Le Piagge, Firenze - Anno XII - Seconda serie - Numero 1 - Giugno 2007
www.altracitta.org
Campagne
Liscia, gassata o... arrogante?
1 euro
Spedizione in abbonamento postale ar t. 2 comma 20/C L. 662/96
Ferrarelle contro Altreconomia. La rivista per un’economia equa e sostenibile è colpevole di aver lanciato una campagna per la regolamentazione della pubblicità delle acque in bottiglia. Ferrarelle s.p.a. l’ha diffidata dal continuare. Forse non tutti sanno che l’Italia è il paese europeo che consuma più acqua minerale, con grande spreco di bottiglie spesso di plastica e grande traffico di camion su e giù per la penisola. Le aziende delle acque spendono in pubblicità 379 milioni di euro l’anno. Se lo possono permettere, visto che per lo sfruttamento delle sorgenti pagano concessioni ridicole. Un esempio? La Nestlè paga 30mila euro l’anno per imbottigliare 100 milioni di litri di acqua Pejo. Ecco i perché della campagna di Altreconomia, che, ovviamente, non si ferma. Per saperne di più e firmare si può andare sul sito www.altreconomia.org
Le Piagge, Firenze - Anno XII - Seconda serie - Numero 3 - Ottobre 2007 - www.altracitta.org
Publiacqua risparmia
L’ultima goccia Per aumentare i profitti non bastano i rincari della bolletta: l’azienda taglia il personale dell’acquedotto fiorentino, che così è meno sicuro. Ma i lavoratori non ci stanno e fanno lo sciopero al contrario.
3 1
P
er i lavoratori di Publiacqua è stata un’estate di intensa attività sindacale. Publiacqua è la società per azioni che gestisce il servizio idrico del Medio-Valdarno (Firenze e dintorni), serve circa 1.200.000 abitanti con 750 addetti ed ha un fatturato annuo di 120 milioni di euro. Il 40% delle azioni è in mano ai privati, in particolare della multinazionale Acea. La vicenda che vi raccontiamo è emblematica di come la scelta di gestire privatamente un bene comune come l’acqua sia dannosa per gli interessi collettivi, ovvero dei cittadini/utenti, e virtuosa solo per le casse degli azionisti, pubblici o privati che siano. Ne abbiamo già scritto lo scorso numero: una delle novità volute dalla gestione privata è l’aumento della tariffa, probabilmente retroattivo dal 2002, che gli utenti della cinquantina di Comuni gestiti dall’ATO3 Medio-Valdarno troveranno presto in bolletta. Nel Chianti si arriverà fino a un +30%. Altra novità il blocco del depuratore di San Colombano voluto da Andrea Bossola, il nuovo amministratore delegato voluto da Acea a capo di Publiacqua. Un’opera costata molto denaro pubblico, pensata per offrire ai cittadini un servizio di qualità, e ferma perché al momento non è conveniente attivarla. Le conseguenze della privatizzazione del servizio pubblico non si fermano però agli aumenti di tariffa o al blocco delle opere. Ne è una prova la protesta dei lavoratori di Publiacqua che porta alla luce quello che potremmo definire un vero e proprio scandalo. Per capire meglio la situazione abbiamo incontrato Luciano D’Antonio del Coordinamento Unitario Acqua Pubblica, profondo conoscitore delle vicende di Publiacqua. Stiamo assistendo ad una riorganizzazione complessiva dell’acquedotto fiorentino. Qual è l’impatto sulla qualità e la sicurezza del servizio? “Le faccio un semplice esempio. L’acquedotto durante l’assenza degli addetti, ad esempio di notte, ha bisogno di due professionalità fondamentali: l’elettricista e il chimico: il primo deve prevenire ed eventualmente rimuovere possibili problemi all’impianto elettrico, il secondo deve verificare che l’acqua prodotta risponda ai criteri di qualità e salubrità previsti dalla legge. Dal 6 agosto scorso l’unica persona presente è l’elettricista, il chimico è stato eliminato per ridurre i costi del personale”. Un acquedotto meno sicuro quindi? “Certo. E ad aggravare la situazione è arrivata la decisione di ridurre (continua a pagina 3)
Editoriale
La paura e la distrazione
D
al 21 settembre scorso a Firenze un gruppo di persone sta portando avanti una protesta nonviolenta per il ritiro della famigerata ordinanza sui lavavetri. Si tratta di uno sciopero della fame a staffetta, 24 ore a testa senza mangiare, che ha visto ogni giorno due persone sostare con grandi cartelli davanti a Palazzo Vecchio, sede del Comune, per testimoniare la propria adesione al digiuno. Altri hanno invece digiunato ‘privatamente’, indossando un adesivo di spiegazione. L’esperienza del presidio in piazza e degli scambi con i passanti, fiorentini e non, viene puntualmente narrata in un blog, http://digiunoastaffetta.blogspot.com/. “Noi anziani abbiamo paura ad uscir di casa, siamo fragili, in balia di queste persone che scippano, aggrediscono, rubano nelle nostre case e ce le portano via le case, quei pochi alloggi popolari che ci sono li assegnano tutti a loro”. Queste le parole di una signora fiorentina, una delle poche in verità che almeno ha cercato un dialogo con i manifestanti, invece di ignorarli o disprezzarli in silenzio. Ma anche nel silenzio degli altri si intuisce se non la paura almeno il fastidio, l’insofferenza profonda e irrazionale, verso tutta questa gente che vien qui a chiedere, ma cosa vogliono, non se ne può più. Un sentimento che ormai sembra radicato anche a sinistra, una paura rabbiosa che qualcuno maschera col desiderio di legalità. Quella parità di diritti e doveri che ogni giorno vediamo calpestata dai più ricchi e dai più potenti, quel rigore nell’applicare una legge uguale per tutti, lo pretendiamo ‘almeno’ verso i più sfortunati, i più deboli, che non hanno visto il cartello “Non disturbare”. E dall’alto ci accontentano, con piacere e sollievo, perché è più facile e conveniente sequestrare 4 secchi che affrontare i problemi veri di una città sempre più caotica, inquinata, rumorosa, egoista e rabbiosa. Anzi, qui come altrove, in scala ridotta, la paura dei barbari serve da diversivo, ci distrae dalla cementificazione, dai morti sul lavoro, dal biossido di carbonio, dalle privatizzazioni. Problemi enormi, tanto grandi che rischiamo di sentirci frustrati e impotenti se ci azzardiamo anche solo a prenderne coscienza. La strategia della distrazione ci spinge allora a trovare un nemico esterno, possibilmente inerme, su cui concentrare le nostre forze, senza porsi troppi perché, né cercare cause sociali, politiche, storiche. Non c’è tempo per queste sciocchezze, perché solo un intervento rapido, non importa se inefficace, può placare la nostra arrabbiatura e mantenerci concentrati sul ‘nemico’. A noi la scelta: stare al gioco o... digiunare.
Foto di Dan Barbus, CC
Politica
Il condominio del centrosinistra e la difesa della ‘gente perbene’ Preoccupato per la deriva a destra il sociologo Alessandro Dal Lago
UN VIAGGIO TRA I SEM TERRA DEL BRASILE Vita comunitaria, occupazione e lotta: per toccare con mano la realtà del latifondo.
a pagina 2
CAMPI BISENZIO, SCIOLTO IL CONSIGLIO
Il Presidente Napolitano mette fine ai rimpasti. Intanto scoppia a Montale (PT) un altro scandalo per le bugie sull’inceneritore.
a pagina 3
FIRENZE CITTà IPOCRITA La notizia a fumetti di Katia Mariani.
a pagina 3
PIAGGE, L’EX OLEIFICIO SARà DEMOLITO
Al suo posto sorgeranno 50 appartamenti.
a pagina 4
DENTRO LE STORIE
Vite e personaggi dal quartiere delle Piagge. La lotta ostinata di Sandra Alvino.
a pagina 4
PER SOSTENERE IL GIORNALE
a pagina 4
N
on persone’ è il titolo di un noto volume pubblicato nel 1999 dal sociologo dei processi culturali Alessandro Dal Lago. Il sottotitolo dice tutto: ‘L’esclusione dei migranti in una società globale’. Dal Lago vi descrive il primo leghismo, ossia lo sfruttamento a fini politici delle paure e degli istinti razzisti di fronte al fenomeno migratorio. Un’analisi utile anche oggi, alla luce della deriva securitaria della giunta comunale fiorentina voluta dal sindaco Domenici. Professore, la vicenda dei lavavetri a Firenze e le campagne di sindaci del nascente Partito Democratico ricordano quella stagione. È così? “È vero, ma non dobbiamo pensare solo al leghismo degli albori. Anche all’epoca del primo centrosinistra, 1996-2001, si dicevano cose del genere. Anche Veltroni le diceva. Certo, giustamente attribuiamo al leghismo la retorica più forte su questi argomenti. La Padania, quando è uscita la notizia dell’ordinanza di Firenze, ha titolato a ragione ‘Siamo tutti leghisti’. Ma le letture che oggi ci propongono certi sindaci non sono diverse da quelle del centrosinistra di dieci anni fa. Nella cultura del centrosinistra, e dei Ds in particolare, c’è un fondo utilitaristico e forcaiolo che ormai è venuto fuori.” Dieci anni fa certe posizioni erano però meno plateali. “Mica tanto. Nel ‘97 quando la nave italiana Sibilla speronò e affondò la Kater I Rades, causando decine di morti fra i migranti che erano a bordo, il governo Prodi accettò la versione fornita in quel tempo dai media, che parlavano di criminalità albanese e di clandestini, non di migranti. Nessun membro del governo si presentò a Brindisi, né venne organizzata una cerimonia in ricordo di tanti morti innocenti, inclusi molti bambini. Oggi questa cultura della durezza è il nuovo manifesto sarkoziano del centrosinistra.” Queste scelte repressive hanno lo scopo di arrivare ad un nuovo posizionamento politico? “Sicuramente c’è questo elemento, ma c’è anche un cultura da portieri di condominio: si vuole sbarrare la strada a chiunque voglia entrare nel piccolo mondo dei privilegiati, della gente per bene, che ora si considera vittima dei disgraziati. La cosa spaventosa è questa: gente che si considera di sinistra ha invertito i termini della sua cultura d’origine, non lotta più contro i privilegi, ma trasforma i privilegiati, le persone ‘normali’, in vittime dei lavavetri, dei bulli, dei vagabondi, dei Rom. Che vogliamo fare? Spedire tutti in prigione? Fra poco avremo dimenticato tutto, ma sotto i piedi resterà la morchia dell’avvelenamento che abbiamo diffuso fra i cittadini.” Eppure l’ordinanza contro i lavavetri gode di ampio consenso. “Non c’è da stupirsi. Basta conoscere un po’ i fenomeni di globalizzazione, per sapere che il nostro è un mondo di persone che difendono il loro piccolo benessere precario. C’è però una questione di libertà: se la mia libertà mi sta davvero a cuore, devo difendere anche quella degli altri. E poi c’è un problema di solidarietà sociale: i Comuni dovrebbero occuparsi di questa e non della repressione. O vogliamo trasformare anche i vigili urbani in forze di polizia vere e proprie? Siamo già uno dei paesi al mondo col più alto numero di agenti di sicurezza in rapporto alla popolazione. “ Che cosa c’è alla fine di questo tunnel? “Alla lunga naturalmente c’è il fascismo, la cultura fascistoide alla Sarkozy.” Lorenzo Guadagnucci
www.altracitta.org
Le Piagge, Firenze - Anno XII - Seconda serie - Numero 3 - Ottobre 2007
Il censimento degli scempi toscani
Giù le mani dal canile
Firenze avrà un altro supermarket
Della Rete Toscana per la Difesa del Territorio coordinata dal professor Asor Rosa abbiamo parlato nello scorso numero. Ad inizio estate si contavano ben 14.000 persone attive in 155 tra comitati, associazioni e gruppi di pressione locale. Il loro obiettivo dichiarato è difendere il territorio toscano dal perverso gioco tra amministratori pubblici e interessi privati che, tra grandi e piccole opere, sta sventrando il paesaggio di una delle regioni più belle del mondo. Da allora la Rete ha ricevuto decine e decine di richieste di adesione. Ha deciso pertanto di rinnovare il censimento degli scempi toscani, utile a definire la Mappa delle emergenze territoriali, strumento fondamentale per proseguire nella vertenza con le istituzioni preposte al governo del territorio. Info e adesioni: toscanacomitati@libero.it
Per adesso il Comune di Sesto dovrà aspettare. Il TAR infatti ha sospeso il provvedimento con cui il Comune intendeva acquisire le costruzioni ‘abusive’ del canile di via del Termine, che sono poi rifugi per gli animali lì accolti, 400 cani e 200 gatti. Mentre animalisti e Verdi gioiscono per la piccola vittoria, il comune non si scompone e fa sapere che la partita non è finita. Ma perché questa guerra ad un canile che, sia pure con limiti ed errori di gestione, svolge coi suoi volontari un ruolo fondamentale nella tutela degli animali? E a che punto sono i lavori per il canile comunale?
Al Galluzzo, grazie ad un’apposita variante approvata dal consiglio comunale, sorgerà presto il primo ‘grande magazzino ipogeo’ della città. Che significa? Significa che sarà sotto terra, nascosto da un giardino, e sotto terra ci saranno anche due piani di parcheggio. Previsto quindi grande traffico di camion e ruspe, per la gioia degli abitanti, e un notevole impatto paesaggistico: in pratica nasce una nuova collina, nel Parco Storico della Collina fiorentina. Secondo il comunicato del Comune, non si tratta di ‘un altro supermarket’, ma di quello che spettava ad Esselunga dopo la chiusura di quello di viale Giannotti. Sarà certo così, ma questa non ce l’avevano già raccontata per riaprire in viale De Amicis?
DIRITTO ALLA CASA
Occupazioni legittime Una sentenza di civiltà sancita dalla Corte di Cassazione: occupare case popolari non sempre è reato. La casa è un bene primario come la vita o la salute, scrivono i giudici. Quindi non c’è reato se si agisce in uno stato di reale indigenza. La suprema Corte si è appellata all’articolo 2 della Costituzione che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, ed ha accolto così, lo scorso 26 settembre, il ricorso di una 38enne di Roma, sola e con un figlio a carico, condannata precedentemente per il reato di occupazione abusiva di un immobile di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari (IACP). Per i giudici della Cassazione, il diritto all’abitazione merita di essere compreso tra i diritti fondamentali della persona: “Rientrano nel concetto di danno grave alla persona anche quelle situazioni che attentano alla sfera dei diritti fondamentali della persona e l’esigenza di un alloggio rientra fra i bisogni primari della persona”. è una notizia di quelle importanti, soprattutto in una città come Firenze dove una famiglia su cinquanta è colpita dallo sfratto e in cui sono migliaia le persone che non ce la fanno ad affittare un appartamento agli elevati prezzi imposti dal mercato. Una dimostrazione della gravità del problema è arrivata il 28 settembre direttamente dai senza casa impegnati nell’omonimo Movimento di Lotta. Oltre cento persone hanno occupato per protesta l’anagrafe di Palazzo Vecchio, denunciando così le insufficienti politiche abitative portate avanti dalla giunta Domenici. In particolare hanno evidenziato come spesso le residenze vengano assegnate in maniera discrezionale ai molti occupanti o senza fissa dimora che vivono in città, che si vedono negati di fatto diritti come l’assistenza sociale o sanitaria.
RAZZISMO
2
Tutti contro i rom Sono in carcere da più di 2 mesi Victor Lacatus e Menji Clopotar, i padri dei quattro bambini morti nel rogo di Livorno del 10 agosto scorso. Le madri sono agli arresti domiciliari. I genitori sono accusati di ‘abbandono di minore seguito da morte’, perché avrebbero lasciato i figli piccoli da soli, nella baracca sotto il cavalcavia dove vivevano da tempo, e dove c’erano fornelli o candele incustodite da cui sarebbero partite le fiamme. Da parte loro i rom hanno sempre sostenuto di aver subito un’aggressione razzista di più individui che avrebbero appiccato il fuoco. Qualunque sia la verità, resta il fatto che 2 persone, colpite da una tragedia enorme, avvenuta non per loro volontà, sono chiuse in carcere senza aver avuto un processo. Uno dei due ha già tentato il suicidio. A denunciare questo trattamento si sono mossi alcuni gruppi e associazioni fra cui Everyone, che invita anche a scrivere messaggi di solidarietà ai due genitori, all’indirizzo che riportiamo in fondo. Ma queste mobilitazioni, in realtà piuttosto piccole, sono restate finora senza esito. Intanto si moltiplicano in tutta Italia gli episodi razzisti ai danni dei rom, e stampa e tv non perdono occasione per amplificare fatti di cronaca che creano un clima di allarmismo e paura dello straniero. L’estate scorsa una zingara finì in prima pagina perché aveva tentato di rapire un bambino “nascondendolo sotto la gonna”: tutto falso. A Parma il sindaco di centrosinistra non vuole i rom, e suoi concittadini sfilano con magliette con scritto “Odio gli zingari”. Qualche giorno fa il Corriere della Sera ha ospitato un delirante articolo di Ronchey, traboccante ignoranza e pregiudizi, che in sostanza afferma l’impossibilità di integrare i rom e la necessità di tenerli fuori. Ma fuori da cosa? Forse dal diritto ad esistere? Potete scrivere a Victor Lacatus e Menji Clopotar presso la Casa Circondariale “Le Sughere”, via delle Macchie, 9, Livorno 57100.
AGRICOLTURA
La Sardegna all’asta In Sardegna 20.000 agricoltori rischiano di dover svendere le loro terre per pagare i debiti. Debiti con le banche ma anche con la Regione, che negli anni Ottanta finanziava e incentivava gli investimenti perché i contadini passassero dalle colture tradizionali a quelle intensive. Così fecero in molti, ventimila appunto, indebitandosi ulteriormente per costruire serre per ortaggi. L’investimento si è rivelato errato: i prezzi di zucchine, pomodori, cetrioli e altro sono calati, e gli agricoltori hanno i debiti fino al collo. Alcuni hanno iniziato uno sciopero della fame, per chiedere un intervento delle istituzioni a scongiurare il peggio. è già iniziata infatti la vendita all’asta dei terreni dei contadini: sono 5000 le aziende agricole che rischiano di finire in mano agli speculatori per un pugno di spiccioli. La Regione per adesso non si è mossa, malgrado abbia grosse responsabilità per una scelta strategica sbagliata, mentre stampa e tv sembrano ignorare del tutto una situazione che mette a rischio 20.000 persone e l’integrità del territorio sardo. Maggiori informazioni su www.soccorsocontadino.eu
Tra gli Acampamentos dei Sem Terra che lottano per la giustizia in Brasile Sono contadini senza terra da coltivare: per questo occupano i latifondi dei grandi proprietari e creano comunità di resistenza
È
un pomeriggio come tanti quello in cui, scorrendo velocemente la posta, scopro casualmente che stanno per scadere le domande per partecipare ai campi di lavoro dell’Arci. Due soli giorni per decidere. Sul sito dell’Arci varie possibilità, ma il campo che colpisce tra tutti la mia attenzione è quello in Brasile. “Condivisione dell’esperienza dei Sem Terra - Maranhão, 12-28 luglio”: questa la sintetica descrizione. Bastava. Dei Sem Terra avevo più volte sentito parlare e questo mi sembrava sufficiente per dare un significato importante all’esperienza. È così che sono partita per il Brasile, dove non ero mai stata, per cercare di conoscere e condividere la vita e l’organizzazione di uno dei più grandi movimenti sociali di tutto il Sud America: il Movimento Dos Trabalhadores Do Sem Terra (MST). Il Maranhão è uno stato del Nord Est del Brasile. Da Fortaleza, dove con i miei compagni di viaggio siamo arrivati con volo diretto da Roma, abbiamo raggiunto Sao Luìs, la capitale del Maranhão. Ad accoglierci, alcuni militanti del movimento che, attraverso una dimostrazione recitata, la mistica, ci introducono subito nella realtà di un movimento che si batte per la giustizia ugualitaria, per l’unità dell’America Latina e di tutti i movimenti dei poveri che lottano per la giustizia sociale. Immediatamente, si respira lo spirito di solidarietà e di impegno che caratterizza il movimento e così, mano nella mano, ci ritroviamo a seguire i canti intonati da Zaira, Antonio, Neri, Enjug, Ines ed altri. Il Brasile è un paese povero con forti disuguaglianze sociali. Uno dei problemi maggiori è rappresentato proprio dalla terra; un problema storico che in Brasile non è mai stato risolto. Anche
foto di Giulio Di Meo
Lula, l’attuale Presidente nato povero in una delle tante aree rurali del paese e eletto nel 2002 anche grazie all’appoggio dei Sem Terra, ha deluso le aspettative di quanti speravano in una vera riforma agraria. La terra in Brasile è ancora e per la maggior parte, in mano a pochi e ricchissimi fazendeiros ed è per guidare le lotte dei tanti contadini per ottenere la riforma agraria che, nel 1984, nasce il Movimento dei Sem Terra. Lo strumento principale della lotta è, quindi, quello dell’occupazione, un’occupazione pacifica di terre abbandonate e spesso improduttive. Perché possedere la terra è segno di potere e non importa se poi la si lascia abbandonata a se stessa. La lotta per la riforma agraria è, quindi, una lotta per la giustizia sociale: i poveri contro il latifondo. Quando i Sem Terra occupano, quello che succede è che la gente, sul quel pezzo di terra, si accampa e sono centinaia le famiglie che improvvisamente si
foto di Giulio Di Meo
La nuova solidarietà dal basso
Sostieni la libera informazione. Sostieni l’Altracittà. Con la tua pubblicità. Facendo conoscere il giornale. Informazioni allo 055/601790 o via e-mail: redazione@altracitta.org
è da poco uscito in libreria “Il nuovo mutualismo. Sobrietà, stili di vita ed esperienze di un’altra società” (Feltrinelli, 10 euro) scritto dal nostro collaboratore Lorenzo Guadagnucci. Con la parola mutualismo si intendono quelle forme di solidarietà e aiuto reciproco che si diffondono all’interno di una comunità, come erano una volta le società di mutuo soccorso, le unioni operaie, le cooperative. Oggi, in piena crisi dello stato sociale, in tempi di neoliberismo e deregulation, rinascono dal basso e si moltiplicano nuove forme di mutualismo: i gruppi di acquisto, le banche del tempo, le reti di solidarietà internazionali... Finora si è prestata poca attenzione alle connessioni esistenti fra queste esperienze. Che legame c’è fra la campagna Bilanci di giustizia, che promuove il cambiamento e la riduzione dei consumi domestici, e il Fondo etico e sociale delle Piagge? Oppure fra la campagna “Cambieresti?” avviata dal Comune di Venezia e la Banca etica? Il filo rosso è probabilmente una rinnovata idea di mutualismo. In tutte queste esperienze la persona torna infatti protagonista e la partecipazione prevale sulla delega. Il limite di questo “nuovo mutualismo” è la dimensione: le singole esperienze sono ancora molto piccole e le connessioni fra i vari spezzoni sono spesso labili. Servirebbe uno scatto, un salto di qualità. Ma sarà possibile? In America Latina le reti di economia solidale, le strutture pubbliche autogestite, le fabbriche recuperate dai lavoratori hanno creato un movimento imponente, che ha cambiato il volto di paesi come l’Argentina e il Brasile. Niente, quindi, sembra impossibile. Il professor Tonino Perna nella prefazione scrive così: “Visto dal basso, il nostro mondo è molto più vario, più ricco di vitalità, di fantasia, di entusiasmi”.
trovano a vivere come in una vera e propria comunità fatta di baracche, semplici e spoglie capanne di legno. Quando vedi per la prima volta un Acampamento, il cuore si stringe perché non ci puoi credere. Ma, nonostante questo, scopri e ti raccontano che nell’Acampamento è molto forte il senso di appartenenza alla comunità e forte è lo spirito della lotta, perché la gente vive in attesa di veder riconosciuto, da parte del governo, il diritto a vivere su quella terra, il diritto ad una vita dignitosa attraverso la legalizzazione della loro esistenza. E dalla legalizzazione nasce un nuovo modello dell’abitare: l’Assentamento. Ogni occupazione ha chiaramente la sua storia; possono passare anni per vedere riconosciuto il diritto alla terra e non è detto che questa lotta si svolga sempre in modo non violento. Il movimento conta le occupazioni ma, purtroppo, anche i suoi morti. Durante il nostro campo abbiamo visitato due Assentamenti, quelli di Nova Conquista e di California e, anche se per poco, l’Acampamento di Joao Do Vale in occupazione dal 5 maggio del 2007. Questi luoghi si trovano nel municipio di Açailândia, città tra Belém e Imperatriz, a centinaia di chilometri dalla capitale di São Luís. È una zona molto simile all’Amazzonia chiamata appunto “pre-amazzonia maranhense”: una terra ricca di risorse naturali, resa improduttiva dalle estese monocolture da esportazione e dalle enormi piantagioni di eucalipto che hanno impoverito la terra rendendola sterile perfino alle
coltivazioni originarie. Una terra rossa e brulla dove vivono le famiglie che abbiamo conosciuto e di cui siamo stati ospiti, famiglie che vengono per la maggior parte dalle periferie degradate, povere e spesso violente, di città come Açailândia e Imperatriz. Il ruolo dell’MST è quello di cercare di “organizzare” la vita di queste persone che improvvisamente si ritrovano a vivere una dimensione comunitaria. E tra loro abbiamo trascorso le nostre giornate. All’inizio non è certo stato facile capire dov’eravamo finiti perché la differenza con il nostro mondo è davvero enorme. Ma ci è bastato veramente poco per sentirci improvvisamente parte di quella vita e di quelle comunità. Abbiamo mangiato riso e fagioli per giorni e giorni; siamo andati a riempirci l’acqua nel pozzo per poterci lavare, abbiamo imparato a servirci delle latrine perché non tutte le case avevano il bagno. Abbiamo vissuto anche alcune difficoltà dovute al fatto di non parlare la lingua ma, nonostante questo, siamo stati bene. Abbiamo partecipato ai diversi incontri che il movimento ha organizzato per noi per introdurci nella loro realtà e, in tutti questi momenti, Reynaldo e Ines, militanti dell’MST, sono stati sempre i nostri punti di riferimento, pazientemente e allegramente vicini. È a loro che va il mio sentito ringraziamento per tutta la disponibilità che hanno dimostrato per far si che questa esperienza rimanga unica, per sempre nei nostri cuori. Floriana Pagano
La candidata Rigoberta non ha convinto gli indios Il Guatemala è andato al voto lo scorso 9 settembre con alle spalle una lunga scia di sangue che ha attraversato l’intera campagna elettorale, segnata dalla morte di circa 50 persone tra candidati, uomini di partito e loro familiari. Gli ultimi due casi risalgono al 6 settembre, giorno dell’assassinio di Wenceslao Ayapan ed Esmeralda Huyu, membri del partito Encuentro Por Guatemala (EG) che candidava alle presidenziali il premio Nobel per la Pace Rigoberta Menchú. Sono stati circa 6 milioni i guatemaltechi chiamati alle urne per eleggere il Presidente della Repubblica che dirigerà il paese per i prossimi 4 anni al posto di Óscar Berger. Hanno votato anche per eleggere il vicepresidente, 158 deputati, 332 sindaci e giunte comunali. Come previsto, ci sarà il ballottaggio, già stabilito per il 4 novembre, tra Alvaro Colom, uomo d’affari che corre per il partito di centro-sinistra Unità Nazionale della Speranza, messo in difficoltà dagli scandali di partito, e Otto Perez Molina, ex generale e leader del Partito Patriota, destra estrema, che promette il solito pugno di ferro contro delinquenza e droga. Secondo i risultati, Colom ha ottenuto il 28,37% dei voti e Perez il 23,97 mentre il premio Nobel Rigoberta Menchù è arrivata appena al 3,3%. Una sconfitta netta, difficile da interpretare. Ci sono voci in Guatemala che cercano di screditare la Menchù, accusandola di aver inventato bugie, soprattutto per quanto riguarda le vicende della sua famiglia. Di sicuro la Menchù non è stata appoggiata proprio da quegli indios che dice di rappresentare, che non hanno apprezzato la sua candidatura, vista come un progetto personale con poco fondamento nella realtà delle comunità. Elena Martelli
Le Piagge, Firenze - Anno XII - Seconda serie - Numero 3 - Ottobre 2007
www.altracitta.org
Mai dire mai, una campagna di umanità
Tutti i ritardi minuto per minuto
Arriva dal carcere di Spoleto l’appello per iniziare uno sciopero della fame il prossimo 1° dicembre per chiedere l’abolizione dell’ergastolo. Sono più di 500 gli ergastolani che hanno già aderito, insieme a loro molti altri detenuti e familiari. La maggioranza si asterrà dal cibo per uno o due giorni, ma una ventina di detenuti faranno sciopero ad oltranza, finché la politica non darà segno di considerare il problema. Ci sono infatti due disegni di legge per l’abolizione dell’ergastolo, presentati da Rifondazione Comunista, che aspettano di essere discussi in Parlamento. Si legge nell’appello: “L’ergastolano non può guardare in faccia il futuro, può solo guardare il tempo che va via”. A noi che stiamo fuori l’appello chiede di aderire alla campagna, partecipando allo sciopero della fame almeno il primo giorno, o diffondendola, o con un piccolo contributo alle spese. Per saperne di più si può vedere sul sito Informacarcere, www.informacarcere.it, o telefonare all’Associazione Pantagruel al numero 055/473070.
Da oggi per i treni c’è uno strumento di controllo diretto: il sito www.ritarditalia.it dà l’opportunità a tutti di segnalare i ritardi di cui siamo vittime o testimoni e consultare nelle pagine delle statistiche quelli già inseriti da altri viaggiatori. Il sito consente anche di richiedere il monitoraggio di un treno, sapere dove si trova in un determinato momento, oppure farsi avvisare se è in ritardo. L’idea è venuta a un fiorentino, Francesco Palmerio, come reazione dopo aver letto su un giornale che le Ferrovie dello Stato davano per puntuali il 97% dei treni. L’esperienza diversa che tutti abbiamo del servizio ferroviario ha spinto Francesco ad elaborare questo sito web per spronare Trenitalia a fare meglio. Il sito è attivo, al momento, solo per i treni dell’Italia Settentrionale e Centrale e non sono gestite le linee in concessione.
Publiacqua, la lotta dei lavoratori non si ferma e interroga la politica La protesta continua con nuove strategie, mentre tutto tace dal Comune di Firenze, maggiore azionista pubblico dell’azienda (segue dalla prima) il numero dei sorveglianti di notte. Anche qui oggi viene impiegata una sola persona. Per ovviare al problema della sicurezza è stato adottato il cosiddetto ‘uomo morto’, ovvero un sensore applicato alla cintura del turnista che manda l’allarme nel momento in cui la persona dovesse cadere. La cosa grave è che al momento dell’invio del segnale di allarme tutte le porte dello stabilimento si aprono e restano spalancate per due ore; compresa la porta della stanza del telecontrollo da cui si gestisce tutto l’acquedotto. è evidente come in quelle due ore chiunque potrebbe entrare e contaminare l’acqua che arriva nelle case di Firenze e Prato. Il sensore invia inoltre solo un allarme senza indicare né dove né in che condizioni si trova il ferito. E Mantignano è un’area enorme, con un bosco e un sottobosco fittissimo, dove in passato sono successi anche spiacevoli fatti di cronaca. Dal 15 al 19 agosto infine l’acqua non è stata controllata perché il laboratorio unico e centrale era, per volontà dell’azienda, chiuso per ferie”. Quali sono le cause di queste scelte così pericolose per la salute dei cittadini? “è evidentemente un processo frutto della gestione privata di Publiacqua: tagli sul costo del lavoro, riduzioni di turni e personale, meno controlli e riduzione degli investimenti sulla sicurezza. L’acquedotto fiorentino dopo l’ingresso della multinazionale Acea ha dimezzato i controlli sull’acqua. Quando non c’era l’azionista privato si facevano più controlli e le tariffe rimanevano basse, adesso la salute dei cittadini viene messa a repentaglio con meno controlli e le tariffe aumentano”. La proprietà taglia i costi, diminuisce i controlli e le bollette aumentano. Come mai? Crediamo che questo strano rapporto debba essere indagato in profondità, soprattutto alla luce delle ultime dichiarazioni di Publiacqua che ha annunciato, durante un’audizione presso la Commissione Controllo del Comune di Firenze, che per il 2007 è previsto un utile di esercizio tra i tre e i quattro milioni di euro mentre il bilancio 2006 si era chiuso con un utile al di sotto dei quarantamila euro. Il profitto per i soci azionisti, pubblici e privati sembra così prevalere sulla buona gestione aziendale in termini di sicurezza e di rispetto dei lavoratori. In questa dinamica il ruolo del Comune di Firenze, tra i più importanti azionisti di parte pubblica, è fondamentale per arrivare ad un accurato controllo e rendere così trasparenti i bilanci di Publiacqua. Potrebbe verificare, ad esempio, se alcune voci che prima erano messe a bilancio come costi di manutenzione non siano passate nella colonna degli investimenti; un artificio contabile che permetterebbe un aumento delle tariffe non proporzionato, con un vantaggio per gli azionisti e non per chi a Firenze l’acqua la usa per lavarsi o per cucinare. Per contrastare questa politica i lavoratori di Publiacqua si sono organizzati e dal 6 agosto scorso nello stabilimento di Mantignano sono stati indetti gli scioperi al contrario, una forma di protesta innovativa in grado di sostenere chi è costretto al turno solitario voluto dalla dirigenza. Uno sciopero importante, perché in grado di mostrare i limiti della gestione privata, sostenuto dalla società civile fiorentina e toscana e anche
E il socio privato sparisce dal sito... Chi volesse capire l’assetto societario di Publiacqua e cercasse una risposta sul sito istituzionale (http://www.publiacqua.it) non troverebbe che una risposta parziale e poco trasparente. Nella pagina dedicata ai soci sono infatti indicati tutti i Comuni che partecipano la società oltre che due imprese pubbliche (Consiag e Publiservizi). Nessuna citazione per il socio più importante, la multinazionale Acea che però detiene ben il 40% tramite la controllata (al 68%) Acque Blu Fiorentine. L’informazione è però disponibile a tutti grazie ad Acea stessa, perché quotata in borsa è quindi obbligata alla trasparenza. A quando la stessa limpidezza per i conti delle società partecipate pubblico/privato?
Inceneritori: i pasticci di Campi Bisenzio, le bugie di Montale
I
l Presidente della Repubblica ha sciolto il Consiglio comunale di Campi Bisenzio. Ma cosa è successo per arrivare ad una decisione così grave? Il sindaco di Campi legittimamente eletto nel 2004 è la diessina Fiorella Alunni. Allo scadere dei primi tre anni la maggioranza che la sostiene giudica però insufficiente la sua capacità di governare. Non avrebbe saputo gestire a dovere il piano urbanistico della città (è in corso un procedimento penale che ha coinvolto oltre 30 tra funzionari pubblici e imprenditori) e nemmeno la vertenza tra cittadini e amministrazione sulla costruzione del nuovo inceneritore della Piana. La legge elettorale dei Comuni dice che se un sindaco si dimette si torna a votare. Ds e Margherita però non vogliono tornare alle urne perché temono un crollo dei consensi. La creatività non manca, a luglio si sviluppa l’idea di un rimpasto di giunta che rimette in pista come vicesindaco Adriano Chini, già sindaco di Campi per 14 anni. Subito dopo l’Alunni accetta un incarico incompatibile con la carica di sindaco (diventa presidente di Farmapiana, l’azienda delle farmacie) e si dimette, lasciando a Chini la reggenza del Comune. Il gioco dura poco, fino appunto allo scioglimento deciso da Napolitano il 12 settembre. Si andrà a votare nella primavera prossima, un anno prima della scadenza naturale. Chissà se i campigiani avranno ancora voglia di farsi prendere in giro da una classe politica del genere. Intanto dalla provincia di Pistoia arriva l’ennesimo esempio di come le amministrazioni pubbliche non abbiano in considerazione i cittadini. L’inceneritore di Montale è stato chiuso a metà luglio dopo la pubblicazione dei dati di Arpat sui controlli dell’impianto. Le emissioni delle diossine e dei furani, pericolosissimi agenti cancerogeni, sono risultate ben 6 volte superiori ai limiti di legge. La cosa grave è che sia l’Arpat che la società gestrice Cis s.p.a. sapevano da tempo, senza comunicarlo, che emissioni simili mettevano a grande rischio gli abitanti della Piana fiorentina. Come possiamo fidarci allora di quello che le istituzioni ci raccontano, ad esempio sulla salubrità del nuovo inceneritore di Case Passerini? Quando sarà chiaro che l’incenerimento dei rifiuti è sempre pericoloso nonostante le rassicurazioni dei politici? Quando si capirà che bisogna investire di più nella riduzione e nel riciclaggio dei rifiuti? Riccardo Capucci e Giada Tognazzi
da padre Zanotelli, uno dei massimi difensori del bene comune acqua, ovvero di un bene che rappresenta un diritto inalienabile per ogni essere umano. L’azienda ha reagito scompostamente e oggi minaccia di licenziare coloro che scioperano. Luciano D’Antonio è categorico, la protesta, garantita dalla Costituzione, va avanti. “Dal 6 agosto non è passata una notte senza che i lavoratori di Mantignano abbiano lasciato da solo il collega turnista. Sono state indette negli stabilimenti di Firenze anche sedici ore di sciopero, un mese di blocco degli straordinari e la disobbedienza dei turnisti agli ordini di servizio unilaterali emessi dalla direzione aziendale. L’adesione a Mantignano è stata totale. Questa lotta è così sentita che cresce giorno dopo giorno insieme alla consapevolezza della gravità della situazione”, continua D’Antonio, annunciando quale potrebbe essere il prossimo passo: il blocco del recupero crediti, per far arrivare in ritardo questi soldi nelle casse di Publiacqua. D’Antonio ci lascia con una conferma: “Questa vicenda dimostra come al privato interessino solo i profitti e come per raggiungere questo obiettivo non si faccia scrupoli, aumentando le tariffe, abbattendo il costo del lavoro a scapito della qualità del servizio.” Cosa succederà adesso? Da quale parte si schiererà il maggior azionista pubblico di Publiacqua, ovvero il Comune di Firenze? Avrà il sindaco Domenici la forza, il coraggio, la cultura per schierarsi dalla parte del bene comune, dei diritti dei lavoratori, del diritto alla sicurezza degli utenti? O preferirà continuare a sostenere l’interesse economico dei privati, di quella stessa Acea che opera sotto l’egida del sindaco di Roma Walter Veltroni, suo compagno di partito e leader nazionale del Partito Democratico? Presto il Consiglio comunale di Firenze affronterà tutta la vicenda Publiacqua nella sua complessità. Oggi, in favore di una ripubblicizzazione dell’azienda troviamo schierata solo l’opposizione di sinistra formata da Unaltracittà/Unaltromondo e Rifondazione Comunista, mentre fuori dal Palazzo a volere i privati fuori dalla gestione dell’acqua sono quegli stessi movimenti che hanno raccolto in tutto il Paese più di 400.000 firme per una legge di iniziativa popolare. Saprà ascoltarli la politica? Giada Tognazzi
Acea indagata dall’Antitrust L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha aperto un’istruttoria per presunta violazione dell’articolo 81 del Trattato di Roma (intese restrittive della concorrenza) in relazione all’acquisizione da parte della multinazionale ACEA della quota del 40% della società Publiacqua che gestisce l’ATO di Firenze.
INTEGRAZIONE
Fiori di pesco, il cinese per tutti Insegnare il cinese a classi composte da ragazzi cinesi e italiani, tutti insieme. è questo il progetto “Fiori di pesco”, giunto al terzo anno di vita, realizzato presso la scuola media Manzoni e la Paolo Uccello del Quartiere 5 di Firenze, il quartiere con la più alta densità di immigrati provenienti dalla Cina. L’iniziativa, realizzata col contributo della Provincia e del Comune di Firenze, nasce dalla pluriennale esperienza del Centro di alfabetizzazione in L2 (italiano come seconda lingua) “Gandhi”. “Fiori di pesco” non è solo un modo per dare la possibilità di apprendere una lingua che ormai il mondo intero considera la lingua del futuro, ma è anche, o soprattutto, un ottimo strumento di integrazione fra i ragazzi delle scuole in cui vengono realizzati i corsi. Se da una parte servono per far conoscere e mantenere vive le radici culturali dei bambini cinesi, che spesso ritornano in patria subito dopo le scuole medie, dall’altra sono importantissimi per avvicinare i nostri bambini al mondo di provenienza dei loro compagni, così diverso e lontano dal nostro. “I questionari che abbiamo distribuito alla fine del primo anno di corso hanno messo in mostra come i bambini abbiano apprezzato l’esperienza”, ci spiega Caterina Bertelli, responsabile del Centro Gandhi, “è straordinario l’interesse e la curiosità che mostrano i bambini italiani verso la cultura e le tradizioni dei loro compagni cinesi”. Questo è lo spirito del progetto nato appunto sulla scia dell’esperienza dei laboratori interculturali gestiti dalla rete dei Centri di alfabetizzazione – a Firenze sono tre – e cresciuti moltissimo negli ultimi anni, tanto da essere realizzati ad oggi in ben diciotto scuole del Quartiere 5. Alessandro Zanelli
PRIVILEGI
Fiorentina stressata o timpani rotti? Per i tifosi della Fiorentina che abitano vicino all’aeroporto di Peretola potrebbe nascere il dubbio che forse era meglio che la “Viola” non si qualificasse per la Coppa UEFA, dato che questo potrebbe portare a peggiorare la qualità dei loro sonni... Il fatto è che le partite di Coppa UEFA si disputano il giovedì sera; perciò, in occasione delle trasferte europee, la Fiorentina dovrà tornare a Firenze a notte fonda. Quando però l’aeroporto Vespucci è chiuso, almeno in teoria. Perciò l’aereo “viola” dovrà far scalo a Pisa da dove i giocatori sarebbero obbligati a prendere taxi o pullman, col rischio di arrivare a casa a giorno fatto. Per evitare ai propri calciatori questo “stress”, che potrebbe rendere difficoltosa la loro preparazione per la partita di campionato della domenica successiva, la società dei Della Valle sta facendo pressing affinché venga permesso di atterrare a Peretola anche durante l’orario di chiusura. Che questo lo chieda la Fiorentina e la sua tifoseria (che forse pensa che a Peretola siano tutti “gobbi”...) ci può stare. Ma che anche il Comune di Firenze, in prima fila l’assessore Giani, abbia deciso di schierarsi dalla parte dei “miliardari del pallone” invece che da quella di timpani e dei polmoni dei cittadini che già sono costretti a sopportare l’aeroporto tutti i santi giorni, lo troviamo inaccettabile e scandaloso. Anche se capiamo che è in linea con la politica di questa giunta... Per fortuna c’è l’ENAC (Ente Naz. Aviazione Civile, l’ente che regola il funzionamento degli aeroporti) che si oppone e dice no all’apertura notturna del Vespucci, inadeguato a garantire la sicurezza dei voli notturni. Per una volta, forse, saranno giustamente i miliardari a doversi “sacrificare”, non i normali cittadini! Massimo Parrini
3
4
www.altracitta.org
Le Piagge, Firenze - Anno XII - Seconda serie - Numero 3 - Ottobre 2007
Grillo sì
Grillo no
Beppe Grillo ci convince quando denuncia lo sfascio della politica italiana compiuto dai partiti. Ci convince quando porta in piazza un milione di persone per dire no alla deriva della democrazia. Quando attacca la casta a cui appartengono personaggi politici come Mastella, Amato, Berlusconi, D’Alema, Fassino; del giornalismo come Riotta, Fede, Mieli; delle imprese come Tronchetti Provera, Montezemolo, Consorte. Ci convince quando difende i magistrati che indagano gli affari della politica come Clementina Forleo e Luigi De Magistris. Ci convincono soprattutto le decine di migliaia di ‘grillini’ che ormai da un paio di anni lavorano in tutto il Paese a livello locale sulle energie rinnovabili, contro gli inceneritori, per la ripubblicizzazione dell’acqua, per la partecipazione attiva nei consigli comunali.
Beppe Grillo non ci convince per niente quando è contro l’indulto. Sappiamo benissimo che le carceri sono strapiene di persone, in grande quantità straniere, che hanno commesso reati lievi, gli stessi reati per cui un italiano non viene neanche fermato. Non ci convince quando dice che chi ha commesso un reato non può candidarsi alle elezioni. Non ci convince perché crediamo che sia necessario distinguere, ad esempio, tra un reato di mafia e uno politico. Per intendersi: Cesare Previti è giusto che stia fuori dal Parlamento ma è altrettanto giusto che una personalità come Sandro Pertini, finito in carcere come membro della Resistenza, possa diventare Presidente della Repubblica. Grillo non ci convince nemmeno nelle sue derive razziste, quando attacca indistintamente rom rumeni, albanesi, cinesi come se ‘tutti’ i rom, ‘tutti’ gli albanesi e ‘tutti’ i cinesi commettessero dei reati.
Sarà demolito l’ex-oleificio Nucci In via Pistoiese 50 nuovi alloggi
Già iniziati i lavori per la bonifica del suolo inquinato, per cui nessuno pagherà, mentre vengono denunciati per danni i senza casa sgomberati
L
’ex-oleificio Nucci, la struttura fatiscente che da decenni fa bella mostra di sè in via Pistoiese, finalmente sparirà. Il Comune di Firenze è riuscito a trovare un accordo con la nuova proprietà dell’edificio e del terreno circostante (la famiglia Nucci ha venduto il tutto ad una società immobiliare), affinché realizzi cinquanta appartamenti, di cui solo due in affitto convenzionato, uno spazio dedicato al verde pubblico e una piazza pedonale. Non conosciamo il progetto nei dettagli. Per ora si sa che dovrebbero essere costruiti tre edifici di tre piani e che i tempi di realizzazione non dovrebbero essere superiori ai tre-quattro anni, compresa la bonifica, già iniziata, che dovrebbe avere una durata di un anno. Il fatto che, dopo tanto tempo, dopo tante promesse e proteste, il rudere, con tutto il degrado che comportava, verrà a vita nuova restituito non può che essere una buona notizia. Una buona notizia che però presenta alcuni lati oscuri. Accenniamo a quelli che ci sembrano più gravi. Intanto spiace notare come ancora una volta gli abitanti abbiano dovuto conoscere dalle pagine dei giornali le scelte sulla trasformazione del loro territorio: la partecipazione attiva dei cittadini viene per l’ennesima volta negata, nonostante la retorica talvolta assordante a tal proposito. In questo caso l’assessore all’urbanistica Gianni Biagi ha detto che la colpa è delle procedure, che dovevano essere chiuse in fretta. E così si è sacrificata l’informazione, dovuta, alla cittadinanza. Biagi ha anche promesso che organizzerà un incontro per presentare il progetto, al fine anche di potervi apportare eventuali modifiche, specialmente riguardo agli spazi verdi. I lavori di bonifica sono già iniziati e alcuni addetti stanno ripulendo l’area da tutto ciò che vi si è accumulato sia durante gli anni in cui era attivo l’oleificio, sia nei successivi decenni di abbandono. Per dare il via ai lavori, si è prima è provveduto al definitivo sgombero di coloro che occupavano abusivamente l’edificio. E qui viene la parte più paradossale: nove persone sono state allontanate, e denunciate per danneggiamento. Una misura che è talmente ridicola quanto pesante per coloro che l’hanno subita. Mentre la proprietà che ha lasciato l’edificio crollare a pezzi, provocando un enorme danno al sottosuolo per via dell’olio disperso, non solo non viene punita, ma addirittura viene premiata con la possibilità di lucrare sui nuovi appartamenti, i disgraziati che vi si erano rifugiati, non trovando altro posto dove andare, vengono addirittura denunciati per danneggiamento. Massimo Parrini
Clima pazzo anche alle Piagge, alberi in fiore tutto l’anno
L
a foto raffigura una pianta di biancospino del giardino di via Calabria alle Piagge, scattata nel mese di settembre. Come potete vedere è in piena fioritura; e non è l’unico! La stranezza della cosa è data dal fatto che i biancospini di solito fioriscono una sola volta l’anno, a primavera. Così anche alle Piagge si può vedere come i cambiamenti climatici in corso stanno facendo impazzire anche le piante... Massimo Parrini
Caro mio cuore, tu chiedi al pensiero di vagare nel lontano passato per riportare al presente fatti bellissimi di amore intenso vissuti con grande trasporto. Non pensi che ora sia un grande dolore? Cuore, il presente ti porta davanti ciò che non meriti. Credi è tutta finzione: è solo una falsa realtà. Questa poesia è stata composta da Emilio Santoni, un abitante delle Piagge, che ce l’ha voluta regalare. Visto che le nostre pagine hanno uno spazio limitato, abbiamo colto l’occasione per aprire una piccola sezione dedicata alla poesia sul nostro sito web, all’indirizzo www.altracitta.org/poesia è qui che d’ora in avanti troveranno posto le vostre creazioni, a totale giudizio della redazione e compatibilmente con altre esigenze organizzative.
Prossimamente al C.S. Il Pozzo
S
egnaliamo tre eventi interessanti che si svolgeranno in ottobre alle Piagge, al Centro Sociale Il Pozzo, in via Lombardia 1p: Domenica 14 ottobre (o in caso di pioggia il 21) passa da qui la pedalata “Viandanti di pace”, percorso in più tappe in bicicletta organizzato dalle Fondazioni Don Milani, Langer, Capitini, Balducci, La Pira. Ad ogni tappa in vari punti della città verranno letti dei brani di personaggi come Ernesto Balducci, Giorgio La Pira, Alex Langer, Tiziano Terzani, che hanno operato per la pace e per il dialogo tra i popoli. Alle Piagge, arrivo previsto intorno alle 10.20, saranno letti brani di Don Milani e offerto un piccolo ristoro. Ad ogni partecipante sarà consegnata una pubblicazione con le biografie e le letture svolte. Si chiede inoltre di portare un segno di pace: il più originale sarà premiato al termine della giornata. Contributo richiesto 2 euro. Per vedere tutto il programma si può andare sul sito www.tandemdipace.it o telefonare allo 055/2668469. Venerdì 27 ottobre sarà la volta dell’incontro dedicato ai ragazzi di strada del Guatemala e alla Rete di amicizia Amistrada, che lavora con loro insieme allo psicologo Gérard Lutte. Saranno presenti esponenti di Amistrada e lo stesso Lutte (da confermare), che racconteranno la realtà del Guatemala dove circa 5.000 minori vivono di espedienti senza un sostegno familiare né una casa. Per saperne di più www.amistrada.net Martedì 30 ottobre alle 18.30 si svolgerà un incontro-laboratorio con Alessandra L’Abate, tessitrice e mediatrice culturale in alcune comunità gandhiane in India. Sarà un momento di riflessione e scambio di esperienze sulle attività di Weavers Wheel, Ruota dei tessitori, una rete di artigiani e comunità che lavora per una filiera pulita ed equa. Nel laboratorio sarà possibile tessere insieme piccole foto dei nostri volti in due lunghe stringhe colorate una delle quali partirà per l’India. A seguire cena condivisa. Per sapere tutti i dettagli e il programma di queste giornate, si può telefonare al Centro Sociale Il Pozzo allo 055/373737.
Dentro le storie
a cura di Massimo Caponnetto
«‘Mezzo maschio e mezza femmina’, così bisbigliavano di me nel quartiere dove abitavo. Quel sussurro è cresciuto con l’età, fino a diventare ostilità, emarginazione. La riconosco tuttora, nell’espressione e nello sguardo di chi mi sta davanti, appena la verità si affaccia. Ero un uomo, e oggi sono una donna.» Inizia così “Il volo’, il libro scritto da Sandra Alvino, amica della Comunità delle Piagge; e queste parole portano già con sé il peso più grosso, il dolore più grande, chiamando fin da subito in causa quello che per Sandra è da sempre il suo nemico invisibile: il pregiudizio. Il pregiudizio è intelligenza che va di fretta, che non ha tempo né voglia per soffermarsi. E nella fretta smarrisce il suo significato profondo, che è quello di cercare di capire la realtà, le ragioni di ciò che incontra, e di provare a condividere queste ragioni con gli altri. Per Sandra è normale sentirsi femmina, fin da bambina. Con naturalezza, perchè allora, alla fine degli anni ‘40, non c’erano classificazioni né categorie, e termini come transessuale, identità di genere, travestitismo, erano ancora lontani da venire. Ma nell’Italia di allora ogni forma di diversità era una vergogna, da tenere nascosta nelle proprie case. E Sandra crescendo dovrà scoprire che la diversità che le appartiene, quella sessuale, di genere, portava con sè il segno del peccato, della perversione: era uno scandalo da estirpare, da rinchiudere dietro le sbarre. Ancora minorenne scappa di casa, da una convivenza ormai impossibile. Lo fa anche per evitare che le sue scelte abbiano una ricaduta troppo pesante sui suoi familiari. Ancora oggi ricorda la famiglia con tenerezza, arrivando a comprendere le inadeguatezze dei genitori messi di fronte ad una prova troppo grande per loro e per quei tempi. È l’accanimento delle istituzioni che Sandra non riuscirà mai a perdonare. Ha chiamato per questo la seconda parte del libro, quella dove si racconta la carcerazione e gli anni di confino: “La mia Shoah”. Per tanti anni Sandra è stata nascosta, dalla società e dalle istituzioni, nelle varie prigioni italiane. Ed erano sempre celle di isolamento, nicchie di pochi metri quadrati, spesso senza luce; luoghi già invivibili, ma resi ancora più umilianti e dolorosi dai continui abusi, dalle continue violenze di guardie e detenuti eccellenti. Lei individua la responsabilità di tutto questo in una sorta di mente unica, di cui forze dell’ordine, secondini e giudici sono i semplici esecutori. Una mente unica presente anche nella società civile, fra le persone comuni, che esprimono i giudizi più severi, e la costringono per tutta la vita ad una sorta di clandestinità. Nasce un senso di claustrofobia; una storia abnorme chiusa in uno spazio troppo piccolo, senza una via d’uscita, senza nessuno disposto ad ascoltarla. A tutto questo Sandra reagisce sempre con una volontà infinita, indistruttibile. Le basta poco, dopo ogni batosta, per crederci di nuovo, per riempirsi l’anima di speranza. Sandra vola, con l’immaginazione, con la fantasia, con la sicurezza che tanto alla fine ce l’avrebbe fatta. Realizza il suo sogno a 32 anni, conoscendo l’uomo che ancora oggi è al suo fianco, suo marito Fortunato. Grazie al suo aiuto andrà a Londra per effettuare l’intervento chirurgico che cambierà il suo sesso. Un intero passato di dolore, di esclusione, sembrava allora per sempre alle spalle. Non sarà così, ma ancora oggi Sandra rivive quella promessa di cambiamento con grande emozione, come il momento in cui tutto sembrava possibile, persino poter vivere una vita normale. Ma il pregiudizio è una montagna invalicabile, e «la diversità è un marchio, e non esiste operazione che la cancelli. Attira su di sé tutta l’attenzione, riassume in sé tutta la nostra identità, e questo vale per sempre». Molte cose sono cambiate, ma Sandra è costretta a leggere ancora in troppi sguardi un giudizio di rifiuto, di condanna, e ancora troppo spesso è chiamata a giustificare il suo passato, anche davanti alle autorità giudiziarie che nei loro terminali la definiscono tuttora come un “soggetto socialmente pericoloso”. E così Sandra ha fondato un’associazione per sostenere tante altre donne nella sua stessa condizione. E la sua lotta si rinnova, tutti i giorni. «Sono stata e sono tuttora ostinata, e chiunque ha coraggio e ostinazione apre nuove vie. E’ il compito più prezioso che la vita può riservarci. E ad ogni via aperta il mondo si fa un po’ meno stretto, più libero, meno schiavo dei pregiudizi».
Il progetto Altracittà L’Altracittà, giornale della periferia è nato nel 1995 per raccontare le dinamiche locali e internazionali della globalizzazione economica e le esperienze di chi resiste e lotta per un sistema alternativo, più equo e rispettoso della persona e degli equilibri Nord/Sud del mondo. Viene pubblicato dalla Comunità delle Piagge, una realtà di base fondata sulla prassi del coinvolgimento e sulla logica dell’autodeterminazione sociale. Sono molte le attività proposte sul territorio e, oltre al giornale che avete tra le mani, vi segnaliamo il doposcuola, i corsi di alfabetizzazione per stranieri, i centri estivi, i laboratori di formazione professionale, le opportunità di lavoro per coloro che vivono una condizione di svantaggio. Non mancano le attività di agricoltura biologica, giardinaggio, riciclaggio di rifiuti, commercio equo e solidale, attivismo politico. Un capitolo a parte merita il Fondo Etico e Sociale, un progetto di microcredito nato dall’idea di dimostrare che ci possono essere modi alternativi nell’uso del denaro ma anche dalla voglia di essere elementi attivi di un cambiamento a partire dal territorio nel quale viviamo. In sette anni di attività il Fondo ha raccolto più di 105.000 euro e compiuto 80 prestiti. Tra le attività editoriali ricordiamo Agenzia di Base, una newsletter bisettimanale per comunicare gli appuntamenti interessanti dell’area fiorentina e le Edizioni Comunità delle Piagge.
l’Altracittà, giornale della periferia Internet: http://www.altracitta.org E-mail: redazione@altracitta.org Direttore responsabile: Cecilia Stefani Progetto grafico: Antonio De Chiara Registrato al Tribunale di Firenze con il n. 4599 del 11/7/1996 Stampato da Litografia IP con il contributo di ECR FIRENZE Redazione: Via Barellai, 44 | 50137 Firenze | Tel. 055/601790