#VOTE4FT Dossier campagna

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1. Perché è importante il Commercio Equo e Solidale? Perché rafforza il ruolo e migliora la condizione delle donne nella società Circa il 70% del miliardo e 300 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà sono donne. Le donne rurali sono spesso escluse dalla gran parte delle occupazioni più redditizie e sovente hanno diritti di proprietà ridotti, minori opportunità educative nonché l’onere aggiuntivo di doversi prendere cura della famiglia e dei bambini. Risultato di tutto ciò è che nella gran parte delle comunità rurali dei paesi in via di sviluppo il divario tra uomini e donne sta sempre più aumentando. Superare secoli di disuguaglianza è un processo lento e difficile, tuttavia il Commercio Equo e Solidale offre una strategia collaudata per il rafforzamento del ruolo e il miglioramento della condizione delle donne. Sostiene le donne anche in contesti rurali consentendogli raggiungere il loro pieno potenziale e di ottenere il rispetto che meritano. Nel circuito del Commercio Equo e Solidale le donne hanno diritto a parità di retribuzione, anche in Paesi dove le donne solitamente non ricevono alcuna remunerazione per l’attività che svolgono. Attraverso il Commercio Equo e Solidale le donne hanno diritto a un prefinanziamento, possono accedere al sistema bancario e assicurativo con condizioni sostenibili, sistemi a cui solitamente non avrebbero accesso data la mancanza di garanzie. Il Commercio Equo e Solidale incoraggia attivamente agricoltori e piccoli produttori ad unirsi in strutture democratiche e questo offre alle donne la possibilità di ricoprire ruoli di rilievo all’interno delle organizzazioni, dando loro la possibilità di far sentire la propria voce. Grazie a questo la rappresentanza delle donne nelle organizzazioni di Commercio Equo e Solidale è in rapido aumento. Migliorare la condizione delle donne che vivono nel sud del Mondo è un importante obiettivo di per sé ma è anche un fattore di sviluppo globale che il mondo non può permettersi di ignorare. Secondo chiare evidenze empiriche fornite dalla FAO, colmando il divario di genere nel settore agricolo potrebbe ridursi il numero di persone denutrite nel mondo nell'ordine del 12-17 per cento, corrispondente a 100-150 milioni di persone1! Perché combatte i cambiamenti climatici Il cambiamento climatico è già una realtà quotidiana per migliaia di produttori del Commercio Equo e Solidale. L’innalzarsi delle temperature notturne ad esempio, ha fortemente contribuito alla diffusione di caffè ruggine, un fungo che negli ultimi anni ha devastato diverse piantagioni di caffè in America Centrale e Sud America, interessando un'area grande come l'Europa e causando miliardi di euro di danni. Il Commercio Equo e Solidale consente agli agricoltori di mitigare i cambiamenti climatici e comunque di adattarsi più facilmente offrendo loro consulenze, la condivisione delle migliori pratiche e 1 Food and Agriculture Organization of the United Nations, The State of Food and Agriculture, Women in Agriculture, Closing the Gender Gap for Development, Rome, 2011, p.42.

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consentendo agli agricoltori di acquistare le colture più resistenti. Il fatto che la maggior parte delle persone che il Commercio Equo e Solidale intende sostenere sono proprio coloro maggiormente esposte ai rischi connessi con i cambiamenti climatici, significa che il Commercio Equo e Solidale considera responsabilmente il proprio contributo su questa tematica. I produttori necessitano di adottare seri standard ambientali che richiedano loro di lavorare in modo tale da proteggere l’ambiente naturale includendo all’interno dei processi produttivi pratiche atte a salvaguardare l’ambiente, come la corretta gestione del ciclo dei rifiuti. I produttori sono inoltre incoraggiati ad investire parte del sovrapprezzo che ricevono, il Fair Trade premium, per minimizzare l’uso di energia, in particolare quella proveniente da fonti non rinnovabili. Dei coltivatori di tè in India hanno investito parte dei proventi del Fair Trade premium per acquistare pannelli solari che potessero sostituire il tradizionale metodo di riscaldamento attraverso la combustione di legname. In Costarica invece, coltivatori di caffè hanno utilizzato queste risorse per piantare alberi al fine di prevenire l’erosione del suolo e hanno anche investito in forni ecofriendly, la cui alimentazione si basa sui gusci delle noci macadamia e gli scarti di produzione del caffè. Questo significa che non hanno più bisogno di abbattere alberi nella foresta pluviale che viene così salvaguardata. Perché protegge la salute e promuove elevati standard qualitativi Il Commercio Equo e Solidale propone una strategia di sviluppo che passa attraverso il mercato. Pertanto i prodotti del Commercio Equo e Solidale non sono solo privi dell’amaro gusto dello sfruttamento, ma sono altresì soggetti a severi controlli di qualità e ad ambiziose innovazioni di prodotto. I produttori sono incoraggiati a condividere le buone prassi e ricevono supporto e formazione, per questo molti prodotti del Commercio Equo e Solidale sono così buoni! I produttori di Commercio Equo e Solidale devono seguire rigorosi standard nazionali ed internazionali sull’utilizzo di prodotti chimici in agricoltura e ricevono chiare indicazioni sulla tipologia di prodotti che non deve essere usata. Inoltre, anche considerando il fatto che il prezzo riconosciuto dal mercato ai prodotti equo-solidali e biologici è più elevato, sono incoraggiati ad utilizzare il Fair Trade premium per introdurre innovazioni che facilitino loro l’ottenimento della certificazione biologica. In tal modo il consumatore ha una triplice garanzia: condizioni lavorative più sane, ambiente più sano e prodotti più sani. Perché combatte lo sfruttamento del lavoro minorile In paesi dove è normale vedere bambini lavorare e dove le autorità non riescono ad arginare il fenomeno, nessuno può offrire una garanzia al 100% dell’assenza di lavoro minorile. Ma il Commercio Equo e Solidale costituisce una fattiva ed ambiziosa strategia per estirpare il lavoro minorile. Garantisce che quando vi sono segnalazioni di lavoro infantile, immediate azioni vengono poste in essere, mettendo sempre al primo posto gli interessi del bambino onde evitargli danni supplementari. Il Commercio Equo e Solidale

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infatti, non solo non permette il ricorso al lavoro infantile, ma innanzitutto combatte la causa principale del fenomeno: la povertà. Anche se il Commercio Equo e Solidale ricorre a monitoraggi esterni, non sempre è facile identificare e combattere il fenomeno, specialmente considerando il fatto che non necessariamente si può considerare l’aiuto di un adolescente nell’impresa contadina familiare come lavoro infantile. Per questo il movimento del Commercio Equo e Solidale ritiene cruciale lavorare con le comunità di produttori per sostenerli nell’adozione di strumenti per rilevare e contrastare il fenomeno; strumenti sviluppati in partnership con ONG attive specificamente nel campo dei diritti dei bambini, in modo tale che sempre più ragazze e ragazzi delle comunità di produttori possano essere opportunamente tutelati. Il lavoro infantile è accettato in molte culture, ma difficilmente un genitore manderebbe suo figlio a svolgere lavori anche pericolosi nei campi nel caso in cui vi fosse una migliore alternativa. E neanche i consumatori europei desiderano essere complici dello sfruttamento del lavoro minorile. Uno studio di Eurobarometer riporta: “non possiamo considerare gli europei come dei consumatori passivi: attenzioni etiche e sociali sono infatti tra i criteri con i quali questi scelgono beni e servizi”2. Il Commercio Equo e Solidale è in prima linea per combattere contro il lavoro infantile e, con un adeguato sostegno, può rappresentare una reale alternativa per i 98 milioni di bambini e minori impiegati nell’agricoltura in tutto il mondo. Perché crea una sana e vitale economia rurale Molte comunità rurali in tutto il mondo sono in crisi. Nell’Africa subsahariana, dove l’agricoltura contribuisce direttamente al 29% del prodotto interno lordo (PIL) e al 64% dell’occupazione3, milioni di giovani vedendo le difficoltà dei loro genitori hanno abbandonato le campagne in cerca di una “vita migliore” raggiungendo gli agglomerati urbani o emigrando. Con una giovane generazione che volta così le spalle all’agricoltura i piccoli coltivatori non hanno così incentivi ad investire nella propria terra, che sovente viene soggetta a erosione, non uso o uso a fini non agricoli. E mentre tutto questo accade, i fenomeni legati all’urbanizzazione stanno creando enormi problemi. La presenza di economie rurali sane e vitali sono cruciali per garantire la sicurezza alimentare globale, ma l’agricoltura è anche necessaria per le imprese europee che richiedono l’approvvigionamento da filiere di materie prime di alta qualità – le previsioni stimano che, ad esempio, i prezzi del cacao aumenteranno ancora vertiginosamente. Tradizionalmente il movimento del Commercio Equo e Solidale lavora con i piccoli produttori poiché è attraverso questi che si offrono le maggiori opportunità per i poveri rurali. I piccoli produttori, usualmente, non coltivano solo prodotti destinati all’export ma anche prodotti destinati al consumo interno, cibo per le proprie famiglie e le proprie 2 European Commission, Special Eurobarometer, International Trade, Report, Brussels, November 2010, p. 54. 3 World Bank, World Development Report 2008, Agriculture for Development, Washington D.C., 2007, p.

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comunità la cui produzione è di cruciale importanza per la sicurezza alimentare e non per nulla il 2014 è stato dichiarato anno internazionale dell’agricoltura familiare4. In paesi come il Malawi dove i contadini sono principalmente impiegati nella coltivazione del tabacco, il Commercio Equo e Solidale sostiene i contadini nella coltivazione di beni alimentari, diversificando l’economia nazionale. In altri paesi invece, come l’Indonesia o la Costa d’Avorio, i contadini utilizzano il Fair Trade Premium per ringiovanire gli alberi di cacao e per introdurre migliori pratiche nella gestione del suolo al fine di ottenere maggiori raccolti nel futuro. In paesi quali l’India, invece, il Commercio Equo e Solidale permette ai contadini di aumentare la loro quota valore aggiunto, ad esempio supportandoli nell’estendere la loro attività nell’essiccazione, packaging e marketing del tè. Le nuove megalopoli ormai non scompariranno, ma il Commercio Equo e Solidale contribuisce a garantire la sicurezza alimentare e ad offrire prospettive concrete per le future generazioni di piccoli coltivatori.

4. Maggiori informazioni sull’anno internazionale dell’agricoltura familiare: www.fao.org/family-farming-2014

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2. Perché le politiche dell’Unione Europea sono importanti per le vite dei produttori e lavoratori marginalizzati del Sud del Mondo Introduzione L’UE è percepita come un’entità tecnocratica distante anni luce dai cittadini. Eppure, le istituzioni europee attraverso le politiche e i campi di competenza possono potenzialmente contribuire moltissimo alla realizzazione della visione del movimento del Commercio Equo e Solidale L’UE è l’origine del 70% della legislazione nei suoi 28 Stati Membri. Molte norme sono estremamente tecniche (come la regolamentazione della dimensione delle banane oggetto di ripetute ironie). Ma mentre ad una prima lettura appaiono meramente tecniche, queste norme hanno effetti reali che possono essere positivi o negativi, diretti o indiretti. A seguire abbiamo riportato alcuni esempi delle principali politiche europee che possono avere un effetto sui produttori e i lavoratori marginalizzati del Sud del Mondo. Politica commerciale dell’Unione Europea L’economia dell’Unione Europea genera un Prodotto Interno Lordo (PIL) di oltre 12.894 trilioni di euro, che ne fanno, secondo Eurostat, la più grande economia mondiale. L’UE è il principale esportatore al mondo e, secondo i dati del 2008, il principale importatore di beni e servizi. E’ inoltre, di gran lunga, il principale mercato per i prodotti di Commercio Equo e Solidale, per un valore vicino ai 5 miliardi di euro avendo registrato nel 20125 un incremento di ben il 21%. Tra il 60% e il 70% delle vendite globali hanno quindi luogo nell’Unione Europea6. Eurobarometer 405 del novembre 2013 registra che, nonostante la crisi economica, i cittadini europei sono sempre più disposti a pagare un piccolo sovrapprezzo per i loro consumi alimentari al fine di sostenere i produttori dei paesi in via di sviluppo. Quando si tratta di commercio internazionale, l’UE agisce come un blocco commerciale. La Commissione Europea è responsabile di negoziare per conto degli Stati Membri per l’organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) ed anche degli accordi bilaterali stipulati dall’UE (per esempio nel 2013 sono iniziate le trattative con US e Tailandia). Questo dà all’UE un forte potere negoziale per influenzare l’agenda del commercio globale, nel bene o nel male. A partire dalla stipula del Trattato di Lisbona, il Parlamento Europeo ha visto crescere di molto la sua influenza sulle politiche commerciali. Quando la Commissione Europea deve

5 I dati sui prodotti certificati Fairtrade sono disponibili al seguente sito: http://agritrade.cta.int/ en/Agriculture/Topics/Product-differentiation/Continued-growth-in-fair-trade- sales-reported-in-Germany-andelsewhere. Vedere invece il sito www.wfto.com per informazioni sulle vendite delle Organizzazioni di Commercio Equo e Solidale 6 European Commission Staff Working Document, EU 2013 Report in Policy Coherence for Development, October 2013, SWD (2013)

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negoziare un nuovo accordo con un partner, adesso il Parlamento Europeo ha acquisito il potere di fermare l’accordo. Questo dà ai nostri rappresentanti direttamente eletti un ampio potere di influenzare la direzione della politica commerciale dell’Unione Europea. Politiche di Sviluppo dell’Unione Europea La Commissione Europea (CE) provvede per circa il 12% dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo ufficiale dell’Unione Europea. L’UE collettivamente (ovvero includendo tutti e 28 gli Stati Membri) contribuisce più di quanto facciano tutti gli altri paesi donatori insieme, essendo pertanto il principale soggetto donatore al mondo. Inoltre più l’UE migliora il coordinamento tra gli sforzi di cooperazione allo sviluppo dei diversi paesi europei e maggiormente si riescono ad evitare sprechi e duplicazioni. Pertanto, con riguardo all’agenda dello sviluppo internazionale e del finanziamento di programmi di cooperazione, l’UE ha un ruolo di rilievo e di grande influenza internazionale. A livello multilaterale, l’UE rappresenta anche un attore chiave nel ridisegnare l’agenda internazionale dello sviluppo, pensiamo ad esempio alla revisione dei Millennium Development Goals ed alla discussione preliminare sui Global Sustainable Goals Development che li sostituiranno dopo il 2015. Influenzare le posizioni dell’UE in questi forum internazionali è quindi un modo di influenzare anche le risultanze di questi processi e di questi accordi internazionali. Regole sugli acquisti pubblici Gli acquisti pubblici di prodotti di Commercio Equo e Solidale posso rappresentare un importante strumento in mano alle pubbliche amministrazioni di accelerare la progressiva adozione di modelli di produzione e consumo maggiormente improntati alla sostenibilità, e più in generale per contribuire al raggiungimento a obiettivi di sviluppo sostenibile7. L’Unione Europea detiene la competenza legale di armonizzare le regolamentazioni relative alle modalità attraverso le quali le pubbliche amministrazioni possono comprare beni e servizi. In particolare ha la competenza di dettare linee guida su come le autorità pubbliche possono, per così dire, “prendere due piccioni con una fava”: non solo quindi ottenere beni e servizi a basso costo ma anche perseguire obiettivi sociali come la lotta alla disoccupazione, la protezione ambientale e il sostegno ai produttori marginalizzati attraverso il Commercio Equo e Solidale. Gli appalti pubblici che riconoscono priorità al Commercio Equo e Solidale sono una modalità fattiva per le autorità di impegnarsi ai fini del raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. Inoltre gli acquisti pubblici di prodotti del Commercio Equo e Solidale rappresentano anche un modo di promuovere il rispetto delle convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e la lotta allo sfruttamento lavorativo minorile.

7 UNOPS. 2008 Annual Statistical Report on United Nations procurement: Sustainable procurement supplement.

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Regolamentazione delle filiere produttive Sempre di più, le imprese operanti nell’UE si rendono conto dell’importanza di dotarsi di filiere produttive sostenibili. Alcune aziende hanno realizzato buone pratiche che sarebbe auspicabile possano replicare anche altre compagnie. Questo è coerente con il United Nations Guiding Principles on Business and Human Rights8, uno standard globale per prevenire e combattere I rischi di impatto negativo che talune iniziative imprenditoriali possono avere sui diritti umani. L’UE detiene la competenza legale per introdurre politiche e programmi per incoraggiare o anche richiedere alle imprese di attenersi a tali pratiche – disegnate traendo esempio dall’esperienza pratica e fattiva del Commercio Equo e Solidale. In particolare L’Unione Europea ha la possibilità di mettere in piedi un sistema per combattere pratiche commerciali sleali nelle filiere produttive, pratiche che hanno effetti negativi sia per l’UE stessa che per i contadini e lavoratori dei paesi di origine dei prodotti Modelli di produzione e consumo sostenibili Il dibattito sullo sviluppo sostenibile ha visto una tappa fondamentale nell’Earth Summit di Rio de Janeiro, in Brasile, nel 1992. In quell’occasione la comunità internazionale ha anche adottato l’Agenda 21, un piano globale di azione per lo sviluppo sostenibile. Un obiettivo generale di questa agenda era la promozione di modelli di produzione e consumo sostenibili, obiettivo riconfermato durante il recente Summit Rio+20 che ha avuto luogo nel corso del 2012. Nel 2013 la Commissione Europea ha espresso la sua volontà di acquisire un ruolo di leadership in questo processo e lo ha fatto attraverso la sua comunicazione “A Decent Life for All” (ovvero “Una vita dignitosa per tutti”), indicando un ampio ventaglio di politiche dell’UE che possono avere un impatto diretto sullo sviluppo sostenibile.

8 RUGGIE, John. Guiding Principles on Business and Human Rights: Implementing the United Nations “Protect, Respect and Remedy” Framework. Marzo 2011.

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3. Cresce il supporto al Commercio Equo e Solidale Ad oggi il Commercio Equo e Solidale rappresenta meno dello 0,1% del commercio mondiale, eppure è tutt’altro che marginale. Nel 2012 le vendite di prodotti equosolidali nella sola Unione Europea sono state di oltre 4,8 miliardi di euro, con un importante aumento del 21% rispetto all'anno precedente! Se le cifre, quindi, offrono una facile e quantificabile indicazione del crescente sostegno all’idea di Commercio Equo e Solidale in Europa, è altrettanto importante ricordare che il Commercio Equo e Solidale riguarda principalmente e direttamente persone e le loro vite. Si stima, infatti, che il movimento del Commercio Equo coinvolga 2,5 milioni di produttori e lavoratori del Sud del mondo provenienti da 70 paesi; più di 100.000 volontari impegnati nel quotidiano lavoro delle Botteghe del Mondo, di associazioni e di gruppi informali. Secondo uno studio dell’Eurobarometer9 dello scorso novembre 2013, un europeo su due è disposto a pagare di più per i prodotti se finalizzati a sostenere le persone nei cosiddetti “Paesi in via di Sviluppo”. Ciò si è tradotto in un significativo sostegno politico. Nelle elezioni del Parlamento Europeo del 2009, 440 candidati si sono impegnati a supportare il Commercio Equo e Solidale. Di questi, 70 sono stati eletti al Parlamento Europeo. Città tra cui Bruxelles, Madrid, Roma e Londra hanno aderito alla campagna Città Equosolidale che oggi include circa 1.400 città e comunità in tutto il mondo e genera una crescente attenzione da parte dei media per il Commercio Equo e Solidale. A livello europeo, un’ampia maggioranza del Parlamento si è ripetutamente espressa a favore del Commercio Equo, così come hanno fatto leader politici di tutti gli schieramenti, compresi i presidenti del Parlamento Europeo, del Comitato economico e sociale europeo (CESE) e alcuni Commissari Europei. Il Commercio Equo e Solidale è diventato un punto di riferimento per promuovere pratiche commerciali più giuste ed ha così portato a migliorare gli standard anche al di fuori dei sistemi di garanzia strettamente equosolidali di Fairtrade International (FLO) e dell’Organizzazione Mondiale del Commercio Equo e Solidale (World Fair Trade Organisation – WFTO). Il solco tracciato dal Commercio Equo e Solidale dimostra, quindi, la sua capacità di contribuire a togliere milioni di persone dalla povertà. Anche in questi anni difficili di recessione, il sostegno al Commercio Equo e Solidale è cresciuto, i cittadini europei continuano a mostrare il loro impegno per un commercio più giusto e sostenibile e ciò deve essere tradotto nella politica commerciale dell'UE.

9 Commissione Europea. Special Eurobarometer 405: EU Development Aid and the Millennium Development Goals. Novembre 2013. Disponibile su http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_405_en.pdf

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4. Analisi delle politiche comunitarie vigenti in materia di Commercio Equo e Solidale e di giustizia commerciale Le politiche comunitarie in materia di commercio Il movimento del Commercio Equo e Solidale crede che il commercio possa giocare un ruolo fondamentale per aiutare i produttori marginalizzati e i lavoratori del Sud del mondo ad uscire dalla povertà. Tuttavia, la politica commerciale dell'UE è vista da parte degli Stati membri e dalla Commissione Europea quasi esclusivamente come uno strumento per aprire i mercati per le imprese europee. Sulla scia della crisi finanziaria ed economica in Europa, la politica commerciale dell'UE è diventata ancora più aggressiva di prima, poiché si prevede che nel prossimo futuro il 90% della crescita mondiale sarà generato al di fuori dell'Europa10. In cambio di maggiore accesso al mercato da parte delle imprese non UE al mercato comunitario (che spesso beneficia le grandi aziende gestite da loro élite economiche), questi accordi commerciali mirano non solo alla riduzione dei dazi per i prodotti e i servizi europei, ma anche spesso ad imporre condizioni ai partner commerciali europei. Ad esempio, la Commissione Europea considera gli Accordi di Libero Scambio (Free Trade Agreements - FTAs) come un'opportunità per evitare ai propri partner commerciali che sia data la preferenza ai piccoli produttori locali nelle politiche di appalti pubblici, come nei programmi per le mense scolastiche. Questo può influenzare le decisioni autonome dei Paesi in via di Sviluppo rispetto ad esempio a quali politiche mettere in atto per raggiungere obiettivi di sviluppo sostenibile, come nei programmi per fornire beni alle scuole pubbliche. Le politiche comunitarie in materia di sviluppo Malgrado in passato i piccoli produttori siano stati trascurati e non considerati dai decision makers attori importanti dello sviluppo, di recente la tendenza sta cambiando in senso positivo. Ad esempio, vi è un crescente riconoscimento dell’importante ruolo svolto dai piccoli produttori nel garantire la sicurezza alimentare. L'attuale strategia di sviluppo dell'UE (anche nota come "Agenda per il Cambiamento” – Agenda for Change) indica chiaramente l'importanza di sostenere i piccoli produttori e i loro mezzi di sussistenza rurale, così come lo sviluppo del settore privato locale. Questa è una buona notizia perché significa che qualsiasi futura programmazione e allocazione di aiuti comunitari deve prendere in considerazione e considerare prioritarie le attività che favoriscano i piccoli produttori. Allo stesso tempo, l’ “Agenda per il Cambiamento” implica che i Paesi in via di Sviluppo (in particolare, le grandi economie emergenti come Cina, Brasile e India) dovrebbero vedere una drastica riduzione degli aiuti comunitari, date le loro buone performance in termini di indicatori economici.

10 Commissione Europea: Commission contribution to the European Council on Trade, Growth and Jobs. Disponibile su http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2013/april/tradoc_151052.pdf

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Anche se questo ragionamento può sembrare logico inizialmente, questi paesi nascondono al proprio interno società molto diseguali. Il 72% dei poveri del mondo, noto anche come il "nuovo miliardo dei poveri" o “new bottom billion”, non vive nei paesi poveri, ma in paesi a medio reddito11. Purtroppo, un problema fondamentale della politica comunitaria è la mancanza di politiche coerenti per lo sviluppo poiché, nonostante i nobili scopi della cooperazione allo sviluppo dell'UE, altri ambiti politici (ad esempio il commercio, la politica agricola) in gran parte ignorano il loro impatto sullo sviluppo. Le regole comunitarie in materia di appalti pubblici Le attuali Direttive Europee sugli appalti pubblici12 adottate nel 2004 non sono esplicite circa l'introduzione di criteri sociali, creando confusione ed incertezza giuridica su come supportare il Commercio Equo e Solidale negli appalti pubblici. Questo ha portato anche ad alcuni casi giudiziari a livello nazionale e ad una causa presso la Corte di Giustizia Europea13. L'esito della Corte di Giustizia Europea è stato molto favorevole rispetto all'introduzione di criteri di Commercio Equo e Solidale negli appalti pubblici, poiché la Corte ha chiaramente accolto questa possibilità, e le nuove Direttive UE sugli appalti pubblici oggetto di revisione nel gennaio 2014 hanno recepito questo orientamento. Le nuove norme europee consentono alle autorità pubbliche di fare riferimento al processo di produzione (ad esempio, al Commercio Equo e Solidale), nonché permettono di includere criteri di sostenibilità durante le varie fasi dell’appalto. Questo quadro giuridico favorevole incoraggerà le autorità pubbliche nel continuare a sostenere il Commercio Equo e Solidale, attraverso scelte responsabili in materia di appalti. La regolamentazione della filiera produttiva L'Unione Europea non ha finora disciplinato la materia delle pratiche commerciali inique fra imprese. Tuttavia, la voce degli agricoltori (in particolare gli agricoltori europei) è stata forte e chiara nel mostrare come essi ad esempio subiscano le conseguenze di tali pratiche. La Commissione Europea dovrebbe adottare entro l'inizio del 2014 una decisione su quale approccio seguire. Qualunque sia la scelta, è importante che qualsiasi sistema venga messo in atto sia costruito in modo tale da consentire anche ai produttori di paesi non appartenenti all'UE di essere protetti contro queste pratiche commerciali inique quando esportano verso l'UE. Parallelamente, la prospettiva principale che attualmente muove le politiche europee sulla concorrenza è quella di garantire che i consumatori europei abbiano 11 Maggiori informazioni su: http://www.ids.ac.uk/project/the-new-bottom-billion 12 Il quadro legale in materia di appalti pubblici nell’Unione Europea è contenuto nella Direttiva 2004/17/EC che coordina le procedure di appalto degli enti che operano nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e nella Direttiva 2004/18/EC sul coordinamento delle procedure per gli appalti e i contratti dei lavori pubblici, la fornitura di contratti e I contratti di servizi pubblici. 13 C-368/10 anche conosciuto come il caso dell’Olanda del Nord

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accesso a prodotti e servizi diversi e basso costo. Però, questo approccio alle leggi sulla concorrenza implica che consumatori siano considerati solo "cacciatori di occasioni", come se l'unica cosa che conti sia il prezzo dei prodotti e non anche ad esempio le condizioni dei produttori e dei lavoratori. Produzione sostenibile e consumo L'Unione Europea si è dotata nel 2012 di un Piano di Azione per il Consumo Sostenibile e di un Piano di Azione per una Produzione ed una Politica Industriale Sostenibili14. In questo contesto, sono state sviluppate una serie di iniziative, focalizzate sugli impatti ambientali dei prodotti, trascurando le componenti economiche e sociali della sostenibilità. Il Commercio Equo e Solidale è stato usato come esempio e come una fra le migliori pratiche in diverse aree dei Piani di Azione. Tuttavia, finora la Commissione Europea non è riuscita a fare il successivo passo logico, coordinando le politiche per un Commercio Equo e Solidale, integrando il Commercio Equo e Solidale in tutta la politica dell'UE. Le politiche comunitarie in materia di Commercio Equo e Solidale Nonostante il crescente sostegno al Commercio Equo e Solidale da parte dei cittadini europei, la rapida crescita delle vendite di prodotti equosolidali negli ultimi anni, un forte sostegno politico del Parlamento Europeo, del Comitato delle Regioni e in un gran numero di Stati membri dell'Unione Europea, non vi è in realtà alcuna strategia europea per promuovere il Commercio Equo e Solidale. La politica dell'attuale Commissario Europeo per il Commercio definisce il Commercio Equo e Solidale come nulla più che un sistema di tutela e sicurezza dei consumatori e non sembra disposto a dare ai prodotti del Commercio Equo condizioni più favorevoli diverse da una qualunque altra impresa. Tuttavia, questo significa non rendere giustizia e non aver riconosciuto a pieno un fenomeno come il Commercio Equo e Solidale che offre all’UE un considerevole valore aggiunto rispetto ad un mero standard a tutela dei consumatori sostenendo direttamente l'impegno dell'UE per lo sviluppo sostenibile. Seguendo l'esempio della strategia coordinata dell'UE a sostegno dell'agricoltura biologica come metodo di coltivazione alternativo, l'Unione Europea dovrebbe, accanto alla sua "politica commerciale convenzionale", mettere in atto un approccio coordinato per promuovere il Commercio Equo e Solidale, considerandolo quindi come un modo alternativo di concepire il commercio, in grado di contribuire allo sviluppo sostenibile ed assicurare il coinvolgimento dei produttori e lavoratori marginalizzati.

14 Maggiori informazioni su http://ec.europa.eu/environment/eussd/escp_en.htm

Questa pubblicazione è stata realizzata con il cofinanziamento dell'Unione Europea nell'ambito del progetto Advocating together for EU Fair Trade Policies (DCI NSA-ED/2012/279-833) - #Vote4FT. I contenuti di questa pubblicazione sono di sola responsabilità di Altromercato e AGICES e in nessuna circostanza possono considerarsi espressione, o riflettere la posizione dell'Unione Europea.

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