CENTO DONNE il silenzio uccide la Dignità

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«Perché il mondo cresca senza violenza e differenza c’è bisogno di donne che vivano senza subirle. La donna è una madre, ha in dono il privilegio di crescere ed educare le nuove generazioni, il nostro futuro.»


Proprietà intellettuale: AMMURI LIBERI città a colori Progetto grafico: Studio Barbecue Fotografia: Marco Musollino Francesco Torrice Eleonora Capitanio Makeup: Cristina Vandra

Un sentito ringraziamento a:

Sara Battisti

(Consigliere Regionale del Lazio)

Barbara di Rollo

(Presidente del consiglio) Comune di Cassino

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, interamente o in parte senza il previo consenso scritto dell’editore.


Il silenzio uccide la DignitĂ .


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Cento Donne Questo è un libro per chi non si nasconde.

di Sara Battisti

Questo è un libro per chi crede che la lotta alla violenza sia tutti i giorni. Questo è un libro per chi ci mette la faccia.

“Cento Donne” è un’iniziativa di sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno della violenza realizzato in una delle province dove la violenza sulle donne striscia più subdola e omertosa, dietro tanti silenzi, dietro persiane chiuse e, spesso, dietro un trucco pesante che cela lividi e percosse. Noi invece, con il trucco, quei lividi e quelle percosse li abbiamo riprodotti, enfatizzati. E, così facendo, li abbiamo esorcizzati. Per dire alle donne di uscire allo scoperto, di non avere paura. Non un tentativo di immedesimarsi in una vittima perché il dramma che vivono è inimmaginabile. Questo tema, però, va affrontato raccontando anche in modo così crudo la realtà che avviene ogni giorno: non ci si può più girare dall’altra parte. Pubblicando la campagna sui social

in modo dirompente abbiamo obbligato tante persone a “vedere” cosa accade. 100 donne hanno scelto di aderire all’iniziativa con una significativa partecipazione. Medici, infermiere, assistenti sociali, amministratrici, donne del mondo dell’associazionismo, psicologhe, imprenditrici. Un tessuto sociale vasto, che funge da potente cassa di risonanza per tutte le donne che non hanno voce. 100 foto per sensibilizzare contro la violenza fisica, psicologica, emotiva, economica, contro il revenge porn, contro la “violenza assistita” di tanti bambini che crescono con il “mito” di un padre violento, diventandolo anch’essi, e di tante bambine che scelgono un compagno come il padre. 100 volti per dire “basta” alla violenza contro le donne. Per me questo è il terzo anno di celebrazione della “Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne” da Consigliera Regionale. Ogni anno ho scelto di impegnarmi per >


promuovere iniziative significative nella piena consapevolezza che il 25 novembre è una data simbolo e che l’impegno contro ogni violenza ha determinato il mio lavoro ogni giorno. Ho promosso, già nel 2018, il mio primo anno in Consiglio Regionale, il “Patto generale di collaborazione” tra le Istituzioni della nostra Provincia, Patto da affiancare ai Protocolli d’intesa, in modo tale da creare un’interlocuzione quotidiana tra la Regione Lazio e gli enti promotori di una nuova cultura di contrasto alla violenza di genere. Nello stesso anno, la prima edizione del Contest “Parole contro la violenza”. Un progetto a cui sono molto legata, con il quale i giovani alunni delle terze medie della Provincia di Frosinone hanno potuto raccontare con le parole ciò che vivono, pensano, combattono di questo fenomeno. È da loro che bisogna a partire per una nuova cultura che si fondi sul rispetto, la giusta educazione affettiva e ses-

suale. Da questo Contest è nato un libro raccolta, con la prefazione del Presidente Nicola Zingaretti. Il 2019 è stato l’anno in cui ho depositato la mia Proposta di legge per il sostegno, la prevenzione e il contrasto al Revenge Porn. Si veniva da giornate dure in Parlamento, le deputate di PD, FI e LEU avevano occupato l’aula perché il governo Gialloverde aveva bloccato le modifiche al Codice Rosso che avrebbero introdotto il nuovo reato. Un successo trasversale ha permesso di ottenere questo risultato, andava però colmato un vulnus legislativo. Per questo ho presentato una proposta di legge per prendere in carico le vittime, sostenerle ed accompagnarle fuori dall’incubo. Un sostegno psicologico, legale ed economico con una parte fondante dedicata ai progetti di sensibilizzazione e prevenzione nelle scuole. Una Legge ambiziosa, la prima in >


Italia che ha ottenuto da subito un grande sostegno da tutte le parti politiche, tanto da essere stata votata all’unanimità dal consesso del Consiglio regionale lo scorso 17 giugno. Nel 2019 ho promosso per il 25 novembre il #noviolencetour, presentando la mia mozione per la valorizzazione del ruolo delle donne nei Comuni della nostra Provincia: un’adesione incredibile di oltre 70 Comuni. Quello che si sta concludendo, invece, è stato un anno complicato, il Covid19 ha mischiato le carte, congelando tante possibili iniziative. Nonostante questo la violenza esercitata contro le donne non si è fermata, costringendo le vittime in casa 24/7 con i loro carnefici. Il fenomeno ha avuto una recrudescenza pericolosa, allarmante. Per questo non mi sono fermata neanche io. Ho provato ad allestire ben due volte (in occasione dell’8 marzo e poi per questo 25 novembre) una mostra nella nostra

Provincia (già di grande successo a Milano e a Roma) a cura della fotografa del nostro territorio Marzia Bianchi, con l’esposizione di una raccolta di lastre di donne arrivate nei pronto soccorso, a seguito di una violenza subita, mostra sospesa per il DPCM del 3 novembre, che mi ha costretta a sospendere anche il terzo anno del Contest con i ragazzi delle medie. Nonostante le difficoltà è nato perciò “100 DONNE”, con l’associazione “Ammuri liberi” ed il Comune di Cassino capofila in collaborazione con la Presidente del Consiglio, Barbara di Rollo. Un grande risultato di un lungo percorso che si fermerà solo quando non dovremo più celebrare il 25 novembre.


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio



Barbara Di Rollo

Presidente del consiglio Comune di Cassino


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio



Chiara Colosimo

Consigliere Regionale del Lazio


Marta Leonori

Consigliere Regionale del Lazio



Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Michela Califano

Consigliere Regionale del Lazio


Laura Corrotti

Consigliere Regionale del Lazio




Paola D’Alessandro Presidente ASL Frosinone


Simona Carli

Direttore sanitario ASL Frosinone


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio



Cento Donne di Fiorenza Taricone*

I cento volti prestati da donne che hanno senza esitazioni accolto il progetto presentandosi agli occhi di chi le guarda disobbedendo alle regole comuni della bellezza femminile, e mostrandosi con un volto segnato da una sudditanza fisica e psicologica, parlano tanti linguaggi. Pur mostrandoci come vittime, e pur non essendo del tutto personalmente coinvolte, confermiamo fortemente tramite l’esposizione dei visi e degli sguardi l’identità di genere; si tratta di un messaggio collettivo che da tempo passa nei post dei social, nei repertori fotografici sull’attualità, in ogni mezzo di comunicazione di massa: una sta per tutte, e questo è valso per il sostegno alle avvocate recluse nei paesi islamici integralisti, come per la resistenza opposta alla chiusura della Casa Internazionale delle Donne di Roma. La faccia di una era la faccia di tutte, al di là delle differenze anagrafiche, sociali, economiche, culturali.

L’intercambiabilità dei volti è un messaggio dirompente, e lo affermo da storica della questione femminile, convinta che l’isolamento che le donne hanno vissuto rispetto al proprio genere di appartenenza sia stato esiziale per la loro consapevolezza. Quante donne d’eccezione isolate dai loro stessi meriti sono dovute passare sotto i nostri occhi, donne esistite quasi solo come proiezione maschile, vissute solo in funzione della relazione materna, e quindi non come soggette autonome, per arrivare a dove siamo oggi, costruttrici di una identità autonoma. Autonoma non vuol dire automaticamente conflittuale per principio, ma certamente in grado di segnare un confine. La violenza nelle relazioni intime è certamente il discrimine fra un amore sano e un sentimento che viola le donne, ma che paradossalmente le ignora o le teme. Chi si sfoga in realtà non sa chi >


ha davanti e non fa nessuna distinzione affettiva; chi violenta psicologicamente, è alle prese con i suoi disturbi e complessi d’inferiorità; chi pensa che dopo ogni forma di violenza la famiglia possa continuare a essere un nido tranquillo, non ha una visione chiara della realtà ed è socialmente pericoloso. Per millenni, la famiglia è stata l’unica meta obbligata dell’esistenza femminile, e i figli legittimi l’unica dimostrazione delle loro capacità, ignorando vocazioni ad altro. In linguaggio quotidiano fino a pochi anni fa, si usava la perifrasi “togliersi i grilli dalla testa”, che all’incirca stava a significare sei una donna e resta al posto che ti è stato assegnato. E’ stato un processo doloroso aprire gli occhi sulla realtà: le famiglie, come oggi si chiamano, sono anche luoghi di processi complicati, di relazioni aggressive, di violenze assistite dai figli, di complicità femminili irrobustite dalla

paura e dal silenzio. Ma le donne sono state spesso definite in tante occasioni diverse anche le protagoniste della ricostruzione, come il Lazio meridionale e Cassino sanno molto bene per ciò che è avvenuto nella seconda guerra mondiale; hanno portato mattoni sulle loro spalle per sgomberare le macerie e ricostruire il quotidiano. Ecco, i nostri volti spero suggeriscano un legame di genere che attraversa il tempo, e il messaggio che per ricostruire, rifiutando i tanti volti della violenza, occorre certamente ripartire non solo materialmente, ma anche dal sé più profondo. Nei trenta anni che sono ormai trascorsi nella mia permanenza all’Università di Cassino, non sono stati pochi quelli che ho dedicato, con profonda convinzione, alla crescita in ogni senso del tessuto femminile. La materia che insegno, Pensiero politico e questione femminile, ha alla sua radice >


la convinzione che è sempre stata urgente, allora come oggi, una diversa formazione culturale nelle relazioni fra i generi. E’ una distorsione storica continuare a puntare gli occhi solo sulle vittime che sono tali anche perché non hanno voce, invece di vedere la dualità del rapporto che lega le vittime all’esecutore della violenza. E’ accaduto e in parte accade anche ora nella prostituzione avere una visione parziale invece di quella duale; è la prostituta che ha sempre attirato gli sguardi, provvedimento punitivi, riprovazione sociale; e a ben vedere anche nella maternità lo sguardo si è accentrato sulla retorica della funzione materna, relegando il padre sullo sfondo come figura prima autoritaria e oggi fantasmatica. In troppi luoghi della formazione, scuola e università, e in tante pagine dei testi d’esame manca la conoscenza della propria storia, un’educazione

all’affettività, un’educazione sessuale che non sia solo un profilo biologicoriproduttivo. Come Consigliera di parità della Provincia di Frosinone e come Docente dell’Università, lavoro con la Rete provinciale antiviolenza, nata qualche anno fa, che comprende ovviamente la Prefettura, Procure, Questura, Carabinieri, Asl di Frosinone, Distretti, Ordini professionali, Associazioni, Centri antiviolenza; la mia convinzione di partenza è rimasta quella: la violenza di genere non è un’emergenza come è ormai evidente, ma un problema strutturale di tutti; si spera che sia evidente anche ai media che continuano a definirla talvolta in modo inappropriato; abbiamo cercato con la Rete provinciale anti violenza di elaborare teoricamente e praticamente interventi sul territorio. Fare un elenco sarebbe arduo e anche fuori luogo. >


Ma sarebbe irriconoscente verso le tante donne che hanno dato tempo ed energie sottraendole ai tempi di vita oggi così complicati, non ricordare marce silenziose, intitolazione di luoghi collettivi in memoria, corsi nelle scuole di ogni ordine e grado, inaugurazione di case rifugio, collaborazione a libri in memoria di, utili a raccogliere fondi, video. Lo scopo credo di tutti e tutte è stato ed è anche tutelare un bene comune, che è quello dell’integrità fisica e morale. Nel 1995 si teneva la IV Conferenza Mondiale delle donne di Pechino, ad oggi sono passati 25 anni, ma era in quella sede che entrava nelle politiche dei Paesi sottoscrittori del Programma d’Azione il concetto di salute delle bambine e delle donne non come assenza di malattie, ma come benessere e possibilità di realizzare le proprie aspirazioni.

Il Progetto 100 donne, ideato e realizzato grazie a Sara Battisti, Consigliera regionale del Lazio, a Barbara Di Rollo Presidente del Consiglio comunale di Cassino (comune capofila) e all’associazione “Ammuri liberi” non parla un solo linguaggio. Questo Progetto dunque consente di vedere le altre, noi stesse e il futuro in prospettiva, un futuro che dipende da noi.

*Ordinaria di Storia delle dottrine politiche Università di Cassino e Lazio Meridionale Consigliera parità provincia di Frosinone



Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Elisa Ceccarelli

Consigliere comunale, servizi sociali Comune di Falvaterra


Marta Cardile

Assessore alla cultura Comune di Atina




Francesca Perrella

Presidente Ass. giovanile F45

Comune di San Donato Val di Comino


Simona Grossi Imprenditrice


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Lucrezia Piccirilli Manuela Mizzoni

Economista esperta di sanitĂ Comune di Boville Ernica

Psicologa



Michaela Sevi

Resp. Centro antiviolenza “Fammi Rinascere� Comune di Fiuggi


Martina Sarracino Polizia Locale Comune di Falvaterra


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Chiara Coluzzi

Dirigente PU.MA. Tradind srl

Mi chiamo Federica e sono una delle tante donne che ha scelto di fare riferimento ad un centro antiviolenza per cercare di rincominciare a vivere una vita normale. In tutti questi anni mi sono resa conto che se c’è una cosa che fa veramente paura è l’abitudine e l’accettazione passiva di una condizione di vita che pensiamo di meritare perché “quello è il destino che ci è capitato e basta”. Ho vissuto sulla mia pelle questo status anche se non l’ho mai accettato veramente e ho cercato di ribellarmi a questo pregiudizio. Provengo da una famiglia fortemente “patriarcale”. Mio padre rigetta la figura della donna così come democraticamente viene intesa, una figura al pari dell’uomo. Ebbene sì, purtroppo la discriminazione di genere è ancora molto diffusa e se penso anche a quello che, purtroppo, mio padre ha >


vissuto nella sua infanzia (lavoro minorile, madre assente, assenza della figura di un padre) questo aspetto è diventato ancora più marcato. Non giustificherò mai quello ci ha fatto in tutti questi anni, la violenza non è mai giustificabile, anzi, penso che vissute determinate esperienze di sofferenza una persona per bene debba preoccuparsi di non ripercuotere le stesse azioni nei confronti degli altri, conoscendone il dolore. E invece no, mio padre a buon viso e cattivo gioco ha riproposto esattamente le stesse azioni nei nostri confronti, se non in modo peggiore. Sono arrivata a conclusione che lui ci trattasse così perché a sua volta è insicuro di sé stesso e ha una voragine dentro che colma vedendo l’altro soffrire. Quante volte mi è stato ordinato di non piangere perché piangere non serve a niente.

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Loredana Rea

Direttore Accademia Belle Arti Comune di Frosinone


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Non si può chiedere ad una bambina che piange per le percosse di non azzardarsi a piangere. Se guardo alla me di una decina di anni fa provo veramente pietà per quella bambina, sola anche se circondata da persone. Una solitudine forzata che ora è diventata una scelta di vita: sono passati anni in cui non ho potuto vivere l’affetto di una madre come si deve, soprattutto quando ero più piccola, perché lei era costretta ad andarsene di casa. Ho maturato vergogna sì, perché vedevo gli altri vivere una vita diversa dalla mia, avevano una famiglia in cui non succedevano queste cose e lo capivo bene nonostante la tenera età. Potevano incontrarsi tra di loro il pomeriggio per fare merenda insieme, potevano vestirsi come volevano, andavano a trovare i parenti a loro piacimento, partecipavano a cene di famiglia senza paura che il tavolo appa-

recchiato finisse scaraventato per terra a causa di un litigio. Per anni le cose in casa mia sono state distrutte, buttate per terra, dai piatti al tavolo di vetro, tutto perché lui non “sopportava” determinate parole o espressioni. Anni in cui ho soffocato le lacrime, a scuola, con i parenti abbastanza ignari degli accadimenti più violenti, con i vicini che sapevano benissimo eppure facevano finta di nulla. C’è tanta omertà in queste storie, persone che preferiscono fare finta di niente. Non sei una persona che vuole il bene degli altri se fai uso di violenza fisica e soprattutto se sfrutti la tua possenza nei confronti di chi non ha la tua stessa virilità, non sei una persona che vuole educare a qualcosa di buono se mantieni l’altro per ore in discorsi inutili e infondati in cui vuoi gonfiarti l’ego sentendoti dire “scusa” e “hai ragione”, non sei una persona su cui >


Lorena Martini

Direttore UOC Professioni Sanitarie ASL Frosinone



Adele Gentile

Dottore di ricerca Università degli Studi di Cassino

riporre fiducia se minacci di morte e usi parole volgari per denigrare e svalutare. Tutto questo mi fa ribrezzo e se penso al fatto che un padre lo faccia nei confronti della propria moglie e dei propri figli, mi deprime ancora di più. Il mio percorso scolastico è stato abbastanza travagliato: passare al periodo adolescenziale vivendo una situazione del genere si è ripercosso sul mio andamento scolastico, soprattutto nel periodo delle scuole medie. Fortunatamente non mi è stato impedito di studiare ma sono caduta tante volte e altrettante mi sono rialzata da sola nonostante i “non sei buona a nulla”, mi sono detta chiaramente che sarebbe stato grazie allo studio e alla voglia di fare che avrei potuto un giorno raggiungere i miei obiettivi: che avrei fatto altrimenti? Non oso pensare cosa ne sarebbe

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stato della mia vita se non avessi avuto questa determinazione di andare avanti prima con il liceo e poi con l’università. La cultura ti salva e ti dona senza nulla in cambio un potere che definirei magico: l’obiettività. Avere un orizzonte vasto che ti permette di guardare ad ampio respiro con imparzialità gli avvenimenti che ti coinvolgono, ti permette da estraneo di guardare agli stessi e intraprendere la via di uscita. È solo con una visione obiettiva che ci si rende conto davvero della situazione perché, purtroppo, quando (nel mio caso) si nasce in una situazione del genere si è troppo coinvolti nella vicenda e la maledetta abitudine ha la meglio sulla volontà di riconoscerne la gravità e sul prendere la decisione di dare un taglio a quella situazione e darsi una possibilità. Mia madre, invece, è caduta in una trappola infernale e per lei uscirne >


Letizia Imola

Assistente sociale Comune di Pofi

Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio



Anna Rita Ignani Farmacista Comune di Ceprano

sarebbe quasi un miraggio. Parlo al condizionale perché solo io purtroppo mi sono allontanata da questa persona: io ce l’ho fatta, anche se non è facile distaccarsi dal nucleo familiare. Non è facile una scelta del genere, ad un certo punto, però, diventa inevitabile per salvaguardare la propria dignità e incolumità. Bisogna imparare a riconoscere i propri limiti di sopportazione del dolore e umiliazione e questo è proprio quello che mi sono detta a inizio anno nel mentre si susseguivano i soliti fenomeni di violenza in casa. Ne ho viste di tutti i tipi, da un semplice pugno in faccia a mia madre che le ha causato un intervento con i punti al pronto soccorso, testa sbattuta sul portone di legno che addirittura si è fratturato nello stesso punto del colpo per l’intensità, calci e pugni sul corpo con le mani e con gli oggetti (dalla cintura al manico del coltello af-

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Maddalena Mizzoni Direttrice Turriziani Oggi Comune di Boville Ernica


filato, spintoni anche per strada, lividi, lividi, lividi. Ho salvato mia madre tre volte e non mi sento un’eroina per questo, anzi, mi fa ribrezzo la cosa perché anziché chiamare immediatamente la polizia di nascosto, ho fatto sì che il tutto andasse avanti per anni in silenzio. Ma un giorno, sfinita da quanto mi toccava assistere, mi sono guardata “dentro”, ma seriamente, e ho iniziato a pormi una serie di domande sul futuro che avrei avuto continuando a vivere quella situazione. Tra tutte le domande possibili, a partire da “ma posso veramente fidarmi di una persona che pur essendo mio padre ci minaccia di morte?”, arrivando alla domanda più importante “ma questa persona potrà mai cambiare un giorno? Questa persona cambierà mai se noi continuiamo a dare adito ai suoi sfoghi e ad acconsentirgli ogni richiesta?”, NO. >

Paola Delli Colli

Giornalista e presentatrice Lazio TV



Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Manuela Santucci

Dirigente medico anestetista Comune di Alatri

Questa persona non cambierà mai a meno che non si faccia a sua volta “aiutare” per curarsi della malvagità. Queste domande mi hanno aiutata a capire chi sono e chi voglio essere. Pongo l’attenzione su questa questione perché, ad esempio, mia madre (oltre al fatto di sperare da più di 25 anni in un cambiamento da parte di lui) pensa che stando e accettando passivamente quella situazione lui possa avere pietà e lei, a sua volta, possa cambiarlo. No, non c’è niente di più sbagliato. Niente di più sbagliato di una persona che si comporta in questo modo nei confronti di chi dovrebbe amare incondizionatamente e proteggere. Chi sono loro per toglierci la vita? Una persona che minaccia di ucciderti o di farti a “pezzettini” non sta scherzando; una minaccia non è uno scherzo ma la testimonianza (addirittura annunciata in anticipo)

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di quello che potrebbe succedere a momenti in base al suo livello di sopportazione, mica il nostro. E in tutto questo sembra che io non mi sia mai ribellata negli anni a questa situazione drammatica e invece non è così perché il mio disprezzo nei suoi confronti è sempre stato evidente nonostante ci siano stati momenti in cui mi sembrava di vivere una vita familiare “normale” e lui stesso si comportava come una persona dolce e premurosa. È sempre stato un dualismo: ad una carezza corrispondeva poi una percossa, e una volontà di annullarti con offese, sminuimenti volti a raffigurarti come persona insignificante che non serve a niente in questa vita. Dovevamo brindare come inno alla gioia alla nostra famiglia! Brindare, sì, perché tutto quello che accadeva lì dentro andava festeggiato ogni settimana. Eravamo obbligati,

Olga Martelli

Oncologa ASL Frosinone ospedali di Frosinone e Sora

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e quanti litigi solo perché vedeva che di malavoglia facevamo questo maledetto brindisi. Una persona esterna direbbe facilmente “ma potevate fare finta di essere felici, no? Solo per accontentarlo…” eh no, posso confermare che fingere non è facile e inneggiare ad una famiglia come quella in cui mi trovano mi sembrava un insulto a tante altre. Ci si deve rialzare e dirsi “io conto e merito di vivere una vita tranquilla, non sono costretta a sopportare tutto questo solo perché nasco in una situazione del genere”. Vorrei poter incorniciare la frase “rincominciare è possibile” e lo è davvero, io credo di esserne la testimonianza, contrariamente a mia madre che ancora non si è liberata di questa situazione: non è vero che dopo una certa età per una donna sia difficile rincominciare di nuovo perché “ormai è troppo tardi e non ne vale la pena”.

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Isabella Loffredi Infermiere Medicina




Martina Salvucci

Presidente PRO LOCO Comune di San Donato Val di Comino


Cristina Vandra Make-up artist Comune di Cassino


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio



Ilenia Belli

Infermiera rep. Oncologia Ospedale di Sora

Non è assolutamente vero. È meglio provare a distaccarsi da una persona malevola, è meglio buttarsi in vie sconosciute, anziché condurre un’esistenza “vuota” perché non sei mai chi vorresti essere, visto che indossi una maschera con tutti cercando di fare finta che quello che stai vivendo non sia grave e di nasconderlo per vergogna agli occhi della società. Non c’è nessuna vergogna e chiedere aiuto è una delle più alte forme di sensibilità. Decidere di dare una svolta alla propria situazione non significa buttare anni di vita in cui si è perso tempo. Eppure un rimpianto ce l’ho, quello di non aver preso il prima possibile la decisione di allontanarmi da queste persone. Adesso mi sento finalmente libera ma non perché io debba fare chissà che cosa, libera semplicemente di respirare e di non aver paura che

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Maddalena Antonia Corsi Infermiera rep. Ortopedia Ospedale di Sora


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio



qualcuno possa farmi del male da un momento all’altro senza motivo. Libera di essere me stessa senza sforzarmi di essere un’altra, altrimenti l’altro minaccia di farmi del male. Libera di auto delineare la mia figura di donna e di smettere di essere insicura perché la mia vita vale tanto quanto quella degli altri e io come persona valgo. Attualmente sto proseguendo con l’università, i miei parenti mi sono accanto nel mio percorso, e sono determinata a raggiungere i miei obiettivi. Ringrazio le operatrici del centro antiviolenza per il loro sostegno. “ormai è troppo tardi e non ne vale la pena”.

Non è assolutamente vero.

Manuela Spiriti

Assessore Comune di Colle S.Magno


Fiorella Gazzellone Vice Sindaco Comune di Terelle


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


La mia è una storia comune come tante altre, ne sono certa, ma chissà quante fra noi pensano che amare sia lasciarsi possedere. Ed è iniziata così per me, quando avevo 17 anni, nell’età in cui ci si sente pronti ad affrontare qualsiasi cosa, anche i “no” dei propri genitori. Sognavo un futuro dove avrei continuato a studiare per poi proseguire con un lavoro e poi, chissà, anche ad una famiglia. Invece no, ho conosciuto lui. Non mi piaceva, era un ragazzo troppo sicuro di sé, con tante arie da darsi. Ma piano piano, conoscendolo, ha cominciato ad aprirsi, a mostrare le sue fragilità e i suoi problemi. Allora ho creduto di essermi fatto solo un’impressione sbagliata su di lui, pensa che cattiva che ero! Invece racchiudeva tutta la dolcezza del mondo. Se prima mi dimostravo distante, coinvolgendomi poco, parlando >

Silvia Gabrielli

Consigliere alle politiche sociali Comune di Giuliano di Roma


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Chiara Nardone Ostetrica Ospedale di Sora


Gioia Mattei

Assessore pubblica istruzione e politiche giovanili Comune di S.Giorgio a Liri

Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


mi chiedevo se potevo essere io a farlo stare meglio. “Lascialo stare, è un poco di buono, fa così con tutte”, dicevano le mie amiche, ma solo io lo conoscevo per davvero, perché si confidava con me, non con le altre. Fiori, cioccolatini, peluche e attenzioni su attenzioni, mi innamorai. Eravamo una coppia perfetta fino a quando sono rimasta incinta. “O vieni a vivere con me, o ognuno per la sua strada”, mi disse dopo una settimana che non si era fatto sentire. Ne parlai con i miei, e sapendo che potevo tornare quando volevo, li rassicurai e mi trasferii da lui. Ora che avevo 18 anni sapevo cosa facevo, o meglio, credevo di sapere. Sentivo di amarlo più di ogni altra cosa, ma a lui non importava di me, né del bambino che aspettavamo. Allora le cose cambiarono. Le attenzioni, le coccole, il semplice parlare non c’era più, era sempre altrove a fare i suoi

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Sara Ferri

Infermiera Pronto Soccorso Ospedale di Sora


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


comodi. Io, invece, ero speranzosa, convinta che era solo un periodo brutto e per non far preoccupare i miei mi confidavo con sua madre che mi convinse poi a lasciarlo fare, in fondo, aveva 18 anni anche lui. In tutto ciò vedevo che aveva ragione, così ho cercato di dare più spazio, più libertà, per farlo stare bene; tutto pur di non perderlo. Ma aveva cominciato a rivelarsi per ciò che era sul serio. Ha cominciato a lamentarsi che non facevo abbastanza per lui, che perdevo troppo tempo con la mia famiglia, che i miei amici erano inadeguati a me. Ed io mi sentivo in colpa, perché credevo di non dare più come prima, allora davo adito a tutto ciò che mi diceva, facevo qualsiasi cosa, gli permettevo di prendere la mia vita pur di accontentarlo, ma era sempre niente. Ha cominciato così a darmi i primi >

Sandra Spaziani

Direttore S.C. Anestesia e Rianimazione Ospedale F.Spaziani, Frosinone


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio



schiaffi. La casa era sempre frequentata da gente di poco di buono, come lui in fondo. Subivo e perdonavo, perdonavo, perdonavo e amavo. A poco a nascere del piccolo arrivarono anche le minacce: se non avessi allontanato da me la mia famiglia, avrebbe fatto loro del male. Sapevo che non mentiva, sapevo di cosa era capace. Lo feci. Allontanai tutti da me, freddamente; per proteggerli mi sono ritrovata sola, sola con un bimbo da crescere, con vicino una persona che non conoscevo piÚ. Dentro di me continuavo a dirmi che sbagliavo, che sarebbe tornato l’uomo di cui mi ero innamorata. Intanto il tempo passava. Una donna vorrebbe sempre una gravidanza tranquilla, riempita dalle coccole del proprio compagno, io no, ero nervosa e stressata perchÊ fra

Nadia Bucci

Sindaco Comune di S.Vittore del Lazio

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Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


noi non andava più bene, l’incubo aveva appena inizio. Crescevo nostro figlio Marco con tante difficoltà, badavo a lui, a quello che era il mio compagno e alla madre. Vivevamo tutti sotto lo stesso tetto. Ormai era diventato per me un sistema, un’abitudine: essere sola, pensare e soddisfare i bisogni di chi mi aveva in pugno. Ricevevo percosse per non essere esaudiente nei bisogni di quel mostro, per la mia mancata presenza e attenzione alla madre, per una mia riflessione o pensiero diverso dal loro. Ricevevo percosse per tante e troppe cose inutili. Ed io tacevo e soffrivo, soffrivo in silenzio. Continuamente mi minacciavano di farmi allontanare da mio figlio, di farmi passare per pazza, e non c’era da scherzare con chi avevo a che fare. Però mi infastidiva che andava

Lorenza Di Brango Giornalista Tele Universo Comune di Cassino

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dalla madre a lamentarsi dei nostri problemi più intimi. Così chiesi a lui di evitare certi discorsi con la propria mamma. Mi costò quasi la vita. Le sue mani arrivarono sul mio collo, stringendomi sempre più forte, alzandomi poco a poco da terra; ero spacciata. Ma come un miracolo, Marco che mi chiama “Mamma, stai bene?”, e lui lasciò la presa. Ne parlai con la madre dell’accaduto ma come un’onda forte e improvvisa ricominciò con le mani addosso. “Non infastidire la mia famiglia” disse. Non dimenticherò mai il suo sguardo agghiacciante. Capì che erano tutti della stessa pasta, che si tenevano il gioco l’uno con l’altra, che era inutile condividere le gioie con quell’uomo. Mi abbandonai a me stessa, al mio destino, andavo avanti solo per Marco. L’ansia e la paura crescevano e lui diventava più forte. >

Ornella Massaro

Presidente editoriale “L’Inchiesta” Comune di Cassino



Arrivarono ben presto i tradimenti, ma la sera al suo ritorno ero io a soddisfare ogni sua richiesta perversa. L’amore di un tempo era finito anche per me, non avevo più forze, non riuscivo a reagire a niente. Ero stanca e avevo paura di chiedere aiuto, ero bloccata in quella situazione senza vedere mai una via d’uscita. Così mi ritrovai di nuovo incinta, ma non dissi una parola per paura di un forzato aborto. Questa volta la pancia era piccola, poco visibile, per mia fortuna, ma comunque ricevevo percosse che mi hanno indotta a fare un parto prematuro. Anche in ospedale ero sola, io e il mio secondo figlio, Luca, così piccolo e innocente, ma pensavo preoccupata a Marco, nelle mani di quella gente. Tornai a casa e come se nulla fosse, ricominciai la routine di prima, ma con una differenza: mia suocera aveva deciso di crescere lei mio figlio

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Nadia Belli

ViceSindaco Comune di Pontecorvo



Alessia Ciccarelli Presidente PRO LOCO Comune di Acuto


Luca. Lui non diceva niente, non gli importava di nulla, non li guardava nemmeno i suoi bambini, finché una sera dopo addormentato il più grande vedo lui minacciarmi di nuovo: era colpa mia di aver dato vita a quelle creature inutili, di approfittarmi della bontà della madre, che lei non poteva stare dietro al bimbo ma ci dovevo pensare io. Un’altra litigata. Loro gridavano, io li guardavo, non capivo cosa stava succedendo ma colsi l’occasione per riprendermi Luca. Mi precipitai in camera di mia suocera, lo presi dalla culla e lo portai in camera mia. Ero al settimo cielo, ma non feci vedere la mia felicità per paura che mi venisse tolto di nuovo. Percosse, violenze, umiliazioni, ancora. I miei bambini avevano assistito a tutto. Provai qualche fuga ma ovunque mi nascondevo lui ci trovava, ed era sempre peggio. Ogni volta mi avvicinavo di più

alla morte. Allora mi rifugiavo nella mia camera da letto che era separata dal resto della casa da comuni scale. Ma un giorno di luglio aprii gli occhi, mi accusavano di avergli rubato un cellulare, e senza pietà mi scagliarono a terra, madre e figlio, massacrandomi del tutto. Marco e Luca erano lì che gridavano e piangevano. Così, con le poche forze restanti mi alzai, asciugai più in fretta che potevo il sangue e dissi loro di stare tranquilli, che la loro mamma stava bene. Le botte durarono due giorni consecutivi, al terzo decisi di andarmene da quell’orrore. Avevo paura, moltissima paura, eppure sentivo una forza nuova: il coraggio. Presi Marco e Luca in braccio e mi diressi verso la porta, ma la madre me li strappò, e la bestia mi prese per i capelli trascinandomi e facendomi sbattere la testa sugli

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scalini. Mi rialzai debole, ma il coraggio divenne più forte. Presi ancora una volta i miei figli, e lui mi spinse ancora su un’altra rampa di scale. Aprii la porta e mentre me ne andavo mi gridava di denunciarmi per sequestro di minori, pur di farmi tornare indietro. Non mi importava, correvo più che potevo, anche se non avevo quasi più respiro. Mi recavo a casa dei miei perché in quel momento pensavo di fare la cosa giusta. Bussai e mio padre aprì la porta, entrai cercando di stare più calma possibile. Mi chiese cosa avessi fatto in testa, risposi che ero semplicemente inciampata per le scale, non l’avevo convinto ma cambiai discorso. Vide i piccoli e subito ci giocò, io ne approfittai per darmi una sistemata. Mia madre non era in casa quel giorno, così raccontai a mia sorella, in disparte, cos’era

successo. Mi pregava di chiedere aiuto alle forze dell’ordine, ma la paura tornò a vincere: mi ero bloccata. Sapevo che mi stavano cercando, che sarebbero venuti anche lì: stavo mettendo in pericolo anche la mia famiglia. Nel prendere un’immediata decisione bussarono alla porta, erano loro. Volevano che tacevo, da non creare problemi alla vista del paese, mi dissero che non avevo diritto di levare Luca e Marco al padre. Così, quasi commovente il codardo mi chiese di fargli abbracciare Luca per l’ultima volta. Come una stupida pensai che si era arreso, che forse non voleva male ai figli, invece scappò col bimbo in braccio. Corsi dietro lui per riprendermelo e una volta riuscita la madre me lo strappò di nuovo. Intanto Marco era già stato chiuso in auto con quella che era mia >


Alessia Ciccarelli Barmaid Comune di Cervaro

Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Sara Andreozzi Infermiera 118 Comune di Ceprano


Greta Nardone Studentessa


cognata. Mio padre accorse in mio aiuto, dicendo semplicemente di lasciare il piccolo perché era troppo spaventato, ma come una furia la bestia lo picchiò facendogli perdere i sensi. Senza poter vedere come stava, mi chiusero in macchina e trascinata di nuovo nel loro covo. Adesso ero come sveglia da un lungo sogno, ma avevo più paura perché quella sera erano successe così tante cose che mia madre al suo ritorno chiamò i carabinieri. La bestia si aspettava che questi sarebbero intervenuti sicuramente, così disse “Tanto se mi portano via, farò al massimo qualche nottata, ma appena esco ti ammazzo!”. Mi faceva male la testa, non sapevo come comportarmi, la paura batteva forte dentro me, finché di colpo si ferma, suonano al campanello, erano le forze dell’ordine con un’equipe del 118. Parlarono con me solo gli infermieri che videro gli evidenti segni di percosse,

ma negai tutto, ero troppo spaventata, e dopo vari tentativi per farmi parlare mi lasciarono stare, se ne andarono. Presi Luca e Marco, salii nella mia camera e li addormentai. Poco dopo arrivò quel mostro che mi disse di scendere per parlare tutti insieme dell’accaduto. Volevano sapere perché avessi fatto una cosa simile, perché arrivare a tanto, era colpa mia, di nuovo. Questa volta non mi picchiò, usò il mio corpo a suo piacimento e finì lì. Piansi tanto perché alla fine sapevo di aver messo in mezzo anche i miei genitori. Mi abbandonai di nuovo. Sopportavo tutto, stavo in silenzio come se tutto andava bene. Dopo qualche mese dall’accaduto il coraggio ritornò. “Perché subire così tanto? Per chi?” mi chiedevo. Piano piano cominciavo a mettere da parte qualche indumento per un’altra fuga, quella definitiva. >

Vincenza Giannella Infermiera


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Approfittai del loro sonno per contattare mia madre, chiesi il suo perdono per come li avevo trattati, per essere arrivata a così tanto, troppo. Raccontai gli accaduti per far capire i miei atteggiamenti nei loro riguardi. Cominciai a scattarmi foto dei lividi e dei tagli, registravo ogni inutile litigio se potevo, facevo qualsiasi cosa per dimostrare che avevo veramente bisogno di aiuto. Tutto questo di nascosto. Non volevo più farmi vincere dalla paura, volevo riprendermi la mia vita, mandai tutto il materiale a mia madre senza lasciare tracce. Ero felice finalmente, anche se intimorita perché se mi avessero scoperta, questa volta mi avrebbero eliminata del tutto. Per non dare nell’occhio, sopportavo ancor più di prima, fingevo di sottomettermi, accudivo la madre come facevo sempre, soddisfacevo quella specie di uomo che avevo accanto.

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Lorenza Di Rezza

Assessore alle politiche sociali Comune di Castelliri



Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Domenica Gizzi

Consigliere politiche Sociali, Pubblica istruzione Comune di Fontechiari

Ricevevo altre percosse, ma non mi importava, questa storia stava giungendo alla fine. Un mattino di marzo presi accordi con i miei, svegliai i bambini, feci fare loro colazione, li preparai, li misi a guardare la tv. Tutti dormivano. Intanto portavo in macchina i bagagli che certamente mi sarebbero serviti. Senza far rumore, sentivo solo il mio cuore battere all’impazzata. Staccai il telefono, spensi i cellulari, staccai la telecamera di videosorveglianza e la corrente elettrica, presi Marco e Luca e uscii. Legai bene il cane che con affetto salutai e me ne andai, per sempre. Ero libera, finalmente aveva inizio un nuovo inizio. La gioia mi scoppiava dentro, i bambini erano contenti di poter stare tranquillamente con i nonni. I miei mi davano coraggio ed io ne davo a loro. Denunciai tutti quei sei anni di prigione alla questura; >


Monica Mancini

Consigliere Pari OpportunitĂ Comune di Isola Del Liri


Katia Casinelli

Medico Chirurgo Resp. UOC Malattie Infettive


mi portarono poi in un centro antiviolenza. Oggi tengo ancora nel cuore le cicatrici e i ricordi sono ancora visibili e ben marcati. Ogni giorno ripenso a ciò che mi è successo e ringrazio le persone che mi hanno aiutata, ma soprattutto ringrazio i miei genitori che mi hanno restituito la vita e la voglia di andare avanti. So che è difficile superare una situazione simile alla mia, soprattutto uscirne fuori vive, ma l’importante è sperare sempre anche quando tutto è perso. Bisogna imparare che amare significa “vivere e lasciar vivere”.

Ausilia Vitti

Consigliere Comune di Settefrati


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Raffaella Sorrentino

Volontaria Centro Antiviolenza “Fammi Rinascere� Comune di Fiuggi


Daniela Giovannetti

Infermiera coordinatrice Medicina Ospedale di Alatri


Valeria Morgia Cardiologo


Stefania Pinchera Avvocato e Assessore Comune di Ausonia


Barbara Bruni

Coordinatore Pneumologia


Tanzilli Chiara

Attrice Comune di Roccasecca


Daniela Martucci Assessore alla cultura Comune di S.Andrea


Ida Minnocci

Dir. medico Anestesista - Rianimatore Resp. UOS Rianimazione Alatri

Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Matilde Polsinelli

Infermiere Pronto Soccorso Comune di Broccostella


Gabriella Protano Vicesindaco Comune di Colfelice


Maria Giovanna Evangelista Consigliere comunale Comune di Pignataro Interamna


Mara Rocca

Impreditrice Comune di Casalvieri


Loredana Boezi

Infermiere Pronto Soccorso Ospedale di Alatri


Simona Gemma De Rosa

Assessore Comune di S.Ambrogio sul Garigliano


Pancrazia Di Benedetto Sindaco Comune di Campoli Appennino


Marilena Marina Tucciarelli Vicesindaco Comune di Fiuggi


Clarissa Silvestri

Assessore alle Politiche sociali, cultura e pubblica istruzione Comune di Morolo


Roberta Paliotta

Avvocato, Vicesindaco Comune di Castelnuovo Parano


Ornella Carnevale Sindaco Comune di Pico


Cecilia Roncone

Assessore alle pari opporutnità Comune di Sant’Elia Fiumerapido


Valeria Guglietti

Rapporto con il territorio e attiviĂ produttive Comune di Pescosolido


Margherita Ruggero

delegata alle Pari OpportunitĂ Comune di Coreno Ausonio


Anna Iacobucci

Assessore alle Politiche sociali Comune di Supino


Monica Del Greco

Consigliere Comune di Sant’Apollinare



di Paola D’alessandro

Ilaria Perini

Consigliere servizi sociali Comune di Patrica

Minerva, Patria e Maria Teresa, erano le tre sorelle Mirabal che combatterono la dittatura di Raphael Trujillo con il nome di battaglia “Las Mariposas”, le farfalle, gli insetti più belli, variopinti, leggeri e fragili. Il 25 novembre 1960 furono torturate e trucidate. 21 anni dopo la data della loro morte è diventata il giorno della celebrazione della lotta alla violenza sulle donne. Quest’anno, mentre tutti lanciavano concordi messaggi di condanna alla violenza sulle donne sui social, nelle interviste, in articoli su quotidiani, parlando col collega e con il panettiere, ancora due femminicidi nel giorno simbolo. Se si leggono i dati riportati sulla pagina del Ministro della Salute, un misto di impotenza, sgomento e incredulità: “Nel mondo la violenza contro le donne interessa una donna su tre. In Italia i “https://www.istat.it/ it/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/ violenza-dentro-e-fuori-la-famiglia” dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale…Nel triennio 2017-2019 le donne che hanno avuto almeno un accesso in Pronto Soccorso con l’indicazione di >


diagnosi di violenza sono 16.140”. Nell’anno della pandemia, i casi denunciati sono aumentati del 20%. Il Sistema Sanitario italiano ha previsto molte iniziative: l’assistenza sanitaria e psicologica delle vittime, l’implementazione delle reti di sostegno, la formazione del personale per una lettura precoce dei segnali. Strutture come i centri anti-violenza o perfino i centri di recupero psicologico per uomini maltrattanti contribuiscono ai percorsi di cura di situazioni note in cui le vittime e, a volte, i carnefici accettano di intraprendere un cammino difficile di ricostruzione di sé e della propria vita. Ma cosa, cosa fare per le migliaia di situazioni che si consumano nel silenzio, nella vergogna, nei sensi di colpa? Forse l’investimento sulle generazioni future potrebbe essere una delle riposte possibili, l’educazione all’uguaglianza della dignità nel rispetto delle differenze, alla tolleranza, la proposta di nuovi modelli positivi, il rinforzo delle alleanze educative… Ed io, cosa potrò mai fare per contribuire a questo “flagello mondiale”, come l’ONU definisce il fenomeno della violenza sulle donne?

E’ una domanda che va sollecitata a gran voce, per cercare una risposta univoca: L’amore non è possesso, è dare prima di ricevere, è una carezza. Tutto il resto è vigliacca violenza, dei più forti verso i più deboli.

Caterina Piccione

Assessore Comune di S.Giovanni Incarico



Annalisa De Filippis Nutrizionista Comune di Arnara



Rita Maria Simeone Consigliere Comune di Acquafondata


Alessia Papa

Pro Loco Comune di Viticuso



Fiorella Taricone

Prof.ssa ordinaria di Pensiero politico e questione femminile UniversitĂ degli studi di Cassino


Michela Fraioli

Libera professionista Comune di Arpino


Antonietta Manna

Impreditrice Comune di Belmonte Castello


Sonia Venzelini

Assistente Sociale Comune di Collepardo


Alba Mastracci

Operatore socio sanitario Coop. Diagonia Comune di Veroli


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Maria Rita Scappaticci Psicologa Comune di Aquino



Barbara Battista

Presidente del Consiglio Comune di Fontana Liri


Daiana Gallone

Consigliere servizi sociali, politiche del lavoro Comune di Vallerotonda



Leonilde Rotondo Vicesindaco Comune di Esperia


Marialisa Tomassi

Assessore politiche sociali Comune di Piedimonte S. Germano


Antonella Bianchi

Dirigente Medico Ospedale S. Scolastica Cassino


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio

Tiziana Pezone

Medico Otorino Ospedale S. Scolastica Cassino


Sandra Zarli

Ostetrica Ospedale S. Scolastica Cassino


Antonella Bianchi

Dirigente Medico Ospedale S. Scolastica Cassino


Emy Manzi

Medico Chirurgo Ospedale S. Scolastica Cassino


Stefania D’auria

Ostetrica Ospedale S. Scolastica Cassino


Tiziana D’Alessandro Imprenditrice


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio



Me ne sto seduta a fare che, a proteggermi da cosa, e poi perché? Là fuori c’è il mio mondo sembra su misura, fa per me. E io chiusa qui, nella mia ruggine Oggi ho più paura a guardarmi nello specchio Che immaginarmi senza fiato e senza ombra a piedi nudi nel deserto E mi domando perché Ho preso un’altra strada e non è quella stabilita È più lunga e più in salita ma è la mia sola via d’uscita nonostante la tempesta non mi sono fatta male M’importa solo di dimenticare Ho sempre più timore a passare oltre quella porta e mi accorgo che domani è uguale a ieri a oggi e non m’importa E mi domando perchè Aspetto che questa tempesta passi da se Troverò la pace e il coraggio e avrò fiducia in me. Aspetto che anche stavolta tutto passi da se Cancellerò i ricordi, per fare a meno di te

Stefania Franchitti Ricercatrice

Ci vuole poco, se ci penso, a reimparare a respirare, non mi decido mai e mi disturba, che lo faccio a fare? Ma so che il mio punto di fuga, in fondo è lì,

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da qualche parte Sul letto di questo fiume immenso a dirmi quando e dove andare Eppure quella volta che ho imparato ad annegare Aprendo gli occhi ho poi capito che infatti tutto può cambiare E io sapevo perché Aspetto che questa tempesta passi da se Troverò il coraggio, la pace e un po’ di fiducia in me Aspetto che anche stavolta tutto passi da se Conserverò i ricordi, in ogni parte di me apro gli occhi e ripercorro le cicatrici sulla pelle in ogni naufragio e in ogni sogno infranto, io non mi pento di niente nonostante la tempesta non mi sono fatta male apro la porta, chiudo a chiave, ora sì, posso andare.

di Peter Cornacchia

Maria Rosaria Ruggeri Presidente centro Antiviolenza “Mai più ferite” Comune di Frosinone



Olga Masi

Volontaria centro Antiviolenza “Mai più ferite” Comune di Frosinone


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio



Anna Maria Mendillo

Presidente AUSER FROSINONE Comune di Frosinone


Sara Battisti

Consigliere Regionale del Lazio


Iniziava tutto con L’odore del caffè Che arrivava nella stanza Con le urla della mamma Io confondevo il sogno con il risveglio Papà che bisogno c’è di fare il cattivo con la mamma lo so che non sei qui per caso Non tutti gli uomini sono uguali Tu che esalti ogni parte di me So che non sei qui per caso Da quando mi hai trovato Non mi hai lasciato Ma sempre supportato aiutato Per molti anni ho avuto paura Anche solo di ascoltare Una voce diversa Da quella femminile L’idea di trovare un uomo come mio padre Di cadere di nuovo nel bere

Margherita Mattacola AUSER FROSINONE Comune di Frosinone

Sono passati quindici anni Abbiamo cinque figli La fortuna di lavorare entrambi Ricordo ancora le notti sui libri e tu li ad ascoltare Mi sei sempre stato vicino in ogni passo del mio cammino Io che tremavo anche solo ad uno sguardo O quando vedevo qualcuno

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Arrivarmi vicino lo so che non sei qui per caso Non tutti gli uomini sono uguali Tu che esalti ogni parte di me So che non sei qui per caso Da quando mi hai trovato Non mi hai lasciato Ma sempre supportato aiutato lo so che non sei qui per caso Non tutti gli uomini sono uguali Tu che esalti ogni parte di me So che non sei qui per caso Da quando mi hai trovato Non mi hai lasciato Ma sempre supportato aiutato

di Peter Cornacchia

Elena Pane

AUSER FROSINONE Comune di Frosinone




Cento Donne di Barbara Di Rollo

Le donne che sono presenti in questo volume

La violenza non è solo quella fisica, è ogni

sono donne straordinarie, donne che lottano

azione da parte di un uomo che non tiene

per i propri diritti e per l’emancipazione della

conto della volontà della donna, un uomo

nostra provincia.

che non accetta un sì o di no come risposta.

Donne che hanno deciso di metterci la faccia.

Qualsiasi forma di aggressione, vessazione,

Siamo nel 2020: quante di noi da bambine,

maltrattamento, minaccia, ogni situazione

hanno immaginato auto volanti o anche di

che mette in discussione la dignità di una

arrivare ad usare il teletrasporto.

donna è da considerarsi violenza.

La “fantascienza” è diventata la scienza

La nostra provincia non è immune e i

che conosciamo in molti campi, dalle

numeri di casi di violenza sulle donne sono

comunicazioni, alla tecnologia, dalla salute

in sensibile aumento. È impossibile avere

(stiamo combattendo, tra l’altro, contro una

delle statistiche precise e completamente

pandemia mondiale) alle abitazioni. Tuttavia

attendibili poiché pochissime sono le donne

sembra ancora una conquista lontana

che denunciano di aver subito violenza,

l’eliminazione della violenza sulle donne,

ancora meno poi i casi che arrivano a

quell’idea di parità tra i sessi che

sentenza.

non determina la supremazia di alcuno.

I numeri di un rapporto ISTAT, in cui è stato

Con questo progetto abbiamo voluto

chiesto alle donne di riferire se negli anni

dare il nostro contributo alla Giornata

precedenti fossero state vittime di violenze

Internazionale per l’Eliminazione della

che non avevano voluto o potuto denunciare,

Violenza sulle Donne, attirando e

raccontano una storia terribile

sensibilizzando ulteriormente l’opinione

Ciò che emerge è una cultura basata sul

pubblica della nostra provincia su questo

pregiudizio, un’Italia asfissiata da stereotipi

tema di grande attualità.

e situazioni che nel Ventunesimo secolo

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ancora esistono e sono duri a morire, figli

perché devono prendersi cura di chi avuto il

di un’educazione patriarcale che distorce i

coraggio di denunciare.

reali concetti di amore, famiglia e società. Tre parole:

Sono quindi onorata di essere al fianco della

PREVENZIONE, CORAGGIO e SENSIBILITÀ.

consigliera regionale del Lazio Sara Battisti

Prevenzione significa acquisire

in questa campagna di denuncia: Sara ha

consapevolezza della nostra forza.

lavorato e speso gran parte della sua carica

Quando in un rapporto, passata la fase

istituzionale per noi donne e per ciò che il 25

dell’infatuazione, iniziano ad emergere

Novembre rappresenta.

segnali che qualcosa non “funziona” meglio prendere le distanze. La prima difesa siamo

Ringrazio i ragazzi fantastici di

noi stesse. Poi ci sono le istituzioni, che

“Ammuri Liberi” per il loro amore infinito

possono aiutare a prevenire la violenza sulle

verso l’arte e per il modo in cui riescono a

donne attraverso opere di sensibilizzazione

toccare i temi più delicati.

nelle scuole e tra i giovani con l’obiettivo di educare alla parità dei sessi.

Il mio ringraziamento più grande va a queste

Coraggio di denunciare, se non si è riuscite

splendide donne, che hanno prestato il

a prevenire e ormai si è immerse fino al

proprio volto ad un urlo, un grido arrivato al

collo in quell’amore nocivo o ostaggio di un

di fuori della provincia di Frosinone per l’eco

ricatto psicologico che devasta e annienta.

che ha suscitato.

Coraggio di dire No, di dire basta alla violenza, qualunque sia la forma.

Cento donne che insieme hanno fatto

Sensibilità significa stare vicino alle donne

rumore, che insieme hanno urlato

vittima di violenza. Da parte nostra come

NO ALLA VIOLENZA, qualunque essa sia.

esseri umani. Da parte delle istituzioni


HANNO PARTECIPATO: CENTRO ANTIVIOLENZA MAI PIÙ FERITE Numero verde 800479898 Telefono 345 3920312 mail infomaipiuferite@libero.it

Viale Madrid 56 - Frosinone (FR)

NUOVE OPPORTUNITÀ a sostegno delle vittime di violenza Numero verde 800582999 Telefono 0775251716 mail mendilloauserfr@gmail.com

P.zza 6 Dicembre - Frosinone (FR)

FAMMI RINASCERE Numero verde 800768074 mail info@donnevittimediviolenza.it

Via Capo i Prati 18 - Fiuggi (FR)



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