenibilità, impiegando tecniche costruttive a basso impatto energetico come nel caso della casa prefabbricata. Le unità abitative prodotte industrialmente sembrano riscoprire una seconda generazione: i nuovi prefabbricati residenziali assicurano non solo tempi esecutivi estremamente competitivi ma anche prestazioni certificate, qualità, flessibilità e durabilità.

L’abitare flessibile Il progetto di un’abitazione, più di qualsiasi altro tipo di edificio, richiede di considerare gli aspetti psicologici ed affettivi dell’utenza e il contesto temporale nel quale viviamo. La casa è indubbiamente il luogo dove ogni uomo, durante la vita, trascorre la maggior parte del suo tempo stabilendo un legame profondo, intimo con lo spazio nel quale risiede. Riflesso delle emozioni e delle aspirazioni di chi vi abita, in qualsiasi parte del mondo sia realizzata, sia essa una villa vittoriana o una capanna Masai. Nell’immaginario collettivo, la casa è uno spazio familiare, parte delle nostre radici e dei nostri ricordi, il luogo nel quale progressivamente si afferma la nostra personalità, uno spazio unico perché espressione della nostra unicità, nessun altro è uguale a noi, nessuno manifesta i nostri stessi desideri. Questo senso di appartenenza si confronta in questo determinato periodo storico con i profondi e rapidi cambiamenti a cui è sottoposta la società sia dal punto di vista culturale che abitativo. La velocità è il reale comun denominatore della vita contemporanea, l’uomo si prepara a rispondere nel modo meno traumatico ai mutamenti che coinvolgono, spesso in modo repentino, la sua vita personale e lavorativa. L’architettura si trova, quindi, a dover rispondere a nuove istanze e non può che

essere espressione di innovazione e flessibilità. L’utilizzo di sistemi industrializzati favorisce, appunto, una maggiore flessibilità rispetto ai bisogni della committenza, che, con il passare degli anni e il variare delle abitudini, può, con maggiore facilità rispetto ai sistemi costruttivi tradizionali, pianificare la modifica o l’ampliamento di una parte o dell’intera abitazione, programmandone, inoltre, la durata e le operazioni di manutenzione. La vita è, ormai, soggetta ovunque ad un cambiamento costante, cambiamento a cui la nostra stessa abitazione dovrebbe necessariamente essere sottoposta. Da single, si passa al rapporto di coppia, si divorzia o si hanno dei figli, i figli crescono e formano dei propri nuclei familiari, le situazioni che viviamo di volta in volta sono completamente differenti, noi stessi mutiamo, le nostre esigenze o priorità variano. Come è possibile pensare di vivere in uno spazio immutato nel tempo? L’utilizzo di tecnologie off-site potrebbe offrire all’attuale panorama urbano nuove prospettive, la progettazione potrebbe, partendo dallo studio del contesto, dei cambiamenti sociali, culturali ed economici in corso, sperimentare nuove soluzioni abitative che pongano in costante relazione l’ambiente naturale o urbano preesistente, l’uomo e l’innovazione tecnologica.

Risparmio energetico La costruzione fuori opera si coniuga perfettamente alle tematiche della sostenibilità ambientale come il riciclo-riutilizzo dei materiali, la riduzione degli scarti e sprechi di materiale, l’abbassamento dei consumi energetici, il minore inquinamento derivante dal trasporto del materiale. Si consideri, infatti, che la realizzazione di una prefab home riduce del 90% la produzione di rifiuti da cantiere con il conseguente abbattimento di CO2.

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tutto sviluppa risposte altamente tecnologiche. Alle offerte tecniche si aggiungono, poi, quelle commerciali: i cosiddetti pacchetti “chiavi in mano” che offrono la programmazione e il controllo, grazie ad uno staff di tecnici specializzati (architetti, ingegneri), dell’intero processo edilizio, un’assistenza totale per il cliente che include progettazione, gestione delle pratiche e dei finanziamenti e, in alcuni casi, la scelta e l’acquisto dell’appezzamento di terreno sul quale si andrà a costruire.

L’elevato controllo dei processi produttivi in fabbrica con la conseguente riduzione degli errori di produzione e montaggio dà la possibilità di prevedere costi certi, bloccati sin dalla fase di progettazione, svincolati da variazioni in corso d’opera, tipiche dei sistemi di costruzione tradizionali. I vantaggi dell’off-site sono numerosi, ad essi si aggiunge la possibilità di operare in cantiere anche in periodi di clima sfavorevole, facilmente e velocemente. Per quanto riguarda il problema del risparmio energetico le imprese, dovendo rispondere ad un pubblico sempre più informato ed esigente, sono capaci di offrire sul mercato case prefabbricate a consumi ridotti, in classe A, B o perfino completamente autonome. La prefabbricazione, infatti, offre versatilità costruttiva e una serie di facilitazioni a livello impiantistico, semplifica la predisposizione ed installazione degli impianti elettrici, idrici e di climatizzazione che, attraverso una buona progettazione, permettono l’abbassamento dei consumi. La necessità di rispondere ad una domanda attenta alle tematiche ambientali, all’uso di materiali e tecniche ecosostenibili diviene il motore della sperimentazione di sistemi innovativi in questo settore. Il mondo della produzione è capace di guidare le scelte della committenza: sviluppa soluzioni interessanti e competitive per il risparmio energetico, mostra attenzione al design, alla domotica, cura gli aspetti formali e spaziali dell’abitazione, ma soprat-

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L’esempio inglese La diffusione della prefab home, negli ultimi decenni, ha trovato nuova linfa nel lavoro di architetti e designer impegnati nella progettazione di soluzioni innovative che coniughino nuove tecnologie e strategie eco-sostenibili. La sensibilità verso una nuova coscienza ambientale ha avuto un ruolo a favore della costruzione industrializzata, a tal punto che il prestigioso MoMa di New York ha dedicato al tema della residenza unifamiliare prefabbricata una esposizione (20 luglio - 20 ottobre 2008) dal titolo “Home Delivery: fabricating the modern dwelling” e sull’argomento sono stati indetti numerosi concorsi internazionali.Il vero motore della ricerca rimangono, però, le aziende che, soprattutto quando lavorano in tandem con i centri di ricerca pubblici o privati, sono capaci di delineare le vere linee di sviluppo sia in merito all’innovazione, sia in rapporto alla crescita economica e al cambiamento degli stili di vita. Nel Regno Unito, infatti, proprio la sinergia tra il mondo imprenditoriale e il BRE (Building Research Establishment) ha dato origine all’Innovation Park, un parco nato per mostrare le innovazioni nel settore delle costruzioni che, a scadenza biennale, ospita una fiera, l’OFFSITE, interamente dedicata alle tecnologie della prefabbricazione. Nel 2007 nell’ambito dell’evento furono realizzati sei edifici dimostrativi, una scuola e cinque abitazioni. I prototipi avevano lo scopo di dimostrare come la moderna prefabbricazione sia espressione di qualità e sostenibilità e, inoltre, come tali sistemi risultino particolarmente duttili rispetto all’integrazione impiantistica e alle possibili configurazioni degli spazi interni. Tale iniziativa ha oltretutto il fine di sensibilizzare operatori e acquirenti verso scelte edilizie ecoorientate e istruire e formare la manodopera rispetto ai modern method of construction. Gli edifici sono progettati secondo i principi dell’architettura bioclimatica, coniugano strategie attive e passive per il risparmio dei consumi sia elettrici che idrici: utilizzano fonti di energia rinnovabile attraverso l’uso di

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fotovoltaico, solare termico, minieolico; un’offerta estremamente competitidispongono di un alto livello di isova sul mercato. Il progetto presta La necessità di lamento (realizzato con materiali grande attenzione sia alla scelta rispondere ad una naturali e bio-compatibili o con dei materiali, naturali o ecodomanda attenta alle temateriali a cambiamento di compatibili, (canapa, vernici matiche ambientali, all’uso biologiche, legno proveniente fase), tripli vetri, infissi a taglio termico, sistemi meccanici a di materiali e tecniche eco- da foreste certificate), sia rirecupero di calore, sistemi per sostenibili diviene il motore spetto al tema dell’isolamenla raccolta delle acque piovane to, con buoni livelli grazie ad della sperimentazione e per il riciclo delle acque grigie. una particolare miscela di cadi sistemi innovativi in Di recente il parco si è arricchito napa e calce inserita nelle parequesto settore. di nouve prefab home, tra le quali: ti perimetrali e all’uso di lana di Barratt Green House, Natural House, pecora proveniente da allevamenti Renewable House e Cub House. britannici. Tali scelte riducono la carbon Ognuna di esse risponde ai parametri imposti dal footprin dell’edificio che inoltre presenta un design Code for Sustainable Homes. La Barratt Green House flessibile in grado di soddisfare le mutevoli esigenze progettata da Gaunt Francis per conto della Barratt di vita della committenza e di adattarsi a differenDevelopment PLC soddisfa il sesto livello del Codice, ti contesti ambientali. Natural House rappresenta il massimo punteggio attributo ad una eco-house. l’unico prototipo dal design tradizionale, realizzaL’edificio, che per il suo design ha vinto anche il ta in blocchi di argilla, con pavimenti e infissi in Future Design Award, presenta le seguenti caratte- legno proveniente da foreste controllate, l’edificio ristiche: elevata massa termica, tripli vetri, alto isola- assicura alte performance energetiche, anche grazie mento, persiane per ottimizzare il guadagno solare, all’isolamento in lana di pecora. L’utilizzo di masistema meccanico con recupero di calore (MVHR), teriali naturali, non tossici mira, inoltre, a fornire flessibilità degli spazi interni affinché si possano un ambiente sano mentre la semplicità del sistema adottare diverse morfologie. Nel maggio del 2010 è costruttivo prefabbricato impiegato massimizza la stata inagurata Cub House, una casa modulare ideata velocità di realizzazione e riduce al minimo il bisoda Charlie Greig e prodotta dalla UK-based company gno di operai specializzati. L’abitazione è progettata FutureForm. L’edificio che raggiunge il quinto livello per cambiare negli anni dimensione e configuraziodel sistema di certificazione è costituito da modu- ne, tale versatilità nasce dalla volontà di far fronte ai li implementabili da 51 mq, può raggiungere i tre cambiamenti demografici e rispondere ai mutamenti piani di altezza e presenta una struttura in acciaio che il nucleo familiare vive nel lungo periodo. Come (riciclato per il 65%) con un elevato livello di isola- si evince anche dai progetti sopra descritti, l’esigenza mento. Al fine di ridurre i consumi energetici ogni di offrire sul mercato soluzioni personalizzate spincasa in produzione è dotata: di 42 mq di pannel- ge la ricerca aziendale verso la sperimentazione di li fotovoltaici, che oltre a ridurre i costi di gestione unità abitative modulari, capaci, attraverso l’aggredivengono una fonte di reddito per l’acquirente, e gazione dei moduli stessi, di creare edifici dalle difdi una pompa di calore ad aria utilizzata sia per il ferenti configurazioni: dal monolocale ad abitazioni riscaldamento invernale che per la produzione di con 2, 3 o più camere da letto; da un unico piano acqua calda. Va sottolineato che nel progetto sono a pluripiano. Ulteriore esempio di questa filosofia stati previsti anche sistemi per la raccolta dell’acqua è rappresentato dalla gamma di case kit Organics piovana, dispositivi per il risparmio idrico e apparec- dell’inglese Eco Tech, secondo la logica imprenditochi per l’illuminazione a basso consumo. riale la Eco Tech non crea case identiche, ma moduli (bagno, cucina, camere da letto), che possono essere Basso costo, alta qualità aggregati in modi diversi e variare nelle dimensioni, Un esempio di edificio che non fa uso di complica- finiture interne ed esterne. Anche il progetto Ruralte tecnologie ma ottimizza le proprietà dei materiali Zed dell’architetto Bill Dunster si basa sui concetti impiegati per ottenere un’abitazione sana e a basso di adattabilità e flessibilità, da cui la predisposizioconsumo di CO2 è Renewable House realizzata dal ne delle abitazioni a: disposizioni differenziate degli National Non-Food Crops Centre. La casa raggiun- spazi interni, dimensioni diverse, differenti forme di ge il 4 livello del Code for Sustainable Homes ed copertura che possono adattarsi a molteplici contesti è venduta a sole 75.000 sterline, rappresentando e orientamenti.

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Economia

Il credito del Sole di Amodio Di Luccio

Il sistema creditizio oggi è pronto per le rinnovabili anche se non tutti i problemi sono stati risolti

Che tipo di strumenti finanziari mettete a disposizione della clientela per le rinnovabili?

«L’offerta finanziaria della Banca per la realizzazione di impianti fotovoltaici si caratterizza come pacchetto formato da finanziamento a medio lungo termine con aggiunta di prodotti e servizi per coprire l’esigenza sia dell’azienda realizzatrice che per il privato, rispettivamente denominati WELCOME ENERGY e PRESTISOLE. Inoltre, al fine di rimarcare la particolare attenzione che la Banca dimostra verso le iniziative che favoriscono lo sviluppo sostenibile, sono attive una serie di accordi commerciali, nell’ambito delle misure di incentivazione all’utilizzo delle fonti energetiche alternative, con società di rilevanza nazionale operanti nel settore della produzione di energia elettrica, Enel-Si, Beghelli, Acea, Riello e altri ancora».

Quali sono i problemi che incontrate in questa vostra attività?

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l finanziamento del fotovoltaico è ormai una pratica in via di consolidamento nel nostro Paese. Abbiamo parlato di questo importante aspetto con il Dott. Giuseppe Russo, del settore prodotti specialistici dell’area sud-ovest della Banca Monte Paschi di Siena.

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«La richiesta della clientela per l’investimento nelle energie rinnovabili è bassa. Al momento viene dedicato tempo per informare sui vantaggi per le imprese connessi alla realizzazione di dispositivi fotovoltaici. Tra questi ci sono le indubbie facilitazioni economiche (incentivo diluito nell’arco di 20 anni commisurato alla quantità di energia elettrica generata dall’impianto e possibilità di vendere l’energia prodotta in eccesso) la produzione

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e i costi minimi di mantenimento dell’impianto viste le ridotte esigenze di manutenzione».

In pratica quali sono i parametri che considerate per il finanziamento delle rinnovabili?

«La Banca provvede ad effettuare l’istruttoria della pratica in un periodo breve e delibera la linea di credito anche sulla scorta del business-plan prospettico, che tiene presente i ricavi dal Gestore del sistema elettrico con riferimento ai rating interni assegnati alla clientela richiedente».

Nuovo Conto Energia. Che opinione ne avete dal vostro punto di vista?

«Il nuovo conto energia (nuovo regime di incentivazione all’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici che si realizzeranno nel triennio 20112013) dà stabilità agli operatori, per i prossimi anni. Infatti la normativa ha rivisto le tariffe incentivanti, anche tenendo conto dell’andamento decrescente dei prezzi dei componenti degli impianti, spingendo verso l’innovazione e il miglioramento degli standard professionali ed ambientali lungo tutta la filiera del fotovoltaico».

Gli impianti sulle coperture sembrano essere la nuova linea di sviluppo del fotovoltaico. Cosa ne pensate? Come vi state muovendo?

«Per gli impianti sulle coperture la Banca offre alla clientela “Retail”, acquirente di impianti fotovoltaici da installare su immobili di proprietà, che intenda richiedere la concessione della tariffa incentivante al GSR, il prodotto PRESTISOLEFinanziamento ai Privati per il fotovoltaico. Il pacchetto è composto da un prestito, che va da un minimo di euro 10mila ad un massimo di euro 50mila da rimborsare al massimo in 15 anni, e da polizza danni “all risk”. Riteniamo importante divulgare ed informare i cittadini su tutte le possibilità di utilizzare incentivi pubblici per realizzare interventi finalizzati alla riduzione dei consumi energetici e installare impianti di produzione da fonti rinnovabili, al fine di ottenere risparmi sulle bollette e contribuire al miglioramento della qualità dell’ambiente».

Nel mondo agricolo si pensa allo sviluppo delle serre fotovoltaiche. Cosa ne pensate, dal vostro punto di vista?

«La serra fotovoltaica è una serra agricola con

copertura (parte o tutta) costituita da pannelli fotovoltaici ed ha il valore aggiunto della tariffa totalmente integrata. Le serre fotovoltaiche si pongono l’obiettivo di combinare la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica a scopo economico con la produzione agricola. La Banca assiste l’impresa agricola con il prodotto Welcome Energy. Finanziamo il fotovoltaico mettendo a disposizione delle stesse finanziamento di impianti fotovoltaici rispondenti ai seguenti parametri: 1) impianti installati con potenza nominale non superiore ai 200KW; 2) impianti installati con potenza nominale superiore a 200 KW con almeno uno dei seguenti requisiti; a) l’energia fotovoltaica derivi da impianti con integrazione architettonica come definiti dal Decreto dell’economia e delle Finanze del 19- 2-2007; b) il volume di affari derivante dall’attività agricola sia superiore al volume di affari proveniente dalla produzione di energia eccedente i primi 200KW; c) entro il limite massimo di 1 KW per azienda l’imprenditore dimostri di detenere per ogni 10 KW installati, eccedenti i primi 200KW, 1 Ha di terreno ad uso agricolo. Va rimarcato che lo sviluppo delle fonti energetiche alternative svolge un’importanza strategica per le imprese agricole e costituisce una grande opportunità anche in termini di risparmio dei costi di gestione».

Per concludere. Quali sono dal vostro punto di vista le prospettive di sviluppo dei finanziamenti alle rinnovabili?

«Il gruppo Monte Paschi è da sempre molto sensibile al tema dell’ambiente. Fin dal 2005 ha progettato prodotti finanziari al servizio degli investimenti in energie alternative, con una gamma di prodotti di finanziamento per privati, imprese ed enti, che comprende mutui a medio–lungo termine, leasing e prestiti personali. Nel primo semestre 2010 sono stati finanziati quasi 900 progetti, per oltre 400 milioni di euro, anche per effetto di accordi di collaborazione e commerciali. L’introduzione del terzo conto energia, approvato nell’estate scorsa dalla conferenza “StatoRegione” che tra l’altro oltre alla revisione delle tariffe prevede incentivi specifici per gli impianti integrati con caratteristiche innovative e fotovoltaico a concentrazione, può rappresentare una svolta per indirizzare le famiglie e imprese ad un utilizzo efficiente dell’energia diminuendone le perdite e le dispersioni, puntando alla salvaguardia dell’ambiente».

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Scenari

ECONOMIE ENERGETICHE di Simone Malacrida

Geopolitica e finanza influenzano il mondo dell’energia in maniera forte

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iamo tutti coscienti che le fonti energetiche sono al centro di una vasta geopolitica che pervade gli interessi delle singole nazioni e dei rapporti tra di esse ma, forse, non abbiamo una precisa visione di quanto l’energia sia il vero cuore dell’economia moderna. Dal lato dei Paesi produttori di energia e, in particolare di quelli produttori di fonti energetiche fossili, il legame tra la risorsa energetica e lo sviluppo economico del Paese è facilmente individuabile. Le maggiori entrate di questi Stati risiedono proprio nello sfruttamento di queste fonti e ciò garantisce, almeno in linea teorica, un grande vantaggio economico, giacché quelle stesse nazioni possono adottare politiche fiscali interne molto favorevoli per i propri cittadini (con aliquote di tassazione molto basse) e per i capitali, attraendo così investimenti esteri ed alimentando ulteriormente la

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crescita interna. Molti Stati mediorientali devono alle risorse minerarie introiti superiori al 60% della propria ricchezza nazionale e questo schema si può applicare anche ad alcuni Stati africani (sia della zona mediterranea sia dell’Africa continentale) e a qualche nazione sudamericana (esempio, il Venezuela). Questa ricchezza basata sulle fonti fossili è abbastanza effimera essendo legata, comunque, a risorse energetiche destinate ad esaurirsi e, molte volte, è proprio questo presunto vantaggio di un basso sforzo sociale per avere buone ricadute economiche a rendere questa visione negativa dal punto di vista dell’innovazione di medio termine e della democrazia interna. D’altra parte, i Paesi consumatori di energia risentono notevolmente del costo della “bolletta energetica” dato che una delle principali voci di spesa a livello di bilancio

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statale è dovuta all’importazione delle fonti energetiche necessarie per alimentare l’industria e le attività nazionali (tanto per citare un esempio, l’Italia ha avuto nel 2008 una bolletta energetica di circa 60 miliardi di euro, pari al 4% del Pil). Anche in questi Paesi le ricadute occupazionali e lavorative del settore energetico, procurate dalle grandi industrie private e pubbliche che detengono buona parte della filiera e della distribuzione energetica, sono molto rilevanti generando una forte richiesta interna di manodopera, manifattura ed indotto locale.

Pil energivoro Sia dal lato dei consumatori sia dal lato dei produttori, dunque, l’energia incide notevolmente sul dato macroeconomico più evidente e più conosciuto per un singolo Stato: il Prodotto interno lordo. Possiamo, quindi, affermare come il “cuore” e il fondamento del modello economico capitalista sia dato dall’energia e dalle fonti energetiche fossili piuttosto che dal classico concetto per il quale sono le banche e gli istituti finanziari ad esserlo, detenendo le maggiori quantità di liquidità e, soprattutto, dei concetti base di capitale, credito e rendimento aggiunto. Questa superiorità è confermata analizzando semplicemente i dati di fatto. In Italia, la società principale quotata sui listini è ENI, mentre negli USA, tra le prime venti società per dimensioni globali, ve ne sono addirittura dieci appartenenti al settore energetico. Dando uno sguardo globale sull’economia mondiale, le prime quattro società del mondo per liquidità, dimensioni e capitalizzazione appartengono tutte al settore energetico (Exxon Mobil, PetroChina, Gazprom, General Electric), in particolare sono legate alle principali fonti o forme energetiche attualmente utilizzate, il petrolio, il gas naturale e la produzione di energia elettrica. Il settore energetico è, di gran lunga, il maggiore settore economico mondiale capitalizzando, nella totalità delle imprese coinvolte, circa tre volte l’intero settore finanziario mondiale (comprensivo di tutte le banche, assicurazioni e società finanziarie mondiali) e più di sette volte l’intero settore tecnologico elettronico, informatico e delle telecomunicazioni. Volendo estremizzare questo discorso, si può dire che l’energia è la prima economia al mondo, registrando un giro di affari mondiali tra le tre e le quattro volte l’intero Pil degli Stati Uniti. Tutto ciò indicava già da tempo la tesi, un po’ sconvolgente, che il sistema basato sul capitale ha nell’energia e non nel capitale il vero fondamento economico, in particolare, nell’energia derivata da fonti fossili perché il sistema attuale è basato all’80% sullo sfruttamento di queste risorse in un modello concentrato. L’estrazione, la distribuzione e le riserve di fonti fossili sono appannaggio di poche società a livello mondiale.

Fino agli anni Cinquanta queste società appartenevano principalmente agli Stati consumatori (in primis, gli Stati Uniti), mentre oggi le maggiori riserve di queste fonti fossili sono di proprietà di società statali dei Paesi produttori che sono quelli caratterizzati da bassi tassi di democrazia, generando un problema geopolitico mondiale di assoluta rilevanza. In aggiunta, i Paesi produttori di energia fossile detengono, tramite fondi statali noti come “fondi sovrani”, enormi disponibilità finanziarie che possono mettere in campo per rilevare partecipazioni significative o, addirittura, intere aziende, nei mercati occidentali aperti al liberismo, generando ricadute e problemi di non poco conto (è recente il caso Unicredit e le partecipazioni azionarie del fondo sovrano libico). Per completare il quadro relativo alla potenza economica del settore energetico, non va dimenticato che i maggiori fondi pensionistici mondiali hanno i loro proventi in questo settore (ad esempio il fondo pensionistico norvegese che costituisce la più grande redistribuzione locale di reddito interno di un Paese produttore). Tutto questo peso economico e finanziario si traduce in un ulteriore peso a livello lavorativo e occupazionale e, unitamente, in un peso politico e contrattuale di importanza strategica. Non vi è dubbio che le società private, pubbliche o i fondi di investimento del settore energetico riescono ad influenzare notevolmente, in modo maggiore rispetto ad altri soggetti legati a differenti settori, le strategie politiche internazionali di ogni singolo stato, le dinamiche interne di mercato e le decisioni sui piani energetici a medio periodo.

Inflazione da materia Infine, vi è un altro effetto fondamentale dovuto al sistema energetico mondiale concernente il costo delle materie prime e l’inflazione conseguente. Le principali fonti energetiche fossili, in particolare il petrolio e il gas naturale, influenzano direttamente alcuni costi come quello di produzione dell’energia elettrica o il prezzo dei carburanti. Un aumento dei prezzi del settore energetico ha effetti dirompenti su tutta la politica dei prezzi e sul valore generale dell’inflazione di una determinata area. Vista la sempre maggiore domanda e dipendenza energetica prevista in futuro, questi numeri e queste reciproche influenze non dovrebbero stupire, ma la consapevolezza che l’energia è in realtà, almeno da qualche decennio, il cuore del sistema capitalista, non si è tuttora diffusa e non si è concretizzata, salvo casi sporadici, in teorie economiche ben definite e strutturate. Da quanto brevemente esposto, possiamo, invece, affermare che l’energia è il vero (e quasi unico) motore dello sviluppo e della crescita economica dell’attuale società umana. www.ambientarsi.net

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Tecnologie La ricerca di più efficienza porta a una maggiore sinergia negli utilizzi finali.

di Amodio Di Luccio

Efficienza al cubo

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a sempre maggiore coscienza negli utilizzi dell’energia, dovuta sia a ragioni economiche che ambientali, sta portando tutti i settori produttivi a ripensare profondamente i metodi di sfruttamento dell’energia. La consapevolezza che siano ormai terminati i tempi dell’energia a basso costo e abbondante sta rapidamente portando sia il settore manifatturiero, sia quello della produzione e della gestione dell’energia, a trovare soluzioni che aumentino il rendimento complessivo dei processi. Una prova risiede nello sviluppo esponenziale che si è avuto negli ultimi anni dei sistemi di produzione energetica a cogenerazio-

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ne. Si tratta di sistemi di generazione elettrica nei quali il calore non più utilizzabile viene distribuito e utilizzato per usi domestici o industriali, incrementando l’efficienza totale dei sistemi. Questi impianti sono considerati favorevolmente sia dai settori industriali più avanzati sia dalle istituzioni comunitarie. Il capitolo dell’aumento dell’efficienza energetica negli utilizzi finali, infatti, è visto dalla Commissione europea come una vera e propria forma di energia equiparata alle fonti rinnovabili. Tutto ciò ha a che fare con una sensibilità, tutta europea, dovuta sia a una maggiore ricettività del vecchio continente, sia alla dipen-

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denza energetica da fonti esterne, giudicata da molti osservatori come un vero e proprio tallone d’Achille dal punto di vista delle strategie economiche e produttive. Oggi, accanto alla modalità consolidata e diffusa della cogenerazione, si sta affiancando quella chiamata trigenerazione. Questo sistema è una forma di produzione congiunta di energia elettrica, termica e frigorifera che consente la produzione combinata delle tre forme di energia attraverso un’unica combustione, recuperando il calore che, altrimenti, sarebbe perso a valle del processo. In questa maniera alle due funzioni tipiche della cogenerazione si aggiunge anche quella di condizionamento dell’aria, di raffrescamento e di refrigerazione. L’energia frigorifera in questi sistemi è prodotta tramite l’impiego di un normale ciclo frigorifero in grado di convertire l’energia termica in frigorifera, realizzando la trasformazione di stato di un fluido refrigerante. L’acqua refrigerata ottenuta in questo processo può essere utilizzata per il condizionamento degli ambienti industriali, degli uffici o delle abitazioni che sorgono nei pressi degli impianti. Le stime evidenziano un risparmio di energia che spesso supera il 60% e che possiede un grande valore sul fronte economico, sia delle utenze private, sia delle imprese. Per le industrie manifatturiere il vantaggio può essere anche maggiore nei casi in cui la combustione prodotta nelle caldaie e il calore siano presenti all’interno del normale ciclo produttivo sotto forma di scarto. In queste condizioni, l’ap-

plicazione della trigenerazione consente la riutilizzazione di calore e di fumi per produrre all’interno energia frigorifera, utilizzando energia che altrimenti andrebbe dispersa nell’atmosfera.

Triple applicazioni I sistemi di trigenerazione trovano applicazioni convenienti anche negli ipermercati e nei grandi edifici dove il fabbisogno di energia in tutte le sue forme, come calore, elettricità e raffrescamento è costante. La trigenerazione non riduce le emissioni inquinanti ma possiede tre grandi vantaggi: un maggiore rendimento della combustione rispetto alle grandi centrali termoelettriche, una produzione congiunta e contemporanea di tre diverse forme di energia e un’ottimizzazione dei fumi e del calore di scarico che altrimenti sarebbero perduti. Queste tre peculiarità si traducono in un notevole risparmio della spesa energetica ma i benefici non finiscono qui. La diffusione degli impianti di cogenerazione e trigenerazione, infatti, sta costruendo un promettente mercato nel settore della produzione indipendente e distribuita di energia per industrie, centri commerciali, strutture ospedaliere e interi quartieri residenziali. Le migliori tecnologie di trigenerazione, collaudate, affidabili e mature, hanno evidenziato elevati rendimenti globali che si aggirano intorno all’86%, di cui il 42% sotto forma di energia elettrica, il 44% di energia termica che può essere trasformato, in alternativa, in un 31% di energia frigorifera.

Vantaggi della cogenerazione e della trigenerazione. • Riduzione del combustibile. L’installazione della Chp (cogenerazione) e della Chcp (trigenerazione) porta ad una riduzione di combustibile del 25%. • Riduzione delle emissioni. La riduzione dell’inquinamento atmosferico è pari alla riduzione del combustibile. Con l’uso del gas naturale le emissioni di SO2 e i fumi si riducono a zero. • Benefici economici. I costi energetici degli impianti di trigenerazione sono più bassi di quelli degli impianti tradizionali con riduzioni di prezzo che oscillano tra il 20 e il 30%. • Aumento dell’affidabilità della fornitura di energia. L’allacciamento dei piccoli impianti di Chp alla rete può garantire un funzionamento ininterrotto dell’unità in caso di interruzione della fornitura energetica generale dalla rete. A livello Paese, favorire la generazione dell’energia decentralizzata, significa ridurre il bisogno di grandi centrali elettriche che incrementano l’occupazione a livello locale. • Aumento della stabilità delle reti elettriche. Gli impianti di trigenerazione offrono un supporto alle reti elettriche durante i caldi mesi estivi. La richiesta del freddo è soddisfatta mediante il processo dell’assorbimento, anziché dal ciclo di compressione che utilizza l’energia elettrica. L’applicazione della trigenerazione, inoltre, aumenta la stabilità delle reti e migliora l’efficienza del sistema, poiché i picchi estivi sono coperti, spesso, attraverso impianti di riserva inefficienti con sovraccarico delle linee elettriche di trasmissione.

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Ospedali efficienti L’Ospedale di Udine diventerà autosufficiente sul piano energetico e nutrirà una parte della città con una rete di teleriscaldamento: è il Progetto Udine, dal valore complessivo di 97 milioni di euro. A consentire la combinazione di efficienza energetica, risparmio ed ecologia, è una grande Centrale tecnologica di trigenerazione che sarà realizzata nell’ospedale e garantirà la produzione di energia termica, frigorifera ed elettrica, per un totale di quasi 100 MW. Oltre all’autonomia energetica dell’ospedale, la centrale alimenterà una rete di teleriscaldamento che garantirà energia termica a edifici esterni, tra i quali l’Università, alcune scuole e una serie di condomini privati: in questo modo saranno di fatto eliminate le caldaie in 17 scuole e 16 condomini. I consumi energetici dell’ospedale saranno ridotti dell’11% e le emissioni in atmosfera tagliate del 32%. Il progetto vedrà la luce nel 2012 e, secondo i realizzatori, punta a diventare un modello nel campo dell’efficienza energetica ottenuta anche grazie all’alleanza tra pubblico e privato.

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La parte fondamentale di un impianto di cogenerazione, o di trigenerazione, è la macchina che produce elettricità e calore. Si tratta dell’apparecchiatura che caratterizza tutto il sistema e che può essere basata sulle seguenti tecnologie: la turbina a gas (ciclo Brayton); la turbina a vapore (ciclo Rankine); il ciclo combinato; il motore alternativo a combustione interna (Ciclo Diesel o Ciclo Otto); le celle a combustibile; i motori Stirling. Sono tecnologie che possono trovarsi sia ad uno stato di buona maturità, come le turbine a gas, le turbine a vapore, il ciclo combinato e il motore alternativo a combustione interna, oppure in uno stato di sperimentazione e ricerca come le celle a combustibile e i motori Stirling.

Con le rinnovabili La trigenerazione è poco diffusa in Italia perché difficilmente tali impianti raggiungono la convenienza economica. È necessario, infatti, che l’utenza finale abbia bisogno delle tre forme d’energia per lunghi periodi e in contesto geografico omogeneo. Poi bisogna anche considerare i costi del gruppo d’assorbimento che da solo costa quanto tutto il sistema di cogenerazione. «Questi sistemi, nell’attuale quadro di tariffazione energetica, possono diventare competitivi solo se lavorano per quasi tutto l’anno – afferma l’ingegnere Alex Sorokin, di InterEnergy –. Le cose cambierebbero se aumentasse la forbice tra il prezzo d’acquisto di elettricità all’esterno e il costo di produzione di energia all’interno, magari attraverso una defiscalizzazione del gas naturale per questi usi». Inoltre il funzionamento di un sistema a trigenerazione potrebbe avvenire anche con fonti verdi come il biogas, derivante dalla trasformazione anaerobica delle sostanze organiche costituite da metano, anidride carbonica, solforati e acqua, oppure tramite le biomasse quando queste si potranno rendere liquide o gassificare. In questi casi all’alta efficienza energetica si potrebbero sommare anche i benefici della riduzione delle emissioni, previsti dall’Unione europea e dal Protocollo di Kyoto.

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@mbientarsi La parola al lettore Caro direttore, si è appena concluso il vertice di Cancun. Nonostante la denuncia dell’Oxford University Centre for the Environment: “se le temperature non si arrestano in Africa si rischia l’olocausto”, sorge spontanea una domanda; a cosa servono ormai questi grandi meeting internazionali con un grosso esborso di risorse finanziarie per giungere poi a compromessi che puntano sempre più al ribasso con i Governi dei Paesi più ricchi che non vogliono mai rinunciare ai loro privilegi, anche a costo di far bruciare e inondare il Pianeta? I negoziatori di 43 Paesi tra Africa, Caraibi e Pacifico raccolti nell’Aosis (Alliance of small island states) hanno gridato che le temperature globali non dovranno crescere più di 1 grado e mezzo nei prossimi anni altrimenti i loro territori scompariranno come dimostra una ricerca dell’Oxford University Centre for the Environment, che ha calcolato che i danni, in 15 di questi Paesi, potrebbero arrivare tra i 4 e i 6 miliardi di dollari l’anno, con costi per infrastrutture difensive che, per alcuni Paesi, potrebbero superare i costi stimati di 10 miliardi di dollari. Bahamas, Suriname, Guyana, Trinidad e Tobago e Belize sarebbero le isole colpite più duramente, mentre andrebbero letteralmente sommerse Grenada, St Lu-

lettere@ambientarsi.net

cia, St Kitts e Nevis. I profughi ambientali supererebbero abbondantemente le 10mila unità, senza contare l’erosione delle spiagge e i danni alle strutture turistiche che, per molte di esse, rappresentano fino all’80% del Pil annuo. Dopo la denuncia, già arrivata a Copenaghen durante la Cop dello scorso anno, i 43 Paesi hanno annunciato un proprio piano per la creazione di un’economia “a basso tasso di carbonio”, con un pacchetto di aiuti “più significativo di quello oggi sul tavolo”. Purtroppo la loro sopravvivenza dipenderà solo dai Paesi “ricchi” ma non mi sembra che, in questo momento di crisi internazionale, ci sia la sensibilità e la cognizione che solamente una drastica riduzione delle emissioni di CO2 salverà il mondo intero dalle inondazioni e dalla siccità. Carlo Furlanetto Caro direttore, le scrivo a proposito dell’approvazione della legge di bilancio che assicura appena la sopravvivenza ai parchi nazionali visto che attribuisce 130 milioni di euro in 3 anni sufficienti solo per il pagamento del personale degli enti parco. Per svolgere il proprio ruolo essenziale i 23 Parchi nazionali hanno complessivamente ricevuto dallo Stato, in passato, circa 52 milioni di euro l’anno. Una cifra -

pari al costo di un caffè per ciascun cittadino - di molto inferiore a quella che sarebbe necessaria. Visti i tagli, però, non sarà più realizzabile, la produzione di grandi vantaggi economici per l’intera collettività, con un esiguo investimento di risorse. Come se non bastasse sono venuta a sapere proprio ora che il consiglio dei ministri potrebbe approvare lo smembramento del Parco dello Stelvio, una delle nostre più antiche e celebrate aree protette, come contropartita del governo all’astensione della Sudtiroler Volkspartei alla fiducia. Club alpino Italiano, Cipra Italia, Federparchi, Lipu, Legambiente, Mountain Wilderness Italia e Wwf Italia concordano con un processo di riforma dell’ente ma nel rispetto di tutti i territori e, soprattutto, dell’unitarietà della configurazione. Come andrà a finire visti il voto-mercato in corso? Anna Maria Sardi

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Appuntamenti World Future Energy Summit 17-21 gennaio 2011 Abu Dhabi, Emirati Arabi

www.worldfutureenergysummit.com

AGRIEXPO La Fiera per le Imprese Agricole

3-6 febbraio 2011, Fiera di Roma www.agri-expo.it

14th European Conference on Renewable Energy 21 gennaio 2011 Edimburgo, Scozia

Aqua-Therm Mosca 8-11 febbraio 2011, Mosca, Russia

www.aquatherm-moscow.ru/it ENERGIA 2011

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11-13 febbraio 2011, Pisa Energia 2011 rinnova l’obiettivo di offrire una panoramica esauriente sulle nuove tecnologie, fonti rinnovabili, bioedilizia e risparmio energetico, al fine di migliorare le conoscenze del settore e fornire uno spazio di comunicazione non solo per gli addetti ai lavori, anche grazie alla collaborazione dei numerosi media partner che hanno aderito all’iniziativa, ed offrire uno spazio agli utenti per affrontare ed approfondire il tema del risparmio energetico attraverso un approccio diretto con le aziende e con gli Enti.

PPP e Project Finance per le Energie Rinnovabili 26 gennaio 2011, Roma Dal bando di gara al finanziamento dell’impianto: profili giuridici, schemi finanziari, simulazioni e case study. Novità e impatti del III conto energia, delle nuove linee guida nazionali in materia di autorizzazioni e della direttiva fonti rinnovabili.

www.businessinternational.it Business Plan e Piano economico finanziario di in un impianto fotovoltaico dopo il III conto Energia 27-28 gennaio 2011, Roma Costruzione del Business Plan, elaborazione del piano economico-finanziario, analisi di redditività e bancabilità degli investimenti alla luce del III conto energia 2011-2013.

www.energia2011.com Photovoltaic Technology Show 16-17 febbraio 2011, S. Francisco, California

www.photon-expo.com GreenPort Logistics e Energy for Green Ports due eventi chiave dedicati alle prassi ambientali sostenibili

www.businessinternational.it KLIMAHOUSE 6° fiera internazionale specializzata per l’efficienza energetica e la sostenibilità in edilizia 27-30 gennaio 2011 Fiera Bolzano

www.fierabolzano.it/klimahouse EUEC 2011 31 gennaio-2 febbraio 2011 Phoenix Convention Center, Arizona

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23-24 febbraio 2011, Venezia

www.portstrategy.com Conferenza dell’Industria Solare 24-25 febbraio 2011, Roma La terza edizione della Conferenza dell’Industria Solare in Italia (CIS-IT 2011) Seguendo la tradizione delle conferenze organizzate da Solarpraxis in Germania, Spagna e USA, CIS-IT 2010 ha offerto una

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equilibrata miscela di visioni strategiche ed esperienze pratiche. La Conferenze dell’Industria Solare - Italia 2011 è organizzata dalla Solarpraxis di Berlino, una compagnia leader nei servizi dedicati all’industria del solare e delle altre energie rinnovabili, in collaborazione con Ambiente Italia e con il supporto di consulenza da parte di eclareon. Per l’edizione del 2011 è aperto il Call for Papers. Solarpraxis e Ambiente Italia invitano gli operatori di mercato, le associazioni, gli istituti di ricerca o di promozione, le istituzioni e amministrazioni pubbliche e i professionisti a proporre relazioni per la CIS-IT 2011.

www.solarpraxis.de EKOLOGIA 2011 Energia & Futuro Mostra Convegno 24-27 febbraio 2011 Bari, fiera Levante

www.rener.it/eventi World CTL Conference Coal & Biomass to Fluid Hydrocarbons: liquid fuels, natural gas and chemicals 1-3 marzo 2011, Parigi, Francia

ww.world-ctl.com Mostra Convegno Agroenergia – Tecnologie e Soluzioni 3-5 marzo 2011 Tortona, Alessandria

www.agroenergia.eu EWEC 2011 14-17 marzo 2011, Brussels. Belgio La European Wind Energy Conference & Exhibition (EWEC) è ampiamente considerato il più professionale, completo e informativo nel settore di provenienza del vento. Esso offre una opportunità unica di generare nuove attività.

www.ewec2011.info

Legno e edilizia 17-20 marzo 2011 VeronaFiere

www.legnoedilizia.com BIOENERGY 18-20 marzo 2011, Brussels, Belgio BIOENERGY si pone come obiettivo principale la valorizzazione del ruolo dell’agricoltura nella produzione di energia pulita. Biogas, ma anche fotovoltaico, solare, geotermico, eolico, idroelettrico, risparmio energetico per le famiglie e integrazione del reddito per le aziende agricole

www.bioenergyitaly.com

Ecopolis 2011 Buone pratiche e tecnologie per l’ambiente urbano e le città sostenibili 23-25 marzo 2011 Fiera di Roma

www.ecopolis.fieraroma.it Salon Bois Energie 2011 24-27 marzo 2011, Besancon, Francia

www.boisenergie.com Termoidraulica Clima Ecoenergie 2011 30 marzo-2 aprile 2011 Padova fiere

www.senaf.it Solar Terawatt-hours Conference 5-7 aprile 2011 Monaco, Germania

www.photon-expo.com Energethica, il 6° Salone dell¹energia rinnovabile e sostenibile 7-9 aprile 2011 Torino

www.energethica.it

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NEWS dall’ Europa

di Carla Gentili

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inalmente in arrivo nuovi fondi sul fronte ambientale. Il 2 settembre 2010 la Commissione Industria del Parlamento Europeo ha approvato lo stanziamento di 114 milioni di euro per le città, le regioni e gli enti locali per progetti di efficienza energetica e fonti rinnovabili. Si tratta della ridistribuzione dei fondi non spesi nel Programma Energetico Europeo per la Ripresa, istituito con il regolamento CE n. 663 del 13 luglio 2009 (programma che gode di un bilancio di quasi 4 miliardi di euro). I fondi saranno allocati soprattutto agli enti locali, che potranno impiegarli per rendere più ecologico il sistema di trasporto pubblico, sostenere progetti urbani a basso impatto ambientale, alimentare l’illuminazione stradale con fonti di energia rinnovabili, installare contatori intelligenti, creare nuovi parchi eolici ed avviare progetti di cattura e stoccaggio del carbone. Tra i progetti finanziabili rientrano gli interventi su edifici pubblici e privati, la produzione combinata di calore ed elettricità e le reti di teleriscaldamento e/o di teleraffreddamento ad alto rendimento energetico (soprattutto a partire da fonti di energia rinnovabili), le fonti energetiche rinnovabili decentrate e integrate nel contesto locale, i trasporti urbani puliti. I fondi sono attuati da uno o più intermediari finanziari e la selezione sarà effettuata sulla base della comprovata capacità degli intermediari finanziari al fine di consentire alla Commissione di condurre controlli rigorosi sull’uso dei fondi. Agli intermediari vengono finanziate unicamente le spese di gestione o i costi legati all’istituzione e all’attuazione dello strumento finanziario, che si deve limitare al finanziamento di misure sul miglioramento della sicurezza energetica e sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra. Fonte: Cordis (http://ec.europa.eu/research/energy)

In questo numero

 Il concorso “EUROPAN”  Le tecnologie cattura CO2  Il progetto “CARBO-EXTREME”  Il progetto “HYLIGHTS”

Reti di progetti sulle tecnologie di cattura e stoccaggio di CO2 L’Unione Europea intende ridurre del 50% le emissioni di anidride carbonica (CO2) entro il 2050. Per raggiungere questo obiettivo, lo scorso 17 settembre 2010, la Commissione Europea ha lanciato uno strumento di supporto per la dimostrazione iniziale su larga scala delle tecnologie di cattura e stoccaggio di CO2 (CCS). La rete CCS riunisce progetti di dimostrazione che serviranno ad alimentare la conoscenza e la comprensione di come le tecnologie CCS possono contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2. “La CCS è una tecnologia chiave che va sviluppata oggi per riuscire a compiere i necessari tagli di emissioni di CO2 prodotte dal settore energetico nei prossimi decenni”, ha dichiarato il commissario per l’Energia Günther Oettinger. “La CCS permette agli

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sviluppatori di grandi progetti in Europa di lavorare insieme e di informare gli scienziati, l’industria e il pubblico sui loro progressi accelerando l’introduzione di tecnologie energetiche pulite in Europa e nel mondo”. Le parti che avevano manifestato interesse ad aderire a questa rete hanno già firmato un accordo congiunto di condivisione delle conoscenze. Sono tutti progetti CCS sostenuti dal Programma Energetico Europeo per la Ripresa (EEPR) dalla Commissione Europea che prevede incentivi per progetti in tre settori energetici: CCS (1,05 miliardi di euro di finanziamento), energia eolica (565 milioni di euro) e interconnettori gas e elettricità (2.365 milioni di euro). Per poter ricevere il sostegno dell’UE, i progetti CCS sono tenuti a diffondere i loro risultati nel modo più ampio possibile. L’obiettivo è di creare una comunità importante di progetti che congiuntamente mirano alle CCS commerciabili entro i prossimi 10 anni. Per maggiori informazioni: http://www.ccsnetwork.eu/

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www.ambientarsi.net

Il progetto “CARBO-EXTREME” Un gruppo di scienziati finanziati dall’Unione Europea sta dimostrando l’esistenza di alcuni collegamenti tra i fenomeni atmosferici estremi e le variazioni del bilancio di carbonio nella massa terrestre. Gli scienziati stanno lavorando al progetto quadriennale CARBO-EXTREME (The terrestrial carbon cycle under climate variability and extremes - a pan-European synthesis), a cui l’Unione Europea ha assegnato 3,3 milioni di euro del suo budget complessivo (pari a 4,6 milioni di euro) in riferimento alla tematica “Ambiente” del Settimo Programma Quadro (7°PQ). I risultati del progetto favoriranno il miglioramento dei modelli climatici esistenti e consentiranno alla Unione Europea ed ai governi nazionali di svilup-

Al via la undicesima edizione di “EUROPAN“ Concorsi Europei per Nuove Architetture Il 2 febbraio 2011 si aprono le iscrizioni alla undicesima edizione (2011-2012) del Concorso Europeo EUROPAN relativamente alle tematiche urbanità Europea, territori coesistenti e sostenibilità. EUROPAN è una federazione europea formata dalle Associazioni Nazionali di più di 20 nazioni che organizza un programma di concorsi di idee, con cadenza biennale, aperta ai giovani architetti di tutta Europa con meno di quaranta anni di età. In ciascun Paese le Associazioni nazionali coinvolgono rappresentanti del mondo dell’architettura, delle istituzioni pubbliche, degli operatori del mondo della ricerca interessati ai temi dell’abitare ed alle speri-

Il progetto “Hylights” Hydrogen for Transport in Europe Sono attualmente disponibili i risultati di HyLights, un ambizioso progetto finanziato dalla Unione Europea nel Sesto Programma Quadro, finalizzato ad accelerare la commercializzazione dell’idrogeno e delle celle a combustibile nel settore dei trasporti in Europa. Obiettivo principale è favorire la transizione verso l’utilizzo dell’idrogeno

pare politiche climatiche e di protezione del suolo più efficaci. CARBO-EXTREME ha già raggiunto risultati interessanti ed allarmanti. Uno studio pubblicato sulla rivista “Nature” nel gennaio del 2010 ha messo in evidenza che i cicli di feedback positivi potrebbero corrispondere alle previsioni elaborate sulla base dei modelli più pessimisti. Ciononostante è prevedibile un certo effetto di amplificazione e gli stessi scienziati evidenziano l’urgenza di ridurre le emissioni di carbonio nei prossimi decenni. È stato, infatti, dimostrato che la quantità totale di carbonio assorbita dal mondo vegetale a livello mondiale è di 123 miliardi di tonnellate. Tutti i dettagli su questa interessantissima ricerca sono reperibili accedendo al sito: http://www.carbo-extreme.eu/

mentazioni sull’avvenire dell’ambiente residenziale e sulle trasformazioni dei “modi di vita”. EUROPAN si focalizza su: l’urbanità in quanto tema politico, culturale, sociale, produttivo e professionale che comprende anche un’attenta riflessione sulle sue forme e sulla qualità delle trasformazioni del contesto territoriale e dei risultati dei programmi sociali e ambientali posti in essere. EUROPAN esplorerà i temi della sostenibilità sia negli ambiti residenziali ma, soprattutto, a scala territoriale, in quelle aree dove non sono ancora chiare le potenzialità per nuovi programmi sostenibili. Per informazioni e per partecipare al concorso: Segreteria EUROPAN Italia www.europan-italia.org www.europan-italia.com

come vettore energetico del futuro. Il vasto consorzio internazionale (composto da 4 Istituti europei di ricerca e 17 Partner che rappresentano l’industria automobilistica, il settore petrolifero e l’industria tecnica del gas) ha valutato nove progetti dimostrativi europei e uno americano relativi all’idrogeno per il trasporto. I risultati della ricerca sono reperibili presso il sito ufficiale del progetto: http://www.hylights.org/

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Newsaziende Energifera, un nuovo microcogeneratore per ESCO e Multiutilities Energifera, azienda che da anni progetta, costruisce e commercializza i mini-cogeneratori modulanti e multifunzione a doppio inverter TEMA®, arricchisce il portafoglio prodotti con TEMA® FIX, la nuova macchina di minicogenerazione tradizionale con potenza nominale elettrica di 70 kW e 122 kW termici. TEMA® FIX, pur producendo energia “a giri fissi” come i cogeneratori tradizionali, gode dei vantaggi di flessibilità e modulabilità derivanti dal know-how elettronico contenuto nel prodotto originale multi inverter, orientato agli utilizzatori finali attenti, oltre che all’efficienza energetica, all’elevata qualità dell’energia. TEMA® FIX si aggiunge alle soluzioni di minicogenerazione elettroniche multi inverter di Energifera, già presenti sul mercato da molti anni e in grado di gestire fonti energetiche rinnovabili (fotovoltaica, eolica o altro) in micro-reti isolate (residenziali, rurali e turistiche) e garantire qualità dell’energia paragonabile a quella delle reti elettriche tradizionali. Energifera, con sede ad Imola (BO) è certificata ISO 9001:2008. Progetta, costruisce e commercializza prodotti elettronici e termomeccanici all’avanguardia per il mercato delle energie alternative e per quello dell’efficienza energetica nell’ottica della nuova filosofia rappresentata dalla generazione distribuita.

a cura di Alessandra Lombardi

Conergy annuncia le nuove prestazioni dei nuovi moduli PowerPlus Nuovi plus per i moduli PowerPlus realizzati da Conergy. L’azienda presenta quelle che sono le caratteristiche di punta dei propri prodotti fra le quali in primo luogo una resistenza ai carichi di 5.400 Pascal, ossia la capacità di sopportare un peso di 550 kg per metro quadrato, il che garantisce una massima robustezza anche in condizioni atmosferiche estreme, come abbondanti nevicate o forti venti. Inoltre i nuovi PowerPlus presentano una temperatura operativa della

Realizzato da AB Energy l’impianto di cogenerazione per la rete di teleriscaldamento di Cinisello Balsamo

L’esperienza della rete di teleriRittal – The System. scaldamento SMEC a Cinisello

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cella di soli 44°C ed un coefficiente termico ridotto e ciò consente di migliorare le prestazioni dei moduli in caso di elevate temperature ambientali. Con i loro 19,6 kg, i nuovi moduli offrono all’installatore una maggiore maneggevolezza. Infine possono essere fissati anche sul lato corto ed offrono un’area di fissaggio lungo il lato più estesa. Ciò permette maggiore flessibilità nella configurazione dell’impianto e un migliore sfruttamento dell’area d’installazione disponibile.

Balsamo testimonia i vantaggi offerti da una scelta tecnologica che punta sulle potenzialità della cogenerazione. L’impianto permette di produrre contemporaneamente calore ed energia elettrica con risparmio di combustibile e conseguente contenimento delle emissioni, in quanto utilizza per la produzione di energia termica parte del calore derivato dal processo di generazione di energia elettrica. L’impianto di cogenerazione, progettato, realizzato e installato da AB Energy, azienda che fa parte del Gruppo AB di Orzinuovi (BS), leader in Italia nella fornitura “chiavi in mano”

di impianti con potenza da 100 a 10.000 kWe, è costituito da due motori alimentati a metano, ciascuno di potenza elettrica di 2400 kW, che permettono un recupero termico di 2600 kW, e da quattro caldaie, sempre a metano, in grado di erogare 7800 kW termici ciascuna. Oltre alla realizzazione dell’impianto di cogenerazione, con le due unità ECOMAX 24, il Gruppo AB si è occupato anche di numerose opere accessorie fondamentali per la resa ottimale della centrale e per la sua affidabilità. Importante anche il lavoro svolto per l’abbattimento dei fumi con la realizzazione ed installazione di speciali camini coibentati alti 20 metri.

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Rittal – eMobility, colonnine di ricarica elettrica del futuro Il progressivo ingresso sul mercato di veicoli elettrici, trasformerà in maniera costruttiva l’industria automobilistica e le infrastrutture costituiranno il perno centrale su cui si svilupperà tale processo. Le colonnine Rittal possono essere integrate in qualsiasi momento nelle infrastrutture nazionali o europee per la mobilità elettrica. Possono essere, inoltre, personalizzate con componenti aggiuntivi Rittal, quali i dispositivi di identificazione o fatturazione. Rittal offre la sua pluriennale

esperienza di technology packaging e IT-Solutions. Il nuovo concetto modulare non offre solo contenitori outdoor (grado di protezione IP 54) di alto livello tecnologico, ma anche l’equipaggiamento elettrico. Grazie alla struttura modulare della nuova colonnina di ricarica sono possibili anche nuove varianti di montaggio. Oltre ai contenitori fissi per impieghi outdoor è prevista anche la variante innovativa con montaggio a parete per gli ambienti indoor, quali i parcheggi coperti e le aziende private.

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Il Recensore

di Carla Gentili

Italia a lume di candela Autore: Marzio Bellacci Casa Editrice: L’Asino d’oro (www.lasinodoroedizioni.it) Pubblicazione: Agosto 2010 – 12,00 euro – isbn: 978-88-6443-049-2 Con la prefazione di Margherita Hack

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talia a lume di candela” è la cronistoria di come non abbiano mai funzionato le politiche energetiche messe in campo per rendere indipendente un Paese sempre più industrializzato, come il nostro, nell’affrontare la sua crescita. Per cinquant’anni si sono susseguite scelte discusse accanitamente e mai attuate secondo i programmi previsti, contrattate a spizzichi e bocconi tra politici, tecnici e industrie di settore con la conclusione di ingigantire la vera debolezza strutturale dell’economia italiana e cioè la quasi totale dipendenza energetica dall’estero che è ancora alla base di tutte le crisi economiche che abbiamo attraversato. Il racconto di questa storia non ha la presunzione di indicare soluzioni miracolistiche o presunte tali, ma quella di far ricordare a politici, tecnici, uomini di governo e cittadini che non si può più continuare in un eterno “blà, blà” sul cosa fare. Nella prefazione, Margherita Hack spiega: “Noi compriamo energia dalla Francia, dalla Svizzera, dall’Austria, dalla Slovenia, siamo terrorizzati dall’idea di costruire centrali nucleari in Italia, ma acquistiamo energia nucleare da tutti questi Paesi confinanti. Se si verificasse un disastro noi avremmo gli stessi danni loro, senza averne goduto i vantaggi. La lettura di questo libro - aggiunge la famosa astrofisica italiana - è estremamente utile per sfatare molte leggende, illusioni, anche antiscientifiche paure e capire i vantaggi

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e gli svantaggi di ciascun tipo di tecnologia, i costi e la loro fattibilità in tempi relativamente brevi”. In “Italia a lume di candela” si scopre, ad esempio, che ancora oggi l’elettricità prodotta e distribuita da centrali estere ci costa il 40% in più della media europea; che “la favola del carbone” si è arenata per l’incapacità italiana di adeguare i carri ferroviari e i binari agli standard del resto del mondo; che il metano è la fonte meno inquinante, ma più costosa, senza contare il problema dei rigassificatori. Un capitolo del libro è dedicato poi alle energie rinnovabili e pulite, in grado per il momento di contribuire in misura irrisoria alla produzione elettrica nazionale. Il sospetto è però che, anche qui, si stiano compiendo gli stessi errori del passato. In definitiva, secondo le previsioni, le nostre potenzialità sono tali che - sostiene l’autore - saremo ancora costretti “a importare energia nucleare da tutti Paesi confinanti, energia eolica da Germania e Danimarca e biocarburanti da vari Paesi”. È urgente allora alimentare la ricerca per sviluppare nuove tecnologie, affermano Margherita Hack e Marzio Bellacci, per il quale, il rilancio dell’energia nucleare da parte del governo Berlusconi, nei termini convulsi in cui è stato proposto, non risolverà il problema e avrà costi insostenibili, finendo così per diventare “l’ennesimo minestrone energetico all’italiana”.

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