2009 maggio agosto
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Salute > Wellness
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Salute > Wellness
la nuova superficie per l'Architettura
e d i t r i c e
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AND Rivista quadrimestrale di architetture, città e architetti n°15 maggio/agosto, 2009 direttore responsabile Eugenio Martera direttore editoriale Paolo Di Nardo comitato scientifico Giandomenico Amendola, Gabriele Basilico, Miranda Ferrara, Maurizio Nannucci, David Palterer, Sergio Risaliti, Giorgio Van Straten redazione Tommaso Bertini, Filippo Maria Conti, Samuele Martelli, Elisa Poli, Pierpaolo Rapanà, Daria Ricchi, Eugenia Valacchi coordinamento editoriale Giulia Pellegrini coordinamento redazionale Fabio Rosseti corrispondenti dalla Francia: Federico Masotto dalla Germania: Andreas Gerlsbeck dagli Stati Uniti: Daria Ricchi traduzioni italiano-inglese Johanna Bishop, Miriam Hurley, Team Translation crediti fotografici le foto sono attribuite ai rispettivi autori come indicato sulle foto stesse. L’editore rimane a disposizione per eventuali diritti non assolti progetto grafico Davide Ciaroni impaginazione elettronica Giulia Pellegrini, Pierpaolo Rapanà direzione e amministrazione via V. Alfieri, 5 - 50121 Firenze www.and-architettura.it
distribuzione per l’estero S.I.E.S. Srl via Bettola, 18 - 20092 Cinisello Balsamo(MI) tel. +39 02 66030400 - fax +39 02 66030269 sies@siesnet.it www.siesnet.it stampa Litograf Editor, Città di Castello (PG) comunicazione Complemento Oggetto www.complementoggetto.it abbonamenti abbonamenti@dnaeditrice.it arretrati joodistribuzione@joodistribuzione.it quadrimestrale una copia € 12,00 numero con speciale € 15,00 numeri arretrati € 24,00 abbonamento annuale (3 numeri) Italia € 36,00; Europa € 45,00; resto del mondo € 60,00 (posta prioritaria) Registrazione del Tribunale di Firenze n. 5300 del 27.09.2003 ISSN 1723-9990 © AND - Rivista di architetture, città e architetti (salvo diversa indicazione) © dei progetti di proprietà dei rispettivi autori AND - Rivista di architetture, città e architetti è una testata di proprietà di DNA Associazione Culturale via V. Alfieri, 5 50121 Firenze è vietata la riproduzione totale o parziale del contenuto della rivista senza l’autorizzazione dell’editore e dell’Associazione Culturale DNA. La rivista non è responsabile per il materiale inviato non richiesto espressamente dalla redazione. Il materiale inviato, salvo diverso accordo, non verrà restituito.
in copertina/cover Ateliers Jean Nouvel, Complexe Aquatique des Docks, Le Havre © Emmanuelle Blanc
redazione spazio A18 via degli Artisti, 18r - 50132 Firenze redazione@and-architettura.it editore DNA Editrice via V. Alfieri, 5 - 50121 Firenze tel. +39 055 2461100 info@dnaeditrice.it pubblicità DNA Editrice via V. Alfieri, 5 - 50121 Firenze tel. +39 055 2461100 niccolonatali@and-architettura.it distribuzione per l’Italia JOO Distribuzione via F. Argelati, 35 - 20143 Milano joodistribuzione@joodistribuzione.it
soci sostenitori ANCE TOSCANA ARX SEZIONE EDILE DI CONFINDUSTRIA FIRENZE
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EDITORIALE, Paolo Di Nardo
MODELLO EVOLUTIVO, intervista a M. Mauri e U. Veronesi
QUATTRO OSPEDALI, intervista a Mario Cucinella
PER I BAMBINI, Daria Ricchi
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QUALITà DI VITA, Guido Incerti
SCULTURE LEGGERE, Elisa Poli
A MISURA D’UOMO, Azzurra Macrì
TEXTURE, LUCI E COLORI, Elisa Massano
EMERGENCY. LIFE SUPPORT, Guido Incerti
PACKAGING E MEDICINALI, F. Ranzani e S. Albolino
SANI E SALVI, Fabio Rosseti
WELLNESS, Alessandro Melis
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ATELIERS JEAN NOUVEL, Les Bains des Docks
ANTONIO IASCONE, Casalunga Golf Resort
IKON.5 ARCHITECTS, Centro benessere a New Rochelle
LARC STUDIO, Centro di spiritualità
MICHAEL YOUNG, Skin
SIMONE MICHELI, Centro benessere Hotel Exedra Nice
VA ARCHITECTS, Blue Lagoon
MONEO BROCK, Terme di Tiberio
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Random [02] RANDOM, Diego Barbarelli
EDITORIALE
PAOLO DI NARDO
Il rapporto con la malattia e la sua cura è sicuramente uno dei più difficili e personali da affrontare. La progettazione degli ospedali ha sempre rappresentato una sfida, non solo – o non tanto – per la complessità tecnologica e funzionale, comunque codificabile e di fatto codificata, quanto per la complessità delle risposte emotive che sono richieste ad un’architettura che si interfaccia con l’uomo quasi sempre attraverso il dolore e la sofferenza. La funzionalità, tecnologica ed impiantistica, deve lasciare il passo alla vivibilità degli spazi, alla loro capacità di accogliere l’individuo e di creare attorno a lui un ambiente positivo e quindi terapeutico. I progetti che AND presenta in questa prima parte vanno tutti in questa direzione: l’attenzione per l’uomo. Mario Cucinella, nel progetto dei quattro ospedali dell’area Apuana in Toscana, partendo dalle linee guida del professor Umberto Veronesi, affronta il tema come una «piccola città vissuta socialmente in modo trasversale». Sou Fujimoto, giovane architetto giapponese, nel suo Centro di riabilitazione psichiatrica infantile, crea degli spazi di connessione che definisce ‘terapeutici’ perché permettono ai bambini di trovare lì un rifugio, uno spazio per il gioco o per dormire. Pinearq, con l’Ospedale Quiròn di Barcellona crea un luogo dove «la qualità del vivere conta forse più della stessa sopravvivenza». A Tres Cantos, una delle ‘nuove città’ dormitorio alla periferia di Madrid, il Centro medico Memoria, di Montes Herraiz, riesce a riqualificare tutta la città con i suoi volumi colorati che sembrano sculture. Lo Studio Altieri ed Emilio Ambasz, con il nuovo Ospedale dell’Angelo di Mestre, creano una struttura che diviene comunità terapeutica a misura d’uomo. La stessa attenzione che ritroviamo, seppur su scala minore, nel Centro Sanitario CEDT a Daimiel, dello Studio Entresitio. Punto di arrivo è l’esperienza di chi, come lo studio Tam Associati, si trova a progettare e realizzare un ospedale di Emergency nei luoghi della sofferenza, ma anche della speranza. La parte centrale, AND, illustra un diverso modo di affrontare l’umanizzazione della cura, od almeno un suo aspetto, attraverso lo studio dell’usabilità e dell’ergonomia del packaging dei farmaci. Un aspetto apparentemente secondario del ‘diritto’ alla salute ed al benessere: la chiarezza di lettura delle confezioni, la loro semplicità d’uso, come la loro sicurezza, sono tutti aspetti che devono fare parte del percorso terapeutico che conduce al benessere in senso generale e non solo alla sanità fisica.
Divine HarvesterTM, Take the red pill [Prendi la pillola rossa]
The relation of the individual with illness and its treatment is certainly one of the most difficult and personal to face. The planning of hospitals has always represented a challenge, not only – or so much – due to technological and functional complexities, though able to be codified and thus encoded, as for the complexity of emotional response which is required of an architecture that interfaces with man often via pain and suffering. Functionality, both technological and of engineering, must leave room for living space, its capacity to receive the individual warmly and create a positive and therefore therapeutic environment around them. The projects that AND presents in this first part all move in this direction: attention to people. Mario Cucinella, within the project of four hospitals in the Apuana area of Tuscany, starting from the guidelines of Professor Umberto Veronesi, faces the theme like a «small city experienced socially in a transversal way». Sou Fujimoto, a young Japanese architect, creates, in his Centre of childhood psychiatric rehabilitation, connecting spaces which are defined as ‘therapeutic’ as they allow the children to find a shelter, a space in which to play or sleep. Pinearq, with the Quiròn Hospital in Barcelona, creates a place where «the
quality of life is maybe even more important than survival itself». In Tres Cantos, one of the ‘new city’ dormitories on the outskirts of Madrid, the Memoria medical centre by Montes Herraiz, is able to upgrade the whole city with its coloured volumes which seem like sculptures. Altieri Studio and Emilio Ambasz, with the new Hospital of the Angel in Mestre, create a structure which becomes a tailor-made therapeutic community. The same attention that we find, even though on a smaller scale, in the CEDT Health Centre in Daimiel, by the Entresitio Studio. The aim is the experience of those who, like the Tam Associates studio, find themselves planning and constructing an Emergency hospital in places where there is suffering but also hope. The central part, AND, illustrates a different way of facing the humanization of treatment, or at least one aspect, via the study of the usability and ergonomics of medicine packaging. One, solely apparently secondary aspect of the ‘right’ to health and well-being of the individual: the ability to clearly read the packaging, its usability, as well as safety, are all aspects which must make up part of the therapeutic route which leads to well-being in general and not only to physical health.
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© Sou Fujimoto
Per i bambini Sou Fujimoto, Centro di riabilitazione psichiatrica infantile
«The plan can be flexibly packed because it is random» Sou Fujimoto
testo di/text by
Daria Ricchi
For the Children The design of the Children’s center for psychiatric rehabilitation can be summed up in the words of its architect: it has a compact, versatile feel, due to the random nature of its composition, or rather its de-composition. Though the space is the result of a long, rigorous design process, the result appears completely coincidental. Laid out on a site that measures 14,000 sqm, the structure occupies barely 1,600. It is not a building, but rather a series of buildings, a ‘scattered’ building with no one single center, but rather multiple centers. They change depending on the user, the time of day, and the volume that happens to be lit up. In this sense, they are relative centers: for the medical personnel, the staff room becomes the center of activities, while for the children, it may be the living room, the play area, their own room, or the alcoves. Like a set of boxes, the volumes are placed at various angles and house all kinds of facilities: kitchens, therapy rooms, dormitories, bathrooms and medical areas. Sou Fujimoto, a Japanese architect born in 1971, began his career designing hospital buildings. His first completed project, a rest home in the Hokkaido prefecture, dates back to 1996. He then realized a series of projects in the same area, including a dormitory in the hills, for which he already conceives a sort of small, scattered village, featuring simple volumes and dark colours. A few years ago, on the other hand, he designed two private houses, also in the same area. The client and the
Il progetto per il Centro di riabilitazione psichiatrica infantile è riassunto in una frase del suo progettista: la pianta ha l’apparente capacità di risultare compatta, in maniera flessibile, grazie alla casualità della sua composizione, o meglio della sua scomposizione. Nonostante lo spazio sia frutto di un infinito e rigido processo progettuale, il risultato appare completamente casuale. Dislocato su 14.000 mq di terreno, ne occupa appena 1.600 in costruito. Non è un edificio, ma una serie di edifici, o un edificio ‘diffuso’, per questo non ha un centro o ne ha molteplici. Ed i centri cambiano a seconda dell’utente interessato, dei momenti della giornata o a seconda di quale volume sia illuminato. Si tratta quindi di centri relativi: per lo staff medico, la stanza del personale diviene un centro funzionale, mentre per i bambini il centro diviene alternativamente il soggiorno, la zona giochi, la propria stanza o le alcove. I volumi, come scatole, sono ruotati con diverse angolazioni per ospitare ogni genere di struttura, cucine, stanze terapeutiche, dormitori, servizi igienici e spazi medici. Sou Fujimoto, architetto giapponese classe 1971, ha cominciato la sua carriera progettando strutture ospedaliere. Risale al 1996 il suo primo edificio costruito, una casa di cura proprio nella prefettura di Hokkaido. Nella stessa zona ha poi realizzato una serie di progetti, tra i quali un dormitorio sulle colline, in cui propone già una sorta di piccolo villaggio diffuso, volumi semplici e colore scuro. A qualche anno fa risale invece la costruzione di due residenze private, sempre nella stessa zona. Cambia la committenza e la tipologia di incarico, ma i volumi rimangono come nel progetto per il centro di riabilitazione, dei parallelepipedi con tetto a due spioventi. Sono proprio i tetti a due falde, il ritmo che varia nell’altezza dei ventiquattro volumi che compongono il progetto e la loro disposizione ‘pseudo-casuale’ a conferire un aspetto dinamico al progetto. Il rischio di un ambiente angusto è solo sfiorato dalla totale assenza di colore, dalla scelta del bianco acromatico. Alta luminosità ma senza tinta. Se esso ha una valenza terapeutica, questa importante funzione è giocata anche dagli spazi di connessione che offrono rifugi alternativi e confortevoli, una sorta di alcove che si ricavano tra un volume e l’altro dove i bambini possono giocare e nascondersi o semplicemente addormentarsi. Gli spazi che collegano i volumi ospitano anche le stanze dove cenare e pranzare assieme. Sou Fujimoto si inserisce in quella tradizione di giovani architetti che non hanno goduto della fortuna e della ricchezza del Giappone anni Ottanta e, alla stregua di molti architetti contemporanei giapponesi, ma anche di molti colleghi europei, è nella semplicità delle forme ed in una composizione progettuale sobria e non ostentata che si riconosce e apprezza il loro attuale lavoro.
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© Edmund Sumner/VIEW
Š Daici Ano pianta primo piano/first floor plan pianta piano terra/ground floor plan in alto: vista dal campo sportivo sottostante al crepuscolo/above: twilight view from sport field below pagina precedente: padiglioni per l’accoglienza dei genitori/previous page: parents’ cabin accomodations
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10 m
nome progetto/project name Centro per la riabilitazione psichiatrica dei bambini/Children’s center for psychiatric rehabilitation progetto/project Sou Fujimoto Architects superficie lotto/site area 14.590 mq/sqm superificie costruita/built area 1.604 mq/sqm luogo/place Hokkaido, Giappone www.sou-fujimoto.com
impianti (esterno) machine (outside)
cucina/kitchen
stanza giochi playroom
spazio multifunzionale multipurpose space
armadietti locker room
sala riunioni meeting room
corte court
zona pranzo dining area
magazzino storage room
stanza studio study room
zona pranzo dining area
spogliatoio changing room
zona giorno living area
camera bed room
sezione su un padiglione/section on one pavillion
camera bed room
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5
5m
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type of job may change, but the volumes are the same ones found in the rehabilitation center design: parallelepipeds and pitched roofs. These double-pitched roofs, the varied rhythm created by the different heights of the twenty-four volumes, and their seemingly random arrangement are precisely what gives a dynamic aspect to the design. The risk of making the environment feel cramped is only hinted at by the choice of an achromatic shade such as white. The ambience is suffused with light, yet eschews colour, if this can be considered therapeutic; an important therapeutic role is also played by the spaces between one structure and the next, which offer alternative, comforting refuges: alcoves where children can play, hide, or just fall asleep. The areas linking the volumes also house rooms for eating together. Sou Fujimoto is part of a generation of young architects who never enjoyed the wealth and fortune of 80s Japan, and the current work of many of these Japanese talents, like many of their European colleagues, can be recognized and admired for its simplicity of form and sober, restrained composition.
stanza delle scarpe/boot room
Š Edmund Sumner/VIEW
pagina seguente: area comune following page: communal space
Š Daici Ano
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Sculture leggere Montes Herraiz e Fariña Martínez, Centro medico Memoria
testo di/text by Elisa Poli foto di/photos by Lluís Casals Light sculptures. Tres Cantos is a recently founded municipality on the outskirts of Madrid. Its history is linked to a construction strategy that in the early 90s, following the British and American model, generated a series of ‘dormitory towns’ built to solve the problem of urban expansion. The absence of services and the low aesthetic quality of such housing were determining factors in the deterioration and poor functioning of these areas, always slightly alienated from the nearby metropolis. In recent years, however, the local administration has invested in a series of measures aimed at redeveloping not only the downtown, but its relationship with the public. The project that has established this virtuous circle is focused on public healthcare: Memoria is a medical center located at the very heart of Tres Cantos, in a park that lies between the neighbourhood of the town hall and the shopping district. The successful concept of its two designers, José Ignacio Montes Herraiz and Francisco Fariña Martínez, is linked to the idea of a functional whole that subverts the stereotypical vision of a polyclinic, turning this new complex into an aesthetic dividend for the city. The plan called for the medical center to be built within the city park, but without upsetting the role that this public space had taken on for residents. The two architects came up with the concept of a group of buildings that would visually constitute a composition of sculptures. With this in mind, they created a series of lowstanding structures, fragmented yet modular.
Tres Cantos è una cittadina di nuova fondazione alle periferie di Madrid. La sua storia è legata ad una politica edilizia che, intorno all’inizio degli anni ‘90, seguendo il modello anglosassone, produsse una serie di città-dormitorio costruite per risolvere il problema della crescita urbana. L’assenza di servizi e la scadente estetica abitativa sono stati fattori determinanti nel processo di degrado e nel cattivo funzionamento di questi luoghi, sempre leggermente alienati rispetto alla vicina metropoli. Negli ultimi anni, però, l’amministrazione locale ha investito su una serie d’interventi atti a riqualificare non soltanto il centro urbano, ma anche le sue relazioni con il pubblico. Il progetto che ha prodotto l’instaurarsi di questo circolo virtuoso è infatti rivolto alla sanità pubblica: Memoria è un centro medico collocato proprio nel cuore di Tres Cantos, in un parco che s’inserisce tra la zona del municipio e il quartiere commerciale. L’idea vincente dei due progettisti, José Ignacio Montes Herraiz e Francisco Fariña Martínez, è legata alla concezione di un insieme funzionale che scardini la visione stereotipata del poliambulatorio rendendo questo nuovo complesso un plusvalore estetico per la città. Il programma prevedeva l’inserimento del centro medico all’interno del parco urbano senza però stravolgerne il ruolo di spazio pubblico che questo aveva assunto nei confronti della popolazione. I due architetti hanno pensato ad un gruppo di edifici che avrebbero dovuto costituire, dal punto di vista visivo, una composizione di sculture. Per questo hanno creato una serie di volumi bassi, frammentati ma al contempo modulari. Quattro prismi di cemento, alti al massimo 4 m ciascuno, simili per forma e dimensione, appoggiati ad un muro trasversale che separa nettamente il centro di salute dal verde circostante. All’estremo sud i quattro prismi si affacciano sul parco mentre sul lato nord, più sotterrati, sono praticamente ciechi. La separazione mediante patii verdi contigui, messi in relazione da una serie di passerelle di vetro, permette sia l’accesso visivo al parco sia la diluizione degli edifici all’interno del giardino. Per evitare di perdere l’astrazione della volumetria hanno preferito non insistere sulla composizione delle facciate ma disegnare volumi uguali: «Volevamo trattarli come se li avessimo trovati lì ed il nostro lavoro consistesse nell’approfittare di essi, dovevamo solamente sistemare al loro il programma di un centro di salute con elementi leggeri, quasi smontabili». Gli spazi interni sono disegnati in modo razionale e semplice: gli studi medici sono stati pensati secondo un modello di circolazione lineare e si trovano in bande parallele gli uni di fronte agli altri. Sono divisi da sottili lastre di alluminio giallo – che ritornano anche in facciata – e ruotati in modo da evitare che ciascun ingresso guardi direttamente l’altro. Il centro di salute offre un’immagine complessiva di grande intimità: la circolazione si presenta agevole mentre il profilo degli edifici all’interno del parco ricorda grandi sculture abitabili. Il cemento che forma i quattro parallelepipedi è completato da lastre di vetro e pannelli leggeri che chiudono gli spazi. Memoria è un luogo pensato non soltanto per gli utenti del centro medico, ma come cura estetica per l’intera città.
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nome progetto/project name Centro medico Memoria Memoria medical center progetto/project design Francisco Fariña Martínez, José Ignacio Montes Herraiz collaboratori/collaborators Emilio Carrasco Gutierrez, Stephane Willig, Isabel Fraile, Mónica Carballal, Miguel Marinas ingegneria strutturale/structural engineer José Abellán Muñoz consulenti/consultants Ignacio Isasi Zaragoza (strutture/structures), EURING S. L. (impianti elettrici/electrical systems) Alberto Russo (meccanica/mechanics) direzione lavori/works management Francisco Caminero, Daniel Halbach committente/client Servicio Madrileño de Salud SER+MAS appaltatore principale/main contractor UYCESA proprietà/owner Grupo Hospitalario Quirón, S.A. luogo/place Tres Cantos (Madrid), Spagna data progetto/design date 2003 fine lavori/completion 2007 superficie costruita/built area 2.000 mq/sqm www.montesherraiz.com
a
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pianta piano terra/ground floor plan
pianta primo piano/first floor plan
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prospetto ovest/west elevation
prospetto sud/south elevation
prospetto nord/north elevation
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sezione aa/section aa
sezione bb/section bb
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sezione cc/section cc
Four prisms of concrete, each a maximum of 4 m high, similar in shape and dimension, set against a transversal wall that cleanly separates the healthcare center from the green spaces around it. At the south end, the four prisms look out onto the park, while on the north side, set further into the ground, they are almost windowless. The partitioning created by contiguous green patios, connected by a series of glass walkways, allows visual access to the park while helping the buildings blend into it. To avoid sacrificing the abstract quality of the volumes, the architects decided not to focus on the composition of the facades, but rather to design identical structures: «We wanted to treat them as if we had found them there, and our job was just to take advantage of them, by organizing light, almost dismantleable elements into the form of a
healthcare center». The interiors feature a simple, rational design: the doctors’ offices follow a linear circulation scheme and are placed in parallel bands across from each other. They are divided by thin sheets of yellow aluminum – which crop up again on the façade – angled so as to keep the entrances from looking directly into each other. This healthcare center creates an overall feeling of great intimacy: it is easy to get from one place to the next and the silhouette of the buildings within the park resembles a group of large, inhabitable sculptures. The concrete of the four parallelepipeds is rounded out by panes of glass and lightweight panels that close off the spaces. Memoria is a place conceived not just for the users of the medical center, but as a beauty treatment for the entire town.
sopra: ingresso/above: entrance previous page: lato nord sud previous page: north-south side
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1 ingresso/entrance 2 reception 3 zona fitness/fitness area
Packaging e medicinali
The role of design in patient’s safety
Packaging and medicines
Il ruolo del design nella sicurezza del paziente Nel mondo dei progettisti ad ogni forma deve corrispondere una funzione. Nel caso dei farmaci la forma è solo uno dei problemi al quale il designer deve pensare. Come sappiamo, in commercio esistono numerosi prodotti che possono essere scambiati tra loro a causa di forme, colori o etichette simili. La forma riguarda il senso della vista ma anche quello del tatto: superfici calde, fredde, gommose, pungenti stimolano l’utente in modo diverso. Le confezioni dei medicinali dovrebbero diversificarsi notevolmente dall’immaginario di categorie totalmente diverse quali prodotti per la pulizia, alimenti o elettrodomestici. Di primo acchito riusciamo a capire cosa contiene una determinata confezione perché l’abbiamo interiorizzata attraverso l’esperienza, tuttavia questo processo può essere molto pericoloso. Questo automatismo può essere arrestato dall’ultimo elemento d’interazione tra l’utente e la confezione del farmaco, il tappo. Lavorare sulla sua forma può fornire un elemento forte di riconoscibilità delle sostanze. Le etichette sono una tra le più importanti cause di errori, esistono addirittura casi in cui sono pressoché identiche in farmaci con caratteristiche molto diverse. La progettazione grafica di confezioni, etichette e foglietti illustrativi, si rende perciò indispensabile. I caratteri tipografici si differenziano per tipo e dimensioni e la scelta di un font piuttosto che un altro, della dimensione, della spaziatura tra lettere e righe è di fondamentale importanza per determinare la leggibilità. Spesso gli utilizzatori sono anziani con capacità visive ridotte, o persone che possono avere disturbi da stress con facoltà percettive alterate. Le informazioni importanti devono essere evidenziate e scandite in modo chiaro grazie alla grafica. Le informazioni in primo piano dovrebbero essere: il nome del prodotto, il principio attivo, il dosaggio e la forma farmaceutica. Sarebbe buona norma indicarle su tutte e sei le facce della confezione esterna (packaging secondario) per renderle facilmente riconoscibili una volta che il farmaco viene immagazzinato. Il colore gioca un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo, ma nel contempo il suo abuso può generare una visione distorta del prodotto. Contesti diversi da quello di riferimento forniscono spunti interessanti: nel campo della sicurezza stradale viene fatto uso di colori fluorescenti per mettere in allerta gli autisti distratti, mentre colori ‘forti’ quali il rosso vengono usati dai fast-food per attirare i clienti. Si potrebbe ipotizzare un utilizzo sistematico dei colori in modo da creare
di/by Francesco Ranzani e/and Sara Albolino
In the world of designers, every form must have a corresponding function. In the case of medicines, form is only one of the problems facing the designer. As we know, numerous products exist on the market which can cause confusion due to their similar form, colour or label. Form concerns sight but also touch: hot, cold, rubbery or sharp surfaces stimulate the user in different ways. Medicine containers should vary notably from the image of totally different categories such as products for cleaning, foods or household appliances. At face value, we are able to understand what a certain package contains because we have learned from experience, although this process can be very dangerous. This automatic process can be halted by the last element of interaction between the user and the medicine packaging, the lid. Working on its form can provide a strong element in order to recognise the substance. The label is one of the most important causes of error. There are even cases in which the medicines are almost identical but with very different characteristics. The graphic designing of packaging, labels and instruction leaflets, is therefore indispensible. Typographic charateristics differ in type and size. The choosing of one source rather than another, for its size, spacing between letters and lines is of fundamental importance for determining legibility. The users are often elderly with reduced vision, or even people suffering from stress which alters perceptive faculties. The important information is clearly shown via the use of graphics. The informations that should be shown close-up, so as to be found immediately are: the name of the product, the active principles, dosage and pharmaceutical form. It would be a good idea to indicate them on all six sides of the outer packaging (secondary packaging) to make them more easily recognisable once the medicine is stored. Colour plays a fundamental role in man’s life, but at the same time, its misuse may cause a distorted vision of the product. Contexts different from that of reference provide interesting ideas: in the field of road safety, flourescent colours are used to alert distracted drivers, while ‘strong’ colours such as red are used by fast-food outlets to attract customers. It is possible to hypothesise a systematic use of colours in order to create
bottiglietta che permette il riempimento immediato di una siringa/small bottle which allows an immediate filling-up of a syringe in alto, a sinistra: sei anelli di gomma colorati above, on the left: six coloured rubber rings
6 ClearRx Bottle Il sistema ClearRx progettato per Target da Deborah Adler e Klaus Rosburg, include flaconi per pillole e liquidi e una siringa di dosaggio/The ClearRx system
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Deborah Adler and Klaus Rosburg designed for Target includes bottles for pills and liquids and a measuring syringe
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foglietto con informazioni dettagliate card with detailed informations
un codice internazionale di classificazione delle diverse tipologie di farmaci. Nelle sale operatorie di alcuni ospedali si usa già un codice colore per distinguere i farmaci. Un altro aspetto non secondario del cromatismo riguarda poi il contrasto testo-sfondo che non deve pregiudicare la leggibilità. Per quanto riguarda la nomenclatura la letteratura riporta numerosi esempi di errori terapeutici dovuti a nomi simili. Sarebbe auspicabile la creazione di un database contenente tutti i nomi dei farmaci già presenti in commercio, in grado di fornire, all’inserimento di un nuovo nome, un controllo puntuale su eventuali similitudini. L’indicazione della data di scadenza costituisce infine un altro elemento critico. Per ovvi motivi economici questo dato viene stampigliato in un secondo tempo sulla confezione ad inchiostro in bassorilievo, ma tale consuetudine crea difficoltà di lettura di un’informazione che è di fondamentale importanza. La quantità e la qualità di informazioni riportate sull’etichetta e sulle confezioni devono rispondere alle esigenze dell’utente e non della casa farmaceutica o di normative che non tengono conto di queste problematiche. Infine un capitolo a parte, che riguarda invece nello specifico gli ospedali, è costituito dallo stoccaggio che gioca un ruolo chiave negli errori terapeutici. Due farmaci che potrebbero essere scambiati non dovrebbero essere mai stoccati vicini. Dovrebbe esistere quindi un’attenta organizzazione degli spazi, ad esempio mediante l’impiego di dispositivi di separazione che non permettano la commistione accidentale tra le confezioni. Un altro problema lamentato dai farmacisti ospedalieri al momento della preparazione dei medicinali per la somministrazione, deriva dal fatto che i blister vengono smembrati perdendo in questo modo tutte le informazioni fondamentali quali il nome del farmaco e la data di scadenza. Sono le agenzie di comunicazione, incaricate dalle case farmaceutiche, che si occupano della progettazione del packaging dei farmaci, rivestendo quindi un ruolo fondamentale nella prevenzione degli errori di terapia. Purtroppo nella maggior parte dei casi il principio dello User Centered Design, che pone l’utente (medici, infermieri, pazienti) al centro del processo di progettazione, non viene utilizzato. è inoltre essenziale una regolamentazione normativa che rispetti i bisogni degli utilizzatori e che stabilisca delle linee guida alle quali le case farmaceutiche si dovrebbero attenere.
1 Riconoscimento/Identification Il nome del medicinale è stampato anche nella parte alta del contenitore, così è più visibile The name of the drug is printed also on the top of the bottle, so it’s more visible 2 Colore/COLOUR Il colore rosso del flacone è un simbolo immediatamente riconoscibile, che significa ‘attenzione!’ The red color of the bottle is an immediately recognizable symbol for caution 3 Informazione/INFORMATION L’etichetta è suddivisa in due parti separate da una linea orizzontale. Le informazioni più importanti, come il nome del medicinale od il dosaggio, sono sopra la linea; quelle meno importanti sono posizionate in basso/The label is divided into two parts separated by a horizontal line. The most important informations, such as drug name or dosage, are placed above the line; the less important datas are positioned below 4 Posizione/STANDING Una versione prevede la possibilità di posizionare il flacone capovolto, in piedi sulla capsula di chiusura, in modo che l’etichetta potesse essere avvolta attorno alla sommità del flacone The upside-down version stands on its cap, so that the label can be wrapped around the top 5 Anelli colorati/COLOURED RINGS Un sistema di sei anelli di gomma colorata da attaccare al collo del flacone, permette ad ogni membro della famiglia di identificare il proprio medicinale/A system of six coloured rubber rings, attached to the neck of the bottle, let each family member to identify his own medications 6 Foglietto informativo/Info card Un foglietto con informazioni più dettagliate sul medicinale è posizionato dietro l’etichetta A card with more detailed information is tucked behind the label
an international code to classify different types of medicine. In some hospitals, colour codes are used in operating theatres to distinguish medicines. Another primary aspect of chromatism concerns the text-background which should not compromise legibility. With regards to nomenclature, literature records numerous examples of therapeutic error due to similar names. The creation of a database containing all the names of medicines currently on the market, able to provide, upon insertion of a new name, a prompt verification of any eventual similarities, would be desirable. Indication of the expiry date also constitutes a critical element. For obvious economic reasons, this information is subsequently stamped onto the packaging with ink in bas-relief. This habit creates difficulty in reading information which is of fundamental importance due to a low quality of printing. The quantity and quality of information displayed on the label on the packaging must respond to the needs of the user and not of the pharmaceutical company or regulations which do not take this problem into account. Finally, a separate chapter, which specifically concerns hospitals, and consists of storage which plays a key role in therapeutic error. Two medicines which may cause confusion must never be stored close to each other. From this must come a careful organisation of space, for example via the use of separating devices which do not allow the accidental mixing-up of packages. Another complaint of hospital pharmacists is that which derives, at the moment of medicine preparation for distribution, from the fact that blisters are dismembered, thus losing all the fundamental information such as the name of the medicine and the expiry date. Currently occupied with the designing of medicine packaging are communication companies, commissioned by pharmaceutical companies, which consequentially take on a fundamental role in the prevention of therapeutic errors. In the majority of cases, the principle of User Centered Design, which places the user (doctors, nurses, patients) at the centre of the design process, is not used. Regulations which respect the needs of the user and which establish guidelines that pharmaceutical companies must follow, is also essential.
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Sani e salvi
Safe and sound
The design to protect the body and the mind
Il design per proteggere il corpo e la mente Alla fine del 2005 si aprì al MoMA di New York una mostra molto particolare dal titolo SAFE: Design Takes On Risk, che raccoglieva 300, tra prodotti e prototipi, pensati e progettati in risposta alle minacce, fisiche e psicologiche, che possono assillare l’individuo. La risposta ad una delle ossessioni del mondo occidentale contemporaneo, la ricerca della sicurezza, si esprime così attraverso oggetti più diversi: da rifugi di emergenza gonfiabili a giacche con 44 tasche dove riporre tutto l’occorrente per la sopravvivenza, da gusci in poliuretano antisommossa a sistemi solari di filtraggio delle acque inquinate o saline, dal defibrillatore portatile ad un nuovo concetto di confezioni per farmaci. La caratteristica comune a questi oggetti è la capacità di rispondere a bisogni concreti, nati da situazioni di pericolo, ma anche a quei ‘bisogni’ emozionali che dalle stesse situazioni nascono, portando un conforto spesso intangibile ma efficace. Nasce così, ad esempio, un tavolo di acciaio laccato di rosso, studiato presso la Scuola di design di Losanna, per essere utilizzato in condizioni di emergenza e quindi dotato di un completo kit di prima sopravvivenza fissato sulla faccia inferiore del piano di appoggio. Qui fra una coperta, un casco di protezione, l’ossigeno, un estintore, un kit di pronto soccorso medico, l’acqua, il progettista ha inserito tutto l’occorrente per realizzare e mangiare una perfetta fonduta svizzera (anche se liofilizzata). è evidente che al di là dell’ironia quello che un’opera come questa esprime, e che in emergenza è importante, è la necessità di fornire un conforto non solo fisico ma anche psicologico attraverso, ad esempio, il recupero di gesti quotidiani (la fonduta, per uno svizzero) in situazioni di estrema difficoltà. Un altro degli aspetti indagati nella mostra è la capacità dell’informazione, se chiara e comprensibile, di essere uno strumento di sicurezza e di salute. Fu presentato quindi in questa occasione il Sistema
ClearRx, realizzato da Deborah Adler e Klaus Rosburg per le farmacie di una grande catena americana. Questo sistema, composto da contenitori per pillole e liquidi, è stato pensato per semplificare la lettura e la comprensione delle informazioni, minimizzando così il rischio di assumere farmaci o dosi sbagliate per scarsa chiarezza delle etichette. Il flacone, ad esempio, presenta sempre una faccia piatta, per l’etichetta, in modo che le informazioni più importanti, organizzate gerarchicamente, possano essere lette anche a colpo d’occhio.
a cura di/edited by
Fabio Rosseti
Mathieu Lehanneur (Francese, nato nel 1974) Therapeutic Felt-tip Pens, from the Objets Thérapeutiques collection [Pennarelli Terapeutici, dalla collezione Oggetti Terapeutici]. Modello. 2001. Materiali vari, 3x3x15 cm. Foto di Véronique Huygues Questo analgesico per il dolore cronico è una medicazione sistemica che agisce su tutti i sintomi. Tutto quello che è richiesto è scrivere sulla parte dolorante del corpo, ogni giorno e rimuovere la cartuccia usata alla fine di ogni giorno. Questo prodotto transdermico è accoppiato ad un inchiostro innocuo che scompare dopo qualche minuto
Mathieu Lehanneur (French, born 1974) Therapeutic Felt-tip Pens, from the Objets Thérapeutiques collection. Model. 2001 Various materials, 3x3x15 cm. Photos by Véronique Huygues This analgesic for chronic pain is a systemic medication, which acts on all symptoms together. All that is required is to write on the painful area of the body each day and to remove the used cartridge at the end of each day. This transdermal product is coupled with a user-friendly ink that disappears after several minutes
At the end of 2005 at MoMA in New York, there was the opening of an extremely particular exhibition entitled SAFE: Design Takes On Risk, which gathered together 300 products and prototypes, perceived and designed in response to threats, both physical and psychological, which can assail the individual. The response to one of the modern western world’s prime obsessions, the research into safety, is thus expressed via very different objects: from emergency inflatable shelters to jackets with 44 pockets to contain everything necessary for survival, from riot gear in polyurethane to solar polluted-water or saltwater filter systems, portable defibrillators to a new concept of medicine packaging. The characteristic common to all these objects is the capacity to respond to concrete needs, born of situations of danger or risk but also of emotional ‘needs’ which arise from these same situations, bringing comfort often intangible but equally effective. So is born, for example, a red lacquered steel table, designed at the school of design in Lucerne, Switzerland, to be used in conditions of emergency and therefore equipped with a complete first-aid kit fixed to the underside of the upper surface. Here, among a cover, a protective helmet, oxygen, an extinguisher, a medical first-aid kit, water, the designer inserted all things necessary to make and eat a perfect Swiss fondue (even if freeze-dried). It is evident that, above and beyond the irony that works such as this express, and important in cases of emergency, is the necessity to provide not only physical comfort but also psychological comfort via, for example, the recovery of daily gestures (fondue for the Swiss) in situations of extreme difficulty. One of the other aspects investigated during the exhibition is the capacity of information, if clear and comprehensible, to be an instrument of safety and health. In this sense, this occasion saw the presentation of the ClearRx System, designed by Deborah Adler and Klaus Rosburg for the pharmacies of a great chain of American sales called Target. This system, composed of containers for pills and liquids, was thought up to simplify the reading and comprehension of information, thus minimising the risk of taking incorrect medicines or doses due to a lack of clarity on the labels. The bottle, for example, always presents a flat face, for the label, so that the most important information, organised hierarchically, can also be read at a glance.
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Olivier Peyricot (Francse, nato nel 1969) IDSland (Francia, dal 2000) Vigilhome [Casa vigile]. Prototipo. 2003. Materiali vari. Prototipo realizzato da Satellite du Musée d’Art Moderne de Paris, Francia (2003) Foto di IDSland
Olivier Peyricot (French, born 1969) IDSland (France, est. 2000) Vigilhome. Prototype. 2003. Various materials Prototype by Satellite du Musée d’Art Moderne de Paris, France (2003) Photos by IDSland
Vigilhome è una casa trasportabile, completamente equipaggiata per paranoici della sopravvivenza. Il rifugio, che si ripiega su se stesso, isola i suoi occupanti dal mondo esterno e assicura le minime necessità di sopravvivenza: grandi scorte di cibo, due scatole di ansiolitici per combattere lo stress. Cinque scatole per attrezzi a forma di armi che contengono utensili di uso quotidiano: dall’estintore al martello, dalla padella alla scorta di ossigeno
Vigilhome is a fully equipped transportable house for the paranoid survivalist. This shelter, which withdraws into itself, isolates its occupant from outside world and ensure basic survival needs: extra-large food packs, two boxes of anxiolytic pills to fight stress. Five gun-shaped toolboxes containing everyday utensils such as fire extinguisher, hammer, fryng pan or oxygen tank
École cantonale d’art de Lausanne (ECAL) (Svizzera, dal 1821) Martino d’Esposito (Italiano, nato nel 1976) Swiss Fondue Earthquake Safety Table [Tavolo di emergenza per terremoti con oggetti di conforto, in questo caso una confezione di fonduta svizzera]. Prototipo. 2001. Acciaio termo laccato, 73x80x120 cm. Foto di ECAL/Pierre Fantys Un kit di sopravvivenza è fissato sotto un tavolo di acciaio da utilizzare in caso di terremoto. Oltre ad alcuni oggetti essenziali per l’emergenza, il tavolo contiene anche tutto il necessario per preparare e mangiare una fonduta
École cantonale d’art de Lausanne (ECAL) (Swiss, est. 1821) Martino d’Esposito (Italian, born 1976) Swiss Fondue Earthquake Safety Table. Prototype. 2001. Thermolacquered steel, 73x80x120 cm. Photos by ECAL/Pierre Fantys A survival kit is stored under a steel table to be used in the event of an earthquake. Besides some basic items for emergency, this table contains all the necessary items to prepare and eat a fondue
Kosuke Tsumura (Giapponese, nato nel 1959) Final Home 44-pocket parka [Final Home giaccone con 44 tasche]. 1994. Nylon, 110x60 cm. Produttore: A-net, Inc., Giappone (1994). Foto di A-net, Inc. Questo giaccone, un ‘rifugio’ indossabile, dispone di 44 tasche che possono contenere cibo, medicine, attrezzi. Se la temperatura si abbassa le tasche possono essere riempite con giornali o qualsiasi altro materiale isolante. Il giaccone si adatta a qualsiasi taglia, semplicemente riempiendo certe tasche con materiale extra
Kosuke Tsumura (Japanese, born 1959) Final Home 44-pocket parka. 1994. Nylon, 110x60 cm. Manufacturer: A-net, Inc., Japan (1994). Photo by A-net, Inc. This parka, a wearable shelter, features forty-four pockets that can store food, medicine, and tools. If the weather gets cold, the pockets can be stuffed with newspaper or any other insulating materials. The parka can be made to suit any body type by simply stuffing certain pockets with extra materials to provide a tighter fit
Frédéric Ruyant (Francese, nato nel 1961) First-Aid Bag for the French Red Cross [Borsa di Primo Soccorso per la Croce Rossa Francese]. 2001. Fibra sintetica 27x13 cm diam. Produttore: JPMA, Francia (2001) Foto di Pierre-Yves Dhinaut La borsa, ispirata al barilotto dei cani San Bernardo, mostra una croce rossa riflettente e contiene 39 elementi per l’emergenza, come forbici chirurgiche, bendaggi compressivi, guanti, ma anche un taccuino ed una penna, od una mantella per la pioggia o una lampada tascabile od un fischietto
Frédéric Ruyant (French, born 1961) First-Aid Bag for the French Red Cross. 2001. Synthetic fiber, 27x13 cm diam. Manufacturer: JPMA, France (2001) Photo by Pierre-Yves Dhinaut The bag, inspired by a Saint Bernard dog’s barrel, displays a reflective red cross and contains thirty-nine elements for emergency, such as pocket scissors, compressive bandage, gloves, but also a notepad and a pencil or rain cape or a pocket lamp and a whistle
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«L’architettura è un dono della parte più profonda di noi stessi. Realizzare mondi, inventare luoghi, piccoli piaceri, piccole sensazioni, veloci tuffi nella realtà» Jean Nouvel «Architecture is a gift from the deepest part of one’s self. It is the making of worlds, the invention of places, of micro pleasures, micro sensations, quick dips into reality» Jean Nouvel
© Clement Guillaume
Les Bains des Docks Ateliers Jean Nouvel, Centro natatorio a Le Havre
testo di/text by
Pierpaolo Rapanà
Les Bains des Docks Jean Nouvel’s cities are great theatres with roles often reversed. The scenario is written by the spectators, the direction is entrusted to light, the photography to the memory. Each project is a new spectacle, different in every way from the previous. The only constant is the wonder of research via the use of common, industrial materials. Rigorous, unequivocal materials which, once assembled and brought into the light, seem, paradoxically, to replace the physical world with a world of imagination, suspended between desire and memory. It is in this way he places metaphors, allusions, rhetorical figures and suggests the transcending of reality and «to amplify our world, in a moment in which our world becomes ever smaller». The natatorium of Les Bains des Docks is a haven of light, air and water. The building overlooks quai de la Réunion in the place of old, abandoned hangars. It is the first structure of an ample project for the renovation of the old port of Le Havre. The master plan devised at Ateliers Jean Nouvel beat that of Daniel Libeskind and plans the completion, by 2012, of a tropical glasshouse, an aquarium, a weather station, a panoramic restaurant, exhibition areas and a research institute for the sustainable development of the sea. The multiple functions and uses of the aquatic centre are organised in distinct volumes, on staggered levels spread out within a regular prism like tetris on a grand scale. «A game of chess on a cube» would be the raumplan master’s definition, free from the boxedin compactness of Loos and the rationalisation of surfaces, but revealing the same simultaneousness of reasoning born of the three dimensions, and leads to similar solutions such as the benches or
Le città di Jean Nouvel sono grandi teatri in cui i ruoli sono spesso ribaltati. La sceneggiatura è scritta dagli spettatori, la regia affidata alla luce, la fotografia alla memoria. Ogni progetto un nuovo spettacolo, in tutto diverso dal precedente. L’unica costante è la ricerca della meraviglia attraverso l’impiego di materiali comuni, d’uso industriale. Materiali rigorosi, inequivocabili, che assemblati e portati alla luce sembrano paradossalmente far recedere il mondo fisico a fronte di un mondo immaginifico, sospeso tra desiderio e memoria. È in questo modo che egli compone metafore, allusioni, figure retoriche, e suggerisce di trascendere la realtà ed «ampliare il nostro mondo, in un momento in cui il nostro mondo diventa sempre più piccolo». Il centro natatorio Les Bains des Docks è uno spazio ovattato, fatto di luce, aria e acqua. L’impianto sorge su quai de la Réunion al posto di vecchi hangar in disuso. È la prima struttura di un ampio progetto di rinnovamento della storica area portuale di Le Havre. Il masterplan messo a punto negli Ateliers Jean Nouvel ha prevalso su quello di Daniel Libeskind e prevede la realizzazione entro il 2012 di una serra tropicale, un acquario, una stazione meteorologica, un ristorante panoramico, aree espositive, oltre a un istituto di ricerca sullo sviluppo sostenibile del mare. Le molteplici funzioni ed usi cui è destinato il centro acquatico sono organizzate in volumi distinti, su livelli sfalsati distribuiti all’interno di un prisma regolare come in un tetris a grande scala. «Una partita a scacchi su un cubo» la definirebbe il maestro del raumplan, libera dalla compattezza scatolare di Loos e dalla razionalizzazione delle superfici, ma che rivela la medesima simultaneità dei ragionamenti ideativi nelle tre dimensioni, e conduce a simili soluzioni come le panchine o l’area giochi ricavate nelle nicchie. Da un’unica hall si guadagna l’accesso agli spogliatoi di tutte le piscine e dei giochi acquatici, alla sala per acquaterapia, al centro fitness, e al solarium. La caffetteria pubblica e l’amministrazione sono dotate di accesso indipendente sempre in comunicazione con l’atrio d’ingresso. Nouvel conferisce a ciascun ambiente un’atmosfera distinta ottenuta mediante la modulazione della luce e un diverso trattamento di riflessioni e texture, e rimarcata dai leggeri dislivelli. Così ogni spazio è concepito come privato ed intimo, filtrato da fontane e tende d’acqua che, insieme al soffitto fonoassorbente, contribuiscono ad attutire il riverbero di suoni e rumori. Il bianco domina lo spazio interno. È un espediente per rimarcare le linee geometriche e intersecanti delle nicchie, dei corridoi, che ostentano un disordine formale quasi caotico, in deciso contrasto con l’atmosfera sospesa e trasognata. Il candore degli interni è interrotto improvvisamente da una macchia di colore ad individuare un’area gommosa destinata ai bambini. Il gioco di giustapposizioni e articolazioni dell’interno è riproposto all’esterno con una successione di aperture rettangolari di varie dimensioni che interrompono liberamente la pelle monocromatica senza uno stringente nesso causale con l’impaginato interno né tantomeno con la scansione del rivestimento esterno. L’aspetto esteriore del complesso acquatico sembra mediare tra l’immagine industriale dei capannoni che vi hanno lasciato il posto e le nuove urbanità della ‘Grande Parigi’, che si estenderebbe dal capoluogo proprio fino all’area portuale di Le Havre.
nome progetto/project name Le Havre – Complesso Acquatico ai Docks/Le Havre – Water Complex at the Docks progetto/project design Ateliers Jean Nouvel capo progetto e partner/project manager and partner Mirco Tardio architetti/architects Julie Fernandez (responsabile fase di studio/manager of the study phase) Felix Medina (direttore di cantiere/works manager) Cyril Desroche, Caroline Djuric, Raphaële Carril, Marion Delqueux, Angeline Faraud, Mathieu Forest, Claire Fredin, Marta Grzadziel, Vincent Laureau, PaulEmmanuel Loiret, Xavier Laplae, Vincent Laplante, François Leininger, Antony Pascual, Moon Puig Vila, Arantxa Manriquez, Charlotte Khim, Tina Kortmann, Sophie Thuillier, Nicolaï Raich, Alison Sadler, Gemma Serra, Anna Struck Rosemary Serrand, Laurence Senechal, Antoine Vauclare, Qiang Zou
ingegneria strutturale e dei fluidi/structural and fluids engineering SERO, CET economia/economy SLETEC, GEC consulente scenografia/scenography consultant Ducks Sceno (concorso/competition) consulente acustico/acoustics consultant AVEL (concorso/competition, studio/study) certificazione ambientale/HQE Pierre Lefèvre, Alto, Transsolar (concorso/competition) consulente piscine/swimming pools consultant ISC (concorso/competition) illuminazione naturale e artificiale/natural and artificial lighting Ingelux (studio/study) illuminazione/lighting design Odile Soudant (phase DCE) modello/model Jean Louis Courtois
immagini di sintesi/syntesis images Jean Angelini, Mirco Tardio, ARTEFACTORY illustrazioni/illustrations Didier Ghislain committente/client Mairie du Havre, CODAH luogo/place Port du Havre, Francia data progetto/design date aprile/April 2004 (concorso/competition) sviluppo progetto/design development maggio/May 2005-dicembre/December 2005 inizio lavori/start gennaio/January 2006 fine lavori/completion giugno/June 2008 superficie utile/usable floor area 12.000 mq/sqm superficie totale/gross floor area 58.600 mq/sqm costo/cost 16 milioni/millions euro www.jeannouvel.com
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esterno/exterior
© Philippe Roault
sotto e pagina successiva: interno, vista delle vasche e della zona colorata per i bambini/below and following page: interior, views of the pools and of the coloured children area
© Clement Guillaume
the play area dug into the niches. Via a unique hall, you gain entrance to the changing rooms of all the pools and water games, the water-therapy hall, the fitness centre, and the solarium. The public cafeteria and offices have independent entrances on to the entrance lobby. Nouvel conveys to each area a distinct atmosphere obtained via the modulation of light and an original handling of reflections and textures, notable for their slight unevenness. Thus, every area is conceived as being private and intimate, marked by fountains and curtains of water which, along with the sound-absorbent ceiling, contribute to the cushioning of sound and noise. White dominates the internal area. This is an expedient to point out the geometric lines and intersections of the niches, corridors, which are ostentatious in their formal, almost chaotic disorder, in marked contrast to the suspended, dream-like atmostphere. The candour of the internal areas is abruptly interrupted by a splash of colour identifying a soft area for children. The play on juxtaposition and articulation of the internal area is again proposed outside with a succession of rectangular openings of various dimensions which are spread liberally over the monochromatic skin without a stringent causal link to the internal layout or a scanning of the external facing. The exterior aspect of the aquatic complex seems to mediate between the industrial imagery of the hangars which made space and the new urbanity of ‘Great Paris’, which would extend from the capital right to the port of Le Havre.
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Š Philippe Roault
pianta piano terra/ground floor plan
Š Emmanuelle Blanc
in queste pagine: viste interne del complesso/in these pages: internal views of the complex chiusura: la grande piscina esterna closing pages: the great external pool
sezione aa/section aa
sezione bb/section bb
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Š Philippe Roault
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Š Clement Guillaume
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Š Marcela Grassi
Elementi naturali Antonio Iascone, Casalunga Golf Resort
testo di/text by
Natural elements Golf, a sport once synonymous with luxury and high social status, is steadily expanding to attract different strata of society, and as a result we are seeing the creation of many new golf courses and related facilities. So while on the one hand, the game may be losing its aura of exclusiveness, on the other it is increasingly taking on the connotation of an environmentally-friendly sport that lets people commune with nature and the Casalunga Golf Resort, built in Castenaso (near Bologna) by Antonio Iascone, is emblematic of this type of approach, though it is an expansion of a pre-existing golf club. This project involved the creation of five new buildings, a pool and an open-air bar to round out and replace the services at the old golf club. Enormous importance has been placed on both structural and cladding materials. The ‘environmentally sustainable’ aspect inherent in the use of natural materials such as stone, wood and water is part of this choice, but so is the desire to emphasize, through an immediately recognizable language, the close relationship between the design and the landscape. The stone that fills the stainless steel gabions helps ensure efficient temperature regulation, while creating a textural element that changes over the course of the day and the seasons. And though one may inevitably think of the Dominus Winery at Napa Valley by Herzog & De Meuron, the allusion is instead undoubtedly to the abandoned gravel pit along the river that led to the creation of the golf course as an environmental restoration project, as well as to the lake.
schizzo di studio/preliminary sketch apertura: dettaglio della facciata dell’hotel opening: detail of the hotel’s façade
Fabio Rosseti
Il golf, sport una volta sinonimo di lusso e status sociale elevato, sta avendo un’espansione sempre maggiore coinvolgendo strati sociali diversi e conseguentemente si assiste alla nascita di un gran numero di campi e delle relative strutture funzionali. Così, se il gioco del golf perde, da un lato, la sua aura di esclusività, dall’altro acquista sempre più la valenza di sport a contatto con la natura, rispettoso dell’ambiente, e il Casalunga Golf Resort, realizzato da Antonio Iascone a Castenaso, vicino a Bologna, è paradigmatico di questo tipo di approccio, pur trattandosi di un intervento di ampliamento del vecchio golf club esistente. Con questo intervento sono stati realizzati 5 nuovi edifici, una piscina ed un bar estivo che vanno ad integrare e sostituire i servizi esistenti del vecchio golf club. Grande rillievo è stato dato ai materiali, sia costruttivi che di finitura. Sicuramente l’aspetto ‘sostenibile’ insito nell’uso di materiali naturali come pietra, legno e acqua, è parte di questa scelta, ma lo è anche il desiderio di sottolineare con un linguaggio immediatamente riconoscibile lo stretto legame di questo intervento con il paesaggio circostante. La pietra, con la quale sono riempite le gabbie di acciaio inox, ha la funzione di creare un elemento di compensazione climatica efficace, ma al tempo stesso crea una texture che muta con il passare della giornata e delle stagioni. E, se inevitabilmente viene alla mente la cantina Dominus Winery a Napa Valley di Herzog & De Meuron, in realtà il riferimento è senza dubbio la cava di ghiaia lungo il fiume dalla cui dismissione è nato il campo di golf, come azione di recupero ambientale, ed il lago. Il legno riveste, assieme alla pietra, l’esterno di buona parte dei nuovi volumi, in particolare le pareti che sono rivolte verso gli spazi più privati come la corte di accesso alle camere o le loro corti private, vere e proprie nicchie di intimità e riflessione. Il legno viene poi usato in maniera diffusa anche per gli interni, pavimenti e finiture. Il riferimento è nella vegetazione che circonda e al tempo stesso crea questo luogo: filari di carpini, di pioppi, macchie boschive tipiche del lungo fiume. L’acqua è quella della grande piscina esterna, aperta verso il campo e posta fra i volumi più funzionali (spogliatoi, palestra, reception, club house) e le camere: una sorta di filtro fra socialità e privato. L’acqua è, simbolicamente, quella del fiume e del lago vicini. L’importanza del rapporto interno-esterno è sottolineato anche dall’uso di grandi vetrate che contrastano ed al tempo stesso alleggeriscono la fisicità della pietra, permettendo di godere da molti degli spazi interni la natura circostante in maniera immediata. Le tecnologie sono adeguate alla sostenibilità del progetto: nonostante l’ampiezza dei volumi, le grandi vetrate ed il tipo di funzioni ospitate, un sistema di supervisione e controllo della gestione degli impianti e le specifiche scelte progettuali a livello impiantistico e costruttivo permettono un risparmio fino al 30% rispetto a strutture più tradizionali.
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Along with stone, wood clads the exterior of many of the new structures, especially the walls facing onto more private areas, like the entrance courtyard that leads to the guest rooms, or the private courtyards of the latter, truly intimate niches that invite meditation. Wood is also used abundantly for the floors and finishings of the interiors. This is an allusion to the greenery that both surrounds and forms the site: rows of hornbeams and poplars, the classic groves lining along the river. Water is to be found in the large outdoor pool, which looks out onto the countryside and is set in between the more service-oriented structures (locker rooms, gym, reception area, club house) and the guest rooms: a sort of filter between public and private
vista complessiva dell’intervento general view of the complex pagina seguente: vistra tra gli edifici di sera following page: view between the buildings at evening
Š Roland Halbe
space. This water is symbolic of the nearby river and lake. The importance of the relationship between interior and exterior is also underscored by the large expanses of glass that both contrast with and lighten the physical nature of the stone, letting the natural surroundings be directly enjoyed from many of the spaces inside. The technological aspects of the design are linked to its environmental sustainability: despite the spaciousness of the volumes, their large glass surfaces, and the type of services they house, a monitoring and regulation system, along with specific engineering and construction choices, allows energy savings of up to 30% compared to more traditional structures.
nome progetto/project name Casalunga Golf Resort progetto/design architect Antonio Iascone ingegneri architetti capo progetto/project manager Antonio Iascone capo gruppo/team leader Andrea Gadani gruppo di progetto/project team Francesca Galasso, Silvia Malaguti, Sara Mazzoli modellazioni e rendering/3D models and renderings Raffaello De Gennaro, Nicola Iannucci direzione lavori/works management Antonio Iascone ingegneri architetti strutture/structures Luca Turrini in collaborazione con in collaboration with Fabio Pasaretti ingegneria elettrica e meccanica/electrical and mechanical engineering Raff Srl progetto illuminazione/lighting design Chiara Rinolfi appaltatore generale/general contractor B.M.V. Costruzioni Srl committente/client Gianluca Vacchi (COFIVA Holding Spa) luogo/place Castenaso, Bologna data progetto/design date 2003-2008 inizio lavori/start 2006 fine lavori/completion 2008 superficie costruita/built area 3.000 mq/sqm area totale/total area 45 ha costo/cost 5 milioni/millions euro www.antonioiascone.it
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planimetria generale/general plan
1 club house/club house 2 spogliatoi/dressing rooms 3 palestra/gym 4 bar estivo/summer bar 5 hotel/hotel
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Š Roland Halbe
sezione aa/section aa
Š Marcela Grassi
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Š Marcela Grassi
club house/club house sopra: la piscina e la palestra above: the swimming pool and the gym
Š Roland Halbe
pagina seguente: la corte di accesso alle camere/following page: the access court to the bed rooms
Š Roland Halbe
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Hanno collaborato a questo numero / Contributions to this issue
Sara Albolino
sociologa/sociologist
Roma, 1975. Svolge ricerca, consulenza e formazione nel campo degli studi organizzativi e dell’affidabilità e sicurezza dei sistemi; attualmente fa parte del Centro per la Gestione del Rischio Clinico e la Sicurezza del Paziente della Regione Toscana. è autrice di numerose pubblicazioni/Roma, 1975. Sara Albolino, sociologist, carries out research, consultancy and formation in the field of organisational studies and the reliability and safety of systems; she is currently part of the Centre for the Management of Clinic Risk and Patient Safety for the Region of Tuscany. She is the author of numerous publications
Veronica Balutto
architetto/architect
Udine, 1976. Si laurea in architettura presso lo IUAV di Venezia nel 2002. Architetto, ma anche designer e giornalista pubblicista attiva nel campo del design e dell’architettura, collabora con diverse aziende ricevendo vari riconoscimenti, ricordiamo quello al concorso Young & Design 2006 al Salone del Mobile di Milano 2006/Udine, 1976. She graduated in architecture from the University IUAV of Venice in 2002. She collaborates with various companies in her capacity as an architect, but also as a designer and freelance journalist in the fields of design and architecture, and her talents have been acknowledged on various occasions, including the 2006 Young & Design competition at the Salone del Mobile 2006 in Milan
Diego Barbarelli Perugia, 1975. Redattore di PresS/Tletter e PresS/Tmagazine, collaboratore di Compasses/Perugia, 1975. Editor of PresS/Tletter and PresS/Tmagazine, contributor to Compasses
Guido Incerti
architetto/architect
San Donà di Piave (VE),1972. Dopo studi allo IUAV e alla TU Delft, collabora con studi internazionali quali DillerScofidio+Renfro. Rientrato in Italia nel 2004 fonda a Firenze, con altri, nEmoGruppo. Si occupa della relazione architettura/corpo, in particolare di UMIC, Unità di Minimo Intervento Corporeo. Ha curato con D. Simpson e D. Ricchi la monografia su DS+R. Attualmente è dottorando presso la Facoltà di Architettura di Firenze/San Donà di Piave (VE),1972. After studying at IUAV and at TU Delft, he collaborates with inter national studies such as DillerScofidio+Renfro. Upon returning to Italy in 2004 he founded, along with others, nEmoGruppo. He is involved in architecture/body relations, particularly of UMIC, Unit of Minimum Body Intervention. With D. Simpson and D. Ricchi, he edited the monograph on DS+R. He is currently a doctorate student at the Faculty of Architecture in Florence
Paolo Di Nardo
architetto/architect
Firenze, 1958. Fondatore e direttore editoriale della rivista AND, nel 2002 fonda lo studio ARX che si occupa di progettazione e ricerca architettonica; collabora con studi quali Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten. è professore a contratto di progettazione presso la Facoltà di Architettura di Firenze e autore di numerosi articoli e saggi sull’architettura contemporanea/Florence, 1958. Founder and editor of AND magazine. In 2002 Di Nardo founded studio ARX, which is concerned with architectural research and design; he also works with studios such as Coophimmelb(l)au, Diener & Diener, Obermayer Planen + Beraten. He is a temporary professor of design with the Faculty of Architecture in Florence and has authored numerous articles and essays on contemporary architecture
Elisa Massano
ingegnere/engineer
Pisa, 1979. Si laurea in Ingegneria Edile presso l’Università di Pisa. Socia AIAV (Associazione italiana per la gestione e l’analisi del valore) ed esperta Analisi del Valore. Dottoranda di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria Civile di Pisa, si occupa di tecniche costruttive innovative (involucri attivi, domotica, nanotecnologia, antisismica) da applicare all’edilizia ospedaliera/ Pisa, 1979. Degree in Construction Engineering at the University of Pisa. Member of AIAV (Italian Association for the management and analysis of value) and Value Analysis expert. A doctorate student of research at the Department of Civil Engineering in Pisa, specialising in innovative construction techniques (active casing, home automation, nanotechnology, earthquake-proofing) to apply in hospital construction
Alessandro Melis
architetto/architect
Cagliari, 1969. Si laurea a Firenze e fonda nel 1995 Heliopolis 21 a.a. con sedi a Pisa e Cagliari. Alterna all’attività professionale l’attività didattica e di ricerca alla Facoltà di Ingegneria di Pisa e alla Facoltà di Architettura di Firenze. Ha pubblicato monografie e saggi. Ha curato mostre, tenuto conferenze, visiting critic e lectures presso istituti italiani ed esteri/Cagliari, 1969. After graduating in Florence, he founded Heliopolis 21 a.a. in 1995 with branches in Pisa and Cagliari. He alternates his professional activity with didactic and research pursuits at the University of Pisa and at the University of Florence. Besides having published monographs and essays, he has directed exhibitions, held conferences, visiting critics and lectures at both Italian and foreign institutes
Giulia Pellegrini
architetto/architect
Pisa, 1977. Si laurea in architettura nel 2003 presso l’Università degli Studi di Firenze. Da subito si dedica al settore della pubblicistica e dell’editoria collaborando con testate internazionali. Dal 2006 lavora con AND per la quale ricopre il ruolo di coordinatrice editoriale. Vive e lavora a Firenze/Pisa, 1977. She graduated in architecture in 2003 from Università degli Studi in Florence. She dedicated herself to the writings and publishing sector and has collaborated with international publications. Since 2006 she has worked with AND in the role of editorial supervisor. She lives and works in Florence
Elisa Poli
critica/critic
Bologna, 1979. Svolge un dottorato in Storia dell’architettura presso l’Università degli Studi di Firenze in cotutela con l’Université de Paris1 Pantheon-Sorbonne. Si occupa di critica architettonica. Sta attualmente compiendo ricerche presso il CAC (Canadian Architecture Collection) di Montréal. Nel 2002 ha partecipato alla pubblicazione Il volto nascosto della città/Bologna, 1979. Graduated from a Florence University programme in the History of Architecture organised with l’Université de Paris1 Pantheon-Sorbonne. Now an architectural critic, she is conducting research at the CAC (Canadian Architecture Collection) in Montréal. In 2002 she participated in the publication of Il volto nascosto della città
Francesco Ranzani
designer/designer
Vigevano (PV), 1979. Designer ed ergonomo, si occupa del coordinamento delle campagne per la sicurezza del paziente e lo sviluppo del sistema Gestione Rischio Clinico della Regione Toscana; è docente di master e corsi su questi temi, oltre che autore di numerosi articoli e pubblicazioni anche internazionali/Vigevano (PV), 1979. Francesco Ranzani (1979), designer and ergonomist, he is occupied with the coordination of campaigns for patient safety and the development of the system Clinic Risk Management in the Region of Tuscany; he is a teacher of master’s degrees and courses on these themes, as well as being the author of numerous, national and international articles and publications
Pierpaolo Rapanà
architetto/architect
Lecce, 1978. Svolge attività professionale in collaborazione con lo studio ARX di Firenze e attività di ricerca come Cultore della Materia nel corso Laboratorio di Architettura II presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Fa parte della redazione di AND/Lecce, 1978. Works in partnership with studio ARX of Florence and conducts research as a scholar with the Architectural Workshop of the Faculty of Architecture in Florence. A member of the AND editorial staff
Daria Ricchi
architetto/architect
Novafeltria (PU), 1978. Architetto e giornalista. Scrive per riviste specializzate di settore in Italia e all’estero, tra cui a10, Il Giornale dell’Architettura, Area e Casamica. Ha scritto una monografia su Mecanoo e appena curato una monografia su Diller Scofidio + Renfro, edito da Skira. È attualmente visiting scholar [ricercatrice esterna] presso la Columbia University a New York/Novafeltria (PU), 1978. Architect and journalist. She writes for specialist magazines in Italy and abroad, amongst which are a10, Il Giornale dell’Architettura, Area and Casamica. She has written a monograph on Mecanoo and has recently directed a monograph on Diller Scofidio + Renfro, published by Skira. She is currently a visiting scholar at Columbia University in New York
Fabio Rosseti
architetto/architect
Viareggio (LU), 1961. Vive e lavora a Firenze, rivolgendo la sua attenzione al rapporto fra architettura e tecnologie dell’informazione. è coordinatore della redazione di AND con la quale ha collaborato fin dal primo numero. Ha scritto vari articoli per AND e per altre testate/Viareggio (LU), 1960. Lives and works in Florence, focusing on the relationship between architecture and information technologies. Editorial staff coordinator of AND, he has worked with the magazine since its very first issue, writing various articles for AND and for other publications
Nicoletta Sale
ingegnere/engineer
Cagliari, 1974. Dopo la laurea in Ingegneria Edile alla Facoltà di Ingegneria di Cagliari si è specializzata in Architettura bioecologica e tecnologie sostenibili per l’ambiente presso la Facoltà La Sapienza di Roma, ha svolto attività di ricerca presso la Facoltà di Cagliari nei laboratori di Architettura e Composizione Architettonica, conseguendo il titolo di Dottore di ricerca; ha maturato esperienze professionali in Italia ed all’estero/Cagliari, 1974. After getting a degree in Construction Engineering at the Faculty of Engineering in Cagliari, he specialised in biological Architecture and sustainable technologies for the environment at the Faculty la Sapienza in Rome, and has carried out research at the Faculty of Cagliari in the laboratories of Architecture and Architectonic Composition, receiving the title of Doctorate of research; he has gained professional experience in Italy and abroad.
Fabrizia Vecchione Atripalda (AV), 1983. Laureanda presso il Dipartimento di Storia dell’Architettura della Facoltà di Firenze. Nel 2006 studia un anno presso la facoltà di Architettura di Oporto (FAUP) dove frequenta un corso di fotografia presso l’Istituto portoghese di fotografia. Nel 2007 vince la prima edizione del concorso La carta e le parole, bandito dalla rivista AND con la quale attualmente collabora/Atripalda (AV), 1983. Received her degree from the Department of Architectural History at the Faculty of Florence. In 2006, she studied for a year at the Faculty of Architecture in Oporto (FAUP) where she attended a course in photography at the Portuguese Institute of photography. In 2007, she won the first edition of the competition paper and words, published by the magazine AND with which she currently collaborates.