Agrifoglio PERIODICO DELL’AGENZIA LUCANA DI SVILUPPO E DI INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA N. 21 _ ANNO IV MAGGIO/GIUGNO 2007
Direttore Editoriale Franco Dell’Acqua
Sommario 02 EDITORIALE Col fiato sospeso
SERGIO GALLO
03 INTERVENTI
Distretto, territorio più competitivo
Direttore Responsabile Sergio Gallo
SALVATORE MARTELLI
Vice direttore Vincenzo Laganà
04 SPECIALE ORTOFRUTTA IN BASILICATA
Comitato di Redazione Carlo Candela, Vincenzo Capece Rosanna Caragiulo, Rocco Sileo Anna Ziccardi
A CURA DI ANGELA LAGUARDIA E CARMELO MENNONE
Direzione, redazione e segreteria Via Carlo Levi, sn - 75100 Matera Tel. 0835 244212 Fax 0835 244219 e-mail: posta@alsia.it Progetto grafico e impaginazione Altrimedia srl - Matera/Roma Stampa SUPEMA - Pavona di Albano Laziale (Roma) Reg.Tribunale di Matera n. 222 del 24-26/03/2004 ISSN 1824-0305 Hanno collaborato: Loredana Lanzellotti, Margherita Moles, Rocco Olita Foto di copertina Archivio Altrimedia Le foto pubblicate in questo numero sono di: Archivio Alsia, Archivio Altrimedia, Enzo Epifania, Vincenzo Laganà La rubrica “Regionando” è tratta da Regione Informa, Agenzia quotidiana della Regione Basilicata I testi possono essere riprodotti citando la fonte. A cura di Si ringrazia per la collaborazione • l’Ufficio Stampa della Giunta Regionale di Basilicata • la redazione della rivista “Sherwood - Foreste ed Alberi Oggi” • l’APT di Basilicata Agrifoglio è stampato su carta Fedrigoni Symbol Freelife, bianchita con processi ecologici
05 Un comparto di eccellenza per l’agricoltura lucana
06 Metapontino all’avanguardia nell’ortofrutticoltura
08 Val d’Agri, produzioni di pregio e a basso impatto ambientale MARIO CAMPANA
10 Pollino, ricerca e sperimentazione per prodotti di nicchia di qualità DOMENICO CERBINO
12 FUORIFORESTA Pali tutori, solo se necessari per sostegno o guida del fusto CLAUDIO BIDINI
14 AGRINNOVA Micotossine, filiera assistita per prevenire le contaminazioni PASQUALE DOMENICO GRIECO - RAFFAELE LOPARDO - MAURO MUSTO
16 BIOLOGICA
Agrofarmaci, trattamenti mirati con macchine “tarate” ARTURO CAPONERO
17 AGROMETEO Commento climatico maggio/giugno EMANUELE SCALCIONE - NICOLA CARDINALE - PASQUALE LATORRE
18 UOMINI E PIETRE Un giorno d’agosto: la venuta di Urbano II ANGELA LAGUARDIA
E il Templum Auguraculum racconta fasti e miti antichi MARGHERITA ROMANIELLO
20 Formazione a catalogo, i nuovi corsi Alsia
MARIA ASSUNTA LOMBARDI
22 AGRINEWS 24 REGIONANDO
Col fiato
sospeso
editoriale
Due di noi
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Erano due di noi. Biagio Mattatelli e Cosimino Barbaro ci hanno lasciato. Entrambi in passato nostri colleghi e ora dipendenti regionali, sono scomparsi pochi giorni fa in un incidente stradale lungo la statale 106. Facevano il nostro stesso lavoro. Lo facevano con passione, con dedizione profonda, con totale disponibilità. Un ricordo incancellabile. Ci stringiamo tutti in un abbraccio infinito con le loro famiglie ed i loro cari.
La prima cosa che mi ha colpito è stato il vento. L’ho sentito sul viso, nelle orecchie. Prima piano, ma cresceva in fretta, tirando appena la pelle. Dopo pochi attimi, il rumore copriva quello sottile delle ruote che scorrevano veloci sul cavo d’acciaio. Non ho avuto quasi il tempo di rendermi conto di essermi staccato dalla stazione di partenza e già ero “in volo”, tra Castelmezzano e Pietrapertosa. Imbracato in posizione orizzontale a 400 metri di altezza, col fiato sospeso, giù come un proiettile a 120 chilometri all’ora. Mentre scendi, tutto diventa come ovattato. La conquista dell’aria è un sogno. Ed è in quel sogno, sospesi nella terza dimensione, che si aprono le porte della quarta. E il tempo sembra fermarsi. Fissavo come stupito il grigio dei tornanti della strada che spaccano in due il verde scuro del bosco, le cime vicine che sembrano ad un soffio. Ripensavo ai falchi che, poco distante, scendono velocissimi in picchiata verso la Grancia, durante lo spettacolo dei falconieri. Ero felice. L’arrivo è stato un brusco risveglio. Dopo quasi un chilometro e mezzo, il colpo sulla carrucola del freno elastico ti strappa da un viaggio incantato, braccia esperte ti sganciano dal cavo. Scendi. Tuo malgrado, torni a terra. Mi sono accorto allora, solo allora, che ancora trattenevo il fiato. Ho sorriso. Per i francesi, leader mondiali in questo sport estremo, giocando sulle parole è “fantasticable”. Per noi è il “volo dell’angelo”, forse per emulare le numerose feste popolari frequenti anche nel vicino Cilento. Comunque, il primo del genere in Italia. Sicuramente il più spettacolare anche rispetto al resto d’Europa. Dall’alto, ogni cosa sembra acquistare spessore, un senso compiuto. Diventa colma. Pare che già Socrate (V secolo a.C.) avesse intuito che, per comprendere appieno il mondo, l’uomo dovesse alzarsi al di sopra della Terra, fino al culmine dell’atmosfera e oltre. E Talete di Mileto (640/624 a.C - 547 circa a.C.), uno dei sette savi dell’antichità classica, che misurò l’altezza di una piramide raffrontandone l’ombra con quella di un sem-
SERGIO GALLO
Tra cielo e terra, il “volo dell’angelo” unisce Castelmezzano e Pietrapertosa in andata e ritorno. Sport estremo per i Francesi, l’esperienza entusiasma e apre le porte alla riflessione e ad un modo più completo di vivere il nostro territorio.
plice paletto di legno, realizzò ciò che nel mito non era stato concesso all’imprudente Icaro: spiccare il volo verso l’inaccessibile, conquistando la terza dimensione. E aprendo la strada alla mente umana, che sanciva il suo dominio sulle grandi distanze e sugli spazi immensi. Lo stesso dominio che portò Eratostene a misurare la circonferenza della Terra, così in seguito elogiato entusiasticamente dal giovane Leopardi: “... come misurarla co’ nostri passi, come sorpassare gl’insuperabili ostacoli, che a simile intrapresa oppongono i monti, i mari i precipizi?... volò l’ingegno, e trovò fra il cielo e la terra una corrispondenza che gli diede il metodo di misurare il mondo...”. Come angeli o falchi, rivive anche per noi il mito in spazi che sinora credevamo inaccessibili. Aggiungendo nuova luce, nuovi significati, al nostro vivere il territorio. Col fiato sospeso, in volo tra cielo e terra. ● sergio.gallo@alsia.it
Distretto, territorio
più competitivo
SALVATORE L’ortofrutta fresca è la proMARTELLI * duzione principale dell’area del Distretto Agroalimentare di Qualità del Metapontino, che aggrega le aziende di 12 comuni della Provincia di Matera: Bernalda, Colobraro, Montalbano Jonico, Montescaglioso, Nova Siri, Pisticci, Policoro, Rotondella, Scanzano Jonico, San Giorgio Lucano, Tursi e Valsinni. Le imprese ortofrutticole interessate sono 5.000, per una Superficie Agricola Utilizzata di circa 24 mila ettari. Gli occupati nel settore sono 8.000 e sviluppano circa 2,2 milioni di giornate lavorative annue. La produzione lorda vendibile è di 224 milioni di euro. Nel territorio operano anche 9 imprese di trasformazione ed oltre 150 addetti. Buona anche la concentrazione dell’offerta di prodotti ortofrutticoli con la presenza di 10 delle 14 Organizzazioni di produttori lucane. Le produzioni principali sono: pesco, albicocco, susino, fragola, arancio, clementine, actinidia, uva da tavola per quanto riguarda la frutta e cavolfiore, cavolobroccolo, cavolorapa, finocchio, insalate, asparagi, melanzane, peperoni, pomodori, rucola e aneto per gli ortaggi. Le condizioni pedo-climatiche rendono il Metapontino particolarmente vocato per le produzioni precoci; dal punto di vista commerciale si rileva un calendario abbastanza ampio sia per la frutta che per gli ortaggi. Oltre all’ortofrutta fresca, l’area è caratterizzata da altre produzioni agroalimentari di eccellente qualità, con prodotti trasformati collegati ai settori ortofrutticolo, vitivinicolo, olivicolo, cerealicolo, zootecnico. Negli ultimi anni si è sviluppata anche un’importante rete agrituristica di buona qualità con punte di eccellenza di alto livello, integrata nel sistema produttivo locale, funzionale alla valorizzazione del sistema agroalimentare del territorio. In questo contesto, il Distretto ha assunto il compito di organizzare e orientare il comparto agricolo, facendo interagire le diverse componenti socio-economiche del territorio, ed esaltando al mas-
simo il ruolo multifunzionale del sistema agroalimentare. Circa le opportunità offerte, queste si legano al rafforzamento delle posizioni contrattuali dei produttori (verso il mercato, verso le istituzioni, verso il sistema creditizio), al completamento della filiera ortofrutticola, all’aumento del valore aggiunto e dell’occupazione nella filiera, nonché delle comunicazioni tra soggetti interni ed esterni ad essa. Gli effetti attesi si traducono, così, nella valorizzazione del territorio e delle produzioni agricole dell’area, e nell’aumento della capacità di catalizzare risorse disponibili per effetto dell’attività di concertazione tra i diversi attori - istituzionali, economici e sociali - presenti. In tal modo, il Distretto si pone come strumento di governance locale in grado di analizzare i punti di forza e di debolezza del settore al fine di convogliare progetti e risorse sulle direttrici di sviluppo programmate.
INTERVENTI Il Distretto, che ha sede presso l’Azienda sperimentale dimostrativa dell’Alsia “Pantanello”, è operativo dal 2006 con la costituzione del Comitato, la cui funzione è quella di definire e mettere in atto le politiche interne. Il Comitato è costituito dai rappresentanti del mondo imprenditoriale e delle organizzazioni di categoria, da un sindaco in rappresentanza di tutti i Comuni interessati, dai presidenti della Provincia di Matera e della Camera di Commercio di Matera. L’obiettivo è di rendere identificabile la struttura sul territorio locale, nazionale e internazionale e, soprattutto, promuovere le produzioni agroalimentari dell’area con azioni mirate alla internazionalizzazione dei prodotti per migliorare la competitività del territorio Metapontino. ● sa.martelli@tiscali.it * Presidente Distretto Agroalimentare di Qualità del Metapontino
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SPECIALE ORTOFRUTTA IN BASILICATA
La scarsa aggregazione dell’offerta, la filiera commerciale troppo lunga, l’offerta di prodotti che colgano le esigenze dei consumatori, la trasformazione in commodities dei prodotti ortofrutticoli, acuita dalla globalizzazione dei mercati, fanno del comparto ortofrutticolo un settore soggetto a continue crisi di mercato. Nello scorso mese di giugno il consiglio della Commissione europea ha varato la riforma dell’Organizzazione Comune di Mercato (Ocm) Ortofrutta, recepita dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, nonché dalla maggior parte delle organizzazioni del settore, che considera buona parte degli aspetti descritti, proponendo delle soluzioni. Le direttive da seguire vanno verso una maggiore aggregazione da parte delle aziende, che passa attraverso le Organizzazioni di Pro-
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duttori, con l’obiettivo di consentire: un maggiore potere contrattuale nei confronti della Grande Distribuzione Organizzata (GDO); un aiuto diretto alla produzione; una diversificazione dell’offerta con prodotti a marchio; un ampio calendario di offerta; un packaging adeguato alla logistica del prodotto; una diversificazione delle forme di vendita che consentano di accorciare la filiera; una ricerca continua di mercati che riescano a cogliere la qualità e a remunerarla adeguatamente; un continuo monitoraggio dei prezzi nelle diverse fasi della filiera per evitare speculazioni; una maggiore sicurezza alimentare che passa attraverso la tracciabilità del processo produttivo e la rintracciabilità del prodotto. a cura di Angela Laguardia e Carmelo Mennone
La Basilicata, regione a forte vocazione agricola, è una delle realtà più dinamiche dell’intera ortofrutticoltura nazionale. Le coltivazioni sono concentrate nell’area metapontina, con un’estensione nei fondivalle irrigui e nel Lavellese.
Un comparto di eccellenza per l’agricoltura
lucana
L’AGRICOLTURA LUCANA TROVA UNO DEI SUOI PUNTI DI ECCELLENZA NEL COMPARTO ORTOFRUTTICOLO. LA SPECIALIZZAZIONE PRODUTTIVA IN TAL SENSO SI È INTENSIFICATA NEGLI ULTIMI VENT’ANNI GRAZIE A PRECISE SCELTE DI POLITICA AGRICOLA REGIONALE, CHE HANNO DATO AL COMPARTO DISPONIBILITÀ DI RISORSE ECONOMICHE TESE A FAVORIRNE LA CRESCITA. Oggi si può affermare che l’ortofrutta lucana, nonostante si concentri su una limitata superficie territoriale vocata, sia il volano dell’economia agricola regionale, consentendo anche lo sviluppo di una serie di attività indotte (settore manifatturiero e commerciale) e incidendo fortemente sul mercato del lavoro con oltre 10.000 addetti. Tale rilevanza economico-sociale ha permesso di delimitare alcune aree in sistemi produttivi locali distrettuali, con la costituzione del Distretto agroindustriale del Vulture e il Distretto Agroalimentare di Qualità del Metapontino. La Basilicata riveste un ruolo importante per l’ortofrutticoltura italiana tanto per numeri, quanto per specificità produttive. Difatti, per alcune specie orticole, come le brassicacee e il finocchio, e frutticole come albicocco, fragola, clementine, risulta una delle prime aree di produzione nazionale. A questo si aggiunge la specificità di altri prodotti, in particolare il Fagiolo di Sarconi e il Peperone di Senise, entrambi contraddistinti da marchi Igp, Indicazione geografica protetta, che certamente interessano mercati di nicchia, ma che per qualità e riconoscibilità possono dare la giusta immagine a produzioni di pregio.
SPECIALE Ortofrutta in Basilicata
e i pianori, con produzioni che si conseguono nella Valle dell’Ofanto (percoco) e nell’Alta Val d’Agri (mele). La forte specializzazione di alcuni areali di coltivazione ha consentito l’introduzione di specie e varietà innovative per soddisfare al meglio le esigenze dei mercati. Difatti le produzioni frutticole lucane vengono commercializzate sui mercati nazionali ed esteri, per cui devono soddisfare i parametri commerciali richiesti dai consumatori. In tal senso è in atto una forte differenziazione del prodotto con marchi di produzione, certificazioni di qualità Eurepgap, BRC (British Retailer Consortium) etc., confezionamento, produzioni biologiche, in modo da assicurare una logistica adeguata per la commercializzazione anche su mercati distanti dal luogo di produzione. Il settore orticolo L’incidenza dell’orticoltura lucana su quella nazionale, sia in termini di superficie che di produzione, è circa del 3%, dato non rilevante anche se per alcune produzioni (brassicacee) la Basilicata è tra le prime regioni italiane. La vicinanza a regioni a vocazione orticola come la Puglia e la Campania ha influenzato sia le scelte colturali, sia quelle commerciali, con uno sviluppo nell’ultimo decennio di una superficie di circa 14.000 ha. Gli areali di coltivazione più importanti sono tre: il Metapontino, la Valle dell’Ofanto-Bradano e la Val d’Agri. Areali minori emergenti sono la Valle del Mercure, la Valle del Sauro, la vecchia orticoltura periurbana degli orti di S. Arcangelo e Senise. La strutturazione di questi areali determina complementarietà tra le diverse produzioni sia in termini di stagionalità, sia di differenziazione di prodotto. Gli areali del Metapontino e della Valle dell’Ofanto hanno aspetti comuni, quali le produzioni destinate ai mercati nazionali e stranieri, l’orticoltura intensiva praticata secondo disciplinari di produzione, le certificazioni di prodotto. ●
Il settore frutticolo La Basilicata rappresenta una delle aree frutticole nazionali più dinamiche, in linea con la forte meridionalizzazione della frutticoltura, con una superficie di circa 20.000 ha. L’area di maggiore sviluppo della frutticoltura è la fascia Jonica, i fondivalle
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Metapontino all’avanguardia nell’ortofrutticoltura CONDIZIONI PEDO-CLIMATICHE, PRODUZIONI DIVERSIFICATE, CALENDARIO PRODUTTIVO AMPIO, DISCRETA ORGANIZZAZIONE DEI PRODUTTORI, DISPONIBILITÀ DI RISORSE NATURALI FANNO DEL METAPONTINO IL PRINCIPALE POLO PRODUTTIVO ORTOFRUTTICOLO REGIONALE, OLTRE CHE UNA DELLE AREE A MAGGIORE SPECIALIZZAZIONE DELL’INTERO MEZZOGIORNO. La Sau, la Superficie agricola utilizzata, è pari a 74.281 ettari, mentre le aziende sono 12.977. Negli ultimi anni nell’area si è andata sempre più intensificando l’ortofrutticoltura e la superficie investita a tali colture è aumentata nell’ultimo decennio di oltre il 50%: dalla fascia costiera irrigua è penetrata sempre più verso l’interno, sui pianori del Metapontino, man mano che si rendeva disponibile nuova superficie irrigua. La Produzione lorda vendibile (Plv) unitaria dell’area, oltre ad essere notevolmente più alta rispetto a quella regionale (1.400 euro per ettaro, contro i 465 euro della media regionale), supera anche i valori medi comunitari (1.234 euro per ettaro), toccando punte di oltre 4.000 euro/ ha nel comune di Policoro. La produzione ortofrutticola si estende su una superficie di circa 24 mila ettari, distribuiti in circa 5.000 aziende. La fase produttiva sviluppa 2,2 milioni di giornate lavorative annue che si traducono in un impegno di poco meno di 8.000 unità di lavoro (ULU). Il comparto ortofrutticolo, impostato con colture che richiedono forti input economici ed energetici, ha determinato lo svilupparsi di innumerevoli attività che hanno finito per caratterizzare l’intera attività economica dell’area. Le peculiarità del comparto segnalano un’elevata specializzazione nelle produzioni ortofrutticole, determinata da: • concentrazione di unità produttive, sintetizzata nei valori relativi alla percentuale di Sau ortofrutticola dell’area pari al 74% di quella regionale destinata a tali colture, e dalla specializzazione dell’attività agricola Metapontina nel comparto ortofrutticolo (il 70% delle
AASD PANTANELLO A supporto del settore ortofrutticolo l’Aasd, l’Azienda agricola sperimentale dimostrativa “Pantanello” dell’Alsia, svolge una serie di attività con l’obiettivo prioritario di contenere l’impatto ambientale dell’attività agricola, attraverso la sperimentazione, i servizi, la divulgazione e la formazione. La fase sperimentale vede il coinvolgimento dell’Azienda in diversi progetti: • Liste di orientamento varietale dei fruttiferi, con prove che interessano la valutazione varietale per albicocco, pesco, susino, fragola, mandorlo, portinnesti pesco e albicocco; • Liste di orientamento varietale degli agrumi, con prove di valutazione varietale di arancio a polpa bionda e pigmentata, clementine, mandarino-simili, portinnesti arancio clementine e mandarino;
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aziende localizzate nell’area è ad ordinamento produttivo ortofrutticolo). Più bassa è la specializzazione orticola: infatti, nella provincia di Matera il polo produttivo di tali colture è concentrato nel Metapontino e nei fondivalle irrigui. • il comparto ortofrutticolo occupa nell’area di riferimento circa il 96% degli addetti agricoli, contro il 33% di operatori ortofrutticoli dell’intera regione. • alla fase agricola del processo produttivo si aggiunge anche una piccola ma significativa attività agro-alimentare collegata alle produzioni ortofrutticole e un indotto, che si articola in attività a monte e a valle delle fasi di filiera, capace di creare valore aggiunto ed occupazione. • nell’area esiste una fitta rete di servizi (commerciali, finanziari, istituzionali etc.) nata intorno a tale attività.
• Frutticoltura post-raccolta, che prevede prove con sistemi di lotta a basso impatto ambientale per uva da tavola e clementine, con la valutazione della qualità del pesco con metodi non distruttivi (Nir); • Life Almond pro-soil, con cui si studia l’influenza sulle caratteristiche del suolo con la coltivazione del mandorlo; • Frumed, per la validazione di selezioni di pesco, susino e pero, nonché per la valutazione agronomica, fenologica e pomologica di ecotipi locali; • Seinolta, per la selezione di nuove varietà di olivo ottenute da programmi di miglioramento genetico classico; • Prom, che verifica l’adattamento di ecotipi di melone, valida sistemi di lotta biologica e l’influenza della micorrizazione su pomodorino, nonché valuta nuovi ibridi di asparago; • Valautocto, per il recupero di germoplasma, la caratterizza-
La vasta gamma di prodotti rappresenta una condizione fondamentale per affrontare al meglio le esigenze del mercato. Sperimentazioni, servizi e formazione a supporto dell’imprenditoria. Cresce il biologico.
Le specie frutticole Le principali specie frutticole sono pesche e nettarine, con circa 4000 ettari con prevalenza del pesco col pelo a polpa gialla rispetto alle nettarine, il percoco, tipologia di frutto presente su circa 300 ettari e destinato principalmente al consumo fresco sui mercati locali regionali ed extraregionali. Per quanto riguarda le albicocche, presenti su circa 3900 ettari, il Metapontino è la terza area nazionale, e l’unica dove la superficie coltivata è in costante e continuo aumento. Le susine sono coltivate su circa 1000 ettari prevalentemente in varietà cino-giapponesi, anche se vi è una presenza delle europee per la destinazione agroindustriale. L’uva da tavola negli ultimi quindici anni ha subito una forte evoluzione, in quanto dalle varietà con semi a maturazione medio-tardiva (cultivar Italia) si è passati a quelle apirene, a diversa epoca di maturazione, con una superficie che si è stabilizzata intorno ai 900 ettari. L’actinidia, dopo la notevole diffusione tra gli anni ‘80 e ‘90, nell’ultimo decennio si è stabilizzata su superfici di circa 700 ettari. La cultivar Hayward è la più diffusa, e ultimamente si stanno effettuando alcuni impianti con le varietà a polpa gialla. Un discorso a parte merita la fragola, per la quale il Metapontino è al terzo posto in Italia nella coltivazione e produzione, e rappresenta una delle più importanti specie per produzione lorda vendibile. La coltivazione è effettuata in coltura protetta in tunnel, interessa soprattutto piante frigoconservate e fresche, con una dinamica varietale abbastanza accentuata. Gli agrumi rappresentano la prima coltura per estensione nel Metapontino. Nel gruppo delle arance vengono coltivate le ombelicate-navel, e le bionde non ombelicale, che consentono di coprire il calendario di commercializzazione da novembre fino a luglio. Nel gruppo degli agrumi a frutto piccolo primeggia il clementine che grazie ai diversi cloni coltivati è commercializzato da ottobre a febbraio.
zione e valutazione agronomico-pomologica di arancio e percoco, con conservazione in situ. A questo si aggiungono campi di conservazione di germoplasma di cotogno, fico, nespolo, avocado, pistacchio, fejoia. I servizi erogati alle aziende agricole del comprensorio riguardano consigli per: l’irrigazione e la fertilizzazione, la difesa delle colture, analisi fitosanitaria, la produzione di insetti utili, con l’obiettivo di contenere gli input energetici per ridurre l’impatto ambientale dell’attività agricola. La fase di divulgazione dei risultati della sperimentazione avviene con pubblicazioni su riviste specializzate, in convegni nazionali, con la consulenza diretta alle aziende. Infine, la formazione si esplica con corsi che riguardano la buona pratica agricola, nello specifico la fertilizzazione, l’irrigazione, la potatura, la qualità delle produzioni e la scelta varietale. ●
SPECIALE Ortofrutta in Basilicata
Il comparto orticolo Il Metapontino è l’areale di produzione regionale più importante per l’orticoltura con circa 6000 ha, poco meno del 50% dell’intera superficie lucana per il comparto. I terreni, quasi tutti pianeggianti, sono fertili e profondi con buone caratteristiche fisico-chimiche, a cui si aggiunge un clima mediterraneo, mitigato dalla presenza del Mar Jonio e protetto dall’Appennino lucano, che consentono la coltivazione di specie in pieno campo e in coltura protetta. In tale contesto si realizzano produzioni extrastagionali a ciclo primaverile-estivo e autunno-vernino. Le ortive più diffuse nel Metapontino in ordine decrescente per superfici coltivate sono le insalate, le cucurbitacee, le brassicacee, le ombrellifere, le solanacee. ●
Ortive a marchio, le produzioni integrate e biologiche Per le ortive la tecnica colturale è in continua evoluzione privilegiando una gestione ecosostenibile. Infatti nell’ultimo quinquennio vi è stato un ulteriore passo in avanti con l’adozione, da parte delle aziende, della conduzione biologica. Questo ha consentito di differenziare l’offerta con le produzioni integrate, a “residuo zero”, ovvero quelle che non contengono residui di trattamenti, e biologiche. L’agricoltura integrata e biologica in Basilicata in questi ultimi anni ha avuto una forte fase di espansione, grazie all’accresciuta sensibilità verso le problematiche ambientali e salutistiche, nonché alle ulteriori opportunità di collocare le produzioni ortofrutticole. Un esempio interessante è il cavolo, che interessa circa 100 ettari con produzioni destinate principalmente ai mercati europei come la Germania. Questa scelta è derivata dalla forte esigenza di soddisfare l’attenzione del consumatore verso temi come la salubrità e la sicurezza alimentare, che completano le tradizionali caratteristiche qualitative (colore, sapore etc.). La produzione biologica è codificata da restrittivi disciplinari di produzione, con certificazioni sia degli organi preposti, che delle stesse catene distributive. Nonostante le difficoltà tecniche per l’applicazione di questa forma di conduzione siano notevoli, nelle aree di coltivazione particolarmente vocate, con terreni vergini, dove si coltiva quella coltura per la prima volta, e con areali abbastanza isolati, si ha una riduzione degli interventi antiparassitari e quindi il conseguimento di tali risultati. Con queste forme di conduzione ecosostenibili si riesce ad offrire un prodotto a “residuo zero”, cioè senza alcuna presenza di prodotti chimici, per dare la sicurezza alimentare al consumatore e un valore aggiunto alle produzioni orticole sui mercati. ●
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Val d’Agri, produzioni di pregio e a basso impatto ambientale guibili. Le aree di maggiore produzione ricadono nei comuni di Sarconi, Grumento Nova e Marsicovetere. Il mercato del fresco (borlotto da sgusciare allo stato ceroso) riguarda soprattutto Lazio e Campania, mentre il secco viene in parte assorbito dal mercato locale e in parte da mercati di nicchia extraregionali di nuova individuazione. Le cultivar più diffuse sono Splendido, Teggia, Gypsi, Indios, Supremo, Volcano e Cannellino, con una resa di circa 8-10 tonnellate/ettaro. Nel 2007 si stima una superficie produttiva di circa 300 ettari per quelli a maturazione cerosa (borlotto fresco da sgusciare) e 40 ettari per il secco (produzione di granella secca per il confezionamento da parte del Consorzio di Tutela). Per quanto riguarda il secco vengono utilizzate varietà locali quali il Verdolino, il Tabacchino, il Tondino (fagiolo Ciuoto) e il Cannellino. Dopo quella del fagiolo, l’altra produzione rilevante è quella dello zucchino, con circa 25-30 tonnellate/ettaro e una
superficie investita di circa 150 ettari. Interessante ai fini della diversificazione dell’offerta è l’orientamento verso nuove varietà richieste dal mercato napoletano. Per quanto riguarda il peperone, nel 2007 la superficie non ha superato i 50 ettari. I più utilizzati sono il tipo tre quarti lungo (Senior giallo, Favalor, Fenice etc.), l’ecotipo di Senise (ottimo per il secco) e i tipi nostrani. Interessante è stato il risultato di alcune varietà per sottaceti (popac-
E qui si concentra la melicoltura regionale
nel corso di questi ultimi anni si vanno sempre di più diffondendo cultivar che per qualità (consistenza, croccantezza, succosità, sapore della polpa e conservabilità) e/o resistenza a determinati parassiti, risultano di particolare pregio: Gala,
Galaxy, Pink lady e Fuji. La difesa fitosanitaria viene condotta secondo i criteri della lotta integrata e, rispetto ad altre aree melicole settentrionali, il numero dei trattamenti antiparassitari è di gran lunga inferiore. ●
MARIO CAMPANA
L’Alta Val d’Agri si caratterizza per alcune produzioni orticole e frutticole di pregio che hanno ottenuto una valorizzazione riconosciuta in ambito comunitario, come il fagiolo di Sarconi Igp, Indicazione geografica protetta, o le mele che godono del marchio territoriale. Ma oltre a queste, esiste un’apprezzabile produzione di ortaggi “minori” realizzati secondo le tecniche integrate e con basso uso di fertilizzanti. Infatti, il clima della zona, caratterizzato da un’escursione termica giornaliera estiva di 10-15°C, e la presenza di acque sorgive utilizzate per l’irrigazione (sono in tutto 13.000 gli ettari irrigabili), permettono un numero ridotto di interventi fitoiatrici, e agevolano l’applicazione del metodo biologico, con un ottimo livello produttivo quali-quantitativo. Si stima che la sola ortofrutticoltura sviluppa una Produzione lorda vendibile (Plv) superiore a 5 milioni di euro all’anno e di questi il fagiolo riveste ormai un ruolo primario per gli alti redditi conse-
La melicoltura in Alta Val d’Agri ha da sempre ricoperto un ruolo importante nell’ambito di tutta la frutticoltura lucana: infatti, ben l’87% dell’attuale superficie regionale investita a melo ricade in questo comprensorio. Negli ultimi anni, comunque, si è verificato un assestamento delle superfici, che attualmente si aggirano intorno ai 170 ettari, di cui solo 150 sono in piena produzione. Sono una decina le aziende ad indirizzo specializzato, mentre una sola detiene il primato della produzione e della superficie: rispettivamente 4.000 tonnellate e 120 ettari. Il panorama varietale trova nell’impiego della Golden B e del Gruppo Red ancora il suo punto di forza, ma
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STIMA DELLA CAMPAGNA AGRARIA ORTOFRUTTA 2006/2007 IN ALTA VAL D’AGRI COLTURA
PREZZO (€/tonnellate)
PRODUZIONE (tonnellate)
TOTALE IN EURO
Fagiolo borlotto
600
2.600
1.560.000
Fagiolo Igp di Sarconi
3.500
60
210.000
Zucchino
250
6.475
1.618.750
Altri ortaggi
400
625
250.000
Melo
400
4.648
1.859.200
Pero
400
245
98.000
Totale
5.550
14.653
5.595.950
Oltre agli ambiti riconoscimenti comunitari, le favorevoli condizioni di clima e suolo consentono di ottenere ortaggi con tecniche che prevedono un basso impiego di fertilizzanti. Novità interessanti con l’asparago.
celle della cultivar Topepo, Cricket etc) che sono richieste per il mercato al dettaglio e alcune varietà di colore verde adatte alla frittura (Vesuvio). La produzione è di 25-30 tonnellate/ettaro. La coltura del pomodoro ha interessato 10 ettari nel 2007, utilizzando le cultivar più comuni: Red Spring, San Marzano, Incas etc. Le rese sono abbastanza interessanti, attestandosi tra le 40 e le 50 tonnellate a ettaro. La qualità a grappolo
ha riguardato 4 ettari con una sola varietà utilizzata: il “Tomito”. Uno spazio interessante è stato riservato alla coltura del melone, con 40 ettari coltivati nel 2007. Le rese si aggirano sulle 25-30 tonnellate/ettaro, e la produzione è destinata ai mercati di Lazio e Campania. Negli ultimi anni, in collaborazione con l’Istituto Sperimentale per l’Orticoltura di Pontecagnano (SA), è stata promossa in tutta l’Alta Valle dell’Agri la coltura del-
SPECIALE Ortofrutta in Basilicata
l’asparago, di cui si possono contare ben 15 ha. I primi campi dimostrativi risalgono al 1993 e da allora l’interesse per la coltura è cresciuto, per la buona qualità e la remuneratività del prodotto. Le rese si attestano su 5-6 tonnellate/ettaro. Le varietà maggiormente interessate dalla coltivazione sono: Grande, Golia, UC 157, Atlas e Italo. ● mario.campana@alsia.it
AASD BOSCO GALDO L’Azienda agricola sperimentale dimostrativa “Bosco Galdo”, che ha sede a Villa d’Agri, si estende su circa 4,5 ettari con ordinamento produttivo ortofrutticolo: le colture più importanti sono le ortive e il melo, ma sono presenti anche il ciliegio, i frutti di bosco, le piante officinali e l’asparago. Quest’ultima coltura, in forte espansione nel Mezzogiorno, è stata introdotta per sperimentarne l’adattabilità di alcuni ibridi nel territorio dell’Alta Val d’Agri, dal momento che non sono disponibili varietà adatte a questi ambienti. Con un apposito progetto di valorizzazione delle produzioni tipiche, in collaborazione con la locale Comunità Montana Alto Agri, è stato costituito il Marchio “Prodotti tipici Alto Agri” che riunisce l’intero paniere. Per la filiera ortofrutta, si è costituito il Consorzio di tutela “Mele dell’Alta Val d’Agri”, che coinvolge 7 aziende per circa 170 ettari di superficie investita, mentre il Consorzio di tutela del “Fagiolo di Sarconi”, comprende 25 aziende e 3 impianti di confezionamento e commercializzazione. Nell’ambito del Progetto nazionale del Mipaaf-Regioni “Liste di orientamento varietale dei fruttiferi”, sono stati realizzati campi di confronto varietale di piccoli frutti e, in particolare, di lampone e rovo, e di melo. ●
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Pollino, ricerca e sperimentazione per prodotti di nicchia di qualità DOMENICO CERBINO
Il territorio del Pollino è caratterizzato non da grandi quantità, ma da una ricca varietà di ecotipi locali di ortive, che grazie a condizioni pedo-climatiche ottimali, permettono di ottenere produzioni di pregio, geograficamente circoscritte e seguite con azioni di tutela, di valorizzazione e di certificazione. Tra queste si ricordano l’Indicazione geografica protetta “Peperone di Senise”, la “Melanzana di Rotonda”, già presidio Slow Food, il “Fagiolo bianco di Rotonda”, il “Pomodoro costoluto di Rotonda”, la “Patata di San Severino Lucano”, la “Cipolla di Francavilla” e la “Melanzana bianca di Senise”. La valorizzazione dell’ecotipo di fagiolo “Poverello o tondino bianco di Rotonda” è stata seguita in collaborazione con i vari Istituti Sperimentali del CRA - Centro di ricerca agraria e con l’Università degli Studi di Basilicata. Grazie a campi dimostrativi realizzati nel 2006 presso agricoltori del comune di Rotonda, sono stati individuati e raccolti campioni di seme per la caratterizzazione morfologica e la determinazione del grado di variabilità fenotipica. Con l’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura - Sezione di Forlì, è iniziata nel 2004 una collaborazione per l’attuazione del progetto “Produzione di piante fresche prodotte in aree di montagna del Sud Italia”, per la realizzazione di un campo di piante madri di fragole per la produzione di materiale fresco da trapiantare nelle aree vocate del Sud Italia. Con questa sperimentazione-dimostrazione si è voluto verificare la possibilità di implementare un’attività vivaistica per la produzione di piante fresche di fragola che ai positivi risvolti
tecnici aggiunga quelli economici. Infatti anche nel 2007 presso l’Azienda Pollino si è realizzato un vivaio, con l’obiettivo di produrre oltre alle piante fresche a radice nuda, anche piantine fresche “cime radicate”, da fornire e distribuire per l’area del Metapontino. Per le produzioni tipiche “emergenti”, come la “Patata di San Severino Lucano”, la cui attività di riscoperta e valorizzazione è promossa in collaborazione con il Comune, si prevede il monitoraggio sulle coltivazioni dei due ecotipi “Marca” e “Paesana”, la loro valutazione bio-agronomica, la riproduzione del seme da distribuire ai produttori locali. Inoltre si è implementata e la certificazione della filiera del pane ottenuto con l’utilizzo della farina di grano tenero di carosella e della “Patata di San Severino Lucano”. ● domenico.cerbino@alsia.it
Ofanto, dalla cerealicoltura all’orticoltura intensiva
AASD GAUDIANO
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Dinamica e ricca di iniziative imprenditoriali, oggi la Valle dell’Ofanto presenta un settore agricolo paragonabile a quello dell’area del Metapontino. Con il ridisegno dell’assetto fondiario negli anni ‘50 e i primi interventi sull’idrografia dei luoghi con l’invaso del Rendina a Lavello, è stato possibile un primo approccio orticolo dell’area fino ad allora cerealicola. In seguito, negli anni ’80, il passaggio da un’economia tipicamente agricola a una agroindustriale, con la presenza dell’industria meccanica e di conservifici, ha visto la valle destra dell’Ofanto integrarsi con le aree limitrofe ap-
LOREDANA LANZELLOTTI
L’Azienda sperimentale Gaudiano si estende per circa 45 ettari nell’agro di Lavello. Si svolgono attività innovative su colture ortofrutticole e industriali, con particolare attenzione a quelle per la produzione di energia da fonti rinnovabili, come il colza o il girasole. Nell’ambito ortofrutticolo, grazie al progetto di ricerca Scimab (“Messa a punto di tecniche agronomiche e sistemi colturali innovativi basati sull’impiego di contenitori biodegradabili e/o comportabili”), è stato seguito il comportamento agronomico di piantine di cavolo broccolo preparate in contenitori biodegradabili e/o compostabili. Una sperimentazione importante su un’alternativa ai contenitori alveolati in polistirolo che causano notevoli problemi d’impatto ambientale e costi aggiuntivi agli imprenditori agricoli per il loro smaltimento. Per il 2007, oltre alle colture del pomodoro da industria e alle brassicacee (cavolo e broccolo), si è aggiunta la coltura del carciofo, sulla cui gestione si terranno anche dei corsi di formazione professionale per gli imprenditori agricoli. ●
Nel territorio del Parco Nazionale la grande diffusione di ecotipi locali offre lo spunto per produzioni di pregio valorizzate attraverso azioni di tutela e certificazioni. Economia agroindustriale per la sponda destra dell’Ofanto.
SPECIALE Ortofrutta in Basilicata
AASD POLLINO
Prossima l’audizione pubblica per la Melanzana Rossa di Rotonda È prevista per giovedì 6 settembre a Rotonda la pubblica audizione per la Melanzana Rossa di Rotonda. Rappresentanti del Ministero delle Politiche Agricole accoglieranno ufficialmente la domanda per il riconoscimento della Denominazione di origine protetta da parte dei funzionari dell’Alsia e del Dipartimento Agricoltura della Regione Basilicata e apriranno il dibattito pubblico sul disciplinare di produzione. Per il tipico ortaggio di origine etiopica, già riconosciuto Presidio Slow Food, ora avvia ufficialmente l’iter per il riconoscimento della Dop. L’audizione è fissata per le ore 10,00 in piazza Vittorio Emanuele, e vi potrà partecipare l’intera cittadinanza. pulo-campane, passando a un modello intensivo, con la comparsa di alcuni segmenti della filiera orticola nella trasformazione della materia prima. Nell’ambito dell’ortofrutta, la coltura su cui si investe di più in termini di superficie è il pomodoro, che ha soppiantato la barbabietola da zucchero, ormai estinta dopo la chiusura dello zuccherificio di Lavello. I circa 2000 ettari di pomodoro da industria, concentrati prevalentemente negli agri di Lavello, Palazzo S. Gervasio, Montemilone e nel basso Melfese, sono coordinati da due Organizzazioni dei produttori che si occupano della stipula dei contratti, fino alla consegna della materia prima ai conservifici. L’organizzazione di filiera più elaborata riguarda gli ortaggi destinati a subire il condizionamento per raggiungere come fresco le tavole dei consumatori.
L’Azienda agricola sperimentale “Pollino” ha sede a Rotonda e si estende per 2 ettari, ad orientamento prevalentemente ortofrutticolo. Tra le tante attività, nel corso di questi ultimi anni, l’Azienda ha avviato una ricognizione nel Parco del Pollino e nel Lagonegrese di tutte le vecchie varietà orticole e frutticole allo scopo di realizzare una mappatura di tutto il germoplasma presente, una banca dati per la raccolta e la razionalizzazione delle informazioni sulle varietà e sul loro legame con il territorio e la successiva valorizzazione commerciale. Presso l’Azienda si è realizzato un campo di osservazione per la caratterizzazione e la valutazione bio-agronomica della “Cipolla di Francavilla sul Sinni” e della “Melanzana Bianca di Senise”, per definire le peculiarità del germoplasma locale, ai fini della valorizzazione commerciale di entrambe le orticole. Analogo è il campo di confronto varietale di vecchie varietà di pomodoro e, in particolare, con l’ecotipo “Costoluto rosso” e “rosa”, per la caratterizzazione e la valutazione dei principali parametri qualitativi. ●
La famiglia di specie più rappresentativa della Valle dell’Ofanto è quella dei cavoli. Tra cavolfiore, broccolo, cavolo verza e cappuccio, sono circa 700 gli ettari coltivati e una cinquantina le aziende che se ne occupano, senza dubbio l’area più rappresentativa di questa coltura nel Sud Italia. Sono due le strutture associative che condizionano e lavorano le brassiche per il mercato nazionale ed estero, mentre il Consorzio per la Valorizzazione del Cavolfiore della Valle dell’Ofanto ha registrato il marchio collettivo “Cavolfiore della Valle dell’Ofanto”, un primo passo verso la certificazione a marchio comunitario. Le insalate, nello specifico lattuga, indivia, radicchio e cicoria, interessano circa 200-250 ettari di superficie, mentre un’importante coltura del territorio è il sedano, che troviamo su circa 100 ettari.
Altre nuove colture stanno emergendo in questo panorama, come le verdure da foglia, tra cui particolare attenzione merita lo spinacio per la surgelazione (circa 30 ha), e il carciofo (50 ha), su cui si avverte l’influenza della tecnica degli agricoltori pugliesi. Emergente e interessante per i risultati economici degli ultimi anni è la coltivazione della patata che fino a un paio di anni fa non compariva tra le specie coltivate, con circa 30 ettari di superficie nel 2007. Pochi ettari sono investiti, invece, a pomodoro del tipo San Marzano e pomodorino per il mercato del fresco e trasformato casalingo, mentre le imprese agricole che nella Valle dell’Ofanto si occupano di ortaggi per il fresco sono 250. ● loredana.lanzellotti@alsia.it
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Pali tutori, solo se necessari per sostegno o guida del fusto
CLAUDIO BIDINI *
IN ARBORICOLTURA DA LEGNO L’USO DEI PALI TUTORI SI RENDE TALVOLTA NECESSARIO DURANTE LA FASE DI “QUALIFICAZIONE”: OLTRE CHE PER SOSTENERE MECCANICAMENTE PIANTE POCO STABILI, ANCHE PER GUIDARE IL CORRETTO SVILUPPO LONGITUDINALE DEL FUSTO. CIÒ SI RENDE NECESSARIO SE QUESTO NON È ANCORA ABBASTANZA ROBUSTO DA MANTENERE UN ANDAMENTO RETTILINEO A CAUSA DI UN TROPPO VELOCE ACCRESCIMENTO VERTICALE O IN SEGUITO A SOLLECITAZIONI ESTERNE.
Dal momento che la permanenza di un palo tutore comporta anche la possibilità di lesioni o di danni da sfregamento importanti, impedimenti e difficoltà durante l’esecuzione della potatura di formazione (operazione colturale che si svolge durante la fase di “qualificazione”, che è anche la fase nella quale il tutore permane a sostegno della pianta) è auspicabile che il ricorso al tutoraggio avvenga solo se vi è una reale e giustificata necessità. A questo proposito è importante ricordare che la tecnica di potatura utilizzata influisce pesantemente sulla necessità o meno di applicare un palo tutore, sui tempi di permanenza e sulle dimensioni che questo deve avere. Per esempio se viene applicata una tecnica riconducibile alla “potatura progressiva” nella maggior parte dei casi l’uso del palo tutore non è richiesto.
Le dimensioni del palo tutore L’altezza e il diametro del palo tutore, le modalità di messa a dimora, le operazioni di manutenzione e gestione devono essere FOTO 1 - DANNO CAUSATO DALL’APICE adeguate allo scopo per cui venDEL TUTORE SUL FUSTO DI UN NOCE. gono installati accanto alle piante principali. Se si tratta di sostenere meccanicamente piante per lunghi periodi di tempo, come avviene per esempio nel caso di alberi allevati eseguendo la potatura a scacchio (o ad astone) è importante che i pali tutori siano posti sin dalla fase di piantagione in modo tale da poter assolvere i loro compiti fino al termine della fase di qualificazione evitando, se possibile, una doppia messa in opera del tutore che dovendo essere di generose dimensioni potrebbe causare danni alle radici nel momento in cui viene piantato accanto all’albero.
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L’altezza del palo deve essere prevista comunque superiore di almeno 50 cm rispetto a quella del tronco che si pensa di ottenere dalla pianta da tutorare. Il diametro può variare a seconAttualmente vengoda del materiale di cui è costituito il no utilizzati tutori in lepalo, ma deve comunque assicuragno di varie specie come re una sufficiente rigidità. Ad esemcastagno e robinia. oppio, per pali in legno sopra i 3 metri pure in materiale plafuori terra è bene non scendere stico o metallico. Quesotto i 7 cm. st’ultimi sono sconsigliabili perché soggetti a feInstallazione nomeni ossidativi che ne e manutenzione rendono abrasiva la sudel palo tutore perficie. La profondità di interramento deve essere tale da garantire una perfetta stabilità del tutore nel tempo e deve essere ovviamente proporzionale alle dimensioni del tutore e alla natura del terreno. Mediamente una profondità di interramento di circa 60 - 80 cm. può garantire una buona stabilità nel tempo ad un tutore in legno con 3 metri fuori terra. La pianta va assicurata al tutore in più punti (almeno 4 ) in modo da distribuire le sollecitazioni più uniformemente possibile lungo il fusto I legacci da utilizzare dovranno essere sufficientemente plastici così da adeguarsi parzialmente all’incremento diametrico della pianta ed avere un’ampia superficie di contatto per ridurre al minimo il rischio di essere inglobati dalla pianta in crescita. Un accorgimento utile è quello di porre del materiale ammortizzante tra la superficie del tronco e quella del palo. Dovrà comunque essere cura dell’arboricoltore provvedere al controllo periodico (almeno annuale) ed all’adeguamento dei legacci allo sviluppo della pianta.
FOTO 2 PIANTA ALLEVATA IN POTATURA PROGRESSIVA.
Sono utilizzati frequentemente durante la fase di “qualificazione”, ma la loro eccessiva permanenza può determinare lesioni da sfregamento e impedimenti durante le successive potature di formazione.
fuoriforesta Consigli pratici per l’arboricoltura da legno
FIGURA 1 – ESEMPIO DI CORRETTA INSTALLAZIONE E GESTIONE DEL PALO TUTORE.
Tutori più leggeri per guidare cacciate troppo vigorose Se invece il tutore è richiesto per guidare momentaneamente la crescita verticale di una pianta durante la fase iniziale di sviluppo, le caratteristiche da ricercare nel tutore sono l’elasticità e la leggerezza, essendo lo scopo di questo più la guida che non il sostegno. I diametri possono essere più contenuti: sono infatti sufficienti una canna di bamboo o un tutore leggero in materiale plastico(34 cm di diametro), i quali non devono essere necessariamente infissi sul terreno ma possono all’occorrenza essere resi solidali
con l’alberello mediante un appropriato numero di legacci nei punti in cui questo tende ad incurvarsi. In tutti i casi, nel momento in cui il tutore non è più richiesto essendo la pianta in grado di sostenersi da sola, questo va sempre prontamente tolto per evitare che possa provocare danni al fusto. ● claudio.bidini@virgilio.it * Istituto Sperimentale per la Selvicoltura di Arezzo (CRA) FOTO 3, A SINISTRA DANNO CAUSATO DALLA MANCATA VERIFICA DEL LEGACCIO CHE COLLEGA PIANTA E PALO TUTORE. FOTO 4, A DESTRA NOCE TUTORATO CON CANNINA DI BAMBOO.
La rubrica è realizzata grazie alla collaborazione della rivista “Sherwood”, mensile di tecnica forestale edito dalla Compagnia delle Foreste s.r.l. di Arezzo (www. compagniadelleforeste.it) che collabora con l’Alsia anche in specifiche azioni formative dirette agli imprenditori lucani del comparto. Ulteriori notizie sull’argomento su www.arboricoltura.it
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Micotossine, filiera assistita per prevenire le contaminazioni
PASQUALE DOMENICO GRIECO *, RAFFAELE LOPARDO *, MAURO MUSTO *
LE AUTORITÀ COMPETENTI DI MOLTI PAESI ANNOVERANO LE CONTAMINAZIONI DA MICOTOSSINE FRA LE PRINCIPALI PRIORITÀ IN TEMA DI SICUREZZA ALIMENTARE PER L’ELEVATA TOSSICITÀ. ATTUALMENTE, INFATTI, LE MICOTOSSINE RAPPRESENTANO UNO DEGLI ASPETTI PIÙ RILEVANTI E PREOCCUPANTI DELLE CONTAMINAZIONI DI ALIMENTI, BEVANDE E MANGIMI.
Già dal 1985, secondo la Fao (Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura), il 25% delle derrate alimentari erano contaminate da micotossine. A distanza di anni il problema non appare risolto, anzi è in continuo aumento. Difatti nell’ultimo decennio, organizzazioni internazionali quali il Codex Alimentarius, Fao e l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) hanno assunto la leadership nel difficile compito di stabilire criteri efficaci ed universalmente riconosciuti per contrastare le contaminazioni da micotossine negli alimenti.
La muffa e la contaminazione da micotossine I funghi filamentosi, comunemente noti come muffe, possono svilupparsi su derrate alimentari sia di origine vegetale (mais, grano, frutta, etc.) sia di origine animale (prodotti carnei, insaccati, etc.), ed alcuni (Aspergillus, Penicillium e Fusarium) possono produrre, in particolari condizioni ambientali, sostanze tossiche note come micotossine. La biosintesi di tali metaboliti è spesso indotta a seguito di stress e/o fattori ambientali che ne determinano l’insorgenza. Le micotossine sono sostanze chimiche che residuano nelle derrate alimentari anche laddove la muffa abbia cessato il suo ciclo vitale o sia stata rimossa dalle operazioni tecnologiche di lavorazione. Nel caso dei mangimi per l’alimentazione animale, il problema da contaminazione verrebbe ad amplificarsi notevolmente, in quanto la presenza di micotossine, oltre a rappresentare un problema di vaste proporzioni per gli animali, costituisce una ulteriore fonte di assunzione per l’uomo, attraverso il consumo di carni, latte e loro derivati. L’Ocratossina A, un problema da non sottovalutare A causa dell’enorme diversità strutturale, la gamma degli effetti biologici indotti da questi metaboliti tossici è molto diversificata. In generale è stato riportato per alcune micotossine
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un organo bersaglio, anche se più di recente è stato proposto un approccio che tiene conto della tossicità di sistema. In considerazione dei processi metabolici o dei recettori più vulnerabili nei vari organi umani e animali, le micotossine sono classificabili in epatotossine, nefrotossine, neurotossine, immunotossine e dermatossine. Inoltre, sulla base del loro effetto tossicologico (vedi Tabella) sono solitamente raggruppate in mutagene, cancerogene e/o teratogene. Tra le principali micotossine, l’Ocratossina A (OTA) prodotta dal metabolismo secondario di alcune specie di Aspergillus (Varga et al., 1996), e Pennicillium è di notevole rilevanza per la salute pubblica date le sue riconosciute proprietà nefrotossiche, teratogene, immunosoppressive e carcinogeniche (Creppy, 1999), tanto è che, nel 1993, l’International Agency for Research on Cancer (IARC) ha classificato l’OTA come un possibile carcinogeno umano (gruppo 2B) (Castegnaro et al., 1995). Su richiesta della Commissione Europea, l’European Food Security Authority (EFSA) ha adottato, in data 4 aprile 2006, un parere scientifico aggiornato sull’OTA negli alimenti sulla base di nuovi dati, stabilendo una dose settimanale tollerabile (TWI - tolerable weekly intake) pari a 120 µg /kg di peso corporeo (Reg. CE N° 1881-2006 del 19 Dicembre 2006). I limiti imposti, tengono conto, non solo delle diverse matrici alimentari analizzate, della loro trasformazione, ma anche dell’eventuale assunzione come alimento o parte di esso dai bambini, e per ciascuno impone dei limiti. Sono estremamente precise anche le normative, delle procedure di analisi e delle tecniche di campionamento a riguardo (Racc. 787/2004 CE). SPEZIE 8%
ALTRO 6%
BIRRA 5% CACAO 4%
CARNE 1% CEREALI 50%
FRUTTA SECCA 3%
CAFFE’ 10%
VINO 13%
Figura • Valutazione dell’assunzione di OTA nella dieta della popolazione degli Stati Membri UE (EU Report, 2002)
Dopo l’azione delle muffe, molte volte negli alimenti residuano sostanze chimiche tossiche per gli animali e per l’uomo. Il monitoraggio sui vini del Mezzogiorno. L’importanza della valorizzazione, gestione e comunicazione dei rischi.
AGRinnova Ricerca e innovazioni in agricoltura
TABELLA • EFFETTI TOSSICI DELLE PRINCIPALI MICOTOSSINE
Micotossine
Effetti tossici
AFLATOSSINE
Epatiti, nefriti, cancerogenesi, genotossicità
OCRATOSSINE
Epatiti, nefriti, teratogenicità, neurotossicità, genotossicità
ZEARALENONI
Ipofertilità, azione estrogenica
TRICOTECENI
Vomito, rifiuto del cibo, gastroenteriti ulcerative, emorragie intestinali, immunosoppressione, edemi polmonari, dermotossicità
FUMONISINA B 1
Cancerogenesi (neurotossicità, citotossicità)
L’OTA e il vino In considerazione di un recente monitoraggio sui vini italiani effettuato dal Centro Nazionale per la Qualità degli alimenti e per i Rischi Alimentari (reparto OGM e Xenobiotici di origine fungina dell’Istituto Superiore di Sanità), è stato osservato che l’Ocratossina A (OTA), presente soprattutto nei vini del Sud Italia, può essere una fonte importante nel raggiungimento della soglia massima di assunzione settimanale. Non sono esenti da contaminazione da OTA anche alcuni vini della Basilicata, sebbene non superino i limiti previsti dalla legge di 2µg/Kg (Reg. CE N. 1881-2006). Pur non avendo rilevato campioni commerciali di vini con una concentrazione di OTA superiore al livello massimo ammesso, ciò non significa che l’assunzione settimanale massima per lo xenobiotico, non venga superata. Infatti, come dimostrato da uno studio europeo, il vino rappresenta la seconda fonte di OTA, in termini percentuali, fra le matrici alimentari contaminate (Figura). I principali organismi responsabili della contaminazione da OTA nel vino sono in particolare l’Aspergillus carbonarius e l’Aspergillus niger (P. Battilani, A. Pietri, 2002 “Ochratoxin A in grape and wine” Eur. J. Plant Pathol. 108: 639-643), entrambi appartenenti alla classe Nigri detta dei “black aspergilli”. Questi ultimi colonizzano molto precocemente l’uva, spesso prima dell’invaiatura, producendo OTA quando si trovano a contatto con la polpa e/o il succo di uva. Se si considera che non sono capaci di perforare la buccia e quindi di penetrare nell’acino, allora si evince come sia importante evitare danni agli acini, in quanto, eventuali lesioni presenti sulla buccia degli stessi (punture di insetti, danni meccanici, etc.) fanno sì che i funghi ocratossinogeni inizino la loro contaminazione. Un altro punto critico è rappresentato nella fase di trasformazione dell’uva in mosto, in cui anche piccoli lotti di uva contaminati da funghi sporigeni possono essere fonte di inoculo per tutta la produzione. Inoltre, le condizioni ambientali, come
l’alta umidità (70-90%) e la temperatura tra i 25°C ed i 30°C (A. Esteban, M. Lourdes Abarca, M. Rosa Bragulat, F. J. Cabanes, 2004. “Effects of temperature and incubation time on production of ochratoxin A by black aspergilli”. Research in microbiology 155: 861-866), possono favorire un aumento della produzione di OTA. La necessità di intervenire In condizioni favorevoli allo sviluppo di funghi tossigeni, le micotossine possono formarsi in qualsiasi fase della produzione e trasformazione di un prodotto alimentare. L’ampia zona di possibile contaminazione degli alimenti che può iniziare dal campo, protrarsi durante le fasi di raccolta e nelle diverse fasi di trasformazione, stoccaggio e trasporto - evidenzia che non è possibile una totale eliminazione delle micotossine. L’emergenza che ne deriva, pertanto, può essere fronteggiata attraverso un approccio “olistico”, capace di fondere i vari aspetti di cui si compone la valutazione, la gestione e la comunicazione del rischio. In questo contesto, risulta utile un sistema di gestione integrato capace di prevenire, identificare e correggere le problematiche. In particolare, nel caso dell’ocratossina A, il rischio d’infezione da funghi sporigeni responsabili della produzione di OTA, potrebbe senz’altro essere drasticamente ridotto nelle diverse fasi. Perché ciò possa realizzarsi è opportuno che la filiera sia assistita da strutture di ricerca e servizi tecnologicamente avanzati già presenti sul territorio, come la Metapontum Agrobios, in grado di fornire competenze lungo tutto il sistema. ● pdgrieco@agrobios.it rlopardo@agrobios.it mmusto@agrobios.it *Metapontum Agrobios S.r.l.
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BIOlogica
Uno specifico servizio, il SeTI, affidato dalla Regione all’Alsia, è attivo dal 2003. Banchi mobili vengono dislocati presso Comuni e Cooperative, a disposizione gratuitamente per gli imprenditori lucani.
Agrofarmaci, trattamenti mirati con macchine “tarate” ARTURO CAPONERO
Il sistema di certificazione EurepGAP - che è tra gli standard maggiormente diffusi per i prodotti agroalimentari prevede, per le macchine utilizzate per i trattamenti fitosanitari dalle aziende agricole aderenti, sia il “controllo funzionale” (insieme delle verifiche e dei controlli atti a valutare la corretta funzionalità dell’irroratrice) che la “taratura” (regolazione delle modalità di utilizzo dell’irroratrice per le specifiche colture aziendali). È ovvio che il controllo funzionale è propedeutico alla taratura (se la macchina non funziona correttamente non è possibile tararla) ma, spesso, nel linguaggio comune si tendono a confondere ed accomunare le due operazioni, a volte anche in sede di applicazione dei disciplinari di produzione. EurepGAP distingue nettamente ed in modo univoco il controllo funzionale dalla taratura, come è stato chiarito nel recente workshop organizzato dal comitato SPISE (Standardised Procedure for the Inspection of Sprayers in Europe) in Germania a fine aprile di quest’anno. Il controllo funzionale delle irroratrici non è “obbligatorio” ma è tra i “requisiti minori” (minor must), cioè tra quei requisiti il cui soddisfacimento può essere disatteso per non oltre il 5% del totale. La taratura, invece, è una pratica “raccomandata” per la quale non sono previsti vincoli specifici. Il controllo funzionale e la taratura delle irroratrici in Basilicata Il controllo funzionale e la taratura (più esatto sarebbe definirla “regolazione”) delle macchine irroratrici utilizzate per eseguire i trattamenti fitosanitari hanno raggiunto una certa diffusione in Italia a partire da circa una decina di anni fa, grazie ad una specifica misura del programma interregionale “Agricoltura e Qualità”.Tale programma prevedeva la realizzazione nelle Regioni aderenti (non tutte hanno partecipato) di un servizio per la verifica dell’efficienza distributiva e la taratura delle macchine irroratrici, con lo scopo prevalente di aumentare l’efficacia dei trattamenti chimici riducendone l’impatto ambientale. La Regione Basilicata ha affidato all’Alsia la realizzazione e la gestione di un Servizio Taratura Macchine Irroratrici (SeTI), che opera dal 2003 al servizio delle aziende agricole che
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ne fanno richiesta per il controllo e la taratura degli atomizzatori e delle barre irroratrici. Come funziona il SeTI Il Servizio di taratura è mobile, per ridurre la difficoltà ed il rischio di spostamento delle macchine irroratrici sulle strade. A seguito di richieste di taratura, un team di tecnici e meccanici specializzati si muove sul territorio regionale, posizionando per brevi periodi un banco di controllo mobile presso strutture di enti pubblici (ad esempio i Comuni) o associazioni di produttori (cooperative, consorzi agrari, etc.) preventivamente contattati. La taratura è di norma preceduta da azioni di informazione e divulgazione operate da tecnici specializzati dell’Alsia. Gli operatori agricoli, in tal modo, acquisiscono le informazioni di base per preparare le attrezzature al controllo. Al termine del collaudo viene rilasciato un rapporto di prova riconosciuto come certificazione dagli Organismi di controllo per l’applicazione di disciplinari per produzioni a basso impatto ambientale (ad esempio EurepGAP). Perché tarare le macchine irroratrici: • per migliorare l’efficienza di distribuzione dei fitofarmaci; • per ridurre gli sprechi e l’inquinamento ambientale; • per aderire a disciplinari di produzione integrata o a programmi delle Organizzazioni di Produttori che richiedono obbligatoriamente la taratura. Come chiedere la taratura Le informazioni e la modulistica per la prenotazione del Servizio sono consultabili sul sito dell’Alsia (www.alsia.it). Inoltre, gli operatori agricoli, singoli o associati, possono contattare i responsabili delle Aziende sperimentali dimostrative dell’Alsia o il responsabile del Servizio di taratura (tel./fax 0835-745286, e-mail arturo.caponero@alsia.it). Quanto costa il Servizio La taratura effettuata dall’Alsia attualmente è gratuita per le aziende lucane, allo scopo di divulgare e promuovere il Servizio. ● Responsabile SeDI: Arturo Caponero - arturo.caponero@alsia.it Coordinamento Servizi Specialistici di Supporto: Pietro Zienna - pietro.zienna@alsia.it
Commento climatico
maggio/giugno Effetti del clima sulle colture
70% della prima decade di giugno . L’ETo nel mese di maggio si è mantenuto fra i 4,0 ed i 5,0 mm/g, per poi salire leggermente nella prima decade di giugno ed avere un innalzamento repentino a partire da metà periodo raggiungendo gli 8,0 mm/g. L’aumento delle temperature e, quindi, dell’ETo, potrà determinare squilibri fisiologici agli agrumi e ai fruttiferi in genere, con fenomeni di cascola o di rallentamento nella crescita. In questo caso si consigliano interventi irrigui anche con finalità termoregolatrice. Inoltre, l’assenza delle precipitazioni comporterà nelle aree interne a interventi di irrigui di soccorso, anche per l’olivo che notoriamente è aridoresistente.
tapontina). Il restante periodo del mese è trascorso con valori che hanno oscillato attorno alle medie stagionali. Per quanto riguarda il mese di giugno, nei primi 15 giorni si sono avute temperature al di sotto della media di 2-3°C, per la presenza di numerosi corpi nuvolosi. A partire dalla metà mese, però, abbiamo avuto un brusco innalzamento dei valori massimi (6°C), con temperature che hanno raggiunto i 36°C nelle aree interne (primo vero caldo estivo della stagione). Negli ultimi giorni del mese i valori sono poi ritornati nella norma del periodo (vedi tabelle). Le precipitazioni, in questo bimestre di riferimento, sono state piuttosto abbondanti, anche se sono stati quasi sempre a carattere temporalesco; sono state registrate piogge per tutto il mese di maggio e per la prima quindicina di giugno (molto abbondanti nella prima decade dello stesso). Per quanto riguarda l’umidità relativa, è stata a lunghi tratti nella media storica del periodo, ma con improvvisi scostamenti dovuti alle abbondanti precipitazioni; per cui abbiamo avuto valori che sono andati dal 55% di maggio a più del
EMANUELE SCALCIONE NICOLA CARDINALE * PASQUALE LATORRE
Il terzo bimestre dell’anno è stato caratterizzato da tempo molto variabile. Si sono infatti alternati brevi periodi con temperature fresche ad altri con temperature tipicamente estive mentre le precipitazioni sono state abbondanti fino alla prima decade di giugno, e quasi sempre a carattere temporalesco. Nell’analisi dettagliata dei valori delle temperature, possiamo constatare che si sono avuti frequenti sbalzi termici, passando da temperature leggermente al di sotto della media, a valori molto al di sopra. Da un mese di maggio iniziato con temperature nella norma si è passati poi ad un periodo, seppur breve, con temperature massime che hanno superato i valori medi di circa 6°C (32°C temp. max dell’area me-
Maggiori informazioni sono disponibili sul sito www.alsia.it. ● Responsabile SAL Emanuele Scalcione escalcione@alsia.it Collaborazione Pasquale Latorre
]* Metapontum Agrobios
Temperature (C°) DECADE
Metapontino
Senisese
Lavellese
Valle Mercure
Val d’Agri
Materano
MED
MIN
MAX
MED
MIN
MAX
MED
MIN
MAX
MED
MIN
MAX
MED
MIN
MAX
MED
MIN
MAX
I mag II mag III mag
18,2 19,9 20,7
9,,9 10,9 11,2
29,7 31,5 31,2
17,4 18,9 19,6
9,5 9,8 9,2
29,5 31,1 31,2
13,8 14,7 15,5
6,4 5,4 6,9
25,2 26,9 26,8
14,8 15,8 16,0
7,9 7,5 9,0
24,1 27,9 26,2
16,4 18,1 19,0
8,5 7,9 8,8
28,2 30,5 30,7
16,8 18,4 18,9
8,9 8,0 9,5
28,9 30,5 30,5
I giu II giu III giu
19,2 24,6 27,8
13,1 16,7 17,5
28,7 34,1 41,9
18,5 23,6 27,4
11,2 14,5 15,1
30,6 35,8 40,6
14,8 20,2 22,9
7,4 11,5 8,6
24,7 33,7 35,3
16,3 21,5 23,9
8,1 12,5 11,9
25,9 35,2 35,7
17,9 23,5 27,5
8,9 14,1 14,4
29,4 36,3 39,4
18,0 23,2 27,2
10,5 14,5 13,8
28,9 35,4 39,1
Umidità relative medie (%), precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale (mm) DECADE
Metapontino
Senisese
Lavellese
Valle Mercure
Val d’Agri
Materano
MED
PREC
ETo
MED
PREC
ETo
MED
PREC
ETo
MED
PREC
ETo
MED
PREC
ETo
MED
PREC
ETo
I mag II mag III mag
70,5 53,4 58,0
12,3 12,0 16,6
4,3 5,4 5,5
67,5 52,6 58,3
14,5 7,6 17,7
4,4 5,3 5,4
80,3 71,5 76,2
21,1 7,4 38,5
3,7 4,3 4,4
78,4 70,3 65,2
37,5 10,0 37,9
3,7 4,2 4,6
72,1 59,5 61,5
23,8 11,2 7,7
4,3 5,3 5,5
70,0 57,4 62,9
10,5 10,3 20,1
4,2 5,2 5,2
I giu II giu III giu
70,1 57,1 46,6
24,0 4,3 0,1
5,0 6,4 7,6
69,1 56,9 38,3
38,9 33,0 0,0
5,0 6,5 7,9
81,2 70,5 53,1
42,2 2,1 0,0
4,2 5,7 6,8
72,9 58,5 44,3
40,0 0,4 0,1
4,5 5,9 6,8
72,6 58,1 38,6
44,2 13,7 0,0
5,0 6,8 8,3
72,3 61,1 40,6
43,3 27,4 0,0
4,9 6,3 7,8
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Un giorno d’agosto: la venuta di Urbano II ANGELA LAGUARDIA
Passò anche di qui, Papa Urbano II, ricordato come il Papa della prima crociata, nella sua lunga e dinamica attività in giro per l’Italia, soprattutto meridionale, a fronteggiare l’influenza della Chiesa greca. La sua strategia? Una forte intesa con i vescovi, con l’ordine dei benedettini e con l’élite della feudalità normanna, che diventò la “spada della Chiesa”. Così accadde che il 18 agosto 1089, l’anno successivo alla sua investitura, si recò a Banzi invitato formalmente per la consacrazione della chiesa dell’Abbazia benedettina di Santa Maria, ma ufficiosamente per discutere di motivi di ordine politico. Ad accompagnarlo c’erano infatti 32 vescovi provenienti da altre diocesi e due eredi di Roberto il Guiscardo, Duca di Puglia e Calabria: i principi Ruggero Borsa e Boemondo.
Non si sa quanti giorni sia durata la permanenza del papa e di questo stuolo di prelati e principi, ma sta di fatto che Banzi si ritrovò al centro della politica papale alla vigilia della prima crociata. Infatti, alcune settimane dopo, Urbano II convocò un concilio a Melfi, dove, oltre a varie regole ecclesiastiche e all’ennesimo richiamo all’obbligo di celibato per il clero, manifestò i motivi della riconquista della Terra Santa, annunciando di fatto la prima crociata. La venuta a Banzi fu per Urbano II anche l’occasione per porre l’abbazia sotto la protezione diretta della Santa Sede, pur lasciandola formalmente proprietà di Montecassino, ma sottraendola alla potestà ecclesiastica della diocesi di Acerenza. Oggi si ricorda quell’evento con un corteo storico che si tiene il 18 agosto di ogni anno e che quest’anno celebra la sua ottava edizione. Il corteo rievoca con personaggi in costume il periodo medievale: tra le figure rappresentate, oltre a quella di papa Urbano II, si distingue quella di frate Ursone di Bandusia, l’abate benedettino a capo dell’abbazia di Banzi che insistette per la venuta del papa insieme ai principi Normanni. La manifestazione è stata realizzata per la prima volta nel 2000, anno del Giubileo, con i fondi del progetto “Le terre del Guiscardo” (nell’ambito dei fondi “Leader II” e del Programma “Aristeo” per lo sviluppo rurale delle contrade altobradaniche). All’interno di questo progetto si sono svolte anche altre due sfilate storiche: “La leggenda dei Templari. Ugo dei Pagani e la Sfida del Mito. A.D.1099” a Forenza
E il Templum Auguraculum racconta fasti e miti antichi MARGHERITA ROMANIELLO *
Va bene, la famosa “fons Bandusiae” tanto declamata da Orazio quasi certamente non è la fonte nei pressi di Banzi, che pure non dista che pochi chilometri dalla natia Venosa, ma piuttosto un ruscello della sabina, la regione del Lazio in cui il poeta viveva in una casa di campagna donatagli da Augusto. Ma il dato storico nulla toglie alla magia di un ruscello le cui acque, lucane, scorrono adamantine nell’agro di Banzi, cittadina lucana che in passato, soprattutto in epoca medievale visse un vero periodo d’oro. E il ricordo lirico di Orazio si suggella intanto, in epoca nostra, nel canto accorato di Rocco Scotellaro, che evoca “(...) o bella fontana di Banzi spezza il cuore delle pietre la tua canzone lontana”. Banzi, la Bantia romana, condivide con Venusia (Venosa), con Ferentum (Lavello) una comune matrice romana ed un’analoga crisi d’identità, posizionate com’erano tutte e tre le cittadine proprio ai confini della Regio III, quella in cui l’imperatore Augusto raggruppò Lucani e Bruttii (gli attuali Calabresi), che lambiva la vicina Daunia (la Puglia del Tavoliere di oggi).
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Il borgo badiale si presenta come un vero scrigno di preziosi, un abitato nell’abitato. Grazie ad un recente restauro, riemergono quei segni che testimoniano l’antico splendore di un centro cresciuto attorno alle fabbriche monastiche.
epietre
UOMINI
Storia e miti del territorio
e “Dai Longobardi ai Normanni. Storia di una Cattedrale. A.D.1080” ad Acerenza. Banzi, dai fasti medievali alle lotte contadine Un grande portale apre al borgo badiale di Banzi, un vero e proprio scrigno medievale. Un abitato nell’abitato, che per molto tempo è stato al centro degli sfarzi medievali, come della decadenza iniziata nel XIV secolo, fino ad arrivare alla repressione da parte del fascismo delle cooperative contadine e alle rivolte dei braccianti negli anni ’40 e ‘50. Un luogo chiuso, raccolto, a cui si accedeva da due porte, quella principale e l’altra di servizio ben controllate e serrate di notte. Il borgo occupa ancora oggi gran parte del piccolo centro dell’Alto Bradano, cresciuto proprio intorno alla vita e all’economia delle fabbriche monastiche, le botteghe, il mulino, i campi e i vigneti che si estendono intorno. E ora, grazie al recente restauro, sono riemersi quei segni architettonici, come bifore, archi e iscrizioni, testimoni di un antico splendore. Ma la storia del borgo badiale di Banzi non è solo quella del medioevo, è anche la storia dei contadini in lotta per le terre, quegli stessi che, numerosi, abitavano le anguste case del centro. Già nell’inverno tra il 1943 e il 1944 ci furono le prime occupazioni delle terre dei grossi proprietari latifondisti, come i Guidone, gli Spada e i Cosentino. In seguito nel 1950, a più riprese, i braccianti agricoli si ribellarono contro i proprietari terrieri. Sommosse che costarono l’arresto, in totale, di 25 brac-
L’area archeologica di Banzi, la sua necropoli di epoca preromana, i resti del grande Templum Auguraculum, ovvero un luogo da cui, osservando il volo degli uccelli alcuni sacerdoti interpretavano i segni divini, raccontano la Bantia antica, la storia, ma anche gli usi, le tradizioni del suo popolo. Nell’area di questo spazio sacro, ricostruito sottoforma di plastico nel Museo Archeologico di Melfi, alcune iscrizioni indicavano i nomi delle divinità invocate, ed alcuni cippi ficcati nel terreno seguivano la traiettoria del sole, che nel punto in cui raggiungeva lo zenith corrispondeva al cippo di Giove. Ma in località Montelupino, proprio nei pressi del Templum Auguraculum, sorge anche un’area in cui visse una comunità romana: è possibile camminare su quegli stessi marciapiedi che piedi antichi di oltre 2000 anni calpestavano ogni giorno. Allontanandosi un po’ da Banzi, si arriva a Palazzo San Gervasio, che prende il nome dall’edificio a pianta regolare fatto erigere dal normanno Roberto il Guiscardo nel X secolo e nel quale abitò anche Manfredi, il figlio prediletto dell’imperatore svevo Federico II (che per linea materna sempre normanno era). Palazzo San Gervasio custodisce una preziosa dimora, il Palazzo D’Errico, legato al nome di Camillo d’Errico, nobile at-
I prodotti tipici Proprio tra Banzi, Genzano, Palazzo, Forenza e Lavello si estendono le maggiori superfici investite a cereali, soprattutto grano duro, della provincia di Potenza: circa 30.000 ha, secondo il censimento Istat dell’Agricoltura del 2001. È da questo orientamento che nascono i principali prodotti tipici, che sono appunto quelli da forno: pane e biscotti, questi ultimi al centro di molte tradizioni, come alla vigilia degli eventi nuziali quando entrambe le famiglie degli sposi si riuniscono a impastare e infornare biscotti per il parentado e il vicinato. Banzi ricade anche nell’area di produzione del vino Aglianico del Vulture e tra le altre produzioni tipiche va menzionata la salsiccia, fatta sul tipo di Cancellara, con l’impiego di peperoncino dolce o piccante in salsa o in polvere. cianti e di 4 proprietari, oltre che un cospicuo numero di rinvii a giudizio e di denunce. Qualche anno più tardi, nel 1954, 10 di quei 25 braccianti arrestati, furono dichiarati colpevoli di violenza privata e di violazione di domicilio e condannati a 7 mesi di reclusione, mentre i proprietari furono condannati al pagamento di multe per il porto abusivo di armi. ●
tivista durante i moti del Risorgimento e grande appassionato d’arte. Camillo raccolse quadri, libri antichi, di pregio, che oggi compongono il Fondo e la Pinacoteca D’Errico, al momento custodita a Matera. romaniello@aptbasilicata.it *Apt Basilicata La rubrica “Uomini e pietre” è realizzata in collaborazione con l’Azienda di promozione turistica di Basilicata (www.aptbasilicata.it).
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Formazione a catalogo, i nuovi corsi Alsia MARIA ASSUNTA LOMBARDI
Sono dieci le linee d’intervento che raggruppano le proposte formative dell’Agenzia per il 2007. La formazione agli operatori del mondo agricolo lucano, finanziata dalla Misura 4.17 dei fondi Por, il Programma operativo regionale, riprende quest’anno con una scelta variegata, replicando le modalità dello scorso anno: corsi di breve durata, dalle 7 alle 28 ore, che proseguono temi già affrontati, o che ne introducono di nuovi. Nel 2006 sono stati realizzati 41 corsi, con 93 repliche, raggiungendo oltre 1.000 agricoltori e 350 tecnici ed esperti. Quest’anno i corsi saranno 26, con 81 repliche, per un totale di 1025 ore di lezione, tra apprendimento in aula, lezioni pratiche in campo e visite guidate in realtà aziendali anche extraregionali. Le tematiche dei corsi sono state raggruppate secondo le filiere agroalimentari più rappresentative dell’economia lucana: la filiera olivicola, ortofrutticola, vitivinicola e lattiero-casearia. Ma particolare attenzione è rivolta ad alcuni aspetti della moderna agricoltura multifunzionale: l’apicoltura, l’arboricoltura da legno, l’equiturismo, le fattorie didattiche, la tartuficoltura, la gestione della fauna selvatica. Solo per fare alcuni esempi, il corso su “La gestione dell’arboreto da legno di essenze pregiate” viene riproposto dopo il successo dei corsi dello scorso anno, a cui hanno partecipato un centinaio tra allievi e uditori. Quello su “Il miglioramento della qualità dell’olio extravergine di oliva” deriva dalla frequenza dei difetti degli oli concorrenti al “Premio Olivarum”, il concorso annuale per le migliori produzioni extravergini regionali. “La tecnica colturale del carciofo” è una proposta pervenuta dalla sollecitazione di alcune organizzazioni di produttori dell’Alto Bradano-Lavellese che puntano su questa coltura.
corsi
repliche
100 _ 80 _ 60 _ 40 _ 20 _ 0_ 2006
2007
Corsi Brevi 2006 e 2007
L’“Approccio ai sistemi di produzione di qualità certificata” per le produzioni ortofrutticole che aspirano ad entrare nella grande distribuzione organizzata è stata espressamente richiesta da alcune Organizzazioni di produttori. I destinatari sono come sempre gli imprenditori agricoli detentori di partita Iva, loro coadiuvanti familiari, tecnici e operai stabilmente inseriti in azienda, ma possono partecipare come uditori anche tecnici laureati e diplomati e liberi professionisti interessati agli argomenti. ●
LE NOVITÀ DEI CORSI 2007
maria.lombardi@alsia.it
ORE CORSO
N. REPLICHE
La valorizzazione delle produzioni tartuficole lucane
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2
Il corretto smaltimento dei rifiuti e delle acque reflue delle aziende agricole
8
8
La tecnica di trasformazione dei salumi
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1
La gestione integrata del vigneto e recupero del vitigno autoctono “Guarnaccino”
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1
La legislazione vitivinicola
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3
La tecnica colturale del carciofo
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2
La scelta varietale in frutticoltura ed agrumicoltura
7
2
La raccolta meccanica ed agevolata delle olive da olio
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3
Il miglioramento della qualità dell’olio extravergine di oliva
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9
14
5
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Miglioramento delle produzioni lattiero-casearie
Dieci linee di intervento raccolgono le proposte formative dell’Alsia. Per gli imprenditori agricoli nuovi corsi brevi, rivolti anche ai tecnici e agli operai delle aziende. È la tracciabilità dei saperi professionali la nuova strategia di azione.
I corsi del 2007 Vino Ortofrutta Olio Lattiero-caseario Castanicoltura
2006
Apicoltura
2007
L’intera attività formativa dell’Alsia è presentata in un Catalogo corsi 2007, una carta dei servizi dove si illustrano modalità, localizzazione e tempi di svolgimento dei corsi, le categorie di utenti che vi possono partecipare, i docenti e i tutor. E infine un questionario per il gradimento delle attività che raccoglie anche suggerimenti e proposte per nuovi temi. Gli imprenditori interessati potranno consultare il catalogo dei corsi su internet, al sito www.alsia.it, come presso ogni ufficio Alsia.
Agriturismo Agric. Biologica 0
2
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Corsi per filiera
Tracciabilità come strategia nella formazione degli agricoltori MARGHERITA MOLES
Le piccole dimensioni delle aziende agricole del meridione e il loro assetto di tipo familiare, limitano molto spesso gli interventi ad una gestione poco innovativa. Le varie competenze sono infatti accentrate il più delle volte su un’unica figura, quella del titolare, che di conseguenza non riesce a dedicare tempo alla formazione. Per cercare di ovviare a questo problema e rendere il momento formativo un’attività che migliori la competitività dell’azienda, è in corso un progetto di ricerca denominato “Tas for Agriform”, che individua nuove strategie negli approcci formativi, come quella della tracciabilità. Il progetto, a cui partecipa anche l’Alsia, rientra nell’ambito del Programma “Leonardo da Vinci” ed è cofinanziato dalla Comunità Europea. Il gruppo di lavoro è guidato dall’ente di formazione Serifo di Napoli e comprende le istituzioni di sei Paesi europei: Italia, Spagna, Francia, Inghilterra, Polonia e Bulgaria, dove si sperimenta l’analisi comparata delle prospettive di sviluppo del settore ortofrutticolo. La scelta di questo specifico settore è dovuta alla crisi che sta attraversando il mercato dell’ortofrutta, attaccato dalla concorrenza cinese e minato da un calo dell’import-export. Di qui la riflessione su
come utilizzare al meglio il momento formativo per fornire agli imprenditori gli strumenti di ripresa e di maggiore competitività. Le considerazioni partono dalle caratteristiche del target di riferimento. I piccoli imprenditori agricoli dell’Italia meridionale e dei Paesi dell’Est hanno in media più di cinquant’anni, un basso livello d’istruzione e una scarsa disponibilità ad apprendere in contesti formali. Ecco quindi che si rende necessario un metodo per avvicinare gli imprenditori sia al momento formativo in sé, sia alle tematiche manageriali che consentono loro di rendere l’impresa più competitiva. La strategia è quella del modello di tracciabilità o di tracciamento dei saperi professionali. Si parte dalle conoscenze di cui l’agricoltore è già in possesso e si cerca di discuterle e confrontarle con gli altri agricoltori. Un’impostazione interattiva e dinamica, quindi, dei corsi in aula, definiti come “incontri di formazione” anche in contesti non formali, dove è possibile intavolare momenti di aggregativi di focus group per discutere e confrontarsi sulle problematiche comuni. La figura del docente si propone in veste di consulente tecnico e di “facilitatore”, in modo da aiutare l’agricoltore a raggiungere le conoscenze che non ha, specialmente quelle legate al “saper fare”, alle tecniche. Si prediligono così contesti di pratica professionale, soprattutto incentrati sulla produzione, la commercializzazione dei prodotti, le procedure di controllo della qualità. La scelta delle tematiche dei corsi dovrebbe, quindi, preferire alle tecniche di produzione o alle scelte varietali, l’impatto della propria attività imprenditoriale sul mercato. La partecipazione dell’Agenzia a questi tavoli tecnici internazionali permetterà di applicare anche sul contesto regionale questa nuova e più dinamica formazione agli imprenditori agricoli. ● margherita.moles@alsia.it
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Pane di Matera verso l’IGP ROCCO OLITA
Il Pane di Matera ha ottenuto l’Indicazione Geografica Protetta valida per tutto il territorio della Comunità Europea. Il conferimento di questo importante riconoscimento comunitario è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea dello scorso 9 giugno 2007 (2007/C 128/07). Trascorsi sei mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta, se non interverranno ulteriori elementi, il riconoscimento sarà definitivo. Nel frattempo continuerà a valere il marchio Igp con protezione transitoria sul territorio nazionale ed ottenuto già dal 2004. Si concretizzerà così un importante risultato, reso possibile anche grazie all’azione dell’Alsia che in questi anni ha sostenuto i produttori con un’attività di animazione, attraverso riunioni tecniche con l’Associazione Panificatori Pane di Matera Igp, e con specifiche azioni quali il corso di formazione breve “Cerealicoltura di qualità nella filiera del Pane Igp Matera”. I panificatori di Matera e della sua Provincia potranno, quindi utilizzare questo prestigioso marchio, che rappresenta una garanzia per i consumatori sulla qualità dei prodotti riconosciuta in tutti i paesi dell’Unione europea. Tale riconoscimento, infine, conferirà un valore aggiunto in più in termini di visibilità ad un prodotto che nasce dalla storia della civiltà materana e che, grazie all’opera dei maestri panificatori locali, è ancora oggi in grado di rappresentare e perpetuare
la storia, la cultura e le tradizioni gastronomiche della Città dei Sassi. “È con grande soddisfazione che registriamo un evento storico - si legge in una nota stampa del presidente dell’Associazione per la promozione e la valorizzazione del Pane di Matera Massimo Cifarelli - che rende giustizia all’impegno dei tanti, tecnici, studiosi e panificatori, che in questo riconoscimento hanno creduto dal primo momento”. “Ora l’Associazione deve guardare avanti. Occorre - si legge ancora nella nota di Cifarelli - che tutti insieme si costruisca un processo virtuoso che raccolga ulteriori adesioni da parte dei panificatori di Matera e della sua Provincia e che contribuisca, in un’ottica di sistema, allo sviluppo socio-economico della nostra realtà territoriale”. ●
Leggi e decreti Utilizzo dei terreni messi a riposo per la produzione di foraggio La prolungata scarsità di precipitazioni nel corso del 2007 sta causando non pochi disagi al comparto agricolo italiano. In tutte le Regioni, infatti, si segnalano problemi legati alla siccità, più o meno accentuata, con ripercussioni sulle colture e sulla resa dei terreni. Una situazione critica che ha indotto il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ad emanare una circolare (la n. 2 del 5 giungo 2007, predisposta dal Dipartimento delle filiere agricole ed agroalimentari, direzione generale delle politiche agricole) per l’autorizzazione all’utilizzo dei terreni messi a riposo per la produzione di foraggi, ai sensi dell’articolo 32 del Regolamento CE n. 795 del 2004. La decisione si è resa necessaria, come si legge nel dispositivo ministeriale, a causa della eccessiva durata e gravità del deficit idrico nelle varie regioni italiane, tenendo conto anche delle temperature medie particolarmente eleva-
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te registrate durante il periodo invernale, come testimoniano i dati forniti dall’Ufficio Centrale di Ecologia Agraria del Ministero. Una situazione di calamità, quest’ultima, specificatamente prevista nell’articolo 32 del Reg. CE n. 795/2004 ed in base al quale è stata disposta la possibilità di utilizzo, a scopo foraggiero, dei terreni a riposo. Secondo la circolare ministeriale, quindi, i produttori possono utilizzare le superfici dichiarate come ritirate dalla produzione, e per le quali il citato Regolamento prevede il mantenimento a riposo e la non effettuazione di semine prima del 31 agosto, ai fini dell’alimentazione del bestiame nella propria azienda. Al riguardo, la circolare precisa inoltre che il foraggio prodotto su tali superfici non può essere utilizzato a fini di lucro e conseguentemente non può essere commercializzato. In questo ambito, l’AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), quale Organismo di coordinamento, provvede ad adottare le misure necessarie a garantire il rispetto delle presenti disposizioni. ●
Pubblicato sulla G. U. dell’Unione Europea il conferimento del riconoscimento comunitario. Foraggio dai terreni “a riposo” per contrastare il deficit idrico. “Tas for Agriform”, nuove strade per la formazione in agricoltura.
AGRInews Notizie brevi e cusiosità
C’eravamo anche noi Sagra dell’Arancia (Montalbano Jonico, 26 e 27 maggio) Si è svolta a Montalbano Jonico la seconda edizione della Sagra dell’Arancia. La manifestazione è stata organizzata dalla Pro Loco in collaborazione con il Comune di Montalbano Jonico ed il Forum delle Associazioni ambientaliste locali. La prima sera hanno avuto luogo due iniziative legate principalmente agli aspetti socio-economici di questa antica coltura montalbanese, con un convegno sulle prospettive del comparto. Al convegno, moderato dal portavoce del Forum Associazioni ambientaliste di Montalbano, Arturo Caponero, hanno partecipato Carmelo Mennone, tecnico dell’Alsia, la pediatra Maria Teresa Ruggiero, il Presidente del Consorzio dell’Arancia “Staccia” di Tursi e Montalbano, Antonio Gatto ed il presidente del Distretto Agroalimentare del Metapontino, Salvatore Martelli. In quell’occasione sono state allestite mostre di agrumi di diverse varietà e di frutta del metapontino, curate dall’Alsia e dalle OO.PP. Generalfruit Basilicata e Apofruit. Domenica 27, in mattinata, i tecnici del Forum delle Associazioni ambientaliste di Montalbano hanno accompagnato visitatori e curiosi per i calanchi di Montalbano risalendo per la vecchia ed antica mulattiera del “Mulino”. In serata, in Piazza Rondinelli, ha avuto luogo la premiazione dell’Arancio d’oro di Montalbano. Tra i premiati di quest’anno il Prof. Neri Ciaranfi, illustre geologo e studioso dei calanchi di Montalbano che li ha candidati al “Chiodo d’Oro”, prestigioso riconoscimento di valenza internazionale per le peculiarità geologiche e paleontologiche di questi caratteristici siti.
IX Convegno nazionale di agrometeorologia (Torino, 6/8 giugno) Torino ha ospitato il nono convegno nazionale di agrometeorologia AIAM (Associazione Italiana di Agro Meteorologia), organizzato in collaborazione con l’assessorato all’agricoltura della Regione Piemonte e dedicato alle applicazioni agrometeorologiche nella gestione delle colture agrarie. Al convegno hanno partecipato i principali esperti di agrometeorologia italiani facenti parte di istituzioni di ricerca e del mondo dei Servizi regionali. All’appuntamento annuale dell’AIAM ha partecipato anche il responsabile del servizio agrometeorologico dell’Alsia, Emanuele Scalcione. Attraverso lo sforzo congiunto degli enti di ricerca, delle amministrazioni lo-
Il perito agrario Giuseppe Montemurro, funzionario dell’Alsia, va in pensione. Al termine dei suoi 40 anni di servizio, prima all’Ente di Sviluppo Puglia, Lucania e Molise, con il compianto Decio Scardaccione, poi all’Ente di Sviluppo Agricolo in Basilicata e oggi all’Alsia, invia un caloroso saluto a tutti i colleghi con i quali ha condiviso anni di impegno e di storia. Saluta anche i colleghi e amici della Regione Basilicata, di tutte le Organizzazioni Professionali e degli Ordini e Collegi Professionali Agricoli, con cui con convinzione ha collaborato per la soluzione dei problemi dei loro associati e di tutto il mondo agricolo.
cali e della componente tecnico-operativa, sono stati predisposti negli anni molti prodotti e servizi nell’ambito della difesa delle colture agrarie. La costituzione di reti di monitoraggio, la predisposizione di appositi supporti modellistici e la divulgazione delle informazioni da essi derivate, hanno già fornito in molte regioni risultati in grado di fornire concreti aiuti nella razionalizzazione della gestione colturale e della difesa dalle avversità. Due le sessioni dell’incontro: “Agrometeorologia e difesa dalle avversità abiotiche e biotiche” e “Agrometeorologia e tecniche colturali”.
Seminario nazionale Tas for Agriform (Potenza, 26 giugno) Organizzato dall’Alsia, il seminario nazionale ha presentato i primi risultati del progetto pilota “Tas For Agriform” (Tracciabilità come Strategia per la Formazione nel Settore Agricolo), cofinanziato dalla Comunità Europea nell’ambito del Programma “Leonardo da Vinci”. Il seminario è stato utile per fare il punto sul progetto, di cui è partner la stessa Agenzia, promosso e coordinato dalla Serifo srl, (Società integrata di Servizi Reali Ricerca e Formazione nei Settori Agricolo, Agroalimentare e Rurale), e la partecipazione delle istituzioni di sei Paesi Europei: Italia, Spagna, Inghilterra, Francia, Polonia e Bulgaria. All’appuntamento potentino hanno partecipato, oltre ai rappresentanti dell’Alsia, anche Maria Della Giovampaola, presidente della Serifo, Maura Striano, docente dell’Università degli Studi “Federico II” di Napoli e Giuseppe D’Agrosa, dirigente del Dipartimento Agricoltura della Regione Basilicata. ●
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Programma di sviluppo Rurale: ecco cosa prevede tratto da “Regione Informa”
Si articola in quattro assi il nuovo Programma di Sviluppo Rurale (Psr) 20072013 messo a punto dalla Regione Basilicata. Le priorità individuate dal nuovo programma vanno dall’aumento della dotazione di servizi per la popolazione e l’economia rurale al sostegno alla multifunzionalità come aspetto essenziale della nuova agricoltura in Basilicata, dalle azioni di marketing territoriale e promozione fino alla valorizzazione del patrimonio storico culturale ed enogastronomico. Il primo asse previsto e predisposto nel nuovo Psr tende al miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale, in linea con le necessità di garantire migliori condizioni alle aziende ed ai prodotti lucani di affermarsi sui mercati nazionali ed internazionali. Un’azione che si intende perseguire favorendo l’adeguamento tecnologico e l’introduzione di innovazioni di prodotto, di processo ed organizzative funzionali all’incremento del valore aggiunto ed alla stabilizzazione occupazionale del settore Il secondo asse d’intervento persegue invece il miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale, vero e proprio valore aggiunto insostituibile per l’agricoltura regionale. Grazie al nuovo strumento di
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programmazione sarà possibile rafforzare le azioni volte alla valorizzazione del territorio già intraprese dall’amministrazione regionale in cui la conservazione della biodiversità degli habitat agricoli e forestali assuma un ruolo significativo, e che vedano il pubblico e il privato attori ed esecutori di interventi tesi al mantenimento e miglioramento dei servizi collettivi e alla salvaguardia dell’ambiente. Accanto a questi due assi, il terzo prevede interventi mirati al miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali ed alla diversificazione dell’economia rurale. Infine, il quarto asse di programmazione, mira all’attuazione dell’approccio Leader, in linea con quanto già sperimentanti nel sessennio precedente. L’interazione tra i vari assi darà la possibilità di operare in maniera trasversale, attraverso differenti tipologie di “pacchetti” che garantiscano, da un lato, la coerenza con le politiche regionali (attenzione ai giovani, sviluppo locale, competitività, coesione interna e sostenibilità) e, dall’altro, la massima partecipazione a processi di crescita dei sistemi produttivi e del territorio. Per il nuovo Psr la Basilicata è stata destinataria di 372 milioni di euro di quota
europea che, aggiunti ai fondi stanziati dallo Stato e dalla Regione, hanno portato ad una disponibilità di fondi pubblici totali di 648 milioni di euro che si distribuiranno nei sette anni di attuazione del Programma. Nella fase di elaborazione del Psr le scelte sono state effettuate con tutti i protagonisti interessati al settore dell’agricoltura nell’ambito di 25 incontri di concertazione. La nuova programmazione, così condivisa, rappresenterà uno strumento decisivo per ridare vigore all’agricoltura lucana.
FITOPATOLOGIE DELLA VITE: UN CONVEGNO A VENOSA Si è svolto mercoledì 27 giugno, nel Castello di Venosa, un convegno dal titolo “La Basilicata zona protetta per la Flavescenza Dorata della vite”. L’incontro è stato organizzato dall’Ufficio Fitosanitario del Dipartimento regionale Agricoltura, Sviluppo Rurale, Economia Montana in collaborazione con vari enti di ricerca, pubblici e privati. La Flavescenza Dorata è la più grave patologia della vite per la quale non esistono cure. Molto diffusa nelle regioni del Nord Italia, attualmente si sta estendendo nel Centro del Paese e minaccia anche la viticoltura meridionale. La Basilicata, dopo l’apposita richiesta da parte del Dipartimento regionale Agricoltura, è stata recentemente riconosciuta dall’Unione Europea zona protetta dalla malattia. Il convegno è stato organizzato, oltre che per discutere delle misure adottate, anche per un confronto tra studiosi, ricercatori, tecnici e funzionari pubblici e privati, amministratori e operatori del settore per un confronto sulle strategie necessarie per la qualificazione e valorizzazione della filiera vitivinicola regionale. ●