MEMORIE DI MODA IN SICILIA

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memorie di moda in sicilia il caso pir aino (1945-1980)

alessia scaffidi domianello



MINISTERO DELL’UNIVERSITà E DELLA RICERCA ALTA FORMAZIONE ATISTICA E MUSICALE

ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI PALER MO DIPARTIMENTO DI PROGETTAZIONE E ARTI APPLICATE SCUOLA DI PROGETTAZIONE ARTISTICA PER L’IMPRESA

DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO IN PROGETTAZIONE DELLA MODA

memorie di moda in sicilia il caso pir aino (1945-1980)

di

alessia scaffidi domianello 6619

Relatore

PROF. VITTORIO UGO VICARI A.A. 2013-2014



Indice generale Introduzione Capitolo I

Capitolo II

I.1. Note storiche sulla città di Piraino I.1.1. I luoghi del potere civico

pag.13 pag.16

I.2. Note territoriali

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I.3. Note di cultura tradizionale. Il cibo come dono I.3.1. Civiltà contadina, indumenti e mestieri I.3.2. Il Baco da Seta I.3.3. Le regole del Lutto I.3.4. Il fidanzamento e il matrimonio I.3.5. Feste popolari e religiose I.3.6. Il carnevale Pirainese I.3.7. L’estate Pirainese

pag.22

I.4. Note demografiche

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I.5. Note genealogiche I.5.1. La Baronia Denti o Dente I.5.2. La Baronia dei Lancia I.5.3. Patti-Chacon I.5.4. Patti d’Alcamo I.5.5. Principato di Paternò

pag.37 pag.37 pag.43 pag.45 pag.46 pag.46

Il sistema della moda a Piraino (19451980) II.1. Modelli formativi II.1.1. Anni ‘60 II.1.2. Anni ‘70 II.1.3. Anni ‘80

pag.55

pag.23 pag.26 pag.26 pag.28 pag.30 pag.33 pag.34

pag.55 pag.61 pag.67 pag.71


Capitolo III

II.2. Sarti e sartorie II.2.1. La biografia aziendale come metodologia di indagine e schedatura II.2.2. Catalogare i vestimenti antichi e contemporanei II.3 Elenco schede

pag.74 pag.79

III.1. Il progetto

pag.174

pag.89 pag.90

III.2. La Conservazione e l’esposizione pag.195 di abiti antichi. Allestire una mostra

Apparati

III.3. La fruizione dei musei da parte dei disabili visivi e il progetto della mostra III.3.1. Elementi generali da prendere in considerazione per una grafica leggibile e comprensibile III.3.2. Il carattere III.3.3. Fattori facilitanti l’individuazione del museo e la sua percorribilità (desunti in gran parte dalla normativa vigente per il superamento delle barriere) III.3.4. Fattori facilitanti l’identificazione e la fruizione delle opere d’arte III.3.5. I percorsi “tattili”

pag.214

III.4. Esempi di allestimenti di abiti dei principali musei di costume III.4.1. La Galleria di Costume di Palazzo Pitti III.4.2. Museo Galliéra di Parigi III.4.3. Il Kyoto Costume Institute

pag.229

Note Bibliografia Sitografia

pag.259 pag.275 pag.279

pag.219 pag.219 pag.222

pag.224 pag.227

pag.229 pag.245 pag.252




Introduzione

La tesi qui presentata è parte di un più ampio progetto nell’ambito dell’insegnamento di Storia della moda dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, volto alla “catalogazione”, di storie sartoriali e di moda micro contestuali in Sicilia. La ricerca, condotta per via di documentazioni bibliografiche, ma soprattutto fotografiche, filmografiche ed orali, diventa spunto per la progettazione di una mostra di abiti d’epoca pirainesi realizzati dai sarti di Piraino, cittadina in provincia di Messina, di cui si sono prese in esame le attività sartoriali e le attività di costume nel periodo compreso tra il 1945 e 1980. L’intenzione primaria è stata quella di valorizzare un contesto particolare, seppur nella limitatezza di una realtà di provincia, fonte inesauribile di materiali, tradizioni, usi e costumi tramandati negli anni. Il lavoro di tesi è articolato in tre capitoli: il primo è esposto in cinque paragrafi con i corrispondenti sottoparagrafi che descrivono Piraino tra storia arte e tradizioni, partendo dalle note storiche, territoriali e di cultura tradizionale, passando per la composizione demografica e le attività produttive, le note genealogiche, e conqludendo con accenni alle feste religiose, al carnevale, alle cerimo9


nie familiari etc.; nel secondo capitolo, suddiviso in tre

pagrafi con i rispettivi sottoparagrafi troverete: i lineamenti fondamentali della moda Italiana di quegli anni: un breve excursur storico, dunque, della moda nel periodo che va dalla fine del secondo conflitto mondiale al 1980 circa. Segue l’elenco delle schede impostate su un modello sperimentale biografico-aziendale appositamente incentrate sulla figura del sarto; trattasi di un modello utilizzato al solo fine della ricerca fin ora condotta, basato sui modelli schedografici ministeriali e in cui sono allegate tutte le fonti fotografiche, grafiche, audio-video e multimediali in genere e riportate le notizie storico-critiche del periodo. Il terzo ed ultimo capitolo presenta il progetto, ovvero la realizzazione della mostra di abiti d’epoca pirainesi realizzata alla torre saracena di Piraino, mostrando le diverse fasi di realizzazione della mostra nonchè della costruzione di un modellino in scala 1:100 della torre. Il capitolo è suddiviso in quattro paragrafi con i corrispondenti sottoparagrafi che descrivono la conservazione e l’esposizione degli abiti antichi, la definizione di museo, i percorsi tattili per i non vedenti e degli esempi di allestimenti di abiti dei principali musei di costume. A conclusione dell’elaborato desidero ringraziare il Prof. Vittorio Ugo Vicari, relatore della presente tesi, 10


i cui contributi considero decisivi; figura molto importante nel supporto alla stesura della tesi è stata la Dott. ssa Angela Chiara Cernuto, Cultore della materia per la cattedra di Storia della moda, che mi ha seguita e consigliata; il mio ringraziamento va, inoltre, al Prof. Sergio Pausig (Coordinatore dei Corsi di I e II livello in Progettazione della moda), per il contributo importante che mi ha dato durante la realizzazione del modellino della torre saracena e per avermi seguito nella cura degli aspetti stilistici della comunicazione e del mio portfolio online. Ringrazio, infine, la signora Graziella Romano, che mi ha fornito gli abiti della madre per la realizzazione della mostra; le signore Caterina Nespola, Rosa Nespola, Nunziatina Spanò e i signori Giuseppe Giardina e Nino Nespola, quest’ultimo sarto attivo in Piraino negli anni ’60. Un ulteriore ringraziamento va al Comune di Piraino che mi ha dato il consenso per allestire la mostra.

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Alle persone a me pi첫 care che hanno sempre creduto in me

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CAPITOLO I

In questo primo capitolo è descritta la storia di Piraino, tra cultura storia arte e tradizioni, il territorio, la variazione della popolazione residente, gli aspetti demografici, le feste popolari e religiose, il carnevale pirainese e le cerimonie familiari. Infine, vi è l’elenco araldico genealogico delle famiglie nobili pirainesi. I.1. Note storiche sulla città di Piraino Nome Maurolico nella sua Storia della Sicilia1 afferma che i più antichi signori dell’Isola furono i due fratelli: Ciclopo e Lestrigone, figliuoli di Nettuno dai quali presero il nome i feroci popoli Ciclopi e Lestignoni. Nella stessa Storia2 si può leggere che alcune piccole città, tutt’ora esistenti, presero il nome del Ciclope che vi signoreggiava e fra queste Bronte, Stèrope e Piràcmon (Piraino). Il nome Piràcmone, attribuito ad un Ciclope, uno dei tre ministri e fabbri del dio Vulcano, testimonia l’origine antichissima dell’abitato di Piraino3. Diverse e contrastanti appaiono le spiegazioni addotte riguardo l’etimologia del nome di Piraino. Alcuni antichi storici siciliani fanno rientrare le origini etimologi13


che del nome nella mitologia greca. Omero per primo nell’Odissea4 parla della Sicilia chiamandola “Isola del sole” e vi pone come primi abitatori i Ciclopi, la cui attività principale era la pastorizia e qualcuno di loro, più progredito, si dedicava all’arte di estrarre e lavorare il ferro. Virgilio, seguendo la Teogonia di Esiodo, ci parla di tre Ciclopi: Bronte, che rappresenta il tuono; Sterope, l’immagine del lampo o del fulmine e, infine, Piracmone, simbolo del fuoco. Dunque, Piracmone è un’antica divinità greca (un ciclope-dio) rappresentato con un’enorme corporatura ed un solo occhio, considerato insieme ai fratelli inventore della metallurgia. Il Ciclope-Dio si impone su tutti, detta leggi sociali, organizza la difesa contro l’invasione di altri Ciclopi e al territorio su cui esercita la sua autorità dà il suo nome5. Esistono ancora, anche se quasi ostruite, a Piraino, delle capaci grotte che gli antichi chiamavano, appunto, “Le grotte del Ciclope”. Alla fine della seconda guerra mondiale (1940/1945), dovendo ricavare pietre per la costruzione, fu aperta una cava nelle rocce e le grotte furono distrutte. Durante i lavori, furono trovate delle ossa di mole gigantesca che nessuno pensò di raccogliere o di far osservare a gente competente; non si può affermare che fossero ossa umane, ma avrebbero potuto appartenere ad un anima14


le preistorico6. Tuttavia, il legame tra il mitico ciclope e Piraino è solo frutto di fantasia7. Infatti, la presenza di tali ossa potrebbe farci supporre che i primi abitatori fossero degli uomini giganteschi, ma nulla ci autorizza a credere che questi fossero proprio dei ciclopi8. Gli etimologisti sostengono che il nome Piraino derivi dalla posizione del nucleo storico di Piraino, che si trova su un crinale e quindi dal greco “epi lainos” , cioè “sulla cresta”. Seguendo l’etimologia latina, invece, la terra di Piraino è stata denominata in diversi modi: Pilaginus, Pirainus, Pyracmium, Pilainus, Pyracmus, etc. Vale, però, anche la pena ricordare che “piracium” in latino significa “sidro di pere”, il che rende plausibile che il nome della città derivi, molto più semplicemente, dai frutti del pero selvatico, pianta di cui erano anticamente ricchi i boschi e le campagne dei Nebrodi e della quale, ancora oggi, esistono molti esemplari. Questa ipotesi verrebbe avvalorata dallo stemma della più antica Baronia che ha preceduto il dominio dei Lancia, stemma adottato nel drappo del Senato pirainese e che è composto da uno scudo al cui interno sono visibili tre pere9. Piraino è un paese fortemente frazionato: già i Saraceni, che facevano dell’agricoltura la loro principale attività, costruirono casette sparse nelle campagne intorno alla collina dando, così, origine alle borgate. Fino al sorgere 15


della bandiera repubblicana (1849), le condizioni di vita dei poveri abitanti delle frazioni erano in uno stato primitivo e miserevole. Erano presenti sul territorio anche alcune industrie, scomparse quando lo sviluppo tecnologico si sostituì ai metodi tradizionali. Mancavano, infatti, i mezzi sufficienti per poter modernizzare un’industria di tipo artigianale con complessi meccanizzati. Vi era una tintoria bene avviata che tingeva stoffe in nero10. La sostanza colorante era ricavata dalla pianta del sommaco, introdotta a Piraino dagli arabi. Molte famiglie vivevano di tessitura e, oltre al baco da seta, a Piraino, si coltivava anche il lino.

I.1.1. I luoghi del potere civico Palazzo baronale dei duchi Denti. Il portale d’ingresso è sormontato dallo stemma composito dei Denti. Prima di loro erano stati baroni i Lancia di Brolo, il cui palazzo si trovava a Ficarra. Quando i Denti furono costretti ad abbandonare il palazzo baronale in seguito alla riforma della Costituzione Siciliana del 1812 (che aboliva tutti i diritti feudali), l’edificio era 16


ancora costituito da 36 camere, 12 magazzini ed altri locali. Inoltre i Denti possedevano nel centro di Piraino anche altre case, destinate a carcere. Nel palazzo il duca aveva la sua piccola corte: qui si riunivano i giurati11, i catapani12, e all’occorrenza partecipavano gli altri suoi collaboratori. Il palazzo costituiva la sede del governo feudale e all’occasione diventava anche la sede dei baiulo13. Nel palazzo vi era l’abitazione del duca e una piccola cappella; in essa vi era un altare per la Messa e un minuscolo organo, o spinetta, per accompagnare le cerimonie solenni alle quali assisteva tutta la famiglia. A pianterreno vi era la cantina, il deposito dell’olio, del grano e di tutto quanto era necessario per la cucina. L’arredamento era costituito da mobili essenziali, Alberto Denti (morto nel 1968) mette in evidenza come nella sua famiglia si cercasse la semplicità e l’essenziale nell’arredamento della casa. Fino a quando l’edificio ebbe dei locali efficienti venne adoperato prima come Caserma dei Carabinieri e successivamente, nel 1963, divenne sede della prima Scuola Media. Entrando dal portone principale si trova un cortile che veniva chiamato “bagghiu”, come si usava in tutte le grandi case in Sicilia.

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L’asilo Marianna Denti. La nascita dell’asilo Marianna Denti, inaugurato nel 1933, nel centro di Piraino, è stato un momento di rinnovamento e di crescita per tutto il Comune. Nella sua autobiografia, Soltanto per i miei amici14, Marianna Denti15 offre una visione storica della nascita dell’asilo e, soprattutto, fa scoprire quali preziose qualità erano nascoste nel suo spirito. Il caso fu che una lettera proveniente da Roma da parte del Ministro della Pubblica Istruzione, indirizzata alla Marchesa Marianna Denti di Piraino, la quale abitava a Firenze, pervenne, per errore, al municipio di Piraino dove fu inavvedutamente aperta. Il segretario, constatò che il Ministero assegnava alla Marchesa una medaglia d’oro di benemerenza per gli asili che lei aveva fatto costruire a sue spese in Sardegna. Quest’ultimo, nel rimettere alla Marchesa la lettera che, per disguido postale, era arrivata a Piraino, fece presente alla stessa che nel comune, non vi era asilo infantile e che sarebbe stata gradita dal popolo se lei avesse potuto farne sorgere uno. La Marchesa, rispose che sarebbe stata felicissima di poter accontentare la comunità pirainese e che sarebbe venuta presto a Piraino per esaminare sul posto la possibilità di far sorgere l’asilo16. Il locale in cui fu edificato l’asilo era tra quelli 18


“incamerati” dal governo sabaudo attraverso le leggi eversive del 1866 e del 1867.Quest’ultimo, compresa la chiesa dedicata a Sant’Anna, era stato poi comprato per lire cinquecento dalla ditta Crescenti di Messina nella prospettiva di costruirvi un albergo. Marianna lo ricomprò al prezzo di favore di lire 5000, somma che lei aveva ricavato dalla vendita della sua casa di Firenze. Nel suo libro racconta di avere avuto la fortuna di incontrare l’ingegnere Oscar Bartolo, il quale era stato a capo della ditta che in quegli anni aveva costruito le strade che congiungono sia alla statale Messina-Palermo sia a Piraino centro, e al quale affidò i lavori per la costruzione dell’asilo. L’inaugurazione del nuovo asilo avvenne domenica 11 giugno 1933. Oltre al vescovo erano presenti il Commissario del comune, l’arciprete di Piraino Giuseppe Butera, il Decano degli insegnamenti e l’ingegnere Bartolo. Assisteva alla cerimonia tutta la gente di Piraino. La marchesa presentò al vescovo la bandiera tricolore perché la benedicesse e subito venne portata sulla terrazza.

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Carcere baronale nel centro Il caseggiato costituiva una delle strutture che i Denti avevano destinato a carcere. I vari baroni avevano l’obbligo di creare e mantenere locali adibiti a carcere. Nel locale suddetto si può vedere ancora in una grossa parete un piano pendente o scivolo attraverso cui i carcerati venivano immessi nello spazio adibito a carcere. A quest’ultimo, si accedeva dal piano superiore attraverso una botola. Nel viario del 1866 troviamo che vi era un Largo Carceri proprio accanto alla casa; esso era un carcere per scontare condanne non molto lunghe17.

I.2. Note territoriali Dal 2006, Piraino si è inserito nel circuito turistico della fascia Tirrenica, e precisamente in una zona che è stata denominata Costa Saracena. Ciò ha provocato una positiva trasformazione della sua economia. La formazione dell’abitato di Piraino ha origine remota; si hanno infatti documenti da cui si rileva che la sua fondazione risale all’VIII sec. a.C. Le date rilevanti che hanno determinato l’attuale configurazione urbanistica del territorio si possono suddividere in tre fasi salienti. 20


La prima corrisponde all’epoca delle dominazioni Arabe (830-1030), Saracene (830-35) e Normanne (10301194), periodo in cui si determinò la formazione del nucleo di Piraino centro, autentica roccaforte naturale contro le invasioni e le scorrerie provenienti dal mare; a testimonianza di questa origine ritroviamo ancora intatta una torre cilindrica saracena e resti di altre fortificazioni da cui si domina sull’intero territorio comunale. Una seconda fase dello sviluppo urbanistico del territorio si può individuare nel secondo periodo medievale, quando sotto le successive amministrazioni feudali, si vennero a formare tutti i nuclei abitati, di limitate dimensioni, decentrati nelle campagne e lungo le fiumare. Essi erano funzionalizzati allo sfruttamento capillare delle risorse agricole, ma tali nuclei facevano comunque capo sempre all’abitato di Piraino centro, che proseguì nel suo sviluppo e nella sua funzione direzionale del territorio sino ai giorni nostri. L’ultima fase storica che ha completato l’assetto urbano attuale risale all’inizio del XX secolo ed ai primi anni dell’ultimo dopoguerra: in tali periodi si è verificato lo spostamento degli interessi economici del territorio dal monte alla fascia costiera, determinato essenzialmente dall’avvento della ferrovia e da un nuovo interesse verso le vie commerciali per lo smistamento della pro21


duzione agricola nei vicini centri di raccolta di Patti e Capo d’Orlando. Si assiste, così, alla nascita dei centri di Gliaca e Zappardino (zona a mare), che attualmente occupano una posizione predominante nella struttura economica locale, nonostante il centro direzionale ed amministrativo sia rimasto a Piraino Centro. In particolare, l’abitato di Gliaca, notevolmente sviluppatosi negli ultimi decenni, costituisce oggi un centro turistico molto apprezzato. I.3. Note di cultura tradizionale. Il cibo come dono L’offerta di alcuni cibi, il dono del cibo, lo scambio di doni sotto forma di cibi hanno svolto una funzione di integrazione e di coesione sociale. Il cibo era, infatti, il mezzo, la forma, il segno attraverso cui si suggellavano, si consolidavano rapporti e relazioni che caratterizzavano la struttura sociale. All’interno delle comunità tradizionali i cibi oggetto di scambio o di offerta andavano dai più comuni, come il pane, a quelli più particolari e caratterizzanti un determinato periodo o una determinata ricorrenza. Infine, l’elemento che più di qualsiasi altro veniva scambiato era il lievito per la preparazione del pane, che attraverso prestiti vicendevoli consolidava e vivificava le relazioni sociali. 22


Era consuetudine, in occasione delle feste, offrire ai Santi, in segno di devozione e per chiedere qualche grazia, numerosi prodotti della terra e animali allevati faticosamente in casa: capretti, galli, ma anche farina e altri prodotti18.

I.3.1. Civiltà contadina, indumenti e mestieri. I lavoratori della terra abitavano quasi tutti al centro e ogni giorno dovevano recarsi in campagna dove vi erano solo rifugi contro i temporali: erano pochi infatti i proprietari di una casa in campagna anche perché la maggioranza era costituita da braccianti. Quando a Piraino si formarono i primi artigiani ( o “mastri”), molti iniziarono a chiedere un posto da apprendista. Per tutti la giornata era regolata dal suono delle campane; all’aurora le chiese si aprivano per la prima messa ed erano le donne rimaste a casa che le frequentavano insieme agli uomini inabili al lavoro. Era la domenica che concedeva a tutti il meritato riposo. In chiesa alle donne toccava il primo posto e la prima fila mentre gli uomini, separati, stavano dietro; tutti dovevano assistere alle funzioni in piedi quando non era prescritto di stare in ginocchio. Nei lunghi mesi d’inverno le donne si 23


dedicavano a filare la lana e il lino fatto crescere nei campi, usando il fuso19 e la conocchia20 per realizzare indumenti personali come maglie e calze di lana. Spesso il lino, insieme al cotone comprato in una fiera, veniva portato alle amiche fortunate che possedevano un telaio; I vestiti venivano spesso rattoppati e passavano a fratelli o sorelle più piccoli. Per le ragazze inoltre si doveva pensare alla biancheria necessaria per la dote del matrimonio: la minima era costituita da sei capi per serie; solo le ragazze ricche e fortunate arrivavano a 18 capi. La seta ricavata dai bozzoli serviva solo per venderla e dai bozzoli difettosi si estraeva una seta scadente che veniva sempre accoppiata con altri filati. Dai registri e dagli atti di morte esistenti nella casa comunale del paese, può rilevarsi che, fino al 1820, oltre il 20% dei pirainesi erano classificati come “filatori”; per le donne si diceva “filatiere”. Un’altra fiorente industria era quella delle carni suine insaccate, che si forniva dei notevolissimi allevamenti di maiali che allora esistevano in paese; il salame prodotto era ricercatissimo in tutta la provincia. Quando nel 1400 il centro s’ingrandì, anche la categoria dei maestri artigiani raggiunse un grande sviluppo. Essi esercitavano le arti necessarie all’ambiente agricolo: il falegname, il muratore, il fabbro ferraio, il sarto, il cal24


zolaio21. Vi erano anche il mulattiere, il carbonaio e il mugnaio: quest’ultimo era scelto dai padroni dei mulini e a lui toccava la macinazione del grano nei mulini ad acqua; i padroni dei mulini erano: il vescovo di Patti, i baroni Lancia, prima, e i duchi Denti, dopo. I mulini facevano parte dei privilegi feudali e i cittadini erano obbligati a portare il grano a quei mulini. Inoltre, a quei tempi, il panettiere per poter lavorare doveva avere la concessione del feudatario o della Universitas (Comune). Nella seconda metà del XX secolo, l’introduzione delle macchine all’interno della produzione permise di avere a prezzo modestissimo scarpe e vestiti confezionati, decretando la morte del settore artigianale del sarto. Un altro aspetto particolare della vita agricola di Piraino era costituito dalla formazione di gruppi di lavoro specializzato, come i battitori di ulivi e i lavoratori al frantoio. Altra forma di lavoro agricolo associato consisteva nella formazione di gruppi che “espatriavano” in comuni vicini o anche lontani secondo la particolare prestazione: raccoglitori di olive e di nocciole, mietitori di grano e vendemmiatori. Queste ultime due categorie giravano tutta la Sicilia e ai tempi del fascismo i lavoratori dovevano essere inclusi in un elenco particolare approvato dal podestà22. 25


I.3.2. Il Baco da Seta L’allevamento del baco da seta fu introdotto dai Bizantini. Quando arrivarono gli Arabi non fecero altro che consolidarlo, ma nel 1920 circa venne scoperto il metodo per la creazione delle fibre artificiali, prima fra tutte il nylon. Ancora fino alla guerra (1940-45) a Piraino e nei paesi limitrofi si facevano piccole produzioni di seta. Per secoli l’allevamento del baco da seta fu l’unica risorsa per le famiglie pirainesi. Ogni santo onorato nel comune di Piraino per la sua festa riceveva molte offerte in matasse di seta estratte dai bozzoli prodotti dai fedeli del luogo. Prima del 1674 il centro della seta era la città di Messina, nel XIX secolo a Brolo si allestì una grossa filanda per l’estrazione della seta23.

I.3.3. Le regole del Lutto Ancora dopo la guerra (1940-45) a Piraino erano in uso delle rigide regole sul lutto. Secondo il grado di parentela col defunto era stabilito sia il segno del lutto sia per quanto tempo portarlo. Il primo segno era la stoffa nera affissa alla porta o fatta pendere dall’alto degli stipiti: in genere durava un anno. Le donne vestivano di nero per 26


un certo tempo e gli uomini anche; ma a seconda della condizione economica indossavano dei vestiti adattati o tinti. Alcune famiglie tenevano pronti i vestiti da lutto dato che si ripetevano le occasioni per indossarli. L’uomo portava la cravatta nera per mesi e anche la donna aveva il tempo del mezzo lutto; per gli uomini la barba doveva portarsi almeno per un mese; per qualcuno il lutto veniva esibito solo quando si celebravano i funerali. In qualche paese, durante la settimana di “luttoâ€? stretto, parenti prossimi ed amici preparavano ai familiari del defunto le vivande necessarie per un giorno, incominciando dal latte e caffè. Il lutto era prescritto anche per i parenti piĂš vicini. In Italia fino alla riforma del diritto di famiglia del 1975 vigeva il lutto vedovile per cui la moglie vedova non poteva sposare prima di 300 giorni dalla morte dello sposo. In molti paesi della nostra provincia la donna non poteva sposarsi prima che fossero passati tre anni dalla morte del marito. Le regole sul lutto hanno lontane origini. Per la morte del re era stabilito il lutto non solo per tutta la famiglia reale ma ad essa si dovevano aggiungere tutti i nobili del regno. Il lutto durava nove giorni ed erano prescritti ferraioli lunghi, calzoni e casacca di baetta o panno o manto di cattivi. Si doveva portare il lutto per: padre, madre, nonno e nonna, suocero e suocera, marito o moglie, fratello o 27


sorella, cognato o cognata, genero e nuora, figli. Nelle famiglie nobili il lutto era vietato ai “criati” (servi). La prammatica concedeva di portare il lutto solo per sei mesi. In seguito il popolo adottò liberamente la durata del lutto e le vesti da usare. Per quanto riguarda il lutto, quando moriva qualcuno era consuetudine che i vicini preparassero da mangiare per i familiari, si preoccupavano della colazione, del pranzo e della cena. Non c’erano dei cibi particolari, i pasti si basavano su ciò che la gente aveva a disposizione in quel momento. Questa usanza era testimonianza di amicizia e di profonda partecipazione al dolore degli altri; inoltre era usanza piuttosto diffusa, che nei giorni che seguivano il funerale la gente andasse a fare visita ai parenti del defunto portando pasta, caffè, zucchero e biscotti24.

I.3.4. Il fidanzamento e il matrimonio Quando il giovane era in età di matrimonio ed era in grado di portare avanti una famiglia, incaricava la madre di andare a chiedere per lui in moglie la ragazza di cui si era innamorato o la ragazza che poteva rappresentare un buon partito. Se il fidanzamento avveniva, per 28


questa occasione si facevano i confetti verdi da distribuire a parenti ed amici, i quali ricambiavano portando ai fidanzati un regalo in segno d’augurio. Da questo momento in poi il fidanzato, fino a quando non si celebrava il matrimonio, poteva andare di tanto in tanto a cenare a casa della ragazza. Un tempo, erano molto semplici i festeggiamenti per il matrimonio. Alla cerimonia partecipavano, oltre ai famigliari degli sposi, soltanto i parenti e gli amici piÚ intimi. Il pranzo di nozze si faceva a casa e per questa occasione veniva chiamata una donna che faceva la cameriera presso una qualche famiglia benestante. Questa infatti, vivendo con gente che poteva permettersi di mangiare sempre bene, conosceva particolari pietanze sconosciute o quasi al resto della gente. CosÏ un paio di giorni prima del matrimonio, si recava a casa della sposa e si occupava della preparazione delle varie pietanze, pasta, carne, dolci. Alla fine del pranzo, agli invitati venivano dati oltre ai comuni confetti anche un piccolo vassoio di dolci da portare a casa25.

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I.3.5. Feste popolari e religiose. Le feste popolari e le celebrazioni in cui si fonde cultura, religione e folkore sono, a Piraino, appuntamenti suggestivi che si tramandano da secoli. Essi rappresentano l’humus culturale degli abitanti, caratterizzato da una commissione fra l’aspetto profano e lo spirito religioso tipico di un paese che presenta delle forti radici cattoliche. La maggior parte di queste celebrazioni rappresentava per la gente oltre che un momento di dimostrazione di fede, delle poche occasioni di svago per chi trascorreva tutto il resto dell’anno a lavorare duramente. Nell’arco temporale dell’anno sono diverse le ricorrenze religiose principali, che s’intrecciano con le feste a carattere popolare.

Festa di San Giuseppe Dal punto di vista religioso, molto sentita è la festa del Santo Patrono del paese, San Giuseppe. Durante questa festa, che si tiene il primo martedì dopo Pasqua, viene portato in processione il gruppo ligneo rappresentante la Sacra Famiglia insieme alla Madonna del Tindari. 30


Caratteristica è la benedizione delle campagne che circondano Piraino: man mano che la processione si snoda per le vie del paese, vengono fatte delle fermate, durante la quale il sacerdote benedice le campagne del circondario.

Festa del SS. Hecce Homo In ambito religioso, particolare rilievo assume la festa dell’Ecce Homo. Infatti, la seconda domenica di ottobre si svolge a Piraino quella che è ritenuta la festa religiosa più importante, durante la quale si onorano il SS. Hecce Homo e la Madonna del Rosario. La preparazione della festa inizia già qualche giorno prima della data stabilita. Il venerdì antecedente, infatti, viene prelevato dalle braccia della Madonna del Rosario, custodita nell’omonima Chiesa, il Bambinello Gesù, il quale viene condotto in un cesto di fiori freschi a casa della famiglia Tresoldi, che provvede ad onorarlo con gioielli antichi. Questa tradizione ha avuto origine più di 200 anni fa, quando la nobildonna Stancampiano in occasione della festa iniziò ad addobbare, con i suoi antichissimi gioielli, il Bambinello portato in braccio dalla Madonna del Rosario. Successivamente i gioielli 31


andarono alla nipote, la quale continuò nella tradizione dell’addobbo, lasciandoli poi alla famiglia Tresoldi. Il sabato, vigilia della festa, alle ore 19:00, il clero, insieme a tutti i fedeli, si reca a prelevare il Bambinello ed in corteo lo riconduce nella Chiesa del Rosario, dove viene nuovamente riposto tra le braccia della Madonna. Ha così inizio una processione che accompagna la Madonna e il Bambino fino alla Chiesa di S. Caterina, dove è custodita la statua dell’Hecce Homo26. La domenica mattina il paese viene svegliato con degli spari di mortaretti e durante il giorno i pirainesi, ma anche numerosi emigrati ritornati per l’occasione, si recano nella Chiesa di S. Caterina per le celebrazioni, dimostrando grande fervore e fede. Fino ai primi decenni del 1900, durante tale ricorrenza molti fedeli, per voto, usavano andare in chiesa e fare il percorso fino alla statua di Gesù strisciando con la lingua per terra; oggi questa usanza è completamente scomparsa, ma ancora alcuni fedeli assolvono voti portandosi dalla porta d’ingresso fino alla statua in ginocchio, oppure effettuando tutto l’itinerario della processione a piedi scalzi. Nel pomeriggio si svolge la processione solenne, che porta per la via principale del paese la statua lignea del SS. Ecce Homo e della Madonna del Rosario, quest’ultima viene nuovamente accompagnata nell’omonima chiesa. Terminata anche la 32


processione pomeridiana, il sacerdote riporta a casa Tresoldi il Bambinello Gesù, che viene spogliato dei gioielli e successivamente ricondotto in chiesa. Alla sera viene offerto uno spettacolo di musica e la festa si conclude con lo sparo di fuochi d’artificio. A questa festa è legata anche un’usanza gastronomica, la salsicciata.

I.3.6. Il carnevale Pirainese Fino a qualche decina di anni addietro i festeggiamenti del Carnevale erano molto famosi a Piraino, tanto da richiamare anche gente proveniente da paesi del circondario. Si tratta di una festa caratterizzata dalle sfilate dei carri: essa si svolge in tre giorni chiave, ossia il giovedì grasso, la domenica ed il martedì di Carnevale. L’ultimo giorno di Carnevale, ovvero il martedì grasso, nel passato si usava mettere in scena la morte du zu Carnevali. Il corteo, che sfilava in maschera, era guidato da u zu Carnevali che sfilava su un asinello per le vie del paese. Intanto uno strano orso caricandosi a turno sulle spalle la gente che andava incontrando, la portava all’osteria e si faceva offrire biscotti e vino. Alla fine della sfilata u zu Carnevali procedeva la lettura del suo testamento; finita la lettura, sentendosi male, interveniva il dottore, 33


il quale armato di coltello gli apriva la pancia tirando fuori metri di salsiccia. U zu Carnevali si riprendeva e per festeggiare lo scampato pericolo, veniva arrostita e mangiata la salsiccia, ma , dopo essersi ingozzato di cibo, una nuova crisi ne provocava la morte. Così si assisteva alla fine del Carnevale e all’inizio della Quaresima e del digiuno27.

I.3.7. L’estate Pirainese Uno degli appuntamenti più consueti è quello della Festa sotto la torre, durante la quale viene proposta la degustazioni di dolci e prodotti tipici della gastronomia locale; inoltre, per mantenere vivo il legame con la storia del paese, sotto la torre sfilano dei personaggi vestiti con costumi antichi, che sono proprio quelli originali conservati nel Museo28. Mantenendosi nella prospettiva della commemorazione storica, fino a poche estati fa, veniva realizzato anche il corteo storico della Castellana, con fiaccolata a mare presso la Torre delle Ciavole: questa processione tradizionale ricordava una tragica storia d’amore.

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I.4. Note demografiche

Ad un’analisi dei prospetti, si nota come i dati ISTAT abbiano rilevato per il decennio 1951-61 un tasso positivo di 10 unità: la popolazione è passata, infatti, da n. 5.391 abitanti nel 1951 a 5.401 abitanti nel 1961. Il decennio, invece, che va dal 1961 al 1971 è caratterizzato da un forte calo della popolazione residente che passa da 5.401 unità a 4.492, con una diminuzione di 909 unità. Essa è imputabile al forte movimento migratorio verso i paesi industrializzati del Centro Europa e verso le città del Nord Italia. Nel periodo che va dal 1971 al 1981 si ha un’ulteriore diminuzione sino ad arrivare alle 3.760 unità. Tale decremento prosegue anche nel decennio successivo, in cui gli abitanti passano da 3760 a 3734. Dal 1991 al 2013 si registra, invece, un’inversione di tendenza e gli abitanti passano da 3734 a 3944. Questo movimento è possibile correlarlo al processo di sviluppo della località costiera di Gliaca, dotata di spazi pianeggianti e servita da linee di trasporto automobilistico e ferroviario. I nati sono in totale 33 e tutte le nascite si registrano avvenute in un altro comune, invece, i decessi rilevati sono in totale 43, per cui facendo la differenza ci si può 35


facilmente rendere conto di come nella popolazione di Piraino sia evidenziabile un più alto tasso di mortalità, rispetto a quello di natalità. Per quanto concerne il movimento migratorio, si rileva un bilancio positivo in quanto il numero degli iscritti (103, di cui 98 provenienti da altro comune e 18 dall’estero) è superiore al numero dei cancellati (94, di cui 93 diretti verso altro comune ed 1 diretto verso l’estero). La principale via di comunicazione è rappresentata dalla Strada Statale 113 Settentrionale Sicula, che attraversa l’abitato della frazione di Gliaca, lungo la direttrice Messina-Palermo e la collega con Gioiosa Marea e Brolo; dalla Statale 113 si dirama la strada Provinciale 140 per S. Angelo di Brolo, che permette in parte di collegare la frazione di Gliaca con il centro urbano di Piraino. Altre importanti vie di comunicazione sono rappresentate dalla Strada Provinciale 143 che collega Piraino con le frazioni di Iannello e Lacco, dalla strada a scorrimento veloce che costeggia l’asta torrentizia della fiumara di S. Angelo di Brolo e dalla strada che costeggia la sponda sinistra del torrente Zappardino. Alla viabilità principale si affianca una discreta rete viaria secondaria, che collega i nuclei abitati minori alle zone rurali. Inoltre, la presenza dell’Autostrada A20 Messina-Palermo, con uno svincolo posto a circa 2 km dal confine comunale 36


di Piraino, permette rapidi collegamenti con le città di Messina e Palermo.

I.5. Note genealogiche In questo paragrafo e nei relativi sottoparagrafi, viene elencata la genealogia delle famiglie araldiche pirainesi; dal Ducato Denti alla Baronia dei Lancia, e a seguire Patti-Chacon, Patti d’Alcamo e il Principato di Paternò. I.5.1. La Baronia Denti o Dente. Il 13 novembre 1640, la Baronia e Terra di Piraino fu acquistata dal Rev. Cav. Gerosolimitano Don Francesco Denti, palermitano. L’otto maggio 1641 fu eseguito il contratto definitivo e la persona da nominare fu Vincenzo Denti, fratello di Don Francesco. La famiglia Denti discendeva da Giovanni Denti proveniente da Costantinopoli, luogotenente del Vicario Imperiale, che, nel 724, dimorò a Ravenna e fu Signore di Balugolo, territorio di Padova. Egli aveva un dente sporgente e per questo gli fu appellato “Dente”, cognome col quale furono chiamati tutti i suoi successori. Nel 1248, Alberto, affidato in ostaggio a Tommaso Scaglio37


ne di nobile famiglia messinese, fu condotto a Messina e da lui deriva tutto il ramo siciliano dei Denti. Nel 1340 viveva, sempre a Messina, il nobile Simone Denti, marito di Giovanna Labruzzo, I° Barone di Rayneri, i cui terreni si trovavano in Valdemone, vicino Milazzo. Da questo momento i Denti si distinsero sempre per la loro capacità, per la loro intelligenza e per i posti pubblici che continuarono ad occupare. Giacomo Denti, giudice della Gran Corte del Regno, fu il II Barone di Rayneri; fu nominato deputato del Regno nel 1398, fu Primo Ministro della Regina Maria, dei due Re Martini e della Regina Bianca. Ebbe la toga vitalizia perpetua della Gran Corte, la carica di Conservatore del Regno e fu Ambasciatore presso la Sede Apostolica. Nella successione si ha: Roberto Denti III Barone di Rayneri nel 1439; Giovanni Denti IV Barone di Raineri nel 1463; Pietro Denti V Barone di Rayneri nel 1475; Giovanni Denti VI Barone di Rayneri nel 1516; Giacomo Denti VII Barone di Rayneri nel 1524; Luciano Denti VIII Barone di Rayneri nel 1526 e Giovanni Francesco Denti IX Barone di Rayneri nel 1567. Nel 1593, i Denti si trasferirono da Messina a Palermo, dove s’incontra il X Barone di Rayneri Don Lucio Denti; egli si distinse particolarmente per le sue grandi capacità di uomo politico e fu Giudice della Gran Corte del Regno 38


negli anni 1643-44-45. Presidente dello stesso Tribunale dal 1639, fu primo Barone di Castellazzo e del Cellaro, fu uno dei finanziatori di Casa Professa di Palermo, motivo per il quale, alla base di una delle colonne in marmo policromo è inciso lo stemma nobiliare. Don Lucio Denti ebbe cinque figli ed il quinto di essi fu Vincenzo Denti e Averna, Barone del Cellaro e di Castellazzo, XI Barone di Rayneri, che acquistò da Vincenza Paternò la Baronia di Piraino. Egli, il 19 luglio 1656, per i suoi grandi meriti conquistati nel Valdemone, dove aveva ridato ordine in molti feudi ribelli, ebbe per concessione del Re Filippo IV a Madrid, la nomina di Duca di Piraino. Resse la Giudicatura della Gran Corte Stracoziale di Messina e successivamente, nel 1641, del Concistoro, della Gran Corte nel 1650 della quale fu Avvocato Fiscale; poi fu Maestro Razionale del Real Patrimonio, Presidente del Concistoro, raggiungendo così l’alta carica del padre Lucio. Nel 1672 fu nominato Reggente del Supremo Consiglio d’Italia a Madrid, dove, come segretario portò con se l’Arciprete di Piraino Natoli, colui che donò alla Chiesa Madre il bellissimo dipinto di Rosalia Novelli raffigurante Santa Rosalia, conservato nella stessa chiesa. Vincenzo divenne anche il favorito della Regina; morì a Madrid il 16 marzo 1678. Quando si insediò nel Ducato di Piraino, Vin39


cenzo Denti donò alla Chiesa Madre le reliquie del corpo di Santa Bruna insieme a quelle di diversi altri Santi che sono conservate in un bauletto di stile portoghese, unitamente a tutti i documenti relativi alle reliquie della Santa; fece realizzare un’urna reliquiaria in legno foderato d’argento sbalzato, con sul vertice la statuetta della Santa e, fece costruire un altare a lei dedicato, chiuso da un cancello in ferro battuto che si conserva perfettamente nella chiesa. Inoltre, aveva fatto costruire una splendida cripta per se e per i suoi, in cui furono seppelliti alcuni successori di casa Denti, ma la cripta fu distrutta nella prima metà del ‘900, durante la ricostruzione del pavimento della chiesa nella chiesa. Dopo la morte del padre, Vincenzo, il figlio primogenito Gregorio Denti e Castello si investì del Ducato di Piraino, il 30 settembre 1678. Egli fu il primo Principe di Castellazzo nominato il 4 aprile 1673, fu Governatore della Compagnia dei Bianchi di Palermo, Governatore del Monte di Pietà e Deputato del Regno. A Piraino eresse dalle fondamenta la chiesa di S. Anna, monumento ben conservato, unitamente ad un convento per le suore. Egli fu, inoltre, grande benefattore del Convento dei frati Minori Francescani, nella cui chiesa aveva fatto preparare, nel 1703, il suo splendido sepolcro. Morì il 31 maggio 1706, ma fu sepolto nella 40


tomba di famiglia della Chiesa Madre. Il 10 marzo 1709 si insediò il terzo Duca di Piraino, Lucio Denti Requisenz, figlio primogenito di Don Gregorio, Cavaliere di S. Giacomo e Presidente della Compagnia dei Bianchi. Don Lucio fece restaurare la chiesetta detta Batia, dove è conservata una piccola lapide mediante la cui iscrizione è stato possibile portare avanti le ricerche storiche. Morì a Palermo il 27 marzo 1747 e fu sepolto nella chiesa di Santa Cita. Vincenzo Denti Colonna, figlio primogenito di Lucio, fu il nuovo Duca; morì il 17 ottobre 1796 e fu seppellito nella cripta di famiglia della Chiesa Madre. Successe nel ducato il figlio primogenito Lucio Denti Lucchese che in seconde nozze sposò Tommasa Paratore e Quiras figlia del Principe di Patti. Egli fece costruire nella frazione Sorrentini un bellissima fontana con vasca, con lo stemma in marmo di casa Denti, perfettamente ben conservata. Il figlio Lucio non si investì mai del Ducato perché premorì rispetto al padre Vincenzo nel febbraio 1788 a Marsiglia. Fu Vincenzo Denti Bonanno, successo al nonno, il nuovo Duca di Piraino, il quale, ai tanti titoli, aggiunse quelli di Barone di Bibino Magno e Barone del Pantano. In una lettera convocatoria del braccio militare di Ferdinando di Borbone, Re delle due Sicilie, 41


egli venne convocato al Parlamento per il 25 gennaio 1810. In quell’epoca a Palermo cominciano i moti rivoluzionari contro i Borboni. Di questi movimenti rivoluzionari, fecero parte i Denti di Piraino ed in particolare Giovanni Denti Gioieni nato a Palermo nel 1811, cugino primo di Rosolino Pilo, insieme al quale organizzò i moti rivoluzionari che precedettero il 1848. In molte occasioni, Giovanni Denti, riuscì a sfuggire ai gendarmi borbonici, ma quando riuscirono ad arrestarlo, fu condannato a morte. Per paura di una vera possibile rivoluzione, la condanna fu commutata col carcere a vita, fu incatenato in una cella sotterranea, da dove, corroso dalla tubercolosi, fu liberato per la paura di una rivolta popolare qualora fosse morto in carcere. La città di Palermo, acclamandolo eroe e martire della patria, gli eresse un bel monumento marmoreo nella chiesa di San Domenico, il Pantheon siciliano. Successivamente, di fronte a questo monumento, fu eretto quello del cugino Rosolino Pilo, morto anch’egli durante gli ultimi giorni della rivoluzione, mentre combatteva contro le truppe borboniche. Quando fallirono i primi moti rivoluzionari, i Borboni si vendicarono con tutti i mezzi più barbari su tutti coloro che di quei moti avevano fatto parte e, per prima cosa emanarono leggi con le quali a tutti i nobili loro 42


nemici, vennero confiscati tutti i beni. Così, i Denti di Piraino, con una sentenza del 10 novembre 1829, si videro espoliati di tutti i loro possedimenti acquistati col proprio denaro e con atti pubblici notarili. Il patrimonio dei Denti del solo ducato di Piraino fu assegnato a ben 157 persone e la stessa cosa avvenne per i beni delle altre baronie sparse in tutta la Sicilia29.

I.5.2. La Baronia dei Lancia Piraino fu Baronia fin dai primi secoli dopo la conquista normanna (1071) e, i primi baroni di cui si ha notizia sono stati i Pericontati o Pericontado; ma la Baronia di cui si hanno notizie storiche certe è quella dei “Lancia” o “Lanza”, baroni anche di Ficarra, sotto il regno di Federico III (1355-1377). Pietro Lancia e Moncada tenne la baronia di Piraino fino all’epoca di Re Martino il Giovane, Corrado Lancia fu il successore e, nel 1453, passò al figlio Pietro Lancia Arezzo, che non ebbe prole, motivo per il quale l’erede fu Valore Lancia Arezzo, fratello di Pietro e zio di Corrado. Nel 1476 si trova barone di Piraino Guglielmo Raimondo Lancia Moncada, figlio di Pietro; nel 1498 morì, sen43


za figli, Guglielmo, e per questo troviamo suo fratello Blasco Lancia Moncada. Nel 1513 gli succede il figlio Girolamo Lancia Gaetani, ma i Lancia erano una stirpe irrequieta politicamente e socialmente e quindi, per un breve periodo, furono privati delle loro terre. In successione si ha Blasco Lancia Larcan nel 1557, Girolamo Lancia Cordova nel 1564, Emilia Alliata Lancia nel 1575, Ferdinando Lancia Cordona nel 1582, Francesco Lancia Larcan nel 1596 che nominò suo successore un Prospero Paternò che non s’investì e fece donazione alla moglie Margherita Paternò Corbera nel maggio 1621. Nel marzo 1629, morta Margherita, la baronia passò alla figlia Maria Paternò Corbera. Da un Ernesto duca di Baviera, trae origine la nobilissima famiglia Lancia o Lanza; e valoroso condottiero qual era, verso l’anno 970 fu soprannominato il capitano della grande lancia. In quanto alla Sicilia, interessa un Bonifacio signore d’Anglona, il quale ebbe quattro figli: Galeotto, da cui discendono i conti di s. Severino, Bianca moglie di Federico II imperatore, Corrado de’ conti di Caltanissetta, e Manfredi barone di Sinagra. Sono poi degni di speciale menzione: Pietro conte di Cerami e barone di Naro; Galvano primo conte di Fondi 1220; Carlo stratigoto di 44


Messina 1236; Federico viceré di Sicilia 1258; Galvano 2° decapitato in Napoli qual partigiano di rè Corradino suo parente; Corrado signore di Castel Mainardi, primo barone di Longi e Ficarra 1302, capitano giustiziere di Palermo 1304. Da lui due rami, uno di Nicolò barone di Longi e maestro razionale 1348, e l’altro di Galeotto barone di Ficarra. Da quest’ultimo vari personaggi distinti, tra cui un Pietro barone di Ficarra e primo barone di Galati, Piraino e Brolo 154330.

I.5.3. Patti-Chacon. È un ramo della precedente, originato dal matrimonio di Camillo Patti, da Alcamo, figlio di Francesco, barone di Piraino con Maria Carolina de Chacon, di Giuseppe, duca di Sorrentino. Maria-Carolina Patti-Chacon (di Francesco, di Camillo predetto) ottenne, con decreto ministeriale del 18 novembre 1880, riconoscimento dei titoli di duca di Sorrentino, marchese di Salinas e barone di Friddicelli.

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I.5.4. Patti d’Alcamo. Non sappiamo se sia un ramo della precedente. Un Giuseppe, da Alcamo, il 16 ottobre 1755 ottenne il titolo di barone di Piraino, titolo, che, con decreto ministeriale del 24 aprile 1910, venne riconosciuto in persona di Giovanni Patti, di Francesco, di Giuseppe, il quale, col titolo di Barone di Piraino fu riconosciuto nel 1910 Nobile. Famiglia messinese, già fiorente sotto Federico II. Dimora palermo. Arma: spaccato di rosso e d’ oro, con la sbarra d’ azzurro attraversante.

I.5.5. Principato di Paternò. Il Principato di Paternò fu un feudo esistito in Sicilia tra la seconda metà del XVI secolo e gli inizi del XIX secolo. Il feudo, comprendeva gli attuali comuni di Belpasso, Camporotondo Etneo, Nicolosi, Paternò, Ragalna, Santa Maria di Licodia, e la località di Mompileri, quest’ultima ricadente nel territorio di Mascalucia. Esso comprendeva anche diciotto feudi: Piraino, San Vito, Stagliata, Pennino di Lupo, Casa di Lupo, Iazzo Rosso, Vasadonna, Cugno, Sferro, Gerbini, Pitolenti, Fragione, San Brancato, Malconcinato, Margicheri, Costantina, 46


Scala, Salinella, ciascuno ripartito in molte tenute. Si vuole che la famiglia Paternò sia stata portata in Sicilia da un Roberto ai tempi del conte Ruggero. Possedette i principati di Biscari, di Sperlinga; le ducee di Carcaci, Furnari, Palazzo, Paternò, Rocca Romana; i marchesati di Capizzi, S. Giuliano, Manchi, Sessa Toscano e le baronie di S. Alessi, Aragona, Cuba e Sparacogna, Alzacuda, Baglia e dogana di Milazzo, Baldi, Belmonte, Bicocca, Bidani, Biscari, Burgio, Capizzi, Castania, Cuchara, Cugno, Donna fugata, Gallitano, Gatta, Graneri, Imbaccari e Mirabella, Manchi di Belici, Manganelli di Catania, Marianopoli, Mirabella, Motta Camastra, Murgo, Officio di Mastro Notaro della Corte Capitaniale di Catania, Oxino, Placabaiana, Poiura, Porta di Randazzo, Pollicarini, Raddusa e Destri, Ramione, Salsetta, San Giuliano, Scala, Sciortavilla, Solazzi, Spedalotto, Terza parte della dogana di Catania, Toscano e Mandrile ecc. ecc. Tra i moltissimi individui, che illustrarono i diversi rami di questa famiglia (principi di Biscari, principi di Sperlinga Manganelli, duchi di Carcaci, marchesi di S. Giuliano, marchesi di Sessa, ecc. dei quali rami ci riesce impossibile dire distintamente, si nota un Roberto signore di Buccheri; un Costantino (figlio del precedente) conte di Buccheri e di Partanna nel 1168; un Arrigo pretore di Palermo nel 1377-78; un Giovanni vicario generale in 47


Siracusa nel 1393, gran camerario e reggente del Real Patrimonio e maestro razionale del Regno nel 1397; un Nicolò secreto e maestro procuratore di Catania nel 1398 e nel 1409; un Gualtiero, dottore in leggi, giudice della Gran Corte, consigliere regio nel 1409, ambasciatore al pontefice Martino V; un Benedetto senatore di Catania negli anni 1413-14, 1414-15, 1416-17, 141920-21, 1426-27; un Andrea Paternò e Castello senatore di Catania nel 1417-18, capitano di giustizia nell’anno 1425-26; un Antonio capitano di giustizia di detta città nel 1475-76; un Giovanni, paggio del Re, castellano del castello vecchio di Noto nel 1445; un Pietro, barone d’Aragona, patrizio di Catania negli anni 1454 e seguenti e strategoto di Messina negli anni 1449-50, 1467 a 1469; un Gurretta capitano di giustizia di Caltagirone nell’anno 1448-49; un Marco senatore di Palermo nel 1472-73; un Giovanni capitano di giustizia di Catania nell’anno 1495-96; un altro Giovanni capitano di giustizia di detta città nel 1550-51 e patrizio negli anni 1551-52, 1562-63, 1569-70; un Francesco capitano di giustizia nel 1498-99, 1506-7, patrizio nel 1500-501 ; un Alvaro patrizio negli anni 1499-500, 1505-6, 151213; un Sigismondo patrizio di Catania negli anni 15089, 1514-15, 1518-19; un Giovanni vescovo di Malta ed arcivescovo di Palermo nell’anno 1489 e presidente 48


del regno negli anni 1494, 1506, 1509; un Luigi patrizio di Catania negli anni 1504-5, 1513-14, 1520-21: un Giovan Tommaso, giudice della Gran Corte nel 1510; un Giovan Francesco, barone di Raddusa, capitano di giustizia di Catania nel 1516-17; un Artale capitano di giustizia di Caltagirone nel 1537-38; un Baldassare capitano di giustizia di Catania nel 1547-48; un Giovanni, del fu Girolamo, patrizio di Catania nel 1554-55; un Girolamo Paternò, barone di Ramione, giurato di 1718-19, 1723-24, capitano di giustizia nell’anno 1721-22 e senatore nel 1725-26; un Giuseppe Maria Paternò Asmundo, aggregato alla mastra nobile di Catania a 8 luglio 1716 (con semplice annotazione per avere adottato il cognome di Asmundo e assunto le armi della famiglia di Consalvo Asmundo marchese di S. Giuliano), che fu giudice della Gran Corte Criminale nel 1730, 1736, della Corte Civile nel 1732, avvocato fiscale del tribunale del Real Patrimonio nel 1743, della Gran Corte nel 1748, presidente del Concistoro nel 1751, del Patrimonio nel 1761 e della Gran Corte nel 1770, ecc. e, con privilegio dato nel mese di luglio del 1756 esecutoriato a 28 dello stesso mese ed anno, ottenne il titolo di marchese, che, con privilegio del 28 novembre 1756, potè incardinare al predicato di Sessa; un Vincenzo Paternò e Castello, duca di Carcaci, ambasciatore del Senato di Catania a 49


Vittorio Amedeo di Savoia, vicario generale del regno nel 1743; un Francesco Paternò e Colonna patrizio di Catania nel 1724-25; un Vincenzo Paternò e Trigona, barone di Raddusa, capitano di giustizia di detta città nel 1725-26; un Giuseppe Paternò e Riccioli, che tenne la stessa carica nell’anno 1726-27; un Benedetto Paternò Asmundo patrizio di Catania nel 1729-30; un Francesco Paternò e Amico, capitano di giustizia nel 1730-31 e patrizio nel 1736-37; un Orazio Paternò e Castello, marchese di S. Giuliano, capitano di giustizia di Catania nel 1732-33 e patrizio nel 1738-39; un Vincenzo Paternò Asmundo capitano di giustizia di Catania nel 1734-35; un Francesco Maria giudice della Gran Corte Civile negli anni 1735-36, 1747-48; un Mario Concetto Paternò Castello, duca di Carcaci, capitano di giustizia di Catania nel 1737-38 e patrizio nel 1741-42; un Luigi giudice della Gran Corte Criminale nell’anno 1739-40 e della Gran Corte Civile nel 1753-54; un Mario Paternò e Castello, barone di S. Alessi, capitano di giustizia di Catania nel 1740-41; un Antonio Alvaro Paternò, barone di Manganelli, patrizio di Catania nel 1742-43; un Diego Paternò e Castelli, barone di S. Alessi, acatapano nobile di Catania nel 1743-44; un Giacomo Paternò e Scammacca, capitano di giustizia nel 1749-50 e patrizio nel 1752-53; un Ignazio Paternò e Castello, principe 50


di Biscari, archeologo e letterato, che fondò in Catania l’accademia dei pastori Etnei e fu investito di Alminusa nel 1750; un Michele Paternò e Castello, barone di Bicocca, capitano di giustizia di Catania nel 1755-56 e patrizio nel 1758-59; un Francesco Maria Paternò, barone di Raddusa, giudice della Gran Corte Criminale negli anni 1758-59-60; un Giovan Battista, cavaliere di Malta, giudice della Gran Corte nel 1760, avvocato fiscale di detto tribunale nel 1766, del Real Patrimonio nel 1772, maestro razionale nel 1775, presidente del Concistoro nel 1779, della Gran Corte nel 1787, deputato del Regno nel 1786-1790; un Antonio giudice della Gran Corte nel 1764; un Antonino, marchese di San Giuliano, capitano di giustizia in Catania nel 1763 e patrizio nel 1768; un Vincenzo Paternò Castello e Rizzari sindaco di Catania nel 1765 e capitano di giustizia in detta città nel 1770; un Giuseppe Maria Paternò e Tedeschi, duca di Furnari, capitano di giustizia di Catania nel 1766, 1784; un Consalvo, secondo Marchese di Sessa, governatore del Monte di Pietà di Palermo negli anni 1771, 1775-76, 1780-81, 1783, senatore di Palermo nel 1783, cavaliere di Malta nell’anno 1771; un Gioacchino, barone di Sigona, senatore di Catania nel 1775-76, che a 25 febbraio 1775 fu riconosciuto regio cavaliere, come discendente da Orazio Paternò Castello, barone di Biscari; un San51


to, cavaliere di Malta, giudice della Gran Corte Civile nell’anno 1788 e rettore dell’opera di Navarro in Palermo nel 1784; un Giovan Battista Paternò e Asmundo reggente in Napoli, presidente del Concistoro nel 1780; un Vincenzo Paternò Tedeschi, duca di Furnari, patrizio di Catania nel 1787-88 e 1791, senatore negli anni 1790, 1795, 1797; un Antonio, principe di Manganelli, duca del Palazzo, senatore di Palermo nel 1788-89; un Francesco Paternò Castello e Tedeschi proconservatore di Catania negli anni 1788-89, 1793, 1798, 1089; un barone Michele senatore di Catania nel 1798-99; un Vincenzo Paternò Castello e Morso, principe di Biscari, gentiluomo di camera nell’anno 1797; un Giovanni Francesco Paternò e Morso (fratello del precedente), regio custode delle antichità di Sicilia del Val di Noto e cavaliere Costantiniano; un Mario Paternò e Castello, barone di S. Alessi, senatore di Catania nel 1812 e 1813 ecc. ecc. Oggi la famiglia è degnamente rappresentata, tra gli altri, da Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano e di Capizzi, ecc., già deputato al parlamento nazionale, ambasciatore di S.M. il Re d’Italia presso la Corte d’Inghilterra, senatore del Regno e ministro segretario di Stato per gli Affari Esteri, e da una delle più fulgide stelle del campo scientifico internazionale, deco52


ro ed illustrazione del nome italico, dal primo chimico d’Italia, Emanuele Paternò (Asmundo Paternò) dei marchesi di Sessa, già sindaco di Palermo, ecc., professore di chimica nella R. Università di Roma, presidente del Consiglio Provinciale di Palermo, senatore del Regno e vice presidente del Senato, cavaliere dell’ordine Civile di Savoia, ecc. ecc. che, con Real Decreto di motu proprio del 2 marzo 1911, susseguito da RR. LL. PP. del 27 aprile dello stesso anno, ottenne la concessione del titolo di marchese, trasmissibile ai suoi discendenti maschi da maschi, in linea e per ordine di progenitura. Arma: d’oro, a quattro pali di rosso, colla banda d’azzurro attraversante (marchesi del Toscano, principi di Sperlinga Manganelli, baroni di Donnafugata). Maria Paternò Arezzo, Principessa di Castellaci, figlia di Giuseppe Maria Alvaro Paternò, principe di Sperlinga e Manganelli e di Vincenzina Arezzo, baronessa di Donnafugata, morì a soli 39 anni senza lasciare alcun erede, sotto le macerie del terremoto di Messina del 1908 assieme al marito Francesco Marullo Balsamo, principe di Condojanni. Aveva lasciato anni prima con volontà testamentarie un patrimonio da destinare alla costruzione del primo ospedale di Ragusa, che doveva servire ad assicurare almeno 30 posti letto alla cura e al soccorso dei bisognosi della città. L’ospedale fu ul53


timato nel 1923 ed è stato poi unificato con l’Ospedale Civile come Azienda Ospedaliera “Civile - M. Paternò Arezzo”: è un importante policlinico con terapie d’avanguardia. Sulla facciata del Palazzo Arezzo, a Ragusa Ibla, è rimasta una lapide marmorea in suo ricordo, e una via di Ragusa Ibla è a lei dedicata.

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CAPITOLO II

Nel secondo capitolo è descritto il sistema della moda a Piraino tra il 1945 e il 1980, con i vari modelli formativi e una breve storia della moda di quegli anni. Inoltre vi è l’elenco delle schede impostate su un modello sperimentale biografico-aziendale appositamente incentrato sulla figura del sarto. Trattasi di un modello utilizzato al solo fine della ricerca fin ora condotta, basato sui modelli schedografici ministeriali e in cui sono allegate tutte le fonti fotografiche, grafiche, audio-video e multimediali in genere, e riportate le notizie storico-critiche del periodo. Il sistema della moda a Piraino (1945-1980) II.1. Modelli formativi. Gli anni che seguono la fine della seconda guerra mondiale (1940-1945), videro un forte slancio vitale pervadere tutto il mondo occidentale: dopo il conflitto che provocò cinquanta milioni di morti, città distrutte dai bombardamenti, industrie in rovina e vie di comunicazioni interrotte, i sopravvissuti cercarono di fare del loro meglio per superare le difficoltà e raggiungere un nuovo 55


benessere. Tutto il mondo assistette alla crescita delle città, i contadini abbandonano le campagne per spostarsi verso il lavoro in fabbrica e nelle industrie. I nuovi mezzi di comunicazione di massa (i mass media) bombardarono la popolazione e si moltiplicarono, su esempio americano, le riviste di intrattenimento, i fumetti e fece la sua comparsa la televisione. L’arte figurativa condizionò lo sviluppo della fotografia e della moda; infine le nuove forme del design industriale italiano moderno si ispiravano alle tecniche antiche delle tradizioni popolari. La moda cercò di orientarsi verso una normalità fortemente voluta dopo la crisi della guerra. Il modello di donna proposto da Christian Dior31 fu conseguenza di questa volontà: le gonne lunghe e la vita di vespa riscoprirono una silhouette astratta dove il busto modellava il corpo32. Nel 1947, alla sfilata di Dior, apparve il new look, che consisteva in un allungamento delle vesti che scendevano quasi a sfiorare la caviglia; questa fu la novità principale che si accompagnava a una certa ricercatezza di ornamenti: il nuovo gusto rese più femminile l’abbigliamento e da noi come in tutta Europa e in America lo si adottò33. La realizzazione di un abito di questo genere richiedeva decine di metri di tessuto. Per le donne che erano state 56


costrette a vestirsi in maniera semplice e austera durante l’occupazione, questo lussuoso utilizzo di tessuti era la conferma del fatto che la guerra era davvero finita. Cristobal Balenciaga34, spagnolo di nascita, fu uno dei pochi stilisti ad avere un’esperienza diretta delle tecniche sartoriali che lo portava a cercare la perfezione in ogni taglio e cucitura. I suoi abiti non necessitavano di sottovesti per modellare il corpo ed erano rinomati per la loro comodità. Il suo completo degli anni ’50 con il collo arrotondato e l’abito a tunica, appena accostato al corpo e senza cintura, divenne l’indumento base del guardaroba femminile durante la seconda metà del XX secolo35. Fin da quando la moda parigina era divenuta sinonimo di “Moda”, è esistito il fenomeno dell’imitazione dei capi presentati a Parigi, fenomeno che trova la sua massima espressione nei croquis36. I disegnatori italiani erano specializzati nell’assistere alle sfilate, appuntarsi le linee del modello per poi trascriverlo, modificarne alcuni dettagli e rivenderlo alle sartorie italiane, che, ne terminavano la trasformazione, apportando la qualità del lavoro, le rifiniture e i tessuti di pregio. Alcune sartorie dichiaravano la provenienza del modello, proprio perché prima dell’affermazione della moda italiana, risultava prestigioso il collegamento con Parigi. In Italia, la moda italiana era molto indietro, anche per57


ché le case produttrici facevano riferimento quasi esclusivamente alle mode di Parigi, diversificando le proprie creazioni soprattutto per una maggiore semplificazione dei modelli e per la loro perfezione sartoriale, caratterizzata dall’estrema cura nella decorazione dei capi, con applicazioni e ricami. Milano era il centro di diffusione delle informazioni sulla moda, essendo una delle città in cui erano più attive le redazioni di riviste specializzate. Torino, era stata, fin dagli inizi del secolo, un altro cuore propulsivo della moda italiana; negli anni seguenti alla seconda guerra, la sartoria torinese proseguiva alla realizzazione di abiti sobri e composti, quasi di taglio inglese ma con una fantasia tutta italiana. E’ a Firenze che Giovan Battista Giorgini37, nel 1951 ebbe l’idea di investire sulla moda per lanciare la prima manifestazione internazionale di moda italiana, organizzata nella Sala Bianca di Palazzo Pitti: l’idea di Giorgini era quella di mettere insieme alcuni dei nomi italiani più interessanti con sfilate collettive che, lontane dall’idea di segretezza tipicamente parigina, confrontavano e condividevano gli spunti creativi dei vari stilisti, creando un clima di festa e di corte. Alcuni tra gli stilisti che sfidarono il mercato parigino, furono: le Sorelle Fontana38, Emilio Pucci39 e Jole Veneziani40. A livello economico il lancio della moda italiana produsse ottimi risultati, senza 58


dimenticare l’impulso fondamentale impresso alla produzione tessile italiana. Dopo pochi mesi dal lancio dell’alta moda a Firenze, nel 1951, venne presentato a Sanremo il primo Festival della moda maschile: l’eleganza maschile italiana vide in passerella linee aderenti, dal taglio sofisticato, in colori diversi. Pochi anni dopo, i sarti italiani, accolsero il colore anche nei capi da cerimonia, con accessori come il gilet e il papillon in tinte perfino femminili, come il rosa, l’arancio e il verde. La giacca aumentò la vestibilità con l’eliminazione delle infustiture più rigide, le camicie si fecero più larghe sulla schiena e il colletto più pronunciato nelle punte, infine i pantaloni diventarono più aderenti. Il sistema della moda prevedeva la possibilità di vendere i modelli dello stilista in tela e in carta, per ovviare alle numerose imitazioni. Nel 1954, Coco Chanel41, proponeva una donna di classe, che voleva potersi muovere liberamente nel suo taileur dalle linee semplici, arricchito solo dall’accurata scelta dei tessuti e dai dettagli preziosi, una donna non più impacciata da metri di tessuto. La moda italiana si distingueva, quindi, per una maggiore sobrietà e linearità dei modelli che, anche se anch’essi eleganti, sontuosi e con splendidi tessuti, perseguivano una maggiore funzionalità e portabilità. Si affermarono nuovi materiali, soprattutto il nylon, che 59


permetteva di arricchire facilmente il volume delle gonne. Verso la fine degli anni ’50, macchine specializzate consentivano di produrre fino a 1500 metri di tessuto, con un risparmio di denaro e di tempi, nonché una maggiore rapidità nella disponibilità del prodotto. Il termine prêt-à-porter42, venne lanciato alla fine degli anni ’40 in Francia, i Francesi seppero coglierne l’aspetto che interessava alla nuova clientela che veniva da fuori dalla guerra: un prodotto di gusto, di buona qualità, accessibile alla nuova società benestante. In Italia l’industria della confezione si era specializzata nell’adozione del sistema di taglie e vestibilità mutato direttamente dai modelli americani; restava molto forte la produzione artigianale della sartoria, che ha continuato a esistere fino ai primi anni ’80. Alla fine degli anni ’50 il figurino di moda si specializzò; se ne trovano tipologie diverse, tra cui, accanto ai figurini di tradizione che descrivevano l’abito nei dettagli perché potesse essere facilmente copiato e realizzato, ve ne erano altri che illustravano i personaggi per i quali l’abito era stato pensato, facendo della bellezza delle protagoniste e della ricchezza della veste il vero soggetto dell’immagine. In entrambi i casi si trattava di disegni realizzati dopo che l’abito era stato fatto, non legato alla progettazione ma piuttosto alla diffusione di 60


un modello43.

II.1.1. Anni ’60. Nonostante il boom economico, la società era attraversata da forti tensioni sociali. In Europa la crescita del consumismo favorì l’affermazione della piccola borghesia, della Sinistra e della cultura di massa. Le tensioni cretesi nel corso degli anni Cinquanta tra Europa dell’Est ed Europa dell’Ovest si concretizzarono, prendendo la forma del Muro di Berlino, frontiera creata dall’uomo per separare fisicamente i due blocchi politici. Il decennio si concluse con la discesa sulla superficie della Luna (1969) del primo viaggiatore interplanetario, Neil Armstrong, quasi a sottolineare come i confini del pianeta non fossero più sufficienti per l’uomo moderno. Niente più aspirazione al passato: la moda giovane doveva essere nuova, dedicata all’avvenire, cui faceva riscontro l’allunaggio del ’69. La modernità era rappresentata da un corpo giovane e libero da costrizioni, da un abbigliamento che rifuggiva dal considerare la donna come un oggetto e facilitava invece una vita attiva e agile, sia per la donna che per l’uomo44. I giovani scoprirono che mostrare il corpo era il metodo 61


più efficace per distinguersi dalla generazione più anziana. Nel 1964 lo stilista americano Rudi Gernreich45 introdusse il costume da bagno fatto di soli slip, il “monokini”, che chiaramente rappresentava una nuova concezione del corpo: una “body consciousness” (consapevolezza fisica). Un abito che mostrava le gambe fino alle cosce fu etichettato come “mini”, ed esprimeva lo stesso concetto46. Gli abiti femminili si racchiusero in forme geometriche pure, si accorciarono mostrando il ginocchio, oppure una camicia o un maglione e un pantalone componevano l’outfit sia maschile che femminile. Le scarpe si fecero basse e comode, gli stivali a rappresentavano il look del momento; la moda si adeguò alle necessità dei nuovi protagonisti, i giovani, offrendo materiali e colori adatti alle nuove realtà e tensioni sociali. Pierre Cardin47 e Paco Rabanne48 furono i promotori-innovatori dei nuovi stili rivolti al pubblico giovane, e l’Alta Moda aveva cominciato a non essere più così influente nella creazione delle tendenze e del gusto del pubblico, sostituita da altri fenomeni, come la musica e l’arte. Alcuni tra gli stilisti più all’avanguardia compresero cosa stava succedendo e si volsero alla realizzazione di linee pronte, distribuite in boutique monomarca: Pierre Cardin fu il primo, seguito da Yves Saint Laurent49. 62


Lo stile di vita giovanile che si andava formando nel decennio degli anni ’60 era composto da un insieme di abiti precisi: minigonna, miniabito, pantaloni colorati, camicie, giubbotti, cappotti corti, calze e collant colorati, stivali e scarpe basse. Fin dalla metà degli anni Cinquanta, il mercato giovanile aveva visto crescere le proprie necessità ma i grandi magazzini e la confezione non riuscivano a stare al passo con le nuove esigenze, mentre l’Alta Moda era fuori dagli interessi e dalle possibilità degli adolescenti. Erano nati quindi dei comportamenti e degli abbigliamenti particolari, estemporanei, gli stili della contromoda, che si alimentavano autonomamente, traendo spunto spesso dal mondo dell’arte, del cinema o della musica. Teddy Boys50, Rockers51, Mods52, Hippies53 e tutti coloro che si rivolsero alla moda pop, furono i protagonisti del cambiamento vestimentario che coinvolse tutti i giovani del mondo occidentale. La maglieria, tra gli anni ’50 e ’60, si affermò come genere indipendente e importante; la comparsa delle fibre sintetiche allargherà le possibilità di questo mercato già in crescita, e negli anni ’60 si avevano sia produzioni di capi in maglia fatti a mano, che nuovi macchinari, destinati alla realizzazione di capo per lo sci, il dopo sci 63


e il tempo libero. Dalla seconda metà del decennio, alle linee maschili ormai classiche, giacca e cravatta, e all’Alta Moda, la sartoria e la confezione, si aggiunsero nuove forme d’abbigliamento che nascevano dalle mutate situazioni generate dalla società. I giovani, che non si riconoscevano nella cultura irrigidita del sistema, si rivolsero a nuovi interessi, come il cinema e la musica. Gli uomini riscoprirono una varietà di stili che li rese nuovi protagonisti della moda: la camicia col colletto si alternava ai lupetti, i pantaloni con pinces e piega facevano concorrenza a quelli aderenti, jeans e maglioni contro giacche e camicie dal collo rigido. Nel 1967, con l’interesse sollevato dagli esperimenti spaziali, si affermarono linee geometriche, mentre Pierre Cardin lanciò abiti gemelli per uomo e donna, anticipando l’unisex. Con la contestazione studentesca e operaia del ’68, i giovani si opposero alle regole del sistema ed alle differenze di classe anche con nuove forme d’abbigliamento. Jeans, maglioni a collo alto con una sciarpa rossa furono gli elementi che dichiaravano l’impegno politico dello studente54. Entrati in uso dopo la seconda guerra mondiale, i jeans furono una chiara testimonianza dello spirito di contestazione e di livellamento sociale che animava i giovani. I blu jeans rappresentavano il colmo della sem64


plicità disadorna e della praticità perché, non richiedendo stiratura, rifiutavano la piega verticale lungo la gamba ed erano fatti di un tessuto ingualcibile, il jean, un cotone grigio-azzurro assai robusto. La diffusione dei jeans fu facilitata dal loro basso prezzo; dall’America si diffusero in Europa occidentale e diventarono una vera mania, adottati da tutti i ceti sociali55. Tutte le giovani donne volevano ora vestire in modo giovanile, elegante, pratico e alla moda. I giornali ancora proponevano linee dettagliate e cartamodelli, mentre la tradizione di farsi l’abito in casa non era ancora svanita del tutto. Contemporaneamente alla crescita delle tensioni sociali in campo lavorativo e ai cambiamenti sociali l’alta moda iniziò a perdere il suo primato di creatrice di tendenze, sostituita in parte dalla diffusione delle boutiques e in parte dalla nascita di mode giovanili e di tendenza, che vedranno piena affermazione con le novità londinesi di Mary Quant56. L’alta moda trarrà nuova linfa proprio dalla comparsa delle contromode giovanili, riproponendone ispirazioni e punti di vista. Si affermarono, così, modelli corti sopra al ginocchio, con tailleur dalle giacche corte, abbinabili a cappotti ampi, tipo mantella, oppure con l’abbottonatura a doppio petto e tagli sagomati e geometrici. Nel ’65 si trovavano pantaloni di molteplici modelli: a sigaretta, a fuseaux, a 65


tubo, o anche con il passante sotto l’arco del piede. Nel corso degli anni ’60, i tessuti sintetici e i tessuti artificiali diventarono i protagonisti della moda; i costi si abbassarono e la gioventù ne approfittò. I tessuti doubleface donavano una linea decisa e sofisticata consentendo, grazie alla loro pesantezza, tagli particolari e curiosi abbinamenti di colore. Pied-de-poule57, pois, righe, presero corpo in motivi giganti e colori accesi, i cosiddetti colori metallizzati, le associazioni di colori forti come nero e bianco, verde e arancio o viola e fucsia, trovarono grande favore presso la clientela giovanile. La sartoria italiana continuava a proporre abiti di qualità, ma stava ormai andando verso la rielaborazione di linee e modelli francesi, mentre la confezione non riusciva a trovare il modo di riconvertire la propria produzione per adeguarsi alle novità del momento. Il modello francese e inglese della boutique, un luogo dove trovare abiti di tendenza da poter provare e comprare al momento, divenne l’esempio da seguire; si potevano trovare abiti importati dall’estero e anche creazioni originali prodotte direttamente dalla boutique. Il procedimento che investiva la realizzazione di queste novità, basato spesso su una lavorazione semi-artigianale e quasi sempre sulla maglieria, giunse a cambiare le regole della 66


produzione anche nel settore della grande confezione. Si comprese che era l’industria a doversi adeguare alle nuove idee dello stilista, per produrre un capo appetibile dal mercato; non era più valido il sistema precedente, che metteva a frutto le macchine già esistenti nell’industria ma condizionando anche l’inventiva del creatore di moda. Nasce così la figura dello stilista freelance, colui che lavora per un unico marchio, ma che si muove liberamente nel mondo della moda, apportando le proprie competenze anche a più aziende nello stesso tempo. Nel nuovo decennio, grazie anche ai progressi tecnologici, la fotografia di moda conquista nuovi spazi e invade le riviste con immagini sempre più naturali e colorate58.

II.1.2. Anni ’70. Verso il 1970 accanto ai jeans si deve segnalare la moda del nude-look con abiti traforati o trasparenti. I giovani arrivano a rifiutare ciò che viene prodotto a livello industriale e consumistico, preferendo rivolgersi a linee ispirate agli abbigliamenti etnici, vestendo in modo libero e controcorrente, seguendo le ispirazioni zingaresche e orientali. E’ questa l’epoca in cui si afferma con forza il 67


ruolo creativo dello stilista, al quale le aziende iniziano ad affidare la progettazione, non solo delle proprie collezioni, ma anche quella della propria immagine. Il prêt-à-porter si era caratterizzato nell’offerta di abiti destinati a risolvere le esigenze della gente che lavora, offrendo prodotti classici e lineari, senza stravaganze; fin da subito il prêt-à-porter di Armani59 offriva una ricerca estetica raffinata, qualità e prezzi accessibili finalizzati al mondo dei giovani. Dal 1965 ai primi anni ’70, l’importanza per gli abiti sintetici ed essenziali venne riproposta dallo stilista nella giacca Armani, caratterizzata da un alleggerimento nelle strutture interne, dalle imbottiture agli spallini, dalla stoffa sempre più leggera, alla linea, geometrica e creativa. La giacca aveva ormai perso la rigidità dell’abbigliamento formale di una volta ed esprimeva un aspetto vissuto, adatto a tutti e a ogni momento. Durante questo periodo la contestazione giovanile era in crescita, e contemporaneamente si affermavano tendenze diverse tra i giovani, ormai non più idealisti e ottimisti come la generazione hippie, ma preoccupati dal calo dell’occupazione e dalle difficoltà del momento storico. Si diffusero le droghe leggere e pesanti e i giovani non riuscivano a trovare una serenità nelle loro scelte di vita. Inghilterra, America ed Europa del Nord furono i prin68


cipali centri in cui si formarono nuovi stili e nuoei antimode: Skinhead60, Glam61, Punk 62 e Rastafari63. Gli adulti, a partire dai trentenni, erano pronti per qualcosa di nuovo. La linea maschile si affinò nei primi anni ’70, con pantaloni dalla linea più tradizionale, sopra l’ombelico; l’uomo moderno apprezzava completi a doppio petto, con camicie dal collo alto e cravatte larghe dal nodo appariscente, per la sera ritornava lo smoking. Nel ’78-’79 si affermarono gli abiti di stampo sportivo per il giorno ed eleganti per la sera, mentre dal ’79 la pelle, anche artificiale e colorata, fece la sua comparsa nelle collezioni maschili. Inoltre si affermarono i pantaloni in velluto e le camicie di flanella. Dal 1971 le donne ripudiarono i canoni tradizionali della bellezza femminile, bruciavano il reggiseno nelle piazze e adottavano abiti larghi che nascondevano il corpo; in particolare le donne desideravano modificare il loro status e per questo entrarono nel mondo del lavoro. Lo stile ecologico e floreale delle hippies e delle femministe si stemperò in un look etnico, attento alla natura, all’ecologia e alle fibre naturali. Divennero di gran moda la maglia fatta in casa, il patchwork64 e i ricami colorati. Nel 1976 la donna in carriera sceglieva il Big Look, uno stile che esaltava la femminilità ma senza 69


mostrare veramente il corpo. L’abbigliamento sportivo cominciò ad avere successo anche tra le donne, che prediligevano indumenti attillati e tessuti elasticizzati, con body in licra dai colori vivaci, da abbinare a tute da ginnastica e scaldamuscoli. La crisi petrolifera degli anni Settanta ebbe effetti anche sulla produzione dei tessuti, sia dal punto di vista economico che qualificativo, con l’aumento improvviso dei prezzi tra il 1973 e il 1979 che causò una crisi profonda anche nel settore tessile, soprattutto per la produzione delle fibre sintetiche. In Italia il 1977 fu l’anno di nascita di Pitti Filati, esposizione delle novità nel campo delle fibre tessili in grado di anticipare gusti e tendenze nel campo della moda. Le tipologie tessili più in uso prevedevano superfici morbide come i double-face, oppure le sete stampate a motivi geometrici o floreali. Verso la fine del decennio ritornarono i tessuti plissettati e comparvero le pelli e le pellicce. La stilista italiana Nanni Strada65, dal ’74 al ’79 realizzò una particolare soluzione di maglieria senza cuciture da applicare all’abito in tutte le sue forme, dalle calze al vestito intero. Questa fu l’epoca della grande fotografia, e si fecero ancora più ardite le sperimentazioni tecniche nell’uso del colore, del bianco e del nero, lo studio delle ombre e delle luci, l’intensità delle pose e delle espressioni66. 70


II.1.3. Anni ’80. La moda del penultimo decennio del XX secolo era ormai legata alla pubblicità e al design. Gli anni ’80 recuperarono lusso e formalismo nelle collezioni ufficiali, il sistema moda era ormai radicato nel prêt-à-porter che doveva piacere al pubblico ancor prima di essere messo in produzione. Il designer, che aveva visto rafforzare il proprio ruolo negli anni ’70, divenne adesso presenza indispensabile in ogni azienda, ma fu sottoposto a precise condizioni di lavoro, dettate dall’azienda stessa, dalle ricerche del mercato e dal budget. Le differenze tra maschile e femminile erano nuovamente marcate, anche se lo stile femminile si ispirava ai modelli dell’abbigliamento da uomo. L’abbigliamento si adattava alle diverse situazioni sociali in cui ci si trovava, comparvero abiti per il lavoro ed abiti per il tempo libero; inoltre la moda non fu più solo francese, inglese, italiana o americana, ma si inaugurarono numerosi fronti anche in altre zone poco attive, come la Germania, la Spagna, fino al Giappone e all’Australia. La moda divenne globale e produsse novità che venivano accolte di volta in volta nei vari Paesi. Crebbe l’importanza della pubblicità, dell’immagine e del marchio; fu il tempo di riflessioni sulla moda e sulla società, che diedero 71


vita a nuovi studi sociologici, di storia del costume e di marketing. Fu, infine, il tempo della griffe e del look, portati alla massima esaltazione nell’illusoria ricerca del benessere e dell’affermazione personale, con la conseguenza che non si badava più alla qualità del prodotto quanto a far parte del “gruppo” e si incrementava anche il mercato della falsificazione. La moda divenne neobarocca, con un forte accento sull’artificio e sul falso, dai materiali sintetici e luccicanti, alle finte pellicce. Essa fu anche postmoderna, dove il termine indicava l’idea che si doveva andare oltre ai valori, un tempo positivi, del modernismo, verso un recupero di diverse forme espressive come quelle dell’ambiguità e della critica; furono proprio i giovani i protagonisti di queste sperimentazioni nel tentativo di sminuire i gruppi culturali dominanti. Come espressione di ribellione comparve la pratica del tatuaggio, fino ad allora considerato espressione di determinati strati sociali o culturali considerati rozzi, brutali o emarginati dalla “buona società”, come i soldati, i marinai e la piccola criminalità. La musica scoprì i musicisti neri, i rapper e la house-music; l’eclettismo musicale e il miscelamento di vecchio e nuovo, stili del passato e nuove tendenze, si rifletteva anche nell’abbigliamento, con ispirazioni anche contraddittorie, come maglioni ampi e applicazioni di perline, velluto a costi72


ne e cappellini da cacciatore, camicette anni Settanta e scarpe da ginnastica. L’Inghilterra ebbe modo di sviluppare un nuovo stile: il Gothic style67, mentre in Italia è il momento dei ragazzi che si trovavano davanti al bar “Il Panino” di Milano, detti Paninari68, una delle espressioni giovanili italiane più conformiste e attente all’abbigliamento. Alla metà degli anni Ottanta molti giovani, in particolare britannici, chiamati Ravers69, lanciarono uno stile di vita vacanziero e stravagante. Infine vi erano gli Yuppies70, i quali rappresentavano l’anima più arrivista del mondo giovanile. In questo periodo fu soprattutto Valentino71 a farsi interprete dello stile italiano, il quale a partire dalla metà degli anni ’80 produsse tre collezioni prêt-à-porter e due collezioni di alta moda all’anno. Armani decise di realizzare un prêt-à-porter adatto alla società in evoluzione, all’alta moda creativa ed esuberante e infine un prêt-à-porter da destinare al mercato giovanile, in crescita ma che richiedeva prezzi più accessibili. La donna fu la grande protagonista del decennio: le donne in carriera privilegiavano uno stile elegante e pratico, fatto di tailleur dalle vita stretta e dalle spalle larghe, con gonna o con pantalone. Per la sera si prediligevano abiti di lusso, dai dolori decisi e scintillanti. L’uomo curava il look e il fisico, sceglieva completi in maglia e in seta, con 73


indumenti intimi (in particolare i boxer) colorati o con stampe riprese dal mondo dei fumetti. Tutto il decennio fu caratterizzato da una intensa sperimentazione: si utilizzavano fibre di nuova concezione, come i tessuti termici giapponesi, accanto alle fibre naturali che vennero rivalutate72.

II.2. Sarti e sartorie. Il sistema della moda a Piraino, alla fine della seconda guerra mondiale, tra il 1945 e il 1980, contava sei sarti: Ignazio Natoli (1910-1994), Antonino Nespola (1939), Giuseppe Granata (1938), Santi Ricciardo Rizzo (19121996), Carmela Sambuco (1912-2010) e Antonietta Scaffidi Argentina (1910-1996); ognuno di essi possedeva la qualifica di sarto. La popolazione Pirainese e dei paesi limitrofi, era molto soddisfatta dagli acquisti dei vari abiti, in quanto i sarti sopra elencati si caratterizzavano per un’accurata mano d’opera, rifinitura, confezione e dall’uso di tessuti pregiati e resistenti. Il mastro per eccellenza, considerato l’apice dei sarti, fu Ignazio Natoli noto per la propria bravura, soprattutto nella confezione di abiti e giacche maschili. Dalle nozioni scaturite dalle interviste e notizie storiche del sarto Antonino Nespola, il quale svolse la sua 74


attività dal 1959 al 1975, si può notare che durante questo periodo, nelle sartorie si lavorava con i campionari, dove vi erano i colori e i campioni dei tessuti; il cliente sceglieva quelli più adatti alle proprie esigente e il sarto, tramite posta, li ritirava principalmente dall’industria tessile di Torino Italtex73 e dal catalogo mercerie-accessori Fabbriche Riunite74. Insieme alla stoffa arrivava un catalogo con illustrato un uomo o una donna con il modello dell’abito, dove il sarto durante la confezione apportava delle modifiche. Gli abiti richiesti dalla popolazione maschile Pirainese erano: l’abito spezzato con giacca pantalone e gilet, giacche a righe e pantaloni unica tinta; mentre le donne richiedevano gonne, tailleur giacca e pantalone o giacca e gonna. In inverno si utilizzavano colori scuri come il marrone, il blu, il grigio antracite e il nero; mentre in estate si optava per colori come il verde, l’azzurro, il nocciola, il bianco e il blu. In inverno venivano utilizzate stoffe come il cachemire, fumo di Londra, flanella e stoffe di lana; in estate, invece, si usavano le stoffe di lino e di cotone. La maggior parte dei giovani amavano colori vivaci e marcati, mentre i più anziani richiedevano colori seri e disegni minuti. Molto importante era sapere consigliare i tessuti in armonia al colorito dei capelli e del viso, soprattutto per quanto riguarda il sesso maschile. Chi presentava difet75


to di schiena incurvata o addirittura la gobba, era dovere del sarto artista non fare apparire il difetto com’era; lasciando il dietro ampio alla vita la gobba diminuisce, oppure imbottire certe parti vuote in modo da spianare i dislivelli. Per il difetto di una spalla bassa conveniva supplire con una abbondante spallina, mentre al difetto di eccedenza di bacino conveniva non tenere un abito molto a vita. L’arte del vestire esigeva da parte del sarto un gusto ed un occhio eminentemente artistico. Gran conto egli doveva tenere del così detto colpo d’occhio, delle illusioni e di certe sfumature che davano al capo armonia ed eleganza di confezione. Il disegno professionale, l’ornato e il geometrico, lo schizzare frequentemente la copia del figurino, erano tanti mezzi ed un grande aiuto per lo sviluppo del senso artistico, specie quando il sarto si dedicava all’abbigliamento femminile. Per quanto riguarda la stagione estiva, al mattino gli abiti erano semplici e pratici, di colore chiaro, con gonne discretamente larghe, aventi pieghe o arricciate, con grandi tasche sportive e comode. Il pomeriggio era bene evitare l’abito spezzato, preferendo completino con ampie scollature e la tinta leggermente scura. Per la primavera e l’ autunno, al mattino gli abiti adatti erano i due pezzi semplici, o i tailleurs sportivi, sempre in tinte chiare unite o di belle fantasie a quadri o a pied de poul. 76


Di pomeriggio andava bene l’abito classico sul bleu, o grigio scuro; anche la gonna e giacca si poteva portare. In inverno invece, al mattino, si usava il tailleur semiclassico o a sacchetto, il pomeriggio andavano bene i cappotti sportivi in double-face. Per il tardo pomeriggio si portavano vestiti asimmetrici; i tailleurs classici o a fantasia con maniche a kimono; infine i vestiti andavano accompagnati da eleganti stole di pelliccia. Nel 1975, quando arrivarono le confezioni anche in Sicilia, l’introduzione delle macchine all’interno della produzione permise di avere a prezzo modestissimo scarpe e vestiti confezionati, decretando la morte di questo settore artigianale. A Piraino non esisteva la confezione e quando arrivò nei paesi limitrofi come Capo d’Orlando, Patti e Milazzo, il sarto Nino Nespola si rese conto che le richieste diminuivano sempre di più e non essendoci la possibilità di formare una famiglia, abbandonò con rammarico questo mestiere. Per questo motivo accettò la chiamata di lavorare alle poste, ma avendo sempre nel cuore il mestiere del sarto. “Ho lasciato ma con le mani nel cuore perché questa professione di sarto a me tutt’ora anche se sono parecchi anni che ho smesso, mi è sempre piaciuta e la classifico come una delle migliori professioni artigianali che ci possano essere in questo campo.” 75 77


La sartoria di Nino Nespola, situata a Piraino in via Roma, era composta da una sola stanza a pian terreno con accanto un piccolo bagno; un angolo della stanza era riservato alla zona prova abiti, chiuso da una tenda scorrevole e al centro vi era un grande tavolo da lavoro dove veniva utilizzato il ferro a gas. Alla parete vi era un grande scaffale a muro composto da vari piani dove venivano conservati tutti i tessuti che, man mano che venivano tagliati, venivano appesi con delle grucce a degli appendiabiti o stand, sui quali si tenevano anche gli abiti finiti pronti per essere ritirati dal cliente. Il sarto aveva a disposizione un lavorante maschio, il quale inizialmente andava ad imparare taglio e cucito e successivamente, oltre alle rifiniture, aveva il compito della realizzazione della giacca e dei pantaloni. Inoltre aveva a disposizione due pantalonaie che però non continuarono il mestiere, mentre il lavorante aprĂŹ una sartoria propria a Fiumara di Piraino (ME). I clienti pagavano in contanti o all’arrivo della stoffa o a lavoro finito; questo, la maggior parte delle volte, veniva ritirato direttamente alla sartoria dallo stesso cliente o, raramente, consegnato a domicilio dal lavorante. Per la realizzazione dell’abito, Nino Nespola, era solito far fare dalle due alla tre prove: la prima consisteva nel prendere le misure del cliente e nel tagliare la stoffa; 78


la seconda per le eventuali correzioni e l’ultima per la prova definitiva. Il sarto utilizzava un grande quaderno dove appuntava i nomi dei clienti con le misure corrispondenti. Il Nespola ricorda che le donne non avevano la bottega di sartoria ma lavoravano in casa, dove andavano spesso le lavoranti ad imparare il mestiere e che le sartorie di Ignazio Natoli e Santi Ricciardo Rizzo erano composte da una sola stanza e infine afferma che entrando vi era una grande quantità di polvere dovuta all’utilizzo del ferro a carbone.

II.2.1 La biografia aziendale come metodologia di indagine e schedatura L’ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione) nacque nel 1975 con l’istituzione del Ministero per i beni culturali e ambientali, oggi Ministero per i beni e le attività culturali, ed ha il compito di gestire il Catalogo generale del patrimonio archeologico, architettonico, storico artistico e etnoantropologico nazionale. L’Ufficio del catalogo, nato nel 1969, definiva le metodologie della catalogazione e coordinava le attività operative degli organi tecnici. La catalogazione ha per obiettivo le conoscenza sistematica di tutte le tipo79


logie di beni culturali individuati dal Codice per i beni culturali e il paesaggio, così come inseriti nel contesto storico e ambientale, ai fini della loro tutela e valorizzazione. Compito dell’Istituto è definire, in accordo con le regioni, metodologie e procedure standard per la catalogazione secondo criteri omogenei, con lo scopo di promuovere l’incremento del catalogo nazionale del patrimonio archeologico, architettonico, storico artistico, etnoantropologico, scientifico-tecnologico e dei beni naturalistici, nelle sue articolazioni territoriali. Inoltre, per l’acquisizione e gestione integrata dei processi di catalogazione l’ICCD ha elaborato il sistema informativo generale del catalogo che assicura la qualità dei dati e la loro rispondenza agli standard nazionali. Negli anni Settanta l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione - ai sensi del D.P.R. 13/12/1975, n° 805, art. 13, lettere a), b), e c) - ha elaborato la metodologia generale per lo sviluppo della catalogazione territoriale e, contemporaneamente, ha promosso e coordinato l’attività esecutiva di catalogazione e di documentazione, costituendo e gestendo il catalogo generale dei beni culturali di interesse archeologico, storico-artistico ed ambientale. Le schede cartacee, con la relativa documentazione fotografica e grafica, redatte a cura de80


gli Istituti periferici del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (le Soprintendenze), sono conservate presso le Soprintendenze stesse e, in copia, presso l’ICCD. Nel tentativo di ovviare ai problemi relativi alla conservazione ed alla trasmissione di grandi quantità di informazioni cartacee e per migliorare in modo significativo l’accesso alle stesse, l’Istituto negli anni seguenti ha deciso di introdurre l’informatica nella propria metodologia catalografica. Si è dato così avvio ad una vera e propria determinante innovazione, procedendo alla strutturazione di tutti i dati informativi contenuti nelle varie schede secondo regole omogenee e semplici. E’ stato impostato in questo modo un linguaggio che si è andato via via sempre più perfezionando e che ha permesso di comunicare tra periferia e centro con supporti magnetici o via rete, indipendentemente dall’hardware e dal software utilizzati dagli interlocutori in quel particolare momento dell’evoluzione dell’informatica. All’inizio degli anni novanta l’Istituto ha, così, portato a termine le complesse operazioni connesse al passaggio dal catalogo cartaceo al catalogo elettronico. Si è inoltre provveduto alla normalizzazione dei paragrafi, dei campi e dei sottocampi: questi elementi, in qualsiasi scheda si trovino, quando sono eguali per contenuto, hanno lo stesso codice, la stessa denominazione e, ove possibile, 81


anche la stessa struttura normativa. Oggi l’ICCD è in grado di fornire le Soprintendenze e tutti gli altri soggetti coinvolti nella raccolta e nella conservazione delle informazioni sui beni culturali di una serie di strumenti per permettere di lavorare con i medesimi standard catalografici, consentendo così più agevolmente lo scambio di informazioni. L’aggiornamento delle normative metodologiche relative alla strutturazione dei dati delle schede in funzione della automazione ha costituito in questi ultimi anni un costante impegno dell’ICCD. La particolarità dei beni trattati, la conseguente difficoltà nell’automazione dei dati relativi e le diverse modalità e finalità di indagine sui beni stessi, rendono infatti l’opera di adeguamento delle metodologie in costante evoluzione. La necessità di un’articolata riorganizzazione delle informazioni, pur tenendo conto della natura discorsiva ed interpretativa delle notizie di carattere architettonico-ambientale, archeologico, storico-artistico, era emersa fin dagli anni ottanta a seguito di un’analisi delle voci delle schede di catalogo e del relativo contenuto, quasi sempre risultato non univoco. Al fine di permettere un più agevole trattamento informatico, si è quindi deciso di procedere ad una strutturazione rigorosa delle informazioni conte82


nute nelle schede descrittive. A tal fine ci si è indirizzati verso un’organizzazione uniforme delle informazioni, compatibilmente con i diversi tipi di scheda, onde rendere possibile mediante l’automazione la ricostruzione del vasto tessuto connettivo che lega le varie opere l’una all’altra ed al territorio di pertinenza. Le norme di strutturazione definiscono di fatto la struttura concettuale del documento: i dati sono stati, così, scomposti in campi, a loro volta raggruppati in paragrafi ed eventualmente strutturati in sottocampi (corrispondenti alle voci e relative informazioni di una scheda di catalogo), per ognuno dei quali sono state definite le specifiche: obbligatorietà o meno, ripetitività o meno, dimensione, presenza o meno e tipo di vocabolario, contenuto del vocabolario, esemplificazione. Fra i molteplici compiti istituzionali che il D.P.R. 805/1975 assegna all’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, di primaria importanza è quello di stabilire e diffondere la normativa per la redazione delle schede di catalogo. Tale attività, con l’introduzione delle tecnologie informatiche, ha assunto un rilievo ancor maggiore rispetto al periodo nel quale la catalogazione si svolgeva esclusivamente su supporto cartaceo. L’esigenza di regole univoche ed omogenee per la rappresentazione e la descrizione degli oggetti, infatti, deter83


mina un’accentuazione della normativa che investe sia i parametri relativi al formato di presentazione dei dati, sia il loro valore contenutistico. Rimane, però, ugualmente fondamentale l’esigenza di una sperimentazione sul campo della normativa per verificare se gli assunti teorici che la determinano siano effettivamente applicabili come standard di catalogazione. La nuova edizione che ora si presenta della strutturazione dei dati relativa agli Archivi di controllo “Autore” e “Bibliografia” risponde a questa esigenza in quanto, dalla data di pubblicazione della prima edizione che risale al 1992, si è attuata sul territorio nazionale una proficua e massiccia sperimentazione di questo standard. In questo modo si è potuto determinare nel concreto l’effettiva rispondenza del modello alle esigenze catalografiche determinando così, la necessità di una nuova edizione che tenga conto di tali ricerche pur nel rispetto profondo di quella primitiva formulazione teorica in modo da non rendere sterili le basi di dati già costituite. Questa occasione contingente ci conduce a riflettere sulla possibilità di intervenire su standard di rappresentazione già codificati da una precedente normativa; sicuramente, infatti, l’ICCD deve mantenere il più possibile quanto è stato fatto per non stravolgere il capillare lavoro di catalogazione che gli istituti periferici, gli enti 84


territoriali e locali, i progetti speciali svolgono sul territorio nazionale. E’ però opportuno sottolineare che la normativa non può e non deve essere considerata come un motore immobile nel tempo che continua a realizzare prodotti che rispecchiano pedissequamente una realtà a volte superata. Il progressivo sviluppo della metodologia catalografica in un settore da sempre soggetto alle turbolenze dell’incontro/scontro fra le discipline umanistiche e quelle tecniche-informatiche, può determinare, infatti, una necessaria revisione dei principi normativi anche alla luce degli sviluppi, a volte rapidissimi, degli strumenti informatici stessi. Per questa serie di ragioni la riedizione della normativa “Autori” e “Bibliografia” consente di ridiscutere e verificare nuovamente quel modello originario progettato dall’ICCD nel corso degli anni ottanta e formalizzato autonomamente nella prima edizione del 1992. La prima edizione della normativa relativa agli archivi controllati “Autore” e “Bibliografia”, edita nel 1992, rielaborava in forma autonoma un’originaria impostazione allegata, quale Appendice, nella “Strutturazione dei dati” del 1988 come modello teorico cui attenersi nella realizzazione degli authority files. Da allora l’introduzione degli archivi di controllo è stata recepita attentamente sia dagli organi periferici dell’Amministrazione, sia dai numerosi progetti di ca85


talogazione informatizzata finanziati con leggi speciali che hanno operato in questi ultimi anni. In questo modo si è potuto ottenere una vasta e approfondita sperimentazione del modello catalografico proposto in concrete attuazioni schedografiche. Si è , dunque, sentita l’esigenza di mettere a frutto questo lavoro accogliendo i suggerimenti analizzando nuovamente lo standard di rappresentazione in origine proposto. Contestualmente anche a livello centrale si è proceduto ad un progressivo incremento delle basi dati già costituite tramite lavori di ricerca che hanno permesso di verificare ulteriormente le svariate possibilità che emergono solo dalla rilevazione diretta dei dati. Anche a livello informatico si è compiuta una verifica sul prodotto realizzato come sistema di data entry che presenta ora una rispondenza univoca con la strutturazione dei dati. Va sottolineato comunque, che le modifiche introdotte non snaturano l’originaria struttura dei dati, ma la integrano e la affinano come metodologia e come possibilità di descrizione. La necessità della catalogazione sistematica come azione conoscitiva alla base di qualsiasi intervento di tutela e di valorizzazione del patrimonio storico-artistico è un concetto ormai acquisito non solo nel mondo della cultura ma anche a livello di opinione pubblica, tanto 86


da aver innescato, specie negli ultimi anni, un interesse politico. Ma la conoscenza scientificamente intesa può richiedere approfondimenti successivi che comportano necessariamente tempi lunghi, mentre con sempre maggiore pressione, anche attraverso gli organi di stampa, si reclama la necessità di pervenire rapidamente alla conoscenza della consistenza, in termini sia quantitativi che identificativi, del patrimonio da tutelare. Anche se non è ipotizzabile che si possa arrivare a un compimento definitivo dell’attività di catalogazione che è per sua natura un’opera in fieri e come tale non potrà mai considerarsi conclusa, sia per il continuo estendersi del concetto di bene culturale, sia per le nuove scoperte specie in campo archeologico, sia per i limiti temporali che portano a considerare, con il passare degli anni, opere prime non ricadenti sotto le leggi di tutela, sia per la necessità del continuo aggiornamento e integrazione del già schedato, anche in rapporto a mutate condizioni oggettive, ma soprattutto agli sviluppi della ricerca filologica e storico-critica, occorre nella fase attuale, mirare al completamento almeno del censimento del presente. L’accentuazione del carattere di urgenza legato all’intervento catalografico, anche per rispondere a sopravvenute esigenze, come il dover far fronte all’apertura delle frontiere, ha portato nel corso degli ultimi anni a 87


dare quindi un taglio diverso all’opera di schedatura del patrimonio artistico nazionale, privilegiando l’attività di precatalogazione e di inventariazione, con la conseguenza di attribuire una connotazione differente anche alle finalità di conoscenza, di tutela e di valorizzazione. Conoscenza quindi non come ricerca filologica e studio critico approfondito dell’opera in esame, che non saranno esclusi ma rinviati a fasi successive, in favore di un rilevamento rapido, preciso e possibilmente esaustivo dei dati desumibili dalla lettura diretta dell’oggetto di schedatura legato al suo contesto territoriale (nel caso di precatalogazione) e una pura e semplice ricognizione dei dati identificativi del bene, specie a fini amministrativi (nel caso di inventariazione). Tutela non solo come pianificazione di interventi conservativi e di restauro o come freno ad azioni di asportazioni e danneggiamenti, ma anche come possibile certificazione di appartenenza del bene al patrimonio nazionale. Valorizzazione intesa come diffusione della conoscenza sui beni culturali non più legata solo ai mezzi tradizionali, come pubblicazioni o esposizioni, ma avvalendosi delle nuove tecnologie informatiche come i mezzi multimediali per banche dati e banche immagini.

88


II.2.2. Catalogare i vestimenti antichi e contemporanei. Per comprendere la necessità di una nuova scheda di catalogo riferita ai Vestimenti antichi e contemporanei è necessario far riferimento al concetto di bene culturale così come si è andato configurando negli ultimi 40 anni: bene culturale inteso non più come manufatto di intenzionale valore artistico, ma piuttosto quale testimonianza materiale avente valore di civiltà. Un concetto molto ampio, dunque, che non fa più riferimento esclusivamente ad un’idea di bene d’eccellenza in grado di esprimere l’Arte e la Storia al sommo grado; un’idea piuttosto legata alla cultura di una società che si fonda e si sostanzia su ciò che quella stessa società produce. In questo processo evolutivo il Codice dei beni culturali ha introdotto nell’ambito della tutela diverse nuove categorie di beni culturali tra i quali spiccano quelli di interesse etnoantropologico. I costumi e gli abiti antichi, come verrà meglio analizzato nei saggi che introducono il volume, sono documento storico e testimonianza della volontà d’arte di determinati contesti culturali, ma anche dato antropologico in senso pieno, specchio di civiltà, indice di appartenenza, prodotto finale di sistemi di produzione oggi indagati con attenzione. Da qui scaturisce la necessità di aggiornare gli strumenti di conoscenza 89


messi a punto negli anni a partire dalle opere d’arte, per poter scientificamente indagare un patrimonio culturale dall’ICCD per le schede da noi considerate: VeAc e Authority-file76. II.3 Elenco schede MODELLO DI SCHEDA - BIOGRAFIA-AZIENDALE Legenda Cod. Obbl. * (*) Rip. Lung. Voc.

= Codice univoco (Icon class) = campo obbligatorio = obbligatorio = obbligatorietà di contesto = campo ripetibile = numero dei caratteri a disposizione, spazi inclusi = lista terminologica chiusa

AU …..AUTORE Cod.

Descrittore

AUTN

Autore / nome scelto: Nespola, Giovanni Antonino

SI

150

AUTB

Ente collettivo / nome scelto

SI

150

AUTA

Dati anagrafici / periodo di attività: 1939/ notizie 1959-1975

IS

100

AUTC

Cognome: Nespola

70

AUTO

Nome: Giovanni Antonino

70

AUTP

Pseudonimo

70

AUTS

Monogramma / firma

70

AUTE

Nome convenzionale

70

90

Obbl.

Rip.

Lung.


AUTV

Varianti

SI

70

AUTZ

Sesso: M

1

AUTL

Luogo di nascita: Piraino (ME)

50

AUTD

Data di nascita: 1939

25

AUTX

Luogo di morte

50

AUTT

Data di morte

25

AUTG

Luogo e/o periodo di attività: attivo Piraino, notizie 1959-1975

250

AUTU

Scuola di appartenenza: scuola fiorentina

350

AUTQ

Qualifica: sarto

100

AUTY

Nazionalità: italiana

150

91


DO

FONTI E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO

Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4101. JPG

FTAT

Note: intero, davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Completo gonna corta dritta in lana color nero e giacca femminile doppiopetto in lana color grigio. Confezionata da Antonino Nespola, comprata da Caterina Nespola per un battesimo. Datazione 1974 92


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4096. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Giacca femminile doppiopetto in lana color grigio. Confezionata da Antonino Nespola, comprata da Caterina Nespola per un battesimo. Datazione 1974

93


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4102. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Gonna corta dritta in lana color nero. Confezionata da Antonino Nespola, comprata da Caterina Nespola in occasione per un battesimo. Datazione 1974

94


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/07

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_9579. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

250

Foto raffigurante i coniugi Caterina Nespola e Rosario Palagonia, durante il matrimonio di Rosa Nespola e Antonio Caputo. Caterina Nespola indossa un cappotto bianco di cotone confezionato da Antonino Nespola. Piraino 1961. 95


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/07

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_9580. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

250

Foto raffigurante i coniugi Caterina Nespola e Rosario Palagonia nella propria abitazione. Caterina Nespola indossa un completo in lana giacca e gonna confezionato da Antonino Nespola. Piraino 1956. 96


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/07

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_9581.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

250

Foto raffigurante i coniugi Caterina Nespola e Rosario Palagonia con la figlia Maria Rosa, durante il matrimonio di Rosa Nespola e Antonio Caputo. Caterina Nespola indossa un cappotto bianco di cotone confezionato da Antonino Nespola. Piraino 1961. 97


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/07

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_9582.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Foto raffigurante i coniugi Caterina Nespola e Rosario Palagonia, durante la comunione della figlia Tina. Rosario Palagonia indossa un completo giacca e pantalone in cotone confezionato da Antonino Nespola. Piraino 1970.

98


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4093.JPG

FTAT

Note: intero, davanti, in piano

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

250

Completo maschile giacca monopetto e pantalone in lana color grigio. Confezionato da Antonino Nespola, comprato da Rosario Palagonia per un matrimonio. Datazione 1974.

99


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4084.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

250

Giacca maschile monopetto in lana color grigio. Confezionata da Antonino Nespola, comprata da Rosario Palagonia per un matrimonio. Datazione 1974.

100


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4089. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

250

Pantalone maschile in lana color grigio. Confezionato da Antonino Nespola, comprata da Rosario Palagonia per un matrimonio. Datazione 1974.

101


DRA

DOCUMENTAZIONE GRAFICA

DRAX

Genere

25

(*)

Si

DRAT

Tipo

50

(*)

Si

DRAO

Note

250

DRAS

Scala

25

DRAE

Ente proprietario

250

DRAC

Collocazione

50

DRAA

Autore

50

DRAD

Data

25

VDC

DOCUMENTAZIONE VIDEOCINEMATOGRAFICA

VDCX

Genere: documentazione allegata

25

(*)

Si

VDCP

Tipo: filmato QuickTime

50

(*)

Si

VDCR

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

VDCD

Data: 2013/11/18

25

VDCE

Ente proprietario

250

VDCA

Titolo: intervista a Nino Nespola

50

VDCC

Collocazione

50

VDCT

Note

250

VDC

DOCUMENTAZIONE VIDEOCINEMATOGRAFICA

VDCX

Genere

25

(*)

Si

VDCP

Tipo

50

(*)

Si

VDCR

Autore

50

VDCD

Data

25

VDCE

Ente proprietario

250

VDCA

Titolo

50

VDCC

Collocazione

50

VDCT

Note

250

REG

DOCUMENTAZIONE AUDIO

REGX

Genere: documentazione allegata

25

(*)

Si

REGP

Tipo: audio windows

50

(*)

Si

102

Si

Si

Si

Si

*

*

*

*


REGA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

REGD

Data: 2013/11/18

25

REGE

Ente proprietario

250

REGZ

Titolo

250

REGC

Collocazione

50

REGT

Note

250

FTN

FONTI E DOCUMENTI

FNTX

Genere

25

(*)

Si

FNTP

Tipo

50

(*)

Si

FNTA

Autore

50

FNTT

Denominazione

250

FNTD

Data

25

FNTF

Foglio / Carta

25

FNTN

Nome archivio

250

FNTS

Posizione

50

ADM

ALTRA DOCUMENTAZIONE MULTIMEDIALE

ADMX

Genere

25

(*)

Si

ADMP

Tipo

50

(*)

Si

ADMA

Autore

50

ADMD

Data

25

ADME

Ente proprietario

250

Si

*

(*) (*) (*) Si

*

Titolo ADMC

Collocazione

50

ADMT

Note

250

103


AN

ANNOTAZIONI

Cod.

Descrittore

NSC

Notizie storico critiche: Il sistema della moda a Piraino, alla fine della seconda guerra mondiale, tra il 1945 e il 1980, contava sei sarti: Ignazio Natoli (1910-1994), Antonino Nespola (1939), Giuseppe Granata (1938), Santi Ricciardo Rizzo (1912-1996), Carmela Sambuco (1912-2010) e Antonietta Scaffidi Argentina (1910-1996); ognuno di essi possedeva la qualifica di sarto. La popolazione Pirainese e dei paesi limitrofi, era molto soddisfatta dagli acquisti dei vari abiti, in quanto i sarti sopra elencati si caratterizzavano per un’accurata mano d’opera, rifinitura, confezione e dall’uso di tessuti pregiati e resistenti. Il mastro per eccellenza, considerato l’apice dei sarti, fu Ignazio Natoli noto per la propria bravura, soprattutto nella confezione di abiti e giacche maschili. Dalle nozioni scaturite dalle interviste e notizie storiche del sarto Antonino Nespola, il quale svolse la sua attività dal 1959 al 1975, si può notare che durante questo periodo, nelle sartorie si lavorava con i campionari, dove vi erano i colori e i campioni dei tessuti; il cliente sceglieva quelli più adatti alle proprie esigenze e il sarto, tramite posta, li ritirava principalmente dall’industria tessile di Torino Italtex e dal catalogo mercerie-accessori Fabbriche Riunite . Insieme alla stoffa arrivava un catalogo con illustrato un uomo o una donna con il modello dell’abito, dove il sarto durante la confezione apportava delle modifiche. Gli abiti richiesti dalla popolazione maschile Pirainese erano: l’abito spezzato con giacca pantalone e gilet, giacche a righe e pantaloni unica tinta; mentre le donne richiedevano gonne, tailleur giacca e pantalone o giacca e gonna. In inverno si utilizzavano colori scuri come il marrone, il blu, il grigio antracite e il nero; mentre in estate si optava per colori come il verde, l’azzurro, il nocciola, il bianco e il blu. In inverno venivano utilizzate stoffe come il fumo di Lon-

104

Obbl. SI

Rip.

Lung. 5000


Obbl.

Rip.

Lung.

dra, flanella e stoffe di lana; in estate, invece, si usavano le stoffe di lino e di cotone. La maggior parte dei giovani amavano colori vivaci e marcati, mentre i più anziani richiedevano colori seri e disegni minuti. Molto importante era sapere consigliare i tessuti in armonia al colorito dei capelli e del viso, soprattutto per quanto riguarda il sesso maschile. Chi presentava difetto di schiena incurvata o addirittura la gobba, era dovere del sarto artista non fare apparire il difetto com’ era;asciando il dietro ampio alla vita la gobba diminuisce, oppure imbottite certe parti vuote in modo da spianare i dislivelli. Per il difetto di una spalla bassa conveniva supplire con una abbondante spallina, mentre al difetto di eccedenza di bacino conveniva non tenere un abito molto a vita. L’arte del vestire esigeva da parte del sarto un gusto ed un occhio eminentemente artistico. Gran conto egli doveva tenere del così detto colpo d’occhio, delle illusioni e di certe sfumature che davano al capo armonia ed eleganza di confezione. Il disegno professionale, l’ornato e il geometrico, lo schizzare frequentemente la copia del figurino, erano tanti mezzi ed un grande aiuto per lo sviluppo del senso artistico, specie quando il sarto si dedicava all’abbigliamento. femminile. Per quanto riguarda la stagione estiva, al mattino gli abiti erano semplici e pratici, di colore chiaro, con gonne discretamente larghe, aventi pieghe o arricciate, con grandi tasche sportive e comode. Il pomeriggio era bene evitare l’abito spezzato, preferendo completino con ampie scollature e la tinta leggermente scura. Per la primavera e l’ autunno, al mattino gli abiti adatti erano i due pezzi semplici, o i tailleurs sportivi, sempre in tinte chiare unite o di belle fantasie a quadri o a pied de poul. Di pomeriggio andava bene l’abito classico sul bleu, o grigio scuro; anche la gonna e giacca si poteva portare. In inverno invece, al mattino, si usava il tailleur semiclassico o a sacchetto, il pomeriggio andavano bene i cappotti sportivi in double-face. Per il tardo

105


Obbl. pomeriggio si portavano vestiti asimmetrici; i tailleurs classici o a fantasia con maniche a kimono; infine i vestiti andavano accompagnati da eleganti stole di pelliccia. Nel 1975, quando arrivarono le confezioni anche in Sicilia, l’introduzione delle macchine all’interno della produzione permise di avere a prezzo modestissimo scarpe e vestiti confezionati, decretando la morte di questo settore artigianale. A Piraino non esisteva la confezione e quando arrivò nei paesi limitrofi come Capo d’Orlando, Patti e Milazzo, il sarto Nino Nespola si rese conto che le richieste diminuivano sempre di più e non essendoci la possibilità di formare una famiglia, abbandonò con rammarico questo mestiere. Per questo motivo accettò la chiamata di lavorare alle poste, ma avendo sempre nel cuore il mestiere del sarto. “Ho lasciato ma con le mani nel cuore perché questa professione di sarto a me tutt’ora anche se sono parecchi anni che ho smesso, mi è sempre piaciuta e la classifico come una delle migliori professioni artigianali che ci possano essere in questo campo.” La sartoria di Nino Nespola, situata a Piraino in via Roma, era composta da una sola stanza a pian terreno con accanto un piccolo bagno; un angolo della stanza era riservato alla zona prova abiti, chiuso da una tenda scorrevole e al centro vi era un grande tavolo da lavoro dove veniva utilizzato il ferro a gas. Alla parete vi era un grande scaffale a muro composto da vari piani dove venivano conservati tutti i tessuti che, man mano che venivano tagliati, venivano appesi con delle grucce a degli appendiabiti o stand, sui quali si tenevano anche gli abiti finiti pronti per essere ritirati dal cliente. Il sarto aveva a disposizione un lavorante maschio, il quale inizialmente andava ad imparare taglio e cucito e successivamente, oltre alle rifiniture, aveva il compito della realizzazione della giacca e dei pantaloni. Inoltre aveva a disposizione due pantalonaie che però non continuarono il mestiere, mentre il lavorante 106

Rip.

Lung.


Obbl.

Rip.

Lung.

aprì una sartoria propria a Fiumara di Piraino (ME). I clienti pagavano in contanti o all’arrivo della stoffa o a lavoro finito; questo, la maggior parte delle volte, veniva ritirato direttamente alla sartoria dallo stesso cliente o, raramente, consegnato a domicilio dal lavorante. Per la realizzazione dell’abito, Nino Nespola, era solito far fare dalle due alla tre prove: la prima consisteva nel prendere le misure del cliente e nel tagliare la stoffa; la seconda per le eventuali correzioni e l’ultima per la prova definitiva. Il sarto utilizzava un grande quaderno dove appuntava i nomi dei clienti con le misure corrispondenti. Il Nespola ricorda che le donne non avevano la bottega di sartoria ma lavoravano in casa, dove andavano spesso le lavoranti ad imparare il mestiere e che le sartorie di Ignazio Natoli e Santi Ricciardo Rizzo erano composte da una sola stanza e infine afferma che entrando vi era una grande quantità di polvere dovuta all’utilizzo del ferro a carbone.

107


CM

COMPILAZIONE

Cod.

Descrittore

CMPD

Data

SI

CMPN

Nome: Scaffidi Domianello, Alessia

SI

RSR

Referente scientifico: Vicari, Vittorio Ugo; Cernuto, Angela Chiara

108

Obbl.

Rip.

Lung.

SI

70

SI

70

4


AU …..AUTORE Cod.

Descrittore

Obbl.

Rip.

Lung.

AUTN

Autore / nome scelto: Ricciardo Rizzo, Santi

SI

150

AUTB

Ente collettivo / nome scelto: Ricciardo Rizzo Santi

SI

150

AUTA

Dati anagrafici / periodo di attività: 1912/1996 notizie 1947-1975

IS

100

AUTC

Cognome: Ricciardo Rizzo

70

AUTO

Nome: Santi

70

AUTP

Pseudonimo

70

AUTS

Monogramma / firma

70

AUTE

Nome convenzionale

AUTV

Varianti

AUTZ

Sesso: M

1

AUTL

Luogo di nascita: Piraino (ME)

50

AUTD

Data di nascita: 1912

25

AUTX

Luogo di morte: Piraino (ME)

50

AUTT

Data di morte: 1996

25

AUTG

Luogo e/o periodo di attività: attivo Piraino notizie 1947-1975

250

AUTU

Scuola di appartenenza: scuola di bottega

350

AUTQ

Qualifica: sarto

100

AUTY

Nazionalità: italiana

150

70 SI

70

109


DO

FONTI E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO

Cod.

Descrittore

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4130. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

250

Giacca maschile monopetto in lana. Colore di fonfo marrone, colore del decoro marrone chiaro. Confezionata da Santi Ricciardo Rizzo, comprata da Giuseppe Giardina. Datazione 1966.

110


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4137. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Giacca maschile monopetto a righe di cotone color blu. Confezionata da Santi Ricciardo Rizzo, comprata da Giuseppe Giardina per un matrimonio. Datazione 1970.

111


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_9545.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

250

Foto raffigurante Giuseppe Giardina durante il matrimonio della cugina. Il sign. Giardina indossa una giacca monopetto a righe di cotone color blu, confezionata da Santi Ricciardo Rizzo per l’occasione. Datazione 1970.

112


DRA

DOCUMENTAZIONE GRAFICA

Si

DRAX

Genere

25

(*)

Si

DRAT

Tipo

50

(*)

Si

DRAO

Note

250

DRAS

Scala

25

DRAE

Ente proprietario

250

DRAC

Collocazione

50

DRAA

Autore

50

DRAD

Data

25

VDC

DOCUMENTAZIONE VIDEOCINEMATOGRAFICA

VDCX

Genere: documentazione allegata

25

(*)

Si

VDCP

Tipo: filmato QuikTime

50

(*)

Si

VDCR

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

VDCD

Data: 2014/05/06

25

VDCE

Ente proprietario

250

VDCA

Titolo: intervista a Giuseppe Giardina

50

VDCC

Collocazione

50

VDCT

Note

250

REG

DOCUMENTAZIONE AUDIO

REGX

Genere: documentazione allegata

25

(*)

Si

REGP

Tipo: audio windows

50

(*)

Si

REGA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

REGD

Data: 2014/15706

25

REGE

Ente proprietario

250

REGZ

Titolo

250

REGC

Collocazione

50

REGT

Note

250

FTN

FONTI E DOCUMENTI

FNTX

Genere

25

(*)

Si

FNTP

Tipo

50

(*)

Si

Si

Si

Si

*

*

*

*

113


FNTA

Autore

50

FNTT

Denominazione

250

FNTD

Data

25

FNTF

Foglio / Carta

25

FNTN

Nome archivio

250

FNTS

Posizione

50

ADM

ALTRA DOCUMENTAZIONE MULTIMEDIALE

ADMX

Genere

25

(*)

Si

ADMP

Tipo

50

(*)

Si

ADMA

Autore

50

ADMD

Data

25

ADME

Ente proprietario

250

ADMC

Collocazione

50

ADMT

Note

250

CM

(*) (*) (*) Si

COMPILAZIONE

Cod.

Descrittore

CMPD

Data

SI

CMPN

Nome: Scaffidi Domianello, Alessia

SI

RSR

Referente scientifico: Vicari, Vittorio Ugo; Cernuto, Angela Chiara

114

*

Obbl.

Rip.

Lung. 4

SI

70

SI

70


AU …..AUTORE Cod.

Descrittore

Obbl.

Rip.

AUTN

Autore / nome scelto: Natoli Ignazio

SI

150

AUTB

Ente collettivo / nome scelto: Natoli Ignazio

SI

150

AUTA

Dati anagrafici / periodo di attività: 1910/1994 notizie 1948-1973

SI

100

AUTC

Cognome: Natoli

70

AUTO

Nome: Ignazio

70

AUTP

Pseudonimo

70

AUTS

Monogramma / firma

70

AUTE

Nome convenzionale

70

AUTV

Varianti

AUTZ

Sesso: M

1

AUTL

Luogo di nascita: Piraino

50

AUTD

Data di nascita: 1910

25

AUTX

Luogo di morte: Piraino

50

AUTT

Data di morte: 1994

25

AUTG

Luogo e/o periodo di attività: attivo Piraino notizie 1948-1973

250

AUTU

Scuola di appartenenza: scuola di bottega

350

AUTQ

Qualifica: sarto

100

AUTY

Nazionalità: italiana

150

SI

Lung.

70

115


DO

FONTI E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO

Cod.

Descrittore

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4127. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Giacca maschile monopetto in lana a quadri. Colore di fondo marrone chiaro, colore del decoro marrone. Confezionata da Ignazio Natoli, comprata da Giuseppe Giardina. Datazione 1964. 116


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4135.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Giacca maschile monopetto in cotone color blu. Confezionata da Ignazio Natoli, comprata da Giuseppe Giardina per il proprio matrimonio. Datazione 1964.

117


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_9546.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

250

Foto raffigurante Giuseppe Giardina e Maria Scaffidi Domianello durante il proprio matrimonio. Giuseppe Giardina indossa una giacca in cotone color blu, confezionata da Ignazio Natoli per l’occasione. Piraino 1964.

118


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_9556.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Giacca maschile monopetto in lana color grigio. Confezionata da Ignazio Natoli, comprata da Vincenzo Campisi. Datazione 1965.

119


FTAS

Specifiche

DRA

DOCUMENTAZIONE GRAFICA

DRAX

Genere

25

DRAT

Tipo

50

DRAO

Note

250

DRAS

Scala

25

DRAE

Ente proprietario

250

DRAC

Collocazione

50

DRAA

Autore

50

DRAD

Data

25

VDC

DOCUMENTAZIONE VIDEOCINEMATOGRAFICA

VDCX

Genere: documentazione allegata

25

(*)

Si

VDCP

Tipo: filmato QuickTime

50

(*)

Si

VDCR

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

VDCD

Data: 2014/05/06

25

VDCE

Ente proprietario

250

VDCA

Titolo: intervista a Giuseppe Giardina

50

VDCC

Collocazione

50

VDCT

Note

250

REG

DOCUMENTAZIONE AUDIO

REGX

Genere: documentazione allegata

25

(*)

Si

REGP

Tipo: audio windows

50

(*)

Si

REGA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

REGD

Data: 2014/15/06

25

REGE

Ente proprietario

250

120

250 Si

* (*) (*)

Si

Si

Si Si

*

*


REGZ

Titolo

REGC

Collocazione

50

REGT

Note

250

FTN

FONTI E DOCUMENTI

FNTX

Genere

25

(*)

Si

FNTP

Tipo

50

(*)

Si

FNTA

Autore

50

FNTT

Denominazione

250

FNTD

Data

25

FNTF

Foglio / Carta

25

FNTN

Nome archivio

250

(*)

FNTS

Posizione

50

(*)

ADM

ALTRA DOCUMENTAZIONE MULTIMEDIALE

ADMX

Genere

25

(*)

Si

ADMP

Tipo

50

(*)

Si

ADMA

Autore

50

ADMD

Data

25

ADME

Ente proprietario

250

ADMC

Collocazione

50

ADMT

Note

250

Rip.

Lung.

SI

70

SI

70

CM

250

Si

*

(*)

Si

*

COMPILAZIONE

Cod.

Descrittore

CMPD

Data

SI

CMPN

Nome: Scaffidi Domianello, Alessia

SI

RSR

Referente scientifico: Vicari, Vittorio Ugo; Cernuto, Angela Chiara

Obbl.

4

121


AU …..AUTORE Cod.

Descrittore

AUTN

Autore / nome scelto: Sambuco Carmela

SI

150

AUTB

Ente collettivo / nome scelto: Sambuco Carmela

SI

150

AUTA

Dati anagrafici / periodo di attività: 1912/2010 notizie 1947-1980

SI

100

AUTC

Cognome: Sambuco

70

AUTO

Nome: Carmela

70

AUTP

Pseudonimo

70

AUTS

Monogramma / firma

70

AUTE

Nome convenzionale

70

AUTV

Varianti

AUTZ

Sesso: F

1

AUTL

Luogo di nascita: Piraino

50

AUTD

Data di nascita: 1912

25

AUTX

Luogo di morte: Piraino

50

AUTT

Data di morte: 2010

25

AUTG

Luogo e/o periodo di attività: attiva Piraino notizie 1947-1980

250

AUTU

Scuola di appartenenza: scuola di bottega

350

AUTQ

Qualifica: sarta

100

AUTY

Nazionalità: italiana

150

122

Obbl.

Rip.

SI

Lung.

70


DO

FONTI E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO

Cod.

Descrittore

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4045. JPG

FTAT

Note: intero, davanti, in piano

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

250

Completo a quadri giacca femminile monopetto e gonna a campana in lana. Colore di fondo rosa, colore del decoro bianco. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960 123


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4044. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Giacca a quadri femminile monopetto in lana. Colore di fondo rosa, colore del decoro bianco. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960 124


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4046. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Gnna a campana a quadri in lana. Colore di fondo rosa, colore del decoro bianco. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960

125


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4043. JPG

FTAT

Note: intero, davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Completo in lana giacca femminile monopetto e gonna a portafoglio chiusa da quattro bottoni color grigio scuro. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960

126


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4037.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Giacca femminile monopetto in lana color grigio scuro. Confezionata da Carmela Sambuco, comprata da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960

127


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4038.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Gonna a portafoglio in lana chiusa da quattro bottoni color grigio scuro. Confezionata da Carmela Sambuco, comprata da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960

128


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4047.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Giacca femminile monopetto in lana a quadri. Colore di fondo grigio, colore del decoro grigio scuro e giallo. Confezionata da Carmela Sambuco, comprata da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960 129


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4048.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Giacca femminile monopetto con busto sagomato con fianchette color grigio chiaro. Confezionata da Carmela Sambuco, comprata da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960 130


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4053. JPG

FTAT

Note: intero, davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Completo giacca femminile monopetto e abito corto con maniche a tre quarti in lana color marrone chiaro. Confezionato da Carmela Sambuco, comprata da Carmela Impellizzeri per un matrimonio. Datazione 1960

131


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4049. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

250

Giacca femminile monopetto in lana color marrone chiaro. Confezionata da Carmela Sambuco, comprata da Carmela Impellizzeri per un matrimonio. Datazione 1960

132


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4050. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto scamiciato in lana color marrone chiaro. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960

133


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4051. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto con manihe a tre quarti in lana color marrone chiaro. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri per un matrimonio. Datazione 1960 134


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/09

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_8634. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

Cod.

Descrittore

Obbl.

Voc.

250 Lung.

Rip.

Foto raffigurante la signora Carmela Impellizzeri e la figlia Graziella Romano, durante il matrimonio della cugina. Carmela Impellizzeri indossa un abito realizzato da Carmela Sambuco per l’occasione. Piraino 1960 135


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4052. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Giacca femminile monopetto in lana color marrone chiaro. Confezionata da Carmela Sambuco, comprata da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960

136


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/09

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_8625. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

250

Foto raffigurante la signora Carmela Impellizzeri nel proprio giardino di casa. Indossa un completo giacca e gonna realizzato da Carmela Sambuco. Piraino 1961

137


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4056. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto in poliestere senza maniche, svasato e stretto in vita. Colore di fondo bianco, colori del decoro magenta e nero. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1962

138


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4058. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto in poliestere senza maniche, svasato e stretto in vita. Colore di fondo bianco, colori del decoro rosa viola e arancio. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1962 139


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4059. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto senza maniche, svasato in seta e pizzo color turchese. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri per un matrimonio. Datazione 1960 140


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4063. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto in batista con maniche a tre quarti, svasato e stretto in vita, chiuso da una fila di bottoni. Realizzato con la tecnica del pied de poule, color nero e bianco. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri per un matrimonio. Datazione 1960 141


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/09

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_8624.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

250

Foto raffigurante i coniugi Carmela Impellizzeri e Giuseppe Romano prima di recarsi al matrimonio della cugina. Carmela Impellizzeri indossa un abito realizzato da Carmela Sambuco per l’occasione. Piraino 1960 142


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4064. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito cortoa mezze maniche, svasato e stretto in vita. Colore di fondo bordeaux, colori del decoro nero e oro. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1961

143


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/09

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_8631. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

250

Foto raffigurante Graziella Romano sul balcone della propria abitazione, che indossa l’abito della madre Carmela Impellizzeri. Abito realizzato da Carmela Sambuco. Piraino 1962

144


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4067. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto senza maniche in cotone a pois. Colore di fondo celeste, colore del decoro nero. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1961 145


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4068. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto a miniche lunghe in taffetĂ cangiante color verde acqua. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri per un battesimo. Datazione 1960

146


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4070. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Cappotto femminile a doppiopetto in lana color senape. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960

147


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4072. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto scamiciato in broccato di seta. Colore di fondo senape, colori del decoro senape, arancio e oro. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri per un matrimonio. Datazione 1960

148


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/09

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_8630. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

250

Foto raffigurante la signora Carmela Impellizzeri e la figlia Graziella Romano durante il matrimonio della cugina. Carmela Impellizzeri indossa un abito realizzato da Carmela Sambuco per l’occasione. Patti 1960 149


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4074.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto scamiciato in laminato seta color argento. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri per una comunione. Datazione 1965

150


Cod.

Descrittore

Lung. Rip. Obbl.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/09

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_8633.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

250

Si

Voc.

*

Foto raffigurante Graziella Romano durante la prima comunione della cugina, che infossa l’abito della madre Carmela Impellizzeri. Abito realizzato da Carmeala Sambuco per l’occasione. Capo d’Orlando 1964 151


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4076.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto a maniche lunghe in cotone. Colore di fondo bianco, colori del decoro grigio rosa e arancio. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1962

152


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4077.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto smanicato in cotone. Colore di fondo bianco, colori del decoro verde e arancio. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1961

153


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/04/26

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4079.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Cappotto femminile in cotone senza bottoni con fodera stampata a fiori. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960

154


Cod.

Descrittore

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/03/27

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN3997. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

Completo giacca femminile a doppiopetto e gonna dritta color verde scuro. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Nunziatina Spanò. Datazione 1970

155


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/03/27

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4000.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Cappotto femminile monopetto in cotone color bordeaux. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Nunziatina Spanò. Datazione 1971

156


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/03/27

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4001.JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito a doppiopetto con maniche a tre quarti, in cotone color turchese. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Nunziatina Spanò per un matrimonio. Datazione 1970. 157


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia b/n

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/03/27

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_8274. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

250

Foto raffigurante Nunziatina Spanò al matrimonio di Pietro Lamonica e Rosanna Scaffidi Argentina. Nunziatina Spanò indossa un abito realizzato da Carmela Sambuco per l’occasione. Datazione 12-09-1970 158


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/03/27

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: IMG_8273. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: foto su foto

250

Foto raffigurante Nunziatina Spanò alla guardiola di Piraino. La Spanò indossa un completo giacca e gonna realizzato da Carmela Sambuco. Piraino 1967

159


DOCUMENTAZIONE GRAFICA

DRAX

Genere

DRAT

Tipo

50

DRAO

Note

250

DRAS

Scala

25

DRAE

Ente proprietario

250

DRAC

Collocazione

50

DRAA

Autore

50

DRAD

Data

25

VDC

DOCUMENTAZIONE VIDEOCINEMATOGRAFICA

VDCX

Genere

25

VDCP

Tipo

50

VDCR

Autore

50

VDCD

Data

25

VDCE

Ente proprietario

250

VDCA

Titolo

50

VDCC

Collocazione

50

VDCT

Note

250

REG

DOCUMENTAZIONE AUDIO

REGX

Genere

25

(*)

Si

REGP

Tipo

50

(*)

Si

REGA

Autore

50

REGD

Data

25

REGE

Ente proprietario

250

REGZ

Titolo

250

REGC

Collocazione

50

REGT

Note

250

FTN

FONTI E DOCUMENTI

160

Si

*

DRA

(*) (*)

25

Si

* (*) (*)

Si

Si

Si Si

Si Si

*

*


FNTX

Genere

25

(*)

Si

FNTP

Tipo

50

(*)

Si

FNTA

Autore

50

FNTT

Denominazione

250

FNTD

Data

25

FNTF

Foglio / Carta

25

FNTN

Nome archivio

250

(*)

FNTS

Posizione

50

(*)

ADM

ALTRA DOCUMENTAZIONE MULTIMEDIALE

ADMX

Genere

25

(*)

Si

ADMP

Tipo

50

(*)

Si

ADMA

Autore

50

ADMD

Data

25

ADME

Ente proprietario

250

ADMC

Collocazione

50

ADMT Note CM

(*)

Si

*

250

COMPILAZIONE

Cod.

Descrittore

Obbl.

CMPD

Data

SI

CMPN

Nome: Scaffidi Domianello, Alessia

SI

RSR

Referente scientifico: Vicari, Vittorio Ugo; Cernuto, Angela Chiara

Rip.

Lung. 4

SI

70

SI

70

161


AU …..AUTORE Cod.

Descrittore

AUTN

Autore / nome scelto: Scaffidi Argentina Antonietta

SI

150

AUTB

Ente collettivo / nome scelto: Scaffidi Argentina Antonietta

SI

150

AUTA

Dati anagrafici / periodo di attività: 1910/1996 notizie 1946-1978

SI

100

AUTC

Cognome: Scaffidi Argentina

70

AUTO

Nome: Antonietta

70

AUTP

Pseudonimo

70

AUTS

Monogramma / firma

70

AUTE

Nome convenzionale

70

AUTV

Varianti

AUTZ

Sesso: F

1

AUTL

Luogo di nascita: Piraino

50

AUTD

Data di nascita: 1910

25

AUTX

Luogo di morte: Piraino

50

AUTT

Data di morte: 1996

25

AUTG

Luogo e/o periodo di attività: attiva Piraino notizie 1946-1978

250

AUTU

Scuola di appartenenza: scuola di bottega

350

AUTQ

Qualifica: sarta

100

AUTY

Nazionalità: italiana

150

162

Obbl.

Rip.

SI

Lung.

70


DO

FONTI E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO

Cod.

Descrittore

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4105. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

250

Gonna dritta corta in lana color bordeaux. Confezionata da Antonietta Scaffidi Argentina, comprata da Rosa Nespola. Datazione 1975

163


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4106. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito corto in cotone a mezze maniche stretto in vita. Colore di fonfo azzurro, colore del decoro nero. Confezionato da Antonietta Scaffidi Argentila, comprato da Rosa Nespola per un battesimo. Datazione 1980

164


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4114. JPG

FTAT

Note: intero, davanti, in piano

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

250

Completo giacca femminile a doppiopetto damascata e gonna corta dritta in lana color nero. Confezionato da Antonietta Scaffidi Argentina, comprato da Rosa Nespola. Datazione 1978

165


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4115. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

250

Giacca femminile doppiopetto damascata. Colore di fondo nero, colori del decoro: rosso verde e grigio. Confezionata da Antonietta Scaffidi Argentina, comprata da Rosa Nespola. Datazione 1978

166


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4111. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Gonna corta dritta in lana color nero. Confezionata da Antonietta Scaffidi Argentina, comprata da Rosa Nespola. Datazione 1975

167


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4118. JPG

FTAT

Note: intero, davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Completo giacca femminile monopetto con maniche a tre quarti e abito scamiciato corto in cotone. Colore di fondo blu, colore del decoro grigio chiaro. Confezionato da Antonietta Scaffidi Argentina, comprato da Rosa Nespola. Datazione 1970

168


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4120. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Giacca femminile monopetto con maniche a tre quarti in cotone. Colore di fondo blu, colore del decoro grigio chiaro. Confezionata da Antonietta Scaffidi Argentina, comprata da Rosa Nespola per un matrimonio. Datazione 1970

169


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4116. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

250

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

Abito scamiciato corto in cotone. Colore di fondo blu, colore del decoro grigio chiaro. Confezionato da Antonietta Scaffidi Argentina, comprato da Rosa Nespola per un matrimonio. Datazione 1970

170


Cod.

Descrittore

Lung.

Rip.

Obbl.

Si

*

Voc.

FTA

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA

FTAX

Genere: fotografia allegata

25

*

Si

FTAP

Tipo: fotografia colore

50

*

Si

FTAA

Autore: Scaffidi Domianello Alessia

50

FTAD

Data: 2014/05/06

25

FTAE

Ente proprietario

250

FTAC

Collocazione

50

FTAN

Codice identificativo: DSCN4121. JPG

FTAT

Note: davanti, in piano

FTAF

Formato: 300 dpi, lato lungo 18 cm

25

FTAS

Specifiche: ripresa diretta

250

250

Abito corto con maniche a tre quarti in cotone e pizzo color nero. Confezionato da Antonietta Scaffidi Argentina, comprato da Rosa Nespola per un matrimonio. Datazione 1975

171


Cod.

Descrittore

DRA

DOCUMENTAZIONE GRAFICA

DRAX

Genere

25

(*)

Si

DRAT

Tipo

50

(*)

Si

DRAO

Note

250

DRAS

Scala

25

DRAE

Ente proprietario

250

DRAC

Collocazione

50

DRAA

Autore

50

DRAD

Data

25

VDC

DOCUMENTAZIONE VIDEOCINEMATOGRAFICA

VDCX

Genere

25

(*)

Si

VDCP

Tipo

50

(*)

Si

VDCR

Autore

50

VDCD

Data

25

VDCE

Ente proprietario

250

VDCA

Titolo

50

VDCC

Collocazione

50

VDCT

Note

250

REG

DOCUMENTAZIONE AUDIO

REGX

Genere

25

(*)

Si

REGP

Tipo

50

(*)

Si

REGA

Autore

50

REGD

Data

25

REGE

Ente proprietario

250

REGZ

Titolo

250

REGC

Collocazione

50

REGT

Note

250

FTN

FONTI E DOCUMENTI

FNTX

Genere

25

(*)

Si

FNTP

Tipo

50

(*)

Si

FNTA

Autore

50

172

Lung.

Rip. Si

Si

Si

Si

Obbl.

Voc.

*

*

*

*


FNTT

Denominazione

250

FNTD

Data

25

FNTF

Foglio / Carta

25

FNTN

Nome archivio

250

FNTS

Posizione

50

ADM

ALTRA DOCUMENTAZIONE MULTIMEDIALE

ADMX

Genere

25

(*)

Si

ADMP

Tipo

50

(*)

Si

ADMA

Autore

50

ADMD

Data

25

ADME

Ente proprietario

250

ADMC

Collocazione

50

ADMT

Note

250

CM

(*) (*) (*) Si

*

COMPILAZIONE

Cod.

Descrittore

Obbl.

CMPD

Data

SI

CMPN

Nome: Scaffidi Domianello, Alessia

SI

RSR

Referente scientifico: Vicari, Vittorio Ugo; Cernuto, Angela Chiara

Rip.

Lung. 4

SI

70

SI

70

173


CAPITOLO III III.1. Il Progetto Il progetto nasce dalla ricerca storiografica di fonti letterarie, grafiche, documentarie e dall’approfondimento della storia della moda riferita al periodo trattato (19451980). Dopo la catalogazione di tutto il materiale fotografico, filmico e bibliografico, si è pensato di allestire una mostra di abiti realizzati durante gli anni ’60. La mostra “Abiti d’epoca Pirainesi” intende mettere in risalto undici abiti appartenuti alla signora Carmela Impellizzeri (1917/2004), abitante di Piraino, gentilmente concessi in prestito per l’occasione dalla figlia di questa, Graziella Romano, e realizzati dalla sarta pirainese Carmela Sambuco (1912/2010). La mostra, allestita e curata da chi scrive, si è tenuta il 22 agosto 2014 all’interno della sala centrale della torre Saracena di Piraino, grazie al contributo del Comune di Piraino che ha messo a disposizione il locale. La torre, a forma cilindrica, è stata costruita dai Saraceni nel 967 d.C. E’ composta da tre piani circolari, l’ultimo dei quali, costituito da una splendida terrazza, si affaccia sul paese e sul mare. Entrando nella torre, da sinistra verso destra sono dispo174


sti gli abiti: cinque sui manichini e sei appesi al muro grazie a dei chiodi a modo scacchiera. La scelta è dipesa dagli abiti, in quanto alcuni vestivano perfettamente le misure dei manichini, altri invece no. La disposizione sul manichino permette di apprezzare il capo nella sua tridimensionalità, e dà un’idea della sua vestibilità. Nella disposizione si è tenuto conto della cromia degli abiti, considerando anche luce naturale ed umidità del luogo. Completano l’allestimento singoli cartellini didascalici e descrittivi posti accanto a ciascun abito e fotografie d’epoca, testimonianza quest’ultime dell’appartenenza alla sopracitata proprietaria e, in certo modo, fonte documentaria e narrativa di quegli anni. Il primo abito partendo da sinistra, posizionato sul manichino, è costituito da un tailleur di lana composto da giacca monopetto e gonna corta a campana con motivo quadrettato rosa e bianco; a seguire, nell’ordine, vi sono: un abito corto da cerimonia di colore turchese, di seta e pizzo, senza maniche, svasato e stretto in vita; un abito corto in organza, con maniche a tre quarti chiuso da una fila di bottoni, con un motivo pied de poul bianco e nero; un ulteriore abito corto senza maniche da cerimonia in cotone beige con motivi floreali dorati in damasco ad effetto lucido-opaco e, ancora a seguire un abito corto senza maniche argentato, in tessuto laminato 175


poliestere. In alto, seguendo il percorso della mostra, partendo da destra vi è un abito corto in lana con maniche a tre quarti color marrone chiaro; segue un abito corto di cotone a mezze maniche nei colori bordeaux, nero e oro. Accanto vi è un abito corto di lana con maniche a tre quarti di colore blu e con delle decorazioni a forma di fiori applicate sull’abito color senape; proseguendo si trova un abito corto senza maniche, svasato e stretto in vita, in organza di seta, dai colori vivaci come il fucsia, il viola e l’arancione. Il penultimo abito esposto è in cotone, fiorato, senza maniche e stretto in vita. Chiude l’esposizione un abito corto senza maniche in organza di seta fiorato nei colori magenta, nero e bianco. Successivamente è stato realizzato il modellino in scala 1:100 della torre Saracena di Piraino, con all’interno un’idea di allestimento realizzando in miniatura, con cartonncino e das, gli abiti utilizzati per la mostra, collegati tra loro tramite un filo di nylon, che collega i vari piani della torre. Inoltre è stata realizzata una scala a chiocciola color oro con la base di legno e gli scalini di policarbonato; quest’ultimo materiale è stato utilizzato anche per l’esterno della torre.

176


Tavole di progetto

Tavola 1: schizzo allestimento della mostra “abiti d’epoca pirainesi”. Tecnica acquerello e colori a matita.

Tavola 2: schizzo allestimento della mostra “abiti d’epoca pirainesi”. Tecnica acquerello e colori a matita.


Tavola 3: schizzo allestimento della mostra “abiti d’epoca pirainesi”. Tecnica acquerello e colori a matita.

Tavola 4: schizzo allestimento della mostra “abiti d’epoca pirainesi”. Tecnica acquerello e colori a matita.


Tavols 5: allestimento della mostra “abiti d’epoca pirainesi� alla torre saracena di Piraino.

Tavola 6: completo in lana giacca femminile monopetto e gonna corta dritta. Confezionato da Carmela Sambuco, acquistato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1960


Tavola 7: abito corto in seta e pizzo color turchese. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri per un matrimonio. Datazione 1960

Tavola 8: abito corto in batista con maniche a tre quarti, svasato e stretto in vita, chiuso da una fila di bottoni. Realizzato con la tecnica del pied de poule, color nero e bianco. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri per un matrimonio. Datazione 1960


Tavola 9: abito corto scamiciato in broccato di seta. Colore di fondo senape, colori del decoro senape, arancio e oro. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri per un matrimonio. Datazione 1960

Tavola 10: abito corto scamiciato in laminato seta color argento. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri per una comunione. Datazione 1965


Tavola 11: abito corto con manihe a tre quarti in lana color marrone chiaro. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri per un matrimonio. Datazione 1960

Tavola 12: abito cortoa mezze maniche, svasato e stretto in vita. Colore di fondo bordeaux, colori del decoro nero e oro. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1961


Tavola 13: abito corto in poliestere senza maniche, svasato e stretto in vita. Colore di fondo bianco, colori del decoro rosa viola e arancio. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1962

Tavola 14: abito corto smanicato in cotone. Colore di fondo bianco, colori del decoro verde e arancio. Confezionato da Carmela Sambuco, comprato da Carmela Impellizzeri. Datazione 1961


Tavola 15: foto raffiguranti Carmela Impellizzeri che indossa gli abiti esposti nella mostra “abiti d’epoca pirainesi�.

Tavola 16: foto di giacche maschili realizzate da Ignazio Natoli e Santi Ricciardo Rizzo, acquistate da Giuseppe Giardina.


Tavola 17: attestato di partecipazione rilasciato dal Comune di Piraino, per la realizzazione della mostra “abiti d’epoca pirainesi� avvenuta giorno 22-08-2014 presso la Torre Saracena di Piraino.


Tavola 18: riproduzione in scala 1:100 degli abiti utilizzati per la mostra “abiti d’epoca pirainesi�.

Tavola 19: fase di asciugatura degli abiti realizzati in cartoncino con supporto in das.


Tavola 20: fase di colorazione degli abiti con tecnica ad acquerello, reallizati in cartoncino con supporto in das.

Tavola 21: abiti ultimati


Tavola 22: prospetto visione frontale scala 1:100 della Torre Saracena di Piraino.

Tavola 23: pianta in scala 1:100 della Torre Saracena di Piraino.


Tavola 24: schizzo progettazione scala a chiocciola per la realizzazione del modellino della Torre Saracena di Piraino. Base in legno e scalini realizzati in policarbonato.

Tavola 25: realizzazione scala a chiocciola in legno e policarbonato, tinta d’oro.


Tavola 26: visione frontale della realizzazione della scala in legno e policarbonato.

Tavola 27: colorazione della struttura esterna della torre in vernice bianca.


Tavola 28: realizzazione del modellino in scala 1:100 della Torre Saracena di Piraino ultimata.


Tavola 29: visione laterale del modellino in scala 1:100 della Torre Saracena di Piraino ultimato.


Tavola 30: particolare dell’interno del modellino della Torre.

Tavola 31: particolare dell’interno del modellino della torre.



III.2. La Conservazione e l’esposizione di abiti antichi. Allestire una mostra. La definizione di “museo” è stata messa a punto a partire dall’800 e, da allora, continua ad essere modificata a seconda delle finalità e del ruolo che l’istituzione museale ha assunto ed assume via via nel tempo e nella società. Secondo la definizione più moderna, Oggi il museo: definizione moderna è quella formulata nel 1951, dall’ICOM (International Council of Museums), un organismo fondato nel 1946 per il coordinamento dei musei di tutto il mondo. “Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, con l’obiettivo di acquisizione, conservazione, ricerca, comunicazione e esposizione, per scopi di studio, educazione e diletto, delle testimonianze materiali dell’umanità e ambiente”. Si parla di “istituzione”, quindi di un organismo riconosciuto ufficialmente, è “permanente”, quindi inserito in un contesto sociale preciso, la cui a fruizione deve essere garantita a tutti; tra gli obbiettivi dell’istituzione museale vi è l’acquisizione, e cioè perché non è statico ma deve perseguire l’incremento e l’arricchimento delle sue collezioni; deve garantire la conservazione, e le sue 195


finalità non sono limitate allo studio delle raccolte ma anche al piacere della contemplazione. Le collezioni del museo sono definite “testimonianze materiali dell’umanità e dell’ambiente”, nel 2004 l’ICOM vi affiancò anche il termine di immateriale, dato che il museo estende la sua conservazione e tutela a tutto ciò che costituisce tradizioni e culture svincolate dalla concretezza dell’oggetto: danza, canti popolari, dialetti. Tutte queste testimonianze rientrano nel “patrimonio culturale”, ovvero l’insieme dei beni a cui è riconosciuta importanza storica ed estetica. Oggi si usa la locuzione di “Beni Culturali”, formulata nella Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, che Include i beni mobili e immobili di grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli, come i monumenti architettonici, gli oggetti artistici, storici , religiosi, laici, i manoscritti, i libri. Ma nonostante le definizioni il Museo ha il fine primo di conservare la memoria del passato attraverso i beni che formano le sue collezioni77. Funzioni del Museo: il primo compito della tutela è la conoscenza del patrimonio e ogni museo ha l’obbligo di censire gli oggetti che possiede, compilando una serie di elenchi, secondo un’antica pratica; inoltre vengono compilati elenchi finalizzati alla protezione delle opere. 196


La schedatura può essere di 2 tipi: Inventariale: contiene i dati essenziali per il riconoscimento, è una sorta di “carta d’identità”, le voci essenziali sono il numero di inventario, titolo, autore, provenienza, supporto, tecnica, bibliografia essenziale. Tutti elementi che permettono di individuare l’opera con certezza ma escludono lo stato di conservazione, il dibattito critico, il risultato dei restauri. Catalografica: è più approfondita e articolata, ripercorrendo in dettaglio gli aspetti critici, conservativi e bibliografici. L’Italia aveva mostrato interesse per la catalogazione già nel 1964, ma solo nel 1969 venne creato l’ICCD, in stretto rapporto con le soprintendenze, che dà vita a forme di catalogazione in base a schede tipo che dipendono dalla tipologia del bene. Tale schedatura non riguarda i musei, che in genere dispongono di inventari completi e hanno tra le loro la funzione di catalogazione, ma si rivolge a beni che non sono tutelati direttamente, spesso in pievi isolate non facilmente accessibili. Una scheda catalografica non è mai definitiva ma costituisce la base per ulteriori approfondimenti e necessita di continui aggiornamenti. Se nei musei dell’800’ il criterio era di esporre tutto, la necessità della selezione emerge negli anni 30’ quando 197


si ipotizzava la creazione di 2 percorsi, uno per il pubblico e l’altro per gli studiosi. L’esposizione permanente è costituita da 2 fasi: l’ordinamento- che consiste nella scelta delle opere da esporre secondo concetti di tipo storico e riguarda anche i criteri che si vogliono creare nell’esposizione-e l’allestimento, cioè il criterio secondo cui articolre gli spazi e collocare ed articolare fisicamente le opere. Successione cronologica e raggruppamenti per scuole o ambiti stilistici sono le linee più seguite nell’ordinare le collezioni. I depositi hanno un ruolo fondamentale perché costituiscono un prezioso campo di ricerca; sono deputati alla conservazione di opere meno note, e sono spesso oggetto di studio. Funzione del museo è comunicare, rifacendosi al binomio educazione-diletto, che indica come il miglioramento della cultura debba avvenire in modo piacevole e come l’educazione possa avvenire attraverso l’intrattenimento. In Italia la funzione didattica del museo fu riconosciuta solo negli anni 50’. Molti musei usano la strategia di organizzare un’attività espositiva che non richiede necessariamente la realizzazione di grandi mostre, ma punta sulla rilettura del patrimonio, su indagini rivolte a opere poco note, sulla presentazione di nuove acquisizioni, sulle indicazioni del Ministero che dal 198


1998 ha modificato il proprio nome in Ministero dei Beni e delle Attività Pubbliche. Le mostre, come musei “effimeri”, esercitano sul pubblico un’attrazione molto forte, facilitando la comprensione di un tema, mettendo a confronto opere che normalmente sono dislocate in sedi diverse. La necessità di realizzare mostre all’interno dei musei ha reso necessaria la presenza di una figura professionale, il register, che affianca i curatori e i responsabili della conservazione, soprattutto nelle procedure di prestito, ispirando i “Principi di Londra”, ovvero le linee guida fissate nel 1995, e poi nel 2001, che disciplinavano a livello internazionale il prestito delle opere tra istituzioni. Le autorizzazioni di prestito sono concesse dal Ministero, che deve ricevere la documentazione dalle soprintendenze, almeno 4 mesi prima della mostra. Occorre poi esaminare il progetto scientifico:, se il giudizio è positivo si devono valutare: stato di conservazione, idoneità a sostenere lo spostamento, effetto della sua mancanza temporanea nel museo, e bisogna evitare i prestiti ravvicinati per far “riposare” l’opera. Il rapporto tra pubblico e museo emerge grazie a notiziari periodici, di eventi futuri, mappe, siti internet. Il personale del museo media tra museo e pubblico, deve essere qualificato, e può essere esterno (studiosi, volontari, cooperative, pulizia) 199


o interno (direttori, conservatori, personale scientifico e tecnico, fotografi, geometri, vigilanza, e una volta vi era il personale ausiliario). Il personale di custodia è il più importante perché ha il rapporto diretto con il pubblico78. Vi sono particolari tipologie di museo: case museo, studi d’artista, musei etnografici e musei aziendali. La Casa-Museo: è un’istituzione nata dalla trasformazione di un’abitazione privata in museo aperto al pubblico. Sua particolarità è il persistere di una raccolta artistica in ambiente domestico, un tempo abitato dal collezionista e ricco di oggetti a lui appartenuti. La casa, divenuta museo, non esibisce solo le opere, ma anche gli arredi della dimora, i mobili e gli oggetti di arte decorativa. A partire da XIX secolo furono diversi i lasciti testamentari, frutto di trasmissioni ereditarie, che raccoglievano e collezionavano soprattutto per legittimare la loro posizione sociale. Grazie al mercato antiquario, alle esposizioni nazionali e internazionali, alle aste vennero messi in circolo pezzi singoli e collezioni già formate, quindi divenne possibile, a metà 800’, arredare la propria residenza con oggetti preziosi e opere d’arte. Nell’insieme gli oggetti costituiscono una narrazione, assumono il significato che il collezionista gli ha voluto conferire. Talvolta la casa del collezionista, prima ancora della 200


donazione è un’istituzione pubblica, che possiede le caratteristiche di una galleria; altre volte, le dimore divengono museo nell’atto della donazione, testimoniando il gusto del proprietario, non evidenziano il suo preciso progetto espositivo. A volte, la dimora subisce un processo di musealizzazione legato alla conservazione e fruizione dei beni. Le opere vanno messe in sicurezza, con vetrine, distanziatori e strumenti atti al controllo dei flussi, con telecamere, e dei fattori ambientali. Tali elementi implicano talvolta interventi invasivi, violandone l’equilibrio narrativo. La musealizzazione vuole rendere comprensibile la lettura delle opere, da qui il dibattito se sia opportuno o meno apporre didascalie piuttosto che cercare soluzioni alternative per consentire al pubblico di individuare le opere. La mancanza di indicazioni precise nei documenti testamentari lasciano alle istituzioni la facoltà di intervenire liberamente per il percorso espositivo; si può attuare una selezione, modificare disposizione di arredi. Alcuni donatori pongono la condizione di non modificare la conformazione della casa, altri non pongono vincoli ma desiderano che l’istituzione gestisca al meglio il patrimonio donato, indicando nomi di conoscitori e cultori. Studi d’artista: a volte considerati come case-museo, 201


che a differenza di queste racchiudono una maggiore uniformità di oggetti che sono frutto del lavoro dell’artista o raccolte di quest’ultimo con la finalità di servire da modello per la sua attività creativa. Spesso sono gli artisti a decidere la destinazione museale per le loro dimore, con l’obiettivo di mantenere viva la loro immagine nel tempo. Molti sono dei veri e propri atelier che conservano al loro interno materiali di studio, disegni, bozzetti, strumenti di lavoro. Musei Etnografici: Nascono a fine 800’ e vi hanno ruolo centrale gli oggetti d’uso che raccontano costumi, e tradizioni del popolo. Come raccolta di testimonianze materiali esclude le produzioni immateriali, come suoni, rituali, danze, consuetudini talvolta in grado di narrare meglio di oggetti concreti. Ecomuseo: un termine coniato in Francia, negli anni 70’. Approfondisce il legame con la civiltà espressa da un territorio, facendo diventare quest’ultimo, con le sue produzioni materiali e immateriali, il bene stesso da tutelare. Lo spazio di rifermento non è più l’edificio che espone le collezioni ma l’ambiente rurale, o urbano, che ospita il patrimonio culturale e naturale. Il concetto di pubblico viene sostituito da quello di comunità, dato che si rivolge alla popolazione locale con un approccio interdisciplinare, chiedendo la partecipazione attiva 202


de visitatori, con percorsi tematici e visite interattive. Gli edifici che divengono parte di questo progetto sono quelli presenti sul territorio stesso, dalle antiche cascine alle testimonianze di archeologia industriale, con strumenti di lavoro, macchinari. In Italia gran parte dell’esperienza sugli ecomusei la ritroviamo in Piemonte, che dal 1995 ha emanato la legge regionale a favore dello sviluppo di una rete eco museale. Museo aziendale: i pezzi storici fanno parte dell’attività produttiva dell’azienda, al fine di conservarne la memoria. Sono prevalentemente divisi per temi come: città, territorio, un determinato ambito disciplinare. Un’azienda può creare un museo aperto al pubblico per finalità promozionali, ma comporta una serie di oneri, non compresi di vantaggi economici. Con i musei tradizionali condividono problematiche relative a conservazione e esposizione, vi sono spazi aperti al pubblico, adeguati a tutela e fruizione oggetti e con personale qualificato. Le differenze stanno nel fatto, invece, che i musei aziendali sono un work in progress, legati ancora a un azienda produttiva; ma ciò comporta una costante revisione del percorso espositivo e presuppone uno spazio molto flessibile. La singolarità si questi musei spesso deriva dalla loro ubicazione, ambienti dell’azienda, che posso determinare grande originalità79. 203


Il modo di vedere il museo oggi è molto cambiato. In passato il museo era considerato essenzialmente come luogo di contenimento di oggetti, animato soprattutto da una funzione conservativa; oggi la funzione conservativa viene data per scontata e non è più a carico dell’immagine del museo. Bisogna trasformare l’immagine stessa del museo: da negozio di antiquario a palcoscenico di atri tempi/spazi culturali. Il carattere educativo del museo sta nel fatto che cerca di essere una sorta di scatola della conoscenza; entrati, non si può vedere tutto un mondo, ma usciti si riesce a scorgere qualcosa che prima era stato dimenticato, e si impara a cercare. Siamo consapevoli oggi che i musei sono luoghi di comunicazione che si offrono a uno spettro amplissimo di percezioni del pubblico; questa consapevolezza consente di superare lo steccato che si era stabilito tra scienza e arte. Il museo si apre a modi diversi del percepire estetico, al desiderio, all’evocazione, alla memoria, come aspetti che non negano ma accompagnano, e talora anticipano e sollecitano la conoscenza. Si perde così anche il fossato tra tipi di museo: d’arte, di scienza, di archeologia. Esso è sempre un’ “opera”, per lo più d’arte applicata e di comunicazione, e questa sua natura accomuna tutti i musei e consente scambi fecondi tra linguaggi museografici elaborati per diversi contesti80. 204


Il museo è un’istituzione che ha un duplice compito, quello di esporre le opere e quello di conservarle, di qui il duplice aspetto dell’illuminazione che presenta due caratteristiche precise. L’illuminazione svolge un ruolo importante sia per quanto riguarda il problema della conservazione sia per quanto riguarda il problema dell’esposizione delle opere e dei reperti ospitati dai musei. Negli ultimi anni si è assistito ad una generale presa di coscienza del problema che porta al concetto di “museo microclima” piuttosto che al concetto di “macchina museale” con studi rivolti di volta in volta ai materiali, ai colori, all’epoca, alla deperibilità ecc degli oggetti esposti. L’illuminazione all’interno del museo deve essere strettamente connessa e funzionale sia alle problematiche che la conservazione delle opere pone, sia ai criteri espositivi. Nello specifico, sono sempre preferibili quelle sorgenti di luce che permettono un’ottima resa dei colori, che rappresentano, quindi, uno spettro di emissione quando più possibile simile a quello della luce solare, per non alterare la qualità cromatica dei materiali e delle opere esposte. Occorre, infine, far vivere tutto lo spazio museale in maniera coordinata ed omogenea in modo tale che risulti facile riconoscerne i percorsi, orizzontarsi, sostare e riflettere. Come per ogni altro tipo di progettazione anche per l’illuminazione di 205


un museo non vi sono regole generali: ogni progetto presenta un proprio iter che si svolge attraverso l’analisi dello spazio a disposizione, del materiale da esporre, dei percorsi da seguire: dal racconto che si vuole comunicare al visitatore/spettatore, utilizzando una serie di elementi molto disparati fra loro e che debbono fondersi in un prodotto finale armonico e continuo. La luce è uno degli elementi che il progettista ha a disposizione per svolgere il racconto museale. Esistono poi dei problemi qualitativi: bisogna evitare i riflessi, cosa non facilmente realizzabile soprattutto in spazi polifunzionali, cioè in spazi che mutano in termini espositivi. Un’altra cosa molto importante è anche il suono in un museo, dal momento che bisogna evitare rimbombi e sovrapposizione di voci . È importante considerare il significato delle parole “Museografia” e “Museologia”. Per quanto riguarda alla “Museografia” fanno capo gli aspetti più pratici, le tecniche espositive, le soluzioni illuministiche, il sistema di comunicazione, il problema della sicurezza, ovvero tutto ciò che riguarda il corretto funzionamento del museo. E’ la tecnica relativa alla costruzione e sistemazione dei musei, compresi gli allestimenti. Il termine “Museografia” comparve per la prima volta nel 1727, come titolo del volume di Caspar Frie206


drich Neicklen, un colto mercante di Amburgo. L’intento del mercante era fornire una “guida per una giusta idea ed un utile allestimento dei Musei”; si intravedono nel volume di Neicklen alcuni principi che rientrano nella concezione moderna del museo: ruolo didattico, necessità di un catalogo della collezione, biblioteche intese come parte integrante del museo, alcuni principi generali (pareti chiare, luce uniforme). La “Museologia” ha a che fare con il “logos”, cioè un “pensiero”, privilegiando gli aspetti teorici relativi al museo e alla sua storia. Riflessione sul museo, sulle sue finalità, sul rapporto con la società. E’ in questo ambito che sorge lo studio delle collezioni, delle sue interpretazioni, la funzione conservativa, l’educazione, la tesaurizzazione di nuove opere e i contenuti da comunicare81. Al termine “museologia” spetterebbe allora di definire tutto quanto tradizionalmente concerne il lavoro dell’osservatore, cioè l’ordinamento scientifico, la raccolta e la cura dei materiali. La pratica museografica è influenzata da più teorie. Anzitutto dalle storie che fondano le singole discipline implicate nelle rappresentazioni museografiche, come la storia dell’arte, l’archeologia ecc. ciascuna delle quali contribuisce a definire le modalità della ricerca e dell’analisi dei dati (sia per provvedere alla corretta selezione degli oggetti da esporre, sia per 207


corredarne l’esposizione materiale con cartelli illustrativi, foto, ecc). La teoria museale è dunque la teoria di una prassi comunicativa: esibizione di un discorso fatto di cose, immagini e parole che si realizza e completa nella pragmatica del rapporto col pubblico. Il problema di chi deve allestire un museo che dia una interpretazione della realtà non è quello di ripetere le cose ma di farle parlare; per fare ciò il lavoro del museografo deve consistere nel mettere in relazione i diversi aspetti della realtà, nel produrre modelli di interpretazione di essa che tengano conto dei rapporti tra le sue componenti. L’esposizione è la vetrina del museo verso il mondo, è lo spazio in cui il museo deve presentare se stesso, la sua identità e i suoi oggetti, è il luogo della comunicazione dove il museo verifica se è in grado di comunicare con il suo pubblico. Il problema è quello di riuscire a coinvolgere visitatori di livello culturale e di appartenenza sociale la più diversa e di tutte le età. Molti operatori museali sono convinti che nessuna esposizione, nemmeno col supporto dei moderni audiovisivi, possa sostituire la visita guidata. Non c’è dubbio che la comunicazione personale sia uno dei mezzi più efficaci; per motivi pratici è necessario, però, pensare ad altri modi di interessare la gente alle esposizioni di un museo. Una esposizione permanente deve dare una conoscenza ge208


nerale dell’ambito di cui si occupa il museo. E’ sempre opportuno fornire una introduzione storica che illustri brevemente l’evoluzione dell’area interessata ed è anche consigliabile accostare all’oggetto foto che mostrino le tecniche di lavorazione. Cartelli esplicativi e didascalici sono di massima importanza e bisogna studiare bene la loro utilizzazione; la mostra non deve essere un libro appeso alle pareti, e allo stesso tempo deve riuscire a dare ampie informazioni. Un settore a sé stante della museografia e delle esposizioni è costituito dalla didattica. E’ diventata prassi comune che le scuole visitino regolarmente i musei e che i musei mettano a disposizione delle scuole strumenti didattici di vario tipo. I grandi musei hanno spesso un reparto didattico con personale specializzato che conosce bene i contenuti del museo e ha anche pratica di insegnamento. Il museo non deve disporre soltanto di spazi riservati all’esposizione, sono necessari una serie di ambienti di lavoro che vanno da un locale di accettazione, con possibilità di mettere gli oggetti in quarantena e di procedere alla loro pulizia, disinfestazione e inventariazione prima dell’immissione nella collezione, a quelli dei depositi, degli uffici, dei laboratori di restauro, di fotografia ecc. Negli Stati Uniti si ritiene che soltanto un terzo dello 209


spazio dei musei debba essere utilizzato per le esposizioni permanenti e temporanee. In Italia e particolarmente in Sicilia è uso comune destinare case antiche ai musei; questa è una pratica che presenta una serie di vantaggi e una serie di svantaggi non evidenti per chi non ha esperienza di gestione di musei. I vantaggi sono collegati alla possibilità di potere conservare edifici, che meritano di essere conservati per ragioni storicoartistiche, oppure perché di interesse etnoantropologico o documentario; gli svantaggi dipendono dal modo in cui è stata costruita la casa. Oggi le richieste funzionali cui deve adempiere un edificio destinato a ospitare un museo sono talmente tante da richiedere un edificio costruito appositamente. Un edificio destinato a museo deve ottemperare, per esempio, sia alle norme antincendio che riguardano sia le strutture che gli impianti, sia alle norme per permettere l’accesso ai diversamente abili, ecc. A tutto questo si aggiungono le precauzioni che si devono prendere per assicurare lunga e sana vita agli oggetti, il che comporta oltre un buon isolamento termico e idrico, un sistema di aereazione che permette di areare senza illuminare e senza far entrare la polvere. Occorre infine prendere in considerazione l’esigenza di prevedere percorsi interni razionali. E’ difficile far capire che un museo necessita di perso210


nale qualificato per continuare le ricerche e per animare le raccolte, e che esso oltre a essere custodito richiede pulizia, manutenzione e altro ancora. Diversamente non sarà un museo ma una triste mostra permanente82. Gli abiti antichi sono oggetti delicati che possono deteriorarsi con estrema facilità. Luce, polvere, umidità o una posizione sbagliata protratta nel tempo possono causare danni irreparabili. Se si decide di esporre un abito, la scelta più adeguata è metterlo su un manichino che permetta di apprezzare il capo nella sua tridimensionalità; nel caso di pezzi originali, bisogna trovare una taglia adatta al proprio abito. Nel momento in cui si sceglie dove posizionare il manichino con l’abito, bisogna prendere in considerazione alcuni elementi come luce e umidità. Inoltre bisogna ricordare che, pure in condizioni ambientali ottimali, un abito non dovrebbe mai rimanere esposto più di due mesi, due anni nel caso sia chiuso in una vetrina; questo è il motivo per cui i musei del costume non hanno mai esposizioni permanenti ma mostrano i loro pezzi a rotazione. Un abito antico esposto alla luce tenderà a scolorirsi molto rapidamente: la luce accelera i processi di deterioramento del tessuto, per questo gli abiti antichi dovrebbero essere protetti dalla luce il più possibile e non 211


dovrebbero mai essere esposti sotto una luce diretta, come davanti ad una finestra. L’ambiente dove vengono esposti gli abiti dovrebbe essere a temperatura e umidità costanti senza bruschi sbalzi. Per quanto riguarda la conservazione degli abiti antichi, i materiali con cui i tessili vengono in contatto durante l’immagazzinaggio devono essere totalmente inerti, in modo da non influenzare in alcun modo le fibre. Infine è sempre sconsigliabile tentare di lavare un abito d’epoca, si correrebbe il rischio di rovinarlo in modo permanente; il modo migliore per pulire un tessuto antico è l’aspirazione83. La mostra, o evento espositivo, che può essere di breve o lunga durata, si caratterizza come un insieme di opere scelte per esprimere un particolare tema o il percorso di un artista. L’evento espositivo può dirsi riuscito se si stabilisce un equilibrio tra luogo e opere tale che né l’uno né l’altro abbia il sopravvento. Non tutti i tipi di mostre vanno bene per ogni luogo espositivo; bisogna fare una seria valutazione ogni volta che si confeziona un progetto espositivo e si cerca il luogo dove poterlo realizzare. Il progetto espositivo ha una fase più o meno lunga di elaborazione, che va dall’individuazione del tema o 212


dell’artista alla verifica teorica e pratica della sua praticabilità. Una volta scelto il tema si procede a individuare, attraverso una accurata ricerca presso i musei e le collezioni e attraverso un’indagine bibliografica, tutte le opere che si vorrebbero in mostra. La progettazione tiene conto della fattibilità dell’ideazione; si selezionano le opere in base alla loro reale reperibilità, si ipotizzano eventuali sezioni della mostra in base a criteri di ordine cronologico o funzionale, si progetta l’allestimento e il percorso espositivo ed eventuali pannelli didattici. Inoltre si pensa all’immagine guida da utilizzare per la comunicazione dell’evento e si sceglie la sede espositiva, preoccupandosi che sia idonea dal punto di vista conservativo e di sicurezza delle opere. Le fasi operative vanno previste fin dalla progettazione e riguardano le modalità pratiche per realizzare l’evento; dalla ditta che realizzerà l’allestimento, a chi fornirà i materiali espositivi e quelle per la comunicazione immediata (didascalie di commento alle opere, pannelli didattici). L’organizzazione scientifica compete strettamente al curatore della mostra e ai suoi collaboratori. La figura del curatore è rappresentata da uno storico dell’arte o archeologo e anche l’allestimento sarà pensato dal curatore. L’aspetto dell’organizzazione segretariale è quello del reperimento effettivo delle opere e quindi dell’identi213


ficazione del proprietario e dell’ubicazione geografica. Quando tutte le opere sono state individuate è la segreteria organizzativa che, in accordo con il curatore, invia le lettere di richiesta di prestito, corredate di tutti i dati relativi alla mostra e con allegata la scheda di prestito. Questa costituisce un vero e proprio contratto tra chi gestisce la mostra e chi presta l’opera. Infine la comunicazione riveste un’importanza fondamentale per una buona riuscita di un evento espositivo; Si tratta di una comunicazione di tipo visivo legata a: manifesti, inviti, locandine, pubblicità varia e di tipo giornalistico. La prima fase è rappresentata dal comunicato stampa redatto insieme al curatore; si passa, poi, all’acquisizione delle immagini guida della mostra. La comunicazione di un evento è suddivisa in tre fasi: una fase preparatoria, una fase centrale con conferenza stampa e, infine, una fase che accompagna l’evento per tutta la durata; in genere la comunicazione è responsabile di due terzi dell’attenzione del pubblico alla mostra84.

III.3. La fruizione dei musei da parte dei disabili visivi e il progetto della mostra.

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L’arte, in tutte le sue manifestazioni, è un linguaggio e quindi una forma di comunicazione. Come atto comunicativo deve essere accessibile e fruibile da tutti. La fruizione delle risorse museali è una parte importante della formazione culturale di ogni individuo. La disabilità, temporanea o permanente, non dovrebbe costituire un ostacolo o essere motivo di esclusione per nessuno. L’accessibilità, nei diversi modi in cui la si può intendere, costituisce uno degli elementi di discriminazione del nostro tempo; un fattore di resistenza che i normodotati affrontano con le loro “integrità”, i disabili devono affrontare quotidianamente con le loro limitazioni. Il termine “ accessibilità” ha diverse sfaccettature: in generale si intende l’insieme delle caratteristiche spaziali organizzate che consentono una fruizione agevole, in condizione di autonomia. Pertanto le persone con necessità particolari o con difficoltà sensoriali non dovrebbero sentirsi “soggetti di speciali attenzioni”, ma tutti, abili e non abili, dovrebbero essere in grado di fruire pienamente di un ambiente, di uno spazio e di una struttura in cui si trovano: per questo motivo sarà importante adottare nel museo soluzioni funzionalmente accessibili al maggior numero di utenti. Per le persone con disabilità motorie l’accessibilità 215


coincide per lo più con l’abbattimento delle barriere architettoniche, ossia degli ostacoli fisici (gradini, accessi, passaggi stretti, pendenze eccessive, ostruzioni, etc.). Se per i disabili motori, almeno sulla carta, l’accessibilità è un diritto acquisito, per i disabili visivi, non vedenti e ipovedenti, l’accessibilità è tutt’altro che riconosciuta e tanto meno realizzata. Nell’ambito della fruizione museale le barriere più note e percepibili sono quelle fisiche, poiché la disabilità motoria è quella più conosciuta e per la quale interventi architettonici sono stati fatti e continuano ad essere realizzati su edifici antichi e di moderna costruzione (rampe, scivoli, ascensori, ecc.). La fruizione dei musei da parte dei disabili visivi richiederebbe, invece, l’abbattimento delle barriere sensoriali-percettive, non meno pericolose di quelle architettoniche per i disabili motori. Per esempio nei musei i pannelli e le etichette sono spesso illeggibili, per il carattere troppo piccolo, o non opportunamente differenziato rispetto allo sfondo, senza contrasto cromatico, con sovrapposizione di immagini, collocati ad altezze eccessive o illuminati in modo inadeguato. Queste sono soltanto alcune barriere percettive che gli ipovedenti possono incontrare in uno spazio mu216


seale. Ancora, nei musei spesso è negata la possibilità di fruire di descrizioni in braille o parlate delle opere, non sono disponibili pannelli, mappe o cartine in rilievo, non ci sono percorsi audio guidati, strisce di segnalazione del percorso museale o visite guidate con personale specializzato e con adeguate conoscenze tiflologiche, ed inoltre è negata la possibilità di “ toccare reperti e opere”. Per agevolare le persone non vedenti nella fruizione e per garantire accessibilità, non basta, però, che il museo metta a disposizione testi trascritti in codice braille, un percorso tattile plantare, guide per l’orientamento, mappe tattili e altri ausili tecnici ( come caratteri sufficientemente visibili ) e a rilievo; ma la cosa fondamentale e più importante è non negare di “ poter toccare”, laddove sia possibile nel rispetto dell’opera esposta: in questo modo ogni sfumatura tattile arricchirebbe il bagaglio cognitivo ed estetico del visitatore diversamente abile. Oggi i non vedenti avvertono fortemente il bisogno di accedere all’arte e ad i beni culturali in genere perché sanno che essi sono essenziali ai fini di una formazione integrale della persona. Non chiedono solo di rimuovere il divieto di toccare ma chiedono anche che all’interno di ogni museo sia strutturato un percorso dedicato ai non vedenti lungo il quale siano collocate le opere che possono 217


essere toccate con le rispettive informazioni storiche e tecniche85. Ogni accesso negato è offesa all’eguaglianza dei diritti e delle opportunità. Anche la conoscenza della città e del territorio, della sua storia, dei servizi per il cittadino e del patrimonio artistico, monumentale e museale, non può prescindere da un accesso all’informazione tramite messaggi chiari e leggibili da tutti, indipendentemente dallo strumento usato per veicolare il messaggio e dalle caratteristiche individuali dell’utente. La fruizione dei musei da parte dei disabili visivi non è affatto scontata e richiede l’abbattimento delle barriere percettive che la ostacolano, non meno pericolose delle barriere architettoniche per i disabili motori. Le stesse opere d’arte sono spesso collocate alle pareti, nelle bacheche o su basamenti, troppo in alto, inaccessibili allo sguardo o illuminate in modo inadeguato. L’abbattimento di tali barriere è realizzabile sia attraverso strumenti tradizionali (adattamenti dei prodotti a stampa, della cartellonistica e della modulistica cartacea) sia attraverso modalità alternative (testi a grandi caratteri, parlati, tattili, in braille e in formato digitale). La leggibilità che qui ci interessa non riguarda tanto i contenuti, quanto la leggibilità grafica, ossia la facilità di individuare, riconoscere e decifrare la comunicazione, che si basa su simboli e caratteri. 218


Progettare ex-novo un museo accessibile per i disabili visivi non comporta costi maggiori di allestimento (l’ingrandimento potrebbe incidere solo sul costo finale di un catalogo o di una guida cartacea, per il numero maggiore di pagine, o sulle dimensioni di un supporto), visto che gli gli accorgimenti che proponiamo non richiedono costi di produzione aggiuntivi (combinazioni di colori efficaci per il contrasto testo/figure-sfondo, organizzazione del testo, ecc.) ma solo una maggiore attenzione alla funzionalità e usabilità del prodotto piuttosto che ad aspetti solo estetici o di “creatività”. Qualche onere aggiuntivo è richiesto invece qualora si voglia riadattare un museo già esistente in funzione della sua frequentazione da parte di utenti con bisogni speciali. III.3.1. Elementi generali da prendere in considerazione per una grafica leggibile e comprensibile

III.3.2. Il carattere • Il tipo di carattere ( o “font”) deve essere senza ombreggiature, sfumature o effetti “rilievo”, come Arial, Verdana o Tahoma . In ogni caso vanno prescelti fonti in cui lettere o numeri simili tra loro siano ben diffe219


renziati, con contorno spesso ma non troppo e forma tondeggiante. Vanno evitati i font con “occhio” (la parte vuota dei caratteri a forma chiusa) troppo stretto o il ricorso al corsivo. • La dimensione del carattere è un fattore non trascurabile, ma dipende dalle modalità di lettura previste e dall’utilizzo del testo: una didascalia di fianco ad un quadro dovrebbe essere almeno di corpo 16, mentre un pannello, da leggersi almeno ad una distanza di 1 metro, dovrebbe essere scritto in corpo 50 (per un utente con una ipovisione lieve). • Lo sfondo deve essere uniforme, senza filigrana, zigrinature, sfumature o differenze di colore e soprattutto senza decorazioni e immagini, che costituiscono una vera e propria barriera percettiva. • Il contrasto di luminosità e /o cromatico tra il testo (o la figura in primo piano) e lo sfondo deve essere netto: in genere appare più efficace ed usabile su supporto cartaceo il testo scuro su fondo chiaro (es. nero o blu su fondo color panna, grigio chiaro o giallino), su monitor o display anche testo chiaro su fondo scuro, a seconda delle modalità di lettura, della patologia visiva e del tipo di documento. 220


• Il tipo di supporto è un elemento che incide sulla leggibilità del testo, perché il tipo di materiale che viene usato per la riproduzione può provocare effetti di trasparenza e riflessione, da cui derivano pesanti disturbi di lettura. Per questo vanno evitate carte lucide, patinate, troppo sottili o materiali metallici riflettenti. • I caratteri, le parole e le righe devono essere spaziati adeguatamente: né troppo vicini, né troppo lontani tra loro, per poter distinguere elementi grafici e forme. • L’allineamento preferibile è quello a sinistra (testo “imbandierato”), mentre vanno evitate le giustificazioni, sia a sinistra sia a destra, perché creano spaziature eccessive tra le parole, e bisogna stare attenti che le lettere non tocchino bordi o cornici. • La non uniformità e l’articolazione del testo in paragrafi, con ientra ture, spaziature, titolazioni e numerazioni agevolano la leggibilità stabilendo, soprattutto per chi ha una visione tubolare o usa sussidi o sistemi ingrandenti, utili punti di riferimento visivi. Bisogna valutare caso per caso i rischi di riflessi o abbagliamento, in diverse condizioni ambientali, con poca o molta luce. Per quanto riguarda il posizionamento delle sorgenti luminose il flusso luminoso dovrà distri221


buirsi uniformemente su tutta la superficie interessata evitando zone d’ombra.

III.3.3. Fattori facilitanti l’individuazione del museo e la sua percorribilità (desunti in gran parte dalla normativa vigente per il superamento delle barriere): • Le porte devono essere ben “leggibili”, grazie anche a colori e texture tra loro contrastanti degli elementi che le compongono. • La pavimentazione interna e soprattutto esterna deve essere antisdrucciolevole ed evitare fenomeni di abbagliamento. • I dislivelli e i percorsi vanno segnalati con adeguata differenziazione del materiale e adeguato colore delle pavimentazioni. • I cambi di direzione o pavimentazione vanno segnalati con colori e materiali a contrasto. • Le scale devono essere segnalate a inizio e fine rampa da strisce di materiale diverso sul pavimento e fornite di corrimano installato su entrambi i lati.

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• I gradini devono essere di pianta preferibilmente rettangolare e con pedata antisdrucciolevole, possibilmente con lo spigolo differenziato per materiale e colore (la striscia di colore giallo è quella preferita dagli ipovedenti). • Gli ascensori devono avere pulsanti di comando con numerazione grande e in rilievo e di colore ben contrastato e scritte in braille e fornire segnalazione sonora all’arrivo al piano. • Avviso luminoso/sonoro in caso di allarme. • La segnaletica informativa (cartelli, informazioni, orari, ecc.) all’esterno e all’interno del museo deve essere installata in posizione tale da essere agevolmente visibile e avvicinabile, con adeguata illuminazione, preferibilmente montata su pannelli con basamento a terra piuttosto che appesi alle pareti, raffigurante frecce e pittogrammi nitidi, semplici e riconoscibili, che facilitino l’orientamento e l’identificazione di tutti gli spazi (ingresso, uscita, toilette, bar, guardaroba, ecc.), con scritte dai caratteri a 21 contrasto elevato, di grandezza minima di 50 pt, per una lettura a distanza di almeno un metro, ed essere accompagnata da apparecchiature foniche e da tabelle in braille per non vedenti. 223


• I display luminosi, laddove esistano, devono essere a contrasto elevato, ad alta risoluzione e retro-illuminati. • Pavimentazione tattile, con elementi modulari utili a fornire indicazioni direzionali e avvisi situazionali, utilizzabili anche con il bastone bianco.

III.3.4. Fattori facilitanti l’identificazione e la fruizione delle opere d’arte • Le opere d’arte e gli oggetti delle collezioni vanno posizionati in luoghi ben visibili e ad altezze raggiungibili dallo sguardo; bisogna fare attenzione, nel caso siano collocati sotto-vetro, ad illuminarli adeguatamente evitando riflessi e fenomeni di abbagliamento. • Le etichette delle opere d’arte (alla luce di quanto detto sopra) dovrebbero soddisfare taluni requisiti: o essere scritte con i font (tipi di caratteri a stampa) preferiti dagli ipovedenti: quelli senza grazie, come Arial o Verdana (con corpo 14 il font acquisisce uno spessore simile al grassetto migliorandone la leggibilità), senza sfumature o effetti speciali. Le parole devono essere spaziate tra loro ma non in modo eccessivo.Vi deve essere contrasto tra testo e sfondo (caratteri neri 224


su sfondo o neutro, ad es. color panna), e vanno evitati colori sgargianti o problematici per i daltonici (rosso e verde). Se collocate sotto vetro bisogna evitare i riflessi; devono essere affiancate da didascalie in braille. Devono essere posizionate ad altezza accessibile sia per l’utente in sedia a rotelle, sia per l’utente ipovedente o non vedente, che deve poterne fare agevole lettura tattile o i materiali di supporto non devono essere lucidi, trasparenti o riflettenti o l’illuminazione deve essere diretta (ad es. un faretto a destra dell’etichetta). • I pannelli esplicativi (sui contenuti stilistici e iconografici dell’opera d’arte e sulla sua collocazione storica) dovrebbero presentare le seguenti caratteristiche: o essere preferibilmente posizionati a terra; se appesi, devono essere collocati a 1m o 1,20m da terra, a seconda dell’altezza complessiva del pannello o essere scritti con font senza grazie, non corsivo, non sottolineato, né tutto maiuscolo (Ma-mi =Maiuscolo, minuscolo) o il tratto del carattere non deve essere sottile ma neppure troppo spesso e la dimensione del carattere elevata (grandezza minima 50 punti per una lettura a distanza di 1 metro) o spaziatura: il testo non deve essere troppo ravvicinato né eccessivamente spaziato. Grazie ad un idoneo contrasto cromatico il testo deve essere differenziato rispetto allo sfondo, che non deve mai conte225


nere immagini o foto o supporto cartaceo o rigido non lucido o di materiale riflettente. • Le guide e i cataloghi dovrebbero essere disponibili in versione cartacea, in braille, digitale e possibilmente consultabili on-line. Le audio-guide dovrebbero, se esistenti, permettere una navigazione non solo sequenziale (deve essere facile passare da un argomento all’altro), ma anche “random” (casuale), ed i cataloghi prodotti on-line devono osservare le regole dell’accessibilità e dell’usabilità. • I monitor informativi e i chioschi elettronici (ove sostituiscano lo sportello tradizionale informativo o per l’erogazione dei biglietti con l’operatore) dovrebbero: essere collocati in punti strategici, consultabili da vicino ad altezza degli occhi e/o in posizione abbassata per la consultazione da parte di persone su sedia a ruote. Essere impostati con adeguati font (tipo, dimensione, contrasto cromatico, ecc.); avere pulsanti leggibili, con lettere e numeri in rilievo e con colori contrastanti, in braille e su materiale non riflettente o prevedere, nel caso dei chioschi elettronici, pochi e semplici passaggi per giungere al risultato e una gestione amichevole degli errori.


III.3.5. I Percorsi “tattili” Dovunque sia possibile e compatibilmente con le esigenze di sicurezza e di conservazione del bene artistico, il disabile visivo nei musei deve essere messo in condizione di conoscere l’arte non solo attraverso la descrizione verbale, ma anche attraverso il tatto. Una guida, che sappia trasmettere non solo informazioni sugli aspetti stilistici ed iconografici (forme, volumi, colori e sfumature, posizioni, composizione, ecc.) dell’opera d’arte, ma anche emozioni e sentimenti, può essere un supporto significativo, soprattutto nel caso di fruizione di opere pittoriche da parte dei non vedenti86. Nella mostra “abiti d’epoca Pirainesi” si intenderebbe procedere con un percorso tattile delle Sale attraverso il quale il visitatore non vedente può sperimentare e riconoscere le varie stoffe degli abiti attraverso un laboratorio tattile con campioni e frammenti di tessuto selezionati tra i più rappresentativi e più decorati da manipolare. Accanto ogni manichino sono disposte didascalie in braille che spiegano le caratteristiche degli abiti e cartelli con fotografie tattili. La Sala è fornita di una postazione informatica con ingranditore per ipovedenti e un programma di sintesi vocale con la spiegazione dei pezzi esposti. Un servizio sperimentale 227


di percezione, attraverso un sistema computerizzato, Dvd interattivi accessibili con spiegazioni sulla mostra e audio guide in quattro lingue (italiano, inglese, francese e tedesco). L’accessibilità è garantita tramite una mappa tattile in rilevo per l’orientamento nelle sale, un percorso per non vedenti con segnalatori tattili a terra. Inoltre è disponibile un plastico tridimensionale e due mappe visuotattili dei piani della torre che forniscono indicazioni per l’orientamento. Infine, personale altamente qualificato accompagna i visitatori non vedenti durante la visita.

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III.4. Esempi di allestimenti di abiti dei principali musei di costume

In questo paragrafo vengono elencati degli esempi di allestimenti di abiti dei principali musei di costume, come la Galleria di Costume di Palazzo Pitti di Firenze, il museo Galliéra di Parigi e il Kyoto Costume Institute, prendendo in riferimento le principali e più recenti mostre ed esposizioni.

III.4.1. La Galleria di Costume di Palazzo Pitti La Galleria del Costume è stata fondata nel 1983 da Kirsten Aschengreen Piacenti ed occupa 13 sale della Palazzina della Meridiana di Palazzo Pitti; raccoglie costumi ed abiti storici presentati in ordine cronologico di tempo, dagli inizi XVII fino ai primi anni del XX secolo. Con i suoi circa seimila pezzi, fra abiti antichi e moderni, accessori e costumi teatrali, si può considerare l’unico museo di storia della moda in Italia ed uno dei più importanti in ambito internazionale. Nelle vetrine del museo è presentata un’ampia selezione di abiti e accessori dal Settecento ad oggi, che viene rinnovata ogni due-tre anni, sostituendo i capi esposti con altri 229


estratti dal deposito. La Galleria del Costume è un

museo atipico e dinamico, che rinnova ogni volta il suo allestimento grazie al continuo incremento del proprio patrimonio, con donazioni da parte di privati e istituzioni e acquisti dello Stato. Al fine di mantenere l’integrità delle stoffe costituenti i capi, i pezzi vengono alternati ogni 2 anni e per ogni ciclo espositivo vengono indicate in modo scrupoloso le origini e le provenienze. Nelle Sale occupate dalla Galleria i costumi sono esposti all’interno di vetrine appositamente climatizzate dove rimangono per un periodo di due anni, al termine del quale vengono sostituiti da altri esemplari. Le rotazioni dei costumi sono determinate da esigenze di conservazione: evitano infatti che gli abiti vengano sottoposti allo stress di una permanenza troppo prolungata su manichino e ad una eccessiva esposizione ai raggi di luce. Le selezioni sono corredate di cataloghi dove, oltre a saggi inerenti la storia della moda e la conservazione dei manufatti tessili, vengono presentati i singoli capi mediante schede storico-artistiche che includono anche notizie relative alla provenienza e all’acquisizione87. In occasione dei trent’anni trascorsi dalla fondazione della Galleria del Costume di Palazzo Pitti il 12 novembre 2013 è stata inaugurata una mostra che 230


include il totale riallestimento del museo ed è dedicata a “Donne protagoniste nel Novecento”. donne che hanno fatto e seguito la moda diventandone colte interpreti, andando ben oltre il messaggio degli stilisti, ricorrendo ad uno stile del tutto personale e spesso fuori dagli schemi, che le ha rese “Donne Protagoniste”. Come precisa la direttrice della Galleria, Caterina Chiarelli, ogni sala è dedicata al guardaroba di una donna che è stata (o è tuttora) protagonista in una determinata specificità ed i cui tratti distintivi della personalità emergono dallo stile dai capi che indossa, crea o colleziona. Il percorso espositivo, il cui progetto d’allestimento e direzione dei lavori si devono all’architetto Mauro Linari, si snoda attraverso le sale della Galleria, iniziando con i preziosi capi realizzati da Rosa Genoni, donna socialmente impegnata e promotrice della moda made in Italy, seguita dalle splendide tuniche realizzate da Mariano Fortuny (1871-1949) per Eleonora Duse e i leggendari abiti di donna Franca Florio88. La prima sala è dedicata a Rosa Angela Caterina Genoni (1867-1954), attivista a cavallo tra Ottocento e Novecento, impegnata sul fronte delle rivendicazioni 231


contro lo sfruttamento del lavoro femminile, nonché abilissima sarta considerata “l’ideatrice della moda italiana”.

“Donne protagoniste nel Novecento” – Rosa Genoni mantello Pisanello – Galleria del Costume Firenze

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La seconda sala celebra il mito dell’attrice Eleonora Duse (1858-1924), introdotta alla moda del pittore Mariano Fortuny.

“Donne protagoniste nel Novecento” – Eleonora Duse, abiti Mariano Fortuny – Galleria del Costume Firenze.

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Due sontuosi abiti esposti nella terza sala proiettano il visitatore nei salotti in cui presenziava Donna Franca Florio (1873-1950), protagonista della scena internazionale al tempo della Belle Époque. Nobile aristocratica palermitana dall’eleganza sopraffina, nel 1893 sposa Ignazio Florio (1838-1891), esponente di una delle famiglie più ricche del paese, proprietari di flotte, industrie, miniere e aziende di commercio; da allora la vita si trasforma in un’infinità di apparizioni mondane, in cui la sua presenza è sempre notata e commentata nelle cronache del tempo.

Abito di velluto nero con scollo a V lavorato ad intaglio appartenuto a Donna Franca Florio. 234


La quarta sala è dedicata ad Anna Piaggi (1931-2012); concettuale giornalista di moda delle Doppie Pagine di Vogue Italia. Essa si è sempre contraddistinta per il suo personale modo di interpretare la moda collezionando, ma soprattutto indossando capi haute couture mixati con divise da lavoro o oggetti della più svariata natura trasformati all’occorrenza in accessori/divertissement.

Collezione Anna Piaggi – manto Paul Poiret(1911-1915) e abito Schiaparelli (1936-1937)

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L’allestimento della quinta sala è stato reso possibile grazie alla donazione di abiti di Alessandro Quasimodo, figlio del poeta Salvatore Quasimodo (1901-1968) e Maria Cumani (1908-1995), attrice, poetessa e scrittrice.

“Donne protagoniste nel Novecento”– costumi di scena appertenuti a Maria Cumani

La sesta sala è dedicata ad Antonella Cannavò Florio, talentuosa pianista e moglie del conte Emilio Florio. si tratta di abiti provenienti dall’atelier di Emilio Schuberth 236


(1904-1972), famoso couturier romano che rileggeva i temi dell’abbigliamento romantico ottocentesco con i nuovi materiali del boom economico.

Antonella Cannavò Florio – Abiti Emilio Schuberth

La settima sala è dedicata agli abiti donati dalla cantante italiana Patty Pravo(1948) che sembra immortalata mentre scende la sinuosa scalinata luminosa del Festival di Sanremo 84 indossando l’abito in oroton di Gianni 237


Versace(1946-1997). L ’allestimento di questa sala ad opera dell’architetto Mauro Linari, vale l’intera visita alla galleria non solo per gli amanti della cantante, ma per tutti quei curatori e set-designer che cercano un esempio positivo di come gli abiti possano prendere vita in una mostra di moda e costume, qualora non sia obbligatoria un’esposizione all’interno di teche protettive.

Sala Patty Pravo

L’ottava sala è infatti dedicata a Susan Nevelson (1946), modella, pittrice, designer nonché invisibile alter-ego dell’amico stilista Ken Scott (1970), che sin dal lancio 238


dell’eponimo brand (1962) la lega a sé con un contratto di esclusività per i suoi disegni pieni di vitalità e brio.

“Donne protagoniste nel Novecento” – Susan Nevelson del Costume Firenze

for Ken Scott – Galleria

Nella nona sala invece si trovano le creazioni di Lietta Cavalli, figura atipica nel campo della moda, che dopo aver ereditato la sartoria della madre negli anni 60, decide di buttarsi nella maglieria con il brand Mali, creando capi unici che non seguono le tendenze del momento e vengono riconosciuti sin da subito come 239


oggetti d’arte.

Abiti di Lietta Cavalli

Le due sale successive sono dedicate a Cecilia Matteucci Lavarini, una delle collezioniste di moda più importanti d’Italia, sempre presente nei front row delle sfilate, alle aste (di arte o di moda), vernici di mostre, biennali, prime teatrali e concerti in tutto il mondo. L’allestimento delle due salette è destinato a diventare una meta fondamentale per tutti i veri cultori della moda grazie al particolare styling curato interamente dalla stessa Cecilia Matteucci Lavarini, in cui ogni singolo 240


accessorio, gioiello, oggetto, libro esposto manifesta la sua eclettica ed ineguagliabile personalitĂ .

Cecilia Matteucci Lavarini – Chanel SS1994

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Cecilia Matteucci Lavarini – abito YSL 1987-1990; Prada FW2007

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La dodicesima sala è dedicata alla figura di Anna Rontani, scrittrice e giornalista tra gli anni 50 e 70

“Donne protagoniste nel Novecento” – Anna Rontani room – Galleria del Costume Firenze

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Anna Rontani; Elda Pavan (1915-1998) cocktail blouse 1968-70; Renato Balestra (1924) cocktail ensemble 1965

La selezione di abiti si conclude con le sale dedicate agli abiti da sposa, gli abiti candidi disegnati per il fatidico momento in cui la donna diventa protagonista per un giorno. Sartorie locali e nomi di grandi griffe internazionali si alternano in un excursus che ripercorre la storia degli abiti da sposa nel Novecento, dagli anni 10 sino agli anni 80 con un modello di Oleg Cassini89.

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III.4.2. Museo Galliéra di Parigi

Il Museo Galliéra, conosciuto anche come Musée de la Mode de la Ville de Paris, nato nel 1977 si trova all’interno di un raffinato palazzo neorinascimentale del diciannovesimo secolo. L’edificio fu commissionato per ospitare la collezione privata di Marie BrignoleSale (1911-1988), duchessa di Galliera. Completato nel 245


1894 e già defunta la duchessa, l’edificio fu donato alla città di Parigi e trasformato in un museo della moda. Nel museo, dedicato alla moda, sono allestite esposizioni, esclusivamente a carattere temporaneo, riguardanti la storia e l’evoluzione del costume dal XVIII secolo fino ai giorni nostri. Inoltre, le mostre sono in continua evoluzione grazie alle donazioni delle più importanti case di moda, come Yves St-Laurent (1936-2008) e Dior (1905-1957), e di celebri personalità. Il museo è stato di recente interessato da importanti lavori di ristrutturazione ed è stato riaperto alla fine dell’autunno 201390. Parigi ha aperto uno spazio nuovo dedicato alla moda e al design , in un’area, affacciata sul fiume, che da portuale-industriale, si è trasformata in isola delle idee. Qui sono state inaugurate ad aprile due mostre, una dedicata al genio di Cristòbal Balenciaga (18951972) e l’altra all’immaginario ben oltre la moda di Rei Kawakubo (1942), stilista di Comme des Garçons. Il titolo di quest’ultima è “White Drama” e presenta, dentro enormi sfere trasparenti, le creazioni proposte dal marchio per la primavera/estate 2012. Una serie di capolavori magistralmente studiati e composti secondo regole singolari, distanti da un discorso teso 246


al commerciale e all’indossabilità , ma pure opere che raccontano la poetica Kawakubo. Tutta in bianco, la collezione scandisce diverse età e momenti della vita umana standard, la nascita, il matrimonio e la morte, espressi in sublimi provocazioni di seta, nylon, raso e cotone.

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Comme des Garcons “White Drama” Exhibition S-S 2012, allestimento di Rei Kawakubo, Musée Galliera, Parigi

Usciti dalla mostra su Comme des Garçons, alla porta accanto troviamo quella dedicata a Cristóbal Balenciaga. Lo scopo di Cristóbal Balenciaga, “Collectionneur de Mode” è rivelare o far riscoprire la sua passione per la storia e per i telai. Il couturier scoprì la propria vocazione molto presto, ancora seduto in braccio alla madre. In mostra troviamo abiti, boleri e molte altre 249


creazioni couture firmate da Cristobal Balenciaga tra il 1937 e il 1968, accanto a schizzi e campioni di tessuto provenienti dall’archivio di famiglia o donati al Musée Galliera. Visitare la mostra è come entrare nella camera privata del collezionista. I costumi tradizionali del folklore spagnolo sono rappresentati da composizioni religiose e capi in pizzo nero. I ricami eccezionali parlano di una raffinatezza d’altri tempi, evocando nel visitatore un senso di nostalgia91. .

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Esposizione di abiti nella mostra Cristobal Balenciaga “Collectionneur de Mode”, Musée Galliera

III.4.3. Il Kyoto Costume Institute

Il kyoto Costume Institute è stato fondato nel 1978, in seguito alla prima grande esposizione di moda realizzata in Giappone. L’esposizione proveniva dal Metropolitan Museum of Art di New York e portava il titolo di “Inventive Clothes, 1909-1939”. Fin dalla sua fondazione, il KCI si è reso promotore di un gran numero di esposizioni internazionali finalizzate a promuovere lo studio della storia della moda occidentale. Sia le 252


esposizioni sia i relativi cataloghi organizzati dal KCI hanno incontrato grande apprezzamento da parte del pubblico di tutto il mondo e dei più importanti creatori di moda perché, se da un lato sono realizzate seguendo criteri rigorosamente scientifici, dall’altro mirano a mettere in luce l’attualità dei singoli pezzi. In altre parole, gli abiti non sono esposti come oggetti di valore storico, ma come espressioni essenziali e vitali della moda e le mostre mirano a sottolineare l’eleganza e il fascino che i singoli abiti avevano al loro tempo, come se si fossero improvvisamente “risvegliati” da un lungo sonno. Nel 1978, ottenuta l’approvazione del Ministero della Cultura giapponese, Koichi Tsukamoto ha fondato quello che oggi è il Kyoto Costume Institute. Scopo del KCI è l’indagine sulla natura e l’essenza dell’abbigliamento; suo obbiettivo è inoltre la promozione di un metodo di studio che consenta di prevedere le tendenze principali della moda e del futuro. Alla base di questi obbiettivi c’è la consapevolezza che l’abbigliamento è espressione di una percezione elementare e fondamentale dell’essere umano e che tale espressione è sottoposta a profondi cambiamenti nel corso del tempo. Oggi il suo patrimonio comprende più di diecimila singoli capi e di ventimila documenti su vari supporti. Il fondo è costituito per lo più da abiti, sottovesti, biancheria intima e accessori 253


della moda occidentale. Per proteggere gli esemplari dai danni del tempo e di altri fattori, la temperatura e l’umidità dell’aria sono rigorosamente controllate da macchinari speciali. Sono l’elevato livello qualitativo e la varietà delle collezioni a garantire il successo delle esposizioni promosse dal KCI; il quale non ha predisposto grandi spazi espositivi propri, ma ha organizzato straordinarie mostre, tenute con regolarità ogni quattro o cinque anni, spesso in collaborazione con il Museum of Modern Art di Kyoto. La prima grande esposizione promossa dal KCT dal titolo “The Evolution of Fashion 1835-1895” si è tenuta nel 1980 al Museum of Modern Art di Kyoto. Questa e le successive esposizioni miravano a introdurre il visitatore nella storia della moda occidentale e a rivelare l’universale valore culturale di un patrimonio che, attraverso la bellezza, si rivolge direttamente ai nostri sensi. Alcune delle mostre del KCI, come “Revolution in Fashion 1715-1815”, “Japonism in Fashion” e “Vision of the Body” sono state ospitate anche a Parigi e a New York, dove, assieme ai relativi cataloghi, hanno riscosso un grande successo. Un’esposizione di abiti richiede un allestimento ben diverso rispetto a una mostra di quadri o sculture. La maggior parte dei musei riconosce oggi 254


che il manichino gioca un ruolo essenziale, ma poichè la moda nel corso del tempo non ha prodotto soltanto dei profondi cambiamenti nel modo di abbigliarsi, ma anche delle significative trasformazioni della figura femminile, il KCI si è posto di volta in volta il problema di stabilire che genere di manichino fosse più adatto alla singola esposizione92.

“The Evolution of Fashion 1835-1895”, The National Museum of Modern Art di Kyoto

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“Revolution in Fashion 1715-1815”, The National Museum of Modern Art Ky

“Japonism in Fashion”, The National Museum of Modern Art Kyoto 256


“Vision of the Body”, The National Museum of Modern Art Kyoto

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APPARATI Note 1 Maurolico 1849, citato in Notizie Storiche Etnografiche su Piraino, tresoldi , 2000, p. 21. 2 Ivi: p. 4. 3 tresoldi 2000, pag. 21. 4 prose Francine 2004, pag. 9. 5 caccetta, pp. 38-42. 6 tresoldi 2000, pag. 23. 7 merenda 2006, pp. 24-25. 8 giunta 2000, pag. 283. 9 princiotta 2005, pp. 234-238. 10 tresoldi 2000, pag. 125. 11 Incaricati nell’esecuzione degli ordini del comune. (Dizionario Garzanti, XX edizione, 1981, alla voce “giurato”, p.763) 12 Alto ufficiale bizantino, governatore di province. (Dizionario Garzanti, XX edizione, 1981, alla voce “catapano”, p.325) 13 Giudice del Regno delle Due Sicilie che risolveva le normali questioni dei cittadini in campo civile e in campo penale. (Dizionario Garzanti, XX edizione, 1981, alla voce “baiulo” pp. 188-189) 14 denti 1992, pag. 18. 15 La Marchesa, morì a Firenze durante la seconda guerra mondiale; tutti i suoi beni, furono da lei impiegati per opere di bene. All’ingresso dell’asilo è posta una lapide di marmo che recita: “IN QUESTA TERRA OVE OPERE E RICORDI PARLANO DI SUA STIRPE, MARIANNA DENTI DI PIRAINO CON GESTO AL259


TAMENTE MUNIFICO, QUESTO ASILO VOLLE DONARE AI BIMBI DI PIRAINO PERCHE’ QUI SERENA SORRIDA LORO L’INFANZIA E IN LETIZIA SI APPRESTINO A DIVENTARE I DEGNI ITALIANI DI DOMANI. 11-06-1933. 16 tresoldi 2000, pag. 161. 17 mancuso 2002, pag. 38. 18 merenda 2006, pag. 101. 19 Strumento che permette di filare a mano. Arnese di legno panciuto al centro e assottigliato all’estremità, su cui, nella filatura, è avvolto il filato. ((Dizionario Garzanti, XX edizione, 1981, alla voce “fuso” p.728) 20 La quantità di lana, lino, canapa, avvolta sulla rocca; rocca per filare. Bastone a cui veniva legato l’ammasso di fibre da filare. (Dizionario Garzanti, XX edizione, 1981, alla voce “conocchia” p.427) 21 merenda 2006, pag. 37. 22 Chi era a capo del comune medievale. Ttolare della più alta carica civile del governo delle città dell’Italia centro-settentrionale durante il Medioevo. (Dizionario Garzanti, XX edizione, 1981, alla voce “podestà”,p.1284) 23 mancuso 2002, pag. 46. 24 merenda 2006, pag. 99. 25 ivi, pp. 102-103. 26 caccetta 1999, pag. 23. 27 merenda 2006, pp. 108-109. 28 Il museo etno-antropologico del comune di Piraino è stato inaugurato nel 1999 da sua Ecc. Mons. Ignazio Zambito, vescovo di 260


Patti. Il museo propone etno-reperti, fondamentalmente espressivi della tradizione contadina e delle attività artigianali e commerciali molto importanti nell’economia locale. 29 stancampiano 2008, pp. 36-40. 30 princiotta 2011, pp. 27-29. 31 Christian Dior (1905-1957): stilista e imprenditore francese, dapprima fu socio di una galleria d’arte, e attorno al 1935-38, iniziò una carriera nella moda dopo che l’azienda del padre era fallita nella crisi del ’29, per giungere a vendere disegni alle modisterie e ad essere notato dagli atelier parigini. La guerra lo costrinse a fermarsi tra il 1939 e il ’41, ma il grande successo giunge alla fine della seconda guerra, con la collezione del ’47. La sua idea vincente fu nell’aver scelto come ispirazione le epoche più “francesi” della storia francese: il Settecento e la Belle Epoque, con volumi accentuati e il desiderio di un rinnovato benessere dopo la guerra, rappresentata dal lusso e dalla ricerca estetica nell’abbigliamento. (Piccolo Paci 2004, pag. 196). 32 piccolo paci, vol.3, 2004, pag. 181. 33 levi pisetzky 2002, pag. 360. 34 Cristobal Balenciaga (1985-1972): stilista spagnolo, dal 1937 iniziò a lavorare a Parigi. Considerato per vent’anni l’irraggiungibile, vero artista umano e semplice il quale possedeva un dono artistico. Nell’atelier di Balenciaga durante le sfilate, c’era l’atmosfera di un convento severissimo: non si poteva né parlare né tossire e né si poteva lasciare la sala prima della fine della collezione. Leggi che valevano anche per le modelle che non dovevano avere la minima espressione durante le sfilate. Balenciaga, artista che univa raffinatezza parigina e la classicità spagnola, eccezionale sarto appassionato del mestiere, è stato uno dei più singolari personaggi della moda nel ‘900. (Vegani 2004, pp. 76-77). 35 the kyoto costume institute, 2012, pag. 159.

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36 Schizzi eseguiti da un disegnatore, talvolta anche giornalista, direttamente alle sfilate francesi, per essere portati in Italia al fine di imitarne le linee principali. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 183). 37 Giovanni Battista Giorgini (1899-1971), è stato il padre della moda italiana, lo stratega di quella prima sfilata fiorentina, il 12 febbraio del 1951, che costituisce l’atto di nascita dello stile italiano della moda, di uno stile autonomo rispetto alla secolare sudditanza nei confronti di Parigi. La conoscenza del mercato americano gli venne dal quasi trentennale lavoro per i grandi magazzini statunitensi: ricerca e scoperta di alto e conveniente artigianato italiano. Segugio del bello, del raffinato e buyer, compratore su commissione: questo era il suo mestiere. Ripetuti viaggi in America e la sua acuta capacità di osservazione lo resero attento alle evoluzioni del mercato dell’artigianato. Sapeva capire quali sarebbero stati i prodotti vincenti, era in grado, tornato in Italia, di indirizzare gli artigiani con cui era in contatto perché migliorassero o adattassero la loro produzione alle esigenze dei clienti d’oltreoceano. (Vegani 2004, pp. 507-508). 38 Le Sorelle Fontana, sarte italiane, Zoe (1911-1979), Micol (1913) e Giovanna (1915-2004), si fecero strada a Roma dai primi anni Quaranta, caratterizzandosi fin da subito per l’alta qualità tecnica e sartoriale delle loro creazioni, per le rifiniture e le decorazioni. Nel 1943 si misero in proprio, aprendo una sartoria, e iniziarono a vestire i più bei nomi dell’aristocrazia romana. Nel ’51 parteciparono con successo alla prima sfilata fiorentina organizzata da Giorgini. Nel 1958 esportarono i loro modelli in America, chiamate dalla Casa Bianca a rappresentare l’Alta Moda Italiana e, per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta, vestirono molte star del cinema come Grace Kelly, Audrey Hepburn, Marilyn Monroe. Le creazioni di alta moda delle sorelle Fontana, oltre che per l’alta sartorialità, si distinguevano per le linee romantiche e ottocentesche impreziosite da ricami e applicazioni di strass, perle e merletti. Nel ’60, su richiesta dei compratori statunitensi, inaugurarono una linea di prêt-à-porter, a cui aggiunsero poi linee di pelletteria, ombrelli, foulard, bigiotteria e biancheria da bagno. Oltre all’America, le Sorelle Fontana sono state tra le prime designers, tra gli anni Sessanta 262


e Settanta, a interessarsi all’Oriente. Nel ’92 l’azienda e il marchio Sorelle Fontana cedettero a un gruppo finanziario italiano. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 197; Vegani 2004, pp. 1116-1118). 39 Il marchese Emilio Pucci (1914-1992): stilista italiano, inventò un vero e proprio stile, distinguendosi per i suoi tessuti stampati dalle fantasie stilizzate e geometriche e per le tinte mai prima abbinate con tanta azzardata libertà. Fin da subito nel suo stile privilegiò il colore con i suoi rossi brillanti, i blu profondi, il verde intenso e il rosa e con l’utilizzo di materiali dalla mano morbida ed elastica come il jersey, la seta e la lycra. Il suo approccio alla moda avvenne in modo casuale nel 1947 sulle navi di Zermatt, dove era solito allenarsi con la squadra olimpionica di cui faceva parte. Il successo fu immediato, nel ’48 venne pubblicata la sua prima collezione sportiva; il successo fu tale che, nel ’50, decise di aprire una boutique. Nel ’54 vinse l’Oscar della Moda dalla Neimar Marcus come migliore creatore dell’anno. Celebri furono la sua collezione Siciliana del ’56 e quella dedicata a Botticelli del ’59. Nel ’62 propose la prima collezione di alta moda, distinta dalla preziosità dei materiali; infine nel ’68 decise di lanciarsi anche nella moda maschile. Dagli anni ’80 lo affiancò nell’attività la figlia, che, dalla scomparsa del padre, dirige l’azienda. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 198; Vegani 2004, pp. 986-988). 40 Jolanda Veneziani (1901-1988), è stata una stilista e pellicciaia italiana. Alla morte del padre divenne amministratrice in una grande ditta francese di pelli per pellicceria e subito scoprì la sua vera passione. A Milano aprì il suo primo atelier; le sue pellicce furono richieste dalle grandi sartorie per accompagnare i loro modelli nelle sfilate. Da questo primo contratto con l’alta moda aprì un altro atelier, dove la moda d’ora in poi la creò lei. Nel 1952 le viene conferito il Giglio d’oro della Moda, il simbolo della città di Firenze, come riconoscimento a chi contribuiva all’affermazione della Moda italiana nel mondo. Fu la regina delle manifestazioni di Francoforte, il più importante mercato internazionale della pellicceria. (Vegani 2004, pp. 1220-1223). 41 Gabrielle Chanel (1883-1971), nota con il soprannome di Coco, 263


è stata una celebre sarta e stilista francese. Le si devono alcune fra le più importanti innovazioni della moda del XX secolo. Donna ambiziosa e determinata con alle spalle un’infanzia povera e infelice, ha rappresentato con la sua personalità il nuovo modello femminile del ‘900, dedito al lavoro e a una vita sportiva. Attraverso le sue creazioni, Chanel ha trasformato totalmente l’eleganza femminile, ora basata sulla semplicità e sul comfort. L’inserimento della maglia nel panorama dell’alta moda, lavorata a mano e poi confezionata industrialmente, fu una delle novità più sensazionali proposti dalla stilista francese. Nel 1908 iniziò la sua carriera disegnando cappelli, il suo decollo definitivo nella moda avvenne nel 1920 a Parigi. Alla metà degli anni ’20 introdusse il pepit noir, emblema del decennio, abito nero con i polsini bianchi. La forza di Chanel è stata quella di aver saputo interpretare la voglia di rinnovamento del suo tempo; la combinazione di capi maschili mescolati con elementi dell’abbigliamento femminile diventò sinonimo del suo stile, come il tailleur costituito da giacca maschile e gonna dritta o i pantaloni appartenuti fino a quel momento all’uomo. L’ideale che proponeva era quello di una donna indipendente e anticonvenzionale, giovane e sportiva, e molte sono state le donne che hanno trovato in lei una fonte d’ispirazione. Chanel stabilì fin dall’inizio prezzi molto alti alle sue creazioni, scegliendo come target il mondo dell’alta borghesia; fu una delle prime donne ad abbronzarsi, già nel secondo decennio del Novecento, quando l’abbronzatura identificava ancora le contadine e le signore avevano estrema cura della propria pelle candida. Dal 1924, Chanel impose sopra i suoi abiti gioielli vistosi e bigiotterie in perle, accessori indispensabili dell’abbigliamento. Nel 1930 nacque la celebre borsetta trapuntata con tracolla a catena, copiata da generazioni di produttori e le scarpe bicolori, dalla punta scura che slanciano la gamba. Tra le due guerre (dopo una prima chiusura dell’atelier a causa della Grande Guerra), Chanel si fa riconoscere per i suoi abiti in jersey dritti e semplici, i suoi pantaloni ampi, gli abitini stretti e neri, la libertà e il comfort dei suoi completi e le sue linee di cosmetici e profumi. Nel 1949 chiude l’atelier per la seconda volta, ma la riapre nel 1954. Nel ’57 Neimar Marcus le conferì l’Oscar della moda. Alla scomparsa di Chanel, nel ’71, la maison venne mandata avanti dai suoi assistenti e collaboratori. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pp. 146-147; 264


Vegani 2004, pp. 241-245). 42 La definizione di prêt-à-porter è stata introdotta in Francia alla fine degli anni ’40 come traduzione eufonica dell’inglese “ready to wear” per indicare un nuovo modo di intendere la confezione in serie di abbigliamento femminile realizzata con procedimenti manifatturieri-industriali. Il termine anglosassone, però, comprendeva un ambito molto più vasto, con tradizioni antiche e criteri produttivi e commerciali diversi a seconda dei periodi e delle situazioni. Nel tentativo di delimitarne il campo tematico, Janet Arnold ha precisato che ready to wear indica “indumenti e accessori realizzati per il mercato generale, senza compratori assicurati, che comporta alcuni rischi commerciali per chi fa e vende prodotti”. In questo modo ha escluso la confezione su commissione di linee, divise e uniformi militari, che peraltro ha avuto notevoli influssi, in particolare nel XIV secolo, sullo sviluppo di tecniche sartoriali e di sistemi di serializzazioni dell’abbigliamento maschile. (Treccani 2005, pag.181). 43 piccolo paci, vol.3, 2004, pp. 178-188. 44 ivi, 2004, pp. 204-206 45 Rudi Gernreich (1922-1985): stilista statunitense, ha percorso i tempi del nude-look, presentando nel 1964 il costume da bagno topless, il quale fece scandalo, ma pochi anni dopo, tutte le spiagge del mondo occidentale, fra divieti dei pretori e multe, lo adottarono. E’ anche noto per una serie di arditi modelli di reggipetto tesi a sublimare il seno e che abiti che, in maglia e in tessuto stretch, aderiscono al corpo, esaltandolo senza inguainarlo. Era approdato nel ’51 alla moda dal mondo del balletto nel quale aveva lavorato danzando e disegnando costumi, mestiere che gli era più consono per l’esperienza maturata come allievo della Los Angeles Art School negli anni ’40. (Vegani 2004, pag. 106) 46 the kyoto costume institute, 2012, pag. 160. 47 Pierre Cardin (1922): stilista francese, inizialmente è stato assunto da Dior come tagliatore. E’ stato il primo a portare in pas265


serella la minigonna; i suoi astronauti, copiati in seguito da tutti i magazzini, decollarono prima che l’uomo andasse sulla luna. Precursore di tendenze e di forme, ha sempre avuto antenne vigili sui cambiamenti della società e del costume. Personaggio fuori dal comune, si è sempre distinto per il suo sperimentalismo: nel ’66 propose una gonna con spacco strettissima che fece scalpore, nel ’68 calzamaglie assieme a minigonne e caschi di plexiglass d’ispirazione spaziale, per proporre poi collezioni sempre nuove e sempre originali. Nel 1950 aprì la sua maison e nel 2004 la linea firmata Cardin contava oltre duecento boutiques in Italia e una cinquantina circa all’estero. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 217; Vegani 2004, pp. 207-2011). 48 Paco Rabanne (1934): stilista francese, è stato il primo stilista a far sfilare modelle di colore nel ’64. I suoi abiti presentavano sempre un aggancio con il futuro, sia nella ricerca di materiali metallici sempre più leggeri e innovativi, sia negli abbinamenti con materiali morbidi e tradizionali come il pizzo. La pop art, un certo tipo di musica, le sculture di neon o il fil di ferro, il design di plastica cominciarono a influenzarlo. Si mantenne agli studi realizzando accessori per gli atelier più importanti: entrò così nel mondo della moda. Col passare degli anni e dei progressi tecnologici, le lamiere tagliate e assemblate un tempo rigide e pesanti, acquistarono elasticità e leggerezza: nacque così il jersey di alluminio, che al tatto sembrava proprio tessuto. Lo stilista è stato l’istigatore di un concetto di abbigliamento inserito nella corrente artistica, tecnica e sociologica di un’epoca; un’epoca dove lui ha voluto creare nel presente ispirandosi al futuro. Nel ’86 la maison è stata rilevata dal Gruppo spagnolo Pvig. Nel ’99 durante la settimana della moda di Parigi annunciò il suo ritiro. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 219; Vegani 2004, pp. 995-996). 49 Yves Saint Laurent (1936-2008): stilista francese, è stato uno degli stilisti di maggiore impatto sull’evoluzione della moda e del costume del XX secolo. Il suo stile si distinse per la sicurezza del taglio sartoriale e per le linee morbide ma essenziali, che evidenziano la sua totale indipendenza nel panorama della moda francese e la sua marcata individualità. Nel ’62 aprì ufficialmente il suo 266


atelier; il successo fu immediato. I suoi modelli furono acquistati dall’alta borghesia francese e i suoi tailleurs dal taglio impeccabile, furono ritenuti gli unici veri concorrenti dello stile Chanel. Le sue collezioni successive testimoniarono la sua passione per il mondo della cultura e del teatro. La geometria delle opere di Mondrian influenzarono nel ’65 una delle collezioni più fortunate, caratterizzata da linee rigorose e abiti dritti in jersey. Nel ’66 lanciò per la sera lo smoking da donna, un semplice insieme nero con giacca dai risvolti in raso e gonna o pantaloni, che divenne un classico nella sua collezione. I suoi riferimenti culturali furono innumerevoli e cambiò il guardaroba delle donne: abiti che oggi si considerano quotidiani, come i pantaloni aderenti, i vestiti a trapezio, le giacche di pelle nera, furono tutti presentati e interpretati dallo stilista. La creatività di Yves Saint Laurent pare non avere confini: ricerca di nuove forme decorative negli anni ’60, studio dei tagli e delle proporzioni negli anni ’70, sontuosità degli anni ’80. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 219; Vegani 2004, pp.1048-1051). 50 Movimento giovanile britannico e moda conseguente. A partire dal ’54 lo stile snob dei quartieri alla moda londinesi venne adottato con intento provocatorio e caricaturale e rielaborato in versione economica dai giovani proletari dei sobborghi londinesi, i cosiddetti Teddy Boys, membri della classe lavoratrice che dopo la guerra si aspettavano una società più egualitaria. I Ted vennero accusati di ogni sorta di crimini, dagli attacchi razzisti ai furti. Portavano giacche redingote, colletti rialzati, pantaloni a tubo aderenti e scarpe grosse. I capelli erano lunghi pettinati a ciuffo. Il movimento sparì alla fine degli anni ’50. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 207; Vegani 2004, pag. 1158). 51 Tribù giovanile degli anni ’50 associabile a uno stile di vita, più che a un movimento di moda. Si diffuse a Londra nel ’55. Le origini di questo movimento proletario, antesignano della contestazione giovanile, si ricollegavano alla California del dopoguerra. Amanti del rock’n roll, l’abbigliamento tipico di queste bande rappresentavano una sfida: il giubbotto di pelle nera borchiato, gli stivali sporchi, i jeans macchiati, i capelli ribelli e il fazzoletto al collo da alzare sul viso. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 207; Vegani 2004, 267


pp.1026-1027). 52 Movimento giovanile nato in Inghilterra alla fine degli anni ’50 contrapposti ai Rockers, i Mods vestivano in abiti informali di nuova tendenza, spesso scuri con i capelli a caschetto spesso con la discriminatura dei capelli in mezzo e i modi “perbenino”; le ragazze usavano gonne lunghe sotto il ginocchio, pochissimo trucco, calzettoni e scarpe senza tacco; mentre i ragazzi usavano stivaletti col tacco, giacche in velluto e camicie rosa a quadretti. Movimento disposto a muoversi fra le pieghe del sistema desiderosi di successo sociale. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 207; Vegani 2004, pag. 834). 53 E’ stato uno fra i più importanti movimenti del XX secolo. Ha toccato non solo il mondo della moda, ma anche quello della cultura, della musica e dell’arte. L’anno di nascita del movimento Hippy può essere individuato tra il 1966 e il ’67 a San Francisco. Nel quartiere bohèmien d’Haight Ashbury, nacque il primo nucleo dei Figli dei Fiori, i cosiddetti rappresentanti del popolo Hippy. Il fiore fu scelto come simbolo di libertà e innocenza, mentre l’espressione Hippy derivava ha “hip”, ovvero “libero”, “nel vento”. Sul finire degli anni ’60, il movimento si politicizzò: negli Stati Uniti si collegava al movimento di contestazione contro la guerra del Vietnam; mentre in Francia nel ’68 animò i moti studenteschi. Gli Hippies sognavano un mondo di pace e amore, vestendo in modo creativo, etnico, ed ispirato alla natura, con capelli lunghi, jeans, tuniche, sandali, gonne e pantaloni a vita bassa. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 207; Vegani 2004, pp. 574-575). 54 piccolo paci, vol.3, 2004, pag. 209. 55 levi pisetzky 2002, pp. 361-362. 56 Mary Quant (1934): stilista inglese, nel 1955 aprì la sua prima boutique e poco dopo iniziò a disegnare e produrre abiti in proprio, diventando subito famosa per la sua moda giovane e a buon mercato. Negli anni ’60 si collocò il momento di più grande successo, con il lancio della minigonna e le molteplici proposte dai prezzi accessibili destinate al pubblico giovane. Offriva alle adolescenti, 268


in quel momento già ribelli al costume e al guardaroba delle madri, la possibilità di vestirsi in modo audace e rivoluzionario rispetto al perbenismo formale della generazione che le precedeva. I suoi abiti erano un’esplosione di colore con collant fantasia; inoltre adottò anche nuovi materiali come il Pvc per una linea da pioggia. Nel ’66 fondò la sua industria cosmetica, il suo logo è una margherita, adatta al momento storico particolare e, ispirato a una nuova interpretazione dell’adolescenza, come età innocente, e alla nuova attenzione per la natura come emblema di semplicità e vitalità positiva. (Vegani 2004, pag. 993). 57 Tessuto in cui i fili di trama e ordito di colori diversi formano una specie di scacchiera. Il nome si riferisce all’effetto ottenuto, simile alle impronte delle zampe del pollo. In lana cardata o pettinata, usato per abiti da uomo e da donna, sportivi o country. All’inizio solo bianco e nero, poi anche nelle tonalità del grigio, del marrone e del blu. (Vegani 2004, pp. 947-948). 58 piccolo paci, vol.3, 2004, pp. 204- 220. 59 Giorgio Armani (1934): stilista italiano, il suo impero non premiò soltanto la creatività e la fantasia; il suo successo riconobbe un’invenzione che ha captato desideri e ridisegnato in modo geniale un archetipo del vestiario. Armani è stato tutt’uno con il successo della famosa giacca, che liberò l’uomo dall’antica corazza dell’abito borghese e diede sicurezza alla donna con la sua apparenza mascolina. Negli anni ’60 trovò lavoro alla Rinascente, allora vero crogiolo dell’inventiva di architetti e designer. Nel ’74 firmò la sua prima collezione maschile e nel ’75 la prima collezione femminile. La donna Armani era attraente e mascolina, libera di muoversi in disinvolti completi giacca-pantalone, giacche dalla linea essenziale abbinate a gonne a pieghe, fino ad arrivare ai costumi da bagno. Fu un tale trionfo che nel 1976, assieme a Sergio Galeotti, fondò la Giorgio Armani S.p.A., e si specializzò nella moda prêt-à-porter, sia per uomo che per donna. Precocissimo rispetto al diffondersi delle seconde linee, nacque l’Emporio Armani; il quale segnò per i ragazzi un nuovo modo di vestire e di essere. Nel’85 ha riscosso un successo straordinario con la sua donna eterea, stilizzata, con le 269


gambe velate da calze chiarissime e tacchi alti. Nel ’90 ancora punto di riferimento la giacca sottile con gonne corte e pantaloni dritti; mentre nel ’92 diventò distintivo della collezione lo smoking. Gli abiti da sera assunsero un’imperiosa eleganza nei colori e nella preziosità del tessuto. Per il 2000 presentò un’immagine forte, lineare, con gonne alla caviglia, giacche corte con grandi maniche. Le sue linee informali, allo stesso tempo pratiche ed eleganti, caratterizzate dalla scelta di tessuti morbidi ma di alta qualità e di ottima vestibilità, gli hanno consentito di affermarsi come uno dei designer più importanti del nostro secolo. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 237; Vegani 2004, pp. 51-57). 60 Movimento giovanile caratterizzato, nell’abbigliamento e nel look complessivo, da un alto tasso di aggressività, dai capelli rasati a zero, dall’uso di giubbotti bomber, con raffigurazioni di teschi, anfibi con punte metalliche, jeans con il risvolto e le bretelle, proclamavano la durezza della loro vita, inizialmente la loro rabbia si sfogava soprattutto negli stadi. Il loro stile era del tutto in contrasto con quello degli Hippies. Il movimento nacque in Inghilterra dalla metà degli anni ’70; la fascia sociale di riferimento era quella del sottoproletariato delle città industriali. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 227; Vegani 2004, pag.1108). 61 Si rivolgevano all’espressione della propria identità personale attraverso la musica, le vesti e le sperimentazioni con i ruoli maschili/femminili. Si deve a loro se l’unisex divenne una realtà. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag.228). 62 Dall’Inghilterra dove nacque, il movimento punk (dall’aggettivo brutto, sporco), contagiò presto i giovani del mondo occidentale. Il loro credo alla fine degli anni ’70 era <<no future>>, non c’è futuro. Tra il 1976 e il 1978 il movimento Punk aveva ormai raggiunto un’ampia diffusione. Partito da quegli strati giovanili dove era forte la disoccupazione, rappresenta un fenomeno apolitico. Le caratteristiche dell’abbigliamento Punk includevano un aspetto aggressivo e, trasgressivo , con T-shirt strappate, collari da cane, spille da balia e lingerie con pizzi e merletti. La filosofia di fondo era privilegiare le fibre sintetiche e portare fino all’estremo l’ideologia del brutto, 270


sporco e lacero a tutti i costi. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 228; Vegani 2004, pp.990-991). 63 Agli inizi degli anni ’70 la cultura Rasta si era diffusa in buona parte dell’America di colore, anche grazie al successo di Bob Marley e della musica reggae. Divennero famosi i berrettoni di maglia colorata, l’uso dei colori nazionali etiopi (verde, giallo oro e rosso) nell’abbigliamento, mentre le donne vestivano con lunghi abiti in stoffe stampate con motivi africani, senza trucco, con acconciature ispirate a quelle africane. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pp. 228-229). 64 E’ un manufatto che consiste nell’unione, tramite cucitura, di diverse parti di tessuto, generalmente ma non esclusivamente di colore, con motivi geometrici o meno. 65 Nanni Strada (1941): stilista italiana, conosciuta sin dagli anni ’60 per le sue ricerche sulla modularità dell’abito, nel ’74 ebbe la grande intuizione: realizzò maglieria a pelle senza cucitura, con speciali macchine per la calzetteria. Una ricerca che, applicata all’abito, nel ’79 le fece vincere il Compasso d’oro, ambitissimo premio per il design, con un vestito senza cuciture. Negli anni ’80 disegnò soprattutto per Oriente e Cina. Nel ’85 inaugurò il Nanni Strada Design Studio a Milano dove lanciò i suoi famosi lorchon, abiti da viaggio plissettati. (Vegani 2004, pag.1135) 66 piccolo paci, vol.3, 2004, pp. 224-236. 67 Stile caratterizzato dall’annullamento dei colori; l’ispirazione proveniva dalla paura. Il look è caratterizzato da velluti neri, pizzi, lacci, pelle nera, corsetti attillati, guanti, calze a rete, scarpe con i tacchi, trucco pesante su un fondotinta innaturalmente bianco, con motivi “vampireschi”, come pipistrelli e ragni. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag.245). 68 Movimento giovanile italiano: un fenomeno di moda e costume che attraversò le cronache italiane dalla metà degli anni ’80. Nati attorno a un centralissimo bar di Milano (Il Panino, appunto, da cui il nome), erano giovani di buona borghesia tra i 15 e i 25 anni, caratterizzati dal modo di vestire e dall’indole festaiola e totalmente 271


disimpegnata. I ragazzi erano soliti raccogliersi vicino ai fast food e alle discoteche per sfoggiare il tipico e immancabile piumino d’oca Monclair, i jeans firmati Armani, le scarpe Timberland e le calze Burlington a grossi rombi colorati. I Paninari sono stati la purissima incarnazione del decennio ’80 in cui era indispensabile apparire. (Piccolo Paci vol.3, 2004, pag. 245; Vegani 2004, pag.919). 69 Stile che trae spunto dalla cultura pop che reagisce alla troppa serietà e voglia di carriera. L’idea è quella di riunirsi e festeggiare lontani da ogni genere di responsabilità, danzando oltre l’alba, magari con l’aiuto di alcolici o di qualche droga e da uno stile di vestire casual e informale, con qualche tocco di stravaganza ispirata a posti esotici e indumenti costosi. (Piccolo Paci vol.3, 2004, pag. 245). 70 Caratterizzato da una serie di codici da applicare per avere successo: si deve frequentare la discoteca in più “in”, la palestra più “trendy”, i ristoranti alla moda e di lusso, con un atteggiamento spregiudicato verso la vita. Si prediligono abiti firmati e accessori di marca, orologi e la macchina sportiva. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 246). 71 Valentino Garavani (1933): stilista italiano, è stato colui che maggiormente ha saputo interpretare la donna nelle sue molteplici sfaccettature. Fin da piccolo manifestò di possedere un’idea dello stile e dell’eleganza; da allora privilegiava il rosso: un colore che più tardi diventerà il suo portafortuna. La velocità nello schizzare figurini gli valse subito l’assunzione da Dessès dove lavorò fino al ’55. E’ infinita la lista delle celebrità che veste; conobbe il successo nel ’62 e dopo di allora si distinguerà sempre per l’eleganza, il lusso e la grazia dei suoi modelli. Oltre all’uso dei colori puri, in particolare bianco, nero e rosso Valentino, lo stilista ama inserire piccoli dettagli che diventano simboli di femminilità, come i fiocchi e i fiori. Nel 2003 lanciò gli orologi Valentino Timeless e la linea giovane Valentino R.e.d. (Piccolo Paci, vol.3, 2004, pag. 220; Vegani 2004, pp.1208-1211). 72 piccolo paci, vol.3, 2004, pp. 242-249. 272


73 Industria tessile, specializzata nella produzione e commercio di tessuti greggi in fibre naturali, artificiali e sintetiche, per l’abbigliamento femminile e sportivo. 74 Catalogo mercerie accessori che producevano forniture per sartorie e mercerie. La ditta possedeva filiali a Cagliari, Genova, Napoli e Palermo. Torino 1937-1938. 75 Intervista a Nino Nespola, Piraino 25-11-2013. 76 http://www.iccd.beniculturali.it/. 77 fiorio, 2011, pp. 1-3. 78 ivi, pp. 189-197. 79 ivi, pp. 169-179. 80 clemente, rossi, 1999, pp. 108-115. 81 fiorio, 2011, pp. 1-3. 82 fundaro’, 1992, pp. 15-22. 83 http://www.abitiantichi.it/conservazione.html. 84 Lucio Fontana, Allestire una mostra temporanea file:///C:/ Users/Amministratore/Downloads/Dossier%20allestire%20 una%20mostra.pdf 85 https://www.uiciechi.it/documentazione/paginetematiche/autonomia/musei.asp; http://www.bibciechi.it/enti/musei.htm. 86 http://cultura.provincia.como.it/cultura/sistemamuseale/allegati/SISACCESS.pdf. 87 http://www.polomuseale.firenze.it/musei/?m=costume 88 http://www.uffizi.firenze.it/it/mostre/mostra. php?t=52711ebdf1c3bce00c000096 273


89 http://thefashioncommentator.com/2013/11/donneprotagoniste-nel-novecento-alla.html?lang=it 90 http://www.parigi.it/it/museo-galliera.php 91 http://www.grazia.it/moda/party-eventi/Parigi-due-mostre-dimoda-da-non-perdere 92 the kyoto costume institute, 2012, pp.12-13.

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