DEAR JULIET
ALISA GREY
DEAR JULIET di ALISA GREY. Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata. Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata o riprodotta in qualsiasi forma, senza autorizzazione scritta, tranne nel caso di brevi citazioni in articoli o riviste. Questo libro contiene contenuti per adulti ed è destinato a lettori adulti. Questo libro è un lavoro di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e gli incidenti sono il prodotto dell'immaginazione dell'autore o sono usati fittiziamente. Qualsiasi riferimento a persone reali, vivo o morto, eventi o locali è puramente casuale. Per informazioni e contatti: alisagrey2015@gmail.com © Copyright 2016
Amami o odiami, entrambi sono a mio favore. Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore, se mi odi, sarò sempre nella tua mente. William Shakespeare
Alisa Grey
PROLOGO
Florida - Clearwater Beach, mese di luglio Avete presente quel bel ragazzo sulla spiaggia con i vestiti sgualciti e gli occhi annebbiati dal troppo whisky, che se ne sta seduto tutto solo a farfugliare frasi sconnesse, fissando il mare come se fosse l’unica ragione di tutti i suoi problemi? Già, quel coglione sono proprio io, Kyle Turner. Ok, quando ho detto bel ragazzo forse ho esagerato un po’. Soltanto ieri avevo il potere di infrangere cuori dalla Florida a Chicago, ma oggi, non vado più in là di una bottiglia di pessimo bourbon e un cane che mi gironzola intorno con un’aria un po’ troppo interessata. E ora ovviamente vi starete chiedendo il perché? Avevo dimenticato un dettaglio, Babs, prima di alzarsi dalla romantica poltroncina a bordo piscina, del lussuoso albergo cinque stelle del nostro week end da favola… mi ha rovesciato il suo delizioso Cosmopolitan in testa. E chi poteva immaginarlo! Babs, gambe chilometriche e occhi di quella particolare sfumatura di grigio, che ti danno alla testa molto più fretta di una vodka ghiacciata a stomaco vuoto. E questa bellissima ragazza è la mia fidanzata… oppure l’ho soltanto immaginato? La spiaggia bianca e fine come zucchero e i delfini giocosi che scorgevi all’orizzonte, avrebbero dovuto incorniciare il nostro momento perfetto e invece… quanto mi sbagliavo! Ma andiamo per ordine, con un po’ di pazienza vi spiegherò tutto.
SOMMARIO DEAR JULIET PROLOGO CAPITOLO 1 CAPITOLO 2 CAPITOLO 3 CAPITOLO 4 CAPITOLO 5 CAPITOLO 6 CAPITOLO 7 CAPITOLO 8 CAPITOLO 9 CAPITOLO 10 CAPITOLO 11 CAPITOLO 12 CAPITOLO 13 CAPITOLO 14 CAPITOLO 15 CAPITOLO 16 CAPITOLO 17 CAPITOLO 18 CAPITOLO 19 CAPITOLO 20 CAPITOLO 21 CAPITOLO 22 CAPITOLO 23 CAPITOLO 24 CAPITOLO 25 CAPITOLO 26 CAPITOLO 27 CAPITOLO 28
Alisa Grey
CAPITOLO 29 CAPITOLO 30 CAPITOLO 31 CAPITOLO 32 CAPITOLO 33 CAPITOLO 34 CAPITOLO 35 CAPITOLO 36 CAPITOLO 37 CAPITOLO 38 CAPITOLO 39 CAPITOLO 40 CAPITOLO 41 EPILOGO Ringraziamenti
CAPITOLO 16 ACHILLE NON MORI’ DI VECCHIAIA (KYLE)
Oh, guardatevi dalla gelosia, mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre. Beato vive quel cornuto il quale, conscio della sua sorte, non ama la donna che lo tradisce: ma oh, come conta i minuti della sua dannazione chi ama e sospetta; sospetta e si strugge d'amore! William Shakespeare - “Otello” (atto III, scena III)
N
« el marketing innovativo l’elemento sorpresa può essere espresso dal messaggio o dal modo in cui viene presentato, e la sfida dei moderni marketers è ottenere il successo e catturare l’attenzione dei clienti sorprendendoli in maniera originale. Oggi è sempre più difficile far notare il proprio messaggio pubblicitario perché i consumatori sono talmente bombardati dalla pubblicità che ormai non vi prestano più attenzione. Non possiamo aspettarci che la nostra qualità sia la soluzione ad ogni problema perché dobbiamo proporci come azienda di marketing innovativo e capace di scatenare effetti virali.» Il mio discorso preparato con cura e tutto improntato all’innovazione e alle nuove sfide, non aveva di certo distratto la mia attenzione da Babs Dalton che chiacchierava amabilmente con Bryan O'Malley, un giovane e talentuoso marketing di recente acquisizione… che però non potevo più definire di belle speranze. E se andava avanti un altro po’ a flirtare così spudoratamente e davanti a me… probabilmente non avrebbe concluso nemmeno la serata.
Alisa Grey
«Ed è per questo che negli ultimi tempi abbiamo investito così tanto nei giovani. Saranno le menti fresche e brillanti come il nostro Bryan O'Malley a traghettarci verso le nuove generazioni.» La testa di lui scattò nella mia direzione e la speranza che io non volessi trascinarlo sul palco gliela si leggeva a chiare lettere su quel viso ora pallido e confuso. «Vieni Bryan, illuminaci con la tua originalità» lo sfidai, con una punta di sarcasmo al vetriolo, mentre lasciavo il mio posto al nuovo arrivato. Diceva Roland Barthes nel lontano ‘77 “Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri”. E di essere come tutti gli altri! Interessante considerazione, ma a giudicare dalle infinite canzoni e dai numerosi versi di prosa esistenti, non potevo certo dargli torto perché pare che fossero in parecchi ad esserne afflitti. Io però non ero mai stato un tipo geloso e ancor meno possessivo ma chissà perché il solo pensiero di quella ragazza tra le braccia di un altro uomo mi faceva salire la bile in gola e il sangue al cervello. Volevo essere io quello che la faceva ridere. E quegli occhi grigi che mi ricordavano una fresca giornata d’inverno, dovevano essere solo per me. Lo spazio a disposizione per i vari Tom Cavendish, Bryan O'Malley o chiunque altro si fosse fatto delle idee sbagliate - su quella fanciulla, era terminato. Finito. Esaurito. Kaputt. Esattamente come la mia tolleranza. E ci volle tutto il mio autocontrollo per limitarmi a farlo salire sul palco, ignorandolo poi per il resto della serata. Un tripudio di applausi e il suo nome gridato da uno sparuto gruppetto in fondo alla sala fecero il resto e appena raggiunta la fanciulla in questione, lo sgradevole episodio era già dimenticato. O no? Credi che lei sia la donna per te? Negli ultimi giorni me lo ripetevo di continuo e la risposta era sempre la stessa: non lo so! Ma di sicuro valeva la pena provarci.
«Come ti è sembrato il mio intervento?» mi pavoneggiai appena un po’. Salire su un palco a distribuire piccole perle della mia competenza e professionalità mi faceva sentire un vero dio. Egocentrico? Forse, ma che male c’era a sentirsi speciali? «Interessante» rispose lei trafficando nuovamente col telefono. «Qualche problema?» domandai cautamente cercando di tastare il terreno. «Nulla di che ma domani mia sorella sarà qui in città e vorrebbe incontrarmi» rispose lei piegando le labbra in una specie di sorriso di circostanza. Mmph… La sorella in carriera. Poteva rivelarsi interessante conoscere una parte della sua famiglia. «Mi sembra una idea fantastica. A che ora arriva?» La mia domanda risultò molto più entusiastica di quanto in effetti non fosse, ma la sua reazione mi fece intuire che il mio slancio non era da lei condiviso. «Intorno alle dieci del mattino ma credo voglia trattenersi a pranzo con me» rispose con un filo di voce, abbassando gli occhi e incrociando le braccia al petto. Io non ero di certo un venditore ma come ogni buon marketing avevo imparato a osservare, e non ci voleva un genio per capire che quell’atteggiamento di chiusura diceva chiaramente: lasciatemi in pace! Le serviva una via di fuga. «Certo, a pensarci bene è un gran peccato. Domani avevo in mente una piccola sorpresa» buttai là in attesa che lei abboccasse. «Che tipo di sorpresa?» «Pensavo prima a un giro per la città e dopo a una rappresentazione. È da un po’ di tempo che penso di meritarmi una pausa ma sai com’é. Il lavoro, le riunioni, la famiglia…» lasciai la frase in sospeso per darle il tempo di assimilare l’informazione e trovare una valida scusa per scaricare l’adorata sorella. «Che genere di rappresentazione?» «Shakespeare. Il racconto d'inverno. C’è chi la definisce una commedia e chi una tragedia a lieto fine, ma io l’ho sempre trovata un’opera alquanto complessa. Magari interessa anche a te.»
Alisa Grey
Ora, dopo questa frase a effetto, vi starete tutti domandando quanto profonda potesse essere la mia conoscenza di Shakespeare. E io vi risponderò… che non ne sapevo assolutamente nulla. A parte ovviamente il corso accelerato fatto nella notte precedente e sufficiente a lasciarla a bocca spalancata. Uno sguardo carico di ammirazione e adorazione mescolate insieme, valevano una piccola follia, ma soprattutto desideravo con tutto me stesso vederla sorridere. Che fu esattamente quello che accadde l’attimo dopo, quando dopo un bel sospiro, afferrò il telefono e picchiettò freneticamente qualcosa. «Ok, mi hai convinto. Vada per la giornata alternativa» e al suono di quelle parole, spense il telefono e un sorriso radioso le si dipinse su quel bellissimo viso. Ma mentre ricambiavo il sorriso, il mio occhio sinistro registrò l’arrivo in volata del nostro Bryan testa di ca… (bip) O'Malley, il quale evidentemente, non solo aveva prematuramente finito il suo intervento, ma a testa bassa e passo fin troppo svelto, stava scartando colleghi in vena di complimenti per arrivare dritto dritto da noi. Mio padre mi aveva insegnato che le principali regole di un buon capo erano intelligenza, carisma, credere nella mission aziendale e nei propri collaboratori. Molto saggio, ma probabilmente cotanta assennatezza, non prevedeva un’assistente appetitosa come Babs. E forse nemmeno un collaboratore troppo tenace, o troppo tardo, come O'Malley. Urgeva una soluzione estrema. «È stata una giornata lunga e impegnativa e ho bisogno di prendere una boccata d’aria. Ti andrebbe di accompagnarmi?» Le allungai la mano che lei senza nemmeno riflettere afferrò fiduciosa, trascinandomela dietro e fuori dall’edificio. Una volta in strada tirai un bel respiro e mi guardai velocemente intorno, individuando un delizioso giardinetto alberato e un chiosco sotto un pergolato traboccante di edere, e che facevano al caso mio. «Guarda là giù» le dissi indicando il chioschetto e incamminandomi a passo deciso, tenendola per mano. «A questo punto della giornata, un po’ di pace ce la siamo meritata.» «Condivido» rispose lei con un sorriso luminoso, seguendomi fiduciosa.
La distanza da colmare non era molta, non più di trecento metri, ma la nostra andatura veniva interrotta più o meno ogni dieci passi e per le più disparate motivazioni. Una vetrina interessante, un gattino nel vicolo dietro l’albergo, un ragazzino sfuggito alla madre e così via. Ma ad un tratto da un vicolino laterale, sbucò, come una furia impazzita, un cucciolo di rottweiler con un guinzaglio lasciato troppo lungo da un padrone evidentemente poco esperto. E andò ad infilarsi dritto filato in mezzo a noi, aggrovigliandosi poi, alle gambe di Babs. «Mi scusi» continuava a ripetere l’uomo mentre tentavamo di districare lei e il cane. «Sono le prime volte che esce di casa. Dobbiamo prendere le misure» continuava a giustificarsi mentre lei rideva divertita e io iniziavo a spazientirmi. «Appena uscito di casa si era già ingarbugliato nel guinzaglio. E ieri sera quando sono rientrato aveva buttato giù dal divano i cuscini e delle piume svolazzavano per tutta la sala» disse l’uomo accovacciandosi a liberandogli le zampe, come a giustificarsi delle continue marachelle del cucciolo. «È talmente simpatico» ribatté lei entrando nel vicolo e accovacciandosi a sua volta. «È vero che sei simpatico» disse rivolta al cane mentre lo accarezzava amorevolmente riempiendolo di baci. «E pensi che ha solo…» Il simpatico contrattempo stava diventando fin troppo ingombrante. Era arrivato il momento di intervenire. «Scusate se vi disturbo ma noi avremmo un impegno» la mia voce suonò come una frustata. Babs sollevò di colpo la testa guardandomi e l’uomo avvampò imbarazzato. «Oddio! Certo, certo, scusatemi ancora» disse, con l’aria di chi era sinceramente mortificato. E senza ulteriori cerimonie lui e il cane ripresero la loro strada. E fu in quel momento che, allungando la mano per aiutare Babs ad alzarsi, persi involontariamente l’equilibrio facendo franare violentemente entrambi contro il muro del vicolino. Eravamo talmente vicini che sentivo il suo respiro caldo sul mio collo. Mi ero già perso nell’infinità grigia del suo sguardo quando mi resi conto che il desiderio era esploso in tutto il mio corpo come i fuochi d’artificio.
Alisa Grey
Così, senza più riflettere cancellai la distanza, le afferrai il viso con entrambe le mani e la baciai. La sentii sussultare al primo contatto, come colta di sorpresa, ma dopo l’attimo di esitazione iniziale le nostre labbra si fusero in una esplorazione lenta e delicata. E le mie mani affondarono nei suoi capelli soffici e setosi. Ma quando lei gemette e un suono basso e gutturale risalì dal fondo della mia gola, io persi il controllo spingendola con più forza e affondando le dita avide nella sua carne morbida, che scivolarono rapide sotto al vestito. Volevo tenerla più vicina a me. Volevo che lei non fuggisse mai più. E tutta l’insicurezza, il timore che lei non mi volesse o il pensiero che desiderasse un altro uomo, evaporarono come l'evanescenza di un ricordo. «Mi dispiace» sussurrò lei riprendendo fiato. «No» ringhiai. «Io… Io… Voglio che tu sia mia.» Enfatizzai ogni parola, appoggiandomi contro al muro ansimante, nel tentativo di placare il tumulto interiore e riprendere l’equilibrio perduto. Avete presente quando Teti immerse il figlioletto Achille nel fiume Stige per renderlo invulnerabile? Ma tenendolo per quel maledetto tallone lo rese vulnerabile? Già, è di questo che stiamo parlando. Perché Achille non morì di vecchiaia. Cinque semplici parole che avevano espresso una grande verità. Una verità importante. Una verità tutta mia. La verità vi renderà liberi? Non saprei ma nel mio caso sicuramente … vulnerabile.