Cristiano Sociali
08 novembre 1998 ANNO II • NUMERO QUARANTUNO NUOVA SERIE • L. 1.000
SETTIMANALE DEL MOVIMENTO DEI CRISTIANO-SOCIALI SPEDIZIONE IN ABB. POST. 45% ART. 2 COMMA 20/B L. 662/96 - FILIALE ROMA
Al bipolarismo servono partiti forti ma aperti
Pierre Carniti
LIBERTÀ ED UGUAGLIANZA: IL SEMINARIO AL CONSIGLIO NAZIONALE DEI CRISTIANO SOCIALI pp. 2-3 SINDACATO: NO ALLA "GRANDE CISL", SI AL SINDACATO UNITO UN APPELLO DI 21 INTELLETTUALI
pp. 4-5
La conclusione rapida della crisi politica che si era aperta con le dimissioni del governo Prodi è un fatto positivo. In questa fase delicata ed impegnativa di passaggio alla moneta unica europea l’Italia ha sicuramente bisogno di stabilità politica. Essere riusciti ad evitare una interruzione anticipata della legislatura è un bene. Si è fra l’altro scongiurato il rischio di arrivare alle elezioni più che per una scelta consapevole, per disperazione. All’incarico a D’Alema il Polo ha reagito in modo sgangherato (comportamento che non gli è inconsueto) offuscando in tal modo anche la consistenza di obiezioni non certo immotivate. Le accuse al capo dello Stato hanno confermato che gli urlatori della destra italiana difettano (oltre che di stile e di senso del limite) della capacità di capire i termini delle situazioni. L’affidamento dell’incarico a D’Alema è stato un atto costituzionalmente ineccepibile, il che non significa, naturalmente, che non fosse o non possa essere politicamente discutibile, ma questo è un aspetto che non può far parte delle preoccupazioni del capo dello Stato. Costituzionalmente ineccepibile perché dopo la rinuncia di Prodi, l’incarico a D’Alema (indicato nelle consultazioni da partiti e gruppi che costituiscono la maggioranza del Parlamento) rappresentava, per molti versi, un atto dovuto del capo dello Stato. Problemi costituzionali sarebbero semmai sorti nel caso contrario. Politicamente discutibile perché, se è vero che D’Alema è il capo del partito che ha vinto le elezioni, è altrettanto vero che il complemento decisivo per l’investitura è stata data da un partito, l’Udr, che alle elezioni non aveva nemmeno partecipato. Condizione, per dirla con Michele Serra, che “disattende non solo le recenti ambizioni” di rinnovamento in senso bipolare della politica, “ma perfino i vecchi principi decoubertiniani”. Naturalmente questi sviluppi inattesi non sono privi di spiegazioni. Prime fra tutte: la improvvida decisione di una parte di Rifondazione Comunista di far cadere il governo Prodi, decisione che si è sommata alla permanente propensione della destra italiana ad essere più rivoltosa che riformatrice. Nel corso della crisi una vasta eco hanno avuto sui media i dubbi e le preoccupazioni espressi dai principali organi della stampa cattolica perché, come ha scritto l’Osservatore Romano “A cinquant’anni dalla sofferta vittoria della libertà e della democrazia contro il comunismo, il capo dello Stato, affida il preincarico a un uomo dell’apparato dell’ex Pci”. Ovviamente si tratta di un giudizio politico e come tale è legittimo. In un paese in cui tutti parlano di tutto non deve scandalizzare nessuno se dei giornali cattolici esprimono la propria diffisegue in ultima
• CONSIGLIO NAZIONALE CS. Un contributo al dibattito per una nuova identità della sinistra. Questa volta il consiglio nazionale dei Cristiano-sociali si riunisce in seduta seminariale e a confrontarsi con i delagati del movimento vi sono intellettuali e studiosi che sviluppano il proprio pensiero attorno al tema di “Libertà e uguaglianza” affontandolo nelle sue diverse dimensioni e prospettive. Le comunicazioni sono di Biagio De Giovanni (Le idee della sinistra europea), Guido Formigoni, docente di storia contemporanea presso lo Iulm di Milano (Le idee dei cattolici democratici), Gian Primo Cella (La dimensione politica e sociale) e Oreste Massari (La dimensione istituzionale). Cristiano-sociali News anticipa brevi sintesi degli interventi che verranno pubblicati integralmente su Ilbiancoeilrosso.
Uomini e donne. Tutti ugualmente liberi. Il seminario dei Cristiano sociali “In che senso torna qualcosa che si chiama socialista?”, si chiede Biagio De Giovanni, pensando all’Europa dei governi della sinistra democratica. “Forse - prova a spiegare - questa è la risposta dell’opinione pubblica alla crisi degli stati sociali, indicando la necessità della regolamentazione dell’economia”. Ma ha ancora un senso la distinzione tra destra e sinistra? E ha un senso questa domanda che già in sè nasconde un’insidia tipicamente di destra? “Storicamente - spiega De Giovanni - la democrazia ha avuto a sinistra dei plusvalori”. Ecco, allora, la democrazia oltre il capitalismo, dove “l’abolizione del capitalismo era parola centrale”. “Tutto ciò ha avuto un riflesso sull’idea di libertà che tendeva ad essere declinata al futuro più che al presente e che apparteneva più al processo della storia che all’individuo”. E poi “la distinzione tra democrazia formale e sostanziale, vale a dire tra stato di diritto e stato sociale”: “oggi - dice - sta tornando lo stato di diritto dopo lo stato sociale e in funzione della riforma dello stato sociale”. Tutti gli uomini sono ugualmente liberi: questa sembra la nuova formulazione possibile: “La libertà è il primo principio, mentre un tempo era secondaria. L’universalità della cittadinanza è uno dei criteri attraverso i quali viene pensata la riforma dello stato sociale. Vi è un rafforzamento dell’idea di libertà di e un indebolimento dell’idea di libertà da. La subordinazione dell’idea di libertà allo statonazione è uno dei principi più duri a essere superati”. “L’Europa potrà rispondere alla globalizzazione rivendicando l’identità della sua storicità e del suo modello sociale”.
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libertà primo principio • IMMIGRAZIONE. Si è insediata a Palazzo chigi la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie. L’organismo, che avrà tra i suoi compiti quello di esaminare le problematiche relative all’integrazione degli immigrati, di verificare lo stato di attuazione della legge ed elaborare proposte per migliorare la convivenza con le popolazioni locali, acquisirà le osservazioni degli enti attivi nell’assistenza e nell’integrazione per contribuire alla redazione del documento programmatico del Governo nelle politiche migratorie. Del gruppo fanno parte rappresentanti delle associazioni, dei sindacati, dei datori di lavoro, delle autonomie locali, del Cnel ed esperti designati dai ministeri. La Consulta potrà contare quindi sul contributo di Franco Passuello (Acli), Tom Benettollo (Arci), padre Bruno Mioli (Migrantes), Mario Marazziti (S. Egidio), don Elvio Damoli (Caritas Roma), Anna Maria Rivera (Rete antirazzista), Domenico Tomasetto (Chiese evangeliche), Silvana Perez (Exodus) e dei rappresentanti di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Comuni, Province, Regioni.
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LIBERTÀ, UGUAGLIANZA (E FRATERNITÀ) Guido Formigoni ripercorre “l’esile filo rosso” del cattolicesimo democratico, inteso come tradizione di cultura politica. “Un filo rosso - spiega - nato proprio dall’incontro-scontro con i principi della Rivoluzione francese”. E che attraversa il secolo, attraverso la guerra, il dopoguerra, passando per l’esperienza dossettiana e le “eresie stimolanti” degli anni ‘60 e ‘70 (l’egualitarismo sindacale, la riflessione di Gorrieri sulle diseguaglianze, la scoperta della dimensione mondiale della povertà, l’esperienza di don Milani...). Libertà, uguaglianza, fraternità: “C’è bisogno di riprendere le fila della tradizione per reinventarla alla luce di nuove sfide”, dice Formigoni. Dove le sfide sono dettate dalla “fine del mito sviluppista e delle prospettive illimitate di crescita produttiva”, “la fine della spinta coesa e decisa di un forte movimento operaio che si concepiva come classe generale”. Il tutto nella prospettiva di “un nuovo liberalismo imperante” che “radicalizza una visione privatistica della libertà”. “Come riprendere il discorso?”, si domanda Formigoni. Innanzitutto “confidando seriamente nella libertà”, che presa sul serio è premessa della creatività, del dialogo, della tolleranza. Ma non basta. “Occorre far capire che la libertà individuale, da sola, rischia la sua consumazione nel delirio d’onnipotenza”. Ecco allora che “il linguaggio personalista della tradizione cattolicodemocratica” può aprire al riconoscimento del volto dell’altro “come condizione di espressione della propria stessa identità”. La fraternità assume così un ruolo chiave di snodo e cerniera. Un ruolo, però, che “senza una certa misura di eguaglianza” diviene impraticabile. “E qui chiudiamo il cerchio”, dice Formigoni, che parla anche di necessità di ridistribuire le risorse economiche: “Rendite, privilegi e concentrazioni eccessive di ricchezza devono essere combattute. Il problema di un’equità che non si interessi solo di fissare condizioni di partenza, ma anche di sorvegliare e correggere i risultati della competizione, tutelando i più deboli, non può essere eluso”. CRISTIANO SOCIALI NEWS
• INFORMAZIONE UTILE. Una scommessa, una “nave di folli” che in cooperativa ha creduto in ciò che faceva e che nel corso degli anni non ha mai svenduto la propria autonomia. Così Altero Frigerio, direttore deIl salvagente, rivista nata per informare gli utenti-consumatori sui propri diritti, ha aperto l’incontro su ‘L’informazione utile’, a cinque anni dalla nascita. È’ stata l’occasione per Franco Serventi Longhi, segretario nazionale del sindacato dei giornalisti, l’Fnsi, di chiedere, proprio nel giorno dell’insediamento del governo D’Alema, al nuovo esecutivo la continuazione dell’operato del governo in tema di riforma del sistema dell’editoria: è uno scandalo - ha sostenuto - che delle provvidenze per i giornali siano avvantaggiati giornali di dubbia provenienza e non l’informazione di servizio - di fatto penalizzata - come questa rivista. Mauro Masi, responsabile del dipartimento per l’informazione presso la presidenza del Consiglio, pur non intervenendo nel merito per ovvia opportunità, ha detto che vede segnali positivi in questa direzione ed è convinto che presto si arriverà ad una riforma della Legge 416. Del servizio pubblico radiotelevisivo e della disponibilità dei giornalisti ad incontrare le associazioni dei consumatori per sostenere un miglioramento della quantità e della qualità di questo settore nella Rai del futuro ha parlato il segretario dell’Usigrai Roberto Natale.
LA METAFORA DEL RICCIO E DELLA VOLPE Come definire l’essere di sinistra? “Forse vent’anni fa non ce ne sarebbe stato bisogno. Anche perché la distinzione tra destra e sinistra si sovrapponeva, sia pure in modo incerto e problematico, a quella fra conservatori e progressisti”. A connotare le diverse sinistre, spiega Gian Primo Cella, erano la struttura di classe, il legame con la democrazia politica, il rapporto con la violenza. “Vent’anni addietro - dice - era ancora il socialismo, nelle sue eterogenee versioni, a sostenere la denotazione del termine”. Oggi le distinzioni “perdono in parte il significato, con il rischio che a perdere il significato sia la politica stessa”. Come riconoscere, allora, la sinistra? Cella utilizza la metafora del riccio e della volpe. Un frammento di Antiloco racconta che “la volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande”. È la differenza tra quelli (i ricci) che possiedono una visione centrale, più o meno coerente, della vita a cui riconducono tutto un insieme di regole, e quelli (le volpi) che perseguono una molteplicità di fini, slegati fra loro e non unificati da un principio comune di orientamento. “Nella distinzione metaforica - dice Cella - la destra mi sembra vestire le spoglie della volpe, la sinistra quelle del riccio. La destra preferisce le scelte libere ai legami sociali, i fini delle sue proposte sono molteplici e talvolta contraddittori. La sinistra sembra invece conoscere, ed applicare, un principio unitario a cui riconduce le proprie scelte. È questa la cosa grande che manca alla destra, e configura la natura di riccio. Questa cosa grande mi sembra che sia l’uguaglianza o la ricerca dell’uguaglianza. Quando la sinistra nasconde troppo questa risorsa, per pudore o timore, o la dimentica, non viene più riconosciuta, ed è quasi come un riccio che perdesse gli aculei”. UNA NUOVA FORMA-PARTITO L’obiettivo per Oreste Massari è quello di “ridurre le contraddizioni” per avere “il massimo di uguaglianza efficace senza comprimere eccessivamente le libertà”. “Forse - dice - il termine medio che ci può aiutare è quello di responsabilità. Sul piano economico-sociale questa concezione comporta, ad esempio, la scelta per uno Stato più regolatore che gestore diretto, per incentivi selettivi e mirati sulle diseguaglianze effettive e non a pioggia”. La premessa serve a Massari ad entrare nella dimensione istituzionale propriamente detta ed elencare una serie di problemi. Il sistema elettorale, innanzitutto. “La sinistra tradizionale ha sempre privilegiato il sistema proporzionale proprio in nome dell’uguaglianza politica. A eguale voto, eguale rappresentanza, ossia tutti i voti devono valere alla stesso modo”. Per Massari il difetto di questa impostazione “è che pone il problema dell’uguaglianza in entrata - la rappresentanza politica - e non in uscita - il Governo”. Un’altra idea cara alla vecchia ideologia di sinistra è la centralità delle assemblee parlamentari: “In Italia la centralità del Parlamento ha significato centralità dei partiti, ossia partitocrazia”. Massari prende in esame il tema della rappresentanza di genere, il rapporto tra Stato centralizzato e autogoverno delle autonomie fino a giungere all’idea di partito politico, proponendo “il superamento delle forme tradizionali del partito di massa, vale a dire di una forma di partito centralista e ‘introverso’, che faceva corpo con una democrazia consociativa”. Le due soluzioni aperte sono quelle che Massari definisce “neo-notabiliare” e “neo-istituzionale”. La prima in nome delle libertà tende a riprodurre uno scenario “che è centrato solo su eletti individuali, su legami deboli ed episodici con gli elettori e che porta ad una perdita di qualsiasi disciplina di voto e prevedibilità di comportamento”. Un tale assetto “nega in radice qualsiasi prospettiva egualitaria”. La seconda via è rappresentata dalla prospettiva neo-istituzionale, “che rompe con la tradizione, ma non con i valori della sinistra, che scinde il riferimento alla sinistra da quello del socialismo tradizionale e che quindi punta su un moderno modello di governo di partito che coniuga responsabilità collettiva e responsabilità individuali”.
centralità dei partiti CRISTIANO SOCIALI NEWS
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Con la Cisl per l’unità sindacale CON QUESTO SLOGAN UN GRUPPO DI PERSONE CHE SI SENTONO PARTECIPI DELLA STORIA DEL SINDACATO CATTOLICO, HA PUBBLICATO UN DOCUMENTO CON IL QUALE “SI RICHIAMA L’ATTENZIONE SUI RISCHI DI INCOERENZA E DI DEFORMAZIONE DEL RUOLO” DEL SINDACATO CON IL PROGETTO DELLA “GRANDE CISL”. TRA I 21 FIRMATARI, ENZO BALBONI, GIANPRIMO CELLA, GUIDO FORMIGONI, FRANCO MONACO, LUCIANO PAZZAGLIA, MARIO REJNA, DOMENICO ROSATI, PIETRO SCOPPOLA, GIORGIO TONINI. PUBBLICHIAMO QUI AMPLI STRALCI DEL TESTO.
Le esigenze che animano tale progetto (della Grande Cisl, ndr.) sembrano molteplici. Anzitutto si vuole ripensare la missione del sindacato in una fase in cui si riduce il lavoro dipendente tradizionale e si dilata la sfera del lavoro autonomo e atipico, cresce il numero dei pensionati e gli interessi diffusi nella società cercano forme proprie di organizzazione. In secondo luogo, appare urgente calibrare la posizione del sindacato dentro un sistema politico bipolare ancora incompiuto. In terzo luogo, si intenderebbe offrire canali di rappresentanza e tutela alla ricca trama delle organizzazioni sociali di ispirazione cristiana, per un rapporto più efficace con le istituzioni. Infine, ci si propone di trovare soluzioni nuove che consentano di uscire dalla impasse dell’unità sindacale, la quale ristagna per responsabilità variamente condivise. Il no-
Il ruolo di un sindacato moderno Mario Rejna s.j. LE DECISIONI PRESE IN QUESTI ULTIMI TEMPI POTREBBERO MUTARE LA FISIONOMIA DELLA CISL. LO AFFERMA MARIO REJNA S.J., SUL NUMERO DI NOVEMBRE DELLA RIVISTA AGGIORNAMENTI SOCIALI, IN UN ARTICOLO DI CUI ANTICIPIAMO AMPI STRALCI.
La Cisl è stata la principale artefice, in campo sindacale, dell’affermazione dell’idea di concertazione che è stata concretizzata nell’accordo del 1993. È stata un’idea forte, la cui realizzazione ha sconfitto una spirale inflazionistica che ci allontanava sempre più dall’Europa e che ha caratterizzato i successi economici del nostro Paese in questi ultimi anni. È soprattutto in questa linea che la Cisl dovrebbe lavorare per aumentare la sinergia nel sociale e non per
stro auspicio è che sia potenziata e non invece snaturata, la missione del sindacato quale soggetto di tutela e promozione di interessi collettivi, che oggi è giusto si dilatino oltre il lavoro dipendente, senza però prestare il fianco alla tentazione di una rappresentanza indifferenziata o di generica opinione. Il sindacato è attore incisivo della dialettica sociale come rappresentante di interessi socialmente rilevanti e tuttavia di parte perciò non si colloca immediatamente sul terreno della sintesi politica. In questa logica condividiamo l’esigenza di una valorizzazione sostanziale e non strumentale delle energie che si esprimono in seno alla società civile, specialmente nell’associazionismo di ispirazione cristiana. Ma tali energie, pur dovendo superare rischi di dispersione, non si prestano a essere convogliate in un contenitore unico, che magari faccia leva sul
dividerlo. Solo riconoscendo e sostenendo il ruolo preminente che il “sociale” assume nel contesto attuale, ancora caratterizzato dal trasformismo politico, il sindacato può dare un contributo importante per modificare alcune prospettive “politiche”. I sindacati sono particolarmente qualificati in questo compito; possono contare su un consistente patrimonio di volontariato e di militanza pluralista e attenta in particolare ai nuovi problemi posti dal lavoro che cambia. Essi, nonostante i continui rischi di burocratizzazione, sono indubbiamente più dei partiti a contatto con gli strati più attivi della società. Ma, nell’affrontare questi problemi, il sindacato vive sempre più la difficoltà posta da un centralismo che non aiuta l’organizzazione del sociale. Una forte affermazione pratica del principio di sussidiarietà che affidi ai livelli superiori il compito di aiutare e non di sostituire i livelli inferiori nelle
loro specifiche attività, dovrebbe essere un obiettivo prioritario dell’organizzazione interna dei sindacati. Invece, in pratica, tale principio è disatteso in nome di un controllo che ha un sapore più “politico” che operativo. La Cisl, che pure era nata come confederazione di sindacati categoriali autonomi e decentrati e non come sindacato centralistico qual era la Cgil e, in polemica con la stessa, ha sempre affermato il ruolo prioritario degli associati rispetto a quello dei lavoratori non iscritti al sindacato, pratica invece ancora un concetto riduttivo della sussidiarietà così che all’interno dell’organizzazione si sente l’urgenza di promuovere una discussione approfondita e partecipata su questi problemi. Si tratta di avviare, in questa fase di transizione, un confronto positivo tra sociale e politica, ove il primo deve promuovere idee, iniziative, sedi di partecipazione reale e non richiedere solo garanzie formali a difesa dell’”invasione” partitica.
principio di sussidierietà 4
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richiamo confessionale. Una simile forzatura sarebbe inoltre la negazione del patrimonio di laicità della Cisl e contrasterebbe con la capacità di creare alleanze e legami associativi non derivanti dall’appartenenza ideologica e religiosa, ma piuttosto dall’attenzione di bisogni e agli interessi dei lavoratori. Ci auguriamo che, quali che siano le scelte strategiche della Cisl, esse possano continuare a vantare un alto grado di libero confronto e di consenso partecipato. Il metodo democratico è ingrediente essenziale della vita interna al sindacato e presiede alla valida elaborazione dei suoi contenuti. Noi riteniamo che, nella nuova situazione storica, il sindacato non possa ricalcare la strada né dell’antagonismo, che si riduce al conflitto sterile e in fin dei conti subalterno alle decisioni della leadership politica, né del corporativismo, che punta alla raccolta di interessi comunque dati e magari alla gestione con criteri di business dei pezzi privatizzati del welfare. Le trasformazioni dell’economia, della società e della politica esigono davvero un nuovo ‘grande’ progetto sindacale che accompagni e guidi i cambiamenti, in modo tale che non venga a crearsi un intreccio perver-
so di economia senza regole, di società senza solidarietà e di politica senza giustizia. Il sindacato deve certamente fare i conti con il passaggio dall’epoca del lavoro a quella dei ‘lavori’ e del non lavoro, per rendere il lavoro bene da tutti condivisibile e per saldare strettamente la dignità della persona e del cittadino con la partecipazione al lavoro. Questo obiettivo richiede il superamento di impostazioni egemoniche tuttora operanti nella cultura e nella prassi di settori del movimento sindacale. Si impone quindi il rinnovamento anche radicale delle forme di presenza, di rappresentanza e di organizzazione, non escludendo forme inedite di lotta. Ma a questo fine di sicuro non giovano lo scambio delle accuse reciproche e la chiusura di ogni organizzazione in se stessa, in un gioco dannoso per tutti: per le singole confederazioni e ancor più per la loro vocazione a perseguire le mete comuni, a cominciare dalla capacità del sindacato di porsi come soggetto insieme autonomo e incisivo delle politiche per il lavoro, non offrendo pretesti per ritardi e incoerenze operative a chi di esse è in diverso modo responsabile, sia a livello governativo sia a livello imprenditoriale.
leadership politica
Un secondo cambiamento importante - oltre alla crisi del comunismo e a quella della “unità politica dei cattolici” - riguarda il lavoro. Il sindacato, invece di dedicarsi alle alchimie politiche, dovrebbe impegnarsi a riflettere sulle continue modifiche delle forme del lavoro e sul suo ruolo nella società. Ogni giorno si assiste alla nascita di nuove professioni che non necessariamente sono riconducibili a luoghi di lavoro collettivi e al lavoro dipendente. Si tratta di circa un milione di persone che svolgono, nel nostro Paese, attività lavorative occasionali, delle 120 mila persone che svolgono lavori socialmente utili e degli oltre 100 mila lavoratori che, nei prossimi due anni, dovrebbero affollare il settore del lavoro interinale (quello definito come lavoro “a prestito”, che si svolge con la mediazione di una agenzia la quale assume lavoratori per assegnarli “prestarli” - a tempo determinato a imprese che ne fanno richiesta). CRISTIANO SOCIALI NEWS
Inoltre è necessario scavare a fondo tra i 3 milioni di partite Iva per capire quanto lavoro professionale con bisogni di rappresentanza si nasconde. La stessa Cisl se ne è resa conto promuovendo la Alai (Associazione dei lavoratori Atipici e Interinali). In una fase di lavoro che cambia, il ruolo di un sindacato moderno è quello di presentare una proposta di tutela, contrattazione e rappresentanza dei lavoratori, non una prospettiva politica che inevitabilmente lo metterebbe fuori gioco. Ora la capacità della Cisl è sempre stata quella di innovare sul piano della contrattazione e della intuizione politica, ma giocata sul versante sindacale. Tale innovazione si è manifestata cogliendo in tempo i cambiamenti ma senza assumere ruoli impropri. Confondere i piani e sovrapporre sistemi di rappresentanza che hanno sì valenza sociale, ma che sono anche portatori di interessi contrapposti, non può
essere un’operazione fatta da un sindacato, perché è compito della politica. Un sindacato attento ai cambiamenti non può comunque esimersi dall’affrontare la problematica della rappresentanza. È tale rappresentanza la si esercita con la capacità di aggregazione oltre che di fornire servizi. È poi di rilevante importanza, nella ricerca di modalità più efficaci di rappresentanza delle vecchie e nuove forme di lavoro, il raggiungimento, in tempi possibilmente brevi, dell’obiettivo dell’unità sindacale. È questo il vero “valore aggiunto” rispetto al lavoro del Duemila. E’ perciò fondamentale elaborare l’ipotesi di una costituente per un nuovo soggetto sindacale autonomo, che faccia proprio il meglio dell’esperienza di Cgil, Cisl e Uil, e si apra al nuovo, ai giovani e alle nuove professionalità. Va qui peraltro denunciato il ritardo anche della Cgil nel muoversi su questo terreno.
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Giustino Trincia
Procuratore diritti dei cittadini - MDF
Dare ascolto ai poveri della Terra
IL RECENTE RAPPORTO SULLO SVILUPPO UMANO NEL MONDO SEGNALA L’EVIDENTE DEFICIT DI POTERE POLITICO PER I POVERI DI QUESTA NOSTRA TERRA. ESSI, IL PIÙ DELLE VOLTE, NON HANNO LA FORZA DI INCIDERE SULL’AGENDA DELLA POLITICA UFFICIALE. I POVERI SUBISCONO SPESSO LE ESIGENZE E LE SCELTE DEGLI ALTRI E, COME SPIEGA PADRE JOSEPH WRESINSKI DELL'ASSOCIAZIONE ATD-QUARTO MONDO “COMUNQUE IL LORO PARERE NON È RICHIESTO PER LA ELABORAZIONE DEI PROGETTI POLITICI CHE POI GLI SI CHIEDE DI ANDARE A VOTARE”. PUBBLICHIAMO UN'ESTRATTO DELLA RELAZIONE PRONUNCIATA IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DEL RIFIUTO DELLA MISERIA.
L’insegnamento di Joseph Wresinski, fondatore del movimento ATD-Quarto mondo, è importante per almeno tre ragioni: a) perché nell’affermare che i poveri sono i primi difensori dei diritti dell’uomo, riconosce e sottolinea il primato della loro dignità, della loro capacità di non rassegnarsi; b) perché propone la seguente sfida: noi possiamo e dobbiamo imparare molto dai poveri. E trarremo da essi molte preziose indicazioni utili, solo se saremo capaci di un ascolto vero nei loro confronti, superando quell’atteggiamento compassionevole che rischia di accentuare le cause profonde delle condizioni di povertà e di miseria. c) Il terzo insegnamento di padre Joseph, oggi testimoniato dal Movimento ATD-Quarto Mondo, è che i poveri vanno aiutati ed incoraggiati ad essere dei protagonisti attivi e non passivi dei programmi, dei progetti, delle politiche pubbliche di rifiuto e di lotta alla povertà che li riguarda direttamente. Non possiamo continuare a sostituirci ad essi: né con la parola, né con l’azione. Da queste semplici considerazioni, vorrei trarre alcuni spunti per l’azione, coinvolgendo quel variegato e ricco patrimonio di organizzazioni civiche e di volontariato che contraddistingue le moderne società. 1 • È possibile superare l’approccio assistenzialista con cui si affrontano le questioni della estrema povertà, a condizione di riconoscere anche ai poveri lo status di cittadini attivi per la tutela dei diritti umani intesi nella loro indivisibilità. Si tratta, in questo senso, di attribuire ad essi una concreta capacità e possibilità di esercitare poteri e responsabilità per: • produrre informazioni sulla loro condizione; • produrre proprie interpretazioni sulla realtà in cui vivono; • avere strutture proprie anche nei termini di nuove e specifiche forme di rappresentanza civica; • incidere concretamente nella scelta delle politiche di governo a livello locale, regionale, nazionale e comunitario. 2 • Per trattare della povertà e delle misure per prevenirla, per ridurla e per cercare di eliminarla, è indispensabile dare la parola ai poveri, è indispensabile Celebrata il 17 ottobre scorso la seascoltare il loro punto di vista, prendere sul serio il patrimonio di informazioni e sta giornata mondiale del rifiuto della midi dati che essi detengono. seria, proclamata dall’Onu il 22 dicemPerché in Italia - come è stato fatto in Francia nel 1987, grazie a Joseph bre del 1992, sulla scia delle provocazioWresinski - non si riesce ad elaborare un “Rapporto” e quindi un “Piano d’azione” ni lanciate da padre Joseph Wresinski, contro la povertà frutto di un serio coinvolgimento dei diretti interessati e delle fondatore del Movimento “ATD- Quarto loro rappresentanze più genuine e non della sola comunità scientifica? Mondo. 3 • Infine, perché non avviare un costruttivo confronto sulle proposte e sulle Il dramma della grande povertà, ha affermato la presidente del Movimento richieste - da presentare ogni anno al Governo e al Parlamento, prima della apSig.ra Alwine de Vos van Steenwijk, “siprovazione del Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) e gnifica che l’umanità permette ancora e poi della Legge Finanziaria, e ai governi locali e regionali - per la messa a punto di da sempre, l’esistenza di una miseria che politiche e di misure concrete di lotta alla povertà? dilaga attraverso i paesi e i continenti, È in queste sedi che si potranno affrontare questioni cruciali come quelle arrivando a rendere gli esseri umani irridell’accesso di tutti ai beni comuni e ai servizi di pubblica utilità (es. sanitari, conoscibili, in apparenza difformi non soltrasporti, formazione, ecc.). tanto nel loro aspetto e nel loro compor4 • Infine, sarebbe molto importante concentrarsi tutti sulla definizione di tamento esterno, ma anche nel pensiero, nella morale, nell’anima. Ciò ci permetuna politica globale - trasversale ai diversi settori - di lotta alla miseria. Penso, te di non considerarli più come esseri tosoprattutto, all’educazione e formazione rivolta ai bambini, ai giovani e agli adulti. talmente umani, ai quali dover riconosceAttraverso questa politica può crescere e maturare una diffusa consapevolezre dei diritti in nome della loro condizioza circa il “principio guida” che dovrebbe caratterizzare la convivenza umana: ne di uomini”. l’interdipendenza.
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Convocata la Conferenza delle Democratiche di sinistra. Il regolamento per le Conferenze territoriali L’11 e 12 dicembre 1998 (date ancora da confermare) si svolgerà la prima fase della DS Conferenza nazionale delle Democratiche di sinistra. L’appuntamento ha l’obiettivo di promuovere una ulteriore tappa della cittadinanza delle donne nel nostro paese sul piano istituzionale, politico, economico e sociale. La seconda fase, da tenersi dopo i congressi dei Democratici di Sinistra e del Partito del Socialismo Europeo, sarà un momento di approfondimento e discussione dei temi proposti dalla Conferenza sulle politiche del lavoro, della famiglia, della protezione sociale e della bioetica. Per la Conferenza è stato redatto un regolamento che raccoglie diverse esigenze emerse durante i dibattiti che hanno accompagnato la stesura e l’avvio alla preparazione della Conferenza. Eccolo:
Art.3 • Compiti del Comitato per la Conferenza a) Il Comitato per la Conferenza nomina cinque garanti alle quali spetta l’interpretazione e l’applicazione del seguente regolamento; b) al Comitato per la Conferenza spettano l’esame dei documenti presentati e, nel rispetto del pluralismo di cui all’art.6, le decisioni sull’organizzazione e sul calendario delle iniziative politiche che accompagnano la Conferenza. Art.4 • Composizione della platea 1) La composizione e le modalità di elezione delle platee regionali sono stabilite dai regolamenti e dagli Statuti regionali. Alla costruzione della Conferenza possono partecipare tutte coloro che risultano iscritte entro il 15/11/ 98 (da confermare) secondo il rilevamento di cui verrà depositata copia al Consiglio nazionale dei Garanti. Le non iscritte ai Democratici di Sinistra possono aderire alla Conferenza in forma individuale o collettiva tramite un apposito tagliando entro il 15/11/98. a) La platea nazionale è espressione delle delegate regionali in ragione di 1 ogni 240 iscritte garantendo: • il raddoppio per il numero tra 3 e 7; • la presenza di una delegata per Federazione o per Provincia e/o per area intercomunale; • il rispetto relativamente alle realtà territoriali della rappresentatività numerica delle iscritte; • il pluralismo interno, in particolare delle forze aderenti ai Democratici di sinistra; b) le delegate sono elette sulla base delle mozioni in rapporto ai voti complessivamente ottenuti nelle Conferenze svolte nelle Federazioni provinciali. Il computo dei voti si ottiene come previsto negli articoli 8 e 9 del regolamento del II congresso del Pds 2) La platea congressuale è altresì composta da: a) una parte costitutiva di donne elette (che abbiano aderito alla Conferenza e ad una delle eventuali mozioni): nella Direzione nazionale, nel Consiglio garanti, nella Camera e Senato della Repubblica, presidenti dei Consi-
gli regionali, Presidenti di Provincia, ex responsabili femminili nazionali, Sindache dei capoluoghi di Provincia e delle aree metropolitane; b) una rappresentanza delle Democratiche di Sinistra all’estero. Art.5 • Mozioni e documenti a) sulla conferenza e sui temi da essa affrontati, possono essere presentate una o più mozioni, presso il Comitato per la Conferenza entro il 5/11/98; b) ciascuna delle mozioni deve essere sottoscritta dalla firma di almeno 10 e non più di 30 donne elette negli organismi politici e istituzionali a livelli regionale, nazionale ed europeo e/o da non meno di 240 fino ad un massimo di 700 iscritte; c) qualora siano state presentate più mozioni nazionali, il Comitato per la Conferenza viene integrato da una rappresentante di ciascuna mozione designato dalla prima firmataria dello stesso; d) nel corso dell’assemblea possono essere presentati odg e documenti anche da parte delle aderenti; e) spetta alla residenza delle varie Conferenze il giudizio di inammisibilità di odg e documenti. Tale giudizio è insindacabile; f) vanno garantite a tutte le mozioni presentate medesime opportunità di conoscenza, diffusione e discussione.
cittadinanza delle donne ART.1 • È convocata la Conferenza nazionale delle Democratiche di Sinistra sulla base dell’art.1 comma 2 dello statuto del Partito. ART.2 • Organizzazione e scopi della Conferenza La Conferenza che si terrà a Chianciano Terme (Siena) è dedicata: a) alla discussione delle ragioni politiche che fondano oggi l’autonomia politica delle donne nel nuovo partito e degli orgamismi programmatici che ne orientano l’azione; b) alla definizione delle forme e degli organismi che la regolano; c) alla determinazione dei poteri e delle competenze di tali organismi; d) all’elezioni di tali organismi; e) alla presentazione di proposte per il nuovo Statuto.
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Art.6 • Poteri di iscritte e aderenti. a) Le iscritte ai Democratici di sinistra hanno diritto di voto attivo e passivo nonchè di presentare mozioni secondo la modalità previste dal comma b) dell’art.5; b) le aderenti hanno facoltà di presentare odg, documenti e sottoporli al dibattito. Art.7 • Svolgimento Conferenze. Le Conferenze debbono essere precedute da adeguata preparazione politica e organizzativa. All’atto dell’apertura delle Conferenze le delegate eleggono una Presidenza su proposta del Coordinamento o degli organismi previsti dai relativi Statuti e Regolamenti. Per informazioni e chiarimenti contattare Anna Maria Persia allo 0668300537
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segue dalla prima
denza, se qualche Vescovo o qualche sacerdote avanzano preoccupazioni perché un uomo che proviene da quella cultura - ma che non ha esitato a riconoscere esplicitamente “che il comunismo, nato da un progetto di liberazione umana, ovunque è arrivato al potere si è trasformato in un regime totalitario, oppressivo macchiandosi di grandissimi delitti” - è oggi è arrivato a Palazzo Chigi (cioè dopo che il comunismo, come movimento politico organizzato a livello mondiale è morto). Queste opinioni si possono condividere o meno (e per quel che ci riguarda ci sembrano soprattutto anacronistiche), ma sembra francamente eccessivo considerarle, come pure è stato fatto, “ingerenze”. Come cattolici, del resto, sappiamo bene che il “magistero” della Chiesa non si esercita attraverso i giornali, nemmeno quelli cattolici. Come cattolici condividiamo la posizione del cattolico Aldo Moro (artefice del primo centro-sinistra contrastato anche allora da altri settori del cattolicesimo) che ribadiva con fermezza, assieme alla filiale devozione, che la Chiesa per la sua missione spirituale ed universale doveva tenersi lontana “dalle vicende difficili e rischiose della politica”. Come cittadini e cattolici ci riconosciamo perfettamente nelle cose dette dal capo dello Stato il cattolico Scalfaro, in occasione della recentissima visita del Santo Pa-
dre al Quirinale, sulla laicità dello Stato e della politica. L’inedita coalizione che è alla base del nuovo Governo ha portato molti a interrogarsi se non costituisca ,di fatto, un passo indietro rispetto al già fragile ed incerto bipolarismo italiano. Nel discorso con il quale D’Alema ha chiesto la fiducia alla Camera ha ribadito con molta forza il valore del bipolarismo che era alla base del progetto dell’Ulivo. “Progetto che continua a vivere anche se non ha più l’autosufficienza che gli ha consentito per una fase di governare da solo il Paese”. D’Alema ha però dovuto riconoscere che nella coalizione c’è chi è convinto che il nuovo centro-sinistra contiene in se stesso i termini del futuro bipolarismo. Se così fosse, i pronostici sulla realizzazione in tempi politici (non storici) di un bipolarismo maturo in Italia restano aperti. C’è quindi la fondata preoccupazione che se la transizione dovesse proiettarsi in un futuro indeterminato forte diventa in rischio che il tradizionale torni a vincere e quindi la prospettiva che l’Italia diventi più europea sul piano delle istituzioni e del riformismo resterebbe in campo con sempre più grande difficoltà e con esiti incerti. La composizione del nuovo Gabinetto, pur composto da personalità di indiscutibile rilievo, da una apprezzata presenza femminile, da membri del governo che saranno sicuramente in grado di dimostrare la
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loro competenza ed il loro valore, non rassicura interamente circa la necessità che sia scongiurato il rischio di un ritorno al tradizionale. Presentando la composizione del governo, la stampa ha illustrato, anche se non sempre in modo uniforme la geografia di provenienza partitica dei componenti il nuovo esecutivo. La speranza, quindi, è che in futuro si possa tenere conto non solo della geografia, ma anche della storia. Sappiamo che fare una lista di ministri è sempre stato una cosa difficile ed anche molto faticosa, che inclusioni ed esclusioni sono sempre discutibili. Non nascondiamo però che ci sarebbe piaciuto che il primo governo guidato dal leader del principale partito della sinistra avesse privilegiato maggiormente la competenza sull’appartenenza. Per quanto riguarda, infine, le forze politiche il varo del nuovo governo conferma che l’Ulivo ha subìto una gelata, bisognerà decidere chi e come dovrà accudirlo perché torni presto a germogliare, una conferma anche che il cantiere dei Democratici di Sinistra non è ancora stato aperto. Non è del resto casuale che il requisito per concorrere alla formazione della rappresentanza istituzionale resti sostanzialmente la provenienza dell’ex Pci-Pds. Quando il problema del rilancio dei Democratici di Sinistra si porrà di nuovo all’ordine del giorno, di questo si dovrà apertamente parlare. D’altra parte se i Democratici di Sinistra vogliono essere uno dei due perni del sistema politico bipolare e maggioritario, non possono ulteriormente offuscare il dato che il bipolarismo maggioritario si realizza e si consolida solo se sorretto da partiti forti ed aperti con strutture aperte che quindi non si riducono ad un ceto politico incline a presidiare un movimento (inevitabilmente) di ex combattenti e reduci. (stralci dalla relazione al Consiglio nazionale dei Cristiano sociali tenutosi a Fiuggi il 23-24 ottobre scorsi).
Questo numero è stato chiuso in tipografia il 29 ottobre 1998
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