Smart Cities & Citizenship
Sommario Editoriale a cura di Marcel Patrignani, Chairman & CEO di Altran Italia ------------------------------------------------pag.1 - “Smart Cities & Citizenship”: un tema cruciale per la vivibilità urbana ------------------------------------------------pag.2 - Il “Premio Italia 2014” della Fondazione Altran per l’Innovazione
Agenzia per l’Italia Digitale pag.41 - I due capisaldi della smart citizenship: disponibilità di informazioni e interazione Intervista a Francesco Tortorelli, dirigente dell’AgID - Agenzia per l’Italia Digitale
Altran & le smart cities La parola agli esperti: interviste ai membri della giuria del Premio Italia 2014
Fondazione Altran per l’Innovazione Esperienze, ricerche, opinioni sul tema del Premio Italia 2014 “Smart cities & citizenship”.
Questa pubblicazione è stata realizzata dal Communication Office di Altran Italia Concept: Tiziana Sforza Testi: Milena Briganti, Graziano Rossi, Tiziana Sforza Design e impaginazione: Nicoletta Gentile
Per informazioni: premioitalia@altran-foundation.org
pag.5 - La via da percorrere è la democrazia deliberativa: comunità virtuali di dibattito che approfondiscono temi cercando di arrivare a un consenso ragionato Intervista ad Alberto Martinelli, Università degli Studi di Milano ------------------------------------------------pag.11 - “La mia idea di smart city? Sicura, accessibile, sostenibile e bella” Intervista a Francesco Alessandria, Università Mediterranea di Reggio Calabria ------------------------------------------------pag.17 - Co-partecipazione e co-design: le parole chiave per realizzare la smart citizenship Intervista a Carlo Maria Medaglia, Sapienza Università di Roma ------------------------------------------------pag.23 - Il successo delle smart city dipenderà dal coinvolgimento dei cittadini come fornitori di dati e servizi Intervista a Maurizio Morisio, Politecnico di Torino ------------------------------------------------pag.27 - Il futuro? Una nuova forma di interazione con il tessuto urbano che darà un ruolo sempre più centrale al cittadino Intervista a Francesco Vatalaro, Università degli Studi di Roma Tor Vergata
pag.45 - Altran coordina Smart City+, il progetto che mette in rete le città intelligenti francesi ---------------------------------------------pag.46 - Wiki Walk, smart citizens grazie alla geolocalizzazione vocale ---------------------------------------------pag.47 - Dalle “Smart Cities” alle “Smart Societies”: Altran promuove una visione sociale delle città
Innovation Week & maker faire 2014 pag.49 - Personal Democracy Forum 2014: le esperienze di Open Coesione e FoodCAST ---------------------------------------------pag.53 - Marioway, etica ed innovazione tecnologica per la carrozzina che rivoluziona la mobilità ---------------------------------------------pag.55 - Meet IoT: quando l’Internet of Things incontra le Smart Cities ---------------------------------------------pag.57 - “Social Innovation Cities”. Il futuro urbano è nell’innovazione sociale
CREDITS
Le best practices pag.33 - “Smart City Exhibition”: le città intelligenti si raccontano a Bologna dal 22 al 24 ottobre 2014 ------------------------------------------------pag.37 - SMILE, la ricetta di Torino per essere più smart
Chiuso nel mese di ottobre 2014.
Immagini fornite da Fotolia © 2004 - 2014 ALTRAN FOUNDATION FOR INNOVATION
Editoriale Il Premio 2014 della Fondazione Altran – “Smart Cities & Citizenship” - ha riscontrato un grande consenso confermato non solo dalle numerose candidature pervenute da parte di privati, enti pubblici, start-up e mondo accademico, ma anche dall’apprezzamento dimostrato dai nostri stakeholders. La Fondazione Altran, focalizzandosi sull’innovazione tecnologica come strumento per contribuire al bene comune, ha anche il merito di coinvolgere i nostri Innovation Makers* in un grande progetto di volontariato aziendale incentrato sul coaching offerto ai candidati nella stesura dell’application form. A tal proposito ringrazio quanti hanno risposto all’invito di diventare “Coach Foundation”** e che hanno sposato con entusiasmo e passione questa causa diventando “Ambassador Foundation” nella diffusione del Premio 2014 presso soggetti potenzialmente interessati. Un ringraziamento particolare va alla giuria del Premio 2014, composta da docenti di comprovata esperienza e prestigio di varie università italiane: Alberto Martinelli (presidente della giuria e professore emerito di Scienza politica e Sociologia all’Università degli Studi di Milano), Carlo Maria Medaglia (professore di Interazione Uomo-Macchina e Usabilità, Sistemi e Tecnologie per la Comunicazione presso la Sapienza Università di Roma), Maurizio Morisio (professore presso il Politecnico di Torino, dove guida il gruppo di ricerca di software engineering), Francesco Vatalaro (professore di Telecomunicazioni all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata) e Francesco Alessandria (architetto–urbanista ed esperto in innovazioni tecnologiche dal punto di vista sismico e ambientale). Infine ringrazio il Presidente Onorario di Altran Italia, Aurora Sanza, che da sempre offre un prezioso supporto alla definizione di temi e attività rilevanti per la promozione della Fondazione Altran in Italia. L’interesse sempre maggiore che la pubblica amministrazione e il mondo privato stanno dimostrando nei confronti delle smart cities è segno che la riprogettazione delle aree urbane in termini di servizi offerti al cittadino sta diventando sempre più prioritaria e strategica. In questo contesto di crisi e difficoltà di reperimento delle risorse pubbliche, sarà possibile attuare questa “rivoluzione” delle città solo grazie a interventi sinergici tra imprese e amministrazioni. La Fondazione Altran, con il Premio Italia 2014, ha raccolto la sfida e intende contribuire a questa rivoluzione, supportando il progetto vincitore con un accompagnamento tecnologico basato sul know-how degli esperti di Altran. Inoltre mi fa piacere ricordare che il vincitore italiano concorrerà automaticamente alla selezione internazionale della Fondazione Altran, insieme ai progetti vincitori di altre countries del Gruppo Altran. Questo darà al vincitore italiano l’opportunità di essere conosciuto e apprezzato al di fuori dei confini nazionali: una chance in più di visibilità e di creare partnership strategiche per crescere.
Marcel Patrignani Chairman & CEO di Altran Italia
* i dipendenti di Altran ** (i nomi dei colleghi sono riportarti nei credits nell’ultima pagina di questo Magazine)
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Smart Cities & Citizenship: un tema cruciale per la vivibilità urbana
“Di una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda” Italo Calvino, tratto da “Le città invisibili”
Città e innovazione sono un binomio inscindibile perché la tecnologia rinnova il significato di convivenza urbana. Nelle “smart cities” le tecnologie digitali e le reti sociali, composte e animate dai cittadini, cooperano al miglioramento degli stili di vita e di interazione nelle città. La “città intelligente” è dunque un tutt’uno con la “cittadinanza intelligente”. In Europa il tema delle “smart cities” si intreccia con l’Agenda urbana e l’Agenda digitale, parte integrante della strategia Europa 2020. Essa attribuisce un ruolo determinante alle città per migliorare la vivibilità dei cittadini negli spazi urbani. Il prof. Mark Deakin, che partecipa al progetto “Smarter Cities dell’Unione europea”, afferma: “Quando si parla di e-utopie, ci si riferisce all’idea di governare bene, rendendo città più inclusive socialmente e con un migliore accesso ai servizi”. Ci sono impatti anche sul versante giudirico-legale. Il “diritto alla cittadinanza”, affrontato nell’articolo 15 della Dichiarazione universale dei diritti umani, se associato alla trasformazione delle città in modo più “intelligente”, si estende idealmente alla sfera dell’esercizio dei diritti democratici attraverso la tecnologia. Quest’ultima, consentendo infatti una più ampia partecipazione dei cittadini, facilita la funzione civica di controllo del funzionamento e della trasparenza delle istituzioni. Oggi nelle città vivono 3,3 miliardi di persone. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, da qui al 2050 la popolazione mondiale raddoppierà e il 70% si riverserà nelle città, facendo aumentare la richiesta di spazi urbani, infrastrutture e servizi. Per gestire la complessità urbana attuale e futura, sono necessari tool digitali che consentano ai cittadini di esercitare attivamente la propria cittadinanza, attraverso la conoscenza, il confronto e la collaborazione. L’innovazione nelle ICT può rendere i servizi pubblici più efficienti, se maggiormente inclusivi e sviluppati in collaborazione con gli utenti. La sfida sta nel saper interpellare i dati per migliorare qualitativamente la vita di tutti i cittadini. La diffusione di mobile devices e delle reti di sensori offrono, oggi, soluzioni innovative in vari settori: lavoro, mobilità, utilizzo degli spazi, condivisione di idee e informazioni, mappatura e monitoraggio dei processi di funzionamento della città, controllo e rating di servizi.
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Il Premio Italia 2014 della Fondazione Altran per l’Innovazione: “Smart cities & citizenship” Gli assi su cui si sviluppa una Smart City sono molteplici: mobilità, ambiente, energia, edilizia, economia, capacità di attrazione di talenti e investimenti, partecipazione e coinvolgimento dei cittadini. Su quest’ultimo aspetto si sofferma la Fondazione Altran per l’Innovazione con il Premio Italia 2014. Saranno infatti apprezzate le soluzioni tecnologiche interattive che forniscano strumenti efficaci di gestione delle questioni urbane tramite il coinvolgimento dei cittadini in molteplici settori: dalla mobilità all’accesso al welfare, dalla formazione alla cultura, dal monitoraggio della spesa pubblica alla segnalazione di atti che mettono in pericolo il decoro urbano e la sicurezza dei cittadini. La Fondazione Altran sposa la tesi di Zygmunt Bauman – sociologo della “modernità liquida” - il quale afferma che “la rete internet è lo strumento naturale per promuovere la democrazia”. La Fondazione Altran apprezzerà dunque i progetti focalizzati sull’implementazione delle tecnologie di internet a supporto della citizenship. Rappresentano un punto di partenza anche le tesi di Howard Rheingold, uno dei più noti studiosi di new media e autore del saggio “Smart mobs. The next social revolution”. Il fenomeno emergente degli smart mobs, azioni collettive organizzate tramite una convocazione a catena che viaggia su siti internet, sui social network o sulle e-mail - conferma che l’uso delle reti è di primaria importanza nel rilanciare forme di auto-organizzazione e attivismo nello spazio pubblico. La connettività diffusa e la digitalizzazione delle comunicazioni sono condizioni dunque indispensabili per la citizenship. La Fondazione Altran premierà quelle soluzioni che facilitano l’interazione sociale dei cittadini, rafforzano i legami attraverso le community online, supportano la mobilitazione civica dal basso e coordinano le istanze di impegno sociale. Un ulteriore aspetto considerato con attenzione dalla Fondazione Altran sarà la condivisione delle risorse (sharing economy e crowd technologies), attraverso soluzioni digitali che consentano di accedere a beni, servizi e idee.
Per candidarsi al bando della Fondazione Altran c’è tempo fino al 31 ottobre 2014. Application form e regolamento sono disponibili su it.altran-foundation.org. 2 ALTRAN FOUNDATION FOR INNOVATION
I numeri delle smart cities • Tra il 2011 e il 2050 la popolazione urbana mondiale è destinata ad aumentare di 2,6 miliardi, portando il numero totale di abitanti delle città a 6,3 miliardi. (fonte: Rapporto “Urbanizing the Developing World” del Worldwatch Institute) • Nei prossimi decenni il 95% della crescita della popolazione urbana mondiale vivrà nei Paesi in via di sviluppo. Si stima che nel 2050 essa aumenterà dagli attuali 414 milioni a 1,2 miliardi in Africa, mentre in Asia balzerà dagli attuali 1,9 miliardi a 3,3 miliardi. Considerati assieme, questi due continenti registreranno l’86% dell’incremento complessivo della popolazione urbana mondiale. (fonte: Centro regionale di informazione delle Nazioni Unite) • Entro il 2050 il mercato legato alle smart cities avrà un valore di 6.3 miliardi di sterline (fonte: Pike Research Report, pubblicato nel febbraio 2013) • La programmazione europea 2014-2020 prevede che circa il 5% dei 30 miliardi destinati all’Italia vada alle città, cifra che raddoppierà grazie al cofinanziamento nazionale • Secondo lo Smart Cities Index 2013, Bologna è la città più avanti nel percorso verso la Smart City. è seguita da Milano e Roma, Reggio Emilia, Torino e Firenze.
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Smart cities & citizenship In palio un accompagnamento tecnologico di 6 mesi fornito dagli esperti di Altran SCARICA L’APPLICATION FORM DA IT. ALTRAN-FOUNDATION. ORG DAL 29 APRILE AL 31 OTTOBRE 2014
Il Premio Italia 2014 della Fondazione Altran “Smart cities & citizenship” e il progetto Smart City+ di Altran Pr[i]me sono citati come case study nel libro “Lo stato aperto al pubblico”, di Marco Barbieri e Sergio Talamo, edito da “Il Sole 24 Ore” (ottobre 2014). Il capitolo intitolato “Smart cities e smart citizenship: la tecnologia a supporto della cittadinanza attiva” mette a confronto varie esperienze di partecipazione dei cittadini ai processi decisionali urbani e al monitoraggio delle politiche grazie alle tecnologie ICT. Si sofferma inoltre sulle sinergie pubblico-privato messe a punto da Cisco, Microsoft, IBM e Altran per agevolare l’accesso della cittadinanza ad applicazioni, piattaforme e strumenti high tech che favoriscano la smart citizenship. Il manuale, scritto da due professionisti della comunicazione pubblica e integrato dalle testimonianze di vari operatori sul territorio, si rivolge agli operatori pubblici della Trasparenza, della Comunicazione e dell’Anticorruzione, e si ispira alla nozione di Trasparenza Comunicativa, realizzata cioè secondo la costante rilevazione del feedback con l’utente. Il lavoro mette in guardia dal rischio che la trasparenza-adempimento vanifichi le grandi potenzialità di una legislazione che ha al proprio centro il cittadino e invita a lasciarsi alle spalle l’inganno del sito internet “vetrina” privo di interazione per passare alla reale soddisfazione del cittadino-cliente. Il testo propone infine un Decalogo per cambiare il ruolo e la percezione della pubblica amministrazione.
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Intervista ad Alberto Martinelli, presidente della giuria del Premio Italia 2014 della Fondazione Altran per l’Innovazione
“La via da percorrere è la democrazia deliberativa:
comunità virtuali di dibattito che approfondiscono temi cercando di arrivare a un consenso ragionato”
L’uso delle reti è di primaria importanza nel rilanciare forme di auto-organizzazione e attivismo nello spazio pubblico. Sarebbero state altrettanto incisive dal punto di vista mediatico l’ “Onda Verde” iraniana del 2009 o la Primavera Araba iniziata nel 2010 senza l’ausilio di Twitter? Avrebbero catalizzato un così gran numero di manifestanti fenomeni come Occupy Wall Street o gli Indignados senza Foursquare o analoghe reti sociali basate sulla geolocalizzazione? Probabilmente questi eventi ci sarebbero stati comunque, ma con difficoltà maggiori. Provando a fare un confronto temporale, ricordiamo che solo qualche decennio fa manifestazioni di protesta analoghe avvenivano attraverso il telefono (comunque controllato soprattutto nei regimi autoritari) oppure più facilmente attraverso volantini ciclostilati. Durante i regimi dittatoriali c’era la cosiddetta “stampa clandestina” o cose del genere. Naturalmente si trattava di una forma di mobilitazione che usava strumenti decisamente più lenti e meno efficaci. Però il ciclostilo è stato molto importante nei grandi movimenti come ad esempio quelli del ’68, gli scioperi degli operai, le manifestazioni degli studenti, dei movimenti femministi. Quello che voglio dire è che i grandi movimenti collettivi ci sono stati anche in passato, quando non c’erano gli strumenti della cosiddetta democrazia digitale. Non c’era la rete come la intendiamo oggi, cioè quella informatica. È indubbio che le reti informatiche hanno potenziato molto gli strumenti, sia nelle democrazie che nei regimi autoritari, e in questo secondo caso c’è l’ulteriore vantaggio di essere meno censurabili e controllati dal potere dispotico. Rispetto per esempio al volantinaggio, in un Paese sotto dittatura la rete aiuta ad aggirare i controlli.
In che modo la smart citizenship modifica i processi di inclusione e partecipazione dei cittadini alla vita urbana? La smart citizenship è collegata al concetto di smart city nella misura in cui le potenzialità che offrono le nuove tecnologie della città intelligente si possono cogliere appieno solo se c’è una cittadinanza capace di utilizzarle in modo da migliorare la qualità della vita urbana e, aggiungerei, anche la qualità della democrazia urbana. Le tecnologie informatiche, come ogni tecnologia, sono in qualche modo “neutrali”. L’importante è l’uso che se ne fa, positivo o meno.
Howard Rheingold, fra i più noti studiosi di new media e autore del saggio “Smart mobs. The next social devolution” parla del fenomeno degli smart mobs, azioni collettive organizzate tramite una convocazione a catena che viaggia su siti internet, sui social network o sulle e-mail. In che modo fenomeni come gli smart mobs modificano l’approccio dei cittadini alla politica? Se si vuole sensibilizzare i cittadini, o una parte dei cittadini, su un problema particolare, è chiaro che avere la possibilità di convocare così immediata e rapida, diventa uno strumento molto importante. In questo senso, per la mobilitazione collettiva di gruppi di cittadini attorno a temi di interesse comune, le opportunità offerte dalla città intelligente sono importanti. Dipende da quali sono i fini degli smart mobs. Teoricamente uno smart mob può essere anche non democratico o anti-democratico: se utilizzati da cittadini che hanno una concezione avanzata della democrazia, e che hanno un progetto di vita urbana che migliori la qualità della vita urbana stessa, questi strumenti sono molto utili e positivi.
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Zygmunt Bauman, autore del concetto di modernità liquida, ha scritto: “la rete internet è lo strumento naturale per promuovere la democrazia”. Concorda con questa affermazione? Sì, nel senso che è uno strumento che potenzia la partecipazione democratica, il controllo democratico, senza dimenticare mai che uno strumento, in quanto tale, può essere utilizzato con fini diversi. Anche un’organizzazione criminale, eversiva o terroristica può fare uso della rete. Dev’esserci uno stretto collegamento tra le reti e gli attori, la loro educazione, la loro cultura.
I Networked publics sono gruppi di persone che usano social media e altre tecnologie digitali per organizzarsi e agire per obiettivi condivisi. Come possiamo riportare principi operanti nella cultura online - ad esempio l’autorganizzazione o l’azione collettiva - nella vita urbana per renderla più social? I Networked Publics sono uno strumento molto accessibile, che permette anche molte forme di “agire dal basso”. Non c’è bisogno di avere un’organizzazione gerarchica, con un leader, o comunque un gruppo dirigente che definisca gli obiettivi e chieda di mobilitarsi per conseguirli. Qui si parla di conoscersi spontaneamente e attraverso la diffusione di un’idea, una proposta, ci si aggrega in gruppi. In questo senso c’è una maggiore spontaneità che nasce grazie all’auto-organizzazione: relativamente facile, non costosa, e che permette anche l’accesso a forme di protesta molto più frequenti.
Mark Shepard ha parlato di “Sentient City” in contrapposizione alla “Smart city”. Ci spiega meglio in cosa consiste questa differenza? Shepard ha presentato il “Sentient survival kit”, una sorta di manuale di sopravvivenza. Lui fa riferimento a degli oggetti, come per esempio un ombrello o indumenti, che permettono di evitare vari tipi di controllo, di sorveglianza. L’aspetto interessante non è tanto nelle proposte degli oggetti (non dimentichiamo che Shepard è un architetto e quindi fa riferimento soprattutto a questo), quanto nel richiamo all’attenzione sul fatto che siamo sottoposti a molte forme di controllo delle nostre azioni e che quindi, attraverso la rete, dovremmo cercare di sviluppare forme di auto-difesa. Difesa della privacy, dell’autonomia. “Sentient” perché si fa riferimento a una serie di strumenti che ci permettono quindi di difenderci in un mondo in cui siamo sorvegliati. Questo è un aspetto non valutato dagli entusiasti della rete, che viene considerata democratica. La rete è anche un potente strumento di controllo su ogni aspetto della nostra vita. Basta andare in rete per il motivo più banale, che si viene subito sottoposti a controllo. Anche le telecomunicazioni giocano un ruolo importante, attraverso per esempio il controllo satellitare. Bisogna capire questo dualismo delle reti, perché aumentano gli spazi di libera iniziativa, di autonomia, di critica, ma allo stesso tempo aumentano le possibilità di sorveglianza sul nostro agire.
Dal punto di vista economico, l’evoluzione delle città in senso “smart” potrebbe essere un volano per la creazione di posti di lavoro in Italia? Sicuramente. Se pensiamo che ad esempio permette l’incontro di gruppi (abbiamo già citato la democrazia della rete), che ormai esistono sistemi che permettono ad una persona di recarsi in un’altra città in giornata con la possibilità di utilizzare il car pooling con altre persone. Ci sono grandi opportunità rispetto a questo. Aggiungo che il concetto di “smart city” può essere applicato a diverse categorie di lavoro, in base ai bisogni dei cittadini, come ad esempio la ricezione di informazioni in tempo reale attraverso lo sviluppo di App mirate. Un altro esempio riguarda invece il cittadino intelligente che si muove in una città intelligente: dovrebbe essere possibile per un cittadino che lamenta problemi nella città in cui vive. Pensiamo a una strada sporca o accidentata che necessita di una manutenzione urbana rapida: il cittadino scatta una fotografia, manda in rete l’immagine all’assessorato competente senza dover compilare moduli. Se i cittadini hanno modo di aver cura della qualità della vita urbana, sarebbe importante poterlo segnalare immediatamente. Queste attività non hanno nemmeno bisogno di passare attraverso gli Smart Mobs o la creazione di un movimento ad hoc. Il cittadino, singolarmente, protesta e segnala il tutto in tempo reale. In conclusione, le possibilità di lavoro ci sono eccome e quindi sicuramente il concetto “smart” è importante anche per creare lavoro.
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Biografia
Alberto Martinelli, professore emerito di Scienza politica e Sociologia all’Università degli Studi di Milano, dove insegna dal 1970 ed è stato preside della Facoltà di Scienze politiche dal 1987 al 1999. Laurea in Economia e Commercio all’Università Bocconi, Master e Ph.D. in Sociologia all’Università di California a Berkeley. Ha insegnato anche all’Università Bocconi, l’Università di California a Berkeley, l’Università di Stanford, la New York University, l’Università di Valencia, l’Università Ain Shams del Cairo, l’Università di San Pietroburgo. Presidente dell’International Social Sciences Council. Past president dell’International Sociological Association. Presidente della Fondazione AEM. Presidente del Nucleo di valutazione dell’Università degli Studi di Padova. Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Medaglia d’oro di benemerenza civica del Comune di Milano. Membro dell’Istituto lombardo accademia di scienze e lettere e della Real Academia des Ciencias Morales y Politicas de España. Membro del comitato scientifico di Milano Expo 2015. Nel 1984-85 e nel 1997-1998 consigliere del Presidente del Consiglio dei ministri. Editorialista Corriere della Sera.
In che modo le “città intelligenti” possono favorire l’integrazione nella vita urbana delle fasce delle popolazione che vivono in condizioni di difficoltà lavorativa e disagio sociale? Il problema delle difficoltà lavorative è legato al discorso precedente relativo all’occupazione, con la creazione di nuovi posti di lavoro. Certo, bisogna anche pensare all’uso complessivo che si fa delle reti, dai programmi di formazione professionale a quelli di riqualificazione professionale, perché spesso chi ha difficoltà nel trovare lavoro ha anche necessità di ri-acquisire nuove conoscenze e competenze. Quindi se pensiamo alla formazione a distanza, le reti sono molto importanti. Tornando un attimo al discorso delle applicazioni, penso ad esempio all’accesso ai servizi sanitari: spesso chi è in condizioni di disagio (problemi di mobilità o altro) ha bisogno di monitoraggio, di assistenza. App focalizzate sulla medicina lo consentono.
È autore di numerosi libri e saggi sui rapporti tra economia, politica e società, la modernizzazione e lo sviluppo sostenibile, l’imprenditorialità e il management, i processi di globalizzazione e la governance globale, le organizzazioni complesse, la rappresentanza degli interessi, le politiche dell’istruzione e della ricerca. Tra i suoi principali libri recenti: Mal di nazione. Contro la deriva populista, Università Bocconi Editore, 2013. Transatlantic Divide. Comparing American and European Society, Oxford University Press, 2008. L’Occidente allo specchio. Modelli di società a confronto, Università Bocconi Editore, 2008, nuova edizione, 2012. La modernizzazione, Laterza, 1998, nuova edizione 2010. Progetto ’89 (con M.Salvati e S.Veca), Il Saggiatore, 2009. La democrazia globale, Università Bocconi Editore, 2004, nuova edizione 2008. Global Modernization. Rethinking the Project of Modernity, Sage, 2005, Russian edition, 2006, Chinese edition 2011. La società italiana (con A.Chiesi), Laterza,2002.
Come si può implementare la democrazia partecipativa? Relativamente alla democrazia partecipativa, non bisogna confondere l’uso che si fa della rete semplicemente per rispondere con un click di approvazione o meno a un qualcosa che però è già pre-determinato da altri con quella che si chiama democrazia deliberativa, dove la rete può essere molto importante ma deve consentire discussioni e dibattiti approfonditi in comunità che possono essere ampie, per permettere una reale partecipazione. Quindi, in generale la rete ha un notevole vantaggio, per esempio i new media rispetto agli old media, che hanno dominato e che in parte continuano a dominare la nostra vita collettiva, penso alla televisione e all’interazione con essa. Ma ci sono vari tipi di interazione: una cosa è interagire semplicemente dicendo “sono d’accordo” o “non sono d’accordo”, un’altra è poter creare delle comunità virtuali di dibattito che approfondiscono temi cercando di arrivare a un consenso ragionato. Questa è la democrazia deliberativa ed è la via da percorrere.
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Intervista a Francesco Alessandria, membro della giuria del Premio Italia 2014 della Fondazione Altran per l’Innovazione
“La mia idea
di smart city?
Ha avuto modo di mettere a confronto il modello di smart city di vari paesi. Quali impressioni ne ha ricavato? Ho seguito l’evoluzione di questi temi prima in Francia e poi in Giappone. La mia esperienza nel Paese asiatico era legata al tema dell’innovazione tecnologica applicata alla città, ossia le tecnologie per una città sicura. L’esperienza che ritengo più significativa sotto il profilo della formazione, degli stimoli, degli input e dei percorsi di ricerca è quella vissuta a Tokyo per un anno e mezzo, prima come ricercatore del CNR e poi come dipendente per una multinazionale che si occupava di realizzare edifici intelligenti e parti di città intelligenti. Mi riferisco a “parti” di città perché le sperimentazioni vengono attuate in modo parziale e per singoli ambiti. All’inizio degli anni Novanta il Giappone era il motore del capitalismo orientale. Dal mio punto di vista il Giappone è un esempio importante di smart city. Laggiù il tema della ricerca è molto sentito: oltre al governo, che destina una percentuale a due numeri all’attività di ricerca, anche le cinque maggiori multinazionali investono in ricerca con laboratori all’avanguardia e destinano il 20/30% del loro fatturato alla sperimentazione.
Sicura, accessibile, sostenibile e bella” Negli ultimi anni si è occupato in modo sempre più approfondito di catastrofi ambientali, vulnerabilità urbana, smart building e soluzioni intelligenti per gestire le problematiche delle città. Che cosa è emerso dalle sue ricerche rispetto al legame fra questi temi e il filone delle smart cities e della smart citizenship? Il concetto di città intelligente deriva dal concetto di intelligent building, un tipo di edilizia che inizia a prendere piede alla metà degli anni Ottanta. Un intelligent building è un edificio in cui viene inserita una tecnologia innovativa. La realizzazione di più edifici intelligenti ha evidenziato la necessità di metterli in rete, creando una città. In questo contesto nasce il concetto di smart city. Ma il tema è più complesso di quanto non sembri per via delle problematiche che la città vive. Il concetto di smart city nasce come progetto di ricerca alla metà degli anni Ottanta negli Stati Uniti e in altri paesi tecnologicamente avanzati. è un tema che ho affrontato in passato all’Università degli Studi di Napoli Federico II sotto la guida del prof. Beguinot, soffermandomi in particolare sulle questioni legate alla città cablata. Parlare di “città cablata” è una provocazione: fa pensare a una città fatta di cavi, di reti materiali e immateriali che caratterizzano l’innovazione tecnologica. Già alla metà degli anni Ottanta c’era una ricca produzione scientifica a livello internazionale che ha prodotto una “carta dell’urbanistica” nella quale sono contenuti i principi legati alla “città della pace e della scienza”. è una sorta di vademecum scritto in diverse lingue - dal cinese al russo al giapponese – e contiene principi e indicazioni per chi si occupa di città.
Quali sono gli effetti concreti dell’ approccio giapponese? Mentre in Italia c’è chi si occupa del progetto e c’è chi lo realizza (solitamente un’azienda), in Giappone chi progetta quasi sempre coincide con chi realizza. Questo processo unitario – insieme al fatto di avere un interlocutore unico - favorisce migliori risultati. Se moltiplichiamo questo processo per cinque - ossia il numero delle principali multinazionali giapponesi – potete ben immaginare il livello di efficienza e di rapidità. Inoltre la città giapponese è concepita in modo meno statico rispetto a quella europea: in Europa un edificio pubblico dura secoli prima di essere demolito. Lo stesso vale per gli edifici di aziende private come ad esempio il Lingotto di Torino. In Giappone, invece, la città è in continuo divenire. Un edificio può avere in media una vita di 20/30 anni, poi viene demolito e magari cambia anche la destinazione d’uso dell’area. Secondo i giapponesi, la testimonianza della grandezza di un popolo è rappresentata dalla cultura, non dalla monumentalità degli edifici. Per questo solo i templi, costruiti in legno, possono essere eterni. Città come Tokyo sono veri e propri laboratori urbani, anche grazie alla quasi inesistenza dei vincoli ambientali e delle autorizzazioni richieste da altre legislazioni prima di realizzare un’opera pubblica. Il profilo ambientale può rappresentare, in certi casi, un limite della smart city: l’innovazione tecnologica è molto più rapida di quanto riusciamo ad apprendere e gestire la tecnologia.
Tokyo 2007 © Tiziana Sforza
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Parafrasando Massimo D’Azeglio, fatta la smart city bisogna… fare gli smart citizens. In che modo? Alla domanda: “Che cosa è necessario per far vivere bene i cittadini?”, Tony Blair rispose: “Education, education, education”. La città è fatta da cittadini che si relazionano fra loro. Gli amministratori e i decisori politici devono educare i cittadini alla fruizione, all’accessibilità, alla cittadinanza. Solo quando i decisori sono capaci di svolgere questo ruolo con onestà intellettuale può esserci vera integrazione. Occorre una formazione etica, credo sia l’unica cosa di cui abbiamo bisogno per governare questi processi. è necessario qualcuno che sia eticamente all’altezza di gestire una smart city e una tecnologia che avanza in base agli stimoli del mercato. La tecnologia non è sufficiente a rendere una città smart, è solo uno strumento, è un facilitatore di processi che devono essere eticamente gestiti.
La smart city non è solo una sfera climatizzata provvista di centri commerciali: per essere smart, la città deve integrare tutte le categorie di cittadini.
Le sue esperienze professionali all’estero l’hanno condotta a mettere a confronto il modello urbano di vari paesi e continenti. All’estero quali sono gli aspetti in cui si punta maggiormente per rendere “smart” le città? Dove pensa che vivano i cittadini più smart? Penso che il Giappone sia l’esempio migliore di smart city perché è un grande laboratorio urbano dove tutto è consentito: i cittadini interagiscono con la città, rispettano i luoghi in cui vivono e vi si identificano grazie al grande senso civico che li caratterizza. Riconoscono perfettamente questo ruolo e questa identità. C’è grande rispetto del bene comune, non ci sono atti di violenza né graffiti né attentati al decoro urbano anche perché in Giappone chi trasgredisce le regole è automaticamente tagliato fuori.
Tokyo 2007 © Tiziana Sforza
Ha citato il tema dell’integrazione che si lega a un altro tema a lei caro: la “pianificazione della città interetnica”. In che modo la smart citizienship è legata all’integrazione dei migranti? Il primo ostacolo dell’immigrato che arriva nel nostro paese è soprattutto la difficoltà di accedere ai servizi e di fruire della città. La “pianificazione interetnica” della città tiene conto delle esigenze di un cittadino proveniente da una realtà spesso antitetica sotto il profilo culturale, etico, religioso. Ad esempio una delle questioni fondamentali legate alla storia recente dell’Islam è la religiosità vissuta in modo totalizzante dai cittadini musulmani. Sono disposti a subire disagi e soprusi pur di non derogare sui principi religiosi. Questo è un elemento fondamentale per chi pianifica la città interetnica e i decisori devono tenerne conto. Per fare un esempio, la pianificazione della città intelligente prevede servizi e strutture anche per chi si reca in moschea. 13 ALTRAN FOUNDATION FOR INNOVATION
Cosa dovrebbe fare l’Italia per promuovere la smart citizenship? Mi rifaccio ancora alla citazione di Tony Blair: “Education, education, education”. Ad esempio Dubai non ha niente di smart, a parte gli spettacolari grattaceli: è una mera operazione di marketing per attrarre capitali. Ma tale operazione non è del tutto riuscita poiché molti appartamenti sono vuoti. Finché la “città di pietra” non coinciderà con la “città delle relazioni”, non ci sarà alcuna smart city. L’Italia dovrebbe dunque promuovere città smart che facciano sentire i cittadini parte integrante di quel luogo, che diano la possibilità di esprimersi e di sentirsi accettati.
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“città DI PIETRA” “CITTà DELLE RELAZIONI”
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Biografia Francesco Alessandria, architetto-urbanista dal 1990, borsista C.N.R. a Parigi, nel 1991-92, presso l’Ecole d’Architecture ParisVillemin e a Tokyo, nel 1993-94, presso la University of Tokyo e la Hosei University; in Francia e Giappone, dove pure collabora presso lo Studio di J.P. Buffì e la TAISEI Corporation, focalizza gli aspetti relativi agli intelligent building e alla city security. Negli Stati Uniti, nel 1999, sugli stessi temi, svolge attività di ricerca per conto dell’Università di Reggio Calabria, presso: Safety Department della City hall di New York; Arizona State University - College of Architecture and Env. Design” di Phoenix; Emergency Preparedness Division - City a Los Angeles; City of San Francisco - City Hall di San Francisco. Nel 2001 consegue il dottorato di ricerca in Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale presso la Facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, dove, dal 2002, è professore a contratto nella stessa disciplina. Ha, in seguito, focalizzato la sua attività sui profili delle innovazioni tecnologiche dal punto di vista sismico e ambientale, nonché sulle soluzioni alle problematiche della città, attraverso strumenti e programmi anche socio-economici. Dal 2005 estende gli ambiti di ricerca scientifica al tema della città interetnica, in relazione al quale sta curando, per conto della Fondazione Aldo della Rocca, di concerto con il Ministero degli Affari Esteri Italiano, il Catalogo dei Saperi, la cui proposta è stata presentata nel corso di un convegno all’ONU nel 2010 - 2012. È autore di numerosi testi, nonché di saggi e articoli su riviste specializzate. Tra le sue pubblicazioni: Tecnologie per una città sicura, ed. Giannini, Napoli, 1996; The safe city. Italian-Japanese symposium, ed. Osservatorio Vesuviano, Napoli, 1997; La sicurezza della città nel volume I sistemi informativi geografici per la pianificazione territoriale, ed. Rubbettino Catanzaro 1999; Le azioni e le politiche sostenibili dell’Unione Europea per le reti infrastrutturali e la realtà italiana, ed. Giannini-Fondazione Della Rocca, Roma, 2002; Contenuti dei programmi complessi in Il Pianificatore territoriale. Dalla formazione alla professione, ed. Gangemi, Roma, 2003; Città, multietnie, integrazione, interazione, panificazione ed. Giannini- Fondazione Della Rocca, Roma, 2004; Città costiere e danni ambientali (a cura con F. Moraci e C. Fazia), ed. Iriti, Reggio Calabria, 2006; Città sicura… città interetnica , ed. Giannini, Roma, 2007; Immigrazioni e nuovi valori urbani nel volume “Studi urbanistici – La Città la crisi, le ragioni i rimedi” a cura di C. Beguinot, ed. Fondazione “Aldo Della Rocca” 2009 Roma; I beni culturali: sicurezza e democrazia ambientale nel volume: Management e valorizzazione del patrimonio culturale locale – dimensione assiologia, giuridica e relazionale a cura di Renato Rolli e Domenico Siclari, ed. Giuffrè, 2012, Milano.
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Intervista a Carlo Maria Medaglia, membro della giuria del Premio Italia 2014 della Fondazione Altran per l’Innovazione
Co-partecipazione e co-design: le parole chiave
per realizzare la smart citIZENSHIP Quali caratteristiche deve avere una città per essere definita “smart city”? Per essere definita Smart City una città non deve avere delle caratteristiche tecnologiche particolari. Secondo la definizione dell’ONU del 1950, la città intelligente è “semplicemente” una città in grado di soddisfare i bisogni e risolvere i problemi dei propri cittadini. Questo processo, che prima era portato avanti tramite le capacità dell’uomo, adesso è portato avanti anche con la tecnologia, sempre più pervasiva e sempre più invisibile.
La smart citizenship mira a incentivare la partecipazione della gente ai processi decisionali e a rendere più collaborativa la relazione fra cittadini e pubblica amministrazione. Quali sono, a suo parere, gli strumenti più efficaci per mettere la gente in condizione di diventare realmente attiva nell’esercizio della propria cittadinanza? La smart citizenship è uno stato della mente del cittadino, che si ottiene dopo averlo educato e solo dopo aver costruito un processo che lo ponga realmente al centro del processo decisionale. Tale processo può avvenire nelle piazze, nelle aule, nei giardini delle città, e sempre con un sistema chiaro dal punto di vista normativo e decisionale che permetta di fare scelte condivise. Un esempio: via del Babuino a Roma, arteria importante della città, sarà pedonalizzata. È stato attuato un processo di collaborazione con gli abitanti e i commercianti del quartiere per far codecidere e co-progettare a loro questo tipo di intervento. L’esigenza era avere una strada più bella e vivibile. Verrà rimessa a nuovo, e con queste premesse si sopporterà più volentieri il disagio di non poter arrivare sotto casa con la propria automobile.
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Questa è la smart citizenship, che avviene se cambia il processo di cittadinanza. In questo ambito le tecnologie sono fondamentali. Tecnologie che rendono trasparente l’amministrazione, piattaforme che permettono il co-design e la copartecipazione dei cittadini all’interno della vita attiva del proprio comune, provincia o regione. Occorre pensare alle tecnologie come a uno strumento attraverso il quale si possano fare tutte queste cose più rapidamente. Ma se le tecnologie non vengono applicate a processi di co-partecipazione e co-design, diventano un boomerang: se si dà ai cittadini la possibilità di partecipare ma poi in concreto ci si limita solo a cliccare su “like” o “dislike” sul sito del comune, si manifesterà in seguito un problema di gestione dell’aggressività del cittadino che, di fronte a un canale di ascolto, pretende che sia tecnologico, rapido, immediato, esige di poter dire in tempo reale che, ad esempio, c’è una buca per strada. Se non si riesce ad attivare un processo di risposta in tempo reale, si crea una disillusione nel cittadino che, a prescindere dal proprio livello di comprensione tecnologica, perderà fiducia nel processo decisionale e non diventerà più uno smart citizen.
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Quali sono i fattori tecnologici e quelli sociologici che facilitano la diffusione della smart citizenship? Dal punto di vista tecnologico sicuramente sono due i driver fondamentali per la diffusione della smart citizenship. Il primo sono le tecnologie ubique per quanto riguarda le infrastrutture, cioè il fatto di poter distribuire il processo lavorativo all’interno del sistema città, e quindi non averlo solo centralizzato in alcuni fulcri e posti decisionali. Il secondo è l’usabilità dei sistemi: chiaramente un sistema maggiormente usabile e progettato per il cittadino è un sistema che vede il cittadino all’interno del processo di progettazione. Dal punto di vista sociologico il fattore fondamentale è sicuramente la facilità di accesso alle tecnologie: in questo caso si può parlare di “nativi digitali” o di “digitalizzazione continua”. Un utilizzo più pervasivo di strumenti come tablet o smartphone, al posto dell’interfacciamento del cittadino tramite totem o altri dispositivi complicati, facilita molto l’approccio dal punto di vista sociologico. Quindi da una parte ci sono tecnologie ibride, pervasività e usabilità, dall’altra ci sono i nativi digitali e la digitalizzazione continua. Non a caso uno dei campi in cui l’Unione Europea sta investendo di più all’interno dell’Agenda Digitale è proprio quello delle competenze digitali.
L’Agenda Digitale Italiana è stata lanciata da oltre un anno nel nostro Paese. Cosa si sta facendo in concreto affinché i piani e i progetti in essa contenuti siano attuati in tutte le città del nostro Paese? Finora è stata costruita un’infrastruttura normativa. Adesso si sta provando a concentrare all’interno dell’Agenzia italiana per il Digitale una serie di progetti pilota fondamentali per il Paese. In passato ci si è focalizzati sulle infrastrutture per l’Italia digitale come la fatturazione elettronica, i pagamenti elettronici, il documento elettronico e l’anagrafe unica, mentre oggi si punta a temi più “soft”, come la scuola digitale o il digitale applicato ai beni culturali o all’open government e ai social media.
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Biografia
Esiste una “via italiana” alle smart cities? Una città intelligente è una città che risolve i problemi dei propri cittadini. E visto che i cittadini italiani sono diversi da quelli americani o da quelli tedeschi, possiamo affermare che esiste una via italiana per le smart cities. è una via molto attenta ad alcuni dei temi cardine delle città del nostro Paese, ad esempio la questione della congestione urbana e del traffico. Questa problematica ha un costo annuale di 40 miliardi di euro, equivalente a 4 punti del PIL nazionale. Un altro tema fondamentale delle smart cities “made in Italy” è quello di rendere smart anche i piccoli comuni: siamo il Paese degli 8.000 campanili e delle reti dei comuni. Queste realtà spesso hanno delle peculiarità, per esempio sono dei centri storici ad elevato contenuto artistico-culturale. Dal punto di vista scientifico, viene definita “brownfield” una smart city costruita su una città già esistente. Al contrario una smart city “greenfield” è Doha, in Qatar, realizzata partendo da zero e nel deserto. Città smart come Milano, Perugia, Genova, Roma o Torino sono sicuramente greenfield.
Quali best practice a livello italiano legate al tema della smart citizenship l’hanno maggiormente colpita?
Lecce. Poiché è una città piccola, è stato possibile creare una comunità culturale molto forte che ha reso la città pugliese una delle esperienze più importanti a livello italiano. A Lecce è cambiato l’approccio dei cittadini all’essere cittadini. Non si è trattato solo di estendere il wi-fi, ma di creare una app dedicata ai beni culturali o per il controllo del trasporto pubblico locale. L’idea è stata quella di “accompagnare” il cittadino in tutte le fasi della sua vita: non solo quando le telecamere al buio garantiscono la sua sicurezza, ma anche perché quando ha bisogno di un servizio, la Pubblica Amministrazione glielo può fornire “just in time”. è stato veicolato il messaggio che la città c’è sempre e, grazie alla tecnologia, è sempre a disposizione del cittadino. L’altra città che vanta un’esperienza completa di smart citizenship è Torino. è la prima città ad aver redatto un piano regolatore smart, “SMILE”. Inoltre è la prima a essere riuscita a strutturare, all’interno di alcuni processi, una mappa dei bisogni dei cittadini, di co-design, di servizi, un’attenzione non solo agli open data ma anche agli open services. Infine offre un’architettura di servizi smart all’interno della quale si inseriscono servizi verticali. Torino ha sicuramente finalizzato un’esperienza interessante, a mio parere tra le prime dieci in Europa.
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Carlo Maria Medaglia ha lavorato dal 1999 presso numerosi centri di ricerca nazionali ed internazionali, tra cui: l’ISACCNR, la NASA, l’ESA, la NOA e la NOAA. Carlo Maria Medaglia è stato anche professore visitatore presso alcuni università americane, tra cui: l’Università del Wisconsin-Madison, l’università del Mariland - Baltimore County e l’università di Washington - Seattle. Attualmente è professore di Interazione Uomo-Macchina ed Usabilità e Sistemi e Tecnologie per la Comunicazione presso la Sapienza Università di Roma ed è stato il fondatore e coordinatore scientifico dei laboratori del CATTID della Sapienza Università di Roma, con un organico di circa 70 ricercatori. Ha più di 120 articoli pubblicati su giornali internazionali e atti congressuali. I suoi campi di ricerca principali sono: tecnologie wireless/mobile, l’interazione uomo-macchina e gli ITS. È stato membro della Cabina di Regia sul RFID del Governo Italiano, della Commissione Interministeriale sull’Accessibilità del software, della Commissione Interministeriale per l’innovazione nel turismo e di numerosi gruppi di lavoro in Commissione Europea sulle tematiche del RFID, dell’Internet delle Cose, dell’e-inclusion e dell’ICT per i trasporti e la mobilità. Carlo Maria Medaglia, tra i diversi incarichi, è membro dell’Advisory Board della Fondazione Ericsson, del comitato Scientifico della Smart Cities Exhibition, del comitato dei soci fondatori degli Stati Generali dell’Innovazione e di WikiItalia ed è responsabile dell’area Innovazione e Ricerca del think thank GLOCUS.
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Intervista a Maurizio Morisio, membro della giuria del Premio Italia 2014 della Fondazione Altran per l’Innovazione
“Il successo delle smart city dipenderà dal coinvolgimento dei cittadini come fornitori di dati e servizi”
La città di Torino dove lei vive e lavora, anche grazie al progetto “SMILE”, si situa fra le prime smart cities italiane. Da che cosa lo percepisce nella vita quotidiana, come cittadino e con gli occhi da esperto di innovazione tecnologica? In città sono visibili da tempo servizi utili, come il sito mobile di 5T per avere informazioni sui tempi di arrivo dei mezzi pubblici a una fermata o la app di ToBike per sapere la disponibiltà di bici in sharing nel parcheggio piu vicino. Analogamente per le auto in car sharing di Car City Club. Ma forse sono ancora più utili le cose che non si vedono o non si vedono immediatamente. Un esempio è certamente “SMILE”, per definire la roadmap di Torino Smart City. A livello di enabler tecnologico trovo molto interessante smartdatanet.org, una piattaforma offerta dalla Regione Piemonte per la condivisione e l’analisi dei dati. Una piattaforma pubblica e aperta è sicuramente necessaria per rendere realmente usabili gli open data di una Smart City, che di per sé hanno spesso problemi di qualità e di difficile accesso.
è sempre più pressante la necessità di pensare a un futuro sostenibile puntando sulle smart cities. In che modo lei contribuisce a questo scopo, con il suo lavoro in facoltà e le sue ricerche? Lavoriamo da molti anni allo sviluppo di applicazioni per smartphone, nell’ambito del JOL (Joint Open Lab) Mobilab, in collaborazione con Telecom Italia Lab. Le app sono ormai onnipresenti, ma senza dubbio sono e saranno uno strumento fondamentale per le smart city. Sicuramente per diffondere informazioni, ma ancora di piu per raccoglierle e scambiarle. Ogni smartphone è in realtà un sensore che fornisce informazioni di vario tipo sulla persona che lo sta usando (posizione, velocità, preferenze) e su quello che le sta intorno, e ogni smartphone è il tramite tra la persona e la sua rete sociale. Inoltre è facile estendere le capacità di uno smartphone, ad esempio con device connessi in bluetooth per raccogliere il battito cardiaco, la temperatura corporea, etc. Oppure con strumenti automatici per l’analisi delle foto scattate. La nostra ricerca si concentra soprattutto sull’inferire informazioni di alto livello (ad esempio, il traffico è fluido o no?) a partire da dati più grezzi (ad esempio posizione e velocità di smartphone e altri device mobili in una certa area urbana). E poi sul coinvolgimento attivo del cittadino nell’interazione con la PA, sempre tramite smartphone.
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Dal punto di vista ingegneristico e in particolare nel settore di cui lei si occupa, quali sono le tecnologie più adatte a implementare la smart citizenship? Certamente gli smartphone, come detto sopra. Poi la sensoristica a basso costo, basata ad esempio su RaspberryPi o Arduino, che può estendere le capacità degli smartphone. Le piattaforme di condivisione come smartdatanet. E infine ontologie e linked data, per aggiungere semantica ai dati grezzi. Oltre alla parte ingegneristica, vorrei sottolineare l’importanza della parte umana, organizzativa e legale. Penso che il successo delle smart city dipenderà ad esempio dallo riuscire a coinvolgere i cittadini facendoli diventare fornitori di dati e servizi per la smart city. Sto pensando alle iniziative come smartcitizenship dove i cittadini, su base volontaria, acquistano e gestiscono delle mini stazioni di rilevamento dell’inquinamento, e condividono questi dati.
Esiste una “via italiana” alle smart cities? Se sì, su quali elementi dovrebbe basarsi? Non credo che esista dal punto di vista delle tecnologie, che si diffondono in modo abbastanza uniforme a livello mondiale. Invece ci sono di certo delle peculiarità sugli aspetti di diritto, di organizzazione, di tradizioni. Per esempio un sistema come Uber, che potrebbe certamente migliorare la qualità del trasporto urbano riducendo nel contempo costi e inquinamento, farà fatica ad affermarsi per l’opposizione di alcune categorie. Oppure i dati relativi a una città sono gestiti da enti diversi della PA (catasto, comune, provincia, regione, polizia e quant’altro) e non vengono scambiati o lo sono con grande fatica. Quindi penso che la via italiana dovrà soprattutto cercare di rimuovere gli ostacoli di questo tipo.
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Biografia Maurizio Morisio è professore presso il Politecnico di Torino, dove guida il gruppo di ricerca di software engineering. Ha conseguito il dottorato in software engineering e la laurea magistrale in ingegneria elettronica presso il Politecnico di Torino. Dal 1989 al 1991 è stato consulente in tecnologie a oggetti presso IGL Technology, a Parigi (Francia). Dal 1998 al 2000 ha lavorato con l’Experimental Software Engineering Group presso l’Università del Maryland, College Park. In questo periodo è stato anche co-direttore del SEL (Software Engineering Laboratory - una partnership tra NASA, CSC e University of Maryland). I suoi attuali interessi di ricerca sono focalizzati sulla fornitura di dati e servizi utili ai cittadini attraverso la raccolta e l’aggregazione di dati in qualsiasi forma, provenienti da più fonti. Un esempio di questo approccio è il Decision Theater, una piattaforma per fornire servizi ai cittadini, riducendo la distanza tra loro e la Pubblica Amministrazione. Decision Theater è un progetto Smart city - Smart Communities finanziato dal MIUR, in cui il prof. Morisio è Principal Investigator per il Politecnico di Torino. Ha pubblicato due libri e oltre 90 articoli scientifici, il suo attuale h-index è 23. Ha gestito progetti di ricerca per oltre 1,5 milioni di euro. Dal 2008 è nel comitato editoriale di IEEE Software e di Int. Journal Empirical Software Engineering. È stato General Chair dell’evento ESEIW che si è tenuto a Torino nel settembre 2014.
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Intervista a Francesco Vatalaro, membro della giuria del Premio Italia 2014 della Fondazione Altran per l’Innovazione
“Il futuro? Una nuova forma di interazione con il tessuto urbano che darà un ruolo sempre più centrale al cittadino” In che modo la tecnologia incide sulla smart citizenship e sui livelli di partecipazione e di inclusione dei cittadini nella cosa pubblica? Direi che è senz’altro lo smartphone ad essersi rivelato un’importante tecnologia abilitante. Il concetto di smart city è nato prima che lo smartphone si diffondesse in modo tanto capillare nelle nostre città e si è sviluppato, perciò, lungo i tre assi dell’energia, della mobilità e dell’ICT come tecnologie innovative da sviluppare “dall’alto”, con grandi piani spesso pianificati dalla mano pubblica, attraverso la collaborazione fra l’Unione Europea, lo Stato e gli Enti locali. È solo con l’avvento dello smartphone che il cittadino ha acquisito un ruolo più centrale in questo cambio di paradigma del rapporto fra sé e gli altri e fra sé e la cosa pubblica realizzando una nuova forma di innovazione “dal basso”. È interessante notare come il concetto di cittadini e gruppi di individui ad intelligenza distribuita e immersi nei centri urbani con alta capacità di interazione dinamica è nato ben prima dello smartphone, già con l’intuizione degli Smart Mob introdotti nel 2002 da Howard Rheingold nel suo famoso libro. Oggi sono consuetudine quotidiana, e non fanno più notizia, fenomeni come il giornalismo di strada (YouReporter e simili), per filmare eventi improvvisi e metterli in rete, ma anche l’uso di Twitter per segnalare disfunzioni alle autorità cittadine, così come il pagamento del parcheggio con telefonini e smartphone. Grazie alla tecnologia e ai cambiamenti di impostazione culturale delle persone sta nascendo una nuova forma di interazione con il tessuto urbano che porta il cittadino sempre più al centro: è questo il nuovo paradigma della Smart Citizenship. Dall’alto verso il basso la Smart City e dal basso verso l’alto la Smart Citizenship si incontrano in un punto dinamico di tensione creativa che genera accresciuto benessere economico e sociale per l’intera collettività.
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L’Agenda Digitale Europea è una delle sette principali iniziative della strategia Europa 2020 (“Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”), lanciata a marzo 2010 dalla Commissione europea. La strategia enfatizza il ruolo chiave delle telecomunicazioni per raggiungere gli obiettivi che l’Europa si è prefissata per il 2020: uscire dalla crisi e preparare l’economia della UE per le sfide del prossimo decennio. Le Smart City sono considerate dalla UE uno degli strumenti per raggiungere gli obiettivi Eu2020. Come vede l’evoluzione delle TLC per contribuire a rendere smart le città, coerentemente con l’Agenda Digitale Europea ed Europa 2020? L’evoluzione delle TLC rappresenta un pilastro tecnologico fondamentale per lo sviluppo delle nuove applicazioni necessarie a un ambiente urbano sempre più intelligente. L’ecosistema efficiente, sostenibile e amichevole che abbiamo in mente non potrebbe neppure essere pensato senza uno sviluppo capillare delle infrastrutture di telecomunicazioni, che rappresentano il tessuto connettivo essenziale per la sua attuazione. In questo senso sono altrettanto basilari sia le tecnologie di rete fissa che quelle di rete mobile. Partiamo da queste ultime. Lo scenario che abbiamo descritto sopra, di un cittadino sempre connesso e in grado di interagire con gli altri e con l’ambiente, non sarebbe pensabile senza una capillare copertura a banda larga, dotata di alti livelli di qualità di servizio. Ma anche gli oggetti devono essere messi in rete, secondo il paradigma emergente della “Internet delle cose”. Quanto più ci si incammina verso questa prospettiva di connettività generalizzata e di qualità, tanto più ci si deve dotare di risorsa spettrale, la banda di frequenza, ma anche di nuovi modi di un suo utilizzo efficiente. E ora passiamo alle telecomunicazioni fisse. Sebbene in parte “meno visibili” di quelle mobili che servono ai nostri smartphone per mantenerci sempre connessi a banda larga (e, con il video, larghissima), le infrastrutture fisse rispondono a due fondamentali esigenze. Da un lato assicurano il trasporto – si dice “backhaul” in gergo – proprio per i segnali che traggono origine dall’accesso mobile, quelli raccolti dalle stazioni radiomobili LTE e dalle porte wi-fi. Qui, come si comprende facilmente, le esigenze di capacità di traffico crescono tanto rapidamente da divenire persino esponenziali in talune aree urbane e in certe ore di punta. Dall’altro lato non va però dimenticato che tutti noi trascorriamo la maggior parte del tempo in ambienti chiusi e, quindi, spesso ricorriamo anche a terminali fissi, spesso video, e questo spinge a sviluppare reti di accesso fisse a banda ultra larga (100 Mbit/s e oltre) a disposizione direttamente per le esigenze delle persone sia nella fruizione dei contenuti che nella loro generazione e immissione in rete. In entrambi i casi delle TLC fisse e mobili le tecnologie esistono, servono gli investimenti con sufficiente grado di intensità per assicurarci una crescita dei servizi e delle applicazioni che abbiamo in mente.
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Da esperto nel campo delle telecomunicazioni, ha vissuto il passaggio dall’analogico al digitale. Quando si parla di città intelligenti, spesso il primo pensiero va alla possibilità di utilizzare più facilmente i device digitali. Pensando al presente, ma soprattutto al futuro, quale sarà, a suo parere, l’evoluzione della tecnologie legate alle connettività, alle telecomunicazioni e alle applicazioni mobile a supporto della vita urbana? Come ho già detto sopra, il percorso tecnologico nel campo dei device d’utente è già largamente tracciato, quantunque non si possano porre limiti alla creatività umana che non finirà di sorprenderci con nuovi sistemi e servizi. Io credo molto nello sviluppo, e nella penetrazione fra gli utenti principalmente giovani, delle interfacce immersive. Non solo i famosi Google Glass (ma ne esistono già di migliori, inventati da ricercatori italiani, detti Glass Up, creati da una piccola start-up che Google avrebbe voluto rilevare!) ma anche ogni forma di interazione intuitiva con l’ambiente: nuovi tipi di “mouse” che non necessitano di supporto fisico per operare, forme di comando a distanza con l’uso dello sguardo, forme di interazione uomo-macchina attraverso l’uso delle onde cerebrali, e così via.
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Senza parlare del settore delle nuove applicazioni. Centinaia se non migliaia di start-up innovative sono quotidianamente al lavoro nel mondo per mettere a punto nuove idee sempre più affascinanti e farle diventare realtà di prodotti e servizi alla portata di tutti. Non c’è solo la Silicon Valley nel Nord della California, stanno nascendo e si stanno sviluppando in molte aree del mondo dei veri e propri “Hub dell’innovazione”. In Europa la città di Berlino, ma anche la regione di Brainport-Eindhoven nei Paesi Bassi sono due esempi più vicini a noi, che attirano giovani innovatori in virtù del clima culturale aperto e delle infrastrutture ICT di primo piano che il territorio mette loro a disposizione.
Quali esperienze italiane di Smart City la hanno maggiormente colpito? L’Italia in questo percorso ha ancora molta strada da fare. Sono state avviate senz’altro alcune esperienze, ma ancora molto settoriali e non vissute nella giusta logica sistemica. Non voglio fare nomi, ma di certo nel settore dei trasporti urbani si è già fatto qualcosa in alcune aree urbane, quantunque le esperienze purtroppo rimangano ancora troppo episodiche. Ciò su cui ci si dovrebbe concentrare è lo sviluppo di ecosistemi dell’innovazione. È sbagliato pensare che tutte le aree urbane potranno crescere in modo armonico divenendo tutte egualmente “smart”: non è questa l’esperienza internazionale e non solo per evidenti limiti negli investimenti, specialmente pubblici. È dimostrato che, come fra gli individui, anche fra i nodi urbani si crea una tensione competitiva assolutamente virtuosa: alcuni crescono più rapidamente di altri. Occorre sapere identificare le eccellenze e incentivarle. Nel mondo queste eccellenze urbane sono, appunto, gli “Hub dell’innovazione”, aree fortemente dinamiche che attraggono i giovani più creativi che sviluppano start-up intorno alle quali si genera un diffuso benessere. È stato calcolato che, in queste aree – da San Francisco a Berlino a Brainport e in tante altre ancora – per ogni ingegnere o tecnico del software di una start-up si generano cinque posti di lavoro tradizionali. Così le città tornano vitali e si fa ripartire la crescita economica e sociale di un intero Paese.
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Biografia Francesco Vatalaro si è laureato a pieni voti in Ingegneria elettronica presso l’Università di Bologna nel 1977. Ha prestato servizio prima come ricercatore presso la Fondazione Bordoni a Pontecchio Marconi, poi presso il Centro di ricerca FACE Standard a Pomezia e, dopo un’esperienza industriale come Group leader presso Selenia Spazio, nel 1987 ha preso servizio come professore associato di Telecomunicazioni all’Università di Roma Tor Vergata dove, nel 2000, è divenuto professore ordinario. Ha tenuto corsi come visiting professor presso USC (University of Southern California), Electrical Engineering/Systems Dept., Los Angeles, nel 1998, e presso UCLA (University of California Los Angeles), Computer Science Department, nel 2000. Fondatore nel 2001 del Consorzio di Ricerca RadioLabs (Consorzio Università Industria– Laboratori di Radiocomunicazioni), promosso dall’Università di Roma Tor Vergata, ne è stato il presidente dalla fondazione al 2008, divenendo poi consigliere di amministrazione. È stato membro del Comitato scientifico di Thales-Alenia Space (Francia-Italia), presidente del Comitato NGN Italia dell’AGCOM, presidente del Advisory board di Metroweb e F2i Reti di Telecomunicazioni, presidente della Sezione Italia della IEEE (Institute of Electrical and Electronic Engineers) e membro dello Strategic committee della IEEE Communications Society, Piscataway, New York. È attualmente membro del Comitato Scientifico su “Smart Cities and Communities” della Società Geografica Italiana.
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A Bologna dal 22 al 24 ottobre si svolge la terza edizione della manifestazione organizzata da FORUM PA e Bologna Fiere.
“Smart
City Exhibition:
le città intelligenti si raccontano” Le più avanzate realtà del vivere urbano si danno appuntamento a SMART City Exhibition, proponendo modelli di partecipazione interattiva centrati non solo su attività di awareness, ma anche su momenti di lavoro finalizzati a influenzare l’opinione pubblica e i decision makers su strategie da attuare livello locale e centrale. La manifestazione è caratterizzata da una visione innovativa del concetto di città, intesa come insieme di flussi informativi e reti di relazioni e comunicazioni, fisiche e digitali, in grado di creare capitale sociale, benessere per le persone, migliore qualità della vita. SCE nasce infatti dalla convinzione che le grandi opportunità date dai fondi comunitari e la messa in cantiere dei progetti nazionali sulle smart city e smart community necessitano di momenti di riflessione e di incontro tra i protagonisti per utilizzare al meglio questa grande occasione di innovazione. A SMART City Exhibition la riflessione sul ruolo della tecnologia si declina dal punto di vista della piattaforma di rete, degli applicativi verticali (scuola, sanità, welfare, ambiente, energia, mobilità, etc.) e delle periferiche, della sensoristica e dei device. E’ anche il palcoscenico ideale su cui divulgare le migliori esperienze italiane e internazionali di smart cities, ma è utile anche a identificare dei modelli replicabili a seconda dei contesti. I dibattiti e i momenti di partecipazione offrono inoltre ai cittadini e all’opinione pubblica un resoconto puntuale e indipendente sullo stato dell’arte dell’innovazione nelle città, con particolare attenzione all’accountability. L’appuntamento è alla Fiera di Bologna dal 22 al 24 ottobre 2014. Per ulteriori informazioni sulla manifestazione www.smartcityexhibition.it
© Stefano Corso - SMART City Exhibition 2013
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La parola a Carlo Mochi Sismondi, organizzatore di Smart City Exhibition e presidente di Forum PA Da cosa nasce l’idea di SCE? Credo che nella nascita a Bologna di Smart City Exhibition siano confluite più opportunità: da una parte il tema della qualità della vita nelle città, ormai maturo in tutto il mondo, che ha visto un’accelerazione in Italia a partire dal 2011 e che sarà centrale nella prossima programmazione europea 2014-2020; poi la storia e la tradizione di Bologna, che è stata la capofila italiana dell’innovazione negli anni Novanta e che ora vuol tornare a giocare un ruolo di leader dopo più di un decennio certamente meno brillante. Bologna vuol dire quindi una tradizione d’innovazione sotto il segno della partecipazione, della rete, della politica attiva da parte dei cittadini. Infine le tecnologie che hanno una doppia valenza: migliorano i servizi e quindi la qualità della vita dei cittadini, ma insieme sono occasione di sviluppo dell’imprenditoria innovativa che è quella che fa crescere le nostre città. Da tutto questo, in un’inedita, ma fortunata partnership tra FORUM PA e Bologna Fiere nasce Smart City Exhibition. I risultati dei primi due anni sono stati incoraggianti. La prossima edizione farà un ulteriore salto di qualità, stringendo sempre più la sinergia con il SAIE e mostrando quindi l’innovazione urbana a 360 gradi.
Esiste una via italiana alle smart cities? La tradizione e la cultura delle nostre città è simbolizzata dalle nostre splendide piazze, luoghi d’incontro, di mercato, di politica e quindi luoghi per eccellenza di relazioni. La strada italiana alle smart city non può che ripartire da lì, dalla ricchezza dei beni relazionali che sono fondamentali per la qualità della nostra vita. Una smart city italiana quindi non può che mettere al centro la relazione, la partecipazione, la collaborazione di soggetti diversi al bene comune. Altra caratteristica molto italiana è che, mentre manchiamo di grandissime metropoli, possiamo contare su una grande e ricca diversità di storia, di cultura e di tradizione delle nostre tante città medie. Questo vuol dire che ogni città italiana dovrà trovare la sua peculiare visione di città intelligente e la sua particolare strada per il suo sviluppo socio economico.
La prima storia vede protagonista proprio il Comune di Bologna e Labsus, il laboratorio per la sussidiarietà orizzontale, ed è la nascita di un regolamento comunale, il primo in Italia, che regola l’uso dei beni comuni da parte dei cittadini, rendendo così praticabile e reale quell’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione che recita “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Sulla base di questo nuovo strumento, il Comune di Bologna, con il supporto di Labsus e del Centro Antartide e con il sostegno della Fondazione del Monte, sta sperimentando una nuova modalità di cura dei beni comuni fondata sul modello dell’amministrazione condivisa. Il progetto, che si chiama “Le città come beni comuni”, intende fare della partecipazione attiva dei cittadini alla cura dei beni comuni urbani un tratto distintivo dell’amministrazione bolognese. Questo obiettivo sarà perseguito agendo su due principali ambiti: da un lato un lavoro sul funzionamento dell’amministrazione comunale per rendere organigrammi, procedure e regolamenti orientati alle possibilità dei cittadini di attivarsi per la cura dei beni comuni, dall’altro la sperimentazione operativa di forme di gestione civica di spazi pubblici su tre aree della città, selezionate attraverso il pieno coinvolgimento dei quartieri. La seconda storia coinvolge Milano ed in particolare uno dei suoi quartieri più difficili, quello di Quarto Oggiaro, ed è legata ad un progetto europeo importante dal titolo “MyNeighbourhood” – MyCity, promosso e co-finanziato dall’Unione Europa. La visione proposta è quella di un rinascimento urbano che parta dal basso, dalla dimensione comunitaria e di quartiere (in inglese appunto neighbourhood), ricordando l’importanza vitale che fino a pochi decenni fa avevano rapporti di vicinato e di solidarietà. L’ipotesi di lavoro è che la tradizionale presenza pubblica con funzioni di intervento sulle emergenze sociali e di protezione dai rischi legati alla convivenza civile in condizioni di particolare degrado, può essere significativamente migliorata grazie all’uso di un “mix” fra tecnologie ICT e metodologie di co-design partecipato di servizi, in grado di riportare alla luce l’antico spirito solidaristico e il clima di rispetto e fiducia un tempo riscontrabili con maggiore intensità nei medesimi contesti osservati. Entrambi questi progetti saranno presentati e illustrati durante Smart City Exhibition 2014.
© Stefano Corso - SMART City Exhibition 2013
© Stefano Corso - SMART City Exhibition 2013
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© Stefano Corso - SMART City Exhibition 2013
Ci racconta due best practices italiane di smart citizenship?
© Stefano Corso - SMART City Exhibition
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“SMILE”
(Smart Mobility, Inclusion, Life&Health, Energy)
la ricetta di Torino per essere più smart
Si chiama “Smile” (acronimo di Smart Mobility, Inclusion, Life&Health, Energy) ed è il masterplan lanciato nel dicembre 2013 per disegnare una Torino più smart e basata su una mobilità efficiente e poco inquinante, un uso dell’energia razionale e da fonti rinnovabili, una società aperta ai bisogni e alla salute delle persone - anche con l’ausilio delle nuove tecnologie - una qualità della vita più alta e attrattiva di turisti e investimenti, una pubblica amministrazione sempre più efficiente grazie ai servizi digitali. Con “Smile”, Torino è la prima città in Italia che si è dotata di un piano di azione a misura di smart city. “SMILE” indica un percorso flessibile, pronto ad adattarsi ai mutamenti e teso ad offrire un insieme di idee e soluzioni perseguibili e misurabili nel tempo. Ecco alcuni esempi concreti di idee innovative realizzate da imprenditori coraggiosi per vivere le aree urbane in modo più smart: “Imaginary” propone tre serious game per la gestione delle maxi-emergenze, l’introduzione nel mondo del lavoro di persone affette da disturbi dello spettro autistico e per sensibilizzare i cittadini sull’importanza dell’utilizzo dei mezzi di trasporto ecosostenibili in ambiente urbano; la “panchina intelligente” di un pool di aziende del Canavese, con prese usb per la ricarica di smartphone e wifi; “due per due” è una seduta realizzata interamente in materiale riciclato; “WiBike” crea istantaneamente un collegamento a Internet ultra veloce e temporaneo, in piazze, parchi, eventi e concerti grazie alla sue batterie ad alta capacità.
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L’ intervista
Enzo Lavolta, Assessore del Comune di Torino e presidente della Fondazione Torino Smart City, ci racconta come è nato “Smile” e come funziona
Cinque buoni motivi per cui Torino è una “smart city”:
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Il primato italiano nella distribuzione del teleriscaldamento con 560.000 cittadini raggiunti e 56 milioni di metri cubi riscaldati, 500 milioni di euro investiti e un totale di 567 tonnellate di CO2 inquinanti risparmiate nell’aria; la rete di doppie tubature supera ormai i 470 km.
<< Il masterplan Smile ha chiuso l’epoca della ricerca di un modello e ha aperto quella del modello costruito su misura della città, con 45 idee in parte già in cammino, in parte ancora tutte da costruire. Noi oggi vediamo numerosi esempi di quella che vorremmo fosse in futuro la nostra città; il Civic Lab è uno di questi. Le città di medio-grandi dimensioni si prestano a diventare spazio interessante per un’impresa che può applicarvi strumenti innovativi allo scopo di sperimentarne un’ampia applicazione, rivolta a pubblici eterogenei facenti parte di una società complessa. Può mettere alla prova le proprie applicazioni e confrontarle con i reali bisogni dei cittadini, per adattarle e integrarle con altri strumenti che possono arricchire l’offerta o far scaturire soluzioni ancor più nuove ed efficaci. Torino si offre come spazio di sperimentazione a tutti coloro che abbiano qualcosa da dire nell’abito delle nostre 45 azioni per la smart city. Ci siamo posti un modello di azione che si basa su tre livelli diversi di approccio. Il primo è la partecipazione congiunta pubblico-privato prima ai bandi Miur, dove Torino ha portato a casa un risultato importante, e ora ai bandi Horizon 2020: è il campo della ricerca applicata. Il secondo è quello del living lab, rappresentato proprio dal Civic Lab di piazza San Carlo: si mette in campo qualche cosa che è già un prodotto finito, già introdotto nel mercato, ad alto contenuto di innovazione, per testarne l’utilizzo e verificarne i risultati. Il terzo è un approccio che vede l’esperienza del living lab associata al tema degli appalti pubblici innovativi. Le città sono in espansione in tutto il mondo e hanno bisogno di idee per crescere e migliorarsi. La Smart city può essere la soluzione ai loro mali >>.
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I 175 chilometri di piste ciclabili (erano 33 negli anni ’90 in città e in collina) e il servizio di ToBike che ha raggiunto il numero di 18mila abbonati. Il biciplan è stato recentemente approvato dal Consiglio comunale: si pone l’obiettivo strategico di portare al 15% entro il 2020 la percentuale degli spostamenti quotidiani in bicicletta.
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La città di Torino è la prima tra le grandi città per la percentuale di raccolta differenziata e sta eccellendo nel servizio di porta a porta che raggiungerà entro l’anno il quartiere Crocetta. La media del 2012 è stata del 42,2 %.
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Tutta l’illuminazione pubblica torinese utilizza lampade a risparmio energetico.
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Torino sta diventando la capitale della social innovation grazie agli investimenti della città e all’energia dei suoi giovani abitanti.
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Intervista a Francesco Tortorelli, dirigente dell’AgID - Agenzia per l’Italia Digitale
“I due capisaldi della smart citizenship: disponibilità di informazioni e interazione” Che cosa prevede sul tema della smart citizenship la nuova strategia dell’AGID? L’Agenzia opera sia sulla base delle norme vigenti, ovviamente con le indicazioni strategiche e gli indirizzi che vengono date dal Governo. In termini generali occorrerà tener conto che la semplicità e l’immediatezza dell’interazione rese possibili dalla disponibilità di informazioni e di servizi che le integrano devono essere proprio caratteristiche della smart citizenship. A mio giudizio sono elementi imprescindibili, così come le tecnologie e i paradigmi della comunicazione orientati alla creazione e alla diffusione della conoscenza. In un mondo smart con cittadini smart, la conoscenza è il fattore critico di successo: occorre far crescere il livello e la diffusione della conoscenza e incentivare la partecipazione attraverso la conoscenza stessa. Questo concetto va visto sia in termini di interazione informativa sia come modello di realizzazione di applicazioni e di ambiti di consultazione, anche attraverso il massiccio utilizzo di strumenti di partecipazione, modalità di accesso all’informazione, open data, open services e di una grande partecipazione sia pubblica che privata dei cittadini. L’utilizzo di paradigmi open e di modalità partecipative vanno riferiti all’intero ciclo di sviluppo di smart city, dalla pianificazione all’esercizio. È chiaro che sono necessarie delle politiche di settore e tutto quanto dev’essere orientato alla creazione di nuove opportunità di sviluppo e di benessere sociale. La politica in questo senso dovrebbe indirizzare e stimolare tali tipi di sviluppo con interventi di semplificazione e incentivazione. Sono necessari modelli di pianificazione e di sviluppo di una città che tengano conto dell’interazione digitale, attraverso la quale si possono creare e modificare condizioni e scenari. Facendo dei paragoni col passato, un tempo si immaginava di costruire una città con le reti elettriche o con le reti di distribuzione e più in generale si pianificavano infrastrutture per rendere la città vivibile, distribuire l’energia, l’illuminazione stradale e quant’altro. Oggi a questo tipo di pianificazione e progettazione vanno aggiunte infrastrutture materiali e immateriali, dei “canali digitali” che possano veicolare informazioni ed efficienti servizi digitali. Uno sviluppo di questo tipo può avere, a seconda delle scelte locali, delle caratterizzazioni in ambiti più specifici. Le scelte possono dipendere da opzioni condivise o da esigenze specifiche. Per esempio una città assillata dal traffico verosimilmente cercherà soluzioni relative a questo problema. È difficile immaginare una politica locale omogenea, ed è ovviamente necessario avere una visione d’insieme, cosa che in realtà le norme già indirizzano in tal senso.
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L’AGID sta lavorando a una piattaforma online specificamente dedicata alle smart cities che “mira a favorire l’inclusione e la partecipazione delle/alle Comunità intelligenti”. In che modo realizzerà concretamente questi obiettivi? L’AGID non ha ancora realizzato questa piattaforma. L’articolo 20 del D.Lgs 189/2012 stabilisce la realizzazione di un portale che abbia caratteristiche tali da poter accogliere elementi descrittivi delle pratiche, in particolare il catalogo delle applicazioni, il catalogo dei dati, compresi anche i metadati, servizi informativi, il catalogo dei dati geografici e un sistema di monitoraggio. L’Agenzia, per attivare questo programma, deve lavorare in collaborazione con il Comitato tecnico per le comunità intelligenti. Il Comitato ha stabilito dei gruppi di lavoro, di cui uno ha riguardato proprio questo particolare tema. Sono state definite le specifiche di realizzazione di tale catalogo, unitamente alle altre attività che si sostanziano in uno statuto della cittadinanza intelligente, nel sistema di monitoraggio, nel trovare delle indicazioni circa gli strumenti finanziati dei progetti di smart citizenship. Tutto questo insieme di attività verrà fuori a breve e l’AGID potrà procedere anche alla realizzazione del catalogo, che in realtà è il presupposto per favorire inclusione e partecipazione. Più che il “catalogo degli usi”, io lo chiamo il “catalogo dell’uso e delle esperienze”, intendendo non solo gli aspetti tecnici ma anche quelli sociali, economici e quant’altro abbia caratterizzato un progetto nell’ambito delle smart communities.
Agenzia per l’Italia Digitale L’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) coordina le azioni in materia di innovazione per promuovere le tecnologie ICT a supporto della pubblica amministrazione, garantendo la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana in coerenza con l’Agenda digitale europea. Per informazioni www.agid.gov.it
Non si può parlare di smart city se non ci sono smart citizens, ossia cittadini “consapevolmente digitali”. Quali misure sta mettendo in atto l’AGID per accrescere le competenze digitali di base dei cittadini, per metterli nelle condizioni di esercitare i propri diritti e di partecipare attivamente alla trasformazione sociale? Il primo aspetto è importante, ma il secondo lo è ancora di più, con la partecipazione attiva che coinvolge la questione dei diritti. L’Agenzia, tra i suoi compiti, ha proprio quello di promuovere e sviluppare della cultura e delle competenze digitali. In questo senso è stato fatto un piano di sviluppo delle competenze digitali che riguarda diversi settori, anche perché l’Italia deve colmare un gap rispetto alla media europea. Questo divario può essere visto anche sotto un punto di vista positivo, perché in assenza di legacy possiamo creare al meglio le condizioni per sfruttare le nuove tecnologie. Nel piano della cultura digitale sono previste diverse aree di competenze per la cittadinanza digitale, competenze per il mondo del lavoro, competenze specialistiche in ambito ICT e competenze anche di leadership. L’Agenda digitale europea ci dà una serie di parametri e ci impone di accrescere queste conoscenze digitali in generale e anche quelle degli addetti ICT. In un mondo in completa trasformazione, l’accrescimento della cultura e delle competenze digitali va mantenuto più che mai vivo. Un cittadino digitale, dotato di competenze, a mio avviso rappresenta un forte valore per lo sviluppo, non solo perché è capace di utilizzare servizi, ma anche perché è capace di produrre idee attraverso l’interazione e migliorare la qualità dei servizi, la pianificazione delle attività che vengono svolte all’interno di un territorio. Un tale approccio contribuisce ad avvicinare un po’ di più l’amministrazione ai propri utenti, cioè i cittadini.
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Altran coordina Smart City , il progetto che mette in rete le città intelligenti francesi
Nel 2013 Altran è stata chiamata a coordinare lo sviluppo del progetto Smart City+ in Francia, una piattaforma digitale dedicata ai servizi di comunicazione di prossimità nelle città, pensata per i residenti e i vari players del settore pubblico e privato. Vincitore del National Loan “Digital City”, Smart City + è stato sviluppato sotto l’egida della Caisse des Dépôts et Consignations e riunisce otto partner: Altran, Navidis, Les Ateliers, Esri Francia, Grand Paris Seine Ouest, Issy media, Telecom SudParis. Obiettivo del progetto è quello di migliorare la qualità della vita della comunità rafforzando le dinamiche a livello economico, culturale e sociale e il senso di solidarietà tra le persone e le parti interessate del servizio pubblico e privato della città, nell’ottica di implementare la qualità del “vivere insieme”. Oltre a coordinare una squadra di player che operano in diversi settori, Altran è a capo di un gruppo di esperti impegnati in una riflessione sullo sviluppo di nuove funzionalità della futura piattaforma, centrate sulle esigenze dell’utente finale. Oggigiorno i sistemi intelligenti accompagnano ogni movimento nelle città, nello spazio pubblico e privato, garantendo la continuità di scambio anche con la mobilità urbana. La “città intelligente”, come quella che Altran sta contribuendo a creare, permette di organizzare il trasporto in maniera partecipativa e intermodale, controllare il traffico in tempo reale, ma anche anticipare le misure per gestire i picchi dei consumi di energia senza farsi trovare impreparati. Altran da molti anni è presente accanto ai player più importanti di questo settore e ha prodotto vari report sul tema della città 3.0. Per ulteriori informazioni, visitare il sito web del progetto Smart City+ www.smartcityplus.com
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Wiki Walk®, smart citizens
grazie alla geolocalizzazione vocale
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Wiki Walk® è un sistema di guida basato sulla fusione della tecnologia Wiki Walk® con quella di Nokia (High Accuracy Indoor Positioning). Gli utenti, durante il loro percorso, possono lasciare messaggi vocali geolocalizzati che vengono poi riprodotti automaticamente quando una persona dello stesso profilo si avvicina al punto di interesse. Wiki Walk® è prodotto da Nomadic Solutions in collaborazione con Ultra Phylum, Natural Touch, Nokia QUUPA e progetto RATP. è supportato dal Consiglio regionale della Ile-de-France. Altran Pr[i]me, il dipartimento di innovazione del Gruppo Altran, è stato coinvolto nella fase di sviluppo del Wiki Walk®. L’azienda ha lavorato alla progettazione dell’involucro e dell’interfaccia con un’attenzione specifica per l’accessibilità e la user friendly, offrendo aggiornamenti del sistema per includere nuove funzionalità. Altran Pr[i]me ha anche supportato il progetto Wiki Walk® nella definizione degli elementi grafici e della comunicazione del servizio. Universale nel suo funzionamento, Wiki Walk® si adatta a tutti i telefoni cellulari, funziona solo sul canale vocale e copre l’intero territorio francese, ha il potenziale per gestire un gran numero di profili: escursionisti pedonali - in città o in campagna, visitatori di un parco o museo a cielo aperto, turisti o coloro che vivono all’estero, lavoratori che utilizzano i trasporti di superficie, persone con handicap, persone con bagagli, etc. Wiki Walk® permette anche di implementare un servizio guida all’interno di edifici per i visitatori di musei, i clienti di un centro commerciale o supermercato, i passeggeri in una stazione ferroviaria, etc. Per ulteriori informazioni consultare http://prime.altran.com/references/nomadic-solution-wiki-walk.html#.VBapnMKSx9s
Olivier Picard, Solution Manager di Co-Creation Practice presso Altran Pr[i]me.
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“Smart CitIES” alle “Smart SOCIETIES”:
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Altran promuove una visione sociale delle città
ll supporto fornito da Altran mira a definire alcuni importanti elementi di questa futura piattaforma tecnologica: Knowledge Database, System Integration e Orchestration, veri e propri nuclei di base per la costruzione e/o l’adattamento di ulteriori sistemi informativi. Inoltre, la definizione di un protocollo MiNT permetterà il collegamento di sistemi informativi che in futuro vogliano accedere alle informazioni attraverso l’uso di questo meccanismo. Oltre a MiNT, Altran Spagna ha sviluppato una soluzione globale che integra due componenti: il CrowdSense ed il CrowdAnalytics. Entrambi consentono la raccolta e l’analisi dei dati generati da sensori installati in dispositivi mobili, con una vasta gamma di possibilità per l’uso e la vendita. La componente CrowdSense è disponibile per Android e iOS. Fornisce dati come la potenza del segnale, la tecnica di collegamento, la probabile velocità di movimento dell’utente, i livelli di attività e di rumore, nonché l’acquisizione di dati tramite sensori di temperatura, pressione e umidità.
Partendo dai dati raccolti da CrowdSense, il componente CrowdAnalytics genera una mappa con informazioni aggiuntive. Tale mappa è dotata di filtri e livelli per l’analisi dei dati. La funzionalità di base di “CrowdAnalytics” può essere ampliata in un ambiente di Big Data, consentendo quindi di analizzare le informazioni incrociando vari dati quali aree geografiche, fasce orarie, velocità di marcia, o di effettuare un’analisi avanzata per rilevare i modelli di comportamento degli utenti. Per ulteriori informazioni sulla visione “Smart Society” di Altran Spagna, consulta il blog http://altransmart.wordpress.com/smartsocietyaltran Aumenta sempre più il numero delle città che gestiscono progetti “smart” in tema di salute, energia, sicurezza e gestione dei rifiuti. Anche se rimane ancora molto da fare, le metropoli stanno diventando i principali drivers di questo cambiamento. Per spiegare questo fenomeno, Altran Spagna preferisce usare il concetto di “Smart Society” anziché quello di “Smart City”, perché il vero cambiamento si realizza con una visione integrata in cui la società è il fulcro di un nuovo approccio, al di là delle tecnologie o delle infrastrutture utilizzate. Coerentemente con questa visione innovativa, Altran Spagna sta lavorando da un anno al progetto “Madrid Inteligente” (MiNT), promosso dal Comune di Madrid con l’obiettivo di avere una visione più ampia della città, attraverso l’uso intelligente dei servizi pubblici. Questa piattaforma tecnologica consentirà di delineare un nuovo modello di gestione urbana.
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Personal Democracy Forum 2014: le esperienze di Open Coesione e FoodCAST Che impatto hanno i Big Data sull’operato dei governi, sulla società e sulla partecipazione dei cittadini? Se ne è discusso il 29 settembre a Roma in occasione del Personal Democracy Forum Italia (PDF2014), nell’ambito dell’Innovation Week (#RIW14). L’evento ha chiamato a raccolta studiosi, opinion leader, startupper e giornalisti accomunati dall’idea che una società basata sulla libera consultazione e monitoraggio dei dati è più democratica e più equa. Per favorire la circolazione delle best practices in questo campo, nel corso dell’evento sono stati presentati nuovi strumenti e piattaforme progettate per la promozione dell’open society. Fra tutti i progetti presentati, ne abbiamo scelti due, accomunati dal successo della collaborazione fra società civile, comunità scientifica e pubblica amministrazione. Il primo, sul tema dell’open government, ci ha colpito per la centralità del cittadino nel processo di monitoraggio della spesa pubblica, tema particolarmente delicato in Italia e al centro di numerose polemiche legate alla scarsa capacità di spesa dei fondi europei da parte delle regioni. Il secondo progetto affronta un tema cruciale per la stessa sopravvivenza della popolazione mondiale: il cibo.
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Con Open
Coesione i cittadini valutano gli investimenti pubblici
Open Coesione (www.opencoesione.gov.it) rappresenta un ottimo esempio di trasparenza e partecipazione dei cittadini. Uno slogan sul sito di Open Coesione invita l’utente all’operatività: “scopri, segui, sollecita”. Il progetto è stato illustrato durante il PDF2014 da Aline Pennisi, di formazione statistica e analista di politiche pubbliche, dirigente al Ministero dell’economia e delle finanze nonché promotrice e coordinatrice di Open Coesione. “Grazie a Open Coesione abbiamo offerto ai cittadini un reale canale di partecipazione, monitoraggio e valutazione di come vengono spesi i soldi pubblici, inclusi i fondi europei”, ha spiegato. Realizzato dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, è il primo portale dedicato interamente all’attuazione degli investimenti programmati nel ciclo 2007-2013 da regioni e amministrazioni centrali dello Stato con le risorse per la coesione. Partendo da un totale di 99.286 miliardi di euro a disposizione per la programmazione 2007-2013, grazie a Open Coesione sono stati monitorati finanziamenti pari a 77,8 miliardi di euro e pagamenti pari a 31,5 miliardi di euro, per un totale di 786.662 progetti e 81.605 soggetti. I dati pubblicati sul portale consentono ai cittadini di valutare se i progetti corrispondono ai loro bisogni e se le risorse sono state usate in modo efficace. Sono disponibili dati su risorse assegnate e spese, localizzazioni, ambiti tematici, soggetti programmatori e attuatori, tempi di realizzazione e pagamenti dei singoli progetti. I dati, aggiornati al 30 aprile 2014, possono essere scaricati sotto forma di base-dati “grezza” e rielaborabile, oppure tramite grafici interattivi “interrogabili” per tema, territorio e tipo di intervento. I cittadini possono partecipare attivamente inviando idee, consigli e segnalazioni di esempi di riuso basati sui dati contenuti in opencoesione.gov.it Infatti, partendo proprio dai dati di opencoesione è nato una sorta di spin off ugualmente dedito al monitoraggio civico: Monithon (www.monithon.it). Letteralmente è l’unione di “marathon” e “monitoring”, ossia “maratona di monitoraggio”. Grazie a Monithon i cittadini o le associazioni possono “adottare” un progetto, seguendone l’andamento e valutandone l’impatto reale sul territorio tramite l’osservazione diretta sul campo. Monithon rappresenta una vera e propria miniera di informazioni per molte inchieste basate sulla tecnica del data journalism. Tornando a Open Coesione, l’attivismo ha dato luogo anche a una iniziativa di formazione per i giovani: “A Scuola di Open Coesione”, un progetto sperimentale di didattica nelle scuole sui temi dell’ Open Government, promosso dal DPS e dal MIUR per costruire uno storytelling multimediale dedicato ai territori coinvolti nei progetti mappati da OpenCoesione e da Monithon.
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Con FoodCAST, scenari e previsioni per un mercato alimentare più sostenibile FoodCAST (http://foodcast.sissa.it/) si pone l’ambizioso obiettivo di “nutrire il pianeta”. Anche in questo caso, la pubblica amministrazione è in prima linea per sostenere questo progetto di ricerca: Regione Lombardia e MIPAF (Ministero delle Politiche Agricole e Forestali) per la prima volta si sono unite coinvolgendo scienziati provenienti dalla Scuola Internazionale di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, l’Università degli Studi di Milano, l’Università di Bologna Alma Mater e l’Università degli Studi di Perugia. La sfida di FoodCAST è utilizzare i big data per fare previsioni strategiche sulle dinamiche dei mercati alimentari e sulla disponibilità di cibo nel medio e nel lungo periodo, nonché sulle tecnologie legate al “cibo del futuro”. Il database a cui attinge per creare modelli e algoritmi di previsione si basa su dieci archivi nazionali e internazionali contenenti i dati di produzione, commercio, import/export, prezzi del cibo. Il cibo è un tema centrale nelle politiche economiche e demografiche. Aumento della popolazione a livello mondiale, esaurimento di alcune colture tradizionali e impoverimento dei terreni destinati alla coltivazione, diffusione degli OGM, diminuzione delle terre destinate a pascolo, pandemie legate al consumo animali portatori di malattie… sono solo alcuni dei fenomeni che ruotano attorno al cibo. Senza contare che, nonostante l’evoluzione dei metodi agricoli e il surplus di cibo per una parte della popolazione, c’è chi ancora nel mondo patisce la fame a causa di carestie, emergenze metereologiche, crisi alimentari o guerre. Il cibo è dunque nell’agenda setting dei policy maker internazionali e prevedere le rotte del cibo e l’evoluzione dei gusti è fondamentale. Il mercato alimentare è sofisticato al pari dei sistemi finanziari: strumenti come futures e derivati sono applicati anche al cibo. A questo si aggiungono le complicazioni derivanti da contributi governativi nazionali e comunitari (la tanto contestata PAC, ad esempio). “FoodCAST utilizza un modello quantitativo di previsione e analisi del rischio dei mercati alimentari che consente di dare risposte attendibili all’annoso problema della fame e fa della tecnologia un volano per migliorare la disponibilità e la qualità dei cibi che consumiamo. Il progetto mira infatti a creare una scala cognitiva di come il consumatore valuta gli alimenti di cui cibarsi, verificando la sua evoluzione in presenza di un rischio alimentare”, ha spiegato Riccardo Sabatini, direttore scientifico del progetto durante il PFD2014. “La complessità dei mercati alimentari ci ha spinto a costruire un know-how e strumenti innovativi in grado di descrivere queste nuove dinamiche, e di fare luce sulle possibili soluzioni efficaci nella pianificazione e gestione delle risorse alimentari, sia a livello locale sia a livello globale”. FoodCAST è stato lanciato nel 2011 e fra i primi risultati annovera FRIDa, prodotto di un gruppo di ricerca della SISSA che si occupano di neuroscienze. Si tratta di un database pubblico e open, che contiene immagini di cibo attraverso le quali il gruppo di ricerca ha testato l’atteggiamento delle persone verso il cibo naturale o processato, studiando in che modo il colore del cibo influenza le preferenze. 51 ALTRAN FOUNDATION FOR INNOVATION
Il prossimo obiettivo di FoodCAST è la creazione di un indice di sostenibilità - TII, Trade Impact Index per l’analisi della filiera agroalimentare globale e locale, proposto a Expo2015 come uno dei parametri per la stima dell’impatto ambientale del cibo. In che modo il TII potrebbe influenzare concretamente le scelte dei consumatori e dei policy makers? Ad esempio dicendo loro quanto costa all’ambiente il piatto di pasta che hanno appena mangiato. Il TII calcola infatti la stagionalità locale di un alimento e la lunghezza della filiera, oltre alla distanza che il prodotto percorre dal produttore al consumatore. Non solo scienziati e ricercatori, ma anche i cittadini possono partecipare attivamente a questo progetto. FoodCAST si è rivolto al mondo social con una app per iPhone e iPad che mette alla prova l’utente e incrementa le sue conoscenze sul cibo. Basata su un quiz interattivo, la app è arrivata prima nella classifica Macitynet.it 2012 tra le applicazioni gratuite italiane nella categoria “Istruzione”.
© 2014 FoodCAST
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Una nuova prospettiva del mondo
Marioway etica ed innovazione tecnologica per la carrozzina che rivoluziona la mobilità Alla seconda edizione della Maker Faire, dal 2 al 5 ottobre a Roma, grandi personaggi non sono certo mancati. Guru dell’innovazione, startupper brillanti, economisti di fama internazionale, makers che riescono a stampare perfino la pizza in 3D, la tenace astronauta Samantha Cristoforetti che il 23 novembre partirà per la International Space Station per condurre la missione “Futura”. Una passerella della “meglio gioventù” geek. Un’occasione per conoscere gli artefici dell’innovazione non solo tecnologica, ma soprattutto sociale. Di tutte le storie raccontate alla Maker Faire 2014 ce n’è una che ci ha colpito più di tutte le altre: quella di Marioway, la quintessenza della social innovation. Il principio che anima questo progetto è lo stesso perseguito dalla Fondazione Altran: premiare i progetti in cui l’innovazione tecnologica sia a servizio del bene comune. Per questo vogliamo condividere con i nostri lettori la storia di Marioway. Marioway nasce dall’intuito di Mario Vigentini, un educatore sociale che – forte della sua esperienza ventennale con persone affette da disabilità fisiche, psicologiche e di apprendimento – ha dimostrato che cosa accade quando l’etica fa rima innovazione tecnologica. Ne è nato un progetto talmente visionario da sembrare irrealizzabile. Eppure oggi è realtà: una sedia a rotelle elettrica il cui dispositivo può essere controllato dagli utilizzatori con gli spostamenti del corpo piuttosto che con mani e braccia (come invece accade con le carrozzine tradizionali).
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Marioway cambia completamente la prospettiva del mondo di chi la usa: non si può propriamente parlare di “sedia”, quanto piuttosto di una sella variamente regolabile che consente al suo utilizzatore di trovarsi a un’altezza quasi analoga a quella che avrebbe se riuscisse a stare in piedi autonomamente. In altre parole, non guarda chi lo circonda dal basso verso l’alto, ma sullo stesso piano. Tutto questo tecnicamente si chiama “simmetria relazionale” ed è un concept rivoluzionario: cambia il modo di comunicare e migliora notevolmente le relazioni interpersonali, nonchè la qualità della vita sociale. Con Marioway chi soffre di una disabilità motoria è in grado di muoversi in modo talmente agile da poter perfino “ballare” in coppia, come è avvenuto nello stupore generale alla opening conference della Maker Faire, il 2 ottobre, sulle note di “Space Oddity” di David Bowie.
Tecnologia e high performance Marioway è dotato di sospensioni per ammortizzare i colpi durante il movimento, usa una seduta ergonomica creata ad hoc, agevola una corretta postura e riduce i problemi a schiena, circolazione e osteoporosi. è customizzabile e varia la propria geometria in funzione delle lunghezze di femore e tibia, del peso dell’utilizzatore (da un minimo di 30 a un massimo di 90 chili), della sua postura e delle eventuali asimmetrie del corpo, si adatta a persone con amputazioni agli arti inferiori. La tecnologia usata è all’avanguardia: la carrozzina può raggiungere una velocità fino a 20 chilometri orari, la sella rialzata viene comandata dal telefonino, il dispositivo elettrico è made in Usa. Anche il design è curato nei dettagli e ricorda le prime vetture di fine Ottocento, tanto da essere stato definito “stile steampunk”. Il progetto ha una marcia in più ed evolve di continuo perché è open source: alla sua progettazione e costruzione partecipano gli ideatori, i finanziatori, i fornitori, i suoi utenti finali – ossia le persone con www.marioway.it/word/ paraplegia. Marioway, che è anche il nome della start-up che ha dato il nome alla carrozzina, ha ammaliato gli investitori e ha vinto recentemente il FunkyGrant di Working Capital in memoria di Marco Zamperini, uno dei principali esperti di internet in Italia.
Il futuro di Marioway è social www.marioway.it/word/
Presto gli utenti di Marioway avranno a disposizione una app social per agevolare la creazione di una community di tutti i suoi possessori e creare così occasioni di incontro e svago anche fuori casa. L’app, che sarà disponibile sia per Apple che per Android, gestirà inoltre alcune funzioni di Marioway, ad esempio memorizzerà la terapia di ginnastica passiva come se fosse un personal trainer, motivando gli utenti con un allenamento basato su obiettivi.
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Meet IoT: quando l’Internet of Things incontra le Smart Cities
Di questi temi si è parlato a Roma il 30 settembre e il 1 ottobre 2014 in occasione di Meet IoT, un evento di respiro internazionale organizzato con il sostegno e la collaborazione della Innovation Week. Domotica e smart cities, territori intelligenti, benessere e salute, sono alcuni dei temi trattati durante la due giorni. L’evento ha mostrato concretamente, attraverso le relazioni di ospiti di calibro internazionale, in che modo l’avvento dell’Internet of Things sta cambiando la quotidianità. Fra gli altri, ricordiamo Ed Ross e Jim Chase (Intel), Antonio Abramo (direttore delle ricerche di Eurotech), professori universitari di Roma Tre e di Berkeley, membri della Commissione europea, Alessandra Poggiani (Direttore generale dell’Agenzia Digitale).
“L’Internet of Things per la smart city: quadro applicativo e direzioni di innovazione” Il Report dell’Osservatorio Internet of Things L’Osservatorio Internet of Things nasce nel 2011 per rispondere alle aziende pubbliche e private interessate alle potenzialità offerte dall’internet delle cose. A inizio anno l’Osservatorio ha pubblicato un report che individua ed esamina 153 progetti di utilizzo di tecnologie Internet of Things avviati a supporto della Smart City in Italia (67 progetti) e all’estero (86), per un totale di 258 applicazioni (100 in Italia e 158 all’estero). Fra questi, 16 progetti sono stati oggetto di approfondimento attraverso interviste dirette agli attori (aziende o pubbliche amministrazioni) che hanno preso parte alla realizzazione del progetto. Il Report fornisce inoltre una fotografia fedele dei principali progetti Internet of Things per le smart city avviati in Italia e nel mondo, focalizzandosi sugli ambiti applicativi più diffusi, sul grado di maturità delle diverse iniziative e sulle principali tecnologie adottate. Non manca una carrellata delle best practices italiane e straniere in cui l’IoT gioca un ruolo chiave nel progetto di innovazione.
www.meet-iot.eu/
In Italia ci sono circa 6 milioni di oggetti connessi*. Questo fenomeno si chiama “Internet of Things” e potrebbe avere un impatto enorme sul modo in cui i cittadini vivono gli spazi urbani. Sono infatti numerosi i punti di contatto tra i temi della Smart City e il paradigma dell’Internet of Things, che può rendere le città più intelligenti facendo dialogare, tramite la rete, sistemi, devices, oggetti di uso quotidiano. Semplificare la vita dei cittadini, ottimizzare il consumo energetico, facilitare la mobilità in chiave sostenibile, gestire il traffico, il trasporto pubblico, l’illuminazione, la raccolta rifiuti, il monitoraggio ambientale e il turismo: sono solo alcuni degli aspetti su cui le soluzioni IoT possono incidere in termini di efficienza e miglioramento dei servizi urbani. *fonte: Osservatorio Internet of Things
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ne di idee (simakers.ideascale.com) che ha finora raccolto le intuizioni e i progetti di thinker, makers ed influencers. La piattaforma inoltre monitora, misura e raccoglie i risultati dei tavoli di lavoro per la creazione della Innovation Agenda.
“Social Innovation Cities”.
Il futuro urbano è nell’innovazione sociale Prendi trecento cittadini di tutte le estrazioni sociali, i più svariati background e di varie età. Mettili a dialogare, suddivisi per dieci, a trenta tavoli dopo essere stati stimolati dalle esperienze e dalle idee visionarie di speaker di fama internazionale. Minimo comun denominatore della discussione: la voglia di confrontarsi per trovare soluzioni che rendano più a misura di cittadino gli spazi e le dinamiche urbane grazie all’ innovazione sociale. Tutto questo era “Social Cities Innovation”, l’evento che si è svolto il 1° ottobre 2014 a Roma nell’ambito della Innovation Week, promossa dalla Camera di Commercio di Roma e organizzata all’interno della Maker Faire da Impact Hub Roma. Impact Hub è un network globale di spazi per la Social Innovation, che offre servizi da business accelerator per supportare lo start-up e lo sviluppo di imprese ed iniziative ad alto contenuto innovativo e di impatto positivo per la società. Opera da 9 anni in oltre 54 città su 4 continenti con oltre 7mila membri, numeri che la rendono la rete di centri per la Social Innovation più estesa al mondo. Ambizioso l’obiettivo di “Social Innovation Cities”: produrre la prima Innovation Agenda per la “Social Innovation City” del futuro. In alter parole, prove tecniche di smart citizenship. “Il prototipo Social Innovation City vuole identificarsi in una piattaforma di proposte ed esperienze tali da influire, in concomitanza con la presidenza italiana del Consiglio Europeo, sull’agenda europea di cambiamento e coesione”, spiegano gli organizzatori. L’evento non è nato dal nulla: l’incontro del 1° ottobre è stato il momento culminante di un percorso iniziato a maggio con incontri su Impact Finance, Open data management, Valorizzazione del Patrimonio Culturale e Turismo, Cibo e Agricoltura, Ambiente e Mobilità, Educazione, Welfare e Youth Engagement. E per dare seguito alle idee scaturite dagli incontri, è stata messa a punto una piattaforma di condivisio-
I 10 temi affrontati durante l’evento “SOCIAL INNOVATION CITIES” In un dialogo dai ritmi serrati, ai tavoli di lavoro sono state identificate le variabili chiave per lo sviluppo di un ecosistema di innovazione ad impatto sociale in una città metropolitana, sviscerando 5 temi orizzontali (le leve che abilitano un territorio ed una community alla costruzione di una Social Innovation City) e 5 temi verticali (ambiti che ciascun territorio identifica come asset strategici per il proprio sviluppo). Temi orizzontali: 1. Making resilient cities and communities Innovazione urbana e creazione di comunità di city makers. Le innovazioni tecnologiche e sociali dei governi locali, la competizione collaborativa tra pubblico e privato per la creazione di città e comunità resilienti. 2. Co-design methods, service innovation and user centered approach Dalla shared economy agli strumenti di co-design, co-creare i servizi e le organizzazioni del futuro. 3. Open data management, data visualization, metrics and measurement Aprire i dati, visualizzarli, misurare l’impatto delle pratiche di innovazione, come rendere omogenei gli indicatori e come raccontarli. 4. Accessibility I tempi della città, le barriere, lo stato dell’arte e le iniziative per una società accessibile. 5. Scaling impact Oltre le start-up, cosa verrà dopo gli incubatori e gli acceleratori, il ruolo dei network. Temi verticali: 6. Education, welfare and youth engagement Sistemi non convenzionali di formazione e apprendimento, dai NEET ai NET: riprendersi il presente, progettare il futuro. 7. Cultural Heritage & Tourism Sbloccare le energie creative ed imprenditoriali emergenti, valorizzare il patrimonio artistico e culturale, disegnareartistico e culturale, disegnare un turismo sostenibile. 8. Impact Finance Strumenti di finanza inclusiva e innovativa per le Social Innovation Cities. La fattibilità degli strumenti esistenti, le esperienze da replicare, i territori ideali in cui intervenire. 9. Environment & Mobility Le nuove frontiere nella gestione intelligente dei trasporti, l’innovazione per la mobilità a basso impatto ambientale. 10. Food & Agriculture Tradizione, conoscenza del territorio e innovazione rurale. Il futuro del made in Italy alimentare in un’ottica di sviluppo sostenibile.
Anche la Fondazione Altran per l’Innovazione ha partecipato a “Social Innovation Cities” per promuovere il premio “Smart cities & citizenship” e per condividere la sua riflessione sulla tecnologia a servizio del bene comune, in particolare per favorire la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali urbani.
© Tiziana Sforza
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Credits Un ringraziamento a coloro che, con professionalità e dedizione, hanno contribuito all’organizzazione del Premio Italia 2014 della Fondazione Altran per l’Innovazione : Claudia Borraccia Milena Briganti Antonietta Buosciolo Giuseppe Gammariello Mirella Petronio Tiziana Sforza
ITALIA
Smart cities & citizenship
Un ringraziamento ai Coach Foundation, che hanno messo a disposizione dei candidati le proprie competenze con generosità e passione: Vanessa Tornabene, Andrea Bertola, Sergio Marra, Fabrizio Sivieri, Luca Alessandrelli, Italo Gison, Roberto Brigantino, Salvatore Speranza, Emanuele Febo, Maria Antonietta Ferraro, Pierpaolo Fasano, Gabriella Bertiglia, Giuseppe Pirrera, Gabriele Caramazza, Rosaria Palummo, Giuseppe Mavelli, Cosimo Buccella, Carmelo Ragusa, Giuseppe Familiari, Alessandro Zenatti, Sergio Zancanella.
In palio un accompagnamento tecnologico di 6 mesi fornito dagli esperti di Altran SCARICA L’APPLICATION FORM DA IT. ALTRAN-FOUNDATION. ORG DAL 29 APRILE AL 31 OTTOBRE 2014
Un ringraziamento al team parigino della Fondazione Altran per l’Innovazione che, seppure a distanza, ha dato supporto costante e consigli preziosi per l’organizzazione del Premio Italia 2014: Christian Le Liepvre (Direttore della Fondazione Altran per l’Innovazione) e Clara Lorentz (responsabile della Comunicazione della Fondazione Altran per l’Innovazione)
14 PREMIOITALIA@ALTRAN-FOUNDATION.ORG
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