La Porta di Avorio

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Le Pietre di Talarana La Porta di Avorio Alessandro H. Den Racconto breve SMASHWORDS EDITION PUBBLICATO DA: Alessandro H. Den on Smashwords Le Pietre di Talarana Copyright © 2013 by Matteo Berilli « Due sono le vie / per le ombre dei sogni: una è di corno, / l’altra è d’avorio. Quando i sogni escono / dalla porta d’avorio, sono falsi; / quelli che escono dall’altra porta di corno / sono veri, visti da un essere mortale. »(Odissea, XIX 562-567)

Il sognatore non era più lo stesso: la sua epoca l’aveva stranito, ciò che lo circondava fuorviato, la grigia città di cemento oppresso. I suoi sogni, influenzati da quel grigiore, erano diventati scarni ed inconsistenti: da anni non sognava più le azzurre acque di Selthon, le svettanti guglie di Naren e lo splendore adamantino della grande capitale delle Terre dei Sogni, Oonanai Talarana. Egli stesso, nella sua malinconia, aveva quasi perso memoria degli immensi saloni della cristallina Dastama e dei gioiosi banchetti a cui partecipava, seduto alla destra dell’Imperatore. Quello era il suo mondo di quando era bambino, quella era la realtà a cui sentiva di appartenere. Crescendo il suo mondo fatato era poco a poco sbiadito: i banchetti a cui assisteva e le cavalcate negli immensi prati di Esperia divennero sempre più rari e presto dimenticò come


arrivarci. Così fu costretto ad uniformarsi alla massa, a diventare uno tra tanti, straniero tra gli stranieri di un mondo disperato. Poi, una mattina, sul chiarir dell’alba gli accadde qualcosa: il suo sonno, da anni senza sogni, subì un cambiamento. Si ritrovò in un cortile di porticati, adornato da innumerevoli fontane dalle quali scaturivano zampilli di acqua profumata. Percorrendolo fino in fondo scoprì che esso si apriva in un grande atrio, al limitar del quale erano poste due porte: una d’avorio e una d’osso. Acceso da quella visione, finalmente memore del suo passato, si diresse con passo sicuro verso la porta d’avorio, apparentemente ricavata da un unico ciclopico blocco. Le si avvicinò, palpitante di emozione: il portale semiaperto sembrava invitarlo ad entrare. Il sognatore avvertì distintamente una meravigliosa sinfonia che gli riempiva l’anima, come quella che ascoltava alle festa nelle sale di Oonanai Talarana, accompagnato da flauti e liuti. Estasiato da quella splendente visione afferrò la grande maniglia crisoelefantina, tirandola verso se stesso. Una luce accecante lo avvolse e per un fugace istante il sognatore aveva creduto di nuovo di volare di nuovo sopra il Deserto Cremisi o di veleggiare verso la celeste Mideroa, ma con suo immenso rammarico si trovò disteso sul proprio letto, abbagliato dai raggi di un tiepido sole, colpevole del suo inopportuno risveglio. Invano cercò di riprender sonno, nel tentativo di ritrovare il grande cortile e la porta d’avorio. Per i tre giorni successivi andò a coricarsi prestissimo, ma i suoi risultati furono nulli. Era comunque avvenuto un cambiamento inatteso ed insperato da parte dello stesso sognatore: aveva ricominciato a sognare. Non veleggiava però sul grande Mare dei Sogni sul quale si affacciava la maestosa Oonanai Talarana, non rimirava più la grande cupola turchese della Basilica Maggiore di Selthon, davanti a lui scorreva città diverse, dagli alti pinnacoli di marmo rosa, istoriati d’argento e dai grandi giardini pensili. Il sognatore, benché avesse ricominciato a sognare, era triste e senza posa ed andò cercando, durante i suoi sogni, la porta d’avorio che si apriva sul suo mondo. Per sua sfortuna né i saggi di Zolon, né i fabbricatori di velieri celesti di Kathandra riuscirono ad aiutarlo nella sua ricerca. Ben presto la vita diurna divenne per lui


superflua, quasi fastidiosa e di impedimento, cercò così rimedio nelle droghe oppiacee e nelle morfine, prolungando così di molte ore la sua ancora infruttuosa ricerca. Nuovi paesaggi si ergevano nei suoi sogni, torri di cristallo, montagne innevate sulle quali si sviluppavano metropoli dorate, città sottomarine dalle volte d’oro e corallo rosso. Chiunque interrogasse era però all’oscuro dei porticati con fontane zampillanti e nessuno aveva mai visto svettare oltre le nuvole la cristallina Dastama della capitale Oonanai Talarana o aveva ascoltato il pizzicare delle arpe della verde Renodia. Presto, però, esaurì le proprie risorse finanziarie, dovendo così rinunciare alle sue stasi prolungate. Si confinò così nella sua grigia casa di cemento, nel buio più assoluto, nel tentativo di riprendere il sonno che sembrava averlo abbandonato. Le lune sorsero e tramontarono ma il sognatore rimaneva immobile nel suo letto con gli occhi sbarrati: nessun bisogno fisico riusciva a distoglierlo dal suo intento: quello era il suo mondo, la sua realtà e perciò sentiva il disperato bisogno di tornarvi. In una notte di luna piena, i cui raggi filtravano attraverso le paratie delle finestre fissate nel cemento, il sognatore udì qualcosa di insolito, qualcosa che lo riscosse dal suo stato di semi incoscienza : trasportate da un dolce vento proveniente dall’est viaggiavano le note di un corteo di liutai e di flautisti. Il sognatore si alzò e corse alla finestra, spalancandola con forza, e assistendo ad una visione remota ed eterea, nella quale aveva smesso di sperare. Si sentiva condannato ad una notte eterna senza sogni, ma quella vista lo rinfrancò, sanandolo nel corpo e nello spirito. Scese in strada, illuminata e vivacizzata dall’ignoto corteo festoso: ai suonatori si unirono squisite danzatrici, leggiadre come driadi, altrettanto raffinate e meravigliose. Dopo di esse infine apparve una lunga fila di cavalieri splendenti con armature di Oricalco avanzava su destrieri candidi come le nevi perenni del monte Barantha. Il sognatore osservava quella processione a bocca aperta, estasiato e allo stesso tempo confuso quando ad un certo punto un cavaliere in prima fila, recante alla sua destra un destriero bardato senza il proprio cavaliere, si staccò dallo schieramento, raggiungendolo. L’uomo si inchinò di fronte al sognatore, invitandolo a salire sul cavallo, per raggiungere insieme alla


festante processione il beato mondo dei Sogni. Il sognatore salì sul cavallo, riconoscendo, nei fregi e nelle bardature dei suoi accompagnatori, l’emblema imperiale di Oonanai Talarana. Quando guardò di nuovo a sé, si accorse di indossare il vestito più sontuoso e ricco che avesse mai visto, degno solo dell’imperatore. Il cavaliere accanto a lui fugò ogni suo dubbio: lo salutò come nuovo ed atteso Imperatore di Talarana. Il corteo si mise in marcia, attraversò le vie deserte della grigia città, raggiunse il porto e là finalmente, al termine di una lunga banchina, attraversò il grande cortile di portici con le fontane zampillanti acqua profumata. Varcò l’atrio e si trovò di nuovo di fronte alla porta d’avorio che questa volta, obbedendo a un silenzioso ordine, si spalancò da sola, consentendo al lungo corteo di oltrepassarla. Il sognatore era tornato, questa volta per sempre, nel suo adorato Mondo dei Sogni, tra i saloni di Oonanai Talarana e i banchetti, le altissime guglie dorate di Naren e i suoi liuti. Finalmente avrebbe goduto di quel paradiso, governando per sempre e con saggezza dal trono imperiale di adamantio e lunoctio, il materiale di cui sono fatti gli astri. Era finalmente tornato a casa. Destò poco stupore tra la cinica e moralista popolazione della grande città di cemento, il ritrovamento, pochi giorni dopo la notte di plenilunio, del corpo di ciò che parve essere un barbone, impigliato tra le barriere di cemento e circondato delle acque putride del porto.

Fine

Gli altri romanzi (disponibili anche su amazon, apple e in tutti gli ebook store): Le Pietre di Talarana I - L'Ombra del Tiranno Le Pietre di Talarana II - L'Erede di Talarana


Memorie di Talarana – Il Corno dell’Apocalisse

I racconti brevi: La Porta di Avorio Globevisor Inc. Collegati con me: Facebook: www.facebook.com/LePietrediTalarana Il mio blog: www.lepietreditalarana.wordpress.com Torna all’indice

L’Autore Nato e cresciuto a Firenze inizia a scrivere alle elementari anche se alcuni tentativi di scarabocchi sono documentati fin dall’asilo. Famoso per aver lasciato segni pittorici del suo passaggio ovunque (fogli, banchi, persone), crescendo si appassiona a troppe cose per sceglierne solo una quindi si iscrive e si laurea presso la Facoltà di Design dove può esprimere e sperimentare il suo essere poliedrico. Inizia a scrivere il primo libro della Saga a sedici anni ma inizia a crederci solo dopo averlo cestinato e ricominciato dall’inizio per la quinta volta. Attualmente frequenta il primo anno di laurea magistrale in Architettura e sta lavorando a due romanzi brevi per la Saga de Le Pietre di Talarana. Torna all’indice



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