TEMPO D’ARGENTO
LA MISURA DEL TEMPO IL TEMPO SENZA PIÙ MISURA
Lo sciame di immagini digitali che invade la nostra vita ha trasformato l’esperienza del guardare, un aumento della quantità ha proporzionalmente ridotto il tempo di osservazione davanti alle cose, la rapidità con cui, aiutati da una tecnologia sorprendente, si possono catturare le immagini ha prodotto una completa trasformazione dell’atto di fotografare come gesto di rapporto con quello che abbiamo davanti, l’esperienza si è trasformata in una fredda raccolta di informazioni che si accumulano nelle memorie digitali, inconsistenti, senza lasciare nessuna esperienza reale, nessuna consapevolezza o attenzione. Tutto è centrifugato in una ossessione accelerata verso un tempo atomizzato, senza forma, che sfugge, un tempo non più lineare, che sembra sempre più veloce. Il tempo e i luoghi non hanno più misura, non aggiungono più esperienza e quindi non ci parlano più, sono inconsistenti nella veloce rappresentazione fotografica raggiunta senza fatica, senza pesantezza. Utilizzando una fotocamera di grande formato, pesante, sorretta da un supporto, pesante, con lastre fotografiche, grandi, ho cercato di togliere leggerezza all’atto di fotografare, dilatando il tempo che riacquista una misura vicina, una misura di fatica, di scelte precise. Questa dimensione non levigata, non è come lo schermo, chiaro e pieno di colore, ma minima e netta - in un bianco e nero complesso che lascia immaginare i colori, che ci parla in modo misterioso anche attraverso le sue ombre. L’ottimizzazione di una tecnologia che garantisce un risultato sicuro, senza sforzo, levigato, ci trasforma in turisti compulsivi che puntano solo lo smartphone ma non lo sguardo: per fotografare non necessitiamo più di conoscenza tecnica appresa con fatica, l’automazione straordinaria degli apparecchi riduce ogni ostacolo e spazio intermedio. Non c’è cammino, solo meta. L’affollamento di mete ne elimina l’importanza e la misura, ma sono i luoghi di passaggio che formano l’esperienza, le soglie che erotizzano il percorso verso il risultato.
La facilità con cui possiamo acquisire informazioni non può sostituire l’esperienza, la bulimia di nozioni destabilizza e accelera il tempo; ecco cosa scrive il filosofo Byung-Chul Han sul fenomeno del tempo accelerato e l’ansia che ne deriva: ...Il turista non è in cammino in senso proprio, per lui i cammini si impoveriscono in vuoti percorsi che non meritano una visita... ci si orienta esclusivamente sulla meta, l’intervallo spaziale che separa dal punto di arrivo è soltanto un impedimento che occorre superare il più rapidamente possibile. Il puro orientamento alla meta toglie infatti allo spazio intermedio ogni importanza, lo svuota a corridoio senza valore proprio. L’accelerazione è il tentativo di far scomparire totalmente il tempo intermedio necessario al superamento dello spazio intermedio. E in questo modo scompare anche la ricchezza di senso del cammino: il cammino non profuma più, anzi scompare esso stesso. L’accelerazione porta quindi a un impoverimento semantico del mondo. Spazio e tempo non significano più niente. Se l’intervallo spazio-temporale viene percepito soltanto secondo la negatività della perdita e del ritardo, gli sforzi si concentreranno nel farlo scomparire completamente. Nel lungo processo tecnico della fotografia analogica in grande formato, il tempo torna ad essere profumato, nel cammino lento verso la stampa finale, il cammino stesso diventa esperienza, lo sguardo torna a soffermarsi nel dialogo con il soggetto e la materia, uno scambio che si cristallizza nel fraseggio dei bianchi e dei neri che danzano abbracciati.
“è una tecnica analogica difficile da controllare, ma nel difficile controllo il risultato formale diventa estetico” Alessandro Moggi
IL PROGETTO Le tracce della cultura etrusca diventano uno spunto di riflessione sul tempo, sulla storia – la nostra – e sul gesto di fotografare. La capacità di soffermarsi sulle cose, sfuggendo alle logiche di un mondo accelerato, si ritrova nelle immagini di Alessandro Moggi realizzate con Eugenia Maffei dove ogni inquadratura è misurata con lentezza. Questo approccio invita lo sguardo a indugiare sull’immagine: ci sono segni e linee che diventano elementi di design, ombre e luci che conferiscono alle figure la terza dimensione, nervature di foglie e crepitii di pietre che rendono reali questi paesaggi. Sovana, Sorano, Pitigliano, Chiusi, Cortona, Volterra, Baratti, Firenze… e poi siti archeologici, tombe, musei, collezioni visti tante volte ci appaiono inediti, ma allo stesso tempo nitidi, nelle immagini iperdettagliate di grande formato. È il lungo processo di realizzazione che permette di stabilire con l’oggetto dell’immagine un legame di appartenenza profonda, di relazione, che coinvolge chi guarda: l’incontro con il passato assume tratti contemporanei in un’immagine dove i luoghi e il tempo tornano a parlare.
LA TECNICA
Una tecnica, rigorosamente analogica con un negativo fotografico di 20x25 centimetri e una fotocamera a soffietto di grande formato. Una pratica che diventa quasi un rito, con momenti e fasi precise: la ricerca del punto di vista ideale; i 40 kg di attrezzatura sulle spalle; il tempo infinitamente dilatato per allineare l’occhio a una tecnica così complessa. Mai più di cinque scatti in un giorno. Questa economia di mezzi aumenta la densità e consapevolezza di ciò che si ha di fronte: le scelte devono essere precise, non ci sono le infinite possibilità del digitale. Nei tempi per il posizionamento della fotocamera, il soggetto continua a parlare, a interagire, a suggerire e mutare il punto di vista. Da questo incontro nascono immagini che ritrovano il gesto del soffermarsi, del guardare in profondità, bilanciando gli spazi, gli oggetti e le proporzioni nel fotogramma.
LA STAMPA Le lastre fotografiche ottenute in ripresa vengono sviluppate a mano per controllare accuratamente la resa tonale. Il lungo processo continua con la stampa ai sali d’argento su carta baritata: è una tecnica invariata dal 1890, eseguita in camera oscura, che garantisce un risultato qualitativamente irraggiungibile dalle moderne tecniche digitali. Questa stampa conferisce alle immagini la preziosità dell’argento, lo stesso argento di cui è formata l’immagine. É il metallo infatti che rende così ricchi i toni, mentre la superficie fotografica si anima nel meraviglioso alternarsi dei grigi che modulano delicatamente i volumi.
LA MOSTRA 23 immagini, stampate 50x60 centimetri, di dettagli e paesaggi etruschi per una storia in cui linee e chiaroscuri raccontano suggestioni passate e presenti, ma soprattutto raccontano un modus operandi artigianale e antico, per un risultato contemporaneo senza compromessi dove la qualità formale torna ad essere protagonista.
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