Talenti fuori dai talent

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Cultura e spettacoli

Talenti fuori dai talent Il sogno interrotto di Selene, la rinascita di Michele Bravi, la lezione dei Fask I palchi dei giovani artisti umbri, dai festival indipendenti agli show televisivi Ma vivere di musica è ancora possibile?

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ei troppo perfetta per X Factor»: così Skin (frontwoman della band britannica Skunk Anansie e da quest’anno giudice dell’edizione italiana del talent show musicale) ha spiegato a Selene Capitanucci, cantante perugina di 22 anni, la sua scelta di non farle proseguire il programma. Un rifiuto che pesa, ma che Selene ha voluto prendere come un nuovo inizio. A un mese e mezzo dal “no” e a una settimana da quando tutta Italia l’ha scoperto in tv (le puntate delle selezioni sono registrate), la giovane interprete si è rimboccata le maniche: «Ho ripreso a studiare pianoforte e a scrivere pezzi miei», ci spiega. L’obiettivo è quello di delineare meglio la sua identità artistica. È questo, secondo lei, ad averla penalizzata nelle selezioni: «A livello tecnico ero pronta, ma non avevo un indirizzo preciso». Fa autocritica Selene e riflette anche sulla scelta di tentare il successo con uno show televisivo: «Ripensandoci, l’etichetta di “Selene di X Factor” l’avrei voluta fino a un certo punto: c’è il rischio di venire bruciati». Un concetto che gli Articolo 31 rappando spiegavano così: «La nuova stella del pop che bella che è/Numero uno in Italia anche se/La vecchia stella quella dell’anno scorso/Non mi ricordo

chi è». La loro canzone Nuova stella del pop uscì nel 2003. Allora Amici di Maria de Filippi – il talent più longevo della tv italiana – esercitava una sorta di monopolio sul piccolo schermo. Con gli anni il panorama si è arricchito di tanti altri format a caccia di star: i più famosi oggi – insieme al fortunato programma trasmesso su Canale 5 – sono The Voice of Italy su Rai 2 (in cui, ironia della sorte, giudice fino alla passata edizione era proprio il leader del duo rap J-ax, che pochi giorni fa ha annunciato di non ripresentarsi alla prossima edizione dello show «in cui cantanti che sperano di realizzare dischi di successo giudicano talenti musicali che i dischi di successo non li faranno mai»), e X Factor, in onda su Sky Uno. Da quel palco ha debuttato Michele Bravi, un giovanissimo tifernate che nel 2013, non ancora ventenne, ha vinto la competizione canora. Non sono passati neanche due anni, ma il tempo in tv scorre veloce: sei mesi dopo la vittoria Michele ha pubblicato il suo primo album, A passi piccoli, che ha risentito del fatto che era già «scemata quell’ondata di popolarità dovuta alla televisione», come ha spiegato il giovane artista in una video-confessione online. Da lì in avanti tante congetture: tra chi lo dava già per fallito e chi si aspettava di vederlo a Sanremo. Mi-

Il format più antico della tv

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a qualche anno a questa parte ovunque si sente parlare di talent show. Di cosa si tratta esattamente? Gli ingredienti fondamentali sono: un gruppo di aspiranti star, la competizione, il voto del pubblico e il premio. Per la televisione, niente di nuovo: i primi talent show infatti risalgono addirittura agli anni ’30. L’esordio fu in radio, ma diversi programmi traslocarono poi sul piccolo schermo, come in Italia La Corrida di Corrado. I pionieri del genere furono nel ‘48 gli americani con l’Arthur Godfrey’s Talent Scouts: segugi fiutavano in giro per il paese giovani promesse da sottoporre in studio al giudizio del pubblico, sovrano, ma forse sordo, dato che scartò Elvis. In Italia il primo talent televisivo comparve solo due anni dopo la nascita della tv nazionale, nel ’56. Si trattava di Primo Applauso, condotto da un Enzo Tortora al debutto sul piccolo schermo. Il programma si è fermato dopo una seconda stagione sfortunata, ma il suo successo dura ancora: lì è stato lanciato Celentano.

14 | 31 ottobre 2015

chele invece si è preso del tempo per se stesso (e per i suoi fan, che ora lo seguono sul suo affollatissimo canale YouTube), ha cambiato etichetta e prodotto la sua nuova raccolta, I hate music, in commercio dai primi di ottobre e da allora tra i cinque dischi più venduti in Italia, tra online e scaffali. «Al primo posto nella classifica digitale c’è solo chi vince i talent», ironizzava qualche anno fa un altro grande del rap italiano, Caparezza. E se Bravi rimarca spesso (in primis attraverso il titolo del nuovo album, che tradotto in italiano significa “Odio la musica”) le difficoltà di un percorso come il suo, che – come ha raccontato a chi lo segue online – l’ha portato a «non sapere più chi era», è legittimo chiedersi se senza la vetrina tv sarebbe riuscito lo stesso a fare della sua passione la sua professione. Insomma bisogna vincere un talent per campare di musica? Lo abbiamo chiesto a Daniele Rotella, fonico dell’etichetta perugina La Fame


Cultura e spettacoli Dischi: «Si, si può vivere a tutti gli effetti di musica, anche fuori dalle grandi produzioni, ma non è semplice, perché i cd ormai si vendono poco e i guadagni su internet sono ridicoli!». In effetti devono servire parecchi passaggi per ricavare qualcosa dai circa 0,007 euro che Spotify paga ai musicisti per ogni ascolto. Per restare a galla, molti artisti tentano di svolgere altre attività legate alla musica, come ci racconta Rotella, lui stesso musicista prima ancora che fonico (è chitarra e voce dei The Rust and The Fury). La Fame Dischi è un’etichetta che s’impegna nella ricerca di nuovi talenti. «Il talent scout è Michele Maraglino – ci spiega il fonico-musicista – e nei locali dell’Umbria, nel sottobosco della realtà indipendente, recluta artisti emergenti fuori dalle righe». I locali dove si esibiscono i giovani alle prime armi – oltre ai più noti Urban e Afterlife, che ospitano anche band già affermate – sono il Marla e il Chupito di Perugia, il Supersonic di Foligno e il centro di Palmetta a Terni. «Lo scouting di fronte al palco è la prova del nove per un produttore: solo così si capisce se un progetto funzio-

na. E solo così si vede la differenza fra chi è determinato a fare della musica la propria vita o chi semplicemente un hobby». L’esempio su tutti per il musicista sono i Fast Animals and Slow Kids, un gruppo perugino che è riuscito a farsi conoscere in tutta Italia, vincendo nel 2010 come miglior band emergente l’Italia Wave Love Festival, un appuntamento importante nell’ambiente indie. Rotella è stato il loro primo fonico e giura che sin d’allora aveva capito che avrebbero fatto strada. A smentirlo almeno in parte è Alessio Mingoli, batterista e seconda voce della band: «Abbiamo iniziato a suonare insieme per caso: ognuno di noi era già in altri gruppi e all’inizio era solo un modo per divertirci». La svolta è arrivata con la vittoria all’Italia Wave Love e appena dopo i Fask – così li chiamano i loro fan – hanno registrato il loro primo album, Cavalli, con il prezioso aiuto degli Zen Circus, gruppo indie-rock. La fretta però li ha penalizzati e dall’album successivo hanno deciso di incidere in privato. Le registrazioni di Alaska – ultima fatica dei Fask – sono durate un mese.

«Lo scouting di fronte al palco è il solo modo per vedere chi è determinato a fare della musica la propria vita»

Nella foto a sinistra: Selene Capitanucci a X Factor. Sotto i Fast Animals and Slow Kids

Uno sforzo che ha ripagato però, dato che con quest’ultima raccolta il gruppo perugino è riuscito per la prima volta ad incassare qualcosa in più delle spese, anche se la stabilità è ancora lontana: «La vita di un musicista è come quella di un libero professionista: se si lavora, tutto bene; se non si lavora…». Una situazione che il quartetto sperimenterà a breve, dato che l’idea è di prendersi una pausa di un anno. A chi pensa che sia troppo, Alessio ribatte: «Per pensare a un nuovo album servono almeno sei mesi, altrimenti non viene bene. E noi – conclude – non produrremmo mai un disco ogni sei mesi solo per sopravvivere». «E a un talent sareste andati?», gli chiediamo. «No, non credo», ci risponde il batterista, che precisa: «Noi però non facciamo pop, a cui quel format è destinato. In quel genere funzionava allo stesso modo anche quando c’erano i produttori. Per questo non voglio demonizzare chi sceglie di andarci».

Alice Bellincioni Gianluca De Rosa

Il concorso a Perugia

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arà possibile fino al dieci novembre per i giovani artisti umbri che suonanao musica inedita partecipare alla IV edizione del conscorso Le canzoni migliori le aiuta la Fame dell’etichetta indipendente La Fame dischi. Per due fra gruppi o singoli musicisti il premio più goloso: ingresso nell’etichetta, produzione di un cd, distribuzione in tutti i principali catalogi online (Spotify, ITunes, ecc) e organizzazione di un tour di concerti. Per il primo classificato anche la possibilità di registrare un album in uno studio de La Fame dischi. Oltre ai premi principali anche quattro menzioni speciali. Per due gruppi la possibilità di essere distribuiti in digitale e per altri due l’organizzazione di un tour musicale. L’etichetta, inoltre, produrrà una compilation con le 30 migliori canzoni che verranno presentate al concorso. 31 ottobre 2015 | 15


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