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Anno II - n.140 - Mercoledì 21 luglio 2010

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Ora di punta DI

ENNIO SImEONE

Dal bavaglio al bavaglino

quotidiano EDIZIONE ESITIVA

Intercettazioni. Emendamento del governo col no del Cavaliere

Anche tu, Angiolino

L

a confusione nella maggioranza di governo sta toccando livelli difficilmente immaginabili fino a qualche mese fa. Ieri si è arrivati quasi al paradosso: il governo presenta un emendamento sostanzioso al disegno di legge sulle intercettazioni, ma il capo dello stesso governo dice più o meno che è una porcheria. Il ministro che ha stilato il testo, che è uno dei suoi fedelissimi, Angelino Alfano, è lo stesso che ha scritto in realtà la legge da emendare e ha dovuto prendere atto che la leggebavaglio voluta dal Cavaliere va corretta se si vuole contemperare tre esigenze fondamentali: protezione della privacy, diritto-dovere dei giornalisti di informare e diritto dei cittadini di essere informati, facoltà degli inquirenti di svolgere le indagini per scoprire i reati e colopirne gli autori. lfano lascia intendere che le significative correzioni decise tengono conto delle richieste avanzate da settori dello stesso Pdl (non solo i finiani), dalle opposizioni e dal presidente della Repubblica. E questo non è piaciuto a Berlusconi. Il quale, gettando discredito sull’emendamento preparato con l’avallo del suo stesso governo, ha tentato di dare un colpo anche a Napolitano. Ma l’operazione sta diventanto per lui un pericoloso boomerang.

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Corretto notevolmente il disegno di legge. Il ministro della Giustizia dice: «Non si poteva di più»

Secessione no, autonomia sì Angelo Panebianco sul Corriere della Sera indica due vie d’uscita per il Mezzogiorno: la via brasiliana o quella slovacca. Forse, al contrario di quanto sostiene il politologo bolognese, al Sud converrebbe la seconda. Il rapporto Svimez 2010 sull’economia del Mezzogiorno dimostra per l’ennesima volta la necessità di percorrere vie nuove per la rinascita del Sud, come ha sostenuto più volte il presidente della Repubblica. Il ritorno a dieci anni fa denunciato dal rapporto e l’assenza totale di crescita in quasi tutti i settori in questo lungo periodo, danno la fotografia di un Mezzogiorno utilizzato come mercato dei prodotti agricolo-industriali delle zone ricche del Paese.Qualcuno ha parlato di “secessione economica e sociale” e forse non si è allontanato molto dalla realtà, sbagliando poi nel definire progetto eversivo il rischio della secessione politico-istituzionale. 150 anni dalla “unificazione” istituzionale non sono bastati per cementare l’unità nazionale in una sola politica economica e sociale. Per ridurre o annullare il gap economico e sociale con il Nord del Paese sono indispensabili la modifica della classe dirigente, la lotta alla criminalità organizzata, la battaglia per lo sviluppo fondata sulle forze proprie del Sud con l’abbandono definitivo dell’assistenzialismo. Ma grandi sono le forze politiche ed economiche che vi si oppongono. E molti nostri intellettuali si domandano se non sia il caso di cambiare passo nella rivendicazione di un’autonomia integrale delle terre del Sud, per evitare il protettorato economico di altri territori più ricchi e fortunati. Aurelio Misiti

E’ stato messo a punto dal ministro Alfano, d’intesa con la presidente della Commissione Giustizia della Camera, la finiana Bongiorno un emendamento alla legge sulle intercettazioni che la modifica sostanziosamente in modo da conciliare - dice Alfano - sia la difesa della privacy, sia il diritto di informare e di essere informati, sia le esigenze investigative di magistratura e forze di polizia. In sostanza si allargano le maglie sulle intercettazioni e sulla possibilità di pubblicarle. L’emendamento è presentato come opera “del governo”, ma il capo del governo, cioè Silvio Berlusconi, dice che non gli piace e che così non cambia nulla. La confusione nella maggioranza dunque lievita.

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Crolla la fiducia in Berlusconi

HA ConfessAto

Uccideva prostitute con la balestra “Sono stato io. Le ho seppellite lì": l'ha confessato nella Questura di Udine, Ramon Berloso, di 35 anni, arrestato a Padova al termine di una caccia all'uomo in Friuli e Veneto durata oltre 24 ore. Berloso era ricercato quale presunto responsabile della scomparsa di due escort, la romena Diana Alexiu, di 24 anni, scomparsa lo scorso 20 maggio, e Ilenia, di 28 anni di Mestre (Venezia), scomparsa a marzo. L’uomo le ha uccise usando una balestra, che è stata ritrovata proprio su indicazione dell’uomo.

Stragi, verità vicina La verità sulla strage di via D'Amelio è vicina. Anzi, è a un passo. A 18 anni dall'assassinio del giudice Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, i magistrati di Caltanissetta non hanno dubbi. Nonostante i depistaggi, le "amnesie" istituzionali, le false prove e i falsi pentiti, le indagini sono prossime a una svolta. Terribile e clamorosa. "Il fatto - si chiede l'aggiunto Nico Gozzo, ascoltato a lungo, ieri, dalla commissione nazionale Antimafia assieme al procuratore Sergio Lari - è se c'è una politica in grado di raccogliere questa verità". Credono nelle capacità dello Stato, invece, i pm. E in quelle della magistratura, costretta a riscrivere una storia processuale che il suggello della Cassazione aveva reso definitiva. Lari si appresta a inviare alla Procura generale il materiale per chiedere la revisione del processo agli esecutori materiali della strage. Il presidente dell'Antimafia, Giuseppe Pisanu, dopo aver ribadito che "non si può riferire alcunché dello svolgimento dei lavori della Commissione in seduta segreta", ha negato "decisamente" il contenuto delle dichiarazioni rilasciate poco prima dai magistrati ai giornalisti.

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Direttore responsabile: Ennio Simeone Redazione: tel: 06-86293192 Indirizzo e-mail: redazione@altroquotidiano.it Editrice: GECEm (Gestione Cooperativa Editoria Multimediale) - Presidente:Stefano Clerici Sede legale: Via Aldo Sandulli 45, Roma Registrazione del Tribunale Roma n..343/08 del 18 settembre 2008 - Registrato al ROC Partita Iva 09937731009

L’OnOmasticO Lorenzo da Brindisi Lorenzo, cappuccino, vissuto a cavallo tra il XVI e il XVII secolo è stato un uomo di profonda dottrina e poliglotta, si dedicò al ministero della predicazione in Italia e in europa. Assolse importanti incarichi diplomatici a servizio della Chiesa e della stessa comunità civile; scrisse molte opere in difesa della fede.

accadde Oggi 1925: Evoluzionismo reato Processo scopes: A Dayton (tennessee), l'insegnante di biologia John t. scopes viene trovato colpevole di insegnamento in classe dell'evoluzionismo e multato di 100 dollari


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il FattO

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Inchiesta loggia P3

Caliendo, al vaglio di pm e parlamento Il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo

Sul sottosegretario pendono due mozioni di sfiducia, mentre è a rischio iscrizione nel registro degli indagati dalla procura di ELOISA COVELLI L’Idv ha presentato una mozione di sfiducia per il sottosegretario Giacomo Caliendo al Senato, mentre il Pd l’aveva già presentata la scorsa settimana alla Camera. Oggi il procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo, rientrato dalla Svizzera, farà il punto della situazione con l’aggiunto Rodolfo Maria Sabelli per capire se il sottosegretario alla Giustizia debba essere iscritto nel registro degli indagati. Ieri mattina Donatella Ferranti (Pd) in commissione Giustizia ha sollevato la questione dell’”inopportunità politica” della partecipazione di Caliendo al dibattito sul ddl intercettazioni. Ancora nel registro degli indagati per l’inchiesta sulla cosiddetta P3 non c’è nessun magistrato (Lombardi, in carcere per l’inchiesta, è infatti un giudice tributario non togato). I pm stanno valutando caso per caso le posizioni dei diversi giudici presenti nelle carte, a cominciare appunto da Giacomo Caliendo. Il legame tra Caliendo e i «sodali» passa sicuramente

attraverso il Centro Studi Giuridici per l’integrazione Europea “Diritti e Libertà”, che Caliendo ha fondato nel 2004 e di cui è stato presidente fino al 2008. Secondo i magistrati quest’associazione, attualmente gestita dagli arrestati Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino, sarebbe il mezzo attraverso il quale i principali indiziati creavano una rete di magistrati e politici da usare per i loro interessi. Nelle carte dell’inchiesta Caliendo spunta più volte anche con il nome familiare di “Giacomino”. Il sottosegretario rimane per breve tempo nell’ormai famosa riunione in casa Verdini il 23 settembre 2009. In quell’occasione si sarebbe parlato, secondo l’accusa, del Lodo Alfano. Caliendo, che si è allontanato dalla riunione, viene informato telefonicamente da Lombardi a proposito della decisione della Consulta: «Amm’ fa’ nu poc’na conta a vedé quanti sonn’ i nostri e quanti sonc i loro, per cui se potimm’ correre ai ripar’, mettere delle bucature, (…) ogni giorno… ogni settimana

bisogna che ci incontriamo per discutere (…) ando sta o’ buono e ando sta o’ malamente». “Giacomino” viene scomodato da Lombardi per la nomina di Alfonso Marra alla Corte d’Appello di Milano. A lui spettava il compito di provvedere a quello «stronzo» di Giuseppe Berruti, componente del Csm che si opponeva alla sua nomina. Lombardi parlando al telefono con Celestina Tinelli, componente del Csm, diceva: «E allora pure Giacomo deve vedere di poterlo sca… scannare a questo sennò qua non si esce». Poi al telefono con Caliendo chiede appunto un intervento su Berruti e parlano pure del presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, al quale Lombardi avrebbe assicurato «che Giacomo si impegna al massimo per quello che tu desideri, per cui tu devi fare queste due cose, uno e due». Per i magistrati l’impegno profuso da Caliendo sarebbe per l’aumento dell’età pensionabile. Carbone vota a favore della nomina di Marra e viene poi scomodato da Lombardi per accelerare il ricorso in Cassazione contro la misura cautelare di Nicola Cosentino. Il sottosegretario alla Giustizia viene coinvolto anche nel ricorso contro l’esclusione della Lista per la Lombardia di

Roberto Formigoni. Caliendo viene informato da Lombardi sulle mosse per influire la Corte milanese. Per questo scomoda Fofò (il giudice Marra) usando come tramite il magistrato Santamaria. «Io già c’aggiu mandato a dicere cu Santamaria a Fofò che chiamasse ‘sti tre quattro sciemi e non dessero fastidio», dice Lombardi al telefono. Successivamente informa Caliendo che «una copia del ricorso io l’ho data a Fofò (Marra, ndr)». Il ricorso viene poi rigettato, per cui Martino imbufalito al telefono con Lombardi dice che “Fofò” è «inaffidabile», insomma «uno stronzo». Lombardi contatta insistentemente Caliendo anche per sollecitare l’invio di un’ispezione alla Corte d’appello di Milano, dove i «tre giovani i quali non sanno prendere manco il pedalino per il manico giusto» (così Lombardi definisce i magistrati investiti del caso in una telefonata a Martino) hanno rigettato il ricorso per la lista di Formigoni. Lombardi è così insistente che Caliendo in una telefonata sbotta: «L’ho chiesto trenta volte, basta!». Anche in questo caso la presunta associazione segreta fa un buco nell’acqua perché l’ispezione non arriverà mai.


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l’interVista

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Aurelio Misiti

oggi deputato e portavoce del MpA, che presiedette il Collegio internazionale di periti nominato dal Tribunale per accertare le cause del disastro aereo

UstICA 30 anni dopo La verità che scotta: nessun missile colpì il Dc9 «A 16 anni dalla consegna della perizia voglio spiegare perché gli ufficiali dell’Aeronautica furono ingiustamente accusati e poi assolti» Per la prima volta dopo trent’anni il parlamentare dell’Mpa Aurelio Misiti parla del mistero di Ustica. Misiti, come forse non molti sanno, fu incaricato dal tribunale di Roma di presiedere il collegio internazionale di periti che tra l’altro ha recuperato e analizzato il Dc9 caduto ad Ustica. Il parlamentare ammette che i colpevoli non sono stati ancora trovati, ma racconta una dinamica dell’incidente molto diversa da quella che noi conosciamo. Chi è l’autore della strage di Ustica del 27 giugno 1980? Nessuno ha saputo dare una risposta certa a questa domanda che consentirebbe di rendere giustizia alle vittime innocenti e ai loro parenti che attendono da trent’anni. Perché risponde così? Lo stato ha gettato la spugna? La mia risposta negativa si riferisce alla domanda: chi ha fatto la strage? Io non lo so come non lo sa nessuno ancora, ma so come è avvenuta la strage. Questo era il quesito posto dai giudici al colle-

gio dei periti da me diretto, che ha lavorato dal 1990 al 1994. In che cosa è consistito il vostro lavoro? Nel 1990 ero il preside della facoltà di Ingegneria della Sapienza di Roma, dove è nata la scienza e la tecnologia aeronautica e spaziale. L’alto livello della scuola di ingegneria di Roma in campo aeronautico era noto anche alla magistratura e pertanto il giudice istruttore, il cui ufficio si occupava ormai da un decennio senza risultati certi e apprezzabili, mi chiamò e mi fece la richiesta di presiedere il collegio internazionale di periti. A me è stata data la possibilità di scegliere i componenti, che dovevano essere tutti esperti del settore di caratura internazionale esclusi quelli di nazionalità americana, russa o francese, e capaci di resistere a qualunque pressione esterna, ideale e materiale, con una remurenazione prevista dalle leggi italiane e nulla più. In altri termini il magistrato voleva persone esperte e con grande senso delle istituzioni. Ho accettato dopo una profonda riflessione in quanto si trattava di un incarico

delicato e per qualche verso anche pericoloso. Ho consultato il compianto illustre scienziato prof. Paolo Santini, presidente dell’associazione internazionale aeronautica e aerospaziale, che in seguito è stato il mio vice. D’accordo con lui ho composto il collegio formato da altri quattro italiani, due tedeschi, due inglesi e due svedesi. Era il meglio della scienza e della tecnologia aeronautica di quei paesi. Essi avevano avuto ruoli fondamentali in tutti i casi di incidenti aerei verificatisi nei precedenti venti anni. Nel collegio vi erano esperti di ogni settore, radaristi, strutturisti, meccanici del volo. Lavorammo per quattro anni ed esaminammo tutte le possibili cause dell’incidente e alla fine abbiamo consegnato una relazione peritale sottoscritta da tutti. Dopo la consegna, due membri, un italiano e un tedesco, che avevano avuto dallo stesso giudice un incarico parallelo per una perizia sul famoso Mig libico caduto in Calabria, hanno manifestato qualche perplessità sui risultati anche se non hanno mai ritirato la firma sulla perizia. Cosa diceva la perizia e cosa

c’entrava il Mig libico? È noto che la perizia concludeva che la unica causa tecnicamente accettabile era una esplosione nei pressi della toilette dell’aereo. La perizia sul Mig, effettuata dai due colleghi, non aveva dimostrato alcun rapporto con l’incidente di Ustica e pertanto è rimasta valida la non contemporaneità dei due incidenti già dimostrata da perizie precedenti. Ma allora perché si continua a dire che è stato un missile o un cedimento strutturale provocato dal fenomeno di “quasi collisione” durante una guerra aerea? Non ho mai capito perché il giu-


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l’interVista

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A sinistra: Aurelio misiti. Sotto: il giudice Rosario Priore. A destra: una delle vittime in mare. In basse al centro: la carcassa del Dc9

dice istruttore e gli stessi procuratori che seguivano l’indagine abbiano continuato a percorrere una loro strada indipendentemente dal lavoro peritale. Anche il collegio ha cercato per un anno intero il missile o il cedimento strutturale fino a quando non abbiamo recuperato e montato l’intero aereo nel capannone di Pratica di Mare. Il recupero delle scatole nere e dell’aereo ci hanno consentito di arrivare alla conclusione dopo aver esaminato con cura tutti i pezzi dell’aereo. C’è stata quindi una divaricazione tra il collegio e i giudici? Non dico questo. Loro continuavano a cercare prove contro gli ufficiali dell’Aeronautica sulla

base di indizi e di registrazioni del giorno del disastro ed erano quindi un po’ estranei dal nostro lavoro più pratico e ingegneristico, tanto è vero che due membri del collegio, tra i più stimati al mondo nel loro campo, che non riuscivano a spiegarsi l’insistenza dei giudici sulle accuse agli alti ufficiali dell’Aeronautica, convinti che costoro fossero completamente innocenti, forse per generosità hanno tentato di consolarli con contatti telefonici ed essendo intercettati sono stati oggetto di un “antipatico” ma “doveroso” provvedimento del giudice istruttore, che ha avuto gravi conseguenze, secondo i medici curanti, sulla salute di uno dei due esperti. Comunque, pur seriamente ammalato, questo perito è stato di recente l’ideatore e il capo equipe che ha costruito e installato l’antenna su Mars2 che ha scoperto l’acqua su Marte. Quindi la perizia peritale non è stata accolta dal giudice istruttore? Devo dire che, con profonda amarezza, ho letto sulla stampa le conclusioni del giudice istruttore che facevano riferimento ad una guerra aerea che si sarebbe svolta tra Grosseto ed Ustica e che probabilmente un aereo

militare si sarebbe avvicinato al DC9 Itavia e forse per “quasi collisione” avrebbe abbattuto il veicolo civile. Ho sperato che fosse una delle tante ricostruzioni fantasiose dei media ma purtroppo non era così. Ma allora la vostra perizia non è stata utile? È stata utile eccome. La Corte di Assise di Roma nel processo contro gli ufficiali dell’Aeronautica ha basato il suo verdetto sulla perizia. Siamo stati sentiti dalla Corte a cui abbiamo dettagliatamente illustrato ogni dettaglio della perizia. La Corte di Assise non solo ha accolto la perizia ma l’ha messa a base della sentenza assolutoria degli ufficiali dell’Aeronautica. Mi sono domandato spesso come mai in un paese civile come l’Italia si sia potuto arrivare a distruggere la carriera e la stessa vita di ottantuno ufficiali, dal Capo di Stato Maggiore in giù, senza che alcuno ne pagasse il danno. tutto questo a chi ha giovato? È evidente che il sentimento di pietà per i morti e di solidarietà per i parenti ha messo sempre in secondo piano i diritti degli altri.

Qualunque frase o mezza frase pronunciata dagli ufficiali, anch’essi colpiti dal gravissimo evento accaduto nel loro settore, è stata strumentalizzata da chi ha speculato, si è arricchito e di più voleva ottenere con una eventuale dimostrata responsabilità dei rappresentanti dello Stato. La sentenza della Corte d’Assise di Roma ha reso giustizia a tutti e ha ridicolizzato quanti continuano a creare confusione sull’evento nella speranza di raccogliere ancora frutti. Questo che dice è molto grave. Perché non ha parlato prima? Già allora i media ci inseguivano per capire meglio la situazione. Il collegio dei periti ha fatto il suo dovere di indagare sui fatti tecnici nella massima riservatezza. Oggi, dopo 16 anni dalla consegna della perizia e dopo aver ascoltato un membro autorevole del Governo, che ha riportato nei giusti termini l’evento, sconfessando di fatto i governi precedenti che avevano addirittura chiesto e ottenuto dal Tribunale di costituirsi parte civile nel processo ai militari, mi sento libero di dire la mia. Redazione


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la tribuna

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tv e pluralismo informativo

Bene il sì europeo a Sky sul digitale Il consenso a Sky a trasmettere sin da subito sul digitale terrestre arrivato dall'Europa è una buona notizia per gli italiani. Sky Italia è l'unico polo televisivo di rilievo (anche per fatturato) che è in reale concorrenza con il duopolio Rai-Mediaset, quest'ultimo in mano diretta o indiretta alla partitocrazia italiana. Un unicum che sperava di mantenere il dominio assoluto anche dopo la moltiplicazione dei canali, determinata dal passaggio al digitale terrestre. La tv di Rupert Murdoch non è

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migLiOre deL giOrnO

la panacea dei mali dell'informazione televisiva italiana (dove le risorse pubblicitarie e del canone confluiscono nelle casse del duopolio in percentuali bulgare), tantomeno è esente da condotte commerciali poco ortodosse, ma è l'unico editore che, per ora, in Italia ha orientato la propria attività al fare utili fornendo un servizio, non ad assecondare le esigenze di politici e partiti. Aduc (Assosicazione difesa utenti e consumatori)

Vauro sul “manifesto”

A proposito di trame contro Mineo

Si può arrestare Una lezione per la Rai la sentenza ancora per diffamazione? a favore del direttore di Raitre Il Tribunale del Lavoro di Roma ha rigettato ieri mattina il ricorso presentato dalla Rai contro il reintegro di Paolo Ruffini alla direzione di Raitre. Questo responso conferma ancora una volta l'atteggiamento illegittimo e discriminatorio che hanno avuto i vertici Rai nei confronti di Ruffini. Apprendiamo con soddisfazione di questa sentenza del Tribunale mentre si moltiplicano le voci relative alla prossima chiusura dell'esperienza del direttore Corradino Mineo a Rainews e del programma Anno Zero. Ci auguriamo che il gruppo dirigente Rai voglia archiviare queste intenzioni che rappresenterebbero un nuovo, ulteriore e forse definitivo colpo a quello che resta del servizio pubblico. Mai, infatti, si era visto un simile controllo delle reti e delle testate e per di più da parte di un governo che già controlla oltre la metà dell'etere. Si tratterebbe di un'altra e ancora più clamorosa forma di bavaglio non solo nei confronti di singoli giornalisti ma di milioni di cittadini a cui verrebbe sottratta la possibilità della scelta. Se ciò dovesse accadere abbiamo già preparato un dossier completo contenente tutte le dichiarazioni rese sia in pubblico (ultima quella di Romani su Rainews) sia quelle ricavabili dalle intercettazioni che dimostrerà in modo incontrovertibile che tali rimozioni e altre che potranno seguire sono state decise tutte fuori dal cda e che al direttore generale è stato assegnato un puro ruolo di ratifica. Chiederemo pertanto ai nostri legali di presentare queto dossier in tutte le sedi nazionali ed internazionali possibili a partire da quella Corte dei Conti alla quale spetta un valutazione sulle modalità di indirizzo del denaro pubblico federico orlando e Giuseppe Giulietti presidente e portavoce di Articolo21

Non solo in Iran o in Cina. Anche in Italia è possibile finire in carcere per reati d'opinione. E' successo di recente al direttore responsabile del Giornale di Caserta, Gianluigi Guarino, arrestato per diffamazione a mezzo stampa. I reati d'opinione sono una categoria di origine fascista, che colpiscono e comprimono la libertà di espressione. Dall'ingiuria alla diffamazione, dall'istigazione al vilipendio, questi reati non dovrebbero esistere in una democrazia liberale moderna. Dovrebbe bastare la giustizia civile, dove è l'offeso (e non il pubblico ministero) che ha l'onere di dimostrare l’offesa e il danno subito. E soprattut-

to, non si dovrebbe mai finire in carcere per aver espresso un'opinione, per quanto ripugnante possa apparire ai più. Eppure non solo cittadini comuni e giornalisti sono condannati dalla giustizia penale per aver detto qualcosa, ma si moltiplicano le iniziative legislative per rendere ancora piu' facile la condanna, specialmente se l'opinione e' espressa su Internet. Corollario di queste proposte liberticide è la dilagante cultura della 'querela': i politici querelano i politici invece di confrontarsi, le aziende querelano i consumatori che esprimono la loro insoddisfazione, i magistrati querelano i giornalisti che criticano il loro operato, e cosi' via. Le redazioni giornalistiche, prima di dare una notizia, la depurano e spesso la nascondono per evitare querele. Pietro Yates Moretti

Due occasioni: Milano e Palermo Le occasioni, si sa, sono da cogliere. Il 19 luglio di occasioni ce n’erano ben due. Una, a Palermo, dove si commemorava un martire dello stato e della mafia. L’altra, a Milano, dove si premiava chi fa martire lo Stato. Intorno alla prima occasione si è raccolta l’Italia che crede al potere dei valori e dall’altra l’Italia che crede ai valori del potere. Questo spiega perché il governo, questo governo, a Palermo non c’era e a Milano sì. A Palermo si rimpiangeva l’assenza di un servo dello stato, a Milano si compiaceva chi si serve dello Stato. Da un lato cittadini ignoti, dall’altro tutti i cortigiani devoti. Gianfranco Pignatelli 338 1996449


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argOmenti

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«Q

ui nous delivrerà des Grecs et des Romains?»: «Chi ci libererà mai dai Greci e dai Romani?», si chiese due secoli fa il poeta Edmond Rostand (foto). Nessuno, a quanto pare; anzi succede che quest’anno i ragazzini, relative famiglie al seguito, stanno facendo la fila per iscriversi al Liceo Classico. La cosa, essendo io classicista, dovrebbe farmi piacere; e invece mi preoccupa molto, e per due ragioni. La prima è che, essendo per l’appunto classicista di prima mano, temo come la peste il classicismo di massa, che ridurrebbe in pillole l’arduo sapere degli antichi... e, in poche parole, creerà legioni e falangi di illusi di conoscere Eschilo e Orazio, Virgilio e Omero, bene inteso in italiano, con vaghe nozioni di grammatichella da interrogazione del giorno dopo, dimenticare subito! E giù chiacchiere sui “valori”, e, in versione calabrese, “qui fu la Magna Grecia”! La seconda ragione è che io sono classicista e tradizionalista, mica passatista; e, vivendo nel 2010 e non nel 1184 a. C., data presunta

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Due secoli dopo la frase di Rostand

Tutti in fila per iscriversi al Liceo ma l’idraulico non lo troviamo DI

ULDERICO NISTICò

della guerra di Troia, so bene come funziona, anzi come spesso non funziona o mal funziona il mondo contemporaneo; e l’Italia peggio di altri, perché scarseggia di quella categoria preziosa e indispensabile che sono i tecnici. Sì, proprio loro, i disprezzati tekhnitai di Platone, poveracci condannati ad eseguire senza decidere... A dire la verità, è proprio così. Il tecnico è quello che sa

fare benissimo il suo mestiere, ma non sa, e soprattutto non vuole impicciarsi di altro. Dunque non deve decidere sui massimi sistemi, e spesso non elabora voli e fantasie, però senza di lui tutto si ferma; e se guasta qualcosa, è la fine. Pare che la patria di Dante e Leopardi, ma che lo sarebbe anche di Leonardo, Galileo, Marconi... è straripante di pseudopoeti solipsisti, e desolatamente priva di idraulici!

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Bisogna dunque accrescere il numero e migliorare la qualità degli Istituti tecnici e professionali, troppo spesso considerati, e che spessissimo sono scuole di ripiego, per chi vuole un diploma qualsiasi che, nel Sud, porta meglio ad un impiego di bidello che ad un lavoro! Per far ciò, ci vuole una rivoluzione della mentalità, a cominciare proprio dal classicismo, che va liberato dalle consolanti idee umanistiche e neoclassiche tutte rose e fiori, e restituito alla verità filologica e storica. Quanto alla tecnica, vanno restituiti a questa il legittimo orgoglio, la dignità dell’operare... A parole? Ma no, bastano due o tre film in cui dei giovanottoni dalle mani sporche di olio aggrediscano con successo delle fanciulle parimenti operaie, mentre il passacarte non batte un chiodo nemmeno con la collega pallida e tisica, e vedrete come la stessa TV che ha diffuso a piene mani la mollezza diventa strumento di corretta educazione. Dopo di che, un paio di Licei classici per provincia, ma fatti come dico io, che anche portare a spasso il cane si

storie di infortuni sul lavoro non riconosciuti

Manuel, che stava non doveva stare Manuel Pizzato aveva 24 anni. Il 18 febbraio del 2004 comincia l’ affiancamento per poter lavorare presso un raccordo ferroviario in un paesino della provincia friulana, a 20 km dalla sua abitazione. Per poter lavorare, con questa azienda, Manuel ha dovuto superare visite mediche, test attitudinali, che si sono svolti a Verona presso le strutture selle Ferrovie dello Stato. Mancava solo un ultimo tassello per completare la sua formazione: la frequentazione di corsi per acquisire l’ abilitazione per essere fisicamente operativo nell’ ambito della manovra ferroviaria. Il lunedì successivo avrebbe cominciato il corso. “Ed invece il venerdì, alle ore 16, un’ ora prima di tornare a casa, il fatale incidente che mi ha cambiato la vita”. Manuel ha avuto lo schiacciamento del braccio fra due respingenti del carro ferroviario. “Un male ed un dolore indescrivibile, la sensazione di morire”. Senza abilitazione nessuno poteva essere lì,

anche Manuel non sarebbe dovuto essere lì, per leggerezza di qualcuno, era dove non poteva essere. Ma chi si rifiuta di fare affiancamento qualche giorno, appena assunto (e spesso prima di essere assunti)? A livello psicologico si vive una situazione di fragilità, subito si pensa “E se mi rifiutassi, perché le regole prevedono diversamente ? Verrei subito discriminato? Incomincerei dando una brutta impressione?” Non c’ è troppo tempo per rispondere a tutti questi interrogativi, la soluzione più adatta è “non si può rifiutare”, e soprattutto non si può rischiare di perdere il posto di lavoro che permetterà di progettare il futuro. Manuel ricorda tutto, riuscì a non perdere i sensi. Arrivò l’ambulanza ed è stato trasportato all’ ospedale civile di Udine, in preda a dolori sempre più acuti, lo anestetizzarono. Si risvegliò dopo cinque giorni di coma farmacologico, nel reparto di terapia intensiva, con la brutta realtà che aveva perso il braccio destro.

“Mi è stato amputato dopo numerosi tentativi di salvarlo con varie operazioni e bay pass; ma a causa dello schiacciamento che avevo subito, i vasi sanguigni erano compromessi e dunque c’ erano emorragie continue. Ho saputo successivamente che ad un certo punto, se i medici non avessero scelto l’ amputazione all’ altezza del gomito, sarei potuto morire. Il risveglio è stato terribile, la voce dell’ infermiera che mi chiamava: ‘Manuel, Manuel, Manuel, dai, su, svegliati’. Poi ho aperto gli occhi. Ho pianto, non avevo parole, non sapevo che dire, ero provato, sconvolto, distrutto. La mia vita era già cambiata” Dopo 6 anni e mezzo la sentenza: tutti assolti, il fatto non costituisce reato. La storia di Manuel Pizzato è sul libro Morti bianche. (http://grillorama.beppegrillo.it/mortibianche/)


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Diritti & DOVeri

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sOciaLe A CURA DI

FIDALmA FILIPPELLI

Rischi e patologie professionali

Burn out, tallone d’Achille degli operatori sociali A rischio anche medici, infermieri, insegnanti, vigili del fuoco, carabinieri, poliziotti penitenziari, avvocati e religiosi Per chi lavora nel sociale il termine burn out è divenuto oramai familiare, ma al di fuori del settore se ne sa ancora poco. La sindrome da burn out è una vera e propria patologia da stress che colpisce di preferenza chi esercita una professione d’aiuto. Sarebbero dunque a rischio educatori professionali, medici di base, medici ospedalieri, psicologi, psichiatri, infermieri, insegnanti, poliziotti penitenziari, vigili del fuoco, carabinieri, assistenti sociali, avvocati, religiosi in missione, fisioterapisti e anestesisti. Il burn out (il cui significato letterale è “”) è una sorta di esauri-

iL prOgettO

mento psico-fisico scatenato dal carico eccessivo che le figure in questione spesso si fanno dei problemi dei loro assistiti. Quattro sarebbero le fasi dello sviluppo di questa drammatica sindrome, che in alcuni casi sfocia addirittura nel suicidio: 1)marcato entusiasmo idealistico alla base della scelta di una professione di tipo assistenziale, che conduce quasi automaticamente ad un’assunzione eccessiva di responsabilità verso gli altri; 2)stagnazione in seguito allo scollamento tra aspettative personali e realtà, nel senso che l’operatore comprende dolorosamente di non

poter sempre risolvere i problemi di chi gli chiede aiuto; 3)forte frustrazione derivante da sentimenti di inutilità ed inadeguatezza con conseguente calo dell’impegno lavorativo, percepito come gravoso ed insoddisfacente dal punto di vista della realizzazione professionale; 4)apatia e sostituzione dell’empatia con l’indifferenza ed il cinismo nei confronti dei soggetti bisognosi d’aiuto. La causa prima del burn out è stata individuata nel sovraccarico di lavoro, che si può verificare per una mole oggettivamente eccessiva degli impegni, per un

surplus di stress emotivo legato alla professione, oppure per inadeguatezza della personalità dell’operatore rispetto a quella particolare tipologia di compiti. E’ come se si verificasse una terribile esplosione preceduta da un’implosione dei bisogni e delle aspettative dell’operatore. Il burn out è da considerare un grave danno sociale, ragion per cui oggi vi si comincia a prestare la dovuta attenzione e lo si rileva sempre più con appositi questionari nell’ambito della sicurezza sul lavoro. f. f.

“Let your body speak”,un’iniziativa internazionale originale

Firenze capitale dei giovani non vedenti A partire da questa settimana e fino alla fine del mese di luglio, Firenze diventa capitale dei giovani non vedenti con un progetto che dà loro la possibilità di cimentarsi in attività artistiche e spotive e di scoprire la città grazie ai plastici.

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partire da questa settimana e fino al 31 luglio la città di Firenze diventa capitale dei giovani non vedenti grazie allo stage internazionale del Progetto “Let your body speak” . I trenta giovani non vedenti ospiti del capoluogo toscano provengono da sei

diversi paesi (Italia, Belgio, Bulgaria, Francia, Gran Bretagna e Polonia) e, come da programma, si possono cimentare in attività artistiche e sportive, oltre che andare alla scoperta della città toccando con mano plastici e modellini. I protagoni-

sti dello stage parteciperanno anche ad una visita polisensoriale alternativa nel quartiere di Palazzo Vecchio e negli ambienti del Museo dei ragazzi. Il percorso, messo a punto tra gli altri da Paola Pacetti, direttore dell'associazione Museo dei ragazzi, si

fonda su un innovativo approccio polisensoriale concepito per consentire ai giovani di scoprire e di esplorare Palazzo Vecchio attraverso il tatto, l'odorato e l'udito. La pregevole iniziativa è stata organizzata da Views Italia e dalla sezione fiorentina dell'Unione italiana ciechi e ipovedenti e, oltre ad essere promossa dal programma europeo “Gioventù in azione!”, gode del patrocinio del Comune e della Provincia di Firenze. fidalma filippelli


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mercoledì 21 luglio 2010

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Laghetto di Villa Ada

Le Cocorosie a Roma con Grey Oceans DI

FEDERICO BETTA

Al laghetto di villa Ada, immersi in uno dei parchi più belli di Roma, si tiene ogni anno una rassegna di musica apprezzata e partecipata. Domenica scorsa, sul palco del festival, ha presentato l’ultimo album il duo delle Cocorosie. Uscito negli Stati Uniti a maggio 2010 Grey Oceans è un fiume carico di suoni come le due sorelle ci hanno abituato. Strapazzate dai genitori nella loro adolescenza, separate e ritrovate a Parigi per incidere il loro primo disco nel bagno della loro casetta francese, hanno divelto il panorama musicale d’inizio millennio con suoni a bassa fedeltà, riproduzioni analogiche, giochi per bambini e voci stridenti. In dieci anni sono cambiate, molto, passando

L’ultimo album presentato in anteprima italiana

per quel disco dichiaratamente pop che è The Adventures Of Ghosthorse And Stillborn, per arrivare a sonorità mescolate che sorvolano l’oriente folk e l’occidente più urbano. Nell’ora e trenta di concerto le sorelle Bianca Leilani ("Coco") e Sierra Rose ("Rosie") Casady hanno suonato e cantato con arpe e flauti, organetti e giochi per bambini, tra i battiti forsennati dell’hip hop rit-

mato dal vivo da Big Box. Questo, un ragazzetto con la faccia da nerd, con la sola voce ha dato prova di virtuoso del rumorismo e come un’orchestra da one man band ha prestato i ritmi alle due ragazze. Sul palco con loro un piano e un computer, percussioni e batterie sintetizzate e amplificate. La voce stridula di Sierra / Rosie ha lasciato un po’ il posto agli svolazzi operi-

stici di Bianca / Coco, ma la tessitura di colori sonori senza confini c’è ancora e sempre. Forse si è persa la genuinità delle due ragazzine sperdute che sopravvivono al terrore inventando nuove favole. Ma hanno aperto una nuova strada piena di sorprese, dove il regtime si mescola alla jungle e la lirica all’hip hop. Dove Björk incontra Antony and the Johnsons e il folk danza con la lisergia. In poche parole, quello che è stato, ce lo raccontano loro: “Volevamo narrare la storia di una ragazza di nome Jack che in realtà è un ragazzo di nome Susan e del suo distorto viaggio all'interno di un bosco innevato, accompagnato dagli spiriti dei vivi e dei morti”.

Anomalie 2010: qualcosa di strano sul territorio romano Dal 19 al 24 luglio al Centro di Cultura Ecologica nel Parco di Avezzano, si potranno vedere clown e circensi per irridere la ferocia sociale che ci attanaglia nel quotidiano. Si è aperta con “l’angelo delle cazzate”, Leo Bassi, la quarta edizione di Anomalie, la rassegna di tetro organizzato dal Kollatino Underground di Roma. Ogni anno in un luogo diverso, Anomalie sfida il territorio della città portando spettacoli grauti-

ti nei quartieri periferici. Leo bassi, il sessantene che ama provocare, ha fatto iniziare con una marcia in più questa edizione. Sul palco in giacca e cravatta, ha preso in giro potenti e spettatori, presidenti e bambini: con una serietà tale che solo un clown può avere. Spaventando il pubblico e finendo il suo numero in una doccia di miele e piume, ha spronato a pensare con la propria testa, a diffidare di chi ostenta eleganza, a ribel-

larsi da bimbi contro i genitori e da grandi contro tutto. Un portento della natura, da quarant’anni sulle scene mondiali Leo Bassi innesta da sempre politica e circo, satira e tragedia, voglia di nuovo e critica del presente. Se questi sono gli inizi, non ci resta che aspettarci il meglio dagli altri artisti invitati alla manifestazione: Circo 238, Jessica Arpin, Ascanio Celestini, Los Estramboticos, Duo-Acrobat e Reggae Circus si avvicenderanno sul

palco di Anomalie 2010. Una rassegna sempre innovativa e irriverente, che distingue il Kollatino Under-ground come realtà romana attenta alla produzione e distribuzione teatrale. Una settiamana di spettacoli internazionali e musica per far consocere al pubblico l’arte del nouveau cirque, immersi in un parco ben tenuto circondati dalle mura del casolare che ospita il centro di Cultura Ecologica. INFO: chiaracrupi@artinconnesione.com


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mINICRITICHE DEI FILm CHE POTRETE VEDERE NELLE SALE E NELLE ARENE congrega dei Parabolani ad uccidere la scienziata, non è molto piaciuto, ma secondo il regista quello che si vede nel film è solo il 30 per cento del male che ha fatto l'alto prelato.

Affetti & Dispetti (La nana) Regia: Sebastiàn Silva con Catalina Saavedra, Claudia Celedòn. La storia di una donna di bassa statura? Niente di tutto questo. La nana è una sorta di "tata" italiana, la colf che vive con la famiglia, occupandosi sia della casa che dei bambini. Qui magistralmente interpretata da una bravissima e sconosciutissima attrice cilena (Catalina Saavedra, non a caso premiata al Sundance ed a Torino), che praticamente da sola sostiene tutto il film, riuscendo a mettere tutti in ombra. La pellicola ha un impianto molto teatrale, si svolge all'interno delle varie stanze della villetta di una famiglia benestante. I dialoghi sono pochi ed il tutto trapela e si intuisce dalle espressioni di questa cameriera, introversa, scorbutica e dallo sguardo triste. Un volto spesso in primo piano che riesce a spiegare meglio di mille parole stati d'animo ed emozioni. Vale la pena darci un'occhiata solo per vederla all'opera.

Amante (L') inglese Regia: Catherine Corsini con Kristin Scott Thomas, Sergi Lopez Epopea tutta al femminile dove protagonista è una donna che lotta per affermare la propria autodeterminazione. Suzanne vive in una bella villa nel sud della Francia con un marito e due figli adolescenti. Una esistenza borghese e piena di noia spezzata dall'incontro con Ivan, rude operaio spagnolo con qualche errore alle spalle, che un giorno arriva per ristrutturare lo studio dell'abitazione. Un'avventura che si trasforma presto in passione travolgente e vero amore. Il marito, noto medico della zona molto attento alle apparenze ed in procinto di lanciarsi nella carriera politica, più che altro ferito dall'essere stato scaricato per un semplice operaio, cer-

Alice in Wonderland

mia Wasikowska in “Alice in Wonderland” cherà in tutti i modi di contrastare la liaison, ricorrendo anche a biechi ricatti. Finale catartico.

A serious man Regia: Joel & Ethan Coen con michael Stuhlbarg Il film è ambientato nel 1967 in una comunità ebraica di una non bene identificata cittadina del Mid West. Larry Gopnik è un docente universitario e cerca di vivere secondo le regole della collettività. Tenta di fare del suo meglio nonostante abbia il figlio che fuma erba, la figlia che vuole rifarsi il naso, la moglie lo lascia per un altro uomo e tanta sfiga lo perseguita. Il tutto condito da un tagliente umorismo yiddish. Gli stessi Coen, intervenuti al festival del cinema di Roma, hanno ammesso di aver attinto a piene mani, nello scrivere la sceneggiatura, dai ricordi della loro infanzia. Grande prova dell'attore protagonista, Michael Stuhlbarg, in Italia del tutto sconosciuto del quale però si intuisce l'enorme capacità interpretativa per cui è noto nell'universo teatrale Usa.

A single man Regia: Tom Ford con Colin Firth e Julianne moore Patinato e forse stilisticamente troppo perfetto (poteva essere diversamente?), ma con un grande Colin Firth nei

panni di un professore universitario che non riesce a dare un senso alla vita dopo la morte del suo compagno per un incidente stradale. Discreto esordio alla regia per il celebre stilista texano che è riuscito a fare un film con parecchie imperfezioni, eppure coinvolgente ed emozionante. Libero adattamento del romanzo di Christopher Isherwood "Un uomo solo", è un racconto sull'amore interrotto, sull'isolamento della condizione umana e l'importanza dei momenti apparentemente insignificanti della vita.

Agora Regia: Alejandro Amenàbar con Rachel Weisz, max minghella Non è un film contro il cristianesimo ma contro tutti i fond a m e n t a l i s m i . Sostanzialmente è questa la chiave di lettura. Un concetto però non condiviso dalle alte gerarchie della Chiesa che, secondo la casa di distribuzione, dopo una proiezione riservata ha avuto reazioni stizzite di dissenso sul taglio dato alla pellicola. La vera storia della filosofa greca Ipazia uccisa e fatta a pezzi dagli integralisti cristiani nel 391 dopo Cristo ad Alessandria d'Egitto, ha faticato non poco ad uscire in Italia, suscitando, come era prevedibile, parecchie polemiche. Il ruolo del vescovo Cirillo, che avrebbe istigato la

Regia: Tim Burton con mia Depp, Johnny Anne Wasikowska, Hathaway. Spettacolare ed emozionante Burton. Ancora una volta non delude, regalandoci una inedita Alice, indipendente, moderna ed ormai ventenne. Non più la bambina del Paese delle Meraviglie, ma una donna che intraprende un nel viaggio nuovo Sottomondo per conoscere il suo futuro, che non sarà quello di sposare il viscido e stupido Lord Hamish. Il suo destino è diventare una donna d'affari. Johnny Depp sempre all'altezza dei personaggi che interpreta, anche in questo caso bizzarro e divertente al punto giusto nei panni del Cappellaio Matto. Strepitosa Helena Bonham Carter (dolce metà del regista), la tirannica "capocciona" monarca Iracondia, dal carattere irascibile ed una certa propensione a tagliare la testa dei suoi nemici, che poi lascia soavemente galleggiare nel fossato che circonda il castello.

Avatar Regia: James Cameron con Worthington, Sam Sigourney Weaver Cosa dire di più di quanto non si sia già sproloquiato su questo film. Gli effetti sono davvero speciali (l'animazione è splendida, in particolare le figure dei Na'vi e l'ambientazione di Pandora), la storia però, per quanto politicamente corretta, è un po' banalotta. I buoni, i cattivi, l'amore, il lieto fine, con tanto di pistolotto moralistico. Il cattivo è così cattivo da sembrare una caricatura. Già dalle prime scene si capisce al volo dove andrà a parare e soprattutto come


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mINICRITICHE DEI FILm CHE POTRETE VEDERE NELLE SALE E NELLE ARENE uomini daranno inizio ad una relazione segreta, ma la loro passione proibita dovrà scontare la punizione del gruppo di estrema destra. Tuttavia l'amore e l'attrazione sessuale è così forte che, pur dovendo infrangere ogni regola, Lars e Jimmy non riusciranno a mettere fine alla relazione. Attori all'altezza di uno script non facile ed alquanto complesso da interpretare. Da non perdere. Marc'Aurelio d'Oro al Festival di Roma.

finirà. E poi sembra un lungo déjà-vu. A tratti viene in mente "Balla coi lupi", "The Fountain" di Aronofskye (ma l'albero della vita non è simile?), "Soldato blu", "Il signore degli anelli", "Apocalypse Now" e chi più ha più ne metta. Un consiglio: provate a vederlo anche nella versione normale, senza gli occhialini, nei cinema che non hanno il 3D. I colori sono molto più vivaci.

Baciami ancora Regia: Gabriele muccino con Stefano Accorsi, Vittoria Puccini, Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria, Giorgio Pasotti, marco Cocci, Sabrina Impacciatore. Muccino in grande forma. La trasferta americana gli ha fatto bene, lo ha galvanizzato ed arricchito e con la macchina da presa fa faville. Corre letteralmente dietro agli attori, non li molla un istante nel tentativo di estrapolare emozioni e sentimenti. Dopo i trentenni racconta gioie e dolori della generazione dei quaranta. Il ritorno alle radici ma anche la voglia di rimettersi in gioco, l'amore per l'altra persona e quello per i figli. Un gruppo di amici impegnati in una estenuante ricerca della felicità. Forse una costruzione un po' troppo adrenalitica ed affannata (in 2 ore e19 di durata), ma decisamente efficace nel delineare i personaggi. La new entry Vittoria Puccini non fa rimpiangere Giovanna Mezzogiorno.

Bangkok Dangerous Regia: Oxide e Danny Pang con Nicolas Cage e Charlie Young Remake dell'omonima pellicola del '99 dei fratelli di Hong Kong, già noti per "The eye", che rifanno se stessi. Come spesso avviene, la star indigena viene rimpiazzata da quella a stelle e strisce. In questo caso Nicolas Cage,

Cado dalle nubi

Giovanna mezzogiorno, Rocco Papaleo, Paolo Briguglia, Alessando Gassman e max Gazzè in una scena di “Basilicata coast to coast” che oltre al ruolo di interprete principale (spietato killer che si innamora di una ragazza sordomuta) si è anche ritagliato quello da produttore. Action movie a tinte noir (con velleità da thriller psicologico) che però non convince per niente. Regia svogliata ma anche una performance non certo eccellente del protagonista che si ostina a porsi con la stessa smorfia stampata sul volto, nel tentativo di esternare disagio ed inquietudine.

dietro alla macchina da presa per l'attore Rocco Papaleo, fino ad ora quasi esclusivamente relegato nei panni del caratterista, che con questa strampalata pellicola tenta di raccontare risorse e potenzialità della sua terra. Cinque amici, una piccola band di provincia per non rinunciare ai propri sogni. Cast credibile ed a proprio agio nelle singole interpretazioni, anche per un cantante come Gazzè alla sua prima prova cinematografica.

Brotherhood Basilicata coast to (Fratellanza) coast Regia: Nicolo Donato Regia: Rocco Papaleo con Alessandro Gassman, Paolo Briguglia, max Gazzè, Rocco Papaleo, Giovanna mezzogiorno Easy Rider in salsa lucana. Dal Tirreno allo Ionio a piedi per dieci giorni, attraversando una delle regioni più belle e suggestive del nostro Sud d'Italia. Divertente e surreale road movie musicale che vede protagonisti cinque personaggi in cerca delle proprie identità. Interessante esordio

con Thure Lindhardt, David Dencik Una delle pellicole più interessanti in circolazione quest'estate. La storia di un amore pericoloso ma soprattutto la ricerca della propria identità. Deluso da un mancato avanzamento di carriera, Lars decide di lasciare l'esercito. Più per noia che per convinzione decide di aderire ad un movimento neo-nazista dove conosce Jimmy. I due

Regia: Gennaro Nunziante con Dino Abbrescia, Fabio Troiano e Giulia michelini Ignorante, cafone, scorretto, razzista, non azzecca un congiuntivo, però sfonda nel mondo della tv. Il trionfo della mediocrità. La fotografia esatta dell'Italia di oggi, quella che ci propina tutti i giorni il piccolo schermo. E lui, Checco Zalone, il comico di Zelig, ci sguazza. La sua parodia è esilarante. Un esordio felice per il comico tv, rispetto a tanti colleghi che hanno tentato la stessa strada con risultati davvero deludenti. Riesce a fare un film corale dove anche i personaggi di contorno danno il loro significativo contributo, evitando che la storia sia solo una lunga sfilza di gag. Prende in giro tutti, con ingenuità usa un linguaggio scorretto ed assurdo. Fa la pipì nella sacra ampolla di acqua del Po e scambia Alberto da Giussano per un Power Ranger.

Che fine ha fatto Osama Bin Laden? Documentario di morgan Spurlock Dopo "Super Size Me", il regista, autore, produttore ed attore del cinema indipendente americano mette mano ad un'altra provocatoria impresa: scovare Bin Laden e soprattutto capire se c'è qualcuno che ha mai provato veramente a cercarlo. Sopra a tutti, Cia ed FBI. Inizia a New York


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mINICRITICHE DEI FILm CHE POTRETE VEDERE NELLE SALE E NELLE ARENE e fa il giro del mondo. Attraversa Egitto, Marocco, Israele, Palestina, Arabia Saudita, Afghanistan fino alle regioni tribali del Pakistan. Lungo il percorso interroga esperti ed imam, accademici e terroristi. In Europa visita i ghetti delle grandi città dove gli immigrati aspirano alla guerra santa. Irriverente, divertente e parecchio documentato il film paradossalmente sviluppa una profonda comprensione dei conflitti che turbano il mondo, con parecchi spunti di riflessione.

Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher in “Cosa voglio di più”

Che fine hanno fatto i morgan? Regia: marc Lawrence con Hugh Grant, Sarah Jessica Parker Veramente il sottotitolo potrebbe essere: che fine ha fatto Hugh Grant? Il ragazzo, ormai cinquantenne per la verità, non sembra più quello di "Quattro matrimoni e un funerale" oppure "Notting Hill". Film noioso e non riuscito nonostante lo sforzo produttivo di mettere insieme due star del cinema inglese ed americano. L'idea di catapultare in piena campagna una coppia di cittadini doc che non riesce a staccarsi dal BlackBerry, per andare a vivere nel Wyoming (accanto a cavalli, orsi e rudi cow-boy con tanto di pistola nella fondina), poteva anche funzionare. In questo caso però non fa neanche tanto ridere. Sceneggiatura debole e recitazione altrettanto sciatta.

City Island Regia: Raymond De Felitta con Andy Garcia, Alan Arkin, Julianna margulies Da tempo non vedevamo una sceneggiatura così curata e ben scritta. Risultato, una spassosissima commedia con una storia che gira intorno al classico gioco delle verità nascoste, ambientata in uno dei quartieri meno noti di New York. Protagonista, un inedito ed istrionico Andy

Garcia, nei panni della guardia carceraria con il pallino della recitazione (la scena del suo primo provino vale tutto il film), con parecchi scheletri nell'armadio, come del resto hanno tutti gli altri componenti della famiglia. Ottimo cast di attori, diretto con impegno da un regista che arriva dal cinema indipendente i cui film fanno spesso il giro dei festival più prestigiosi e che ha anche recentemente affermato di ispirarsi al nostro Pietro Germi. Cosa volere di più?

Chloe Regia: Atom Egoyan con Julianne moore, Liam Neeson Apparentemente un thriller, ma molto più intenso nella sua struttura e complessità. E' anche una storia d'amore, di suspance ed ipotetici tradimenti. Viaggio, con qualche perversione, in un tranquillo ma fragile ménage coniugale. Catherine, stimata ginecologa della middle class, sta organizzando una festa a sorpresa per il compleanno del marito David, professore di musica. La stessa sera l'uomo perde però il volo da New York per tornare a casa e la moglie comincia a nutrire qualche sospetto, soprattutto dopo aver scoperto nel suo cellulare un ambiguo sms di una delle sue allieve. Una sera a cena fuori con amici, Catherine incontra per caso

Chloe, giovane e bellissima escort di lusso. Per liberarsi dell'ossessione decide di ingaggiarla per testare la fedeltà del marito. Resterà invischiata invece in un gioco pericoloso che la condurrà ad un rapporto lesbo.

Christmas (A) Carol Regia: Robert Zemeckis con i volti di Jim Carrey, Gary Oldman e Colin Firth Onestamente un po' troppo lugubre e poco adatto a bimbi molto piccoli per essere definito un film di Natale destinato alle famiglie. Inizia con un morto disteso dentro una bara con due monete sugli occhi, per poi proseguire con una serie di fantasmi che fanno visita al vecchio avaro Scrooge nella sua casa oscura e sinistra. Tuttavia l'adattamento cinematografico della celebre fiaba di Charles Dickens è un piccolo capolavoro, soprattutto di tecnica. Realizzato con il sistema motion capture (quello utilizzato per The Polar Express), ossia cattura delle espressioni degli attori (celebri!) riportate digitalmente sul grande schermo sotto forma di animazione, riesce a dare una profondità ed una nitidezza alle immagini da sembrare un film su pellicola.

City Island Regia: Raymond De Felitta

con Andy Garcia, Alan Arkin, Julianna margulies Era da tempo che non vedevamo una sceneggiatura così curata e ben scritta. Risultato, una spassosissima commedia con una storia che gira intorno al classico gioco delle verità nascoste, ambientata in uno dei quartieri meno noti di New York. Protagonista, un inedito ed istrionico Andy Garcia, nei panni della guardia carceraria con il pallino della recitazione (la scena del suo primo provino vale tutto il film), con parecchi scheletri nell'armadio, come del resto hanno tutti gli altri componenti della famiglia. Ottimo cast di attori, diretto con impegno da un regista che arriva dal cinema indipendente i cui film fanno spesso il giro dei festival più prestigiosi e che ha anche recentemente affermato di ispirarsi al nostro Pietro Germi. Cosa volere di più?

Colpo di fulmine - Il mago della truffa Regia: John Requa e Glenn Ficarra con Jim Carrey, Ewan mcGregor Certo, la storia nella fase di scrittura della sceneggiatura è stata parecchio romanzata ma sembra che tutti gli eventi descritti siano realmente accaduti. Basta questo per rendere il film apprezzabile di una certa attenzione, perché se fosse vero solo un terzo di


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mINICRITICHE DEI FILm CHE POTRETE VEDERE NELLE SALE E NELLE ARENE glioso e cronologico. Non manca neanche la satira, con l'imitazione del premier. Una ricostruzione certosina di quello che è accaduto in Abruzzo ma anche al G8, a Napoli con la questione dei rifiuti e quant'altro. Da vedere.

quello narrato è davvero incredibile come un uomo possa arrivare a fare tanto nel corso di una vita. A parte questo, l'interpretazione di Carrey è un po' troppo fumettistica e gli eventi si susseguono con un certa confusione. Un morigerato agente di polizia, sposato con prole, che suona l'organo in chiesa, dopo un incidente stradale decide di cambiare vita. Si dichiara gay, inizia a vivere una esistenza stravagante fatta di truffe ed imbrogli che lo porta dritto in prigione dove incontra Phillip Morris, l'amore della sua vita. Per lui tenterà, con successo, un colpo impossibile dietro l'altro.

Cosa voglio di più Regia: Silvio Soldini con Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston Il ricordo di "Pane e tulipani" è ormai lontano, tanto da non sembrare un film di Soldini. Manca la poesia e quel tocco surreale che caratterizza il suo cinema, anche nell'affrontare temi vicini all'attualità. "Per la prima volta è stato un episodio di vita reale a far scattare in me l'idea di questo film" ha affermato. L'intento, quello di raccontare una storia d'amore in tempi di crisi, recessione e precariato, ma è come se mancasse di personalità. Ecco, forse ha un po' spiazzato il suo pubblico cercando di fare altro da quello realizzato fino ad ora, per questo il film non convince fino in fondo. Per il resto la bravura del regista milanese dietro alla macchina da presa è indiscutibile come quella nel dirigere gli attori, soprattutto nelle famose scene di sesso che sono sicuramente le più difficili.

Crazy Heart Regia: Scott Cooper con Jeff Bridges, maggie Gyllenhaal, Colin Farrell, Robert Duvall Non sarà il Drugo del Grande

Due vite per caso

Sabina Guzzanti che assume le sembranze di Silvio Berlusconi in “Draquila”, di cui è lei stessa regista Lebowski, ma anche qui il grande Jeff Bridges riesce ancora a dare il meglio di sé per un film, low-budget, che gira interamente intorno alla sua figura. Intreccio narrativo forse scontato e prevedibile che però l'attore, con ammiccamenti e grande capacità interpretativa, riesce a rendere interessante ed accattivante. Invecchiato, appesantito, alcolizzato ed in fase discendente, Bad Blake è una vecchia gloria del country che ora deve accontentarsi di qualche isolato locale della sconfinata provincia americana ed alloggiare in alberghi di quarta categoria. Il casuale incontro con una giovane giornalista di una rivista locale che vuole intervistarlo, gli cambierà in qualche modo la vita.

Dragon Trainer Regia: Dean Deblois e Chris Sanders Delizioso cartone animato in 3D, da vedere anche nella versione normale, non si perde nulla. Il tocco magico è quello della Dream Works Animation, creatori di Shrek e Madagascar. Portatore di due messaggi facili ma corposi, che di questi tempi non guastano. Non bisogna aver

paura ad uscire fuori dal coro, affermando le proprie opinioni, e soprattutto non bisogna aver timore di ciò che esternamente può apparire diverso da noi. Il piccolo e gracile vichingo Hic vive in un comunità dove da sempre si combattono i draghi che rubano le pecore. Ma lui è un progressista ed è convinto che il dialogo con il nemico sia invece la strada giusta. Il suo senso dell'umorismo non si concilia però con gli ideali della tribù, dei coetanei e del forzuto padre, Stoick l'Immenso. Tratto dai libri della britannica Cressida Cowell.

Draquila - L'Italia che trema Regia: Sabina Guzzanti Il ministro dei Beni Culturali ha disertato il Festival di Cannes per protesta, il documentario secondo lui è fazioso e non veritiero. Ad alcuni aquilani è piaciuto ad altri per niente. Sabina Guzzanti riaccende le polemiche e questa volta si occupa del terremoto dell'Aquila e non solo. Snocciola con insolita pacatezza la sue teorie, utilizzando questa volta tecniche da reportage giornalistico, punti-

Regia: Alessandro Aronadio con Lorenzo Balducci, Isabella Ragonese. Sgombriamo subito il campo. Sarà pure il raccomandatissimo figlio del famoso imprenditore coinvolto nello scandalo degli appalti al G8, ma Lorenzo Balducci è perfetto nel ruolo di Matteo Carli. Riesce con sorprendente capacità recitativa ad interpretare due ruoli affini ma non uguali. Una sorta di Sliding Doors all'italiana, per raccontare il doppio destino di un ventenne che una notte piovosa incontra per caso un'auto con dei poliziotti a bordo. L'incontro o lo scontro con quegli uomini determinerà il resto della sua vita. Rabbia, paura ed angoscia di una generazione che forse non ha futuro. Interessante esordio alla regia del giovane regista romano già apprezzato al Festival di Berlino.

E' complicato Regia: Nancy meyers con meryl Streep, Alec Baldwin, Steve martin E' sempre un piacere ritrovare la grande Meryl, anche se in questo caso è protagonista di una commedia non proprio originalissima e forse troppo hollywoodiana per un talento del suo livello. Tuttavia, tanto di cappello ad una attrice che a sessant'anni è ancora capace di trovare un ruolo di primo piano in un ambiente dove dopo i quaranta già si annaspa. Grazie alle sue innate capacità è in grado di far apparire decente un film che molto probabilmente con altri interpreti avrebbe creato qualche imbarazzo. La storia del triangolo over 50 tra una


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mINICRITICHE DEI FILm CHE POTRETE VEDERE NELLE SALE E NELLE ARENE donna, il suo ex marito ed un ipotetico pretendente stenta a decollare. E poi, va bene dare un'immagine di donna realizzata ma perché la scelta di stamparle sul viso, dall'inizio alla fine, quell'insistente sorriso a volte davvero fuori luogo?

interrogativi, soprattutto rispetto al ruolo giocato da un potente generale di Saddam Hussein.

Happy Family

Fuori controllo Regia: martin Campbell con mel Gibson, Ray Winstone Con qualche ruga in più e qualche capello in meno ma con la stessa spavalderia ritorna dopo sette anni Mel Gibson e lo fa con un thriller ad alta tensione, che fonde politica, ecologia ed affari (loschi). Ancora una volta impegnato nella consueta lotta solitaria contro tutti e tutto, senza esclusione di colpi. Le immagini iniziali sono di sicuro impatto. L'inaspettata uccisione a sangue freddo della giovane Emma, sulla porta della casa del padre poliziotto, solletica subito la curiosità dello spettatore. Un avvio repentino per una storia avvincente, ben girata, senza troppe sbavature. Non male per chi ama il genere.

Genitori&figli. agitare bene prima dell'uso Regia: Giovanni Veronesi con Silvio Orlando, Luciana Littizzetto. michele Placido, margherita Buy, max Tortora, Elena Sofia Ricci, Piera Degli Esposti Il confronto-scontro tra il mondo degli adulti e quello dei giovani di oggi attraverso lo sguardo della quattordicenne Nina. E' credibile il quadro che il regista toscano traccia delle nuove generazioni, riesce a fotografarne bene il malessere e l'incapacità di capirsi fino in fondo. Certo, in un contesto da commedia e con i toni leggeri del genere, a volte con profili appena tratteggiati ma decisamente convincenti. Decisamente miglio-

Tahar Rahim, protagonista del “Profeta” re invece il fronte dei cosiddetti "grandi", dove si capisce che Veronesi ha maggiore conoscenza della materia. Avvalendosi di un cast di attori di alto profilo, abbandona per il momento il film ad episodi per raccontare una storia più strutturata e ricca di sfumature rispetto ai precedenti lavori.

Green Zone Regia: Paul Greengrass con matt Demon, Greg Kinnear Agli americani non è piaciuto molto. Anzi, visti gli esigui incassi potremo dire quasi niente. Perché i cattivi, ebbene si, questa volta sono loro. A dirla tutta, è difficile trovare nella cinematografia a stelle e strisce un altro film così esplicito, così diretto, nell'incolpare il governo Usa di aver provocato una guerra senza senso. La Green Zone del titolo è il blindatissimo quartiere situato nel centro di Baghdad dove risiedono le truppe, è da qui che parte l'avvincente thriller a sfondo politico. Da qui il maresciallo Roy Miller e la sua squadra di ispettori ricevono l'incarico di scovare nel deserto dell'Iraq i depositi con le famose armi di distruzione di massa. Non trovando nulla di tutto ciò, l'ufficiale inizierà ad avere qualche sospetto ed a porsi degli

Regia: Gabriele Salvatores con Fabio De Luigi, Diego Abatantuono, Fabrizio Bentivoglio, margherita Buy, Carla Signoris, Valeria Bilello Non è l'ennesimo film sulla famiglia. Salvatores semplicemente racconta degli uomini e delle donne, e lo fa con un film originale, poetico, spassoso, colorato, elaborato su diversi piani narrativi e continui passaggi tra finzione e realtà. Otto personaggi in cerca d'autore. Sono questi i protagonisti, la famiglia felice a cui il titolo ironicamente allude. Escluso Ezio, 38 anni, una vita trascorsa senza aver mai concluso nulla di buono che un giorno decide di scrivere una sceneggiatura per il cinema. Due coppie, i loro figli, i nonni, il cane, esseri del tutto inventati che ad un certo punto però vivono di luce propria, escono dallo schermo del computer di Ezio (un Fabio De Luigi in grande forma) per rivendicare la loro esistenza. Il cinema nel cinema.

I Gatti Persiani Regia: Bahman Ghodabi con Negar Shaghaghi, Hamed Behdad Durante la lavorazione il regista è stato arrestato per ben due volte. In Iran la musica è considerata, dall'attuale regime, impura in quanto fonte di allegria e quindi vietata. I ragazzi sono costretti a suonare e cantare clandestinamente, nel chiuso di cantine e sotterranei. Un mondo nascosto, del quale la maggior parte della popolazione ignora l'esistenza. Completamente girato a Teheran, al di là dell'aspetto musicale, è un interessante viaggio nelle dinamiche che oggi governano l'ex Persia,

che aiuta a capire meglio cosa stia realmente avvenendo in quel Paese. Premio Speciale della giuria al Festival di Cannes, la sceneggiatura è stata scritta da Ghobadi e dalla fidanzata Roxana Saberi, la giornalista americana di origine iraniana processata per spionaggio

Il figlio più piccolo Regia: Pupi Avati con Christian De Sica, Laura morante, Luca Zingaretti, Nicola Nocella Con la scusa di completare la trilogia sulla paternità (dopo "La cena per farli conoscere" e "Il papà di Giovanna"), Avati racconta l'Italia di oggi e lo fa con particolare cattiveria ed ironia, aiutato anche da un più che brillante cast di attori. Apparentemente parla di beghe familiari, in realtà dà vita ad un preciso affresco del Bel Paese: cinico, corrotto e corruttore, egoista, disposto a tutto in nome del dio denaro. Un insospettabile De Sica (dopo tanti cine-panettoni) riesce finalmente a dare corpo ad un personaggio complesso e spietato, il "furbetto del quartierino" di turno che pur di salvarsi dalla galera per i suoi guai finanziari, non si fa scrupolo di riversare le sue colpe sull'ingenuo figlio.

Il mio amico Eric Regia: Ken Loach con Eric Cantona, Steve Evets Un omaggio al calciatore del Manchester United Eric Cantona, personaggio discusso e borderline, per raccontare ancora una volta una storia di periferia. Loach lascia per il momento i toni seriosi dei suoi precedenti film ed affronta con leggerezza ed un tocco di fantasia i temi che gli sono da sempre cari. Il titolo originale, Looking for Eric, probabilmente si adatta meglio ad una storia dove il protagonista Eric Bishop, dipendente postale con una situazione famigliare


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mINICRITICHE DEI FILm CHE POTRETE VEDERE NELLE SALE E NELLE ARENE e sentimentale disastrata, è alla continua ricerca di se stesso. Nel tentativo di rimettere insieme i pezzi della sua vita immagina di dialogare con il grande campione francese, che nel film recita se stesso. Da non perdere nel finale la vera conferenza stampa di Cantona, rimasta nella storia del calcio.

Il mi$$ionario Regia: Roger Delattre con Jean- marie Bigard Divertente commedia degli equivoci, senza troppe pretese ma ben costruita, prodotta da Luc Besson. L'attore protagonista, che ha anche scritto la sceneggiatura, nel raccontare il suo primo incontro con Besson sul set di un precedente film, ha rivelato che in quell'occasione, prima di squadrarlo da cima a fondo, gli ha detto che lo avrebbe visto bene nei panni di un prete. Parole profetiche. Bigard veste i panni di Mario Diccara, ex galeotto appena uscito dalla prigione che ha qualche conto in sospeso con la malavita. Chiede aiuto al fratello prelato che gli suggerisce di raggiungere Padre Etienne in un paesino dell'Ardèche, travestito da sacerdote. Al suo arrivo scopre che il parroco è morto e gli abitanti lo scambiano per il sostituto.

Il profeta Regia: Jacques Audiard con Tahar Rahim e Niels Arestrup Difficile non identificarsi con la faccia d'angelo del protagonista, perché anche se la storia è politicamente poco corretta (un percorso di formazione alla rovescia, un antieroe) non si può non stare dalla sua parte. Accertato ormai il fatto che il carcere non riabilita proprio nessuno, il film è abilmente orchestrato da un regista che conferma qualità straordinarie nel dirigere gli attori. La faccia del giovane Malik (felice esordio),

morgan Freeman perfettamente nei panni di Nelson mandela nel film “Invictus” analfabeta e ladruncolo che entra in carcere per uscirne dopo sei anni più acculturato, spietato ed a capo di una pericolosa banda, e quella del boss corso César Luciani (si intuisce ad occhio nudo la consolidata esperienza anche teatrale), reggono praticamente tutto il film.

Il segreto dei suoi occhi Regia: Juan Josè Campanella con Ricardo Darìn, Soledad Villamil Un noir, una commedia, una storia d'amore. Sullo sfondo l'Argentina peronista degli anni '70. Magica commistione di generi per raccontare uno dei periodi più cupi del Paese. Da questo punto di vista decisamente più efficace di tante pellicole che puntano al politico. Aspetto, questo, abilmente ed apparentemente relegato ai margini e che invece si rivela la vera anima. Il film ti entra dentro, lentamente, e per parecchio non ti molla. Con piglio sicuro il regista di origine italiana nato a Buenos Aires, dirige uno dei migliori lavori della stagione che non a caso ha conquistato l'Oscar destinato al film straniero riuscendo a battere opere di pregio come "Il profeta" e "Il nastro bianco". Cast più che

apprezzabile, sceneggiatura essenziale, quasi scarna ma con la capacità di arrivare dritta alla meta. Da non perdere.

Il tempo che ci rimane Regia: Elia Suleiman con Saleh Bakri, Shafika Bajjali Suleiman è nato a Nazareth in Palestina ed il film è semiautobiografico, in quattro episodi, sulla sua famiglia. E' ispirato ai diari del padre, a partire dal 1948 quando decise di partire per unirsi alla Resistenza dopo l'occupazione di Israele. Scene di vita quotidiana di quei palestinesi che decisero di restare e che furono chiamati "arabi israeliani", costretti a vivere da stranieri nella loro patria. Contrariamente a quanto si possa pensare non ha nulla della pesantezza che magari ci si potrebbe aspettare da una pellicola di questo genere, il regista (che interpreta tra l'altro anche se stesso) ci ha costruito sopra una storia surreale, piena di ironia, con musiche coinvolgenti. Senza trascurare però l'aspetto politico di una questione ancora attualissima ed irrisolta.

Invictus Regia: Clint Eastwood con morgan Freeman e matt

Damon Il capitano Francois Pienaar entra nella minuscola cella dove per 27 anni è stato recluso Nelson Mandela. Allarga le braccia, come per prenderne le misure e dalla finestra lo immagina nel cortile, in catene, intento a spaccare pietre sotto il sole cocente. Perché un uomo che ha dovuto subire tanto dolore parla di perdono? Forse l'eccesso di retorica, inusuale per un film di Eastwood, può in un primo momento generare qualche attimo di smarrimento. Poi con lo scorrere delle immagini prevale l'emozione, quella di veder rappresentato un momento cruciale della storia del Sudafrica ma forse anche del mondo. Le interpretazioni di Freeman nei panni di Nelson Mandela e Damon in quelli del biondissimo capitano della squadra di rugby sono appassionanti.

L'isola delle coppie Regia: Peter Billingsley con Vince Vaughn, Jason Bateman, Kristen Bell Coppia in crisi convince gli amici ad accompagnarla in una vacanza terapeutica per sposi con problemi coniugali, in uno splendido resort di Bora Bora. Il costo del biglietto è esoso ma se accettano di andare con loro verrà dimezzato. Partono, convinti di andare incontro ad una vacanza a cinque stelle invece scopriranno presto che la frequentazione della stravagante terapia non è a discrezione di chi ne ha bisogno e non è un optional. Jean Reno con il codino nelle vesti di santone che dovrebbe aiutare gli sposi. Una commedia (furbetta) che deve essere presa per quello che è: un paio d'ore di divertimento ammirando e sognando località tropicali irraggiungibili per molti. Non rimarrà nella storia del cinema

L'uomo che verrà Regia: Giorgio Diritti con Alba Rohrwacher e maya


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mINICRITICHE DEI FILm CHE POTRETE VEDERE NELLE SALE E NELLE ARENE Sansa Girato con assoluto rigore, non scade mai nella retorica. Diretto in maniera magistrale, con attori di grande spessore che recitano i rari dialoghi in dialetto bolognese (sottotitolati in italiano). Meritatamente premiato all'ultimo festival del cinema di Roma, ripercorre gli ultimi nove mesi dalla strage di Marzabotto dove furono massacrate dai nazisti 770 persone, per la maggior parte donne, bambini ed anziani. Il racconto cadenzato dei nove mesi d'attesa per la nascita di un bambino in un'umile famiglia di contadini, attraverso lo sguardo della sorellina muta di otto anni. Film di forte impatto emotivo, forse di non facile fruizione, ma decisamente da non perdere.

L'uomo nell'ombra Regia: Roman Polanski con Ewan mcGregor, Pierce Brosnan. Che Polanski sia un maestro nella regia è fuor di dubbio ed anche in questa occasione dà prova di grande abilità del dirigere gli attori. Ha sdoganato definitivamente uno come Brosnan che nella vita ha trovato non poche difficoltà a costruire una dignitosa carriera non legata quasi esclusivamente al fascino ed al glamour. Unico punto debole forse una sceneggiatura a volte prevedibile ed improbabile (come quando il protagonista scova alcune delicate e segrete informazioni semplicemente consultando Internet. Va bene che nella rete si trova di tutto, ma questa volta appare un po' esagerato) per un film che ha la sua forza in una storia costruita su temi importanti, piena di inganni e tradimenti, dove ognuno è molto diverso da ciò che appare.

L'uomo nero Regia: Sergio Rubini con Valeria Golino, Sergio Rubini, Riccardo Scamarcio, Guido

stra sull'Italia con le sue storie di immigrazione, sfruttamento, valori famigliari. Cast ben assortito. Unica stonatura, forse, un finale troppo happy, da commedia.

La prima cosa bella

Raoul Bova e Elio Germano (premiato come miglior attore a Cannes con Javier Bardem) in una scena del film “La nostra vita” Gianquinto. Uno dei migliori film di Rubini. Intenso, commovente, ironico e fortemente autobiografico. Dopo "La stazione" del 1990, il regista/ attore torna a parlare della sua infanzia e della Puglia ripartendo da quella stazione ferroviaria che sembra sia rimasta fortemente ancorata ai ricordi. Ma questa volta lo fa con un tocco di maggiore maturità, riuscendo a fare un film più compiuto. Sceneggiatura ben calibrata, cast di attori decisamente convincenti. Iniziando dal piccolo e straordinario protagonista fino ad arrivare ad una brava Valeria Golino che riesce ad interpretare il ruolo di una donna moderna ed emancipata degli anni '60, che non rinuncerebbe mai al suo lavoro di insegnante, capace però di conservare intatti gli atavici dettami della tradizione.

La bocca del lupo Regia: Pietro marcello con i reali protagonisti della storia. Piccolo film di nicchia, per raffinati cultori del cinema d‘autore. Ricco di poesia e sentimento. Due anime perse raccontano le loro vite. Sullo sfondo la Genova storica, descritta e fotografata alla De Andrè. Quella di ieri, delle "tripperie" ormai scomparse, e quella di oggi percorsa dai

disperati e dagli ultimi. Enzo è appena uscito dalla galera e attraversa la città, alla ricerca dei luoghi di un tempo ormai dismessi. Nella piccola casa nel ghetto, tra i vicoli del vecchio quartiere, l'aspetta da anni l’amatissima Mary, prostituta transessuale. Nato da un'idea della fondazione San Marcellino, gesuiti di Genova, che da anni assiste in diversi modi la comunità dei senza tetto, degli emarginati.

La nostra vita Regia: Daniele Luchetti con Elio Germano, Raoul Bova, Isabella Ragonese, Luca Zingaretti, Stefania montorsi, Giorgio Colangeli. Un grande Elio Germano, che ha ampiamente meritato il premio come miglior attore a Cannes, per un film sui trentenni di oggi. Quelli che non hanno santi in paradiso, forse i nuovi proletari come li definisce lo stesso Luchetti. In realtà dei giovani intelligenti e svegli che cercano di farsi strada in un mondo dove la priorità sono i soldi e la loro capacità di comprarci più cose possibili. Figli di un consumismo sfrenato, ma anche capaci di mettere al mondo tre figli nella totale incertezza economica e con il desiderio di fare il grande salto in avanti. Il film però non è solo questo. Anche una grande fine-

Regia: Paolo Virzì con Valerio mastandrea, Stefania Sandrelli, Claudia Pandolfi, micaela Ramazzotti. Svolta intimista per il regista toscano che si allontana decisamente dalle tematiche sociali che hanno caratterizzato le sue precedenti pellicole, per concentrarsi sui sentimenti e sulla psicologia dei personaggi in una sorta di romanzo famigliare. Un percorso tutto nuovo per il quale sceglie l'attrice simbolo della commedia all'italiana, la splendida Stefania Sandrelli che insieme ad un Mastandrea in grande forma (una delle migliori interpretazioni dell'attore romano nel ruolo di Bruno e del suo mal di vivere) da vita ad un duetto recitativo di ottimo livello, riuscendo a coinvolgere l'intero cast. Costruito su due piani temporali, il film percorre circa quarant'anni di vita livornese, la storia di una mamma bellissima e svampita e dei suoi due figlioli dagli anni 70/80 fino ai nostri giorni.

La vita è una cosa meravigliosa Regia: Carlo Vanzina con Gigi Proietti, Vincenzo Salemme, Enrico Brignano, Nancy Brilli, Luisa Ranieri Saranno pure i furbetti del quartierino, ladroni e corrotti, però in fondo in fondo sono dei buoni. Insomma, prevale la tesi dei "birbantelli". E' questa l'Italia descritta dai Vanzina. Gli italiani? Un popolo di cialtroni, dicono, sempre pronti a trovare la scorciatoia, la raccomandazione, l'appoggio del potente di turno, ma subito dopo arriva puntuale l'assoluzione. Così il direttore di un potente


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mINICRITICHE DEI FILm CHE POTRETE VEDERE NELLE SALE E NELLE ARENE gruppo bancario, intrallazzone ed imbroglione, si ritira in campagna a coltivare gli ortaggi in compagnia di belle ragazze (!), il chirurgo che cercava e dispensava favori a destra e manca si redime andando a curare i poveri. Il poliziotto intercettatore, che usa il suo potere per conquistare una bella ragazza, ritrova l'amore. E via discorrendo. Unico punto forza del film un eccellente cast di attori, che riesce a tenere in piedi una storia mediocre ed improbabile. Con tutto il "materiale" che la cronaca regala ogni giorno si poteva fare veramente di più.

Le quattro volte Regia: michelangelo Frammartino Il regista milanese di origine calabrese, dopo il bellissimo e pluripremiato "Il dono" ci regala un nuovo lavoro dove creatività e poesia si fondono per raccontare il fascino arcaico di una terra dove il tempo sembra si sia fermato. Interamente girato senza dialoghi, senza attori, solo con rumori di sottofondo, utilizzando la tecnica del documentario (come peraltro aveva già fatto con il primo lungometraggio), la cinepresa si limita a riprendere scene di vita quotidiana di un piccolo villaggio rurale, in realtà riesce a leggere oltre le immagini. Illustra il ciclo della vita e della natura, attraverso uno sguardo originale ed innovativo che può ricordare quello di Franco Piavoli e Vittorio De Seta. Accolto a Cannes da giudizi più che lusinghieri dalla critica internazionale.

matrimoni ed altri disastri Regia: Nina Di majo con margherita Buy, Fabio Volo, Luciana Littizzetto, Francesca Inaudi. L'intento della regista era una commedia semplice e sofistica, in realtà è complicata (tanto da apparire improbabi-

Una scena corla di “mine vaganti” di Ozpetek. In primo piano Elena Sofia Ricci (a sinistra) e Riccardo Scamarcio

le) ed abbastanza ordinaria, quasi scontata. Sceneggiatura debole e poco equilibrata, dialoghi fuori dal mondo. La Buy, sulla cui faccia la cinepresa non molla mai un attimo facendo sparire dallo schermo tutto il resto, fa sempre la solita parte della single ansiosa e nevrotica. Poi, per chissà quale magico artifizio, ad un certo punto tutti si innamorano di lei. L'adolescente inquieto, l'intellettuale di sinistra inevitabilmente sfigato, il tecnico che aggiusta i computer e pure il cognato mezzo leghista ed ignorante come una capra al quale dà anche un bacetto tutto casto. Cast stellare sottoutilizzato.

mine Vaganti Regia: Ferzan Ozpetek con Riccardo Scamarcio, Nicole Grimaudo, Alessandro Preziosi, Ennio Fantastichini, Lunetta Savino, Ilaria Occhini Gruppo di famiglia in un interno. Il paragone con il grande film di Luchino Visconti finisce qui. Tuttavia, nulla da togliere al regista turco che ha realizzato un film godibile, intimo, per la prima volta curioso di esplorare il cuore della famiglia tradizionale e tradizionalista, animata dal perbenismo di facciata. Un nucleo numeroso, come tanti nel Sud d'Italia, proprietario di un pastificio, con una nonna

dolce e ribelle, una madre affettuosa e tollerante, la zia stravagante (una piacevole sorpresa l'interpretazione di Elena Sofia Ricci), il padre molto attento alle apparenze e due figli gay che hanno da sempre nascosto la loro vera identità. Scamarcio particolarmente bravo a non strafare in un ruolo non certo facile. Sullo sfondo la splendida Lecce con i vicoli, piazze ed il candore della sua architettura.

Nine Regia: Rob marshall con Daniel Day-Lewis, Sophia Loren, Nicole Kidman, Penelope Cruz, marion Cotillard Già il musical di Broadway sembra non sia piaciuto per nulla a Fellini. Immaginate cosa potrebbe dire oggi di questo film, se fosse ancora vivo. Una sfilza di banalità e luoghi comuni sull'Italia e sugli italiani, da non credere. La pizza, i mandolini e siamo al completo. Ovviamente nulla a che vedere con un capolavoro come “8 e mezzo“. A parte questo, le canzoni sono accattivanti, i balletti rocamboleschi, i costumi sfavillanti. Ingredienti essenziali per catturare il grande pubblico. Per non parlare della lunga sfilza di star e bellezze internazionali. Penelope Cruz insolitamente conturbante e sexy. Guido

Contini è affascinante, glamour e donnaiolo ma non possiede l'ironia di Mastroianni.

Notte folle manhattan

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Regia: mira Nair con Steve Carell, Tina Fey Battute e situazioni scopiazzate da altre celebri pellicole, tuttavia divertente ed anche poco corretta (è pieno di parolacce) per una commedia americana destinata alle famiglie. La coppia Carell & Fey funziona, ben diretta dal regista di "Una notte al museo", per cui alla fine il film risulta piacevole ed alcune gag sono davvero esilaranti. Ipotetico plot alla intrigo internazionale, con il più classico scambio di persona. Una tranquilla ed annoiata coppia con tanto di prole chiassosa, che vive nella provincia del New Jersey, decide di uscire dalla routine concedendosi una serata speciale e cenare in uno dei ristoranti più trandy della città. Non avendo la prenotazione, però, hanno la malaugurata idea di prendere il posto di una coppia che non si è presentata.

Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il ladro di fulmini Regia: Chris Columbus con Logan Lerman, Pierce Brosnan


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mINICRITICHE DEI FILm CHE POTRETE VEDERE NELLE SALE E NELLE ARENE Il paragone con le avventure di Harry Potter è inevitabile. Il regista ne ha diretti ben due. Come il celebre maghetto anche Percy Jackson ha poteri sovrannaturali, per metà divino e per metà umano, con l'innata capacità di tenere a bada il male. Anche lui ha genitori "magici", è figlio del dio greco Poseidone, e molte delle situazioni in cui si trova porta inevitabilmente al personaggio della Rowling. L'apparizione dell'Idra a tre teste non può non ricordare Fuffy il cane a tre teste di Hagrid. Solo una squallida copia dunque? Niente affatto. Il film ha una sua valenza, si lascia vedere con piacere, in qualche modo è anche educativo (all'inizio insegnanti e compagni di scuola lo credono mentalmente limitato) e poi potrà riempire il vuoto che Potter lascerà. Moderno classico della letteratura fantasy dello scrittore Rick Riordan, "Il ladro di fulmini" è il primo di una serie di cinque libri, l'ultimo uscito a maggio dello scorso anno.

Piccolo (Il) Nicolas ed i suoi genitori Regia: Laurent Tirard con François-Xavier Demaison, Daniel Prévost Adattamento sul grande schermo di uno dei più importanti classici per l'infanzia francesi, probabile primo esempio di letteratura moderna per piccoli, nato dalla fantasia di René Goscinny (l'ideatore di Asterix) e JeanJacques Sempè. Il protagonista è un bambino di otto anni, Nicolas, una sorta di Gian Burrasca d'Oltralpe. Ambientato negli anni '50, le avventure del pestifero ragazzino con la sua strampalata combriccola di amici, divertono molto e riescono a creare un processo di identificazione sia nei bimbi che nei grandi, con un abile doppio piano di lettura. Riuscita trasposizione sul grande schermo, senza

Russel Crowe (a destra) nel ruolo che il regista Ridley Scott gli ha assegnato per la nuova versione di “Robin Hood” trascurare le magiche atmosfere dei racconti.

Predators Regia: Nimrod Antal con Adrien Brody, Laurence Fishburne, Alice Braga Remake dell'action movie interpretato nell'87 da Schwarzenegger, con un inedito Adrien Brody nei panni dell'ex marine tutto muscoli, tattica militare e mitraglietta in spalla. Mercenario alla guida di un gruppetto di veri cattivi. Letteralmente piovuti dal cielo, ben presto scopriranno di essere stati catapultati in un pianeta alieno per essere trasformati in prede. Uomini (e donna) allenati ad uccidere che invece saranno spietatamente cacciati ed eliminati da una nuova razza di predators alieni, guerrieri astutissimi in grado di rendersi invisibili. Film ben orchestrato, di sicuro effetto, altamente confezionato. Apprezzabile.

Prince of Persia - Le sabbie del tempo

Regia: mike Newell con Jake Gyllenhaal, Ben Kingsley, Alfred molina Dopo "I pirati dei Caraibi" ecco un altro film tratto da un videogioco degli anni '80. A dirigerlo questa volta il regista inglese di "Quattro matrimoni e un funerale" e di "Harry Potter e il calice di fuoco". Se piace il genere, l'action fantasy è piacevole e scorre abbastanza facilmente nonostante le oltre due ore di durata. Le scenografie esotiche dell'antica Persia, in gran parte riprodotte al computer, non deludono le aspettative. C'è tutto. Il principe bello e muscoloso che corre lungo i muri, la principessa misteriosa e furba, il pugnale, le arti magiche, la lotta contro le forze oscure, ed uno stuolo di allenatissimi stuntman. Insomma, un bel fumettone. Sempre ottime le Interpretazioni di Molina e Kingsley.

Remember me Regia: Allen Coulter con Robert Pattinson, Emilie de

Ravin Una sorpresa. Che il vampiretto più celebre del momento si sia cimentato, nonostante il travolgente successo di Twilight, in una pellicola del genere depone a favore di questo bel ragazzone rimasto improvvisamente sepolto dalla notorietà e da una stuolo di adoranti fan. Il film, contrariamente a quanto si possa credere, non è solo una storia d'amore destinata al filone giovanilistico, l'intreccio è molto più raffinato e complesso, pieno di humour, acume, con dialoghi ben scritti ed interpretati. Finale sorprendente che vuole essere un omaggio alla città di New York. Senza voler svelare nulla, perché l'epilogo è davvero inaspettato, la storia parte da due ventenni provenienti da mondi del tutto opposti, che si incontrano in maniera non proprio casuale, e che si innamorano. Ma non ci sarà l'happy end.

The road Regia: John Hilcoat con Viggo mortensen, Robert Duvall, Charlize Theron E' vero, è deprimente, triste, disperato, senza futuro, eppure è uno dei film più interessanti che il genere catastrofista abbia partorito negli ultimi anni. Completamente privo di retorica, un regista semi-sconosciuto porta sul grande schermo il romanzo "La strada" del grande scrittore statunitense Cormac McCarthy. Lo fa rivelando notevoli capacità nel dirigere i pochi (ma buoni) attori del cast. Un film complesso, difficile, dove la macchina da presa è quasi esclusivamente puntata sui volti di un padre e di un figlio che cercano di sopravvivere in un'America desolata e distrutta da un misterioso cataclisma, dove gli esseri umani sono spinti a dare il meglio e (soprattutto) il peggio di sé.

Robin Hood Regia: Ridley Scott con Russel Crowe, Cate


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mINICRITICHE DEI FILm CHE POTRETE VEDERE NELLE SALE E NELLE ARENE Blanchett, William Hurt, max Von Sydow. Certo, se si pensa che è stato il regista di Blade Runner e Thelma & Louise qualche attimo di sconforto assale. Non è che fosse così indispensabile l'ennesima pellicola su una figura trita e ritrita come l’arciere di Sherwood. Tuttavia non si può dire che sia, nel suo complesso, un brutto film. Conosciamo tutti le capacità del grande regista americano. Il prodotto infatti è ben confezionato, e non a caso sia Scott che Crowe lo hanno anche prodotto. A parte qualche sprazzo di vera noia, soprattutto durante le interminabili e sanguinolente scene di scontri armati tra buoni e cattivi, la vera novità è la figura di Lady Marion, qui in una insolita ed improbabile veste di rivoluzionaria in un’epoca dove le donne stavano zitte, obbedivano e procreavano. Vedova di guerra senza figli, non solo respinge i pretendenti, ma combatte anche con armatura e spada, coltiva i campi ed esprime la sua opinione. Già annunciato Robin Hood 2.

Una scena di “Shutter Island”. Al centro: Leonardo Di Caprio

sto caso però quello che manca è la mano ferma di una regia esperta capace di dirigere un buon cast di attori e plasmare, rendendola scorrevole e convincente, una trama a tratti complessa. Un intreccio narrativo con un preciso scopo, da scoprire solo nel finale.

Scontro di civiltà per Shutter Island un ascensore a Regia: martin Scorsese con Leonardo Di Caprio, mark Piazza Vittorio Regia: Isotta Toso con Daniele Liotti, Kasia Smutniak, Francesco Pannofino Peccato, un'occasione mancata. Perché l'omonimo romanzo di Amara Lakhous (se vi capita leggetelo), dal quale è stato tratto il film, è piacevole, a tratti divertente nel raccontare le vicissitudini di un gruppo di inquilini di varie nazionalità, ricco di spunti interessanti per riflettere sulla nostra società. Lo scontro di civiltà del titolo, si consuma nel chiuso di un palazzo e di un condominio a Piazza Vittorio, nel cuore del quartiere più multietnico di Roma. Come spesso avviene la trasposizione tradisce in parte l'opera letteraria, in que-

Buffalo, Ben Kingsley, max von Sydow. Un affresco sul dolore e sulla follia. Film particolarmente claustrofobico e cupo, con una magnifica fotografia, come tutte le opere di Scorsese curato e costruito nei minimi particolari. Maestro nel dirigere i suoi attori. Dramma psicologico avvincente, che lascia con il fiato sospeso sino alla fine, mai scontato, con una ambientazione quasi maniacale. Un'isola-fortezza, battuta dal vento e da una pioggia incessante, sede di un noto manicomio criminale. Siamo nel 1954, all'apice della Guerra Fredda, quando il capo della polizia locale Daniels (Di Caprio) ed il suo collega ven-

gono convocati a Shutter Island per indagare sulla misteriosa scomparsa di una pluriomicida, ma nulla è come appare.

Simon Konianski

un giovane laureato in filosofia, disoccupato, abbandonato dalla moglie, costretto a tornare a vivere con il padre, un ex deportato che gli darà del filo da torcere anche da morto.

Regia: micha Wald con Jonathan Zaccai, Popeck Un popolo che sa ridere della propria tragedia. Sul filone di una serie di riuscitissime commedie dallo humour yiddish (da "Train de vie" in poi), arriva questo giovane e sconosciuto regista belga di origini ebraiche che al suo secondo lungometraggio mette in luce un talento del quale probabilmente sentiremo parlare ancora. Dosato e con il giusto cast di attori, costruisce un film divertente e drammatico, irriverente e scoppiettante, graffiante e doloroso. Colonna sonora dai ritmi leggeri ed accattivanti in netto contrasto dal contesto narrativo. Più che l'accostamento con Woody Allen, Radu Mihaileanu o al nostro Benigni, lo stile somiglia molto a quello dei grandi fratelli Coen che sullo stesso argomento hanno realizzato "A serious man". Fortemente autobiografico, è il racconto di

Regia: Alessandro D'Alatri con Dario Castiglio, martina Codecasa D'Alatri torna a sorprenderci. Dopo il cine-panettone alternativo "Commediasexy", il regista romano questa volta firma un film completamente in digitale, a basso budget, interpretato da attori semisconosciuti. Una commedia sentimentale appartenente al filone giovanilistico, dai risvolti sociali, ambientata nella splendida isola di Ventotene che, ad onor del vero, contribuisce parecchio alla riuscita della storia tratta dal romanzo di Anna Pavignano (In bilico sul mare). Il giovane e bel Salvatore (Dario Castiglio, figlio di Peppino di Capri) d'estate porta i turisti in giro con il suo gozzo mentre d'inverno fa il muratore in nero nei cantieri sulla terraferma. L'amore arriva con Martina, la ragazza di buona famiglia che

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mINICRITICHE DEI FILm CHE POTRETE VEDERE NELLE SALE E NELLE ARENE usa la sua barca per le immersioni da sub.

The Wolfman Regia: Joe Johnston con Benicio Del Toro, Emily Blunt, Anthony Hopkins Monster movie di tutto rispetto. Diretto con mano ferma ed interpretato con la stessa convinzione da un intenso Benicio Del Toro (bravo anche con il pesante trucco da lupo) accanto al sempre straordinario Hopkins, nel ruolo del padre. Remake del classico horror "L'uomo lupo" di George Waggner del 1941, costruzione di un sanguinoso puzzle con un'antica maledizione che trasforma le persone in lupi mannari durante le notti di luna piena, che sta lentamente uccidendo gli abitanti di Blackmoor. Poco splatter ma di certo non annoia, diligentemente condensato in poco più di un'ora e mezza con una tensione narrativa che non cala mai. Interessante ricostruzione d'epoca in stile vittoriano.

Tra le nuvole Regia: Jason Reitman con George Clooney e Vera Farmiga Un film attraversato da un umorismo fresco e leggero per affrontare un tema di scottante attualità, dai risvolti inevitabilmente drammatici. La storia di un "tagliatore di teste", un manager molto ricercato in tempi di crisi, che le aziende assumono per brevi periodi con il compito di licenziare il personale in eccesso. Un grande Clooney nei panni del professionista senza scrupoli che dopo tanti anni spesi felicemente tra una città e l'altra dell'America, improvvisamente sente di dover cambiar vita. La sfilza dei dipendenti che passa sotto la mannaia di Clooney sono veri disoccupati provenienti da Detroit e St. Louis, le città più colpite dalla recessione. Il regista è il figlio di Ivan Reitman, quello che ha diretto "Ghostbusters".

George Clooney e Vera Farmiga in una scena di “Tra le nuvole” di Jason Reitman

Triage Regia. Danis Tanovic con Colin Farrell, Paz Vega, Christopher Lee Premio Oscar nel '93 con No Man's Land, Tanovic ritorna ad affrontare gli orrori della guerra, da un altro punto di vista. Quello dei sopravvissuti. Di coloro che ce l'hanno fatta, ma che hanno lasciato in quei terribili luoghi gran parte della loro vita. Tratto dall'omonimo romanzo dell'ex reporter Scott Anderson che ha seguito i conflitti in Uganda, Beirut, Cecenia e Bosnia il film è la storia di due fotoreporter inviati nel Kurdistan iracheno nel 1988 poco prima dei massacri di gas ordinati da Saddam Hussein. Le scene sono forti, particolarmente violente e sanguinolenti. In un ospedale da campo improvvisato, senza acqua ed attrezzature adeguate, il medico è costretto a sparare in testa ai pazienti più gravi, quelli senza speranze.

The Twilight Saga: Eclipse Regia: Davide Slade con Kristen Stewart, Robert Pattinson, Taylor Lautner

Il cast al completo di “The Twilight”, terza pellicola della saga ”Eclipse”, ma anche la peggiore

E' troppo facile parlare male del film, talmente è insulso. Il peggiore dei tre. Nella prima parte non succede praticamente nulla. Ci sono dei neovampiri che cercano vittime da succhiare in giro per la città (sai che novità!), sarebbero dei cattivoni che tentano di organizzare un piccolo esercito per far fuori Bella. I dialoghi tra i tre protagonisti hanno temi fissi e ripetitivi. Parole come amore, cuore, sentimento vengono usate fino allo sfinimento. Lei dice al vampiro Edward: "io ti amo, sono pronta a morire per te", mentre al licantropo pettoruto Jacob ribadisce "sono solo tua amica", però si capisce

che forse c'è dell'altro dopo due bacetti non proprio casti. I due rivali, con piglio molto maschio, fanno a gara nel rassicurarla. "Ti proteggo io" afferma uno, "no, a lei ci penso io" ribatte l'altro. Salvo poi allearsi per salvarle la pelle (si fa per dire). Va bene, trattasi di pellicola per adolescenti. Ma che fatica arrivare sino alla fine.

Recensioni di LUCIANA VECCHIOLI


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