LA STORGA, UN PARCO POSSIBILE UN PROGETTO CHE VIENE DA LONTANO L’idea di un’area protetta sul fiume Storga inizia alla fine degli anni ’70 quando l’Amministrazione Provinciale intende alienare la sua proprietà alle sorgenti del fiume Storga che corrisponde all’attuale Parco della Provincia. La Circoscrizione 5, allora comprendente la frazione di S.M. del Rovere, si mobilitò dando il via ad una serie di azioni di sensibilizzazione e a un programma di indagini, poi successivamente concretizzato nella pubblicazione di uno studio morfologico, paesaggistico, naturalistico e storico denominato “Madonetta e Storga” , edito nel 1988 e redatto dagli studiosi S. Silvestri, F. Mezzavilla, B. Carpenè, G. Simionato, che hanno contribuito a far emergere la valenza e la peculiarità di questo piccolo fiume. •
L’Amministrazione Provinciale, rinunciato all’iniziale proposito, dava il via nel 1988 al Programma Risorgive Storga e affidava ad un pool di tecnici esperti, coordinati dall’arch. Giuseppe Dalla Torre, la redazione di un progetto di recupero ambientale dell’area. Presentato alla CEE, il lavoro veniva premiato nel 1991 quale miglior Documento di Pianificazione e riceveva un cospicuo finanziamento. Tale progetto porterà alla piantumazione di migliaia di piante autoctone che oggi costituiscono un grande bosco planiziale, la ristrutturazione delle Case Piavone divenute poi sede del Museo Etnografico dandone la gestione al Gruppo Folcloristico Trevigiano e la definizione dei sentieri natura e del regolamento dell’attuale Parco della Provincia. Questa scelta contribuirà anche alla successiva acquisizione del Sant’Artemio per farne la propria sede, e ad individuare una vasta area da tutelare da inserire nel P.T.C.P. (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) del 2010. “…il P.T.C.P. individua direttamente un Parco Urbano-Rurale di interesse provinciale nell’area sita ad est dell’abitato di Treviso, comprendendovi i compendi di “Fontane Bianche” e dello Storga, all’interno del quale lo Storga costituisce il fulcro per la posizione geografica, la struttura ambientale e le componenti faunistiche e vegetazionali”. (art. 42, comma 3, Norme Tecniche).
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Dal 1999 la Commissione Cultura della Circoscrizione B Est col patrocinio del Comune di Treviso iniziava un progetto di educazione ambientale, conoscenza e valorizzazione del medio e basso corso del fiume, dandone incarico alla d.ssa Anna Paola Cagnotto e al dr. Emanuele Baldan, che portò alla individuazione dei sentieri didattici naturalistici lungo le siepi ripariali della Storga dei Fontanili, dei Picchi e della Frangola, per una lunghezza di circa 3 km, che furono per anni laboratori all’aperto e che hanno integrato e arricchito il bagaglio culturale di tante scolaresche .
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Nel 2004 la Regione Veneto, nell’ambito del programma europeo Natura 2000, deliberava l’istituzione dell’area SIC n° IT324031, denominata “Fiume Sile da Treviso Est a San Michele Vecchio” , D.G.R n° 2673 del 06.08.2004, comprendente, oltre a tutto l’alveo del fiume Storga, due ampie aree, una nell’area delle sorgenti e l’altra costituita dall’isola formata dalla Storga e il suo paleo alveo Storghetta.
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Dal 2001 al 2006 gli Amici della Storga, gruppo di privati cittadini, operarono in collaborazione con l’Associazione Equiseto Onlus con proposte che portarono all’eliminazione della Tangenziale Est prevista dal Piano Regolatore e alla redazione di un progetto di tutela di tutta l’area della Storga estesa dalle sorgenti al Sile presentato alla Provincia, con il supporto di 3500 firme, la quale lo accolse nel redigendo PTCP (vedi sopra). Lo studio era il frutto di una collaborazione con Andrea Marton e Nicola Paccagnella laureandi al corso di Laurea “Pianificazione Territoriale, Urbanistica e Ambientale” presso lo I.U.A.V. di Venezia, anno accademico 2003-2004.Nel 2010 (DGR 1137) viene approvato il P.T.C.P.
Quindi in molti hanno operato per la sua conoscenza e salvaguardia del fiume Storga e, se l’input è partito da semplici cittadini, vi hanno operato pure Istituzioni, Associazioni e tecnici esperti, animati dal medesimo intendimento. E’ difficile enumerarli, ma oltre a quelli nominati sopra, ricordiamo il dr. Luca Boscain con tanti studi e in particolare con la documentazione del primo svernamento in Italia del Luì del Pallas, un piccolo uccellino siberiano che trascinò decine di birdwatchers nel corso medio del fiume dove venne a insediarsi. COS’E’ LA STORGA La Storga è un piccolo fiume di circa 5 km, affluente di sinistra del Sile che nasce al confine nord-est di Treviso con i comuni di Villorba e Carbonera grazie a un sistema di risorgive e corsi d’acqua minori a nord e lungo via Cal di Breda. Ricevute le acque del rio Piavone nei pressi dell’ex Ospedale Psichiatrico di S. Artemio, attraversa l’omonimo parco per poi lambire l’abside della chiesetta della Madonnetta e, con un corso ben definito, punta verso sud. Dopo aver attraversato un’area di recente edificazione, contribuisce con le sue acque ad abbellire il parco di Villa Donà delle Rose a Selvana. Quindi con andamento sinuoso il medio e basso corso si snoda in una campagna che mantiene ancora caratteristiche quasi intatte e dove sono stati realizzati i sentieri didattici dei Fontanili, dei Picchi e della Frangola sopra citati. La Storga sfocia nel Sile a Porto di Fiera in corrispondenza dell’ex mulino Mandelli, uno degli antichi opifici che nel passato trassero forza dalle sue acque. La sua importanza sta nel fatto che è l’unico fiume di risorgiva di Treviso ancora abbastanza integro, quando gli altri sono stati in gran parte del loro corso spogliati delle siepi ripariali, canalizzati, per non dire disseccati come parte del Limbraga. E’ per intero nel Comune di Treviso il quale ha la possibilità di gestirlo in toto e la sua più grande area verde, praticamente tutto il suo lato est. Per spiegare le sue valenze ambientali rinviamo a studi specialistici, che sono disponibili per chi fosse interessato. Noi le sintetizziamo così. Gli specialisti dicono: - Il biologo e naturalista dr. Francesco Mezzavilla, parlando dei fiumi di risorgiva, scrive: “… sono dei piccoli gioielli della natura … serbatoio di un numero imprecisato di specie animali e vegetali. Queste zone infatti, funzionano come un vero e proprio volano biologico che permette il mantenimento dei fondamentali equilibri naturali”. E, per quanto riguarda la Storga, in una recente relazione faunistica: “…il corso della Storga mantiene ancora un valore di naturalità piuttosto elevato se si confronta con aree vicine che invece hanno evidenziato una forte caduta di biodiversità.” - In una recente relazione ambientale e naturalistica il biologo dr. Emanuele Baldan e l’arch. Anna Paola Cagnotto scrivono: “Il profilo vegetazionale del medio e basso corso della Storga, al pari dell’alto corso, risulta essere a parte qualche discontinuità, nel complesso ben conservato e la stratificazione della siepe fluviale facilmente distinguibile”. Inoltre: “La purezza delle acque è confermata dalla presenza di specie vegetali che fungono da bio indicatori come l’Erba Gamberaia (Callitriche stagnalis L.) e l’Equiseto acquatico (Hippuris Vulgaris L.)…”. Noi profani diciamo semplicemente: La Storga è ancora tremendamente bella! LE RISORGIVE Per capire cosa sono, bisogna ritornare all’ultima glaciazione, la Wurmiana, terminata 12-15 mila anni fa, quando i grandi ghiacciai cominciarono a ritirarsi lungo le attuali valli alpine, lasciando grandi quantità di detriti morenici che venivano violentemente trasportati verso il mare fino a grandi distanze dai torrenti d’acqua di fusione. Man mano che la distanza aumentava e la pendenza diminuiva, diminuiva anche la granulometria passando dai massi ai ciottoli, alla ghiaia, alla sabbia, all’argilla e al limo. Il risultato fu che la Pianura Veneta si trovò costituita da due grandi fasce ben distinte, l’Alta Pianura ciottolosa, ghiaiosa e quindi permeabile, la Bassa Pianura argillosa limosa e impermeabile separate da una stretta “area di transizione” dove le due fasce si incontrano ma non sono così nette, anzi alternate fra di loro in strati creati dalla diversa forza e dai diversi momenti delle inondazioni.
Oggi dunque le precipitazioni e l’acqua di dispersione del Piave vengono assorbiti in profondità attraverso il materasso ghiaioso e si dirigono a valle incontrando ad un certo punto la barriera insuperabile dell’argilla e del limo. Tuttavia il carico idrostatico a monte spinge l’acqua di falda, che è costretta a risalire e, dove l’acqua filtrando attraverso gli strati viene “a giorno” , crea una risorgiva o fontanile o fontanazzo. Dalla “testa” del fontanile l’acqua inizia a scorrere incontrando un’altra risorgiva, e poi un’altra fino ad acquistare consistenza in rivoli, fossati e fiumi. E’ da precisare che le risorgive non sono situate solo all’origine del corso d’acqua, ma lungo tutto il suo corso e che quindi gran parte del fiume è una continua sorgente. Questa è l’origine di tutti i fiumi di risorgiva, Storga e Sile compresi. Questo tipo di fiume ha caratteristiche particolari e diverse dai fiumi alpini: portata pressoché costante tutto l’anno, acqua a temperatura molto bassa (tra gli 8 e i 12 gradi centigradi), pulitissima all’origine e che, per l’apporto continuo dei fontanili lungo il suo corso, “diluisce” gli inquinanti. La stretta fascia dove questo succede (2-10 km) è denominata “Fascia delle Risorgive”. Treviso è al centro di questa fascia e questo fenomeno sconosciuto ai più l'ha condizionata urbanisticamente e ha fatto per secoli la sua fortuna, donandogli energia gratuita, trasporto, irrigazione, difesa e bellezza tanto da definirla “Città d’Acque”. LA CULTURA DELL’ACQUA “La bellezza di Treviso sta tutta nella trama di scorrenti e limpide acque che si trasforma nella gaiezza e serenità dei suoi abitanti . . . Abbiamo la fortuna rarissima di abitare in una città adorna di acque chiare, cerchiamo di non intorbidire tanta bellezza con costruzioni oscure che male influirebbero nello spirito degli abitanti, perché è l’aspetto dell’ambiente che modella quello degli uomini, così come gli insetti sono modellati nel colore da quello delle piante in cui vivono”. (Giovanni Comisso, 1946, Presentazione del Piano Regolatore Generale di Treviso) Con l’acqua Treviso ha dovuto “farci i conti”, da sempre. Terra bassa e argillosa, con frequente ristagno, poltiglia appiccicosa quando è bagnata, dura come pietra quando è asciutta. Certo non ha le piene del Piave, ma la pioggia non sgronda, “Zosagna” appunto, o bassa campagna. Nel tempo un lavoro sapiente aveva creato tutta una fittissima rete di canali e fossati integrando i fiumi “naturali” con funzione di bonifica, sgrondo delle acque, e calmieratura tra un canale e l’altro tramite by pass, deviazioni e soglie di livello, e tutti interconnessi. Ancora agli inizi degli anni ’60 non si trovava una strada o una stradina senza i due fossati ai lati. Un lavoro di secoli che ha permesso non solo l’instaurarsi delle tipiche attività agricole per la fertilità del terreno e la facilità di irrigazione, ma anche di sfruttare la costante forza motrice dei fiumi con attività industriali quali battirame, battiferro, cartiere, ma soprattutto mulini, che lavoravano tutto l’anno senza magre né piene, oltre che fruire di sicure vie di trasporto. A tale riguardo si sottolineano le “isole molinarie” formate da un canale ad anello in corrispondenza degli sbarramenti degli opifici per permettere sia la navigazione che il funzionamento degli stessi. Con centinaia di ruote da mulino sparpagliate per ogni fiume e un retroterra fertile Treviso diveniva così granaio e cantina di Venezia. L’ingegneria dell’acqua ha permesso a Treviso come a Venezia la sopravvivenza contro eserciti poderosi, quali quello francese e del Sacro Romano Impero uniti nella Lega di Cambrai nel 1511. Basti guardare al formidabile lavoro della Fossa Esterna che ha impedito l’assalto alle Mura del Frà Giocondo: una massa d’acqua formata dall’unione del Botteniga, canale Cerca, Pegorile e Piavesella che, giunti a nord della Città, la cingono tutto attorno e in parte vi entrano, formando un ventaglio di canali, il tutto regimato e scaricato a sud nel Sile, una barriera che tali eserciti non seppero superare. Meno note sono le “Cerchie” cioè la serie di canali scavati a collegare i fiumi preesistenti per formare ulteriori anelli d’acqua a difesa della città, di cui il Cerca conserva ancora l’etimologia e dei quali la Storga e il Limbraga furono parte sul lato est. Per ultimo vale la pena di notare quanto l’acqua fosse il fiore all’occhiello del paesaggio urbano, dei borghi e delle Ville Venete, con fontane e prese d’acqua per creare ruscelli e cascatelle, con scorci di poetica bellezza. Una “gentilezza” del paesaggio che viene espressa nella definizione di Marca Gioiosa. Magistrati delle acque, ingegneri, industriali e artisti, gente che sapeva ben maneggiare l’acqua per produrre ricchezza, energia, difesa e bellezza, hanno espresso una “Cultura dell’Acqua” nel senso più ampio del termine, che ha saputo trasformare un territorio problematico in risorsa e l’equilibrio idrico in un’opera d’arte, e la cui essenza era l’interconnessione fra le varie componenti del territorio. Gli anni più recenti hanno visto cambiare priorità e fonti energetiche, e quella cultura è sembrata inutile e “bucolica”, un intralcio alla mobilità e un rallentamento alla produzione di case e di cose, chiamata oggi sempre meno orgogliosamente “modernità”. Quel “rapporto con l’acqua” è scomparso dentro i tombini e i quartieri resi più anonimi, ma con esso si è perduta anche la nostra sicurezza idraulica e parte delle nostre più profonde radici. IL NOSTRO PROGETTO Nel 2012 il Gruppo di Lavoro Storga presenta il progetto “La Storga, un possibile Parco” nell’ambito della fase di Consultazione del P.A.T. (Piano di Assetto del Territorio) e attualmente in discussione. Questo progetto nasce dall’esigenza di sintetizzare e approfondire le precedenti proposte e raccogliere il lavoro effettuato negli anni da tanti operatori. Lo esponiamo in breve. Il primo elemento che si avverte è la sostanziale unità del bacino della Storga, variegato negli aspetti ma prodotto unicamente dalla presenza del fiume stesso. Senza le risorgive non sarebbe possibile quella sovrabbondanza di vita che vi alberga, sia nel letto come nei fossati circostanti e nelle siepi ripariali, la specificità della vegetazione e delle colture, ma neppure sarebbero stati possibili gli opifici o il parco di Villa delle Rose. Questa è la principale e fondamentale richiesta: • La salvaguardia di tutta l’area della Storga, con zonizzazione delle aree più pregiate ed integre, quelle agricole, quelle fruibili e le modalità di fruizione. • Una gestione unitaria dell’area: una ulteriore frammentazione del territorio, come avvenuto con i precedenti strumenti urbanistici, renderebbe incomprensibili le dinamiche ed inutile la salvaguardia dei singoli elementi. Anzi, laddove l’urbanizzazione è avanzata, si presenta la necessità di “ricucire” le aree verdi e di regolare la pressione antropica. Il secondo elemento di cui necessariamente si dovrà tenere conto è che si dovranno avviare convenzioni e accordi con i privati, se si vorrà prospettare e portare avanti un progetto coerente, essendo la gran parte del territorio limitrofo al fiume di proprietà privata. Le potenzialità ci sono e produrranno benefici per tutti, ma questo è un passaggio necessario. La Tavola 2 propone un possibile assetto ambientale e paesaggistico, identificando le Aree Nucleo cioè di maggior pregio costituite dal fiume, le sue siepi ripariali e da alcuni slarghi a elevata valenza ambientale, le Fasce Tampone a protezione delle aree nucleo, le aree agricole a tutela paesaggistica, le zone di ricostruzione del paesaggio. La Tavola 3 individua gli accessi e una possibile fruizione. Per la conoscenza e per una corretta fruizione, sono indispensabili dei percorsi differenziati per tipologia di servizio. In questa tavola sono evidenziati gli accessi, i percorsi ciclopedonali, i percorsi naturalistici e i tratti percorribili in canoa. • Gli accessi come risulta dalla cartina sono numerosi, per fruire di tutto il percorso o solo una parte di esso. • I percorsi ciclopedonali sono costituiti da stradoni campestri, stradine secondarie e vialini ciclabili per la maggior parte già esistenti e potenzialmente fruibili e solo in minima parte da realizzare. Sono volutamente un po’ discosti dal fiume per uno tragitto nord-sud dalle Case Piavone al Sile, in mezzo alla campagna con piacevoli scorci paesaggistici. Nei punti tratteggiati i percorsi sono in proprietà privata e quindi ovviamente oggetto di accordo tra Comune e privati. • Dai percorsi ciclopedonali si può accedere ai vari Sentieri Natura che sono i tratti più delicati, ricchi di flora e fauna lungo la riva del fiume. Questi percorsi hanno costituito per anni una preziosa occasione di conoscenza per circa 7.000 alunni delle elementari, entrando a far parte del loro programma didattico, una opportunità da riprendere se vogliamo lasciare in buone mani il futuro del fiume. • La prospettiva dall’acqua è totalmente diversa e costituisce una esperienza emozionante. Il fiume è perfettamente percorribile in canoa dalle sorgenti alla foce e ciò costituirebbe un apprezzato strumento di conoscenza senza procurare danno, qualora con accordi con i privati si potessero superare un paio di sbarramenti lungo il suo percorso. Un ambiente con siepi ripariali a volta, piante acquatiche verde smeraldo del fondo, incontri inattesi con la fauna locale, anatre selvatiche, gallinelle d’acqua o martin pescatore che sfrecciano veloci, fanno pensare ad un ambiente esotico, anziché a un fiume che si trova a meno di due chilometri dal centro della città.
La Tavola 4 illustra in sintesi i manufatti storici di maggior interesse. Nella parte nord troviamo subito le Case Piavone col Museo Etnografico, gli Orti Urbani, il Centro di Recupero fauna selvatica, il Centro documentazione speleologica Dal Cin, la nuova sede della Provincia all’ex S. Artemio, dove si auspica venga realizzato un Museo della Psichiatria, con una sala dedicata al pittore Gino Rossi, qui ricoverato per lunghi anni. Poco più giù si incontra la Chiesetta della Madonetta, antico luogo di devozione dei barcari che risalivano la Storga per rifornire il vicino Opificio Sanbugole. Nella parte centrale sarebbe veramente auspicabile una fruizione concordata del parco di Villa delle Rose, visibile solo molto parzialmente da viale Brg. Marche e un po’ di più dal fiume. Poco più sotto l’ex- Battirame di via Fapanni. Nella parte meridionale i due grandi Mulini storici Comirato e gli ex Mandelli, futura sede del Parco del Sile, sono sicuramente una attrattiva. In particolare il primo costituirebbe un raro percorso culturale sulla gestione dell’acqua, per la presenza di una turbina tutt’ora funzionante con l’acqua della Storga, di vecchie macchine di inizio ‘900 per la macinazione del grano, oltre alla presenza quasi completa dell’isola molinaria. Queste indicazioni non sono esaustive, anzi si auspica l’individuazione di altri percorsi come pure l’inserimento di attività consimili e compatibili, quali ad esempio: • Postazioni per birdwatching. • Sentieri benessere • Luoghi di ristoro tradizionali (osterie, trattorie) che sfruttino vecchie case coloniche, quali a esempio le ex case Marchesin, splendido agglomerato rurale circondato da una trentina di campi coltivati ora purtroppo abbandonato, nel quale insediare una attività di fattoria didattica e agriturismo di sicure potenzialità. Infine tutti questi percorsi entrano in sinergia con i percorsi intercomunali previsti dal Comune di Silea per il fiume Melma nell’ambito del progetto Silea LAB e da quello analogo di Carbonera, nonché del Progetto GiraSile. SITUAZIONE ATTUALE Oggi l’area della Storga è una straordinaria prospettiva per la Città di Treviso, che è allo stesso tempo un prezioso corridoio ecologico e una opportunità di rispondere all’esigenza molto sentita di un territorio più vivibile, più verde e con meno polveri sottili, un’oasi a due passi dal centro potenzialmente fruibile tramite sentieri natura nei luoghi più belli, percorsi ciclopedonali in mezzo alla campagna, itinerari culturali riguardanti gli opifici storici e, perché no, percorsi in canoa e luoghi di ristoro, una prospettiva di respiro europeo e in linea con le attuali tendenze urbanistiche. Il P.A.T. del Comune di Treviso, redatto dalla precedente Amministrazione e oggi in discussione, prevede un “Parco Agrario della Storga” su una riva sola, quella ad est, lasciando e inserendo la riva ovest in un “Ambito di Urbanizzazione Consolidata”. Un progetto che è un controsenso in termini. Infatti proteggere un fiume su una riva sola ha la stessa utilità di mezzo ombrello, di mezza casa, di mezza barca, o di una scarpa sola, non ti ripari, non ci abiti, non ci navighi, non ci cammini, è assurdo e inutile! Un Parco del genere non serve a niente e porterà alla degradazione e alla perdita di tutto il fiume. A questa perimetrazione il Gruppo ha presentato, secondo quanto previsto dalla procedura del P.A.T., una “Osservazione” nella quale evidenzia le critiche e ribadisce le caratteristiche della proposta originaria, rifacendosi al “Parco Urbano-Rurale” del P.T.C.P. della Provincia e proponendo infine una possibile perimetrazione sul lato ovest della Storga nel quale, pur in misura più ristretta, esistono fasce a elevata naturalità quanto quelle ad est, le quali necessariamente devono costituire una “fascia tampone” tra il fiume e l’edificato. A chi condivide questo Progetto proponiamo di sottoscrivere tale Osservazione, in modo cartacea oppure on-line, consultando il sito dedicato ricco di informazioni, documenti e foto.
http://storga.it/
Il fiume Storga è comunque un “unicum”, o si conserva per intero o si perde, salvarlo a pezzettini vuole dire perderlo. L’augurio è che il redigendo P.A.T. sappia “leggere” la vocazione dell’area e le aspirazioni dei cittadini, proponendo un progetto coerente e che non scelga di disperdere un patrimonio storico e ambientale di tutti noi.