LUOGHI NORD AMERICA
USA - DISCRIMINAZIONE DELLE POPOLAZIONI INDIGENE: LE DONNE PAGANO IL PREZZO PIÙ ALTO Una lunga e tenace mobilitazione ha permesso in questi ultimi anni alle popolazioni indigene degli Stati Uniti d’America di conseguire fondamentali vittorie, in particolare sul piano del riconoscimento della legittimità delle loro rivendicazioni, vittorie che erano impensabili soltanto pochi anni fa. Tuttavia questi successi sono rimasti spesso sulla carta e i nativi negli Stati Uniti, come del resto in altre zone dell’America, si trovano a vivere in condizioni di povertà in percentuale decisamente superiore alla media del paese. Essi, per lo più, conseguono un livello di istruzione inferiore, sono sottopagati, hanno un’aspettativa di vita inferiore alla media e un’alta mortalità infantile, e, più in generale, sono emarginati dai processi decisionali. In un contesto come questo sono le donne native a pagare il prezzo più alto, in quanto sulla loro condizione vengono a pesare anche le oppressioni e le discriminazione di genere. Secondo i dati forniti dal Dipartimento di Giustizia americano, la percentuale di rischio di subire stupri o attacchi a sfondo sessuale è due volte e mezza superiore per le donne native americane e dell’Alaska rispetto alla media generale delle donne negli Stati Uniti. Il dato è impressionante: più di una su tre è destinata a subire violenza sessuale nel corso della propria vita. Già nel International
2007 Amnesty ha pubblicato il
rapporto Maze of Injustice: The Failure to Protect Indigenous Women from sexual violence in the USA nel quale denunciava il livello sproporzionatamente alto di violenze e stupri tra le donne native americane e la loro grande difficoltà ad ottenere giustizia. Ciò è dovuto al complicato intreccio di giurisdizioni tribali, statali e federali creato dal governo americano che di fatto permette ai colpevoli (la maggior parte dei
quali non sono nativi) di sottrarsi alla giustizia. Questo clima di violenza ha radici storiche (i coloni e i soldati erano soliti stuprare le donne native come strumento di conquista e colonizzazione) ed è ancor oggi favorito dalle violazioni su larga scala dei diritti umani e dallo stato di emarginazione in cui si trovano le popolazioni indigene. Nel luglio 2010 è stato approvato il Tribal Law and Order Act allo scopo di migliorare il coordinamento tra le varie istituzioni nell’applicazione della legislazione tribale e federale e di potenziare il ruolo delle Corti Tribali nella punizione dei reati,
attribuendo loro maggiore autorità nell’emettere sentenze. Tuttavia il rapporto annuale del Dipartimento di Giustizia, anch’esso previsto da quella legge, ha evidenziato che, mentre globalmente il numero dei rinvii a giudizio è aumentato di oltre il 50%, i reati sessuali costituiscono oltre il 30% di tutti i casi per i quali non si è avuto luogo a procedere, generalmente per mancanza di elementi. E’ stato inoltre riportato che le linee guida stabilite dal Tribal Law and Order Act in materia di reati sessuali non sono state per lo più efficacemente implementate o addirittura seguite. Nel 2013 il Congresso ha approvato una nuova redazione del Violence Against Women Act, all’interno del quale sono state introdotte nuove disposizioni volte a proteggere le donne indigene: tra queste assai importante è la possibilità per le Corti Tribali di perseguire anche uomini non-nativi accusati di determinati reati, tra i quali la violenza domestica. Il Dipartimento di Giustizia ha peraltro riscontrato che l’86% degli stupri e delle aggressioni sessuali è perpetrata da non-nativi, rendendo assai critica la possibilità che i governi tribali possano intervenire contro un fenomeno così diffuso, considerata anche la scarsità di risorse di cui dispongono. La nuova legge, che entrerà in vigore quest’anno, sembra quindi destinata a risolvere solo parzialmente il problema. Intanto le Corti Tribali continuano Voci [ APRILE 2015 - N. 2 / A. 1 ] 8