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Identità dell’uomo, identità del luogo

Susanna Cerri

Università degli Studi di Firenze

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Il ‘luogo’ è al centro delle tesi e delle riflessioni sviluppate in questo libro, un qualcosa di specifico e vago allo stesso tempo, con cui identifichiamo un sito con una propria identità, sempre riconoscibile, con caratteri che possono essere di volta in volta eterni o mutevoli. Il senso di un luogo contiene al suo interno la storia delle proprie trasformazioni, una sorta di palinsesto, un sistema composto da progressive iscrizioni e cancellature che delineano le modalità di vita nei luoghi stessi. Una forma continua di interazione e dipendenza fra spazi e esseri umani, fra soggetti e oggetti, dove non è detto che il soggetto sia sempre l’essere umano e l’oggetto lo spazio, poiché a volte è proprio lo spazio ad agire sull’uomo, imponendo percorsi, suggerendo pratiche e forme di vita, stabilendo valori pragmatici ed economici, ma anche estetici1 .

Non c’è, da un lato, una società fatta di uomini e, dall’altro uno spazio fatto di oggetti che quella società accoglie in modo più o meno adeguato; c’è semmai un’unica, generale, forma sociale, che comprende sia uomini sia cose sia spazi, portatori ognuno di ruoli attanziali specifici2

Ugo Volli definisce la città come “un contenitore dai contenuti semanticamente molto densi”3, un dispositivo di comunicazione che interviene nei rapporti sociali con l’efficacia simbolica propria dei segni, capace di veicolare senso e produrre azioni su chi la vive non solo attraverso gli elementi fisici ma anche attraverso percorsi, regole e divieti, incorporati fisicamente nella segnaletica e nei segni urbani più in generale come ad esempio la tipografia vernacolare. Un luogo dove lo spazio è definito attraverso una stratificazione temporale complessa, un ambiente sociale dove ogni cosa diventa segno del suo uso possibile4, un intreccio di linguaggi e forme che definiscono la comunicazione urbana.

* Wim Wenders, L’atto di vedere, Ubulibri, Milano 1992. 1 Cfr. Patrizia Violi, Il senso del luogo, in «La città come testo. Scritture e riscritture urbane», 01-01/2008. 2 Gianfranco Marrone, Corpi sociali, Einaudi, 2001, p. 319. 3 Ugo Volli, Il testo della città. Problemi metodologici e teorici, in «La città come testo. Scritture e riscritture urbane», 01-01/2008, p. 14. 4 In letteratura questi tema è stato oggetto ricorrente della ricerca e negli scritti di Roland Barthes alla cui letteratura si rimanda per ogni approfondimento.

È proprio dalla narrazione dei luoghi, dagli elementi che li popolano, dalla scrittura organizzata attraverso l’arredo urbano e la segnaletica, che si percepisce concretamente la città.

Non c’è contenuto che riesca ad essere conosciuto senza attraversare l’epidermide dei corpi fisici e senza quindi disporsi in un insieme di informazioni che assume forma di immagine. E l’immagine è il territorio della grafica. […] Sulla superficie la grafica espone e calibra qualità complesse riguardanti l’intero spessore delle conoscenze umane, secondo i parametri di giudizio messi a disposizione da una cultura mutevole e aventi per oggetto l’intero mondo tridimensionale, vale a dire lo spazio in cui si svolge la vita e di cui la grafica indaga gli involucri. Ma lo spazio è il territorio dell’architettura. Conflittualità disciplinare dunque. Certo, ma anche reciproco apporto di contenuti innovativi e di esperienze d’avanguardia di cui, in momenti di particolare fecondità, ogni ambito operativo si avvale per arricchirsi e rilanciare stimoli5 .

Ma cosa si intende dunque per ‘luogo’? Non ci riferiamo con questo termine a un semplice concetto astratto, quanto piuttosto a una continua relazione e interdipendenza tra forme, colori, materiali, atmosfere, che lo trasformano da una semplice somma di fattori, in un reale fenomeno qualitativo. Terreno, orizzonte, cielo, delimitano lo spazio dei luoghi, il paesaggio, così come pavimento, parete e soffitto delimitano lo spazio costruito: la struttura di un luogo potremo forse provare a definirla proprio attraverso la relazione tra paesaggio e insediamento analizzando le categorie di ‘spazio’ e ‘carattere’. In letteratura il termine spazio ha subito numerosi tentativi di definizione in termini di concretezza e qualità: dalla rigida distinzione tra esterno e interno6, all’introduzione dei concetti di nodo, percorso e limite come base dell’immagine della città7, fino alla definizione di spazio come “sistema di luoghi”, definizione che contiene l’implicito concetto di uno spazio sempre radicato all’interno di situazioni concrete8. Certo gli edifici con le loro tipologie definiscono l’articolazione formale di un luogo, ma “un edificio è qualcosa che ripara. Funzione ancestrale della casa è proteggere e fornire privacy, tanto psicologica che fisica”9. Complessità e contraddizioni intrinseche al fenomeno architettonico quindi, ma anche emotività, ambiguità, ironia e mutamento,

5 Roberto de Rubertis, Editoriale in «Dimensioni del disegno. Grafica-Architettura» gennaio-dicembre 1999. 6 cfr. Siegfried Giedion, L’eterno presente: le origini dell’architettura, trad. it. Feltrinelli, 1969 (ed. or. The eternal present: a contribution on constancy and change. The Beginnings of Architecture, 2 voll., Oxford University Press 1962-64). 7 cfr. Kevin Lynch, L’immagine della città, trad. it. Marsilio, 1964 (ed. or. The Image of the City, MIT Press, 1964) 8 cfr Paolo Portoghesi, Le inibizioni dell’architettura moderna, Laterza, 1974. 9 Robert Venturi cita una frase di Louis Kahn nel suo Complessità e contraddizioni nell’architettura, Bari, Dedalo, 1980.

perché la struttura di un luogo non è una condizione fissa, eterna: i luoghi mutano, evolvono e proteggere e conservare il genius loci significa concretizzarne l’essenza profonda in contesti storici sempre nuovi. L’uomo quando ‘abita’ occupa fisicamente un luogo ma ne percepisce al tempo stesso il carattere intimo insito nell’ambiente. Possiamo quindi individuare nella necessità di ‘orientarsi’ e di ‘identificarsi’ le due funzioni fondamentali dell’abitare: l’uomo deve potersi orientare, conoscere dove è per sentirsi sicuro, ma deve anche essere capace di identificarsi con l’ambiente che lo circonda. Citando ancora Lynch possiamo dire che “una buona immagine ambientale da al suo possessore un senso di profonda sicurezza emotiva”10 e che “il terrore di perdersi deriva dalla necessità un organismo mobile di orientarsi nel suo ambiente”11. Ma abitare significa anche e sopratutto creare una relazione identificante con l’ambiente, un’identificazione che in larga misura si sviluppa attraverso la relazione con i luoghi e con le cose. Non basta quindi che un ambiente abbia una struttura spaziale che ne faciliti l’orientamento, la comprensione: un luogo deve contenere oggetti concreti con cui identificarsi. L’identificazione è alla base del senso di appartenenza, ma per fare questo deve comprendere pienamente la ‘vocazione’ di un luogo, relazionarsi e concretizzare il suo genius loci. E compito del designer della comunicazione è concretizzare il racconto di questi processi: narrare i luoghi per contribuire con i propri strumenti al processo di identificazione e riappropriazione degli spazi da parte degli abitanti, intendendo con questo termine chi vive, chi lavora o chi semplicemente li attraversa.

Elaboriamo una sorta di urbanistica dei segni, di scrittura della città. Questo lavoro di definizione della nostra attività resta ancora da fare. Lo rinvio poiché ogni atto di definizione è anche l’arrestare un procedimento aperto ed è probabilmente quest’ultimo a cui bisognerebbe dare un nome. Proveniamo innegabilmente dalla cultura della grafica, dell’identità visiva e della segnaletica. Vi abbiamo innestato la cultura della messa in scena dell’oggetto e dello spazio. Da molti anni abbiamo studiato le relazioni fra l’informazione e lo spazio, fino a preoccuparci sempre più della questione della città come spazio civico12 .

Grafica e architettura si sono da sempre relazionate e reciprocamente influenzate. La relazione tra le due discipline ha analogie e collegamenti molto profondi e dinamici che connettono continuamente i processi del progetto grafico a quelli del progetto architettonico.

10 K. Lynch, op. cit., p. 26. 11 K. Lynch, op. cit., p. 139. 12 cfr. Ruedi Baur http://socialdesignzine.aiap.it/notizie/14976.

La grafica in quanto scrittura di messaggi visivi13, rappresenta quindi il codice notazionale per eccellenza del graphic designer ed è proprio in questa direzione che diventa anche importante e ricco il rapporto tra scrittura e città, rapporto costante nel tempo e nella storia che ci permette di leggere il luogo urbano come una grande partitura di segni. A partire dalle descrizioni della Roma Imperiale fatte da Armando Petrucci14 le scritte incise, dipinte, pubblicitarie, pubbliche e private si stratificano nelle nostre città fino ad arrivare all’infinita sovrapposizione di segni inseriti nel tessuto urbano attualmente da grafici, progettisti della comunicazione ma anche da tutti coloro che anonimamente utilizzano grafica e scrittura in modi privati. Il lettering ambientale15 contribuisce a definire gli spazi, li rende comprensibili e unici, ne definisce l’identità, la funzione, rassicura chi viaggia favorendone l’orientamento e contribuisce ad esprimere l’essenza stessa di un luogo. Il principale obiettivo come progettisti è dunque quello di connotare visivamente l’ambiente in cui viviamo, senza mai appiattirne le molteplici influenze culturali che lo hanno caratterizzato nel tempo, anzi integrandole e valorizzandole. Sviluppare un design strettamente e necessariamente legato al contesto, che sia in grado di rafforzare i legami tra uomo e spazio urbano, consapevoli che il design non è mai neutrale, esprime sempre una posizione, a volte anche politica, e forti della consapevolezza della responsabilità culturale, frutto dalle esigenze dettate della contemporaneità.

13 Cfr Mario Piazza, Grafica e città, in «XY Dimensioni del Disegno», n. 35-36-37, Grafica e Architettura, gennaio-dicembre 1999, p. 105. 14 “A chi l’avesse percorsa con l’animo e l’attenzione del turista non frettoloso, una qualsiasi città dell’Impero romano tra I e III secolo d.C., sarebbe apparsa caratterizzata non solo e non tanto da statue, dai templi, dai luoghi pubblici di ritrovo, dai colori e dal traffico, quanto dalle scritte presenti dappertutto, nelle piazze, nelle strade, sui muri e nei cortili, dipinti, graffite, incise sospese in tabelle lignee o tracciate su riquadrature bianche, diversissime tra loro non soltanto per aspetto, ma anche per contenuto, essendo ora pubblicitarie, ora politiche, ora funebri, ora celebrative, ora pubbliche, privatissime di appunto o di insulto, o di scherzoso ricorda; e naturalmente rivolte se non proprio a tutti, a molti, e cioè ai molti alfabeti facenti parte della comunità urbana”, cfr. Armando Petrucci, La scrittura. Ideologia e rappresentazione, Einaudi, 1986. 15 Definizione ripresa da Phil Baines, Catherine Dixon, Segnali. Grafica urbana e territoriale, Logos, 2004, p. 7.

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Giovanni Anceschi

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Ruedi Baur

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Ezio Manzini

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Erik Spiekerman

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Massimo Vignelli

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Design inclusivo

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Service design

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DELETE! Delettering the public space

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terza missione nelle Università

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Lo stretto legame tra grafica e architettura, l’indispensabilità di una disciplina rispetto all’altra, la loro stessa stratificazione nel tessuto urbano, la comunicazione dello spazio pubblico, ma anche la continua ricerca di una definizione del concetto di identità, sono alcuni dei temi di questo libro, che diventano occasione di sperimentazione. Si racconterà di come lo spazio pubblico viva dell’interazione spontanea con chi lo abita e come sia, entità fisica, ma anche luogo simbolico di democrazia e libertà civile. Un principio di carattere universale, secondo Calvino, è quello per cui tutte le città comunicano, così come tutti i luoghi all’interno della città, a prescindere dalla loro natura, significano. Si tratta di un approccio etico che, pur riconoscendo che lo spazio urbano e la sua scena mutano immagine e significato continuamente nel tempo, rispetta l’integrità dell’identità originaria del luogo nella ricerca di soluzioni progettuali. Di per sé l’Università è un luogo in cui si sviluppa il pensiero critico, si fa ricerca e si contribuisce all’innovazione sociale e culturale, producendo conoscenza. L’obiettivo di questo libro è quello di arricchire e approfondire le tematiche affrontate producendo dei risultati accessibili da diffondere pubblicamente. Si analizzeranno i risultati ottenuti nei progetti più significativi portati avanti all’interno del Didacommunicationlab, laboratorio di Comunicazione dell’Università di Firenze.

Alice Trematerra, 1988, communication designer, Ph.D. in Design, è assegnista di ricerca al Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze, dove attualmente è docente a contratto per il corso di Applicazioni di Progettazione I al CDL triennale in Disegno Industriale. Dal 2014 è art director e componente del gruppo di ricerca del Laboratorio di Comunicazione Didacommunicationlab. Insieme ad un team di progettisti e ricercatori, cresciuto negli anni, porta avanti temi di ricerca nel settore della comunicazione, del wayfinding e dell’editoria, che si concretizzano in esperienze progettuali dirette.

ISBN 978-88-3338-093-3

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