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Edizione 2018
TUTÙ ROSA PER COMBATTERE IL TUMORE AL SENO La strana storia di Bob Carey
COME RIDURRE GLI EFFETTI COLLATERALI CON LO SPORT Diamo un’occhiata alle attività sportive
“LE TECNICHE CHIRURGICHE MODIFICANO LE ESIGENZE” Intervista ad Helmut Wild, ingegnere presso Amoena
“MI PIACE LA MIA TESTA PELATA” Una chiacchierata su Facebook a proposito di mastectomia, chemio e radio terapia
SPECIALE: Le cure dopo la quadrantectomia
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EDITORIALE Editoriale Il tumore al seno rappresenta una grande sfida per una donna. Dalla diagnosi, alle cure, fino al ritorno alla vita di tutti i giorni. Noi di Amoena desideriamo esservi vicini durante tutti i passaggi di questo percorso. Non soltanto con i nostri prodotti, ma anche con la giusta informazione, suggerimenti e condivisione di storie di altre donne che hanno avuto la stessa esperienza. Una delle donne che incontrerete in questo numero della rivista è Sandra Lotz, che spiega nel proprio blog chi e cosa le hanno dato la forza durante le cure e nei momenti più difficili. E’ davvero una donna eccezionale. Il personale Amoena è vicino alle donne operate al seno, alla continua ricerca di nuove soluzioni. Helmut Wild è un ingegnere e lavora in Amoena da 30 anni. Si potrebbe dire che nessuno sa più di lui cosa sia possibile dal punto di vista tecnologico quando si parla di protesi mammarie esterne, e come queste sono cambiate nel tempo. Leggete la sua intervista. Vi auguriamo una buona lettura.
AMOENA È CON TE A OGNI PASSO
Lene Ploug Buelow Chief Commercial Officer
In foto: privat
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AMELIE BLUME*, 32 anni, vive vicino ad Amburgo in
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Germania. All’inizio del 2016 si è accorta di un gonfiore sotto al braccio sinistro. La diagnosi è stata di tumore al seno. I test genetici hanno mostrato un’alta probabilità per lei di sviluppare un tumore anche al seno destro, per cui ha scelto una mastectomia bilaterale. Leggete la sua storia a pagina 20. *Il nome è uno pseudonimo.
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Pagina 22 Come ridurre gli effetti collaterali con lo sport Pagina 14 “Le tecniche chirurgiche modificano le esigenze”
ARTICOLI Focus: Chirurgia conservativa
06 TUTÙ ROSA PER COMBATTERE IL
L E CELLULE TUMORALI NON 16
TUMORE AL SENO
La fondazione Carey si occupa delle donne operate al seno. Il loro simbolo: un tutù rosa.
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DOMANDA: IL SENO PUÒ CAMBIARE DOPO UN INTERVENTO DI CHIRURGIA CONSERVATIVA??
La quandrantectomia modifica il seno. Ne parliamo con l’infermiera specializzata Gabi Knoetgen.
POSSONO DAVVERO ESSERE FATTE “MORIRE DI FAME”
Gli zuccheri permettono ad alcune cellule cancerose di crescere più velocemente, secondo alcuni studi. Ma è sicuramente vero?
20 “ MI PIACE LA MIA TESTA PELATA”
12 “IL SENO OPERATO SPESSO RIMANE
Amelie Blume è stata operata di tumore al seno, e vuole condividere la propria espe rienza. Chiacchieriamo con lei via Facebook.
PIÙ PICCOLO”
Molte donne indossano una protesi mammaria dopo una quadrantectomia. Leggiamo il perchè.
22 COME RIDURRE GLI EFFETTI
14 “LE TECNICHE CHIRURGICHE
COLLATERALI CON LO SPORT
MODIFICANO LE ESIGENZE”
Le esigenze rispetto alle protesi mammarie esterne variano da paese a paese. Ce lo racconta Helmut Wild.
Le cure per il tumore al seno spesso hanno effetti collaterali. Vediamo quali attività sportive li possono alleviare.
24 “LA PERSONA MISTERIOSA CHE MI INCORAGGIA QUANDO LE COSE VANNO MALE”
L’autrice Sandra Lotz ci racconta cosa le ha dato coraggio durante le terapie per il tumore al seno.
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R E P A S O R TUTÙ E R O M U T L I E R E T T A B CO M A L S EN O
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La Carey Foundation è un’organizzazione di beneficenza per le donne a cui viene diagnosticato un tumore al seno. Gli autoritratti di un uomo che indossa un tutù rosa sono il suo simbolo. La storia dietro il “The Tutu Project” è allo stesso tempo insolita e degna di nota. di Iris Hilgemeier
In una foto c’è un uomo fra i 40 e i 50 anni, capelli corti castani, un po’ cicciottello, da solo su una roccia, che guarda lontano. Davanti a lui c’è il Ponte di Brooklyn di New York. Indossa un tutù rosa e nient’altro. In un’altra foto sta girando tra le arcate dell’Isola dei musei di Berlino nella sua gonna di tulle rosa.
Scattare queste foto aiutò Bob a superare il dolore e la paura che provava per la situazione della moglie; le foto inoltre facevano ridere Linda e le davano la forza per sopportare le frequenti sedute di chemioterapia. Anche altre pazienti cui Linda aveva mostrato le foto rimasero colpite (e divertite).
L’uomo in tutù è il fotografo americano Bob Carey. I suoi autoritratti in origine erano una forma di terapia. “Quando la vita è dura”, dice Bob, “scatto delle foto”. E la sua vita diventò difficile quando sua moglie Linda sviluppò un tumore al seno nel 2003. Superò la chemioterapia, i tumori recedettero e il dolore fu notevolmente alleviato. Ma tre anni dopo si svilupparono delle metastasi, questa volta al fegato.
Fotos: Bob Carey
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IL PROGETTO DIEDE VITA A UNA FONDAZIONE Quando Linda fu colpita da una recidiva (che fortunatamente superò), la coppia decise di riunire le foto di Bob in un libro. Il risultato fu travolgente. Così, nel 2010 Bob e Linda fondarono la Carey Foundation, un’organizzazione di beneficenza per le donne operate di tumore al seno il cui simbolo distintivo sono le foto in tutù.
All’inizio, per i suoi autoritratti Bob Carey sceglieva dei posti a caso. Ora viaggia il mondo per The Tutu Project e si è fotografato nel suo tutù rosa in 170 località. Con l’hashtag #Dare2Tutu, Bob e Linda si rivolgono alle persone di tutto il mondo, per scattare foto di se stessi in tutù e fare una donazione per le donne malate e le loro famiglie. https://thetutuproject.com
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In foto: Bob Carey
In foto: Kate Jackson
Da un po’ di tempo poi, Bob e Linda si rivolgono anche agli uomini malati di tumore al seno, questa volta indossando tutù azzurri.
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Focus: Chirurgia conservativa
DOMANDA:
Il seno può cambiare dopo un intervento di chirurgia conservativa?
Se le donne con un tumore al seno vengono sottoposte a chirurgia conservativa (quadrantectomia), l’aspetto del seno può cambiare. L’infermiera Gabi Knötgen, specializzata nella cura dei tumori al seno, spiega quali tipi di effetti si possono avere ed in che modo la radioterapia influisce su di essi. di Stella Hombach Oggi, all’incirca il 70% delle donne con un tumore al seno, si sottopone a interventi di chirurgia conservativa e, successivamente, a radioterapia. Le possibilità di guarigione sono altissime. Ma come appare un seno, dopo la rimozione di un tumore? Ha lo stesso aspetto che aveva prima dell’intervento? E:
Oncological Illness and Pediatric Care), un gruppo di lavoro della Deutschen Krebsgesellschaft (DKG, German Cancer Society). “L’entità del cambiamento dipende prima di tutto da quanto tessuto mammario è stato asportato, ma anche dai livelli di tolleranza della pelle di quella persona alla radioterapia”.
Il seno può ulteriormente cambiare dopo la quadrantectomia?
Che ruolo ha la dimensione del tumore, in questa valutazione?
“Sì, è possibile che accada” ha affermato l’infermiera specializzata e membro del comitato del Konferenz der Oncologishen Kranken- und Kinderkrankenpflege (KOK, Conference of
Il fattore determinante non è tanto la dimensione del tumore stesso, quanto la sua dimensione in rapporto alla mammella. “Se viene rimosso un pezzo di tessuto grande come una noce da una donna con 10
Che effetti ha la radioterapia sulla mammella?
un seno grande, la cosa sarà generalmente poco visibile”, spiega Knötgen, “ma per una paziente con un seno molto piccolo sarà diverso”.
Capita che la radioterapia inspessisca i tessuti e li renda leggermente più scuri. Il grado di modifica della pelle e della pigmentazione non dipende solo dalla durata della terapia e dall’intensità delle radiazioni, ma anche dalla tipologia di pelle e dalla sensibilità alle radiazioni. “La pelle di una donna dalla carnagione più chiara e dai capelli rossi”, ha detto Knötgen, “normalmente ha una reazione più forte al trattamento”. L’effetto collaterale più comune di una pelle soggetta a radioterapia è l’arrossamento della parte interessata, che ha l’aspetto di una lieve scottatura da esposizione ai raggi solari.
Per evitare le asimmetrie, i chirurghi cercano di eliminare i tessuti sani in modo tale per cui la parte “mancante” risulti non visibile. “Se viene lasciata una rientranza, le donne possono usare i cosiddetti segmenti compensativi”, avverte Knötgen. Lo stesso dicasi per le donne che hanno avuto un tumore di grandi dimensioni e la rimozione del cosiddetto “segmento” in un intervento di quadrantectomia. Anche la tipologia di tumore è importante. Ad esempio, in relazione al capezzolo: Se il tumore sorge nelle vicinanze del capezzolo, questo può essere deformato o anche “spostato”. In casi molto rari, deve essere addirittura rimosso durante l’intervento. “In tal caso, è possibile ricorrere al tatuaggio del capezzolo” ha commentato l’infermiera. L’aspetto negativo: La perdita delle terminazioni nervose è connessa alla perdita del capezzolo: il tatuaggio è un fatto puramente estetico.
Alcune pazienti sviluppano edemi, dopo la radiazione. “Questo è dovuto alla ritenzione idrica sottopelle”, ha spiegato l’infermiera. Il motivo: I raggi della radioterapia operano in modo aspecifico. Vuol dire che quando giungono a contatto con la pelle, distruggono tutte le cellule, che poi si dividono. “Questo causa delle reazioni infiammatorie locali, e il seno appare leggermente tumefatto” ha spiegato l’infermiera. A terapia conclusa, gli edemi recedono di solito senza alcun trattamento, benché lentamente. Un effetto ritardato sui tessuti mammari non propriamente irrorati dal sangue, forse perché le arterie, le vene e i vasi sanguigni sono stati danneggiati durante l’intervento, è che la radioterapia può causarne l’ispessimento. Secondo Knötgen, “i tessuti si fondono, per così dire”. Nel linguaggio tecnico, tale ispessimento dei tessuti connettivi è noto anche come fibrosi. In caso di dolore, andrebbe consultato il dottore.
QUANTO CONTA IL PESO CORPOREO NELLA SIMMETRIA DELLE MAMMELLE? Se una persona acquista o perde peso, questo cambiamento coinvolge anche il seno: non solo quello “sano” ma anche quello operato. Nelle donne che utilizzano prodotti di bilanciamento estetico, come protesi parziali per compensare l’asimmetria, l’effetto desiderato potrebbe non essere più lo stesso.
Il seno operato invecchia normalmente con il resto del corpo? “Sì,” ha detto Knötgen. Negli anni, i tessuti del seno operato si ammorbidiscono e i tessuti connettivi perdono la loro elasticità. In termini di “invecchiamento” entrambi i seni sono pari.
In foto: CACTUS Blai Baules /Stocksy | Kerstin Ladwig UEK Aurich
Come appaiono le cicatrici su un seno operato? Anche questo dipende dalle dimensioni del tumore rimosso. “Nella maggior parte dei casi, restano solo piccole cicatrici”, ha detto Knötgen, dal momento che le diagnosi sono sempre più precoci.
LA NOSTRA ESPERTA Gabi Knötgen è un membro della commissione della Konferenz der Onkologischen Kranken- und Kinderkrankenpflege (KOK), un gruppo di lavoro del Deutschen Krebsgesellschaft (DKG) e lavora come infermiera specializzata nella cura del tumore al seno presso l’unità di oncologia ginecologica della Clinic Ubbo-EmmiusKlinik ad Aurich. Dal 2007 al 2009 ha frequentato e superato una formazione avanzata sulla cura infermieristica del tumore mammario a Brema.
Tuttavia, durante la fase di guarigione, le cicatrici possono deformarsi, “in tal caso, la “cucitura” può essere riaperta e modificata in un secondo tempo”. Ha affermato Knötgen. L’aspetto definitivo del seno e delle cicatrici può essere determinato solo sei mesi abbondanti dopo l’intervento. “A quel punto, i tessuti saranno guariti dalla radioterapia”, spiega l’infermiera Knötgen. “Ed è solo allora che il processo di guarigione potrà dirsi completo”.
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Focus: Chirurgia conservativa
“Il seno operato spesso rimane più piccolo” Oggi, nella maggior parte dei paesi, circa il 70% delle donne con il tumore al seno subisce una quadrantectomia, dopodiché molte di loro avranno una protesi parziale o un segmento di compensazione. Perché? L’abbiamo chiesto a professionisti in Svezia, Germania e USA, specializzati nella consulenza per le donne con un tumore mammario.
I segmenti compensativi e le protesi mammarie sono solo per le donne che hanno subito una mastectomia? No, in effetti anche le donne che hanno subito una quadrantectomia hanno la possibilità di avere una protesi (parziale). Lo stesso dicasi per le donne che hanno seni di diverse dimensioni e risentono pesantemente dell’asimmetria. È anche possibile chiedere assistenza a riguardo, nei negozi per forniture sanitarie. Cosa comporta questo per le pazienti che hanno subito una quadrantectomia? E ancora, le donne interessate sanno di aver diritto ad un intervento ricostruttivo con prodotti specifici? L’abbiamo chiesto a tre esperti di tre diversi Paesi. 12
Focus: Chirurgia conservativa Angela von Bülow, 64 anni, direttrice del team per l’oncologia senologica e specialista dei linfonodi, Sanitätshaus Stolle ad Amburgo
aiuto per ritrovare la simmetria. Gli impianti mammari non hanno le curvature di un seno naturale. Quelli in silicone sono piuttosto schiacciati nella parte anteriore, quindi spesso il seno non si adatta perfettamente alla coppa del reggiseno. Inoltre, la radioterapia può indurre un restringimento dei tessuti mammari. Ecco che si rende necessaria una protesi parziale.
Ho sempre lavorato in anestesia, come infermiera specializzata. Circa 20 anni fa ho fatto un corso, per diventare professionista della cura nel settore dell’oncologia (senologica) ed è stato molto interessante per via dei prodotti di supporto: nella clinica raramente ero entrata in contatto con l’universo protesico. La mastectomia era la norma, gli interventi di chirurgia conservativa erano rarissimi.
La mia esperienza degli ultimi anni è che le pazienti sappiano molto poco dei segmenti parziali. Alcune delle nostre pazienti che hanno subito la quadrantectomia sono informate, dai loro dottori, di aver diritto a questo tipo di prodotti, altre lo scoprono dal passaparola con amiche, familiari o da altre donne nella loro stessa situazione.
Uno dei problemi che vedo generalmente nel mio lavoro con le pazienti che hanno subito la quadrantectomia, è la mancanza di informazioni: Con le donne che hanno un tumore di piccole dimensioni, la differenza in termini di misura dopo l’intervento è spesso davvero minima. Tuttavia, non sono affatto informate sull’uso delle protesi parziali perché tutti sanno che: “i seni sono tra loro spesso asimmetrici”.
Ecco perché forniamo informazioni su questo argomento con una brochure informativa, distribuita negli ambulatori locali e nei centri per la cura del tumore.
Le pazienti che hanno subito quadrantectomia, la vedono diversamente. Per loro, il seno operato non è naturalmente più piccolo: è più piccolo perché era malato. Quindi, molte donne non sono a proprio agio con tale asimmetria. Le protesi parziali possono aiutare a semplificare la vita quotidiana.
Ingrid Sandén, 58 anni, infermiera specializzata nella cura per il tumore al seno al Skåne Hospital di Malmö, Svezia Circa una paziente su dieci che è arrivata con un tumore al seno nel nostro ospedale, e utilizza un segmento compensativo. Oltre l’80% delle pazienti operate di tumore al seno, nella Svezia meridionale, conserva il proprio seno: grazie, ovviamente al grande lavoro dei chirurghi. Poiché spesso le donne si sottopongono a radioterapia, dopo un intervento di quadrantectomia, il seno rimane spesso gonfio per un lungo periodo. In questo periodo, le protesi per la simmetrizzazione non sono ancora necessarie.
Nella mia esperienza, le donne che hanno affrontato una chirurgia conservativa sono spesso più esigenti, rispetto alle misure, di quelle che hanno subito una mastectomia. Credo sia una cosa positiva. In fin dei conti, si tratta del loro corpo e di sentirsi a proprio agio nella propria pelle.
Fotos: privat • Amoena
Sherry Kendrick, 44 anni, esperta in protesi mammarie per A Woman’s Place al Tallahassee Memorial Health Care Hospital in Florida, USA
In alcuni casi, la differenza di dimensioni è visibile solo dopo un anno o più, o quando la paziente acquista o perde peso. Personalmente, non ritengo che indossare una protesi parziale sia più complesso che indossarne una totale. Provo con le pazienti le varie forme, finché troviamo quella perfetta.
La maggior parte delle mie clienti che indossa protesi parziali di compensazione, ovvero il 20% di tutte le mie clienti, ha subito sia quadrantectomie che mastectomie con successivo intervento ricostruttivo. Dopo la ricostruzione, molte clienti vedono una differenza di dimensioni e cercano 13
Focus: Chirurgia conservativa
Le tecniche chirurgiche modificano le esigenze Helmut Wild è il responsabile dello sviluppo di protesi mammarie di Amoena. In una recente intervista, ha spiegato in che modo le esigenze delle pazienti possano variare da paese a paese e perché egli abbia inizialmente valutato troppo presto il potenziale di una protesi adesiva. di Stella Hombach
Le protesi usate oggi sono le stesse di 30 anni fa?
Direttrice: Realizzate protesi mammarie da oltre 30 anni. Com’è cambiato il mercato, nel corso del tempo?
No, e questo è dovuto principalmente alle nuove tecniche chirurgiche. Anni fa, quando la diagnostica, le tecniche chirurgiche e i controlli non erano avanzati come ora, veniva asportato il grande muscolo pettorale del seno ammalato, insieme a numerosi linfonodi dell’ascella.
Helmut Wild: Lo sviluppo di un prodotto è connesso per prima cosa alle esigenze delle donne operate e queste variano enormemente da paese a paese. Ad esempio, negli USA le donne preferiscono la sensazione di una protesi meno pesante, per cui “più è leggera, meglio è”. In Germania, questo sviluppo è iniziato più tardi. Spagnole e Italiane, d’altra parte, tendono ad indossare protesi dal peso standard. E poi, oltre alle abitudini specifiche di ogni paese, vi sono differenti taglie anatomiche.
Di conseguenza, le cicatrici erano molto grandi. Giusto. Così come l’assenza di tessuto: si trattava di zone estese e, di conseguenza, aree ampie e profonde dovevano essere coperte dalle protesi mammarie. Oggi, la chirurgia conservativa è più diffusa della mastectomia. Questo cambia enormemente i requisiti di dimensioni e taglia delle protesi: per lo meno, nei paesi più avanzati dal punto di vista sanitario, come l’Europa e l’America del Nord.
Ci può fare un esempio? In termini generali, le donne inglesi e australiane hanno un seno mediamente piuttosto abbondante, le donne asiatiche, invece, più piccolo, mentre in Europa le donne tedesche sono diciamo a metà tra le due categorie, ma con una circonferenza toracica più ampia.
L’assistenza sanitaria non è paragonabile a quella dell’Europa Centrale. Le pazienti con un tumore al seno, in Russia e Cina, spesso non hanno la possibilità di sottoporsi a radioterapia o chemioterapia. Di solito è solo asportato il seno malato. Il risultato estetico non è considerato importante, quel che conta è la sopravvivenza.
Il costo delle protesi mammarie non è rimborsabile in tutti i paesi 14
Fotos: Tobias Gratz
In paesi come Russia o Cina, la situazione è diversa?
Focus: Chirurgia conservativa E che può dirci del rimborso delle protesi mammarie?
La maggior parte delle donne si abitua in fretta ai modelli delle varie protesi
Molto diverso. Nei paesi occidentali sviluppati, il costo delle protesi di solito è rimborsato. Altrove, le donne devono pagare la protesi. In quei paesi, le protesi sono considerate quasi sempre un prodotto estetico e non un elemento indispensabile dal punto di vista medico. Spesso, in molti paesi africani, solo le donne molto ricche possono pensare di pagarsi un trattamento di compensazione del seno. Fortunatamente, il tumore al seno è relativamente raro, in Asia. In Giappone, solo una donna su 30 sviluppa il tumore al seno, mentre negli USA si tratta di una donna su otto.
nella protesi Contact e non vogliono più indossare altro. Tuttavia, altre, hanno qualche difficoltà a prendersi cura del proprio seno, subito dopo l’intervento. In che senso?
“Il silicone si adatta naturalmente al corpo”
Se una donna indossa una protesi in un reggiseno con taschina, deve solo inserirla al mattino. Una protesi adesiva richiede uno sforzo maggiore perché è attaccata alla pelle, il che vuol dire che essa deve essere pulita, prima dell’applicazione. Questo passo in più fa in modo che alcune donne evitino di scegliere la protesi Contact. Tuttavia, quelle che la provano, vi si abituano relativamente in fretta e diventano delle autentiche sostenitrici e promotrici della Contact. Per loro, pulire la protesi diventa routine: come farsi la doccia o lavarsi i denti.
All’inizio dell’intervista ci ha parlato delle varie dimensioni del seno. È più difficile realizzare protesi di grandi dimensioni? Il processo di produzione è lo stesso. La difficoltà risiede piuttosto nel renderle compatibili con il reggiseno con taschina. Per una coppa A, B o C, normalmente, non è un problema. In effetti la questione, per le donne con un seno più grande, è più complessa. Amoena, però, offre buone soluzioni sia per protesi mammarie che per reggiseni con le tasche. I nostri designer del tessile prestano particolare attenzione alle taglie grandi nel corso del processo di sviluppo.
La tecnica ortopedica ed artista Sophia de Oliveira Barata disegna protesi articolari per braccia e gambe decorate con fiori e strass. Riesce a immaginare qualcosa di simile per le protesi mammarie? Forse negli USA, dove le donne sono più aperte e disposte ad affrontare il tema dei loro interventi. Ma, in linea generale, le donne operate non ci chiedono alcuna decorazione. Ma chissà, mai dire mai!
Lei conosce abbastanza bene le richieste delle donne in fatto di protesi mammarie. Ma, è mai rimasto sorpreso dalla reazione delle clienti a un nuovo prodotto? Quando abbiamo sviluppato le protesi adesive, alla fine degli anni ‘90, ci aspettavamo una domanda enorme. Diversamente dalle protesi classiche, questo modello particolare fu creato per permettere alle donne di indossarlo senza l’ausilio di un reggiseno con taschine, ma applicandolo direttamente sulla pelle. Il materiale della protesi mammaria Contact garantisce una perfetta aderenza alla parete toracica, e inoltre simula il movimento del seno naturale. Quindi sembrava la strada giusta. Lo pensammo anche noi, ed in teoria era così. In effetti, molte donne, trovano enorme giovamento 15
Le cellule tumorali non possono davvero essere fatte “morire di fame” Lo zucchero consente ad alcune cellule tumorali di crescere più velocemente (quanto meno secondo alcuni studi). Pertanto alcuni medici consigliano alle loro pazienti di eliminare dalla dieta i cibi e le bevande che contengono zucchero. Ma è davvero utile farlo? di Iris Hilgemeier
Ad aprile 2016, i medici diagnosticarono a Mathilda Berger* un tumore al seno; più precisamente, come la trentanovenne scrive nel suo blog “Leben mit Brustkrebs” (Vivere con il tumore al seno), le venne diagnosticato un “carcinoma duttale invasivo al seno sinistro con almeno due nuclei tumorali”. Per Mathilda fu uno shock. Ma invece di perdere tempo a chiedersene il perché, iniziò a fare delle ricerche: Mathilda voleva sapere che cosa poteva fare di positivo per intervenire sul suo tumore al seno.
gata ai mitocondri, mediante i quali le cellule sane assorbono dal cibo grassi, proteine e zucchero, che poi bruciano per produrre energia. Nelle cellule tumorali, invece, la funzione dei mitocondri risulta spesso modificata e i grassi, così come le proteine, diventano per loro inutilizzabili. Le cellule tumorali non bruciano lo zucchero ma lo fanno fermentare. Ne consegue la produzione di acido lattico, che facilita l’infiltrazione delle cellule tumorali nel tessuto circostante. Oltre a questo, il lavoro delle cellule immunitarie viene inibito. “Le cellule tumorali dipendono dallo zucchero”, conclude Cantley in un’intervista al servizio radiofonico ARD in Germania. “Senza di esso muoiono”.
In campo medico è risaputo da molto tempo che le cellule tumorali sono reattive allo zucchero. Forse la loro dipendenza dal glucosio (zucchero) è colle-
Fu per questo che Berger si chiese: sarebbe meglio dunque eliminare cibi e bevande dolci dalla mia 16
Illustrationen: Shutterstock
“LE CELLULE TUMORALI DIPENDONO DALLO ZUCCHERO”
Si imbatté in un esperimento online condotto nel 2013 dallo studioso di Harvard Lewis Cantley, che insieme al suo team era riuscito a dimostrare che le cellule del tumore mammario in assenza di zucchero smettono di proliferare (per lo meno in laboratorio).
dieta? Lo scopo di una dieta di questo tipo (dieta chetogenica) è la cosiddetta “chetosi”: la privazione prolungata di zucchero modificherebbe il metabolismo dell’organismo. Così facendo, le cellule potrebbero produrre energia partendo solamente dai grassi e dalle proteine, invece che dallo zucchero. Ciò determinerebbe la “morte” del tumore (almeno in teoria). I dietisti del Tumorzentrum München (TZM) [Istituto dei tumori di Monaco] tuttavia, non sono convinti di questo approccio. Secondo loro, sinora non ci sono prove sufficienti sugli effetti positivi della dieta chetogenica. Interrompere la crescita di colture cellulari umane “lascia dei dubbi” dal loro punto di vista, e quindi la dieta chetogenica non è consigliata nelle persone malate di cancro. La professoressa Jutta Hübner, studiosa e membro del gruppo di lavoro Prävention und Integrative Onkologie (PRiO) [Centro di prevenzione oncologica] della Società tedesca sul cancro, concorda che: “Sino a questo momento non ci sono studi scientifici che provino che tale dieta (N.d.R.: il riferimento è all’adozione di una dieta chetogenica o a basso contenuto di carboidrati) possa prevenire o ridurre la crescita e le metastasi tumorali nei pazienti”.
ZUCCHERO: È TUTTA UNA QUESTIONE DI MOLECOLE I carboidrati (saccaridi) sono importanti fonti di energia per il nostro organismo e sono composti da zuccheri. A seconda della quantità di molecole che contengono, possiamo distinguere tre diversi tipi di carboidrati: 1. I carboidrati semplici (monosaccaridi) vengono assorbiti direttamente dal sangue e fanno alzare velocemente il livello di glicemia. Sono composti da un’unica molecola di zucchero. 2. Gli zuccheri doppi (disaccaridi) vengono convertiti in zuccheri semplici nel tratto gastro-intestinale in tempi relativamente veloci. I disaccaridi sono composti da due molecole di zuccheri semplici. 3. Anche i carboidrati complessi (polisaccaridi) vengono scomposti in zuccheri semplici, ma l’organismo richiede tempo per farlo. Il motivo: essi sono composti da un minimo di 10 a diverse migliaia di molecole di zuccheri semplici. Ne consegue che i carboidrati alzano il livello di glicemia in modo lento e sono pertanto una scelta più salutare.
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tumori. La sua raccomandazione pertanto è che i malati di cancro seguano una dieta bilanciata e consumino lo zucchero in moderazione.
Dal punto di vista di Hübner, la teoria è fondamentalmente discutibile: “Di fatto, i malati di cancro non dovrebbero permettere che il loro livello di glicemia si abbassi troppo, ma solamente quanto quello delle persone in buona salute”.
Così la pensa Mathilda Berger. Ispirata dalle sue ricerche e dai consigli dei medici, cambiò la sua alimentazione prima di iniziare la chemioterapia, anche per evitare la (forte) nausea durante il trattamento. Rinunciò ai cibi con zuccheri aggiunti ed eliminò dal piano alimentare i carboidrati ad azione rapida, come la pasta e il cioccolato. Il suo piano alimentare si allineò così in qualche modo alla dieta chetogenica.
Perché? “Se non riceve carboidrati per lungo tempo, l’organismo produce glucagone e altri ormoni dello stress,” spiega la ricercatrice. “e ciò dà il via alla rigenerazione dello zucchero, specialmente nel fegato”. Quindi, anche se è a digiuno, l’organismo non è mai completamente privo di zucchero.
GUSTATEVI IL CIBO
Hübner evidenzia quindi un altro aspetto. “Privando le cellule dello zucchero”, spiega, “molte cellule tumorali di fatto cambiano il proprio metabolismo e crescono più lentamente”. Tuttavia, nel tempo imparano a metabolizzare le proteine e i grassi e allora crescono anche più velocemente. Alcune cellule tumorali addirittura mutano in cellule staminali maligne.
Ma solo in parte. Perché la blogger sa che: “I carboidrati complessi e le fibre fanno parte di una dieta sana”. Discusse di ciò in modo dettagliato con una dietista dell’Uni-klinik (ospedale dell’università). Inoltre, Mathilda ama il cibo. Quando desidera un gelato o un dolce, non se lo nega e poi magari fa una passeggiata o dell’esercizio fisico, perché muoversi abbassa anche i livelli di glicemia.
Concorda comunque con i propositori della dieta chetogenica su un punto: i carboidrati rapidamente disponibili che causano l’innalzamento del livello di glicemia possono di fatto favorire la crescita dei
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Illustrationen: Shutterstock
*“Mathilda Berger” è lo pseudonimo della blogger.
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Genevieve (Francia), è stata operata al seno e indossa il completo Aurelie di Amoena
“MI PIACE LA MIA TESTA PELATA” Amelie Blume* ha un tumore al seno e vuole condividere la sua esperienza. Quindi è da qualche mese che siamo regolarmente in contatto con lei via Facebook. La nostra prima conversazione risale al 7 agosto 2017. La chat qui riportata è un estratto della nostra seconda conversazione, in cui Amelie ci raccontava di come stesse andando la chemioterapia fino a quel momento e in che modo la sua vita fosse cambiata.
Stella Hombach Amelie Blume Ciao Amelie
21 Agosto, ore 11:29 Ciao Stella
Com’è andato il fine settimana? È stato fantastico. Ero invitata a due feste di compleanno sabato sera e dovevo partecipare ad entrambe. Mi sono vestita, mi sono fatta bella truccandomi un po’ e mi sono attaccata le ciglia finte. Mi sentivo davvero bene. Domenica, poi, sono stata un po’ con Nala, la mia cucciola. Ora vive con me e mi tiene davvero occupata. Fantastico. E che bel nome, Nala! Perché hai messo le ciglia finte, per la festa?
Sfortunatamente, le mie stanno cadendo. Me ne sono rimaste poche. Nel quotidiano, non m’importa; ma sabato, volevo sembrare quella di sempre e stare davvero bene con me stessa, magari flirtare un po’ (in segreto ;-))
Beh, sì. La mia vita è diversa. Prima, ero sicura di me, una donna forte, spensierata, socievole e ironica e mi piaceva essere così. Ora, sembra che il contatto con le persone sia una sfida, per lo meno per come era prima. Nell’ambito familiare non ho alcun problema, ma quando incontro gente nuova mi sento un po’ insicura. È quando mi accorgo di essere un po’ sensibile, vulnerabile. Ecco perché ho bisogno di una maschera, e quindi le ciglia finte.
Per la “Amelie di dopo”, spero di venirne fuori più forte, grazie a tutte le esperienze che sto vivendo. Ci sto già lavorando, con la mia psicoterapeuta. 20
Fotos: privat | Tobias Gratz
Capisco! Cosa intendi quando dici “volevo sembrare quella di sempre”? Diresti che c’è una “Amelie prima del tumore” e una “Amelie dopo il tumore” o “durante il tumore”?
Andresti in giro senza parrucca o hai bisogno di quella “difesa”? Ne ho bisogno. Con la parrucca, nessuno fa caso a me. Vengo trattata normalmente, e arrivo quasi a dimenticare tutto. Detto questo, senza parrucca sono comunque a mio agio. Mi piace la mia testa pelata. Che programmi hai per questa settimana? A parte addestrare Nasa. Volevo dire “Nala”, stupido t9! Hai ragione, quella è già una bella fatica. Oggi pomeriggio ho la mia psicoterapia settimanale. Giovedì devo tornare per un altro “cocktail party”, ma oggi non mi va di pensarci. Me ne mancano solo tre. Il che vuol dire che tra tre settimane sarà tutto finito. Bene! Quindi la prima parte è quasi andata. Oh sì, non sai quanto ne sono felice. È già un gran traguardo.
Le sessioni di psicoterapia sono ancora incentrate sulla gestione della paura o il tema è cambiato?
Le paure sono sempre la questione principale. Ma ci sono anche altri argomenti da affrontare, come ad esempio come vivo il mio contesto sociale, o come il mio contesto sociale mi tratta. In un momento di simile crisi, scopri chi sono i tuoi veri amici e quali non lo sono mai stati. Davvero alcuni amici ti hanno voltato le spalle per via della malattia? Sì, ahimè. Le cosiddette “amicizie di circostanza”. Non ho bisogno di amici presenti solo quando va tutto bene. Ma, d’altra parte, devo dire che ho conosciuto nuove persone e altre ancora hanno fatto un grande sforzo per starmi più vicino, persone dalle quali non me lo sarei mai aspettato. In fin dei conti, la vedo come una cosa positiva: la lente della mia videocamera ha un focus più profondo e ora so riconoscere meglio chi mi fa bene e chi no. Amelie! Grazie mille per questa chiacchierata e in bocca al lupo per il “cocktail party”. Ci sentiamo presto! È stato un vero piacere, come sempre. Dai a Nala un abbraccio da parte mia! Lo farò. A presto.
*Il nome è uno pseudonimo.
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TERAPIA PER IL TUMORE AL SENO:
Come ridurre gli effetti collaterali con lo sport Il tumore è stato rimosso e hai terminato le cure. Tuttavia, la chirurgia e la chemioterapia mammarie presentano spesso degli effetti collaterali. Vediamo allora quali sport possono contribuire ad alleviare i sintomi, e quali sintomi nello specifico. Quanto segue è stato sviluppato in collaborazione con l’esperto scientifico di sport Freerk Baumann del Cancer Center di Colonia (CIO Köln Bonn), Germania. di Sandy Braun
LINFEDEMA SECONDARIO Che cos’è? Un gonfiore doloroso del tessuto connettivo, che si sviluppa quando il liquido linfatico si intasa nel tessuto e nei suoi interstizi. Il linfedema al braccio si verifica spesso quando sono stati rimossi i linfonodi per la mastectomia. Tuttavia, il rischio di linfedema è notevolmente diminuito grazie a procedure chirurgiche più attente. Che cosa può essere di aiuto? 1. Gli sport acquatici come il nuoto e la ginnastica aerobica in acqua: la pressione esercitata dall’acqua e la contrazione muscolare comprimono delicatamente il tessuto favorendo il movimento del liquido linfatico. 2. Moderato allenamento con i pesi agli attrezzi, equitazione o Nordic walking: il movimento avanti e indietro delle braccia consente ai muscoli di contrarsi favorendo lo scorrimento del liquido linfatico.
L’attività fisica da cui potrai trarre il massimo beneficio dipende anche dalla fase di trattamento in cui sei al momento impegnata e dall’effetto che tale trattamento produce sul tuo corpo. Dovresti pertanto consultare sempre il medico prima di iniziare qualunque programma di allenamento. 22
NEUROPATIA Che cos’è? Un malfunzionamento del sistema nervoso periferico che spesso colpisce le pazienti con tumore mammario dopo la chemioterapia, solitamente alle mani e ai piedi. Sintomi: formicolio e intorpidimento. Che cosa può essere di aiuto? Vibrazioni che stimolino lo strato esaurito di mielina nei nervi, favorendone la rigenerazione. 1. Per i piedi: tecnologia a vibrazioni (come la pedana propriocettiva o Power plate), allenamento moto-sensoriale (come gli esercizi di equilibrio sulla sabbia e stare in posizione eretta su terreno vibrante), alcuni esercizi di yoga e pilates (nei casi in cui il piede inizia a tremare quando si sta su una gamba sola, per esempio). 2. Per le mani: piastre vibranti, esercizi di piccola motricità come suonare le percussioni, la chitarra o il pianoforte, oppure semplici attività di presa (come sarchiare le lenticchie).
ARTRALGIA Che cos’è? Si tratta di dolore articolare, e spesso nelle pazienti con tumore al seno è un effetto collaterale della terapia ormonale. Che cosa può essere di aiuto? L’allenamento intensivo con i pesi per produrre massa muscolare e/o il movimento intenso (come il jogging) spesso aiutano, anche se al momento non se ne sa il perché.
MOBILITÀ RIDOT TA Che cos’è? Dopo la mastectomia, può verificarsi un perdurante stato di mobilità ridotta. Le sensazioni di tensione e di dolore spesso determinano una postura scorretta, che riduce la forza muscolare e provoca squilibrio muscolare (contrazione). Che cosa può essere di aiuto? La combinazione di un moderato allenamento con i pesi ed esercizi di stretching, spesso con gli attrezzi o con fasce elastiche: rinforzando i muscoli e facendo stretching alle zone colpite, la mobilità aumenta e la postura migliora.
ASTENIA
Illustrationen: Sandy Braun
Che cos’è? Spossatezza profonda e stanchezza cronica, spesso causate dalla chemioterapia. Che cosa può essere di aiuto? Fondamentalmente qualsiasi tipo di attività fisica: dal giardinaggio al jogging e all’esercizio muscolare. Importante: nel trattamento della stanchezza, la cosa più importante non è il tipo di movimento ma la sua intensità. La regola di base è: quanto maggiore è il grado di stanchezza, tanto minore deve essere l’intensità dell’allenamento. 23
La persona misteriosa che mi incoraggia quando le cose vanno male
Nel mondo, circa 1,1 milioni di donne all’anno si ammalano di tumore al seno: una diagnosi difficile per ognuna di loro. Molte delle nostre lettrici hanno già affrontato la malattia e la terapia e molte l’hanno anche già superata. Quindi volevamo scoprire con una blog parade (concorso letterario): “Chi (o cosa) ti ha dato forza e coraggio durante la terapia contro il tumore al seno, nei momenti più bui?” Ecco la risposta della nostra autrice ospite, Sandra Lotz.
Quando, per la Amoena Life Blog Parade, pensavo alla domanda su chi o cosa mi avesse dato forza nei momenti più duri della terapia contro il tumore al seno, al principio, non mi venne in mente nulla di particolare. Tutte le possibili risposte mi ronzavano in testa confusamente, come uno sciame di api. Ma qual era quella in cima alla lista dei pensieri? Quale ape meritava il riconoscimento di quella “che mi aveva sempre dato coraggio”?
tappetino del bagno e pensavo di dover morire. In quei momenti, avevo davvero bisogno di un’enorme dose di coraggio per ritornare alla mia vita. Ispirare coraggio è una cosa grandiosa. E ovviamente ci sono state cose e persone che mi hanno aiutato quando ero stesa sul pavimento.
COSA MI HA AIUTATA?
La definizione di coraggio che si trova su wikipedia è “l’approccio con il quale una persona affronta il pericolo e compie un’azione, anche se ne è spaventata.” Beh, pensavo, la terapia in sé non è che ispiri proprio coraggio. Ma dovevo farla. Io sono, in assoluto, l’ultima persona che sapeva cosa fare nella fase acuta della cura. C’erano momenti in cui me ne stavo rannicchiata sul
Ma, più di ogni altra cosa: l’immagine che avevo di me stessa: una donna felice, radiosa, positiva e di
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In foto: privat
Accettare la diagnosi e tirar fuori le emozioni, passeggiare nella natura, ascoltare musica ad alto volume, cantare, ballare, fare yoga, meditazione, andare in bici, il cioccolato fondente, la famiglia e gli amici, scrivere e sognare.
successo che era in pace con se stessa e avrebbe superato anche QUESTO.
Ecco perché ho attinto l’aiuto necessario dove ho potuto: dalla mia famiglia e dai miei amici. Dall’attività fisica: lo yoga o le passeggiate. Dalla meditazione, con la sua pace e la riflessione. Dall’effetto terapeutico della scrittura, come il mio blog. E da molte altre cose.
Tutto questo, sì, mi dava forza. Durante la terapia ho consapevolmente attinto a quelle risorse. Perché se sono forte, posso affrontare meglio le sfide della vita. Anche il tumore al seno.
Ma nessuna di esse, per quanto importante potesse essere, persona o cosa, vince la gara delle api nella mia testa. Assolutamente. Sono io, e lo sarò sempre. È la mia vita ed è mia responsabilità.
COSA DOVEVO TIRARE FUORI? Fiducia in me stessa. Una diagnosi di tumore al seno è uno shock ed è così dannatamente facile cedere all’autocommiserazione. Ma non vai da nessuna parte, autocommiserandoti. Quindi mi sono detta: “Metti la marcia e parti! Cosa può farti bene in questo momento?” (E poi farlo davvero): questa è stata la mia salvezza.
PER COSA HAI BISOGNO DI CORAGGIO, DURANTE LA TERAPIA CONTRO IL TUMORE AL SENO, • se non per il tuo personalissimo viaggio verso la guarigione?
Riconoscere cosa mi faceva bene. A volte, hai bisogno di tranquillità. In quel caso, passeggiare nella natura è la cosa migliore. A volte, poi, devi tirare fuori i tuoi sentimenti: e una chiacchierata con un amico fidato aiuta. Sta a me ascoltarmi e cercare nel profondo. Scoprire quello di cui ho davvero, davvero bisogno in quel momento.
• Per la decisione, e la messa in pratica, di essere felice a dispetto del tumore. • Per decisioni non convenzionali. Tutte cose che ho dovuto e devo fare da sola. Davvero il più grande successo lo attribuisco a me stessa. Perché è con me che vivo, ogni giorno, ogni ora e ogni momento. Che io pianga o rida, che sia ottimista o preoccupata, è compito mio restare in equilibrio. Ed essere sicura che i momenti positivi siano la maggior parte, ma senza forzarmi e senza reprimere quelli negativi. È un compito che spetta a me e me sola. Ed è per questo che voglio ufficialmente RINGRAZIARMI oggi, perché ho fatto del mio meglio. E allo stesso modo voglio RINGRAZIARE tutte le persone che mi hanno sostenuto negli ultimi mesi, perché anche loro hanno fatto del loro meglio e senza di loro non ce l’avrei fatta.
Provare a fare cose. Cose nuove. Altre cose. Le stesse cose di sempre, ma in momenti diversi. Ho messo su il mio sistema di supporto, pezzo per pezzo. Ed ora fa parte di me. Pazienza. Una diagnosi di tumore è una sberla in piena faccia. Getta tutto il tuo universo nel caos più completo. Rimetti insieme la tua vita pezzo per pezzo, dolcemente e ordinatamente, uno dopo l’altro. E ci vuole tempo. E ci sono molte battute d’arresto. Per affrontare tutto questo, ci vuole tanta pace interiore, bisogna amarsi.
L’articolo originale è disponibile qui: www.goodbyeknoetchen.de/mut-macht
QUINDI, QUAL È LA VERA RISPOSTA ALLA DOMANDA INIZIALE?
FATTI | A Sandra Lotz è stato diagnosticato il tumore al seno nella primavera del 2017 all’età di 36 anni. La malattia le ha causato un periodo di completo stravolgimento. Era fortemente impegnata nel suo lavoro di project portfolio manager e dopo aver concluso gli studi, aveva appena iniziato la propria attività come life-coach part time. La diagnosi le ha dato un nuovo stimolo. Da allora lavora come life coach, formatrice e autrice, con un’attenzione particolare al tema della forza interiore e dell’equilibrio. Sandra vive vicino Francoforte sul Meno, in Germania. Per ulteriori informazioni, visita: www.sandralotz.de/amoena4life
Me stessa. Io sono la persona misteriosa che mi ha dato più coraggio. Io non ho mai smesso di ascoltarmi, di accettare le mie paure e di propormi prospettive positive. La sfida della mia giornata, ogni giorno, è affrontare la diagnosi, la terapia e ricostruire la mia vita. Perché tutto quello che affronto da sola, mi dà un maggior livello di fiducia in me stessa. E allo stesso tempo, non avrei mai potuto fare tutto questo da sola.
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N OT E Amoena4Life 2018, www.amoena.com | Publisher: Amoena USA Corporation | Editor: Iris Hilgemeier, polyshop GmbH, PrinzessinnenstraĂ&#x;e 20, 10969 Berlin, Germany | Contributors: Stella Hombach, Claudia Kaltenecker, Sandra Lotz | Art Director & Design: Sandy Braun | Photography: Bob Carey, Dorothea Craven, Tobias Gratz, Kate Jackson, Kerstin Ladwig, Shutterstock, Stocksy, Jeff Von Hoene | Contact Amoena4Life, 1701 Barrett Lakes Blvd., Ste. 410, Kennesaw, GA USA 30144, 1-800-741-0078, amoenalife@ amoena.com | The entire contents of this publication is copyrighted by Amoena, Kennesaw, GA, USA 2017. All rights reserved. Reproduction or use of the contents in any manner is strictly prohibited without prior written permission from the publisher. Amoena4Life magazine is published once a year and is distributed to subscribers, retailers and medical facilities. No liability for unsolicited manuscripts. Amoena cannot be liable for pictorial or typographical errors. While every effort is taken to ensure the information contained in this magazine is accurate, the publisher cannot be held responsible for any use of or reliance on the accuracy of such information. Any information provided is not a substitute for professional care and should not be used for diagnosing or treating a health problem or disease. If you have, or suspect you have a health problem, you should consult your doctor. The editor reserves the right to edit or abridge letters.
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