Two fables

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Girotondo

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“GIRO INTORNO AL MONDO! venite bambini, una corsa per soli intrepidi!” Ecco nonna Amalia che scalpita, in equilibrio sulla ciliegina di una gigantesca torta al cioccolato del Luna Park, si sbraccia, saltella per attirare l’attenzione dei piccoli visitatori. Indossa un buffo cappellino con una grossa margherita, un vistoso gonnellone e si poggia ad un bastone.


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I bambini si fermano incuriositi, “C’è posto per tutti!” li incita Amalia, “vi porterò con la fantasia in giro per il mondo!” grida, incuriosendo il giovane pubblico che non esita ad accettare l’invito.


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Tutti si siedono e chiudono gli occhi, improvvisamente un vento si alza e li porta via: comincia il viaggio della mente tra paesi e luoghi lontani.


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Nonna Amalia guida i suoi piccoli passeggeri col pensiero, inventando una filastrocca: “ Se oltre il pensier tu vuoi andar devi amar, cantar, ridere e sognar.” Così continua la bella avventura: volano, volano, volano ma non sono soli, incontrano altri bambini, ogni volta provenienti da un paese diverso, che si uniscono al gruppo tenendosi per mano e formando un girotondo intorno al mondo. Improvvisamente il cielo si incupisce e giunge un temporale, ma le raffiche di vento non spezzano i legami che tengono uniti i bambini ad Amalia, che continua a cantar loro la filastrocca, finché non torna il sereno.


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Passata la tempesta, Amalia riporta al Luna Park la fantasia dei bambini che seduti in cerchio cominciano a risvegliarsi dal loro “viaggio della mente” . Avevano imparato come il rispetto e l’aiuto reciproco avrebbe potuto tenerli sempre uniti, aiutandoli a superare anche le più ardue difficoltà.


La gallina bianca

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In un suggestivo paesino, in mezzo alla campagna, c’era una fattoria abitata da galline: belle e grasse! La padrona era una signora molto allegra e gioviale, amante degli animali e soprattutto delle galline, le trattava come regine e loro facevano ogni giorno uova, uova e ancora uova‌


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Solo una era dispensata da tale incarico: la gallina bianca, uno splendore, ammirata da tutti, vezzeggiata dalla padrona e invidiata dalle altre galline. La gallina bianca aveva un nome, si chiamava Coccò e tutte la rispettavano per lo stile regale della sua andatura e per le lunghe piume. Passava il tempo a pettinarle e a lavarle per attirare l’attenzione e non aveva mai voglia di covare!


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Ma un giorno le cose cambiarono alla fattoria, la padrona dovette assentarsi per andare alla fiera delle galline più grasse del mondo e la figlia Giacomina si prese l’incarico di accudire il pollaio in sua assenza. Col passare dei giorni però si accorse che la gallina bianca non faceva uova, così la portò al mercato per venderla e raccimolò un bel gruzzoletto.


La gallina bianca era molto apprezzata dai nuovi proprietari, ma quando questi videro che non fruttava neanche un uovo, la riportarono alla ragazza e rivollero la somma spesa.

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Quando ritornò alla fattoria, le altre galline la guardarono non più con invidia ma con commiserazione e tutte le volte che lei cercava di riprendersi il posto della bella del pollaio, le compagne le si mostravano ostili. Coccò diventava ogni giorno più triste, spennacchiata, magra e derisa dalle compagne e Giacomina era insofferente verso di lei: non faceva le uova ed era diventata brutta, l’avrebbe molto presto messa in padella!


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Coccò era disperata, e chiese consiglio all’asinello della fattoria. “Cara Cocò, le galline che non fanno uova finiscono bollite… se ti vuoi salvare sii più umile e comincia a lavorare!”


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Per salvarsi le piume Coccò si mise d’ impegno e dopo qualche noiosa ora d’attesa riuscì a fare un bell’uovo bianco come lei. Le compagne le si fecero intorno per festeggiare, ormai Coccò aveva imparato la lezione. Essere vanitosa non pagava, rendersi utile le fece riacquistare la stima delle compagne e la simpatia di Giacomina. Coccò incominciò a fare tante uova e tanti pulcini, tutti bianchi, piumosi e vanitosi come lei, ma da brava mamma insegnė loro che la bellezza non è tutto, occorre essere anche laboriosi e umili per conquistarsi fiducia e rispetto.


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