Banksy Genoa

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il SECONDO

PRINCIPIO di un artista chiamato

BANKSY The Second Principle of an artist known as Banksy Palazzo Ducale, Genova 23 novembre 2019 - 29 marzo 2020


Giovanni Toti Presidente

Luca Bizzarri Presidente

Ilaria Cavo Assessore alla Comunicazione, Formazione, Politiche giovanili e Culturali

Tiziana Lazzari Vice-Presidente

Luca Parodi Dirigente Cultura

Franco Bampi Mario Bozzi Sentieri Mitchell Wolfson, Jr. Consiglieri Giuseppe Costa Massimiliano Morettini Alberto Rossetti Roberto Timossi Rappresentanti dei Partecipanti

Marco Bucci Sindaco Barbara Grosso Assessore alle Politiche Culturali Cesare Torre Direttore Marketing Territoriale, Promozione della Città, Attività Culturali Piera Castagnacci Direttore Beni Culturali e Politiche Giovanili

Armando Gibilaro Gianfranco Ricci Stefano Termanini Membri del Comitato dei Fondatori Andrea Traverso Paolo Macchi Marcello Pollio Collegio dei Revisori

Ufficio Mostre Claudia Bovis Responsabile Maria Teresa Ruzza Matteo Fochessati, curatore Wolfsoniana Gianni Franzone, curatore Wolfsoniana Servizi Educativi e Culturali Maria Fontana Amoretti Responsabile Alessandra Agresta Anna Calcagno Stefania Costa Ufficio Tecnico Roberto Gallo Responsabile Jacopo Paolo Bertolazzi Paolo Aragone Jordi Pastorino Ivano Rossi Carlo Scalini Giuseppe Tardanico Coordinatore Comunicazione e Relazioni Esterne Elvira Bonfanti

Serena Bertolucci Direttore

Ufficio Stampa Camilla Talfani

Monica Biondi Vicedirettore

Ufficio Promozione Chiara Bricarelli Dello Strologo Responsabile Pierluigi Bruzzone Gabriella Garzena Emanuela Iovino

Ornella Borghello Giorgi Dirigente Risorse Umane e Servizio Informatico

Servizio Multimediale Giampaolo Cavalieri Ufficio Attività Socio - Culturali Donatella Buongirolami Responsabile Florence Reimann Servizio Informatico Vittorio Cavanna Carlo Pescetto Ufficio Amministrativo Giada Mazzucco Responsabile Monica Rimassa Ufficio Relazioni con le Aziende Franco Melis Ufficio Eventi Congressuali Valentina Nebiolo Responsabile Rosalia Perosio Alessandro Siri Manlio Ciraulo Segreteria Generale e Accoglienza Pierangelo Fontana Luana Toselli Maddalena Chiesa Bosmenzi Katia Del Grande Paola Giusto


Partecipanti alla Fondazione Palazzo Ducale

Pietro Folena Presidente Vittorio Faustini Direttore Generale Elisa Massetti Responsabile settore mostre Guido Iodice Responsabile del progetto con la collaborazione di Chiara Barbapiccola Elisa Infantino Giuliana La Verde Pietro Pani Gianluca Mambilla Marta Salotti

Con il sostegno di

Maria Grazia Filippi Ufficio stampa e comunicazione Antonio Opromolla Responsabile amministrativo Andrea Catizone Consulenza legale

Sponsor istituzionale della Fondazione Palazzo Ducale

Mostra e catalogo a cura di Stefano Antonelli Gianluca Marziani Acoris Andipa Assistente alla curatela e ricerche Giulia Buonanno Traduzioni Gabriella Andi Assistenza conservativa Michela Fasce Roberta Moggia Allestimento Sciutto srl, Genova Illuminotecnica Giuseppe Cucchiaroni Progetto grafico 4DRG, Roma Stampa tipografica 1Sec, Roma Pitto P.Zeta, Genova Trasporti Williams & Hill, London (UK) SST Sestito International Moving, Guidonia Assicurazioni

Sponsor attività didattiche della Fondazione Palazzo Ducale

Sponsor tecnico

PERIZIE RESTAURI TECNICHE DIAGNOSTICHE

Hospitality Partner

CASA DI BROKERAGGIO ASSICURATIVO

Si ringraziano per i prestiti in mostra Stefano Agnese collezione privata, Genova Andipa collection, London (UK) Brandler Galleries, Brentwood (UK) Richard Forrest Collection of Record cover art, Stockholm (Sweden) Ali Keshavji collection, London (UK) e tutti i collezionisti che hanno scelto di rimanere anonimi. Crediti fotografici Guido Lasagni Massimo Menghini



Regione Liguria accoglie con grandi soddisfazione e interesse la mostra Il secondo principio di Banksy, che potenzia l’attrattività della Liguria con un evento di respiro internazionale e di grande fascino. Una esposizione che conferma la statura di Palazzo Ducale, sempre più punto di riferimento nel panorama culturale nazionale. Banksy è un artista enigmatico, della cui vita si conosce poco o nulla, ma che ha saputo porsi al centro dell’attenzione del mondo artistico mondiale grazie alla sua grande forza comunicativa, raggiungendo una popolarità globale che oggi forse non ha rivali. Le oltre cento opere originali esposte permettono di realizzare una panoramica completa sull’attività di un artista sempre pronto a sperimentare, capace di spaziare al di là degli schemi.

Colgo questa occasione per ringraziare i curatori Gianluca Marziani, Stefano Antonelli, Acoris Andipa: a loro va il merito di aver saputo ricostruire il non facile percorso creativo dell’artista britannico, permettendo di focalizzare l’attenzione dei visitatori sull’originalità e l’imprevedibilità delle sue creazioni, sul loro notevole impatto mediatico e il forte valore sociale. Con questa iniziativa, Genova e la Liguria dimostrano ancora una volta di saper costruire un’offerta turistica di ampio respiro, che sa unire cultura e arte, mare ed entroterra, splendidi paesaggi, enogastronomia e tradizioni. Sono dunque lieto di poter dare il saluto di Regione Liguria e mio personale a tutti i visitatori di questa mostra. Giovanni Toti Presidente Regione Liguria

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L’offerta culturale della città di Genova si connota per la sua straordinaria qualità. Il capoluogo ligure vanta ricchezze architettoniche, artistiche e culturali di eccezionale valore. I suoi musei, le sue chiese, i suoi palazzi storici racchiudono capolavori d’arte che, come Amministratori di questa meravigliosa città, stiamo cercando di valorizzare e di far conoscere sempre di più e sempre meglio, nell’intento di attrarre turisti e visitatori che condividano con noi Genovesi questa ricchezza, riconosciuta e premiata dall’UNESCO. Siamo convinti che il nostro patrimonio culturale, oltre a rappresentare una importantissima testimonianza della nostra storia, costituisca al tempo stesso una risorsa economica primaria per il turismo e lo sviluppo del nostro territorio. Il nostro Palazzo Ducale, preziosissimo contenitore di arte e di cultura, dopo i successi delle precedenti iniziative ed esposizioni, propone questa mostra dedicata alla figura di Banksy, un artista e writer del tutto singolare, che non ha mai mostrato il volto, ma che parla attraverso la sua arte, con la potenza dei suoi temi e la forza della

sua etica. L’alone di mistero che circonda la sua figura ne alimenta il mito. L’omaggio che Genova fa a questo artista consente di conoscere il valore – ormai universalmente riconosciuto – dei suoi dipinti e in generale della sua attività artistica, che si pone al di fuori da ogni schema, non ha confini linguistici né sperimentali e lancia messaggi di provocazione nei confronti dell’arroganza dell’establishment e del potere, del conformismo, della guerra, del consumismo. Tutte prerogative che rendono Banksy non solo uno dei maggiori esponenti della street-art contemporanea, ma uno degli artisti più veritieri e intensi dei nostri giorni. L’allestimento riunisce oltre 100 tra opere e oggetti originali, tra cui i dipinti a mano libera del primissimo periodo, le serigrafie a cui Banksy ricorre per diffondere i suoi messaggi, ma anche oggetti installativi e diversi pezzi numerati, sia artigianali che industriali. Ringrazio i curatori e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo entusiasmante evento espositivo che, sono certo, riuscirà a coinvolgere anche un pubblico di giovani e giovanissimi. Marco Bucci Sindaco di Genova

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“Se sei piccolo, insignificante e poco amato allora i topi sono il modello definitivo da seguire” (Banksy) Essere oggi un artista civile (nel senso più alto del termine, quello volto a coltivare l’umanità nella sua essenza più profonda) non può prescindere dai toni bassi e sordi di dimensioni quasi nascoste, fatte più di ombre che di luci, più di atti che di tecnica, più di cazzotti che di estasi estetiche. Per essere veramente visibile in un tempo in cui il bello, il divertente, e persino il ludico, si sono svuotati di significato e funzione, occorre prenderne i linguaggi ormai inespressivi e piegarli al paradosso, persino violento, di una nuova dimensione di riflessione che li aggancia, li avvinghia, li unisce - quasi in osmosi - al loro esatto contrario, alla devastazione, al dolore, allo sfruttamento. Questo ossimoro, a volte persino angoscioso, a volte ironico, conduce inesorabilmente verso quella riflessione sulla contemporaneità che è la cifra peculiare della ruvida poetica di Banksy e del suo continuo sfidarsi e sfidarci; quell’entrare in luoghi in cui il

mondo conosce la distorsione e il degrado e attraverso una serie di processi emotivi, basati ora su simboli, siano essi veicoli di suggestione o metafore, ora su frammenti di realtà ci colpisce, infatti, inesorabilmente e ci impedisce di essere indifferenti. Banksy è scomodo come la cultura in questi tempi deve essere, ma nello stesso tempo di quella cultura è atto costitutivo per il lampo di energia vitale che scaturisce in ognuno nel momento in cui decide di mettersi in discussione. E in quello stesso momento di rimettersi in cammino. Il nostro ringraziamento va all’associazione culturale Metamorfosi che ha creduto insieme a noi all’importanza di questa esposizione per Genova e per una concreta riflessione verso il futuro; grazie ai curatori che hanno plasmato una nuova visione dell’artista e dei principi che ne regolano l’agire; grazie ai prestatori che hanno permesso la fruizione pubblica di opere importanti. Un grato pensiero anche a tutti i collaboratori di Palazzo Ducale, costantemente volti al servizio della cultura e del pubblico. Luca Bizzarri Presidente

Serena Bertolucci Direttore Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura 9



INTRODUZIONE INTRODUCTION Pietro Folena

Nel gennaio 2000 esce No Logo, saggio di battaglia culturale e politica della giornalista canadese Naomi Klein. Nel novembre precedente un grande movimento, totalmente nuovo, irrompeva sulla scena della politica e dei media mondiali a Seattle, contestando duramente – anche con la violenza – la Conferenza dei Ministri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e la logica di fondo che aveva ispirato la nuova stagione della globalizzazione dei mercati senza limiti e senza frontiere. Qualche giorno prima, al di qua dell’Oceano Atlantico, il 20 novembre 1999 – come scrive La Repubblica – era addirittura nata “la terza via delle sinistre mondiali” a Firenze. Sei capi di Stato o di Governo del mondo si erano riuniti per celebrare un riformismo liberale, enfatico sulla globalizzazione. Esattamente all’opposto di quanto la moltitudine di Seattle stava per denunciare. Bill Clinton e Tony Blair in testa, si sostiene una non meglio definita “nuova economia”, fatta di uguaglianza (sic!) e di opportunità (per chi?). Tempo dieci giorni (Seattle) o

In January 2000, the Canadian journalist Naomi Klein’s cultural and political battle essay No Logo was published. In previous November, in Seattle, a massive and brand new movement broke into the world politics and media scene harshly – even violently – challenging the Conference of Ministers of the World Trade Organization as well as the thought at its base that inspired the new season of globalization of markets without limits and borders. On 20 November 1999, just a few days earlier, on this side of the Atlantic Ocean, “the third way of left-wing in the world” – as La Repubblica wrote – was even born in Florence. Six world’s Heads of state or government gathered to celebrate the liberal and forceful reformism about globalization. Precisely the opposite of what a multitude of people was about to denounce in Seattle. Led by Bill Clinton and Tony Blair, they supported an undefined “new economy” consisting of equality (sic!) and opportunities (for whom?). In ten days (Seattle) or a few months 11


pochi mesi, quando le proteste dilagano nel mondo, o nell’estate del 2001 quando sconvolgono Genova – la nuova sinistra mondiale di Firenze, in versione italiana, aveva perso le elezioni e consegnato il Paese alla destra –, i black bloc devastano la città e, in alcune ore buie, per le quali non c’è ancora vera giustizia, vengono sospesi i diritti dell’uomo, seviziati e torturati da uomini delle forze dell’ordine decine di ragazze e di ragazzi. Parto da qui, da questo contesto – al quale, in alcuni suoi momenti, ho partecipato direttamente – per dire che Banksy, le cui prime opere compaiono in quegli anni, è in realtà parte di questa nuova insorgenza globale. Il testo citato della Klein diventa, insieme ai lavori di altri autori – voglio ricordare fra tanti quelli di Vandana Shiva e di Arundhati Roy, donne come la Klein –, una delle ispirazioni più importanti di quello che è stato chiamato, movimento no-global, altermondialismo (attorno a un gruppo di intellettuali francesi), Global Justice Movement, new global. Scrive la giornalista canadese nell’introduzione a No Logo, che si tratta del “tentativo di esprimere una posizione contraria alla politica delle multinazionali”. Quello che di quel testo è più significativo è in realtà proprio il titolo. Non si tratta della riesumazione della vecchia cassetta degli attrezzi anticapitalistica, ma della proposizione di una nuova coppia concettuale nell’era del consumismo di massa: consumismo (già capitale) versus civismo (già lavoro). L’accento viene messo sui brand. L’irruzione sulla scena dei grandi brand globali – dietro cui, come denuncia Klein con grande durezza, si cela una filiera di sfruttamento globale (nord-sud, femminile, minorile, precariato di massa) – impone una nuova lotta. Il nemico è il logo, dietro cui c’è il capitalismo consumistico, le multinazionali che si impadroniscono del mondo. E quindi il suo veicolo ideologico, comunicativo, estetico: la pubblicità. No logo diventa quindi un brand contro i brand consumistici. Nell’Italia degli anni ’80 del secolo scorso abbiamo conosciuto l’esplosione della pubblicità televisiva che, caso unico nelle democrazie occidentali, a metà degli anni ’90 si è fatta partito. Nel nuovo millennio i loghi stessi sono grandi appartenenze, 12

from the protests spread throughout the world, or in summer 2001, when Genoa was upset, the Italian version of the “new left-wing in the world” born in Florence, lost the elections and consigned the country to the right-wing. The Black blocs devastated the city, and, for some dark hours still claiming for justice, the human rights of some dozens of protesters were suspended due to the abuses and tortures committed by the police. I start from here, from this context – where sometimes I directly played a role – to say that Banksy, whose first works appeared in those years, is actually part of this new global conflict. Klein’s quoted book becomes, together with other authors’ works – among many others: Vandana Shiva and Arundhati Roy, who are women like Klein – one of the most important inspirations of what was defined as no-global movement, alter-mundialization (connected to a group of French intellectuals), Global Justice Movement, and new global. The Canadian journalist wrote in her introduction to No Logo that it was “an attempt to capture an Anticorporate attitude.” The most significant aspect of this essay is actually its title, since it is not the revival of some old anti-capitalist stuff but the proposition of a new conceptual couple in the era of mass consumerism: consumerism (former capital) versus civism (former labour). The focus is on brands. The irruption on the market of the great global brands concealing a chain of global exploitation (north-south, feminine, juvenile, mass precariousness) – as Klein harshly denounces – imposes a new fight. Being the face of consumer capitalism and multinational companies that are taking over the world, the enemy is the logo and, consequently, its ideological, communicative, and aesthetic vehicle: advertising. No logo becomes the brand to fight against consumer brands. In the 1980s, in Italy, we experienced the explosion of television advertising that, in the mid-1990s, became a party, a unique case in Western democracies. In the new millennium, the great memberships, communities, and ideological systems


comunità, sistemi ideologici. Il caso della Apple, prima e dopo Steve Jobs, è addirittura clamoroso, come lo sono le ultime evoluzioni delle nuove entità private – che chiamerei brandocrazia – che controllano e dominano il pianeta, a partire da Facebook, da Google, da Microsoft, da Amazon, da Ali Baba e potremmo continuare. Tutto il fenomeno della street art, come ci spiegano Stefano Antonelli e Gianluca Marziani, è connesso alla critica dell’estetica di questo capitalismo consumistico. Ma con l’anonimo (?) artista di Bristol la riconquista degli spazi, manu pictoris, diventa sistematica, antagonistica, contro ogni mediazione. Se si leggono i testi di B., importantissimi per comprendere l’arte politica di questo artista, si rimane colpiti dall’assoluta sintonia non solo con la narrazione di Klein ma con l’interpretazione quotidiana – dalla costruzione del muro in Cisgiordania alla crisi climatica dell’ultimo decennio – di un punto di vista di critica ai poteri dominanti di questo tempo. La sinistra del ’900, che ha esaurito la sua corsa quel 20 novembre del 1999 a Firenze, appare un punticino in dissolvenza. C’è un nuovo magma, senza dubbio valorialmente di sinistra, ma del tutto alternativo ai corpi intermedi costruiti dalla sinistra sociale del secolo scorso. Anche in quelli della cultura e dell’arte. Come non vedere che tanto la diffusione dei sistemi museali quanto il nuovo mercato dell’arte, dilatatosi all’inverosimile nella seconda metà del Novecento e in questo primo quinto di secolo, appartengono largamente a questa storia. Scrive B.: «L’arte che guardiamo è fatta da solo pochi eletti. Un piccolo gruppo crea, promuove, acquista, mostra e decide il successo dell’Arte. Solo poche centinaia di persone nel mondo hanno realmente voce in capitolo. Quando vai in una galleria d’arte sei semplicemente un turista che guarda la bacheca dei trofei di un ristretto numero di milionari». È questa immediatezza – in/mediatezza, senza mediazioni –, che dà potere all’estetica banksyana – e con lui a tutto il post-graffitismo e alla Guerrilla Art –. Le armi sono lo stencil, il pennello, lo scenario, la notte, il teatro la crisi urbana, con puntate nei musei e nei luoghi alti. La lotta armata dei segni

are the logos. The case of Apple, before and after Steve Jobs, is even impressive, as well as the latest evolution of new private entities – I would call them brandocracy – that control and dominate the planet, starting from Facebook, Google, Microsoft, Amazon, Ali Baba and we could go on. As Stefano Antonelli and Gianluca Marziani explain, the entire street art phenomenon is connected to the critique of the aesthetics of consumer capitalism. But thanks to his pictorial impact, the anonymous (?) Bristolian artist turns the reconquest of space into systematic, antagonistic, and against any mediation. By reading the B.’s works, which are pivotal to understanding the political art of this artist, it astonishes the perfect harmony not only with Klein’s narration but also with the daily interpretation of criticism to the dominant powers of our age, starting from the construction of the West Bank wall to the climate crisis of the last decade. The 20th century left-wing that ran out on 20 November 1999 in Florence appears to be a small fading point. A new jumble of thoughts came out with incontrovertibly liberal values but totally different from the intermediate bodies built by the last century social left-wing, even as to culture and art. We cannot fail to see that both the spread of museum systems and the new art market widely expanded in the second half of the 20th century and the first fifth of the new century, mainly belong to this history. B. wrote: «The Art we look at is made by only a select few. A small group create, promote, purchase, exhibit and decide the success of Art. Only a few hundred people in the world have any real say. When you go to an Art gallery you are simply a tourist looking at the trophy cabinet of a few millionaires». This immediacy – quickness without mediation – gives force to Banksy’s aesthetics as well as to the whole post-graffiti and Guerrilla Art. The weapons are the stencil, brush, scenery, night, theatre, and urban crisis, with occasional events in museums and top places. It is a fight armed with signs and colours. A revolution without bloodshed establishing a new artistic populism: against 13


e dei colori. Una rivoluzione senza spargimento di sangue, che fonda un nuovo populismo artistico: contro critici, mediatori, gallerie e musei, contro chi fa i prezzi di un’arte accessibile solo ai ricchi, vero status symbol del capitalismo dei loghi. Alcuni grandi artisti sono diventati essi stessi brand, a partire da Andy Warhol, geniale complice e critico del mondo della pubblicità e dell’immagine. La pop art è la madre della street art, che però è una figlia ribelle, scappata di casa, contaminata prima col rap, con la musica di strada, fino al trap di questi anni. La madre è dentro il sistema, anzi esalta i suoi vecchi corpi intermedi. La figlia li critica. E i nipoti come B. fanno della contrapposizione a questo sistema la loro forza. Producono opere, segni, messaggi immediatamente comprensibili – derivati dall’immaginario pubblicitario, dei comics o dell’informazione – ma subito pongono dei perché. Producono pensiero critico, fanno riflettere. Non solo il benestante che ammira l’opera nel salone di casa, ma l’operaio che va al lavoro, la nonna che fa la spesa, la studentessa che va alla scuola. Il perché fondamentale è lo disvelamento del vero e del falso. La gigantesca campagna di fake che ogni giorno produce la brandocrazia legittima la forza di un rovesciamento concettuale. Di B. questo va indagato. Così come Caravaggio – dopo la rottura antropocentrica del Rinascimento – disvelò la verità rivelata dell’arte – depositata nelle Sacre Scritture e nella religione – e, in tempi di Controriforma, diede alla Madonna sul letto di morte il volto di una prostituta annegata nel Tevere, portò bari e assassini ad essere immortalati, nuovi prìncipi della realtà, B. demistifica la grande costruzione estetica del secondo Novecento. La fa sua, ne conosce codici e paradigmi, la rovescia. In qualche modo questo fenomeno – che chiamo populismo artistico – accompagna una tendenza di questa fase, propria a tutte le democrazie nazionali e alla brandocrazia globale. C’è un’affinità tra questa insorgenza artistica – che vede protagonisti ragazzi che hanno lavorato nel design e nella pubblicità – e la crisi dei vecchi partiti di massa. In Grecia, in Spagna, in Italia 14

critics, brokers, galleries, and museums, against those who make the prices of art affordable only for wealthy people, as a valid status symbol of the logo capitalism. Some great artists became brands themselves, starting from Andy Warhol, who was a brilliant accomplice and critic of the world of advertising and image. Pop art is the mother of street art, but the daughter is rebellious; she escaped from home and was contaminated by rap, at first, then by street music, and, in these days, by trap. Her mother, in contrast, stayed in the system and exalted its old intermediate bodies that are criticised by her daughter. And the grandchildren, like Banksy, make of the opposition to this system their strength. They create works, signs, and messages deriving from imaginary advertising, comics, or information that are immediately intelligible and instantly able to raise questions. They build critical thinking and make us think. Works enjoyed not only by wealthy people admiring them in their living room but also by the worker going to work, the grandmother going shopping, the pupil going to school. The essential question is unveiling truth and fake. The massive fake campaign produced every day by the brandocracy justifies the vigour of a conceptual reversal. B. should be explored from this viewpoint. Just like Caravaggio who, after the anthropocentric break of Renaissance, unveils the revealed truth of art represented in the Sacred Scripture and religion, and, in Counter-Reformation times, portrays Our Lady on her deathbed with the face of a prostitute drowned in the Tiber and eternalises swindlers and murderers as new princes of reality, B. demystifies the great aesthetic construction of the second half of the 20th century. He takes it on, since he knows its codes and paradigms, and he reverses it. In some way, this phenomenon – that I call artistic populism – goes along with a trend of this phase that is typical of all the national democracies and the global brandocracy. This artistic uprising that involves young people who worked in design and advertising, and the crisis of the old mass parties, are sim-


si sono prodotti fenomeni elettorali imponenti di critica alla vecchia mediazione politica e sociale. Così come negli USA, alla crisi del vecchio establishment ha fatto da contraltare il trumpismo, che da un punto di vista ovviamente radicalmente opposto rispetto a quello banksyano, travolge le vecchie corporazioni e le vecchie appartenenze. Il populismo – in ogni ambito – è tipicamente un fenomeno transitorio. Antonio Gramsci, in una nota dei Quaderni del Carcere del 1930, scrive: “La crisi consiste nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”. Si tratta di una riflessione molto attuale. Il populismo esprime la crisi del vecchio ordine. Ma perché questa crisi non porti a conseguenze tragiche, come fu cento anni fa, a fenomeni morbosi inediti, occorre produrre un cambiamento. Klein, nel suo ultimo contributo, ha allargato lo sguardo sull’ambiente (This Changes Everything: Capitalism vs. the Climate). E in qualche modo il fenomeno Greta Thunberg e Friday for Future – con tutte le capacità di costruirsi come brand, proprie di quest’epoca – conferma questa direzione. Come, per altri versi, quella neofemminista propugnata da Me Too. Anche l’artista di Bristol è su questa strada, e sono persuaso che lo troveremo a tutti gli incroci di un nuovo pensiero critico e di cambiamento. Certo: per farlo, B. diventa egli stesso sistema. Non solo per il commercio delle sue opere. Non solo per le autentiche date dalla (sua) società Pest Control alle opere in commercio. Non solo per la Girl with Balloon tagliata all’asta. Non solo per il temporary outlet aperto a Londra con il suo merchandising. Ma perché gli anni passano. Il valore aumenta. La percezione che B. ha di sé stesso muta. C’è da augurarsi che non si istituzionalizzi, che sappia mantenere spirito ribelle e controcorrente, che materializzi le nuove tendenze di oggi, e non solo la capitalizzazione delle sue critiche di ieri. Vedremo. Quel che è certo è che si tratta di un artista che ha rapidamente conquistato la ribalta planetaria, in un’epoca di grande crisi e di grande transizione.

ilar. In Greece, Spain, and Italy, massive electoral phenomena come up to criticise the old political and social mediation; just like in the USA, where Trumpism, although from Banksy’s opposite viewpoint, has become the rival attraction of old establishment in crisis and managed to bury the old corporations and memberships. In every field, populism is a typically transitory phenomenon. Antonio Gramsci, in a remark to his 1930 essay Prison Notebooks, wrote: “The crisis consists precisely in the fact that the old is dying and the new cannot be born; in this interregnum a great variety of morbid symptoms appear.” This is a very topical reflection. Populism expresses the crisis of the old order. Still, to avoid that the crisis leads to tragic consequences, as it occurred a hundred years ago, it is necessary to change to stay away from unprecedented morbid phenomena. The latest Klein’s contribution widened her view on environment (This Changes Everything: Capitalism vs. the Climate), and the phenomenon of Greta Thunberg and Friday for Future with her capacity to build herself as a brand – typical of this age – confirms, somehow, this direction as well as the neo-feminist movement championed by Me Too, although from another viewpoint. Even the Bristolian artist moves in this direction, and I am sure that we will find him at every crossroads of a new critical thought and change. To do so, of course, Banksy has to become system. Not only to trade his works. Not only to set precise dates from (his) company, Pest Control, to his artworks on the market. Not only for the Girl with Balloon shredded at auction. Not only for his temporary merchandise outlet opened in London. But because time goes by. Value increases. Banksy’s perception of himself changes. We hope him not be standardised but able to keep his rebellious and counter-current spirit and to materialise the new trends of today and not only capitalise on his criticisms of yesterday. We will see. What is certain is that he is an artist who has quickly conquered the planetary limelight, in an age of deep crisis and significant transition. 15


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La forma dell’arte moderna sarà adeguata al contenuto di verità dell’epoca G.W.F. Hegel


Dove gli sguardi non arrivano Tra baci soavi e amorevoli Le nostre anime si sono congiunte In uno stupore senza fiato

Beyond watching eyes With sweet and tender kisses Our souls reached out to each other In breathless wonder

E al risveglio Da una pace sterminata e sorridente Ti ho trovata immersa nella luce del mattino Che studiavi in silenzio Tutti i messaggi del mio cellulare

And when I awoke From a vast and smiling peace I found you bathed in morning light Quietly studying All the messages on my phone

Banksy, 2004, Soho, Londra.

Banksy, 2004, Soho, London.


IL SECONDO PRINCIPIO DI BANKSY THE SECOND PRINCIPLE OF BANKSY Stefano Antonelli

Il problema del vero e del falso

The issue of the true and the false

1. Nel 2003, in occasione della mostra collettiva Backjumps. The Live Issue presso la Bethanien Kunstraum di Berlino, Banksy realizza un’opera su muro che mostra tre agenti di polizia con le facce da smile, sormontati da una scritta che recita “ogni immagine racconta una bugia”.

1. In 2003, on the occasion of the collective exhibition Backjumps. The Live Issue at the Bethanien Kunstraum in Berlin, Banksy created a mural artwork showing three police officers with “smiley” faces surmounted by the inscription “Every Picture Tells a Lie”.

2. “Senza dubbio il nostro tempo preferisce l’immagine alla cosa, la copia all’originale, la rappresentazione alla realtà, l’apparenza all’essere”. (Feuerbach, 1843)

2. “Certainly the present age prefers the sign to the thing signified, the copy to the original, representation to reality, the appearance to the essence.” (Feuerbach, 1843)

3. L’intera vita delle società, in cui dominano le moderne condizioni di comunicazione, si annuncia come un immenso repertorio di immagini. Queste immagini hanno lo scopo di mediare le relazioni tra persone.

3. The whole life of societies dominated by the modern communication conditions, appears as an enormous repertoire of images. These images aim at mediating relations among people.

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4. Lo statuto delle immagini prodotte in queste condizioni è l’uguaglianza di tutte le immagini.

4. The images status produced under these conditions is the equality of all images.

5. Collocare immagini nel mondo ha conseguenze inaspettate: “In fondo alla strada dove sono cresciuto c’era un tabellone pubblicitario gigante, sotto ci abbandonavano le vecchie auto e le ragazze facevano marchette. Sul tabellone campeggiava un tubetto di dentifricio grande tre volte le case, ma i proventi di quella pubblicità non arrivavano agli abitanti”. (Banksy, 2006)

5. Placing images in the world has unexpected consequences: “At the end was a giant billboard, and underneath it girls were doing tricks and cars were dumped. The billboard showed a toothpaste tube three times bigger than the houses, and none of the money from those adverts went back into the street.” (Banksy, 2006)

6. La totalità delle immagini che ci raggiungono sono prodotte dai creativi dell’industria culturale (Horkeimer, Adorno, 1947), è l’ingegneria dell’attenzione, e mentono. Il tempo dell’ipermedialità che realizza il mondo globale grazie alle tecnologie della comunicazione genera “un mondo simulativo che cancella la distinzione fra reale e immaginario, un’allucinazione estetizzata della realtà priva di profondità”. (Featherstone, 1994)

6. All the images reaching us are produced by the Culture Industry creatives (Horkeimer, Adorno, 1947), it is the attention engineering, and they lie. The age of hypermediality creating the global world through communication technologies generates “a simulation world that erases the distinction between real and imaginary, an aestheticized hallucination of reality without depth.” (Featherstone, 1994)

7. L’operazione che compie Banksy quando campiona dalla fotografia simbolo della guerra in Vietnam, l’immagine della bambina ustionata dal napalm in fuga, e le affianca Topolino e Ronald McDonald, è esattamente schiacciare sullo stesso piano reale e immaginario cancellandone la distinzione, e il piano su cui questa scena avviene è costituito dall’assenza di profondità di uno sfondo monocromo grigio, generando esattamente quello che Featherstone definisce un’allucinazione estetizzata della realtà priva di profondità.

7. The operation made by Banksy when he takes the image of the fleeing girl burned by napalm from the symbol-photo of the war in Vietnam and flanks her to Mickey Mouse and Ronald McDonald, is precisely compressing on a flat surface reality and imagination by erasing any distinction, and the setting of this scene is characterized by the absence of depth of a grey monochrome background, thus generating what Featherstone exactly defines as an aestheticized hallucination of reality without depth.

8. L’artista che sta mostrando al più ampio pubblico possibile le forme di questa allucinazione è Banksy. Nell’epoca in cui il sogno diventa sonno, la cultura economica diventa destino, il tempo una merce, il vissuto una rappresentazione (Debord, 1967), la verità dell’arte è sostituita dalla pubblicità dell’arte.

8. The artist showing the forms of this hallucination to the broadest possible audience is Banksy. In an age where dreaming becomes sleeping, economic culture becomes destiny, time becomes a commodity, experience becomes a representation (Debord, 1967), the truth of art is replaced by the advertising of art.

9. “I muri sono sempre stati il luogo migliore dove pubblicare i lavori”. (Banksy, 2005)

9. “A wall has always been the best place to publish your work.” (Banksy, 2005)

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10. Al contrario dell’artista contemporaneo, lo scopo di questo artista non è tanto convincere l’Artworld (Danto, 1964) ma piuttosto il pubblico. Nel tempo in cui tutte le immagini mentono, l’intera opera di Banksy si annuncia come la più grande campagna pubblicitaria globale a favore della verità (a quanto pare con un certo successo). In quanto tale, ne mutua grammatiche e sintassi che tuttavia restituiscono semantiche in grado di opporsi alle menzogne del mondo pubblicizzato, attraverso il “plagio necessario” (Debord, 1967) a costituire nuove prospettive di recupero del senso.

10. Unlike the contemporary artist, Banksy’s aim is not so much to convince the Artworld (Danto, 1964) but rather to convince the public. In the age where all images lie, Banksy’s entire work is set to become the most significant global advertising campaign in favour of truth (apparently, with some success). As such, he borrows its grammars and syntax, which nevertheless give back semantics able to oppose the lies of the advertised world, through the “necessary plagiarism” (Debord, 1967) to create new perspectives recovering sense.

11. Ci sono artisti che sono allo stesso tempo emblemi di un’epoca e principali fornitori della materia prima utile a decodificare l’idea di mondo che questa epoca ha espresso. A volte si tratta di una sola immagine in grado di rappresentare le società che l’hanno abitata in una sintesi visiva formidabile che ne racchiude stili di vita, valori, morfologia etica ed estetica. Spesso si tratta di risposte, come se il mondo parlasse agli artisti e questi gli rispondessero rivelando la verità del proprio tempo.

11. There are artists who are at the same time emblems of an era and main suppliers of the raw material useful to decode the concept of world expressed by such an era. Sometimes, it is just a single image that can represent the societies which lived in it, through an impressive visual synthesis encompassing lifestyles, values, ethical and aesthetical morphology. But, often, they are answers, as if the world talked to artists and they replied to it by revealing the truth of their time.

12. Nel 1917, davanti al nonsense di venti milioni di morti esito della prima guerra moderna, cosa rappresenta la verità del proprio tempo se non un orinatoio industriale? Nel 1962, meno di cinquant’anni dopo, davanti alla vita di una società che si annuncia come promessa di felicità sotto forma di immenso accumulo di merci, cosa rappresenta la verità del proprio tempo se non una confezione di zuppa in scatola ripetuta e ripetuta e ripetuta?

12. In 1917, considering the nonsense of twenty million deaths caused by the first modern war, what does the truth of one’s time represent if not an industrial urinal? In 1962, less than fifty years later, in front of the life of a society claiming to be a promise of happiness in the form of a massive accumulation of goods, what does the truth of one’s time represent if not a pack of canned soup repeated, and repeated, and repeated?

13. “Se ripeti una bugia abbastanza volte diventa verità politica”. (Banksy, scritta su muro)

13. “If you repeat a lie often enough, it becomes true politics.” (Banksy, graffiti message on a wall)

14. Cogliere la verità del proprio tempo non è impresa facile, la verità stessa è un coefficiente sociale che nel tempo è stato affidato ad agenti diversi. Per secoli il principale fornitore di verità è stata la religione, poi abbiamo deciso di affidare il mandato della verità alla scienza. Quando usiamo

14. Grasping the truth of one’s own time is not easy; truth itself is a social factor that, over time, has been entrusted to different agents. For centuries the leading provider of truth was religion, then we decided to assign the mandate of truth to science. By the sentence “it is scientifically 21


l’espressione “è scientificamente provato” intendiamo sostenere che la questione è indiscutibile, che tale verità è oggettiva, universale. Il nostro tempo tuttavia segna la messa in discussione delle verità scientifiche. L’emergere dei movimenti no vax, i terrapiattististi, le spinte revisioniste, le fake news in grado di influenzare la configurazione della nostra idea di mondo, rappresentano di fatto la sopraggiunta fragilità di questo mandato di verità.

proven,” we mean that the question is indisputable, that it is an objective and universal truth. Our time, however, is characterized by the questioning of scientific truths. The emerging no vax movements, flat earthers, revisionist thrusts, fake news potentially affecting the configuration of our concept of the world, effectively represent the current fragility of this mandate for truth.

15. Non appare irreale affermare che il nostro tempo stia affrontando la dissoluzione dei mandati universali di verità. Il vero e il falso nel tempo segnato dalla comunicazione pervasiva non sembrano più opporsi l’un l’atro ma piuttosto ingannarsi a vicenda restituendoci una fragilità del reale che si riflette soprattutto sull’identità.

15. It is not unreal to state that our time is facing the dissolution of the universal mandates for truth. In a time marked by pervasive communication, the true and the false no longer seem to oppose each other but rather to deceive each other, thus returning us a fragility of the real mainly reflected in the identity.

16. Il tema fondante del lavoro di Banksy è il modo in cui stabilire una relazione veritativa tra comunicazione e società. Nel volumetto Existencilism, che pubblica a sue spese nel 2002, Banksy scrive: “se vuoi dire qualcosa e vuoi che la gente ti ascolti, allora indossa una maschera. Se vuoi dire la verità, allora devi mentire”. (Banksy, 2002) Questi due concetti ci offrono allo stesso tempo un orizzonte entro il quale comprendere il lavoro dell’artista e un manifesto operativo. Di seguito mi riferirò a questi due aforismi come il primo principio di Banksy e il secondo principio di Banksy.

16. Banksy’s work founding theme is how to set a truth-affirming relationship between communication and society. In the booklet Existencilism published at his expense in 2002, Banksy wrote: “If you want to say something and have people listen then you have to wear a mask. If you want to be honest then you have to live a lie.” (Banksy, 2002) These two concepts offer us both a horizon within which understanding artist’s work and an operational manifesto. Below, I will refer to these two aphorisms as Banksy’s first principle and Banksy’s second principle.

17. Il primo principio di Banksy stabilisce che egli ha qualcosa da dire, il secondo che quello che ha da dire è una verità.

17. Banksy’s first principle states that he has something to say, the second that what he has to say is a truth.

18. Avere qualcosa da dire è il mandato artistico per definizione, che si tratti di verità non è affatto scontato. Lo statuto veritativo dell’arte è un postulato dell’idealismo hegeliano per il quale arte, filosofia e religione non sono altro che tre diverse forme per cogliere l’assoluto, tre esperienze di verità. Secondo il filosofo tedesco, la religione ci offre la verità come rappresentazione, la filosofia come forma suprema del concetto e l’arte come

18. Having something to say is the artist mandate by definition, whether what is said is true, is not granted at all. The truth-affirming status of art is a postulate of Hegel’s idealism according to which art, philosophy, and religion are three different ways of grasping the absolute, three experiences of truth. According to the german philosopher, religion offers us truth as representation, philosophy as the supreme form of concept and

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forma del sensibile. Attraverso questa prospettiva possiamo dunque sostenere che l’intero lavoro di questo artista è una verità che egli somministra ai nostri sensi, affinché noi possiamo percepirla. Ora, non ci resta che comprendere di quale verità si tratti. Tuttavia, il secondo principio di Banksy ci suggerisce che l’artista presenta le verità sotto forma di menzogna. E qui la cosa si ingarbuglia.

art as the form of sensible. From this perspective, we can therefore assert that the entire work of this artist is a truth he conveys to our senses so that we can perceive it. Hence, the only thing left is to figure out what truth is. However, Banksy’s second principle suggests that the artist shows the truth under the guise of a lie. And now, the plot thickens.

19. “Il campo dell’arte moderna non è un campo pluralistico, ma un campo rigidamente strutturato secondo la logica della contraddizione”. (Groys, 2012)

19. “The field of art is not a pluralistic field but a field strictly structured according to the logic of contradiction.” (Groys, 2012)

20. I due principi che l’artista mette in capo al suo intero lavoro coincidono con il paradosso e la contraddizione che sono anche le due condizioni che meglio rappresentano al contempo il nostro presente e lo stato dell’arte. Paradosso e contraddizione sembrano essere dunque le due parole chiave per interpretare sia il nostro tempo che il lavoro di questo artista. Qualora fosse così, solo gli artisti più grandi riescono in questa sincronia, attivando con la loro opera processi individuali di reincantamento del mondo, tra questi, solo pochissimi innescano processi di reincantamento collettivo.

20. The two principles guiding the artist’s entire work are connected to the paradox and the contradiction, which are also the two conditions best representing both our present and state of the art. Therefore, paradox and contradiction seem to be the two key words interpreting both our time and the work of this artist. If so, only the most significant artists succeed in this synchrony, triggering through their artworks individual processes of re-enchantment of the world. Among these, only very few trigger collective re-enchantment processes.

Resistere? No, contrattaccare

Resistance? No, counterattack

21. “Chi sfregia davvero i nostri quartieri sono le aziende che scribacchiano slogan in formato gigante sulle facciate degli edifici e sulle fiancate degli autobus, cercando di farci sentire inadeguati se non compriamo la loro roba. Pretendono di urlarci in faccia il loro messaggio da qualsiasi superficie utile, ma a noi non è mai permesso replicare. Se le cose stanno così, sono stati loro a scagliare la prima pietra e il muro è l’arma prescelta per contrattaccare”. (Banksy, 2005)

21. “The people who truly deface our neighbourhoods are the companies that scrawl giant slogans across buildings and buses trying to make us feel inadequate unless we buy their stuff. They expect to be able to shout their message in your face from every available surface, but you’re never allowed to answer back. Well, they started the fight and the wall is the weapon of choice to hit them back.” (Banksy, 2005)

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22. Il modo in cui Banksy affronta il problema del vero e del falso è vandalizzando queste due idee. L’artista conosce il potere della pratica vandalica, è un writer, un vandalo per la società in cui cresce. Un mondo in cui scrivere il proprio nome su un muro con colori e forme, esito di un insieme di disciplina e fantasia, significa commettere un crimine, significa: essere arrestati. A Bristol, sud della Gran Bretagna, negli anni ’90, rimanere anonimi significa sopravvivere alla persecuzione di forme espressive non conformi.

22. Banksy’s way to deal with the issue of the true and the false is vandalizing these two ideas. The artist knows the power of vandalism practice, he is a graffiti writer, a vandal for the society where he is growing up. A world where writing one’s own name on a wall with colours and shapes, resulting from joining discipline and imagination, means committing a crime. It means: being arrested. In the Nineties, in Bristol, Southern Great Britain, remaining anonymous mean to survive the persecution for non-conventional forms of expression.

23. A partire dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso, Banksy è un artista che ha prodotto e tutt’ora produce, immagini e segni nello spazio pubblico, opere d’arte visiva, installativa, performativa, azioni comunicative, film, libri, poesie.

23. Since the end of the 1990s, Banksy is an artist that has produced and is still producing images and signs in public space, visual art works, installations, performances, communication actions, films, books, poems.

24. “Penso che diventare un marchio riconosciuto sia una parte davvero importante della vita, è il mondo in cui viviamo. Deve essere affrontato, compreso e risolto, finché non diventi la tua idea di te stesso, non riuscirai ad essere un Damien Hirst”. (Hirst, 2000)

24. “I think becoming a brand name is a really important part of life, it’s the world we live in. It’s got to be addressed, understood and worked out, as long as you don’t become your own idea of yourself, you don’t start making Damien Hirst.” (Hirst, 2000)

25. A partire dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso, Banksy è il brand che ha prodotto e tutt’ora produce, immagini e segni nello spazio pubblico, opere d’arte visiva, installativa, performativa, azioni comunicative, film, libri, poesie.

25. Since the end of the 1990s, Banksy is a brand that has produced and is still producing images and signs in public space, works of visual art, installations, performances, communication actions, films, books, poems.

26. Banksy cresce in un periodo in cui Damien Hirst si impone come il più importante artista al mondo, il suo approccio all’arte è talmente influenzato dall’ideologia economica del brand che finisce per incarnare l’idea stessa di Brand Artist. I due si conoscono e si influenzano, tanto da realizzare alcune collaborazioni artistiche. In quegli anni Hirst è così rilevante nell’arte che nel 2006 la Serpentine gallery, e successivamente la Fondazione Agnelli, ospitano una mostra della sua collezione personale dal titolo In The Darkest Hour There May Be Light. L’artista che spicca tra quelli esposti è Banksy che per l’occasione

26. Banksy grew up in a period when Damien Hirst established himself as the most prominent artist in the world. His approach to art was so deeply affected by the brand economic ideology that he finally embodies the very idea of Brand Artist. The two artists met and influenced each other, to the extent that they realized some artistic collaboration. In those years, Hirst was so prominent in the art context that in 2006, the Serpentine Gallery, and later the Fondazione Agnelli, hosted an exhibition of his personal collection entitled In The Darkest Hour There May Be Light. The artist standing out among the ones exhibited was Banksy,

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realizza una versione di Napalm con macchie di sangue, esposta anche in questa mostra.

who, on that occasion, created a version of Napalm with bloodstains shown in this exhibition.

27. Bansky fa tesoro della lezione di Hirst, vandalizza l’idea di brand che nella sua pratica sistematica di ri-lessicalizzazione diventa Brandalism. (Banksy, 2005)

27. Banksy draws on the lesson by Hirst, he vandalizes the idea of Brand that in his systematic practice of re-lexicalization becomes Brandalism. (Banksy, 2005)

28. “Brandalism: ogni messaggio pubblicitario che è collocato nello spazio pubblico e che non puoi scegliere di non guardare è tuo. Ti appartiene. Lo puoi prendere, rimaneggiare e riutilizzare”. (Banksy, 2005)

28. “Brandalism: Any advertisement in public space that gives you no choice whether you see it or not is yours. It belongs to you. It’s yours to take, rearrange and re-use.” (Banksy, 2005)

29. Banksy inizia la sua attività vandalica molto presto, in una intervista alla rivista Swindle del 2006 condotta da Shepard Fairey dichiara: “Quando avevo circa dieci anni, per le strade impazzavano i graffiti di un ragazzo che si chiamava 3D. Credo fosse stato a New York e fu il primo a portare a Bristol la pittura con la vernice spray. Sono cresciuto vedendo graffiti per strada prima che su una rivista o su un computer. 3D smise di dipingere e formò il gruppo dei Massive Attack [...]. A scuola i graffiti erano la cosa che ci piaceva di più: li facevano tutti tornando da scuola in autobus. Tutti li facevamo”. (Banksy, 2006)

29. Banksy’s vandalism starts very early. In 2006, during an interview to the Swindle magazine made by Shepard Fairey, he declares “When I was about 10 years old, a kid called 3D was painting the streets hard. I think he’d been to New York and was the first to bring spray painting back to Bristol. I grew up seeing spray paint on the streets way before I ever saw it in a magazine or on a computer. 3D quit painting and formed the band Massive Attack [...]. Graffiti was the thing we all loved at school – we all did it on the bus on the way home from school. Everyone was doing it.” (Banksy, 2006)

30. Il nome con cui Banksy firma le sue prime incursioni vandaliche è Robin Banks, che suona come Robbing Banks, ovvero rapinare le banche. Se ti fai chiamare Robin Banks in Gran Bretagna, è plausibile che i tuoi amici finiscano per chiamarti Banksy.

30. Banksy’s name for his first vandalism raids was Robin Banks, sounding like Robbing Banks. If you call yourself Robin Banks in Great Britain, it is plausible that your friends end up calling you Banksy.

31. Mentre Robin Banks diventa Banksy il mondo cambia, l’ideologia controculturale e libertaria che anima i nerd della Silicon Valley vede il World Wide Web come un’opportunità unica nella storia del mondo di condividere saperi e conoscenza, un mondo migliore dunque, che gli ingegneri informatici si mettono in testa di rendere accessibile a tutti dando origine a fenomeni come Apple e Microsoft, il cui sogno è una persona-un computer. È il web 1.0, più tardi arriverà il web 2.0, quello delle piat-

31. While Robin Banks becomes Banksy, the world is changing. The countercultural and libertarian ideology animating the Silicon Valley nerds looks at the World Wide Web as a unique opportunity in the world’s history to share knowledge and skills, a better world that IT engineers want to make accessible to everyone, creating phenomena as Apple and Microsoft, whose dream is one person-one computer. This is web 1.0, followed, later on, by web 2.0 with its plat25


taforme, Facebook, Twitter, Amazon, Paypal, sappiamo come è andata a finire.

forms: Facebook, Twitter, Amazon, Paypal. We know how it ended.

32. La fine del XX e l’inizio del XXI secolo sono gli anni della formazione di Banksy, un periodo che vede emergere in tutto l’occidente istanze controculturali eterogenee e frammentate che tuttavia si ritrovano nel terreno comune della critica al sistema economico neoliberista e reagiscono con idee e proposte. La data in cui gli storici fanno risalire una sorta di unitarietà di queste istanze che diventano movimento è il 2000 e il luogo è Seattle, in occasione della conferenza ministeriale del WTO, il World Trade Organization, ovvero l’organizzazione mondiale del commercio. Al grido di “un altro mondo è possibile” il movimento si riunirà a Porto Alegre, in Brasile, per il Forum Sociale Mondiale, in opposizione al Forum Economico Mondiale che si tiene a Davos, poi andrà a manifestare il suo dissenso a Genova in occasione del G8 nel luglio del 2001 dove l’idea di un altro mondo possibile subisce una repressione feroce, lasciando sul terreno delle illusioni il corpo di Carlo Giuliani. A settembre 2001 crollano le torri gemelle.

32. Banksy’s education goes from the end of the 20th to the beginning of the 21st century. This period witnesses the rise in the Western World of heterogeneous and fragmented counter-cultural demands , finding a common ground in criticism to the neo-liberal economic system, against which new ideas and proposals come to light. According to historians this sort of unity of the above demands, which later became a movement, dates back to 2000 and takes place in Seattle, on the occasion of the WTO (World Trade Organization) ministerial conference. This movement whose slogan is “another world is possible” meets in Porto Alegre, Brazil, for the World Social Forum in opposition to the World Economic Forum held in Davos. Then, in July 2001, the movement participates in Genoa G8, to express its dissent, but here the idea that another world is possible suffers a fierce repression, leaving on the ground of illusions the body of Carlo Giuliani. In September 2001, the Twin Towers collapse.

33. Le istanze del movimento No Global possono essere sommariamente descritte come critica alle multinazionali, allo sfruttamento del lavoro minorile, al favoreggiamento delle guerre, al dominio dei sistemi bancari, al copyright, al controllo sociale, alla sostenibilità ambientale. Ognuna di queste istanze è stata trasformata da Banksy in immagini.

33. The No Global movement demands can be briefly described as criticism to multinational companies, exploitation of child labour, facilitation of wars, domination of banking systems, copyright, social control, environmental sustainability. Each of these demands was turned into images by Banksy.

34. “Il copyright è per i perdenti ©™” . (Banksy, 2005)

34. “Copyright is for losers ©™.” (Banksy, 2005)

35. Portando la pratica vandalica del writing ad un livello più alto, attraverso una sistematica opera di vandalismo epistemico, Banksy sposa l’idea movimentata di un altro mondo possibile e affronta il tema del vero del nostro reale rielaborando immaginari etici ed estetici già informati dalla realtà, sovvertendone e invertendone il senso, realizzando un’arte senza libretto d’istruzione, proprio come Steve Jobs sognò che fossero i prodotti Apple.

35. By raising his vandal graffiti practice to the next level, through a systematic work of epistemic vandalism, Banksy shares the bustling idea of another possible world and addresses the issue of the truth of our “real”, by re-processing the ethic and aesthetic imaginary aspects already informed by reality, subverting and reversing its meaning, creating an art without an instruction manual, just as Steve Jobs dreamt the Apple products would be.

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Siamo noi, la gente

We, the people

36. Il paradigma che unisce l’idea di arte all’idea di strada è semplice: per fare una cosa bella non devo chiedere l’autorizzazione. La sostanza detonante della street art è tutta qui, c’è il recupero di un’idea estetica a cui segue un’etica appropriata.

36. The paradigm combining the idea of art with the idea of street is simple: to do something beautiful, I do not have to ask for permission. The detonating substance of street art is all here, there is the recovery of an aesthetic idea followed by an appropriate ethics.

37. L’idea che unisce l’arte e la strada non è nuova, tuttavia Banksy la sistematizza cogliendo più di ogni altro la proprietà intrinsecamente ostensiva e il potenziale comunicazionale dello spazio pubblico, attraverso la sua pratica sistematica trasforma il muro in un medium di massa e l’artista in un mass media.

37. The idea combining art and street is not new, but Banksy systematizes it by grasping more than any other its intrinsically ostensive capacity and the communication potentiality of public space, through his systematic practice, he turns the wall into a mass medium and the artist into mass media.

38. “Il medium è il messaggio”. (McLuhan, 1964)

38. “Medium is the Message.” (McLuhan, 1964)

39. Il rapporto che il nostro mondo ha istituito con l’arte si realizza all’interno degli spazi espositivi e non è inscritto nel nostro ordinario ma nel nostro straordinario. Andare a vedere una mostra, non è in genere una voce della nostra lista delle cose da fare, piuttosto lo sono pagare le bollette e andare a prendere i figli a scuola. La nostra vita di tutti i giorni non è in relazione con l’arte in nessun modo. Eppure, è l’arte che parlerà di noi ai nostri posteri.

39. The relationship between our world and art is realized within the exhibition spaces. It does not affect our ordinary, but our extraordinary. Visiting an exhibition is not generally an item of our to do list, such as paying bills and picking up children from school. Our everyday life is not related to art in any way. Yet, art will talk about us to posterity.

40. “L’arte è diversa dalle altre forme di cultura, dal momento che non è il pubblico a determinarne il successo. Gli spettatori riempiono le sale dei concerti e i cinema ogni giorno, leggiamo romanzi a milioni e compriamo dischi a miliardi. Siamo noi, la gente, a influire sulla produzione e la qualità di gran parte della cultura, ma non dell’arte”. (Banksy, 2005)

40. “Art is not like other culture because its success is not made by its audience. The public fill concert halls and cinemas every day, we read novels by the millions, and buy records by the billions. We, the people, affect the making and quality of most of our culture, but not our art.” (Banksy, 2005)

41. Le opere d’arte sono solo in due luoghi, nei musei e nelle gallerie, che sono spazi espositivi, e il modello di fruizione di queste opere è quello contemplativo. Cosa puoi fare in un museo oltre a contemplare le opere? Nulla.

41. The artworks are located only in two places: museums and galleries, which are exhibition spaces, and the mode to enjoy these works is contemplative. What can you do in a museum besides contemplating artworks? Nothing.

42. Lo spazio pubblico è uno spazio espositivo? Si lo é. Sono due le istituzioni che usano lo spazio

42. Is public space an exhibition space? Yes, it is. Two institutions use it legally: the State 27


pubblico come spazio espositivo in forma legittima: lo stato e il mercato. Lo stato espone la segnaletica stradale allo scopo di regolare lo spazio pubblico, il mercato espone la pubblicità che è una forma di comunicazione persuasiva con il deliberato scopo di modificare le nostre attitudini. Osservando i dati del Global Advertising Spending, nel 2010 la cifra globale spesa in pubblicità nel mondo era 399 miliardi di dollari circa, nel 2019 è arrivata a 563 miliardi circa. La pubblicità funziona, modifica le nostre attitudini eccome, altrimenti gli investimenti non crescerebbero. E la terza istituzione? Quella che Jurgen Habermas chiama il mondo della vita (Habermas, 1986), ovvero noi? Oltre alle immagini finalistiche, lo spazio pubblico ospita anche segni e immagini non finalistiche, graffiti, stickers, disegni, dipinti, tuttavia questa materia visiva non gode dello statuto di legittimità, è abusiva. Al mondo della vita non è consentito esporre nello spazio pubblico. Certo, a meno che i tuoi scarabocchi non valgano cifre da capogiro.

and the market. The State exhibits street signs to regulate public space. The market shows advertising that is a form of persuasive communication intentionally aiming at changing our inclinations. According to the Global Advertising Spending figures, in 2010 the total amount spent on advertising in the world was about USD 399 billion while in 2019 it reached about USD 563 billion. Advertising really works. It does change our inclinations, otherwise investments would not grow. What about the third institution, the one that Jurgen Habermas calls lifeworld (Habermas, 1986), in other words us? In addition to the finalistic images, public space also shows non-finalistic signs and images: graffiti, stickers, drawings, paintings, but this visual material is not authorized. It is abusive. The lifeworld is not allowed to exhibit in public space, unless your scribbles are worth a dizzying amount of money.

43. La società ha sin dal suo sorgere una configurazione spaziale, così come lo spazio ha una configurazione sociale. Socializzazione e spazializzazione sono da sempre state intimamente intrecciate, interdipendenti e in conflitto. (Marramao, 2013)

43. Since its emergence, society has a spatial configuration, just as space has a social configuration. Socialization and spatialization have always been intimately intertwined, interdependent and in conflict. (Marramao, 2013)

44. “Per la prima volta con i graffiti di New York, [...] i media sono stati attaccati nella loro stessa forma, cioè nel loro modo di produzione e diffusione”. (Baudrillard, 1976)

44. “For the first time with New York graffiti, (...) media have been attacked by their own form, in their own way of production and diffusion.” (Baudrillard, 1976)

45. Segnaletica e pubblicità nello spazio pubblico veicolano messaggi univoci, non c’è niente da interpretare, al contrario tutta la restante materia visiva, sono pure immagini ermeneutiche.

45. Road signs and advertising in public space convey univocal messages. There is nothing to be interpreted, on the contrary, the remaining visual material is represented by clear hermeneutic images.

46. Se lo stimolo cognitivo di un’immagine finalistica è un dardo scagliato in un punto preciso del nostro cervello, quello di un’immagine ermeneutica è paragonabile ad una fioritura

46. If the cognitive stimulus of a purposed image is a dart thrown towards a specific point in our brain, the stimulus of a hermeneutic image can be compared to an aimless blossoming involv-

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senza scopi che coinvolge il nostro intero apparato di decodifica. Questo dovrebbe quantomeno stimolare una riflessione sulla legittimità delle immagini nello spazio pubblico.

ing all our decoding system. This should at least stimulate a reflection over images legitimacy in public space.

47. Il modello di fruizione di un’opera nello spazio pubblico non è affatto contemplativo, la puoi contemplare certo, ma volendo la puoi sfregiare, contestare, modificare, cancellare, strappare, prendere. Cosa puoi fare in strada dopo aver contemplato un’opera? Molto.

47. The enjoyment mode of an artwork in public space is not contemplative at all. Indeed, it could be contemplated as well as rubbed, challenged, modified, deleted, tore, or taken, if you want. What can you do in the street after admiring an artwork? A lot.

48. “Non sono le proprietà estetiche che trasformano l’oggetto in opera d’arte ma le proprietà relazionali”. (Danto, 2013)

48. “It is not aesthetic properties that transform an object into a work of art but relational properties.” (Danto, 2013)

49. Delle opere pubbliche di Banksy è rimasto pochissimo, nelle sue pubblicazioni c’è spesso indicata la durata dell’opera. Tre giorni, sei minuti, due ore.

49. Very few remains of Banksy’s public works; he often shows in his publications the artwork duration. Three days, six minutes, two hours.

50. Quando si parla di street art viene convocata spesso l’idea di arte effimera. Tuttavia piuttosto che effimera, sembrerebbe essere semplicemente temporanea.

50. When it comes to street art, the idea of ephemeral art is often recalled. However, rather than ephemeral, it seems to be merely temporary.

51. Al contrario dell’idea dominante e storica di un’arte che attraversi il tempo, quella di Banksy è un’arte che il tempo(-merce) lo ruba, un’arte a disponibilità limitata, e non ci rimane che contemplare il suo riflesso nei musei, come in questa mostra.

51. Unlike the established and historical idea that art should go across time, Banksy’s art steals time(-commodity), an art with limited availability. So, all we have to do is admiring its reflex in museums, as in this exhibition.

52. “Non penso che la mano dell’artista sia importante a nessun livello, perché stai solo cercando di comunicare un’idea”. (Hirst, 2000)

52. “I don’t think the hand of the artist is important on any level because you’re trying to communicate an idea.” (Hirst, 2000)

53. Ogni emergere di un’idea di arte è in fondo l’apertura di un nuovo spazio di libertà.

53. Each emerging idea of art is essentially a way to open up a new space of freedom.

54. L’efficace trasformazione sistematizzata dello spazio pubblico in spazio espositivo per l’arte operata da Banksy, ha portato all’affermazione dell’idea che associa l’arte alla strada, che il discorso pubblico ci restituisce nell’etichetta

54. Banksy’s successful systematic conversion of public space into exhibition space for art led to the affirmation of the idea associating art and street and labelled by the public debate as street art, thus releasing many generations of young 29


street art, liberando intere generazioni di giovani artisti dalle pratiche artistiche tradizionali e permettendogli di re-immaginarlo.

artists from any traditional artistic practices and allowing them to re-imagine it.

55. “Molte persone non prendono iniziative solo perché nessuno gli ha detto di farlo”. (Banksy, 2005)

55. “A lot of people never use their initiative because no-one told them to.” (Banksy, 2005)

Non credo in nulla, sono qui solo per la violenza

I don’t believe in anything, I’m just here for the violence

56. “Questo non è un manuale per fottute agenzie di pubblicità”. (Banksy, 2002)

56. “This is not a resource manual for fucking advertising agencies.” (Banksy, 2002)

57. Banksy utilizza strategie di comunicazione degne dei grandi brand e questo non deve sorprendere, il marketing deve molto ai graffiti. In effetti, da oltre vent’anni la maggioranza dei grafici, creativi e operatori della pubblicità sono ex writer che dall’esperienza della pratica del writing, ovvero dall’etica e l’estetica del vandalismo, hanno prelevato e rielaborato alcune tra le più efficaci e innovative tecniche di marketing, basti pensare al successo delle tecniche usate dai global brand, teorizzate e descritte da Jay Conrad Levinson (1984) nel suo libro Guerrilla Marketing, approntate osservando le pratiche messe in atto dai writer newyorkesi negli anni ’80.

57. Banksy uses communication strategies of big brands, and this should not surprise since marketing owes a lot to graffiti. Actually, for over twenty years, most of the graphic designers, creatives, and advertising operators were former graffiti writers who took and reworked the ethics and aesthetics of vandalism changing them into some of the most effective and innovative marketing techniques. Just look at the success of the methods used by global brands that were conceived and described by Jay Conrad Levinson (1984) in his book Guerrilla Marketing. He understood them observing the practices put in place by the New York writers in the 1980s.

58. Nessuno meglio di un writer sa come prendersi l’attenzione nello spazio pubblico.

58. No one knows how to grab attention in public space better than a graffiti writer.

59. “Non si vive in uno spazio neutro e bianco; non si vive, non si muore, non si ama nel rettangolo di un foglio di carta”. (Foucault, 1994)

59. “We do not live in a neutral and white space; we don’t live, die, or love, within the rectangle of a sheet of paper.” (Foucault, 1994)

60. È il marketing che mutua il vandalismo e non il contrario, e il lavoro di Banksy sembra marketing solo perché siamo più sottoposti alla pubblicità che all’arte. L’agire artistico di Banksy dunque, non è affatto marketing ma puro vandalismo e questo ci potrebbe portare a pensare che marketing e vandalismo siano in fondo, la stessa cosa.

60. It is marketing that borrows vandalism and not the other way around, and Banksy’s work looks like marketing just because we are more exposed to advertising than to art. Banksy’s artistic agency, therefore, is not marketing but pure vandalism, thus leading us to think that, in the end, marketing and vandalism are the same thing.

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61. “Non credo in nulla, sono qui solo per la violenza”. (Banksy, 2005)

61. “I don’t believe in anything. I’m just here for the violence.” (Banksy, 2005)

62. La prima mostra documentata di Banksy con opere in vendita risale al 1998, la organizza lui stesso nella casa (e nel garage) che condivide con altri due ragazzi a Easton, un sobborgo di Bristol. Dal 1998 al 2019, ovvero in circa venti anni di attività, Banksy partecipa a 37 mostre documentate, tra personali e collettive. Di queste, 33 sono tra il 1998 e il 2010: 33 mostre in 12 anni, una media di oltre tre mostre l’anno. Un’attività che qualsiasi artista definirebbe quantomeno intensiva.

62. Banksy’s first documented exhibition of works for sale dates back 1998 and was organized by him in the house (and garage) he shared with two room mates in Easton, a Bristol suburb. From 1998 to 2019, in about twenty years of activity, Banksy took part in 37 documented exhibitions, both solo and group. Among these, 33 have been held between 1998 and 2010: 33 expositions in 12 years, hence an average of over three exhibitions per year. An activity that any artist would define at least intensive.

63. “A me piace (il mercato dell’arte). Molto. So che tanta gente vede la cosa come un problema, questioni di integrità credo. Ma io ho sempre pensato che essere un artista, fare qualcosa nel tuo studio e aspettare che qualcuno venga a vedere e se li porti via... non abbia senso [...] se l’arte riguarda la vita, ed è inevitabile che sia così, e riesce a rimanere tale anche se la gente la compra e ci investe dei soldi fino a farla diventare un bene di consumo, beh, per me è emozionante”. (Hirst, 2004)

63. “I like it (the art market). Very much. I know a lot of people see it as a problem. Integrity issues, I think. But I’ve always thought that being an artist, doing something in your studio and waiting for someone to come and see and take them away... it doesn’t make sense [...] if art is about life, and inevitably it does, and it is able to stay that way even if people buy it and invest money in it until it becomes a consumer good, well, it’s exciting for me.” (Hirst, 2004)

64. Mentre realizza un’incredibilmente intensa attività espositiva tradizionale, Banksy realizza una quantità sterminata di dipinti murali a Bristol, Londra, Berlino, Napoli, Palestina, New York e molte altre città. Interventi negli Zoo di Barcellona, Londra, Melbourne e nel Safari Park di Longleat in Gran Bretagna. Incursioni espositive nei più importanti musei del mondo. Appende i suoi lavori abusivamente alla Tate Gallery, al Natural History Museum e al British Museum di Londra, al MoMa, al Metropolitan Museum e Brooklyn Museum di New York e al Louvre di Parigi.

64. While organising an incredibly intense traditional exhibition activity, Banksy produces an endless number of wall paintings in Bristol, London, Berlin, Naples, Palestine, New York and many other cities as well as actions in the Zoos of Barcelona, London, Melbourne, in Longleat Safari Park in Great Britain, and exhibition incursions in the most important museums in the world. He hangs his works illegally at Tate Gallery, Natural History Museum and British Museum in London, at MoMa, Metropolitan Museum and Brooklyn Museum in New York, and then Louvre in Paris.

65. “Quando ero piccolo mia sorella buttò via un sacco di miei disegni e quando le chiesi dove fossero finiti si strinse nelle spalle e mi rispose: Beh non sarebbero certo finiti al Louvre”. (Banksy, 2005)

65. “My sister was throwing away loads of my pictures one day and I asked her why. She said ‘it’s not like they’re going to be hanging in the Louvre.” (Banksy, 2005)

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66. Per documentare la sua attività Banksy si fa seguire da un fotografo, per promuoverla da vari PR. Pubblica almeno cinque libri. Avvia una print house a Londra che chiama Pictures On Walls dove stamperà la quasi totalità delle sue edizioni serigrafiche, organizza festival autorizzati e non autorizzati, una residenza artistica abusiva a New York sfidando l’intero New York Police Department, e una miriade di altre attività e iniziative. È chiaro che questo artista non è stato esattamente con le mani in mano.

66. Banksy had a photographer to document his activity, several P.Rs. to promote his actions. He publishes at least five books and starts a print house in London called Pictures On Walls where almost all of his silkscreen works were printed, he organizes authorized and unauthorized festivals, an abusive art residence in New York challenging the whole N.Y.C. Police Department, and a myriad of other activities and initiatives. He is not precisely twiddling his thumbs.

67. Ridurre Banksy alla pratica della street art e allo stencil sembra quantomeno insufficiente per decodificare il portato di questo artista. I linguaggi che usa per veicolare i sui messaggi sono innumerevoli e spesso prelevati da altri artisti. I topi e lo stencil da Blek le Rat, le pratiche installative e performative da Brad Downey.

67. Restricting Banksy to street art and stencil seems at least unsuitable to decode this artist’s reach. He uses countless languages to convey his messages, often taken from other artists – rats and stencil from Blek le Rat, installation and performance practices from Brad Downey.

68. “I cattivi artisti imitano, i grandi artisti rubano. Pablo Picasso Banksy”. (Banksy, 2009)

68. “The bad artists imitate, the great artists steal. Pablo Picasso Banksy.” (Banksy, 2009)

69. L’opera che nel cuore del pubblico più rappresenta l’artista é sicuramente la Girl with Balloon. L’immagine che sfida il divieto non scritto dell’arte di dipingere cuori e che Banksy utilizza per dare forma e colore alla disillusione, il sentimento che maggiormente incarna la condizione emotiva delle giovani generazioni che abitano il nostro tempo. La realizza su muro in vari posti e successivamente la stampa in edizione serigrafica nel 2004-2005, posta in vendita al prezzo di 65 sterline.

69. Girl with Balloon is definitely the artist’s most representative work in audiences’ heart. The image that defies the tacit art prohibition of painting hearts is used by Banksy to give form and colour to disillusion, the feeling that most embodies the emotional condition of young generations inhabiting our time. He made it on the wall in various places and then printed it in a silkscreen edition in 2004-2005. It was offered for sale for 65 pounds.

70. “C’e sempre una speranza”. (Banksy, 2005)

70.

71. Nel 2017 Samsung commissiona un sondaggio per chiedere ai sudditi della regina quale sia l’opera d’arte britannica che amano di più: è la Girl with Balloon di Banksy.

71. In 2017, Samsung ordered a survey to ask the british which artwork they loved the most: it turned out was Banksy’s Girl with Balloon.

72. Il lavoro di Banksy che ha avuto più risonanza mediatica è la Shredded Girl with Balloon, ovvero la distruzione pubblica di una versione

72. Banksy’s work with the most media coverage is the Shredded Girl with Balloon or the public destruction of a painted on a canvas ver-

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“There is always hope.” (Banksy, 2005)


dipinta su tela della ragazza col palloncino. Come i musicisti che non ne possono più del loro cavallo di battaglia che tutti gli chiedono di cantare, la Girl with Balloon subisce una specie di vendetta. Commenterà questa azione citando Mikhail Bakunin: “la passione per la distruzione è anch’essa una passione creativa”.

sion of the Girl with Balloon. Like the musicians bored by their major piece everybody ask, the Girl with Balloon suffers a kind of revenge. He comments on this action by quoting Mikhail Bakunin: “the passion for destruction is also a creative passion”.

73. Cosa fa Banksy quando riduce a striscioline la sua Girl with Balloon da un milione di sterline? In primo luogo compie un gesto pubblico che rivendica attraverso il suo account Instagram - lo stesso schema procedurale di un attentato in secondo luogo si ispira ad un lavoro dell’artista francese Farewell, “Bande de pub” realizzato nel 2004 a Parigi. La tela metà dentro metà fuori la cornice, con la parte fuoriuscita fatta a striscioline, è probabilmente destinata a cristallizzarsi nella memoria collettiva e ad entrare nella storia e nel costume dalla porta principale. Prontamente, Perrier e McDonald realizzano una loro campagna di comunicazione ispirata all’immagine della Shredded Girl with Balloon.

73. What does Banksy do when he shreds his million pound’s Girl with Balloon? First of all, he makes a public gesture that he claims through his Instagram account - using the same procedure of an outrage - and then, he is inspired by a work of the French artist Farewell, “Bande de pub”, made in Paris, in 2004. The undamaged canvas inside the frame and the part cut into strips outside it are probably destined to be settled into the collective memory and enter into history and costume through the main door. Perrier and McDonald promptly made their communication campaigns inspired by the Shredded Girl with Balloon.

74. Questa immagine sembra essere la grammatica del linguaggio che Banksy utilizza in quello che appare come un suo messaggio sul senso dell’arte oggi, ovvero l’insieme delle convenzioni che stabilizzano l’idea diffusa e condivisa di arte qui e ora. C’è da dire che non si tratta di un vero, grande discorso contemporaneo sul senso dell’arte, sia chiaro, solo un discorsetto di buon senso per chi ama le cose belle, un po’ come l’anarchia entry-level di Dismaland.

74. This image seems to identify the syntax of the language used by Banksy in what appears to be his message about the meaning of art today: a set of practices fixing the general and shared idea that art is here and now. It should be said that this is not a real, great contemporary argument on the meaning of art. It is just a common sense for those who love beautiful things, somewhat like the Dismaland entry-level anarchy.

75. Banksy sembra parlarci in modo pragmatico, probabilmente ci legge nello stesso modo.

75. Banksy seems to speak to us pragmatically. He probably reads us the same way.

76. Conosciamo l’esistenza di questo artista solo attraverso le sue comunicazioni, non abbiamo mai avuto esperienza del suo corpo. Nonostante da circa venti anni Banksy sia solo una comunicazione unidirezionale, non smettiamo di attribuirgli un’antropomorfia, di farlo uomo.

76. We are aware of the existence of this artist only through his communications. We have never become acquainted with his body. Although for about twenty years, Banksy has only been a oneway communication, we do not stop assigning him an anthropomorphic image, making him a man. 33


77. Ci sorprende che qualcuno tra noi non passi all’incasso di tanta popolarità, non la mostri, non la esibisca, non ne faccia spettacolo. Per quanto l’artista si sforzi di non esserlo, diamo per scontato che sia una persona.

77. We are surprised that someone is not claiming, showing, or playing such fame. No matter how hard the artist tries not to be, we take it for granted that he is a person.

78. Sembrerebbe che a noi il linguaggio di Banksy piaccia molto, non si tratta di un linguaggio verbale o multimodale, come quello che usiamo tutti noi per comunicare, ma di un altro tipo di linguaggio e, qualsiasi cosa dica con questo linguaggio, la platea di chi lo ascolta appare sempre più grande. Qualsiasi iniziativa di Banksy finisce sulle news internazionali, dalla CNN, ad Al Jazeera, ad Africanews.

78. It seems that we love Banksy’s language very much. It is not a verbal or multimodal language, like the one we use to communicate; it is a different kind of language and, whatever he says in his language, his audience is getting bigger and bigger. Any Banksy initiative ends up on international news, from CNN to Al Jazeera, to Africanews.

79. Come dobbiamo leggere la messa in scena della distruzione della Girl with Balloon? In effetti, la messa in scena è l’opera vera e propria ed è costituita dal video (2018) e dalla sua potenzialità virale, offerta dalle tecnologie digitali del tempo reale.

79. How do we read the performance of the Girl with Balloon destruction? The staging, indeed, is the work itself and consists of the video (2018) and its viral potential offered by the real-time digital technologies.

80. La messa in scena pubblica è anche all’origine della contemporaneità dell’arte, è Marcel Duchamp (1915) ad utilizzare la messa in scena pubblica come procedura esecutiva dell’opera, presentando così i suoi ready made, la cui strategia d’indirizzo è di rappresentare linearmente ciò che è rappresentato, ovvero, così come il pisciatoio è solo un pisciatoio, la ruota di bicicletta é solo una ruota di bicicletta, la burla di Banksy è solo una burla, uno scherzo o, più astrattamente, un gioco. In questa prospettiva forse abbiamo assistito all’aggiornamento storico della nozione duchampiana di ready made già frequentata da Banksy, come il pensiero situazionista di cui l’opera è altrettanto portatrice.

80. Public staging has also originated contemporary art. Marcel Duchamp (1915) was the one who used public staging as executive procedure of the artwork, thus presenting his readymade pieces according to his leading strategy, that is to say, linearly showing what is represented. This means that a urinal is only a urinal; a bicycle wheel is only a bicycle wheel; hence, Banksy’s joke is only a joke, a prank, or, more abstractly, a game. Under this perspective, perhaps we watched at the historical modernisation of the notion of Duchamp’s readymade already enjoyed by Banksy, as well as the situationist thought that affects the artwork.

81. Il ready made duchampiano esprime bene una certa stabilità dello stato delle cose in generale, e degli oggetti in particolare e, in un certo senso, è figlio del materialismo storico, tuttavia mal si adatta alla transitorietà degli stati delle

81. Duchamp’s readymade express a certain level of stability of the state of things in general, and of objects in particular, and in a way, is the result of historical materialism, which, however, it does not adapt to the temporary nature of the state of things

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cose e degli oggetti a cui ci costringe l’instabilità e la progressiva smaterializzazione degli oggetti nel nostro tempo che potremmo chiamare per antitesi: immaterialismo storico.

and objects that we are forced to accept due to the instability and progressive dematerialization of objects in our days. Hence, we could antithetically call it: historical immaterialism.

82. La risposta su cosa rappresenti la messa in scena è: rappresenta un gioco presentato, più che nel formato del ready made duchampiano, in una sorta di ready masking banksyiano.

82. This is the answer to what staging represents: it performs a game shown in a sort of Banksy’s ready-masking, rather than in the Duchamp’s ready-made.

83.

83.

L’arte è un gioco? Sì, lo è.

Is art a game? Yes, it is.

84. Nel rivelare l’opera attraverso un breve video (2018) in cui l’artista illustra la tecnica per ottenere la triturazione della tela e ne narra la storia come fosse una favola (dieci anni fa...), l’artista la accompagna alla citazione prelevata da Bakunin. Cosa vuol dire? Perché Banksy ci parla di distruzione? Infine, è veramente distruzione?

84. Unveiling the work through a short video (2018) where the artist shows the technique to get the canvas shredding, Banksy tells the story as if it were a fairy tale (ten years ago ...) and quotes Bakunin. What does it mean? Why does Banksy talk to us about destruction? Finally, is it really destruction?

85. Arte e distruzione si sono incontrati da tempo, basti pensare ai tagli di Fontana, alle combustioni di Burri, al lavoro di John Reed. Di distruzione creatrice si sono occupati Caws e Deville nel loro saggio undoing art del 2017. I due fanno notare che la distruzione dell’opera d’arte (undoing) costituirebbe una parte del processo di costruzione dell’artista, in altre parole, l’artista nel distruggere l’opera, in realtà, costruisce se stesso.

85. Art and destruction have long met; think of Fontana’s cuts, Burri’s combustions, John Reed’s work. Caws and Deville dealt with creative destruction in their essay Undoing Art published in 2017 remarking that the destruction of an artwork (undoing) would be a part of the artist’s construction process; in other words, when the artist destroys the artwork, he is actually building himself.

86. In effetti, questa analisi trova conferma negli esiti dell’azione dell’artista, Banksy distruggendo l’opera ottiene due effetti, il primo è la diffusione capillare della sua opera (il video), il secondo che tutte le sue opere ora valgono di più. Sembra proprio che, come sostengono Caws e Deville, l’artista abbia dato un ulteriore contributo alla costruzione di se stesso.

86. This analysis is confirmed, in fact, by the results of the artist’s action. By destroying the artwork, Banksy obtains two effects, the first is to widen the distribution of his work (the video), and the second is to increase the value of all his artworks. It seems that the artist significantly contributes to his own formation, as Caws and Deville argued.

87. L’aspetto performativo di un atto di distruzione ha inoltre un lato spettacolare in grado di richiamare la nostra attenzione con molta più pervasività di un atto di costruzione, la distruzione creatrice afferma un’arte secolarizzata,

87. The performing aspect of an act of destruction has a spectacular side, too, since it can attract attention in a much more pervasive way than an act of construction. Creative destruction affirms a secularised and desacralized art. When 35


ovvero desacralizzata, quando Bailey Bob Bailey propone la distruzione del rituale dell’albero di Natale (Caws e Deville, 2017) sta mettendo in scena la paganizzazione di un rito sacro oramai assorbito nella civiltà dei consumi, stessa cosa fa Banksy.

Bailey Bob Bailey proposes to destroy the Christmas tree ritual (Caws and Deville, 2017), he is staging the paganisation of a sacred rite that was finally swallowed up by the consumer civilization. Banksy does the same.

88. La distruzione creatrice è un paradigma usato perlopiù dal potere moderno che ne ha intercettato il potenziale economico e politico, basti pensare alle guerre per stabilizzare regioni del mondo e ai processi di ricostruzione e gestione.

88. Creative destruction is a paradigm mostly used by modern power that has understood its economic and political potential, just think of the wars to stabilise regions of the world and to the process of reconstruction and management.

89. La relazione tra arte e distruzione ha sempre restituito un’estetica del caos, dell’irripetibilità. La distruzione dell’opera d’arte è stata finora un atto generatore di entropia, essenzialmente riduzione di materiali in pezzi o trasformazione unidirezionale degli stessi. Un processo in grado di produrre un’estetica del relitto, della rottura scomposta che si adatta alla perfezione alle ricerche informali del proprio tempo.

89. The relationship between art and destruction has always given back an aesthetic of entropy, chaos, and unrepeatability. So far, the destruction of artwork has been an act generating entropy - mainly the reduction of materials into pieces, or their unidirectional transformation. A process able to create an aesthetic of wreckage, of decomposed rupture that perfectly suits the informal research of one’s own time.

90. Con questo lavoro Banksy si spinge oltre il paradigma di distruzione conosciuto, la distruzione di Banksy è operata attraverso un oggetto che è un vero e proprio simbolo del principio razionale e industrializzato di distruzione: il tritadocumenti. L’oggetto a cui il mondo amministrato affida i suoi segreti quando è troppo tardi per nasconderli. L’estetica ne risente in maniera rivoluzionaria, il risultato visivo di questa distruzione non è affatto un caos informe di materiali ma al contrario, una distruzione ordinata, industrializzata, composta, razionale e logica, totalmente deprivata del potere di trasformazione del materiale che, infatti, lascia intatta la capacità percettiva dell’opera.

90. Through this work, Banksy goes beyond the well-known paradigm of destruction. The object used to carry out the Banksy’s destruction is a real symbol of the rational and industrialized principle of destruction: the office shredder machine, the object that administered world appointed to destruct its secrets when it is too late to hide them. Aesthetics experiences it in a revolutionary way. The visible result of this destruction is not shapeless chaos of materials, but an orderly, industrialized, tidy, rational and logical destruction that is totally dispossessed of the power of material transformation that stays intact in the perceptive capacity of the work.

91. L’opera in questione non è quindi il risultato della distruzione di un’opera ma di un suo refit, di una sua riconfigurazione secondo un preciso canone estetico offerto da una tecnologia da ufficio.

91. Therefore, such artwork is not the result of its destruction but its refit, its reconfiguration according to a precise aesthetic canon offered by an office technology.

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92. “La forma dell’arte moderna sarà adeguata al contenuto di verità dell’epoca”. (Hegel, 1997)

92. “The form of modern art will be adequate to the truth content of time.” (Hegel, 1997)

93. “Una domanda è rimasta in sospeso, qual è la verità che ci sta comunicando questo artista? La verità è che, la società, in quanto condizione collettiva che mira all’ordine nel disperato tentativo di scongiurare l’entropia, è un insieme di confini. Anche se ci si aspetta che l’artista segua le regole generali come tutti gli altri, gli si accorda però tacitamente la licenza di spostare, sfidare – se necessario – violare questi innumerevoli confini. Qualcuno lo deve fare, e sebbene sia prevedibile che lo facciano criminali, pazzi e bambini, tutto sommato preferiamo che a farlo sia un artista. Allora, il modo migliore per conoscere un limite è trovare qualcuno che prema per infrangerlo”. (McCormick, 2015)

93. “One question has remained unanswered: what is the truth that this artist is telling us? The truth is that society, as the collective condition that strives for order in a vain effort to defy the entropy of being, is a construction of boundaries. As much as it is expected of artists to follow the rules like anyone else, the license we grant creativity is ultimately about giving artists some tacit permission to constantly stretch, challenge, and, if need be, defy this unending accumulation of boundaries. Even if the artist is expected to follow the general rules like all the others, he is tacitly granted the license to move, challenge – if necessary – violate these countless boundaries. Someone has to do it, and although it is to be expected that criminals, fools and children will do it, all in all we prefer an artist to do it. So, the best way to know a limit is to find someone who is pressing to break it.” (McCormick, 2015)

Bibliografia / Sitografia Bibliography / Sitography Feuerbach L. (1843) L’essenza del cristianesimo, II edizione Banksy (2006) Intervista al Sunday Times Horkeimer M., Adorno T. (1947) Dialettica dell’illuminismo Featherstone M. (1995) Consumer culture and Postmodernism Debord G. (1967) La société di spectacle Banksy (2005) Wall and Piece Danto A. (1964) The Artworld Groys B. (2012) Art Power Banksy (2006) Swindle magazine, issue 8 Hirst D. (2000) Intervista a The Independent McLuhan M. (1964) Understanding Media: The Extensions of Man Habermas J. (1986) Teoria dell’agire comunicativo: critica della ragione funzionalistica Marramao G. (2013) Quadranti, Volume I, nº I Baudrillard J. (1976) L’échange symbolique et la mort Danto A. (2013) Cos’è l’arte Banksy (2002) Existencilism Levinson J. C. (1984) Guerrilla Marketing Foucault M. (1994) Dits et écrits, vol IV, n.360 Hirst D. (2004) Manuale per giovani artisti Banksy (2009) Incisione su pietra, Banksy Vs. Bristol Museum Banksy (2018) instagram.com/p/BomXijJhArX Caws M. N., Deville M. (2017) Undoing art Hegel G. W. F. (1997) Arte e morte dell’arte. Percorso nelle lezioni di estetica McCormick C. (2015) Trespass 37



SUPERARE L’OPERA ATTRAVERSO L’ARTE SUPERARE L’ARTE ATTRAVERSO L’OPERA GOING BEYOND THE ARTWORK THROUGH ART GOING BEYOND ART THROUGH THE ARTWORK Gianluca Marziani

Superare l’opera attraverso l’arte... detto così sembra lo statement concettuale di qualche monstrum enciclopedico alla Goshka Macuga, in realtà si tratta della sintesi da copertina sul più virale, impattante e iconico artista vivente (step 1). Per precisione, sul più potente e universale progetto artistico (step 2) del millennio in corso, ovvero, BANKSY.

Going beyond the artwork through art... In this way, it seems the conceptual statement of some Goshka Macuga encyclopaedic monstrum, whereas, in truth, it is the epitome of the most viral, impactful, and iconic living artist (step 1). More precisely, the most potent and universal artistic project (step 2) of this millennium: BANKSY.

(step 1) artista vivente... Banksy varca il limite biologico con l’eliminazione totale della sua immagine corporea, usando un proprio sistema binario (firma + comunicazione) per gestire la filiera artistica. Di regola i progetti nascono in segretezza, vengono quindi realizzati e poi spalmati sui media digitali, timbrando in tal modo l’autenticità autografa dell’operazione. Lo statement sui social incarna la firma d.o.c., certificazione identitaria e appropriazione debita che accende il motore mediatico. Dietro gli statement potrebbe esserci un singolo, una cop-

(step 1) Living Artist... Banksy goes beyond the biological limit, entirely removing his body image and using his own binary system (signature + communication) to handle the artistic chain. Usually, the origin of his projects is secret; then, they are created and finally spread out on digital media, thus establishing the authenticity of the operation. The social media statement embodies his genuine signature, his identity certification, and due appropriation that starts up the mass media. These statements could conceal an individual, a couple, or a collective. 39


pia o un collettivo, noi sappiamo soltanto che l’autore viene da Bristol, si firma Banksy, nasce nel 1974 (?) ed è di sesso maschile (?). Un’ambiguità semantica che ribalta l’identikit fotografico da artista vivente: senza faccia nessun ostacolo identitario nella trasmissione ereditaria del marchio, nella gestione connettiva del progetto, nel sistema virale del processo. Ci fidiamo dello statement, e questo ci basta, anche se non conosciamo il motore operativo, i luoghi dove le decisioni avvengono, gli spazi in cui Banksy vive, le abitudini sue e del proprio entourage. Ci atteniamo ad esili informazioni di corridoio, un vociare sparso con cui si alimenta la mitologia senza che il vivente diventi vivo. Banksy esiste, di fatto, tramite un logofirma, e forse neanche morirà visto che un logotipo (step 5) non smette di respirare. Partito da una tag, passato per la complessità radiante del logo, il marchio Banksy non ha paragoni per impatto e conseguenze; soprattutto, l’artista è tra i pochissimi ad aver investito il capitale umano nella perfetta fusione tra opera e marchio. Consideriamo quel logotipo il cervello/cuore del processo creativo, in grado di intrecciare tag (denominazione), marchio registrato (origine) e motore semantico (controllata). BANKSY D.O.C.

We only know that the author comes from Bristol, he signs as Banksy, he was born in 1974 (?), and he is a male (?). A semantic ambiguity overturning the photographic identikit as a living artist: no face means no identity obstacles during the brand hereditary transmission, the connective handling of the project, the viral system of the process. We trust the statement, and this is enough for us, even if we do not know the operative motor, the places where decisions are made, the spaces where Banksy lives, as well as his habits and his entourage’s. We stick to faint rumours and common gossips that feed the myth, although the living person does not become alive. Banksy exists, in fact, through his logo-signature, and perhaps he will not even die since a logotype (step 5) does not stop breathing. Starting from a tag and passing through the logo radiant complexity, the Banksy brand has no comparison in terms of impact and consequences. Above all, the artist is one of the very few who has invested his human capital in the perfect fusion between artwork and brand. We should consider that logo the brain/heart of the creative process, able to intertwine tag (name), registered trademark (origin), and (controlled) semantic engine. BANKSY GENUINE.

(step 5) logotipo... In un mondo di necessari e catartici ghost artist, il primo richiamo esterno è la maschera bianca di Guy Fawkes per gli “hacktivismi” di Anonymous, il feticcio militante che annulla l’identità singola per creare anonimato virale. La differenza con il loro approccio orizzontale è che Banksy prevede una gerarchia in cui qualcuno decide in modalità blindata, fuori da qualsiasi influenza esogena. Un antagonista più calante rimane il Subcomandante Marcos, figura anonima che si nascondeva nella giungla del Chiapas, celandosi dietro video virali e passamontagna. La rivoluzione zapatista aveva un proprio sistema gerarchico, motivo per cui sarebbe stata difficile la moltiplicazione di notizie non autografe.

(step 5) Logotype... In a world of vital and cathartic ghost artists, the first external appeal is the white mask by Guy Fawkes for the Anonymous’ “hacktivism”, the militant fetish erasing the individual identity to create the viral anonymity. The difference with their horizontal approach is that Banksy expects a hierarchy with someone deciding in an armoured mode outside of any exogenous influence. A waning antagonist is Subcomandante Marcos, an anonymous figure hidden in the Chiapas jungle and concealed behind viral videos and balaclava. The Zapatista Uprising had a peculiar hierarchical system that made it difficult to multiply the non-authentic news. Similarly, the Banksy system encourages unambiguous anonymity

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In modo simile, il sistema Banksy alimenta l’anonimato univoco e decide cosa lasciar defluire all’esterno. Un ottimo esempio sono le mostre commerciali che l’autore non autorizza ma non ostacola, affinché si crei un sistema distributivo del pensiero con un’intuizione imprenditoriale ad alto profitto derivato e nessuno sforzo diretto. Il suo logotipo si è trasformato in un crossbrand che può legarsi ad uno stencil, una scultura, un oggetto riciclato, un multiplo, un’installazione, uno statement: ad accomunarli è la modalità omogenea con cui agisce, la detonazione sociale che provoca, le conseguenze culturali e commerciali che produce. Si pensi ad un logo come Supreme, il progetto più accostabile alla filosofia eventualista e ipermediale di Banksy. È un caso di crossbrand che trasforma qualsiasi feticcio su cui viene cucito, ampliandone la preziosità limited e il valore monetario. L’artista britannico imprime le sue immagini su facciate, serrande, veicoli, fogli, insegne, creando un immediato riassetto del valore, una crescita esponenziale che simula la speculazione finanziaria su derivati e futures. Banksy somiglia ad un soggetto finanziario ad alto reddito ma con elevata sostanza etica, un crossbrand vivente alla continua ricerca di obiettivi sensibili da far implodere. Banksy è uno di quelli che produce reazioni a catena, e non è cosa da poco nell’arte contemporanea.

and decides what to let flow out. The commercial exhibitions are excellent examples: the artist does not authorize them but not hinder them, thus setting a system of thought distribution with a high-profit entrepreneurial intuition and no direct effort. His logotype was transformed into a crossbrand that can be linked to a stencil, a sculpture, a recycled object, a multiple, an installation, a statement: the common thread among them deals with the homogeneous way of acting, the social detonation it triggers, the cultural and commercial consequences it causes. Just think of a logo like Supreme, the most comparable project to Banksy’s eventualist and hypermedia philosophy. It is a case of crossbrand able to transform any fetish on which it is sewn, thus increasing its small preciousness and money value. The British artist prints his images on façades, shutters, vehicles, sheets, signs creating a quick value rearrangement, an exponential growth that simulates the financial speculation on derivatives and futures. Banksy is similar to a high-income financial entity but with high ethical sensitivity, a living crossbrand always seeking sensitive objectives to implode. Banksy is one of those able to produce chain reactions, and this is not insignificant in contemporary art.

(step 2) Progetto artistico Ognuno di noi tende ad attribuire un volto al nome fantasmatico che opera nei campi creativi, che si tratti di scrittori (Thomas Pynchon), musicisti (SBKRT, Burial), designer (Martin Margiela) o artisti. Non è storia odierna quella delle identità celate, appartiene alla natura umana il desiderio di scomparire dietro un nome, privilegiando la libertà identitaria e lo sdoppiamento di un moniker ad alta sincerità. Se aggiungiamo il contesto urban in cui Banksy si è formato, si giustifica l’indole alla segretezza che, di solito, elimina ripercussioni legali e alimenta la mitologia di un’arte notturna, rapida, autarchica. Da qui il controllo inflessibile della

(step 2) Artistic Project Each of us tends to give a face to a ghostly name operating in creative fields, whether writers (Thomas Pynchon), musicians (SBKRT, Burial), designers (Martin Margiela), or artists. Hidden identities belong to human history. The desire to disappear behind a name belongs to human nature that prefers to have a free identity, even if shared with a deeply sincere moniker. If we add the urban context where Banksy was formed, the secrecy is justified to skip the usual legal consequences and to feed the myth of a quick, autarkic night art. Hence the inflexible control of his facial privacy, an almost leg41


privacy facciale, una capacità quasi leggendaria di celare l’identità pubblica per mantenere a regime il proprio sistema binario (firma + comunicazione). Artista e progetto diventano pura fusione in cui qualcuno (l’artista, un assistente o altri) agisce come cellula/matrice (step 8) ed evita gli obblighi di presenza autografa. Banksy opera per connessioni esogene, sfruttando una rete aperta ma a controllo diretto che certifichi le versioni originali e stigmatizzi i fake (o almeno ciò che l’artista decide di considerare falso).

endary ability to conceal his public identity to keep his binary system (signature + communication). Artist and project become pure fusion: someone (the artist, an assistant, or others) acts as a Cell/ Matrix (step 8) and avoids the duty of being present. Banksy works through exogenous connections exploiting an open but directly controlled network that certifies the original versions and discredits the fakes (or at least what the artist decides to consider a fake).

(step 8) cellula/matrice L’opera esiste esclusivamente nella sua matrice ideativa, nel momento in cui Banksy inventa un contenuto in forma visuale. Da quel frangente l’opera può avere una singola vita in un singolo contesto ma anche moltiplicarsi per repliche o variazioni, tutto ciò dipende dagli obiettivi virali che l’autore si prefigge. Immaginate una matrice simile alla banconota che va in rotativa e produce denaro in quantità variabile: per Banksy ogni opera(zione) (step 3) somiglia a quel prezioso elemento solido del poligrafico, con la differenza che la sua matrice non necessita di hardware pesanti ma di un contesto e un’azione. Staccare una porzione di muro con un Banksy originale corrisponde alla presa (non parlo di furto) di un vero/falso, proprio perché si sta prendendo l’esecuzione senza matrice, un’immagine che lo stesso Banksy potrebbe riutilizzare in modi e contesti diversi. L’opera prelevata, a quel punto, vive come feticcio ma perde il suo valore identitario, ed è così anche nei casi in cui il mercato la certifichi e ne dichiari un peso monetario (ecco l’ambiguità costante tra vero e falso, tipica di una finanza che agisce in forma amorale). Stesso discorso per le sculture e le installazioni, dove la volumetria cambia la gestione fisica ma non il legame d’origine con la matrice ideativa. Punto di partenza sembra l’arte concettuale degli anni Settanta, quel processo mentale con cui produrre opere reali (wall drawings per Sol LeWitt, stencil testuali per Lawrence Weiner, neon colorati per Dan Flavin...). In pratica, il valore economico risiedeva nel con-

(step 8) Cell/ Matrix The artwork exists only in its ideational matrix when Banksy creates a content in a visual form. From that moment, the artwork can have only one life in one single context, but it can also be replicated or varied upon the viral objectives set by the author’s self. Imagine a matrix similar to a banknote that goes on a rotary press able to produces money in variable quantities. For Banksy each Art-operation (step 3) is similar to that precious and solid product of the Mint, even if his matrix does not need any heavy hardware but just a context and an action. Detaching a wall portion with an original Banksy (I am not speaking of a theft) is equal to taking a true/false since it is just the execution and not the matrix, an image that Banksy could use again in different ways and contexts. Hence, the peeled off artwork survives like a fetish but loses its identity value, even when the market certifies it and states its money value -this is the constant swinging between true and false typical of finance that acts in an amoral way. It is the same for sculptures and installations, where volumes change the physical handling but not the original link with the ideational matrix. The starting point seems to be the conceptual art of the Seventies, the mental process to produce real works (wall drawings for Sol LeWitt, textual stencils for Lawrence Weiner, coloured neon for Dan Flavin...). Actually, the economic value was held by the contract since the process certified the display and sale of an idea and not

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tratto poiché il processo certificava l’esposizione e la vendita di un’idea e non di un manufatto. Si rompeva il neon? Bastava ricomprarlo con le stesse caratteristiche del neon originale. Cambiavi casa? Il muro di Sol LeWitt veniva rifatto nella nuova abitazione e la precedente parete perdeva il valore d’opera, rimanendo un intonaco senza tenore economico. Banksy riparte da qui e dalle serigrafie a smalti firmate Andy Warhol, tracciando una rigenerata dimensione concettuale, un new entry level nei gangli finanziari del presente liquido, al punto da ricreare un perfetto cortocircuito sul criptovalore delle opere nell’epoca della riproducibilità digitale (step 7).

an artefact. Did the neon break? Just repurchase it with the same characteristics as the original neon. Did you change your home? Sol LeWitt’s wall was rebuilt in the new house, and the previous wall lost its artwork value turning into plaster without any economic content. Banksy starts from here and from the enamel silkscreens by Andy Warhol marking out a regenerated conceptual dimension, a new entry-level in the financial connection of our liquid days being able to recreate a perfect short circuit on the artwork crypto-value in the age of digital reproducibility (step 7).

(step 7) riproducibilità digitale Il punto che rende Banksy un unicum è proprio il contesto digitale del nuovo millennio. I device tecnologici stanno plasmando costumi e habitat della comunità umana, al punto da trasformare i rituali, il gioco, gli spostamenti, le abitudini stagionali. Tutto si lega alla rapidità, al multicontrollo, ad un’apparente semplificazione dei tempi e modi vitali. In realtà l’umanità va troppo veloce se consideriamo quanto impiega il cervello per adattarsi ad un nuovo habitat antropologico. Da qui il delirio di eccessi egotici, ossessioni, superficialità, un immenso calvario del narcisismo che produce assuefazione e fa perdere di vista le urgenze reali. Banksy si infila nel limbo tra cultura analogica e digitale, diventando un tubo di connessione, un motore meccanico ad alta conduzione idraulica. Avvicina hardware e software con equilibrio dinamico, in bilico tra la sua formazione (lui è parte del Pre Millennium Tension di cui cantava Tricky) e la realtà liquida dei giovani millennial. Banksy non abbandona la stazza fisica dei progetti ma sfrutta appieno il tema virale dei social media. Il suo sistema binario armonizza memoria e futuro con prassi metodica, sfruttando i trucchi tecnologici ma contando su operazioni fisiche, caparbie, retromaniache (Simon Reynolds docet).

(step 7) Digital Riproducibility The digital context of the new millennium is the point that makes Banksy unique. Technological devices are shaping the customs and habitats of the human community, succeeding in changing rituals, games, movements, and seasonal habits. Everything is linked to speed, multi-control, apparent simplification of times, and ways of living. Actually, humankind is going too fast if we consider how long it takes the brain to adapt to a new anthropological habitat. Hence the delirium of selfish excesses, obsessions, superficiality, a huge ordeal of narcissism that gives rise to addiction and makes lose sight of the real urgencies. Banksy enters the limbo between the analogue and digital culture, becoming a connecting tube, a mechanical motor with high hydraulic conductivity. His attitude towards hardware and software is in dynamic balance poised between his education (he is part of the Pre Millennium Tension sung by Tricky) and the liquid reality of the millennial youth. Banksy does not break up with massive projects but fully exploits the viral theme of social media. His binary system balances memory and future through methodical practice, exploiting the technological tricks but relying on physical, stubborn, and retro-maniacal operations (as with Simon Reynolds). 43


Lo stencil è la matrice che storicamente permette alla street art di guadagnare spazi con rapidità esecutiva e giustezza progettuale. Significa, per artisti come Banksy, agire in squadra senza che sia l’artista in persona ad eseguire il lavoro. Teoricamente potrebbe non aver mai realizzato nessuno dei progetti conosciuti, così come non ci chiediamo se Damien Hirst o Maurizio Cattelan possiedano doti tecniche rispetto ad opere che si definiscono nell’idea. Lo stencil si propone come strumento politico in una guerriglia urbana che vede gli artisti nel ruolo di detonatori estetici, ghost dog che operano sui bordi ma conoscono bene i centri. Stencil come griglia predefinita e concettuale, un warholismo nomade che Banksy ha trasformato in un subwoofer di risonanza globale. Un basso planetario che tatua il muro per farlo riprodurre, da chiunque e ovunque, in formato virtuale e pixelato, dentro la vera stampante del nuovo millennio, ovvero, i nostri smartphone che non consumano carta e mandano Walter Benjamin in pieno cortocircuito filosofico.

The Stencil is the matrix that historically allows the street art to gain space thanks to quick execution and design accuracy. For artists like Banksy, it means acting as a team without the artist himself performs the work. From a theoretical viewpoint, he could have never made any of his known projects, just as we do not wonder if Damien Hirst or Maurizio Cattelan possess the technical skills required for the works defining the idea. The Stencil is used as a political tool in an urban guerrilla identifying the artists as aesthetic detonators, ghost dogs working at the edges, but knowing very well the centres. Hence, the Stencil becomes a predefined and conceptual grid, a sort of nomadic Warholism that Banksy has turned into a subwoofer with a global resonance. A planetary bass tattooing the wall to make it reproduce by anyone and everywhere, in a virtual and pixelated format by the real Millennium printer: our smartphones that do not use paper and send Walter Benjamin in a total philosophical short-circuit.

(step 3) Opera(zione)... per secoli si è parlato di opere d’arte e ancora succederà in futuro, anche se i nuovi processi di comunicazione permettono speculazioni teoriche una volta impensabili. Nel caso di Banksy, se parliamo di progetto artistico e matrice ideativa, dovremmo auspicarci un altro termine che contenga il senso ultimo dell’autore. Oper(azione) mi sembra la più sensata, quella in cui l’opera, intesa quale oggetto iconografico, apre il suo contenuto al processo dinamico che la contraddistingue.

(step 3) Art-operation... For centuries, we have talked of artworks, and it will happen again in the future, although the new communication processes allow theoretical hypotheses inconceivable in the past. Speaking of Banksy, if we talk of artistic project and ideational matrix, we should use another term that includes the author’s ultimate sense. I think that Art-operation fits best to a work understood as an iconographic object that opens its content to a dynamic process that marks it off.

Antagonismo è parola difficile da gestire, riguarda l’attitudine che guida un artista, il suo approccio rispetto al mondo, il coinvolgimento dell’opera su temi socialmente e politicamente forti. Qualcuno confonde il successo di alcuni autori con la perdita dell’antagonismo d’origine, come se il grande guadagno levasse l’integrità del pensiero primigenio, non

Antagonism is a problematic word to handle since it deals with the attitude driving an artist, the way of approaching the world, and the involvement of the work on active themes from a social and political viewpoint. Someone mixes up some authors’ success with the loss of their original antagonism as if making big money means losing the integrity of the earliest

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considerando che l’apoteosi del culto antagonista risiede nel destabilizzare al massimo grado un obiettivo sensibile. Banksy ha visto crescere la sua fama senza mai cambiare approccio, restando lo stesso che inventava operazioni a Bristol vent’anni prima. Semmai, sono aumentate le reazioni a catena che ogni progetto provoca, al punto da incarnare un soggetto politico (step 4) che sposta interessi collettivi e smuove questioni governative. Banksy fa paura al potere che, al contempo, gode nel trovarsi al centro dei suoi target iconici. È una perversione che da sempre caratterizza i potentati, una specie di controcanto etico in cui l’artista stigmatizza ciò che rende tautologico il potere stesso. Si direbbe un cul-de-sac comunicativo, un meccanismo che Banksy gestisce così bene da restarne fuori in maniera proattiva, trovando sistemi speculativi che convertano il suo successo in un paradosso contro il potere che poi lo acquista in aste e compravendite. Basti l’esempio del Walled Off Hotel che porta turismo sensibile in una zona ad alto rischio militare, creando economia sulla linea del fuoco incrociato, in zona Betlemme, a due passi dal terrore reale. Banksy spinge l’antagonismo al punto di massima flessione, creando un’equazione tra l’integrità del messaggio e l’audience da rockstar planetaria. Un caso unico e raro, diverso da tutti per il modo in cui destabilizza e rimodula le regole dell’aristocrazia artistica. Il cosiddetto Art System lo tratta con distanza e snobismo ma non può farne a meno, considera troppo pop le sue operazioni eppure Sotheby’s lo vuole nell’asta più importante di stagione. La Tate Modern, se facesse una sua mostra epocale, avrebbe file di spettatori per chilometri, risolvendo problemi di budget e creando nuovi target di pubblico, senza intaccare il profilo qualitativo che la contraddistingue. Ma ciò non accade e forse non accadrà a lungo, mentre qualsiasi bookshop che si rispetti riempie i suoi scaffali con libri, cataloghi, multipli e altri oggetti a tema Banksy (Indovinate quali

thought, thus not considering that the climax of the antagonist cult lies in the deep destabilisation of a sensitive objective. Banksy has seen his fame grow without ever changing his approach, remaining the same as he invented his attacks in Bristol twenty years ago. If anything, the chain reactions triggered by each project have increased to the point of embodying a political subject (step 4), moving the collective interests and governmental issues. Banksy frightens the power, and, equally, the power enjoys being the core of his iconic targets. It is a peculiar perversion of moguls -a kind of ethical opposite where the artist marks out the tautological facet of power itself. It could be a kind of cul-desac of communication. A mechanism flawlessly handled by Banksy that allows him to stay proactively out of it finding speculative systems that turn his success into a paradox against the power that buys his artworks in auctions and trades. An indicative example is the Walled Off Hotel that brings sensitive tourism to an area of high military risk building an economy on the crossfire line of the Bethlehem area, a stone’s throw from real terror. Banksy pushes antagonism to the ultimate flexion point creating an equation between the message integrity and the audience of a World Famous Rock Star. A unique and rare case: he is different from any other in his way of destabilizing and remodelling the rules of the artistic aristocracy. The so-called Art System treats him with distance and snobbery but cannot avoid him since his attacks are too pop, and even Sotheby’s wants him in the most prestigious auction of the season. If Tate Modern organized an epoch-making exhibition, visitors would queue for miles solving its budget problems and creating new target audiences without affecting its distinctive qualitative profile. But this does not happen -and perhaps will never happen for a long time, while any self-respecting bookshop fills its shelves with books, catalogues, multiples, and other Banksy-themed objects. (Guess 45


sono i libri e gli oggetti più venduti nei bookshop dei migliori musei nel mondo?). Banksy fa saltare il banco del conformismo culturale, al punto da essere una superstar britannica che non viene omaggiata dal più importante museo del Regno Unito. Tutti ne parlano, tanti “aristoguy” lo collezionano di nascosto, il suo potere cresce ma la sua autonomia, la sua ragione inclassificabile, il suo menefreghismo per le regole non vengono digeriti dal Sistema. Mi viene solo un dubbio: se Banksy lasciasse tutti i diritti di sfruttamento commerciale al miglior offerente, Gagosian e Hauser & Wirth farebbero o no carte false per averlo in scuderia? La risposta la conosciamo già, e forse lo vedremmo subito nella Turbine Hall della Tate Modern. Magari con le sei lettere del suo nome in formato mastodontico, sei giganteschi rollercoaster per la più spericolata, adrenalinica, assurda operazione installativa del nuovo millennio. Per ora sono piccole speculazioni teoriche, un domani chissà...

what the books and objects most sold in the best world’s museum bookshops are?) Banksy upsets the rules of cultural conformism, becoming a British superstar not honoured by the most famous museum in the United Kingdom. Everybody talks about it. Secretly, many aristo-guys collect his works. His power grows, but the System does not digest his independence, his unclassifiable reason, his lack of respect for rules. I have a doubt: if Banksy left all the trade exploitation rights to the highest bidder, would Gagosian and Hauser & Wirth jump through hoops to have him in on board, or not? We already know the answer, and perhaps we will immediately see his artworks exhibited in the Turbine Hall of the Tate Modern. Probably with his six letters name will be shown in large format: six huge rollercoasters for the most reckless, adrenaline-filled, absurd installation of the new millennium. So far, these are just small theoretical speculations, but tomorrow, who knows...

Banksy crea fenomeni di adorazione nascosta, simili alla passione del porno che pochissimi dichiarano ma che moltissimi perseguono. Mi piace considerarlo la miglior perversione praticabile del sistema artistico, un soggetto del desiderio che mescola istinto percettivo e pratica mediale, semplicità e complessità, alto superficiale e basso profondo. Banksy pratica un’arte dove lo spettatore aderisce alle contraddizioni, ai doppi/tripli sensi dei claim, all’ironia immancabile, al catastrofismo motivato, al cinismo ridanciano, ricordandoci che sarà una risata a seppellirci, e che forse dovremmo prenderci tutti meno sul serio. Ridere, ridere, ridere: restando umani.

Banksy creates phenomena of hidden devotion, like the passion for porno that only a few people declare but much more pursue. I like to consider him the best practicable perversion in the artistic system. A subject of desire that mixes keen instinct and media practice, simplicity and complexity, high surface, and deep bass. Banksy practices an art where visitors adhere to contradictions, double/triple senses of the claims, unfailing irony, motivated catastrophism, cynicism of the back door, reminding us that a laugh will bury us, and that, probably, we should take ourselves less seriously. Laughing, laughing, and laughing: staying human.

Così, mentre moda e tecnologia si infiltrano nei nostri desideri attraverso la sensorialità del logo, Banksy precede i nostri desideri per instillarci il dubbio sul presente, sulle reali necessità umane, sulle patologie di un mondo con troppa finanza e poca sostanza. L’artista accende il

So, while fashion and technology slip into our wishes through the logo perception, Banksy anticipates our desires instilling doubts on the present, on actual human needs, on pathologies of a world with too much finance and too little substance. The artist puts the spotlight on the

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faro sul dilemma etico, ci stuzzica e punzecchia come un grillo narrante, arrivando dove altri non riescono, dicendo ciò che molti non hanno il coraggio di affermare. Viviamo in una bolla percettiva, anestetizzati da ciò che vogliono farci credere, storditi dai riti di sopravvivenza in un mondo sempre più fagocitante. Quando uno come Banksy tira fuori il marcio attorno a noi, talvolta dentro di noi, accade qualcosa di strano ma logico: una parte di noi ne comprende la veggenza e appoggia il suo talento, una parte fragile, invece, si impaurisce e prova a indebolirlo, minando una plausibile verità che toglierebbe senso al (poco) senso degli spiriti più fragili. È una tipica leva che, destabilizzando l’avversario, riconferma il proprio valore senza opporre una reale dialettica. Sta accadendo proprio questo nell’ambito della teoria artistica: da una parte la galassia curatoriale che ancora parla di “graffitista”, di opere da pub, di fenomeno mediatico (come se il resto non lo fosse), di epoca culturalmente debole; dall’altra coloro che ne captano la dimensione complessa, le ampiezze veggenti, la trasversalità rispetto ad ogni possibile definizione.

ethical dilemma. He teases and punches us like a narrating cricket, going where others do not go, saying what many do not dare to say. We live in a conscious bubble. We are anaesthetized by what they want us to believe. We are stunned by the survival rituals of an increasingly engulfing world. When someone like Banksy pulls out the rot around us, something of strange but logical happens in us: one part understands his visionary mind and supports his talent, but the other fragile part is frightened and tries to weaken him, undermining a plausible truth that would remove meaning from the (small) sense of the most fragile spirits. It is a typical lever of those who reaffirm their value through the opponent destabilization but without opposing any real dialectic. This is what is happening in the field of artistic theory: on the one hand, the curatorial galaxy still speaking of “graffiti artist”, works goods for pubs, media phenomenon (as if the rest were not), cultural-weak era; on the other, those who understand his complex dimension, his broad visionary mind, his over-sectorial ability in comparison with every possible definition.

(step 4) soggetto politico Banksy attiene alla sfera degli artisti con un codice di militanza etica. Non esiste una sola operazione priva di contenuti forti su questioni morali: e i temi riguardano l’infanzia e la famiglia, la guerra e il sopruso, la vecchiaia come risorsa, il gioco come fonte di salvezza e benessere interiore, l’ecologia e l’animalismo per un futuro possibile... Banksy ama l’esercizio a tempo pieno della libertà individuale, diventando una password morale che invita al dissenso, alla riflessione profonda, alla presa di coscienza su molteplici urgenze collettive. L’azione ha carattere politico ma non chiede mai aderenze drammatiche, al contrario agisce con una logica alla Monty Python, dissacrando al punto da erodere il potere stesso, come un virus che infetta le istituzioni in modo nascosto e randomico. Banksy

(step 4) Political subject Banksy is one of the artists clung to a code of ethical militancy. No one of his art-operations exists without substantial moral issues. He deals with childhood and family, war and abuse of power, old age as a resource, game as a source of salvation and inner well-being, environmentalism, and animalism for a possible future... Banksy loves the full-time exercise of individual freedom. He becomes a moral password that invites dissent, to deeply reflect, and to raise the awareness of the various collective emergencies. His action has a political nature that never asks for dramatic adherence but rather acts in the Monty Python way desecrating until power is eroded, like a virus infecting institutions through a hidden and random method. Banksy distils the initial virus, cherishes it, and pre47


distilla il virus iniziale, lo carezza e predispone al mondo; a quel punto, per renderlo virale, ci pensano i media, le reazioni popolari, lo sfruttamento inconsulto, le derive commerciali e l’ingordigia finanziaria. Sono gli altri a completare l’operazione, dando densità politica ad un vero detonatore visivo.

pares it for the world. Just at this point, the media, the popular reactions, the inconsistent exploitation, the commercial drift, and the financial greed make it viral. The operation is completed by other players, thus giving a political density to a real visual detonator.

Post Franchising Banksy realizza pochissimi progetti espositivi con la propria firma, lasciando che altri nel mondo diffondano il suo verbo attraverso le mostre. Solitamente si costruiscono esposizioni con le serigrafie (step 6) disponibili sul mercato, in aggiunta ci sono alcuni reperti ufficiali dei suoi progetti, qualche raro quadro e alcune sculture o frammenti scenografici. Non esistono mostre autorizzate in forma ufficiale, anche se l’artista alimenta indirettamente un sistema che lo supporta senza suoi costi e impegni in prima persona. Ovvio che le mostre siano materia scottante in cui cose ben fatte si alternano a pessimi progetti commerciali. Banksy si mantiene ambiguo e distante rispetto ai progetti esogeni, usando il silenzio (anche se talvolta segnala le mostre che reputa sbagliate o denuncia quando si sfrutta il merchandising senza permesso) in maniera operativa. Nel frattempo, libero da impegni espositivi, si dedica ai progetti endogeni, la parte che potremmo definire identitaria e identificabile, ciò che traccia le linee portanti del suo pensiero e apre, volta per volta, nuovi percorsi concettuali.

Post-Franchising Banksy designs very few shows with his signature, allowing other players in the world to spread his concepts. Usually, the silkscreens (step 6) available on the market, some official findings of his projects, some rare paintings, and sculptures or scenic chips build the expositions. No officially authorized exhibitions are agreed, even if the artist indirectly feeds a system that supports him without his personal and economic commitment. Of course, his expositions are hot stuff: well-made projects alternate with wrong commercial operations. Banksy maintains an ambiguous and distant attitude towards any exogenous projects, silence is his usual modus operandi -although he sometimes highlights the expositions he considers wrong or criticises the unauthorized use of the merchandise. In the meantime, free from exposition commitments, he devotes himself to endogenous projects, which can be defined as his identity and distinguishing part able to mark out the main lines of his thought and, time by time, opens new conceptual paths.

(step 6) serigrafie Spesso il pubblico chiede se esistano in mostra opere originali oltre alle serigrafie incorniciate. In verità nulla è più vero e banksiano delle tirature con timbro autentico: perché nascono da un precedente illustre, Andy Warhol coi suoi ritocchi a smalto su serigrafie, il primo ad aver moltiplicato una matrice (foto di partenza) con una logica industriale e un nuovo principio di unicità seriale. Banksy ha prodotto oltre quaranta immagini nella sua stamperia londinese, una sorta di metaprogetto che traccia

(step 6) Silkscreens Visitors often ask whether any original works are exhibited in addition to the framed silkscreens. In truth, nothing is more real and unique than printings holding Banksy’s authentic stamp since they come from an important precedent: Andy Warhol and his enamel touch on screen prints -the first to multiply a matrix (starting photo) with an industrial logic and a new principle of serial uniqueness. Banksy has produced over forty images in his London-based print house,

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la geografia “militare” del suo sistema d’ingaggio mediatico. Nel gioco di paradossi a catena, le stampe diventano la forma più limpida e autografa di feticcio banksiano, la certificazione mnemonica del suo effimero occuparsi di suolo pubblico. Se consideriamo gli interventi urbani come qualcosa di giustamente temporaneo, solo le serigrafie ufficiali diventano cellule di replicazione del virus iconico, alimentando il proselitismo popolare e l’intensificazione degli effetti collaterali.

a sort of meta-project marking the “military” geography of his system of media engagement. In the game of chain paradoxes, silkprints become the brightest and most personal form of the Banksy’s fetish, the mnemonic certification of his ephemeral way of dealing with public property. If we consider his urban operations as something really temporary, only official silkscreens become replication cells of his iconic virus feeding the popular proselytism and boosting the side effects.

Street art Chiariamo un punto di centrale importanza: Banksy non è uno street artist in senso canonico, forse non lo è mai stato, nemmeno quando la città era il suo terreno di caccia creativa. Ricalca temi canonici della grammatica street, è vero, ma solo perché gli spazi pubblici permettono un’amplificazione epica dei messaggi. Lo definirei uno street artist allo stesso modo in cui considero urban la metodologia di Jenny Holzer, Barbara Kruger, David Hammons, Gabriel Orozco... tutti artisti che hanno creato codici di comunicazione nei luoghi collettivi, senza legami con la metodica virale delle tag. Sia chiaro, i suoi stencil parietali sono metodo urbano ma il suo sistema binario è differente da chiunque altro. Banksy ha le sue ispirazioni e i suoi metodi urbani, Brad Downey in particolare, indietro fino al trip-hop bristoliano, ai testi teorici di Eduardo Paolozzi, alle incursioni londinesi di Richard Hamilton, al postwriting di Futura 2000, ai prodromi nati a New York nei primi Ottanta (Paolo Buggiani, Richard Hambleton, Les Levine)... ma al dunque sono piccole tracce di una sinusoide complessa, anomala, linguisticamente eterogenea. Mi sembra il più concettuale degli artisti ad alto impatto collettivo, vicino alla pratica curatoriale del suo amico Damien Hirst. Non è un caso che proprio loro abbiano rifiutato il monopolio dei galleristi, rompendo la filiera tradizionale in favore di uno spam gestionale sul libero mercato. Entrambi stigmatizzano il

Street art We should make clear a point of pivotal importance: Banksy is not –and perhaps has never been- a street artist in its strict sense, even when the city was his creative hunting ground. Of course, he follows the typical themes of the street language, but only because public spaces allow an epic amplification of his messages. I could consider him a street artist in the same way that I feel urban the methodology of Jenny Holzer, Barbara Kruger, David Hammons, Gabriel Orozco... i.e. artists who have created communication codes in collective places, without links to the viral method of tags. For clarity sake, his wall stencil is an urban method, but his binary system is different from anyone else. Banksy has his inspirations and urban techniques: Brad Downey, in particular, then back to the Bristolian triphop, Eduardo Paolozzi and his theoretical texts, Richard Hamilton’s London incursions, Futura 2000 post-writing, the early Eighties trailblazers born in New York (Paolo Buggiani, Richard Hambleton, Les Levine)... but they are just small traces of a complex, anomalous, and linguistically heterogeneous sinusoid. To me, Banksy seems the most conceptual of the artists with a high collective impact, close to the curatorial practice of his friend Damien Hirst. It is no coincidence that they rejected the monopoly of gallery owners, breaking the traditional chain in favour of the managerial spam on the free market. Both blame the role 49


ruolo dei galleristi, la loro asfissiante speculazione rispetto alla ridotta capacità di produrre contenuti. Banksy e Hirst hanno hype differenti ma solo perché il secondo ha gravitato, fin dagli anni Novanta, tra i gangli del sistema ufficiale, mentre il primo ha sempre fatto le cose per conto proprio, fregandosene del control freak di qualche gallerista billionaire. Ha ragione Hirst? Ha ragione Banksy? Direi due facce della stessa frattura con un sistema in crisi.

played by the gallery owners, their smothering speculation over their limited capacity to produce contents. Banksy and Hirst have different hypes just because, since the Nineties, the latter acted within the mainstream system, while the former has always made things on his own, not caring of the freak control of some billionaire gallery owner. Is Hirst, right? Is Banksy, right? I’d rather say two sides of the same fracture in a system in crisis.

Eliminazione del falso La filiera a controllo diretto implica la valutazione chiara di ogni singola operazione. In tal modo diviene impossibile, per chiunque al di fuori dell’entourage, dichiarare vero ciò che non esce da casa Banksy. Aver eliminato il divismo facciale significa maggior libertà d’azione e controllo, significa poterci essere senza che il pubblico lo sappia, significa concentrarsi sui contenuti senza dispersioni mondane. E poi con Banksy si sta trasformando l’idea stessa di vero e falso: è lo statement sui social che dichiara o meno il valore autografo, anche se permangono diverse ambiguità che lo stesso Banksy non chiarisce ma alimenta in silenzio, capendo bene il beneficio della contraddizione aperta. Il grande caos commerciale toglie l’eccesso di aura attorno al feticcio e lo assimila ad una biologia elettronica, una specie di criptovaluta dai valori fluttuanti, una sorta di Gioconda dai destinatari open source. In fondo, Banksy enfatizza il delirio odierno per l’opera come status di presenza, semplice oggetto da selfie che certifica l’obiettivo raggiunto. E foto fu, potremmo dire oggi nella febbre da museo social.

Fake Cancellation The direct control of the chain involves a precise evaluation of every single operation. So, it becomes impossible for anyone outside the artist entourage to declare real something not released by the Banksy house. Removing the face worship allows greater freedom of action and control. It means being able to be present without the public knows it. It means being focused on contents without worldly distractions. Moreover, Banksy is changing the very idea of genuine and fake since it is just the social media statement that declares or not the original value, even if there are still several ambiguities that Banksy himself does not clarify but feeds in silence, well understanding the benefit of open contradiction. The tremendous commercial chaos cancels the aura excess around the fetish, making it similar to electronic biology, a sort of fluctuating crypto-value, a sort of Mona Lisa with open-source recipients. After all, Banksy emphasizes today’s delirium for the artwork as attendance status, a simple selfie certifying the goal achievement. And there was the photo! We could say today in the social museum fever.

Merchandising Qui risiede il cuore operativo del suo potere finanziario. Tramite la Pest Control, Banksy controlla permessi, licenze e produzioni di oggetti che utilizzano immagini e claim visivi sotto copyright. Esiste contraddizione, è vero, tra le sue idee sul copyleft e lo spregiudicato monopolio del patrimonio

Merchandise This is the operational heart of his financial power. Banksy manages permissions, licenses, and production of objects that use images and visual claims under copyright through Pest Control. It is true, his ideas on copy-left clashes with the unscrupulous monopoly of his creative property. But the

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creativo. Ma contraddirsi in maniera lineare è un’altra lezione banksiana, un gioco che utilizza le stesse meccaniche della comunicazione istituzionale, ormai capace di affermare due polarità opposte con la medesima coscienza del vero. I guadagni del merchandising raggiungono vette miliardarie, con una logica che ricalca il sistema dialettico tra fashion system e falsificazioni made in China; al contempo, Banksy reinveste in operazioni ad alta valenza etica. Vi basti l’esempio di Gross Domestic Product, un temporary store londinese che vende opere di varia natura, usando il ricavato per comprare una nuova nave di salvataggio migranti, in sostituzione di quella confiscata dalle autorità italiane.

direct contradiction is another lesson taught by Banksy. A game using the same rules of institutional communication that is now able to affirm two opposite polarities as if both were true. Merchandise gains reach billionaire peaks under the logic typical of the dialectical system between the fashion system and the counterfeit products made in China and Banksy’s simultaneous reinvestments in operations of high ethical value. Just take the example of Gross Domestic Product, a London temporary store that sells different kinds of artworks and uses the proceeds to buy a new migrant rescue ship to replace the one confiscated by the Italian authorities.

La contraddizione di Banksy è la sintesi specchiante di tutti noi, di quanto siamo coacervo di paradossi conviventi. Il suo giocare tra alto e basso, mainstream e antagonismo, pop e tragedia, non è altro che lo specchio cosciente del nostro status liquido in un mondo fisico e al contempo virtuale. Banksy somatizza il presente occidentale sulla propria pelle invisibile. Lo rende glitterato e sanguinante, glamourous e cannibalico, onirico e drammaticamente vero. Gioca a sovrapporre il paradosso dentro la stessa immagine, liberando la contraddizione dal suo vincolo ideologico. Ci sta dicendo che ogni nostra scelta genera contraddizione, con la teoria e la pratica sempre più distanti tra loro. Professiamo l’ecologismo e guidiamo auto in città, ostentiamo monogamia mentre il marketing ci chiama alla poligamia sessuale, postiamo selfie e critichiamo i personaggi che lo fanno per mestiere... potremmo andare avanti per pagine e pagine ma direi di fermarci alla nostra immagine in uno specchio. Guardiamoci negli occhi, in silenzio, pensando un istante a quanto sia tutto una gigantesca distrazione di massa, un’astrazione finanziaria, un mondo che senza contraddizione sarebbe già deflagrato. La contraddizione è

Banksy’s contradiction is the mirroring synthesis of all of us as a motley of living paradoxes. His way of playing between high and low, mainstream and antagonism, pop and tragedy, is nothing more than the conscious mirror of our liquid status living in both physical and virtual worlds. Banksy somatises the Western present on his invisible skin. He makes it glittery and bleeding, glamorous and cannibalistic, dreamlike, and dramatically real. He plays superimposing paradoxes in the same image, setting contradiction free from its ideological constraint. Banksy is telling us that every choice we make generates an opposition where theory and practice are more and more distant from each other. We declare being ecologists, but we still drive cars in the city. We flaunt monogamy, while marketing eggs us on sexual polygamy. We post selfies but criticise VIPs, who do it for business... we could go on for pages and pages, but I prefer to stop at our image in a mirror. Let’s look us into our eyes, in silence, thinking for a while that it is just a huge mass distraction, a financial abstraction, a world already deflagrated without contradiction. The contradiction is the salvation of contemporary humankind. 51


la salvezza dell’umanità contemporanea. E Banksy, dall’alto del suo invisibile declamare, ci mette ogni volta davanti ad uno specchio deformante in cui scorgiamo ciò che potremmo o dovremmo essere. Il quadro riflette ogni spettatore con la sua coscienza, la sua idea di mondo, le sue piccole e grandi certezze. Siamo talmente contraddittori da aver reso virtuosa l’ambiguità di un artista come Banksy. Ci lamentiamo del lamento e in un attimo riempiamo lo stomaco di cibo e alcool, pensando di non avere responsabilità diretta sul mendicante appena incrociato. Da qui la consapevolezza che solo l’arte stigmatizzi il problema con una soluzione secca e impattante, un colpo in faccia con ripercussioni in ordine sparso, spesso ininfluenti sul futuro ma talvolta prodromi di conseguenze reali. Banksy ci sussurra che l’arte serve ancora a qualcosa, non solo ad arredare una bella casa, e che la funzione d’uso sia il collante tra il presente dell’opera e il futuro delle sue reazioni.

And from the top of his invisible declamation, Banksy puts us in front of a deforming mirror where we look at what we could or should be. The painting reflects each viewer with his or her conscience, his or her idea of the world, his or her small and big certainties. We live so many contradictions that we made the ambiguity of an artist like Banksy virtuous. We are moaning about moans, still, in a while, we fill our stomach with food and alcohol, thinking of not being directly responsible for the beggar we have just met. Hence, the awareness that only art can stigmatise the problem with a dry and impactful solution, a big blow to the face with scattered consequences, often insignificant for the future, but sometimes triggering real effects. Banksy whispers us that art is still useful for something -not just for furnishing a beautiful house, and that its function of use is the glue between the present of the artwork and the future of the relevant reactions.

Superare l’arte attraverso l’opera... terminato un excursus tra i topoi che definiscono il suo valore e la sua potenza mediatica, direi che Banksy supera la stessa arte che finora abbiamo conosciuto. Ne riformula regole, usi e costumi, ricreando una filiera che elimina gli imbuti produttivi del modello tradizionale. Ha ideato un modello proprio che reinventa l’esistente, modulando ciò che il presente tecnologico ci mette a disposizione. Banksy usa strumenti e materiali che tutti conosciamo, senza perdere aderenza con oggetti fisici e tangibili, con forme semplici e quasi banali, con un mondo lo-fi privo di utopie fantasy. Lo capiscono tutti in quanto usa la grammatica degli oggetti e la sintassi delle storie condivise. Si alimenta di cronaca e realtà, ribaltando storie che toccano l’umanità intera. Non esiste pratica esoterica nel suo sistema visuale, nessuna difficoltà di approccio superficiale, tutto risulta leggibile e impattante, nello stesso modo con cui la Pop Art si definiva attraverso il

Going beyond art through the artwork... After an excursus on the topos theory defining its value and its media power, I would say that Banksy goes beyond the same art we have known so far. He rewrites rules, habits, and customs, recreating a chain that overcomes the production funnels of the traditional model. He created his own template that reinvents the existing and modulates means provided by the present technology. Banksy uses tools and materials that we all know, without losing any contact with the physical and tangible objects, with the simple and almost banal forms, with a lo-fi world without fantasy utopias. Everyone understands him because he uses the language of objects and the syntax of shared stories. He feeds on news and reality, reversing stories that move the entire humanity. No esoteric practice is present in his visual system, no difficulty in a superficial approach: everything is easy to read and impactful, just like the close-up on mun-

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close-up sugli oggetti commerciali. La profondità esiste, sia chiaro, ma è un gioco di layer sottostanti, da praticare con metodo riflessivo. Sotto la superficie si nasconde la complessità eterogenea, un intreccio di possibili letture che indirizza il progetto su varie piattaforme analitiche. La sua forza sta nell’aver capito che in un mondo digitale come il nostro, l’arte doveva fermarsi un attimo prima della sua digitalizzazione, nascendo solida per poi diventare liquida. Un’arte facile in apparenza ma complessa oltre l’apparire, ovvia eppure controversa, empatica per attitudine e cattiva per natura. Un’arte dai molti effetti collaterali.

dane objects defined the Pop Art. To be clear: depth exists, but it is a game of underlying layers practicable with a reflexive method. A heterogeneous complexity lies beneath the surface in an interweaving of possible readings able to drive the project towards various analytical platforms. His strength lies in having understood that in a digital world like ours, art had to stop for a while before being digitised, since it was born solid and has to become liquid. An art that appears easy but that is complex and controversial beyond its appearance, and it is empathetic by attitude and bad by nature. Art with many side effects.

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Se vuoi dire qualcosa e vuoi che la gente ti ascolti, allora indossa una maschera. Se vuoi dire la verità, allora devi mentire

If you want to say something and have people listen, then you have to wear a mask. If you want to be honest then you have to live a lie

Banksy

Banksy

Un uomo non è del tutto se stesso quando parla di persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità

Man is least himself when he talks in person. Give him a mask and he will tell you the truth

Oscar Wilde

Oscar Wilde


BANKSY CI SMASCHERA BANKSY REMOVES THE MASK FOR US Acoris Andipa

Nel nostro mondo mettiamo grande impegno nel tentare di essere noi stessi. Ma cosa significa in realtà essere noi stessi? Considerando oltretutto che abbiamo discusso per secoli su quanto è difficile essere veramente noi stessi. No, in un modo o nell’altro indossiamo tutti una maschera e queste maschere aderiscono al nostro essere talmente bene, che non dobbiamo neanche preoccuparci di indossarle. Eppure le indossiamo, nella paura di essere nudi di fronte agli altri, o peggio ancora, nudi di fronte a noi stessi. Cosa ci succede quindi quando entriamo in contatto con un artista come Banksy? Un artista che indossa letteralmente una maschera? In occasione delle sue rare interviste pubbliche o nel film Exit Through the Gift Shop, che lui stesso ha diretto, Banksy ha sempre indossato una maschera che gli consente di poter dire e fare cose che noi tutti vorremmo poter dire e fare. Potrebbe essere questa la ragione per cui così tante persone in tutto il mondo vedono questo artista un eroe? Si tratta di una forma di ammirazione

In our world we have put great stress on being authentic. But what does this actually mean? Especially as we have discussed for centuries in darkened corridors that we are almost never our ‘true’ selves. No, we all wear masks of one kind or another and some of these masks are so well-fitting that we do not even realise we are wearing them at all. Yet wear them we do, in fear of being naked to others and, perhaps more disconcerting, naked to ourselves. So what happens to us when we engage with an artist such as Banksy who literally wears a mask at rare public interviews or in his film, Exit Through the Gift Shop, so that he can say and do things that we all wished we could say and do ourselves. Could this be one reason why so many people around the world have made a hero of this artist? Is this a form of admiration like ‘I wish I could do that, but I can’t, so thank heavens someone has and is taking us along for the ride?’ 55


del tipo: “Vorrei poterlo fare anch’io, ma non posso, quindi grazie a Dio qualcuno lo fa al posto mio?” Se a questo aggiungiamo che “un’immagine parla più di mille parole” possiamo percepire più chiaramente il potere attrattivo che questo artista dispiega. Affrontando le questioni più controverse del nostro eterno presente con opere d’arte sarcastiche e commoventi, Banksy prima ci fa sorridere, e poi sussultare, basta osservare ciò che presenta alla nostra attenzione: povertà, ingiustizia, disuguaglianza, guerra, politica e l’intero orizzonte delle questioni sociali, storiche del presente. Certamente proviamo empatia per chi realizza opere, installazioni e interventi pubblici che ci consentono, per lo più inconsapevolmente, a osservare e ascoltare le verità del nostro mondo. Se proviamo ad andare oltre, concedendo a noi stessi un’introspezione che lo scorrere del nostro ordinario generalmente non ci concede, forse potremmo iniziare a scorgere alcune verità che ci riguardano direttamente. L’idea stessa di verità sta affrontando un momento difficile nella nostra idea di vita associata. In primo luogo, facciamo fatica a toglierci le nostre maschere e ad essere sinceri con noi stessi, e proprio quando sopraggiungono quei rari istanti in qui crediamo di poterci ritrovare, veniamo colpiti dalla furia pervasiva e implacabile dell’immagine pubblicitaria, dei social media e dell’informazione. Banksy elimina gran parte di questo rumore, proponendo la cruda verità: lo stato mercantile come nuova religione (Christ with Shopping Bag), il dogmatismo delle fedi tradizionali (Toxic Mary), il desiderio di amore e sicurezza (Girl with Balloon), la schizofrenia dei nostri media (Paranoid Pictures), ecc. Quanto più osserviamo l’opera di questo artista, tanto più riusciamo a percepire il lavoro sulla sua libertà che ci restituisce attraverso la maschera; permettendoci di levare per un attimo la nostra, e così facendo, di guardarci per come siamo. Sono quelli i momenti in cui ci troviamo come sospesi: realizzando la consapevolezza della maschera che indossiamo, e offrendoci la possibilità di osservare il mondo senza filtri. 56

When we add to this that ‘a picture speaks a thousand words’ we can more clearly see the attraction that this artist offers us all. Addressing challenging and ever-present issues with poignant and humorous one-liner artworks, Banksy makes us first laugh then wince, as we consider what is actually being presented before us: poverty, injustice, inequality, war, politics and a whole spectrum of social issues, historical and present day. Of course, we warm to such a person who cleverly mastermind’s artworks, installations and public events that draw us, mostly unknowingly, into looking at and hearing some worldly truths. If we go further and allow ‘me’ to go deeper within myself than our busy lives normally permit, we could begin to see some personal truths too. Truth, or trueness, has a tough time in our society. Firstly, we struggle with taking our own masks off and being true to ourselves, and then just when we start believing that we can find ourselves in those glimpsing moments, we are hit with the juggernaut of relentless advertising, social media and the pervasiveness of information. Again, Banksy cuts through much of this noise by delivering us statements of ugly truth: commercialism being the new religion (Christ with Shopping Bags), the dogmatism of traditional faiths (Toxic Mary), the longing for love and security (Girl with Balloon), the schizophrenia of our media (Paranoid Pictures), etc. The more one looks at the art the artist offers us, the more we can see the freedom this artist who wears a mask allows us to fleetingly remove our own and look within. In that moment we are in stasis: we may realise that we do each wear a mask, and we can, from time-to-time, allow ourselves to take it off and see ourselves and the world more clearly. If it is difficult for us to differentiate between who we really are and what we present to the outside world, then similarly, the world suffers the same fate: it is difficult for us to distinguish


Se per noi è sempre più difficile distinguere tra chi siamo veramente e come ci presentiamo al mondo, allo stesso modo, questo sembrerebbe essere un sorta di destino del mondo: è sempre più difficile per noi distinguere il reale dal simulato. Inoltre, la capacità manipolativa dei social media, giornali e televisioni, che ci inondano incessantemente e in gran quantità dei loro contenuti, ci troviamo sempre più spaesati e incapaci di discernere. Quante volte ci chiediamo: «ma è vero?». La questione del vero e del falso non è una novità. Questo dibattito sull’ethos va avanti da millenni: dall’antica Grecia a Roma, dall’Egitto alla Persia e oltre. Quel che forse è ancor più sorprendente, è che nel 21° secolo rileviamo la necessità di descrivere (o giustificare) la vastità della zona grigia che si estende tra giusto e sbagliato, tra verità e menzogna. Sottoporre le persone a presunte verità, che risultano false e non costituiscono risposte alle nostre domande, è diventata una pratica così frequente nella nostra esistenza che la psicologia ha avuto la necessità di coniare un termine apposito: paltering (agire con doppiezza, n.d.t.). Sperimentiamo il paltering quotidianamente, nel discorso politico, oramai quasi comico, rispetto alla sua pretesa di replicare a domande complesse con risposte semplicistiche e false certezze, omettendo di fatto le vere risposte alle questioni poste. Nel corso del tempo, gli artisti hanno reagito con il proprio lavoro a questa produzione di nonsense: nel passato in modo più discreto, ora in modo più evidente, mettendo a frutto la loro posizione di privilegio alla quale riconosciamo la facoltà di criticare, contestare e irridere tali comportamenti. Banksy fa proprio questo, unisce abilmente satira e immagini struggenti, e in questo modo fa emergere quanto siano ridicoli gli aspetti discutibili del nostro mondo. Le frustrazioni che tutti proviamo di fronte alla stupidità del discorso politico, del costo umano delle guerre o dell’ingiustizia del lavoro minorile, vengono affrontate da Banksy sia attraverso la sue opere, che attraverso il suo agire. Iniziative come Dismaland in Gran Bretagna e il Walled Off Hotel in Israele sono solo due esempi. Imprese in grado

between what is real and what is fake out there. With the easy manipulation of social media, newspapers and TV channels, and the sheer volume they relentlessly spew out, we increasingly find ourselves lost or unable to distinguish between the two. How often we ask ourselves “but is it true?”. The question of truth and lies is not a new one. These ethical debates have been going for millennia: from ancient Greece, Rome, Egypt, Persia and beyond. What is perhaps more astounding is that in the 21st century we find the need to describe (or excuse) the vastness of grey between what is right and wrong, truth and lie. Misleading people by telling another and irrelevant truth (but not answering the actual question) has become so pervasive in our lives that psychologists have given it a term of its own: paltering. We experience paltering every day of our lives, not least, in the comedic interactions of politicians who respond to difficult questions by giving another truthful fact without actually answering the question they have been asked. Through the ages, artists have responded to such nonsense in their own ways. Subtly in the past, more brazen now; making use of their position which affords them the privileged opportunity to criticise, argue and mock such behaviour. Banksy does just this, an artist who cleverly fuses satire with poignant imagery that slices open the ridiculousness of what is clearly questionable with our world. The frustrations that we all share when we see stupidity in politics, the human cost of war, or the injustice of child labour. Banksy tackles such topics both through his art and his projects. His undertakings with Dismaland in England and the Walled Off Hotel in Israel are just two such examples. These grab the attention of the global media, though here too the media often misses the truth, focussing more on the satire and less on their truthful poignancy. 57


di attirare l’attenzione dei media globali, che sembrano tuttavia concentrarsi maggiormente sugli aspetti satirici piuttosto che sul piano del pathos. C’è un lato ironico nel fatto che Banksy utilizzi come canale di diffusione delle sue immagini e dei suoi messaggi, gli stessi media che veicolano il nonsense costituito da notizie false o irrilevanti sui nostri telefoni, tablet e TV. Costituisce fonte di invidia per l’industria della pubblicità, social media, e PR l’idea che le sue opere o la sua ultima azione diventi virale in pochi minuti. Come riesce Banksy a diventare così mediale? Forse il motivo è che in fondo le persone conoscono la verità, tuttavia sembrano aver bisogno di essere stimolate o scosse, o forse perché ci sentiamo confortati da qualcosa che ci appare finalmente autentico e limpido rispetto ai contenuti indistinti che ci vengono veicolati dalle tecnologie digitali del tempo reale. Certamente questa questione ha anche del paradossale ed è già stata molto dibattuta. Come può un artista rimanere autentico, specialmente se coinvolto in temi come la povertà e le questioni sociali, mentre vende arte a celebrità, controlla l’emissione di certificati di autenticità e interviene con una performance pubblica nel corso di un’asta che si traduce in un aumento del valore del suo intero lavoro? È impetuosa l’esplosione della richiesta per soddisfare clienti, collezionisti (distinguo i due come figure separate e differenti) e mostre museali. Vendere arte per qualche migliaio di sterline è una cosa, vendere pubblicamente per 10 milioni di sterline cambia notevolmente le regole del gioco. Tuttavia, Banksy, in quanto comunicatore unidirezionale rispetto al pubblico, rifiutando di essere rappresentato da una galleria, continua a infrangere le regole, e in questo modo smaschera il mercato stesso dell’arte. Forse secondo l’artista “mentendo” al mercato, ovvero regolandolo con il proprio portato di regole e condizioni, è possibile ristabilire una sorta di equilibrio delle nostre convinzioni di verità. Rispetto agli enormi proventi generati dall’arte sembra possibile accettare questa dicotomia solo a patto che Banksy continui a regalarci nuovi progetti, nuovi lavori di street 58

Here too there is also some irony, the very tool that distributes the nonsense of fake or useless news to our phones, tablets and TV’s now becomes a conduit for Banksy to carry his images and messages back to us. He is the envy of many an advertising executive or social media PR as his artwork or latest stunt goes viral in minutes. Why? Perhaps people see a truth which they already know deep down but still have the need to be jolted or reminded, or perhaps they take solace from something that finally feels authentic and clear from the streams of noisy digital feeds. Of course, there is also paradox here and it has been much debated before. How can an artist remain authentic, especially when involved with such themes as poverty and social issues, whilst selling art to celebrities, controlling the issuance of certificates of authenticity and undertaking public stunts at auction that results in increasing the value of the artworks? The explosion in demand to satisfy buyers, collectors (I distinguish the two as very separate) and museum shows is furious. Selling art for a few thousand pounds is one thing but selling publicly for £10 million pounds changes the game significantly. Yet, Banksy, being a one-way communicator to his constituency, and refusing to be represented by an art gallery, continues to break the rules, removing the mask of the art market itself. By the artist ‘lying’ to the market: bringing with him his own set of rules and conditions, perhaps this rebalances our belief in authenticity. As for the vast monies being generated, we can accept this dichotomy if Banksy continues to give us future projects, public street art and further opportunities to remind ourselves of some truths. So, is he a private school boy, champagne socialist, Robin Hood hero, or an artist who was in the right place, at the right time? Actually, does it really matter? ... through his ‘lies’ he elbows the door open to truths we


art pubblica e ulteriori opportunità per ricordarci alcune verità. Si tratta dunque di un ragazzo che ha frequentato scuole private? Un socialista allo champagne, un eroe paragonabile a Robin Hood? O semplicemente un artista che si sia trovato nel posto giusto, al momento giusto? Importa davvero? ... Attraverso le sue “bugie”, Banksy apre la porta alle verità di cui tutti abbiamo bisogno e in questo modo ci offre la possibilità di togliere la nostra stessa maschera, anche solo per un momento.

all need to be reminded of, and he gives us a chance to remove our own mask, if only for a moment.

Bugie... e di nuovo bugie... mi stupisce la quantità di bugie che ci siamo detti stamattina. «Ci sono ancora altre cose da scoprire» disse allegramente Poirot.

Lies... and again lies... it amazes me, the amount of lies we had told to us this morning. “There are more still to discover”, said Poirot cheerfully.

Agatha Christie

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QUATTORDICI ANNI FA... FOURTEEN YEARS AGO... Acoris Andipa

Un giorno di quattordici anni fa, il mio telefono squillò presto come al solito. Iniziavano cosi le conversazioni quotidiane con i mercanti d’arte, clienti e collezionisti. Quel giorno chiesi a tutti se qualcuno avesse mai sentito parlare di un artista chiamato Banksy? Il misterioso mondo underground dei graffiti e della street art era affascinante ed era costituito da molte voci, una in particolare stava attirando l’attenzione di chiunque fosse disposto a fermarsi e ad ascoltare. Per me tutto iniziò nel 2005 quando vidi un’immagine di Kate Moss raffigurata nello stile iconico della Marilyn Monroe rappresentata da Andy Warhol nella sua serie di stampe e dipinti. Mi fece sorridere e la misi da parte sulla mia scrivania. Qualche giorno dopo mi imbattei in un’immagine molto diversa, straziante e inquietante: il suo titolo era Napalm. Un’immagine toccante e attuale, un’interpretazione della fotografia del 1972 che ritrae la bambina vietnamita gravemente bruciata dai bombardamenti al napalm. In questa versione la bambina era affiancata da Topolino e Ronald

Fourteen years ago, my phone rang early as usual. The start of daily conversations with dealers, clients and collectors. Today I was asking if anyone had heard of an artist by the name of Banksy? The mysterious, underground world of graffiti and street art was alluring and had many voices but one in particular was captivating anyone prepared to stop and listen. For me, it started in 2005 when I saw an image of Kate Moss in homage to Marilyn Monroe in the iconic series of paintings and prints by Andy Warhol. It brought a smile to my face and I put it to one side on my desk. A few days later I came across a very different image, this time harrowing and disturbing. Napalm was its title, poignant and topical; a disturbing interpretation of the heart-breaking 1972 photograph of a Vietnamese girl severly burnt from napalm bombing. In this version the child is flanked by Mickey Mouse and Ronald McDonald. I wanted to learn who was the artist and thereafter found myself hooked on Banksy. 61


McDonald. Volevo sapere chi fosse l’artista, da quel momento iniziai a interessarmi a Banksy. Sono un collezionista che ha avuto la ventura di fare il mercante d’arte. Una condizione molto frustrante: procurarsi di che vivere vendendo l’arte che avrei preferito tenere per me. Più esploravo la produzione di Banksy, più mi veniva voglia di raccontare il suo lavoro ai miei collezionisti. Alla fine del 2006 avevo in programma una mostra di Damien Hirst presso la mia galleria, all’ultimo momento decisi di ampliare il concept della mostra in modo da poter includere le opere di Banksy e così scoprire cosa pensassero i miei collezionisti del suo lavoro. Sarebbero rimasti sorpresi o avrebbero provato disagio nel trovare uno street artist tra artisti di questo livello? In qualche modo, sono sempre stato circondato da collezionisti animati da un vero amore per l’arte che acquistavano, intrattenendo sempre conversazioni curiose e interessanti riguardo ogni acquisizione piuttosto che discutere del prezzo di vendita. Quindi forse non avrei dovuto sorprendermi, dopotutto, della loro reazione. In occasione dell’inaugurazione della mostra, intitolata Damien Hirst e i suoi contemporanei, tutte le opere di Banksy furono vendute nel giro di un’ora a collezionisti illuminati che condividevano il fascino che provavo per questo artista. Non conoscevano Banksy e la sua arte, semplicemente gli piacevano le opere per quello che erano. È iniziato cosi un viaggio che continua ancora oggi: portandomi a contribuire ad un processo che ha condotto un movimento underground all’attenzione di quegli amanti dell’arte che normalmente non entrerebbero in una galleria; e iniziando collezionisti affermati ad un nuovo mondo artistico. Ho dovuto inseguire le opere di questo artista sfuggente. Questa pratica è stata piena di alti e bassi, divertimento e delusioni, culminati in un ulteriore episodio di modifica di progetto espositivo occorso nel 2007 e dovuto alla programmazione di una mostra personale di Banksy raccogliendo una collezione per la galleria. Il sabato successivo all’inaugurazione, mi trovavo a pochi minuti a piedi dalla mia galleria, avevo in mano una tazza di caffè e il giornale, quando vidi una lunga e composta fila di persone. Chiedendomi di cosa si trattasse, attraversai le cen62

I am an art collector who happens to be an art dealer. A most frustrating combination: making a living selling art which I prefer to keep for myself. The further I explored the output of Banksy the more I wanted to tell other collectors about his work. At the end of 2006 I had already scheduled a selling exhibition of artworks by Damien Hirst, and in the last moments decided to broaden the concept so I could include the works of Banksy and learn what my collectors would think and say about this artwork. Would they be surprised or uncomfortable finding a street artist amongst household names? Somehow, I have always found myself surrounded by collectors who have a genuine love for the art they buy, engage in interesting conversations around each acquisition and rarely discuss selling. So perhaps I should not have been as surprised after all at the response. At the opening night of the exhibition, entitled Damien Hirst and his Contemporaries all the Banksy art works sold within the hour to mindful collectors who shared my new fascination for this artist. They didn’t previously know of Banksy or his art, they liked the artworks for what they are. And so started a journey which continues today: having been part of the process of bringing an underground movement to the attention of art lovers that would not normally consider walking into an art gallery; and introducing established collectors to a new world of art. I pursued artworks by this elusive artist. Doing so was filled with highs and lows, fun and disappointments that culminated in yet another change to our exhibition program for 2007 by inserting a solo exhibition of Banksy art from the collection I put together for the gallery. On the first Saturday after the opening, I was several minutes’ walk away from the gallery, with my newspaper and cup of coffee in hand, when I saw a long line of people politely standing in a queue. Wondering what this was all about I walked past several hundred people of every age and nationality. How exciting until... yes,


tinaia di individui di ogni età e nazionalità. Con mia grande sorpresa ... si, la fila conduceva alla porta di Andipa Gallery. Nelle settimane successive dovetti accogliere oltre 35.000 persone che mi costrinsero a ricorrere a un servizio di sicurezza per gestire la folla. È con una certa ironia che constatai che le persone in fila avevano più bisogno di essere protette dagli abituè dello shopping di Knightsbridge piuttosto che dalle auto di lusso che sfrecciavano nella strada. Da quel momento in poi si avviò un processo naturale. Giravano voci che Banksy avesse abbandonato il suo mercante d’arte per unirsi ad Andipa! Sarebbe stato bello, ma molto improbabile allora come ora. Operatori video, reti televisive e quotidiani internazionali si riversarono in galleria oltre gli orari di apertura e chiusura. Il mercato cresceva ancora e ancora senza alcun apparente progetto sottostante. Il mercato semplicemente lo aveva adottato e aveva iniziato a farlo correre ancora e ancora... Decisamente un periodo felice. Ho presentato il lavoro di Banksy a collezionisti con passioni diverse che fino a quel momento avevano collezionato solo artisti come Picasso, Lichtenstein, Hockney, Hirst e altri importanti pittori internazionali e tuttavia, erano li, ad includere Banksy nelle loro magnifiche collezioni. Sfortunatamente però, quando il mercato cresce e diventa redditizio, generalmente opera un cambiamento spontaneo. Le motivazioni non sono sempre chiare. Le intenzioni non sono sempre così trasparenti. L’arte spesso diventa al contempo una merce e un trofeo. È un peccato che non importi cosa produca l’artista, quanto siano impegnate le opere o il lavoro pubblico che affronta i temi delle inadeguatezze sociali: ciò che interessa alla maggioranza delle persone è il suo valore economico. Oltre un certo punto, piuttosto che il piacere che l’arte può dare o le istanze che pone, l’interesse riguarda principalmente il suo valore di scambio. Lo vediamo nell’esplosione di mediatori e siti internet che si proclamano mercanti affidabili di questo prodotto. Tutti sono ora esperti di Banksy. Tutti consulenti d’arte. Sono felice che il mio telefono abbia squillato quattordici anni fa... e abbia fatto partire questo viaggio entusiasmante ancora oggi come all’ora.

it started at the front door of Andipa Gallery. In the following few weeks we had over 35,000 visitors to the exhibition and employed crowd control to safeguard the queues. Ironically, the crowds needed more protection from irritated Knightsbridge shoppers than from the fast cars passing the narrow street. From there onwards everything took its own natural momentum. Rumours abounded that Banksy had left his only dealer to join Andipa! A nice thought but most unlikely then as it is now. Film crews, television networks and international newspapers filled the gallery before and after opening hours. The market escalated and escalated without any design. The market just took it up and ran with it... and ran and ran. Happy times. I introduced the work of Banksy to collectors from many backgrounds who had, until that time, only collected artists such as Picasso, Lichtenstein, Hockney, Hirst and other major international painters and yet, here they were, adding Banksy paintings to their magnificent collections. Unfortunately, however, when the market grows and becomes lucrative it also naturally changes. Motivations are no longer clear. Intentions not so truthful. Art becomes a commodity and a trophy. It is a shame that no matter what the artist produces, how engaging the artworks or public events which focus on social inadequacies – what most people read and talk of is their monetary value. It is no longer for the pleasure that this art can give or the questions that it can ask, it is now mostly about the value that it holds as a currency. We see this in the explosion of brokers and internet sites which self-proclaim to be trustworthy sellers of this commodity. Everyone is a Banksy expert. Everyone is an art consultant. But I’m still happy my phone rang fourteen years ago... what a fun journey it continues to be.

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CRONOLOGIA TIMELINE 1998 Walls on Fire Banksy, insieme a Inkie, leader degli artisti di strada della Bristol anni ‘80, organizza Walls on Fire, la prima manifestazione di street art britannica. In un lungo weekend artisti, dal Regno Unito e da tutta Europa, disegnano su una palizzata lunga 365 metri intorno a Harbourside, quartiere di Bristol.

Walls on Fire Banksy, together with Inkie, a leading street artist in Bristol in the 1980s, organizes Walls on Fire, Britain’s first street art event. Over a long weekend, artists from the United Kingdom and all over Europe draw on a 365 metrelong fence around Harbourside, a neighbourhood in Bristol.

1999 Mild Mild West Banksy dipinge sul muro del negozio di dischi Subway Records uno dei suoi lavori più noti: Mild Mild West. L’opera fa riferimento alle “risse di St. Paul” e mostra un orso che lancia una molotov contro alcuni poliziotti. Un gruppo di street artist chiamato Appropriate Media lancia della vernice rossa sul pezzo, in segno di protesta, poi ripulito dagli abitanti del quartiere. Oggi è un punto distintivo della città di Bristol.

Mild Mild West Banksy paints one of his most well-known works on the wall of the store Subway Records: Mild Mild West. The piece is a reference to the St. Pauls riot, and depicts a bear throwing a Molotov cocktail at police officers. A group of street artists called Appropriate Media threw red paint on the work in protest, which was later cleaned by local residents. Today, it’s one of Bristol’s most distinctive features. 69


2000 Londra Banksy si trasferisce a Londra e iniziano a comparire i suoi rat nelle zone nord della periferia urbana, quelle abitate dalla classe lavoratrice. Banksy stesso ha spiegato la scelta dei topi: “Sono piccoli, odiati, perseguitati e disprezzati, vivono nel substrato delle città, nelle fogne e nelle discariche. Eppure sono capaci di mettere in ginocchio intere civiltà, di colonizzare aree e dettare legge”.

London Banksy moves to London and his rats begin showing up in the northern part of the city, where mostly the working classes live. Banksy himself explained his choice of subject: “They’re small, hated, persecuted and despised; they live underneath the city, in sewers and landfills. Yet they’re able to bring entire civilizations to their knees, to colonize areas and dictate laws”.

Prima mostra a Bristol Alla fine del 1999 Banksy aveva già lasciato Bristol, ma vi torna pochi mesi dopo per la sua prima mostra al ristorante Severnshed, che in precedenza era una sorta di baracca galleggiante. I lavori vengono tutti venduti durante l’inaugurazione. Il curatore Robert Birse disse: “Era la prima volta che Banksy lavorava su tela, non possedeva alcuna nozione su come trattare il supporto e su come preparare i disegni”.

First exhibition in Bristol Though he had already left Bristol, in late 1999, Banksy returns a few months later for his first exhibition at the restaurant Severnshed, which had previously been a sort of floating hut. The artworks were all sold during the inauguration. The curator, Robert Birse, said, “It was the first time Banksy worked on a canvas; he had no notion of how to handle the support or how to prepare the drawings”.

2002 Existencilism Il 19 luglio del 2002 Banksy apre la sua prima mostra a Los Angeles presso la 33 1/3 Books & Gallery. La mostra ha come titolo Existencilism, termine che fonde la parola stencil con la parola esistenza. Il sottotitolo della mostra è: “graffiti, lies and deviousness”. Existencilism è la mostra in cui l’autore presenta su supporto tradizionale alcune sue immagini popolari come Love is in the air, Queen Vic e Laugh Now. Existencilism è anche il titolo di uno dei tre ormai rari black books pubblicati dall’artista.

Existencilism On July 19, 2002, Banksy opens his first exhibition in Los Angeles, at 33 1/3 Books & Gallery. The exhibition is called Existencilism, combining the words “stencil” and “existence”. The show’s subtitle is, “graffiti, lies and deviousness”. Existencilism is where the artist presented some of his most popular images, like Love is in the Air, Queen Vic and Laugh Now. Existencilism is also the title of one of the three now-rare black books published by the artist.

2003 British Museum Banksy riproduce un disegno rupestre su un frammento di pietra. Nell’opera si vede la silhouette di un uomo, appena accennato nel tratto, mentre corre dietro a un carrello della spesa. Il lavoro è firmato Banksymus Maximus.

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British Museum Banksy reproduces a cave drawing on a stone fragment. The work depicts the silhouette of a man, barely visible, while he runs behind a shopping cart. The work is signed by Banksymus Maximus.


Turf War Banksy inaugura la mostra Turf War in un magazzino, suscitando clamore per la presenza di maiali vivi e di una giovenca verniciata di rosso, ricoperta da stencil con il volto di Andy Warhol. Questo gesto richiama l’attenzione degli attivisti per i diritti degli animali, che reagiscono incatenandosi all’ingresso. Poco prima dell’apertura al pubblico, Banksy lascia un messaggio avvisando della presenza di quaranta bottiglie di vino rosso scadente e suggerendo al visitatore di non andare alla mostra senza portarne una propria.

Turf War Banksy inaugurates the exhibition Turf War in a warehouse, causing controversy due to the presence of live pigs and a heifer painted red and covered in stencil drawings of Andy Warhol’s face. This gesture caught the attention of animal rights’ activists, who reacted by chaining themselves to the entrance. Just prior to the opening, Banksy left a message alerting the presence of forty bottles of lousy red wine and suggesting visitors not come to the exhibition without bringing one of their own.

2004 Ronald McDonald Banksy va a Piccadilly Circus e, travestito da Ronald McDonald, attacca un manichino di bambino a un enorme palloncino con il logo della multinazionale, facendogli poi prendere il volo. L’happening, intitolato “Mc Donald’s sta rubando i nostri figli”, dura ben nove ore e termina solo quando il grosso pallone inizia a sgonfiarsi, finendo con tutto il manichino sotto un bus.

Ronald McDonald Banksy goes to Piccadilly Circus and, dressed as Ronald McDonald, attaches an enormous balloon with the fast food company’s logo to a child mannequin, causing it to take flight. The happening, titled “McDonald’s is stealing our children,” lasted over nine hours and ended only when the large balloon began to deflate; when the mannequin fell to the ground it was run over by a bus.

Banconote Banksy of England Banksy produce una serie di banconote da dieci sterline, sostituendo il volto della Regina Elisabetta con quello della principessa Diana e modificando il testo “Banks of England” in “Banksy of England”. Qualcuno racconta di aver visto durante il carnevale di Notting Hill mazzette di quelle banconote tra la folla, che tentava di spenderle nei negozi come fossero soldi autentici. Banksy le utilizza anche come inviti per la mostra Santa’s Ghetto, promuovendo l’associazione Pictures on Walls, in cui mette in vendita per cento sterline un foglio intero di cinquanta banconote non ritagliate in occasione della commemorazione della morte di Diana. Le banconote fanno la loro comparsa nell’ottobre del 2007 alla casa d’aste Bonhams, che ne mette in vendita un esemplare al prezzo di 24mila sterline e al Reading Festival, lanciate in mezzo alla folla oltre le transenne.

Banksy of England banknotes Banksy produces a series of £10 banknotes, replacing the face of Queen Elizabeth with Princess Diana and modifying the words “Bank of England” to “Banksy of England”. Some report seeing wads of these banknotes in the crowd at the Notting Hill Carnival, even attempting to spend them in various stores as if they were authentic. Banksy also uses them as invitations for the exhibition Santa’s Ghetto, promoting the association Pictures on Walls, during which an entire page of 50 uncut notes is on sale for £100 to commemorate Diana’s death. The banknotes appear in October 2007 at the Bonhams auction house, where one is on sale for £24,000, and at the Reading Festival, thrown into the middle of the crowd.

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Incursioni nei musei Banksy entra nelle più grandi istituzioni museali del mondo. Il Louvre è il primo museo colpito: le telecamere lo riprendono mentre attacca un ritratto della Gioconda con uno smile sul volto. A marzo è presente al MoMA, al Metropolitan Museum, al Brooklyn Museum e all’American Museum of Natural History di New York. In seguito, si reca alla Tate Gallery e a maggio al British Museum di Londra. Banksy entra travestito da pensionato e con il viso nascosto da un cappello; del tutto indisturbato affigge al muro i quadri che aveva portato con sé in una busta. Le telecamere a circuito chiuso lo riprendono mentre si guarda intorno e attacca le sue opere in mezzo a grandi capolavori. Al Brooklyn Museum affigge un condottiero settecentesco con in mano una bomboletta spray, alle cui spalle campeggiano graffiti pacifisti; al MoMA una warholiana lattina di Campbell Soup trasformata in una zuppa della Tesco; al Metropolitan un ritratto di gentildonna con una maschera antigas e all’American Museum of Natural History un vero scarafaggio con dei missili sotto le ali.

Museum invasions Banksy goes into some of the most famous museums in the world. The Louvre is the first museum hit: the video cameras capture him attaching a portrait of the Mona Lisa plastered with a smiley face. In March, he goes to the MoMA, Metropolitan Museum, Brooklyn Museum and American Museum of Natural History in New York. Later, he shows up at the Tate Gallery, and in May, the British Museum in London. Banksy goes in dressed as a retiree with his face covered by a hat; undeterred, he attaches paintings to the walls that he brought with him in a bag. The CCTV cameras capture him as he looks around and hangs his paintings between major masterpieces. At the Brooklyn Museum, he affixes an 18th-century general with a can of spray paint in his hand, while behind the figure are pacifist graffiti marks; at the MoMA, he unveils a Warhol-style can of Tesco soup; at the Met, he installs a portrait of a noblewoman with a gas mask, and at the American Museum of Natural History, a real cockroach with missiles under its wings.

2005 Santa’s Ghetto La questione palestinese sta molto a cuore a Banksy, il quale crea Santa’s Ghetto, una manifestazione che ha come sede Betlemme e dove quattordici artisti provenienti da tutto il mondo, scelti dallo stesso Banksy, si recano a disegnare sul muro di separazione israeliana. Banksy ha dichiarato: “Il Governo israeliano sta costruendo un muro che circonda i territori palestinesi occupati. Si erge in altezza tre volte in più del Muro di Berlino e si estende per oltre 700 Km, la distanza tra Londra e Zurigo. Il Muro è illegale per il diritto internazionale e racchiude la Palestina nella più grande prigione all’aperto del mondo. É anche diventata la destinazione estiva dei graffitisti”.

Santa’s Ghetto The Arab–Israeli conflict is very important to Banksy, who’s inspired to create Santa’s Ghetto, an event based in Bethlehem that includes 14 international artists chosen by Banksy to draw on the Israeli West Bank barrier. Banksy declared, “The Israeli government is building a wall that surrounds the occupied Palestinian territory. It’s three times higher than the Berlin Wall and extends for over 700 km, the distance between London and Zurich. The wall is illegal according to international law and encloses Palestine in the largest open-air prison in the world. It’s even become a summer destination for graffiti artists”.

Zoo di Londra Banksy si infiltra nello zoo di Londra saltando dentro la gabbia dei pinguini per affiggere un cartello che recita: “We’re bored of fish” (Siamo stanchi del

London Zoo Banksy infiltrates the London Zoo by jumping inside the penguin cage to hang a sign that reads, “We’re bored of fish”. He doesn’t skip

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pesce). Non risparmia neanche il recinto degli elefanti su cui scrive: “I want out. This place is too cold. Keeper smells. Boring. Boring. Boring” (Voglio uscire. Questo posto è troppo freddo. Il guardiano puzza. Sono annoiato, annoiato, annoiato).

the elephants either, declaring “I want out. This place is too cold. Keeper smells. Boring. Boring. Boring”.

2006 Cabina telefonica Banksy sorprende gli abitanti del quartiere Soho di Londra, posizionando una cabina telefonica inglese, rovesciata a terra e sanguinante, assassinata da un piccone. Anche se il Westminster Council ha subito provveduto a rimuoverla, la British Telecom dirama un comunicato stampa descrivendo così questa trovata: “Un formidabile commento visivo della trasformazione della British Telecom, da una compagnia di telecomunicazioni antiquata a un moderno fornitore di servizi di comunicazione”.

Telephone box Banksy surprises London’s Soho residents by leaving behind a British telephone box, tipped over and bleeding, murdered by a pickaxe. Even though the Westminster Council tried to remove it immediately, British Telecom circulates a press release describing the work as “a formidable visual commentary on the transformation of British Telecom from an antiquated telecommunications company to a modern supplier of communication services”.

Disneyland Banksy vola ad Anaheim in California, nel regno di Disneyland. Pagato il suo ingresso, senza essere visto si introduce nel recinto del Big Thunder Mountain, le montagne russe, sistemando accanto a un cactus, facendo in modo che fosse visibile dal trenino, una bambola gonfiabile vestita da prigioniero di Guantanamo (tuta arancione, testa coperta da un sacco nero e manette). C’è voluta un’ora e mezza prima che i visitatori del parco giochi e la sorveglianza si accorgessero dell’intrusione.

Disneyland Banksy flies to Anaheim, California, where Disneyland is located. Having paid his entrance ticket, without being seen, he sneaks into the rollercoaster Big Thunder Mountain, installing a blow-up doll dressed as a Guantanamo Bay prisoner (completely orange, its head covered by a black bag, and handcuffed) next to a cactus and ensuring that it can be seen from the train car. It took an hour and a half for visitors and security to realize it was there.

Barely Legal Si tratta di una delle esposizioni che ha fatto più discutere, consacrando Banksy nel mondo: un’enorme elefantessa indiana, di trentasette anni, di nome Tai accoglie gli ospiti, dipinta con una fantasia damascata rossa e oro, riprendendo la tappezzeria della sala in cui è collocata. All’ingresso viene dato ai visitatori un cartellino con scritto: “C’è un elefante nella stanza. C’è un problema di cui non abbiamo mai discusso. Il fatto è che la vita non è più giusta. Un miliardo e settecento persone non hanno accesso all’acqua potabile. Venti miliardi di persone vivono sotto il livello di povertà. Ogni giorno

Barely Legal One of the most widely-discussed exhibitions, consecrating Banksy’s position in the art world: Tai, an enormous, 37-year-old Indian elephant, welcomes guests, painted a pink and gold floral pattern to match the wallpaper of the room she’s in. At the entrance, visitors are given a leaflet with the writing, “There’s an elephant in the room. There’s a problem that we’ve never talked about. The fact is that life is no longer fair. 1.7 billion people have no access to clean drinking water. 20 billion people live below the poverty line. Every day hundreds of people are made to 73


centinaia di persone sono indotte a sentirsi male a causa di alcuni cretini matricolati che dicono loro quanto ingiusto sia il mondo, ma non fanno niente per cambiare le cose. Qualcuno vuole un bicchiere di vino?” Banksy vuole cosi attirare l’attenzione sul problema della povertà globale. La mostra in soli tre giorni ha accolto settantacinquemila persone.

feel physically sick by morons at art shows telling them how bad the world is but never actually doing something about it. Anybody want a free glass of wine?”. Banksy wants to shine a light on the issue of global poverty. In only three days, the exhibition had 75,000 visitors.

Paris Hilton Paris Hilton chiede a Banksy di ritrarla come una vera ereditiera, ma Banksy le oppone un secco rifiuto. Cogliendo l’occasione dell’uscita del suo primo disco dal titolo “Paris”, ne acquista cinquecento copie in quarantadue negozi di musica di tutto il Regno Unito, modificandone la copertina e il libretto all’interno, sostituendolo con una parodia dello stesso. Un video mostra Banksy che entra travestito nei megastore della Virgin e compra una copia del cd. Tornato nel suo studio, scannerizza la cover e il contenuto interno, modificando le parole con un copia e incolla di lettere ritagliate dai giornali, scrivendo frasi come: “Perché sono famosa?” o “A cosa servo?” o “Il 90% del successo è nell’apparire”. Infine, sostituisce il volto di Paris Hilton con quello del suo chihuahua.

Paris Hilton Paris Hilton asks Banksy to paint her as a true heiress, but the artist bluntly refuses. With the release of her first album, Paris, Banksy seizes the opportunity and buys 500 copies in 42 music stores across the United Kingdom, modifying the cover and inner sleeve by replacing them with a parody version. A video shows Banksy entering a Virgin Megastore disguised and buying a copy of the CD. Back in his studio, he scans the cover and inner sleeve, replacing the words with letters cut from newspapers, creating phrases like, “Why am I famous?”, “What am I for?”, and “90% of success is showing up”. Lastly, he replaces Paris Hilton’s face with her Chihuahua’s head.

2007 Sotheby’s Sotheby’s è la prima casa d’aste a mettere in vendita sette lavori di Banksy. Ralph Taylor, specializzato nel settore dell’arte contemporanea, dichiara: “Banksy è l’artista di più immediata crescita mai vista da nessuno in tutti i tempi”.

Sotheby’s Sotheby’s is the first auction house to sell seven works by Banksy. Ralph Taylor, specializing in contemporary art, declares, “Banksy is the fastest growing artist ever seen”.

2008 Kate Moss A Londra il pezzo – ispirato da quello di Andy Warhol con i quattro volti di Marilyn Monroe – raffigurante la modella inglese Kate Moss è battuto a 210.550 dollari. La prima esecuzione del viso di Kate Moss risale al 2006, venduta da Sotheby’s per 50.400 sterline: in due anni il prezzo si è quadruplicato.

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Kate Moss In London, his piece depicting the English model Kate Moss – inspired by Andy Warhol’s four faces of Marilyn Monroe – is sold for 210,550 dollars. The first version of Kate Moss’s face dates to 2006, sold by Sotheby’s for 50,400 pounds: in two years, the price quadrupled.


The Cans Festival Per un intero week-end Londra vede arrivare i maggiori street artist del mondo per il Cans Festival. La location è stata tenuta segreta fino al venerdì stesso, quando viene reso noto che si sarebbe svolto nel tunnel di Leake Street, un sottopassaggio. I ventinove artisti che Banksy invita a partecipare potevano disegnare ciò che volevano nel rispetto degli altri e senza cancellare i pezzi altrui.

The Cans Festival For an entire weekend, London welcomes the top street artists in the world for the Cans Festival. The location was a secret until the start of the event, when it was revealed that it would be in the underpass in Leake Street. The 29 artists that Banksy invited to participate could design whatever they wanted, so long as they respect the other artists and don’t erase other works.

George Michael George Michael, già collezionista e suo fan, chiede a Banksy di dipingere la sua casa inglese per la cifra di 2 milioni di sterline. Banksy accetta ad una condizione: stare da solo per l’intera durata dei lavori.

George Michael George Michael, a collector and fan of the artist, asks Banksy to paint his home in England for 2 million pounds. Banksy accepts under one condition: to be alone for the entire length of the project.

The Village Pet Store and Charcoal Grill La mostra, organizzata in un negozio di animali a New York, espone degli “animatronics”. In vetrina, una gallina guarda i suoi pulcini tramutati in crocchette di pollo - simili ai Chicken McNuggets del McDonald - becchettare in una vaschetta di salsa barbecue e un coniglio si trucca davanti a uno specchio in miniatura. Ancora, bastoncini di pesce nuotano nell’acquario, hot dog si nascondono tra le rocce come serpenti, un leopardo appollaiato su un albero di cui rimane solo la pelliccia e il famoso uccellino dei cartoni animati, Titti, ormai anziano e grinzoso, dondola nella sua gabbietta.

The Village Pet Store and Charcoal Grill The exhibition, organized in an animal store in New York, displays “animatronics”. In the window, a hen watches her chicks-turned-chicken nuggets, a reference to Chicken McNuggets from McDonald’s, pecking at a bowl of BBQ sauce, and a rabbit puts on make-up in front of a mini mirror. Fish sticks are also seen swimming in the aquarium, hot dogs hide between rocks like snakes, the hollowed-out fur of a leopard is perched atop a tree and the famous bird Tweety, now old and wrinkly, dangles in his cage.

2009 Banksy vs Bristol Museum É la prima mostra in un museo, ospitata nella sua città. Il direttore del museo racconta di aver accettato la proposta dell’artista di organizzare un’esposizione dei suoi lavori. Per l’intera durata dell’allestimento Kate Brindley, responsabile dei musei e delle gallerie del consiglio cittadino, non ha mai incontrato l’artista tanto da pensare che fosse tutto un enorme imbroglio. Banksy esegue in loco settanta lavori, portandone altri trenta per un totale di cento opere tra sculture, installazioni, quadri e tele. L’artista dichiara: “Per la prima

Banksy vs Bristol Museum The artist’s first exhibition in a museum, held in his home city. The museum’s director says that he accepted the artist’s proposal to organize an exhibition of his artworks. For the entire duration of the show, Kate Brindley, Head of Museums, Galleries and Archives for Bristol City Council, never met the artist, and even thought that the whole thing was a hoax. Banksy made 70 pieces on site and brought in an additional 30, for a total of 100 artworks, including sculptures, installations, paintings and canvases. The artist declared, “For the first time, 75


volta i soldi delle tasse degli inglesi vengono utilizzati per appendere le mie opere alle pareti anziché distruggerle”. Il Museo ha inserito nella collezione permanente due pezzi esposti.

the English taxpayers’ money is used to hang up my works instead of destroy them”. The museum added two of the pieces on display to its permanent collection at the end of the show.

Banksy vs Robbo In un sottopassaggio lungo il Regent’s Canal, Banksy disegna un imbianchino intento ad incollare della carta da parati bianca che copre una grande scritta di Robbo che era lì dal 1985 e che nessuno fino ad allora aveva osato toccare. Inizia la guerra a colpi di spray.

Banksy vs Robbo In a tunnel along Regent’s Canal, Banksy depicts a painter pasting white wallpaper over Robbo’s large tag, there since 1985 and which no one dared to ever touch. The spray paint war begins.

2010 Pier Pressure Nei pressi del porto di Brighton i cittadini trovano una giostra per bambini differente dalle solite: un delfino impigliato in una rete è intento a saltare un bidone da cui fuoriesce del greggio. Rappresenta un’aspra polemica nei confronti della compagnia petrolifera British Petroil, ritenuta responsabile del disastro ecologico nel Golfo del Messico.

Pier Pressure Near the port in Brighton, locals find a different kind of children’s ride: a dolphin snagged in a net is trying to jump over a tipped can with oil spilling out of it. The work represents the bitter controversy surrounding the oil company British Petroil, which was held responsible for the environmental disaster in the Gulf of Mexico.

Exit Through The Gift Shop Nel corso dell’edizione del Sundance Film Festival, del 2010, a sorpresa compare il film di Banksy Exit Through The Gift Shop. Gli ospiti arrivati per la proiezione della prima sono accolti da signorine che offrono, al posto dei classici popcorn, bombolette spray invitandoli a disegnare qualcosa sul fianco di un camioncino parcheggiato accanto al tappeto rosso. Uno dei protagonisti del film è Thierry Guetta, conosciuto come Mr. Brainwash; chi si aspetta di vedere il volto di Banksy rimane deluso. Il meccanismo è sempre lo stesso: parlare di sé attraverso gli altri, senza mai mostrarsi. Il docufilm è stato candidato agli Oscar.

Exit Through The Gift Shop During the 2010 Sundance Film Festival, Banksy’s film Exit Through The Gift Shop makes a surprise appearance. As they arrive for the showing, guests are welcomed by young ladies offering spray cans instead of classic bags of popcorn, inviting them to tag something on the side of a truck parked next to the red carpet. One of the film’s protagonists is Thierry Guetta, known as Mr. Brainwash. Those hoping to see Banksy’s face are disappointed. The mechanism is always the same: talk about yourself through others, without ever showing yourself. The documentary was nominated for an Oscar.

2013 Better Out Than In (Banksy Does New York) Better Out Than In (Meglio fuori che dentro). Il 1° ottobre 2013 Banksy annuncia la sua residenza artistica indipendente di un mese a New York. L’artista presenta un’opera al giorno, annuncian76

Better Out Than In (Banksy Does New York) On October 1, 2013, Banksy announces he will undertake a month-long residency in New York. The artist unveils a different artwork every day, announcing them on his website and Instagram.


dola attraverso il suo sito web e il suo account Instagram. A New York è subito “Banksy fever” al punto che interviene il sindaco a condannare l’iniziativa. Il titolo Better Out Than In riprende una frase di Paul Cézanne: “Nessuna immagine dipinta all’interno dello studio sarà mai come quelle dipinte fuori, all’aperto“. Nessuna delle opere presentate, infatti, sopravvive. Il lavoro è stato raccontato dal documentario Banksy Does New York.

Banksy fever immediately takes over New York, to the point that the mayor condemns the stunt. The title Better Out Than In comes from a quote by Paul Cézanne: “All pictures painted inside, in the studio, will never be as good as those done outside”. None of the works made during this time survive. The project was narrated in the documentary Banksy Does New York.

2015 Dismaland Dal 21 agosto al 27 settembre 2015 Banksy apre Dismaland, un progetto artistico temporaneo organizzato dall’artista nella località balneare di Weston-Super-Mare nel Somerset (Inghilterra). Preparato in segreto, il progetto consiste in una mostra collettiva dove Banksy è sia curatore sia artista. L’evento ha luogo presso il Tropicana, un lido in disuso in cui l’autore ricostruisce una versione sinistra e annoiata di Disneyland. Banksy lo descrive come “un parco a tema familiare non adatto ai bambini”. Quando Dismaland viene smontata, Banksy usa i materiali di risulta per costruire un villaggio, non autorizzato, per rifugiati a Calais. Per Dismaland, Banksy presenta dieci nuovi lavori e invita sessanta artisti, di cui ne partecipano solo cinquantotto.

Dismaland From August 21 to September 27, Banksy opens Dismaland, a temporary project organized by the artist in the seaside town of Weston-Super-Mare, in Somerset (England). Prepared in secret, the project is a collective exhibition curated by Banksy and featuring his works. The event takes place at the Tropicana, a disused lido, where the artist has reconstructed a sinister and wearied version of Disneyland. Banksy describes it as “a family theme park unsuitable for children”. When Dismaland is dismantled, Banksy uses the materials to build an unauthorized village for refugees in Calais. For the project, Banksy unveils ten new pieces and invites 60 artists, 58 of which participate.

2017 Walled Off Hotel L’11 marzo 2017 Banksy annuncia l’inaugurazione del Walled Off Hotel a Gaza in Palestina. Il nome significa letteralmente “hotel murato fuori” e fa il verso alla celebre catena di hotel di lusso Waldorf. Si tratta di una piccola pensione di Gaza davanti alla quale è stato innalzato il muro di separazione tra Israele e i territori palestinesi, dando così all’hotel “la peggiore vista del mondo”, slogan con cui l’artista pubblicizza la sua iniziativa. L’hotel contiene opere di Banksy e altri artisti, stanze a tema e uno shop in cui comprare materiale per fare street art.

Walled Off Hotel On March 11, 2017, Banksy announces the inauguration of the Walled Off Hotel in the Gaza Strip, Palestine. The name mocks the famous luxury hotel chain Waldorf. The project consists of a small hotel in the Gaza Strip across from the Israeli West Bank barrier, offering guests “the worst view in the world”, the artist’s slogan for the initiative. The hotel contains works by Banksy and other artists, themed rooms and a shop where guests can buy materials to make street art.

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Love Rat 2004 serigrafia su carta / silkscreen print 50x35 cm Collezione privata / Private collection

I topi sono tra i soggetti più rappresentati da Banksy che su di loro scrive: “Esistono senza permesso. Sono odiati, braccati e perseguitati. Vivono in una tranquilla disperazione tra la sporcizia. Eppure sono capaci di mettere in ginocchio intere civiltà”. L’artista coglie un parallelismo tra i topi e la condizione dello street artist e ci mette in guardia dalle tranquille ma ambigue moltitudini. I topi di Banksy sono prelevati dall’immaginario di un altro street artist, il francese Blek Le Rat, che nel corso degli anni ’80 li dissemina per Parigi con una visione simile a quella dell’artista britannico. Love Rat di Banksy è rappresentato con un grande pennello in mano mentre ha terminato di tracciare il contorno di un cuore rosso su un muro invisibile. Il simbolismo suggerisce che la street art - non importa quanto insignificante possa sembrare a prima vista - è degna di amore e che questi piccoli contributi possono avere un impatto luminoso sulla comunità circostante.

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Rats are one of Banksy’s most oft-used motifs, “They exist without permission. They are hated, hunted and persecuted. They live in quiet desperation amongst the filth. And yet they are capable of bringing entire civilizations to their knees.” The artist draws a parallel between rats and the condition of street artists, making us aware of these tranquil but ambiguous artist. Banksy’s rats are borrowed from the repertoire of another street artist, the Frenchman Blek Le Rat, who throughout the 1980s threw them up around Paris with a vision similar to that of the British artist. Banksy’s Love Rat is depicted with a large paintbrush in his hand as he finishes painting a red heart on an invisible wall. The symbolism suggests that street art - it doesn’t matter how insignificant it can seem at first - is worthy of love and that these little contributions can have a positive impact on the surrounding community.



Get Out While You Can 2004 serigrafia su carta / silkscreen print 50x33 cm Collezione privata / Private collection

Banksy coglie un parallelismo tra i roditori e la condizione dello street artist e mutua l’immagine dei topi dallo street artist francese Blek Le Rat, che negli anni ’80 li dissemina per Parigi. Quest’opera è parte di una serie nota come Placard Rats (Topi con Cartello) apparsa innumerevoli volte, specialmente a Londra, in forma di street art non commissionata. La serie Placard Rats mostra un topo dall’aria indignata che solleva un classico cartello da manifestazione sul quale in questo caso leggiamo la scritta “Vattene finché sei in tempo”, in altri appaiono scritte come “Perché non valgo niente” oppure “Benvenuto all’inferno”. Sebbene il topo porti una collana con il simbolo della pace, sembra essere impegnato a combattere contro la sua condizione di marginalità.

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Banksy draws a parallel between rodents and the condition of street artists and transforms the image of the rats designed by the French artist Blek Le Rat, who throughout the 1980s threw them up around Paris. This work is part of a series known as Placard Rats, which has appeared numerous times, especially in London. The Placard Rats series shows an indignant rat holding up a protest sign that says, in this version, “Get out while you can”. Others have phrases like, “Because I’m worthless” and “Welcome to hell”. Even though the rat is wearing a necklace with a peace sign, it seems to be intent on fighting against its marginalization.



Gangsta Rat 2004 serigrafia su carta / silkscreen print 50x35 cm Collezione privata / Private collection

Il topo gangster di Banksy fa il verso ai rapper “gangsta” (come viene scritto in gergo urbano) americani degli anni ’90, icone della cultura hip hop che hanno influenzato l’artista nel suo periodo di formazione a Bristol. I topi sono tra i soggetti più frequentati da Banksy che di loro scrive: “Esistono senza permesso. Sono odiati, braccati e perseguitati. Vivono in una tranquilla disperazione tra la sporcizia. Eppure, sono capaci di mettere in ginocchio intere civiltà”. L’artista coglie un parallelismo tra i topi e la condizione dello street artist e in qualche modo ci mette in guardia dalle tranquille moltitudini. I topi di Banksy sono prelevati dall’immaginario di un altro street artist, il francese Blek Le Rat che nel corso degli anni ’80 li dissemina per Parigi con una visione molto simile a quella dell’artista britannico. Il Gangsta Rat di Banksy è seduto accanto a un grande stereo portatile tipico della cultura hip hop denominato “boom-box”. Indossa una tuta da operaio di New York City con una collana a medaglione a catena pesante e un berretto da baseball dei NY Mets. Scarabocchiati sopra il topo, nella grafia dello “style writing” contemporaneo, leggiamo le lettere “P O W”, un riferimento alla print house di Banksy, Pictures On Walls, ma anche alla forma più conosciuta di questo acronimo: Prisoner Of War (prigioniero di guerra).

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The Banksy gangster rat mimics the American “gangsta” (according to urban jargon) rappers of the 90s, icons of hip hop culture who influenced the artist during his training in Bristol. The rats rank among Banksy’s most depicted subjects, he writes: “They exist without permission. They are hated, hunted and persecuted. They live in quiet desperation amongst the filth. And yet they are capable of bringing entire civilisations to their knees.” The artist captures a parallelism between rats and the condition in which street artists find themselves, which also serves to warn us about passive masses. Banksy’s rats are actually inspired by the vision of fellow street artist, French artist Blek Le Rat who during the 1980s disseminated his rodent inspired artworks throughout Paris with a fashion akin to that of the British artist. Banksy’s Gangsta Rat sits next to a large portable stereo, a typical hip hop accessory also known as a “boom box”. He wears a worker’s uniform from New York City, a heavy chain medallion necklace and a New York Mets baseball cap. Scrawled above the rat in contemporary “style writing” are the letters “P O W”, a reference to Banksy’s print house, Pictures On Walls, but also to the better known form of this acronym: Prisoner Of War.



Jack & Jill (Police Kids) 2005 serigrafia su carta / silkscreen print 50x70 cm Collezione privata / Private collection

Banksy affronta spesso i temi legati all’infanzia. Nel suo libro Wall and Piece scrive: “Molti genitori sarebbero disposti a fare qualsiasi cosa per i loro figli, tranne lasciarli essere sé stessi”. È necessario partire da questo pensiero per comprendere il significato di un’immagine in cui due bambini saltano gioiosi in quella che sembrerebbe normalissima acqua. L’aspetto di un’infanzia spensierata è contraddetto dai giubbotti antiproiettile con la scritta “police” indossati dai due ragazzini. Jack & Jill ha lo scopo di far lavorare la percezione sul paradosso che mette in tensione la presunta innocenza dell’infanzia, le preoccupazioni dei genitori e la tendenza ad una società “militarista” che eccede nella protezione familiare. Il giubbotto antiproiettile è usato spesso da Banksy: in una sua versione della colomba della pace dipinta in Palestina nel 2007, Armored Dove of Peace, il volatile indossa un giubbotto antiproiettile così come alcuni protagonisti della serie Family Target.

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Banksy often tackles themes tied to childhood. In his book Wall and Piece, he wrote, “A lot of parents will do anything for their kids, except let them be themselves.” This quote is necessary for understanding the meaning of this image that depicts two children jumping happily in what seems like normal water. The aspect of carefree childhood is contrasted with the kids’ bulletproof vests bearing the word “Police”. Jack & Jill focuses on the paradox that creates tension between the presumed innocence of childhood, the worries of parents and a “militaristic” society that impacts family protection. Banksy often uses bulletproof vests: in one of his versions of the dove of peace painted in Palestine in 2007, Armored Dove of Peace, the bird is wearing a bulletproof vest like the figures in the series Family Target.



Grannies 2006 serigrafia su carta / silkscreen print 56x76 cm Collezione privata / Private collection

Grannie in inglese significa “nonnina” ed è la crasi di “grand mother” con cui gli inglesi chiamano affettuosamente le loro nonne. Grannies appare per la prima volta nel corso della mostra Barely Legal a Los Angeles nel 2006 sotto forma di stencil su tela. Non è mai stata realizzata nello spazio pubblico ed è una delle immagini che fa maggiormente uso del tipico humor britannico. Impostata su sfondo rosa, mostra due nonne dall’aspetto amichevole che lavorano a maglia nelle loro poltrone. Il “cortocircuito” sono le scritte sui maglioni che stanno realizzando, frasi sovversive che rappresentano slogan militanti, di solito presenti nelle strade vandalizzate o come tatuaggi. Una delle nonne lavora a maglia un pullover con lo slogan “Punks not dead” (i punk non sono morti). Il pullover dell’altra nonna contiene le parole “Thug For Life” (delinquente a vita). Entrambe le nonne hanno un’espressione di soddisfazione, come se fossero compiaciute di partecipare ad una cultura sovversiva o, come l’ha definita Banksy, di “entry-level anarchy”.

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Grannies appeared for the first time during the 2006 exhibition Barely Legal in Los Angeles, as a stencil on canvas. It was never made as an outdoor work and is one of the images that best uses typical British humour. Set against a pink background, the piece shows two friendly grannies, or grandmothers, knitting in their chairs. But look closely at the words on the shirts they’re making: they’ve knitted subversive phrases that represent protest slogans which usually show up in vandalized streets and as tattoos. One of the grannies is making a sweater with the phrase “Punk’s not dead”, while the other says “Thug for life”. Both women have an expression of satisfaction on their faces, as if they’re happy to participate in a subversive culture, or as Banksy called it, “entry-level anarchy”.



Nola 2008 serigrafia su carta / silkscreen print 76x56 cm Genova, Collezione privata Stefano Agnese / Genoa, Stefano Agnese private collection

Il titolo dell’opera si riferisce all’appellativo affettuoso con cui gli abitanti di New Orleans chiamano la loro città (New Orleans). L’immagine di una bambina con l’ombrello, che mostra la pioggia cadere dall’interno dell’ombrello stesso, appare come dipinto murale nella città di New Orleans, dove Banksy si reca nel 2008 quando la città cerca di rimettersi in piedi dopo il devastante passaggio dell’uragano Katrina del 2005. Un evento che ha distrutto la città causando la più grande evacuazione pubblica della storia degli Stati Uniti. Il dipinto murale viene eseguito all’angolo tra St. Claude Avenue e Kerlerec Street, nel quartiere di Marigny. Intervistato su questo lavoro, Banksy ha spiegato che l’immagine parla di come le cose che facciamo per proteggerci possano anche farci del male. A New Orleans, infatti, il disastro avvenne a seguito del cedimento degli argini che avrebbero dovuto proteggerla. Il lavoro è stato successivamente stampato in edizione serigrafica.

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The title of this work refers to the affectionate name with which New Orleans inhabitants call their city (New Orleans). The image of a little girl under an umbrella, showing the rain falling from inside the umbrella itself, appears as mural painting in New Orleans, where Banksy goes in 2008, when the city tries to recover after the devastating passage of hurricane Katrina in 2005. A climate event that destroyed the city causing the largest public evacuation in US history. The mural painting is performed at the corner of St. Claude Avenue and Kerlerec Street in the Marigny district. Interviewed about this work, Banksy explained that the image speaks about how things we do to protect ourselves can also harm us. In New Orleans, in fact, disaster occurred following the collapse of the banks that were supposed to protect the city. The work was subsequently printed in a silk-screen edition.



Girl with Balloon 2004-2005 serigrafia su carta / silkscreen print 76x56 cm Collezione privata / Private collection

La “ragazza con palloncino” è forse l’immagine più popolare di Banksy, votata nel 2017, in un sondaggio promosso da Samsung, come l’opera più amata dai britannici. Banksy dipinge per la prima volta Girl with Balloon, con la tecnica dello stencil, in forma non commissionata su un muro al lato di un ponte della zona di Southbank, Londra, nel 2004. L’artista firma l’opera su una cassetta elettrica, situata in basso a destra dell’opera, e accompagna l’immagine con un testo che recita: “C’è sempre una speranza”. Nel suo libro Wall and Piece l’artista aggiunge: “Quando verrà il momento di andare, allontanati in silenzio, senza fare tante storie”. Un’altra versione dello stencil viene collocata dall’artista nel quartiere londinese di Shoreditch, vicino alla stazione di Liverpool Street. I proprietari del negozio sul cui muro apparve il lavoro proposero lo “stacco” dell’opera per poterla rivendere in asta, suscitando una tale indignazione popolare che l’opera non fu rimossa. Dieci anni dopo, nascosto dietro un cartellone pubblicitario, alcuni privati rimossero lo stencil. Il lavoro riapparve durante la presentazione della mostra Stealing Banksy?, per poi essere venduto poco dopo.

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Girl with Balloon is probably Banksy’s most popular image, voted in a 2017 survey promoted by Samsung as the British’s most beloved work. Banksy painted Girl with Balloon for the first time in 2004 as a stencil on the wall of a bridge in the Southbank neighbourhood in London. The artist signed the work on an electrical box, in the lower right-hand corner of the work, and accompanied the image with the words, “There’s always hope.” In his book Wall and Piece, the artist added, “When the time comes to leave, just walk away quietly and don’t make any fuss.” Another version of the stencil appeared in the London neighbourhood of Shoreditch, near the Liverpool Street station. The owners of the store where Banksy stencilled the artwork suggested detaching it from the wall to auction it off, but this sparked a wave of protest and the work was left alone. Ten years later, hidden behind an advertisement, an anonymous group removed the stencil. The work reappeared during the presentation of the exhibition Stealing Banksy? and was sold shortly thereafter.



Love Is In The Air (Flower Thrower) 2003 serigrafia su carta / silkscreen print 50x70 cm Collezione privata / Private collection

Love Is In The Air, conosciuta anche con il nome di Flower Thrower (Lanciatore di Fiori) appare per la prima volta nel 2003 come stencil non commissionato a Gerusalemme, sul muro costruito per separare israeliani e palestinesi nell’area della West Bank. Un muro che, secondo l’artista “...essenzialmente trasforma la Palestina nella prigione all’aperto più grande del mondo”. Nel corso dello stesso anno realizza l’edizione qui esposta su fondo rosso. Love Is In The Air cita e manipola l’immaginario degli attivisti durante le rivolte universitarie che attraversarono Stati Uniti e Gran Bretagna nel periodo del Vietnam, e prende il titolo da una famosa canzone, pubblicata nel 1977, del cantante australiano John Paul Young. Banksy trasfigura l’estetica e ribalta l’esito violento del giovane militante collocandogli nella mano una figura retorica evocativa di pace e bellezza: il mazzo di fiori. Nel suo libro Wall and Piece, l’artista commenta l’opera così: “I più grandi crimini del mondo non sono commessi da persone che infrangono le regole ma da persone che seguono le regole”.

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Love Is In The Air, also known as Flower Thrower, appeared for the first time in Jerusalem in 2003 as a stencil; it was painted on the wall built to separate the Israelis and Palestinians in the West Bank. The artist sees the wall as something that “...essentially transforms Palestine into the largest open-air prison in the world.” The same year, Banksy made the version seen here, set against a red background. Love Is In The Air alludes to and transforms the typical image of activists participating in the student riots in the United States and Great Britain during the Vietnam War, and takes its title form the famous 1977 song by Australian singer John Paul Young. Banksy mutates the image and upends the violent outcome of the young activist, placing a bunch of flowers in his hand, a symbol of peace and beauty. In his book Wall and Piece, the artist commented that, “The biggest crimes in the world aren’t committed by people who break the laws, but by those who follow the laws.”



Rude Copper 2002 serigrafia su carta / silkscreen print 57x41 cm Collezione privata / Private collection

Rude Copper (poliziotto maleducato) è uno dei primi lavori su carta di Banksy, pubblicato da Pictures On Walls nel 2002. L’agente di polizia è qui impegnato in un esplicito “Fuck You” nei confronti dello spettatore. Banksy, per collocare i suoi lavori non commissionati nello spazio pubblico, ingaggia una sfida con il controllo locale del territorio, impersonificato nella cultura britannica dal Bobby, il tipico poliziotto che nel gergo urbano viene apostrofato come “copper”. L’artista ne incontrerà diversi e ci fornirà numerosi resoconti dai quali emergerà il principio fondante della street art: per fare una cosa bella non devi chiedere il permesso. Banksy offre diversi piani di interpretazione in contraddizione tra loro: l’immagine ci restituisce un’autorità che, mutuando il linguaggio comune, mostra il poliziotto come “uno di noi”, al contempo suggerisce un’autorità che, trascendendo il suo mandato, porta gli altri a non fidarsi e ad assumere maggior senso critico.

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Rude Copper is one of the first works Banksy made on paper, published by Pictures On Walls in 2002. The policeman is shown flipping off the spectator. To put his works up in public spaces, Banksy inherently challenges the local authorities, personified in British culture by a Bobby, a typical policeman known in urban slang as the pejorative “copper”. The artist has come across many of them, and his stories about these encounters reveal the foundational principle of street art: to make something beautiful, you don’t have to ask permission. Banksy offers different interpretations, each one contradicting the other: the image gives us back an authority that, by mutating the common view, shows the policeman as “one of us”; it could also suggest an authority figure that, deviating from his role, leads others to not trust and to be more critical.



Flying Copper 2003 serigrafia su carta / silkscreen print 100x70 cm Collezione privata / Private collection

Il “poliziotto volante” di Banksy è una delle prime immagini iconiche dell’artista, realizzata con varie tecniche, in forma non commissionata nello spazio pubblico. Un’installazione di Flying Copper era visibile sotto forma di gigantesche figure, realizzate a stencil su cartone sagomato e appese al soffitto, in occasione di Turf War, la prima grande mostra di Banksy che si tenne nel 2003 in un magazzino nell’East End di Londra. Alcune sagome di Flying Copper furono poi collocate nelle strade di Londra e Vienna; in seguito, sotto forma di installazione non commissionata, l’opera è riapparsa a Londra sul fronte dello Shoreditch Bridge. Parte di quest’installazione fu asportata da ignoti ed è poi riapparsa nel documentario del 2012 How to sell a Banksy. L’immagine mostra un agente di polizia in assetto antisommossa, ma con il volto della famosa faccina sorridente. Ritroviamo il simbolismo dello smile contrapposto al fucile, ovvero, come oppressione e minaccia si possano nascondere dietro un volto amico. Flying Copper restituisce la dualità della finzione di custode della pace che, allo stesso tempo, può trasformarsi in pericolo per la pace stessa, suggerendo così di praticare un sano scetticismo verso chi amministra il potere.

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Banksy’s Flying Copper is one of the artist’s first iconic images, made in a public space using various techniques. An installation of the work was made using gigantic figures, created with a stencil on contoured paper and hung to the ceiling during the exhibition Turf War, Banksy’s first major show, held in 2003 in a warehouse in London’s East End. Some of the silhouettes of Flying Copper were later put up around London and Vienna; an installation of the work then appeared again in London in front of Shoreditch Bridge. Part of this installation was removed anonymously and reappeared in the 2012 documentary How to Sell a Banksy. The image depicts a policeman in riot gear with his face covered by the artist’s famous “smiley” face. We find the symbolism of the smile contrasted with the gun, that is, oppression and threat can hide behind a friendly face. Flying Copper highlights the duality of the fiction of these custodians of peace that, at the same time, can transform into a threat to peace itself, encouraging viewers to practice a healthy dose of scepticism towards those in power.



Golf Sale 2003 serigrafia su carta / silkscreen print 35x50 cm Collezione privata / Private collection

Apparsa nel 2003, Golf Sale è una delle prime immagini pubblicate ufficialmente da Banksy. Non è mai stata realizzata come opera nello spazio pubblico, ma solo come serigrafia su carta e come stencil su vari supporti commerciali. Il lavoro manipola la fotografia Tank Man scattata da Jeff Widener a Piazza Tienanmen nel 1989, quando il fotografo ritrasse un giovane nell’atto di fermare una colonna di carri armati, intervenuta per sedare la protesta degli studenti cinesi. L’immagine di Widener è considerata in Occidente un simbolo iconico di opposizione non violenta al potere. Nella versione di Banksy la scena è in bianco e nero - tipico del suo stile del periodo - e il manifestante, oltre alla sua opposizione fisica, segnala ai carri armati che poco lontano si tiene una svendita di materiale da golf. Nel black book Banging Your Head Against a Brick Wall l’artista scrive: “Non possiamo fare nulla per cambiare il mondo finché il capitalismo non si sgretola. Nel frattempo, dovremmo andare tutti a fare acquisti per consolarci”.

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First appearing in 2003, Golf Sale is one of the earliest images officially published by Banksy. It was never made as an outdoor artwork, but only as a silkscreen print and as a stencil on various supports. The work modifies the photograph Tank Man, taken by Jeff Widener in Tienanmen Square in 1989, showing a young man standing in front of a column of tanks that had been deployed to suppress a student protest. Widener’s image is considered in the West an iconic symbol of non-violent protest. In Banksy’s version, the scene is in black and white - typical of his style in that period - and the protester, in addition to his physical opposition, signals to the tanks that nearby, golf merchandise is being sold. In the black book Banging Your Head Against a Brick Wall, the artist wrote, “We can’t do anything to change the world until capitalism crumbles. In the meantime, we should all go shopping to console ourselves.”



Happy Choppers 2003 serigrafia su carta / silkscreen print 70x50 cm Collezione privata / Private collection

Happy Choppers appare per la prima volta nel 2002 come opera di street art nel centro di Londra, a ridosso del Whitecross Street Market. Da allora Banksy ha rivisitato il motivo dell’elicottero molte volte, facendone una componente iconica del suo repertorio. Tra il 2002 e il 2003 ha riprodotto l’immagine in un certo numero di forme e tecniche: dalle serigrafie in edizione limitata, ai dipinti, agli stencil su tela o integrati nei dipinti in stile. L’opera in serigrafia viene esposta per la prima volta nella mostra Santa’s Ghetto, collettiva natalizia che Banksy organizza insieme ad altri artisti nei primi anni 2000. Il lavoro raffigura uno squadrone di elicotteri d’assalto con un fiocco rosa che ne adorna il rotore. Il termine “chopper” proviene dall’espressione gergale con cui gli americani definiscono gli elicotteri d’assalto utilizzati durante la guerra di Corea. L’immagine propone, in forma di paradosso estetico, il tema dell’antimilitarismo caro all’artista. Banksy, nel libro Wall and Piece, scrive: “I più grandi crimini del mondo non sono commessi da persone che infrangono le regole, ma da persone che seguono le regole. Sono le persone che seguono gli ordini che sganciano le bombe e massacrano i villaggi”.

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Happy Choppers appeared for the first time in 2002 as a work of street art in the centre of London, close to Whitecross Street Market. Since then, Banksy has revisited the helicopter motif many times, transforming it into an iconic feature of his repertoire. In 2002-03, he reproduced the image in a variety of forms and techniques, from limited-edition silkscreen prints to paintings and stencils on canvas or integrated into his paintings. The silkscreen print was displayed for the first time in the exhibition Santa’s Ghetto, a Christmas collective show that Banksy organized together with other artists in the early 2000s. The work depicts a squadron of attack helicopters with a pink bow on the rotor. The term “chopper” comes from the American slang word for attack helicopters during the Korean War. The image suggests, as a visual paradox, the theme of antimilitarism, important to the artist. Banksy, in his book Wall and Piece, wrote, “The greatest crimes in the world are not committed by people breaking the rules but by people following the rules. It’s people who follow orders that drop bombs and massacre villages.”



CND Soldiers 2005 serigrafia su carta / silkscreen print 70x50 cm Collezione privata / Private collection

CND Soldiers è uno stencil che Banksy ha realizzato nei pressi del Parlamento britannico nel 2003, rapidamente rimosso dalle autorità. Considerata la sua più iconica dichiarazione artistica contro la guerra, rappresenta la risposta al coinvolgimento della Gran Bretagna nella battaglia in Iraq e testimonia come Londra, in quel periodo, fosse investita da una seria protesta guidata dall’attivista per la pace Brian Haw. L’immagine può essere vista da due prospettive critiche: la prima sottolinea l’inutilità della libertà di parola, non a caso milioni di persone, inclusi i militari, si unirono alla protesta contro l’invasione dell’Iraq; la seconda suggerisce l’uso paradossale dei militari, adoperati per diffondere “pace e democrazia”. Nel suo libro Wall and Piece Banksy scrive: “Mi piace pensare di avere il fegato di far sentire la mia voce in forma anonima in una democrazia occidentale ed esigere cose in cui nessun altro crede come la pace, la giustizia e la libertà...”.

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CND Soldiers is a stencil that Banksy created near the Palace of Westminster in 2003, which was quickly removed by the authorities. Considered his most iconic declaration against war, it represents Great Britain’s response to getting involved in the Iraq War and attests to how London, in that period, was enveloped by the long-term protest led by peace activist Brian Haw. The image can be seen from two perspectives: the first underlines the uselessness of the freedom of speech; it’s not a coincidence that millions of people, military members included, came together to protest the invasion of Iraq. The second suggests the paradoxical use of the military, employed to spread “peace and democracy”. In his book, Wall and Piece, Banksy wrote, “I like to think that I have the guts to make my voice heard, though anonymously, in a western democracy and to demand things that no one else believes in, like peace, justice and freedom...”



Sale Ends Today 2007 serigrafia su carta / silkscreen print 56x76 cm Collezione privata / Private collection

Sale Ends Today è una delle immagini meno conosciute di Banksy dove il suo sarcasmo è più evidente. La composizione mostra figure stilizzate in bianco e nero, campionate da scene bibliche dei dipinti del XVI e XVII secolo, con un gruppo di donne che si dispera davanti alla passione del Salvatore. Nella versione di Banksy il Salvatore biblico non è una persona, ma un banale cartello rosso il cui scopo è annunciare la fine dei saldi, ovvero, della vendita di merci a prezzi scontati. È questa, secondo Banksy, una vera e propria fonte di disperazione. L’immagine si riferisce alle ricadute sui comportamenti collettivi dell’egemonia di una cultura consumistica prodotta dal capitalismo, invitandoci a riflettere sulla relazione tra fede, religione e denaro, sottolineando come la produzione di senso, per secoli fornita dalla religione, è ora fornita dal denaro. L’immagine non è mai stata oggetto di esposizione pubblica non commissionata, ma è apparsa per la prima volta in pubblico sotto forma di serigrafia. Una versione di grandi dimensioni su tela è stata battuta all’asta presso Sotheby’s, a Londra, nel 2008.

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Sale Ends Today is one of Banksy’s least known images and where his sarcasm is most evident. The composition shows a group of women, taken from biblical scenes painted in the 16th and 17th centuries, stencilled black and white as they grieve before the Passion of Christ, but here, Christ is replaced by a banal red poster announcing the end of sales. According to Banksy, this is a true source of desperation. The image is a reference to the repercussions on collective behaviours due to the dominance of a consumer culture produced by capitalism, inviting us to reflect on the relationship between faith, religion and money, and underlining how the creation of meaning, for centuries provided by religion, is today defined by money. The image was never a work of street art, appearing for the first time as a silkscreen print. A large canvas version was auctioned at Sotheby’s in London in 2008.



Festival (Destroy Capitalism) 2006 serigrafia su carta / silkscreen print 56x76 cm Collezione privata / Private collection

Festival, meglio nota come Destroy Capitalism, è tra le immagini più oscure dell’artista britannico. Nell’opera alcuni individui formano una coda presso uno stand di merchandising, un fatto tipico nei festival musicali all’aperto come Glastonbury. In festival del genere l’artista, durante gli anni di Bristol, ha più volte prodotto e venduto merchandising contraffatto. Durante la collaborazione con i Blur per la copertina dell’album Think Tank, Banksy ha rivelato di aver venduto ai loro concerti t-shirt contraffatte della band. L’artista ha più volte fatto riferimento al proprio lavoro come ad un’attività il cui proposito è “to market the revolution”, ovvero, commercializzare la rivoluzione e i suoi ideali. L’immagine che appare per la prima volta nel 2006 come poster nella mostra Barely Legal a Los Angeles, rappresenta un commento sulla capacità del capitalismo di cooptare tutti quelli che cercano di portarlo in rovina e si riferisce al fatto che le sue edizioni, vendute per poche sterline presso Pictures On Walls, vedevano il loro valore aumentare sul libero mercato. L’ironia della sorte si materializzò quando nel 2013 Walmart iniziò a vendere sul proprio sito copie illegittime della stampa. Una volta che Banksy ne fu informato, intentò un’azione legale nei confronti del colosso americano che fu poi costretto a ritirare il prodotto.

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Festival, better known as Destroy Capitalism, is one of the artist’s murkiest images. In the piece, a group of figures form a line at a merchandise stand, a typical scene at open-air music festivals like Glastonbury. During his years in Bristol, the artist repeatedly made and sold counterfeit merchandise at these kinds of festivals. During his collaboration with Blur for the cover of their album Think Tank, Banksy revealed that he had sold counterfeit t-shirts at their concerts. More than once, the artist has referred to his own work as an activity whose purpose is “to market the revolution”. The image, which appeared for the first time in 2006 as a poster in the exhibition Barely Legal in Los Angeles, is a commentary on capitalism’s ability to co-opt all those who try to ruin it, and references the fact that versions of it, sold for just a few pounds at Pictures On Walls, increased in value on the free market. In perfect irony, in 2013, Walmart began selling illegal copies of the print on its website. Once Banksy was informed, he filed charges against the American corporation, which was forced to pull the item.



I Fought the Law 2004 serigrafia su carta / silkscreen print 70x70 cm Collezione privata / Private collection

La scena principale è tratta dal video che documenta l’attentato del 30 marzo 1981 al presidente Ronald Reagan, messo in atto da John Hinkley fuori dall’hotel Hilton di Washington. Quest’uomo con problemi mentali, convinto che l’attrice Jodie Foster avrebbe amato il suo gesto estremo, sparò cinque colpi senza fare vittime. Tuttavia, nell’interpretazione di Banksy, la mano di Hinkley non è protratta verso la pistola ma verso un pennello mentre viene immobilizzato per aver scritto “I fought the law and I won”, ovvero, “ho combattuto la legge e ho vinto”. La scritta è in realtà il titolo di una canzone di Sonny Curtis del 1958 di cui Banksy cita la versione eseguita dai Clash nel 1979. Attraverso il tipico tratto compositivo dell’artista, ottenuto costruendo nuovi significati attraverso inedite relazioni tra riferimenti di natura popolare, i temi esplorati si collegano ai lavori in cui l’artista vede la libertà di espressione come un’arma potente. Tra questi il più esplicito è Choose your weapon (scegli la tua arma) apparso nel 2010 nella zona sud di Londra, in cui un uomo con felpa e volto mascherato porta al guinzaglio un cane dipinto in stile Keith Haring, sottolineando così il mix culturale di cui è costituito il DNA dell’artista.

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The main scene depicted in this image is taken from the video documenting the March 30, 1981, attack on US President Ronald Reagan, outside the Hilton hotel in Washington. The would be assassin was a man named John Hinkley; struggling with mental health issues, he was convinced that actress Jodie Foster would have been positively impressed if he had succeeded in assassinating the President. Hinkley fired five shots with no fatalities. In Banksy’s interpretation of events, however, Hinkley’s hand reaches out not for a gun, as in the original video, but a brush lying immobile on the ground after having been used to write the words “I fought the law and I won” on the wall behind the crime scene. The phrase, also the title of this work, is actually the title of a song written by Sonny Curtis in 1958. But it is the version performed by British punk group the Clash in 1979 that actually inspired this and several other works by the artist. In doing so, the artist’s visual language has taken on a distinctive style which lends itself to exploring the themes present in this image and other related works in which the artist refers to freedom of expression as being a powerful weapon. Among this series of works, the most explicit is arguably “Choose Your Weapon” an image which appeared in 2010 in South London, which depicts a man in a sweatshirt with a masked face leading a dog painted in style of the American artist Keith Haring: once again underlining the complex cultural mix that makes up the fertile terrain from which the artist’s images spring forth.



Virgin Mary (Toxic Mary) 2003 serigrafia su carta / silkscreen print 76x56 cm Collezione privata / Private collection

La Virgin Mary è anche nota come Toxic Mary a causa del simbolo del veleno sul biberon. Secondo alcuni l’immagine rappresenta una dura critica al ruolo della Religione nella Storia; secondo altri è una critica al modo in cui stiamo educando i nostri figli. L’opera riprende una Madonna con Bambino nello stile del Rinascimento. L’immagine presenta delle colature che riportano un elemento peculiare della street art. É una tipica immagine popolare che Banksy sottopone ad un “détournement”. Si tratta di un processo che consente di sfruttare immagini già cristallizzate nella memoria, manipolandole e collocando elementi che ne mettano in crisi il significato acquisito. L’esempio più celebre è la Gioconda con i baffi realizzata da Marcel Duchamp, mentre il termine “détournement” viene introdotto dal filosofo situazionista Guy Debord che lo interpreta così: “Il détournement è l’integrazione della passata e presente produzione artistica in una costruzione di ambito superiore”. Debord ritiene che il plagio sia un’operazione per sostituire un’idea falsa con una vera, pensiero che appare costitutivo del modus operandi di Banksy. L’opera viene presentata per la prima volta nel 2003 come dipinto a stencil su tela nel corso della mostra Turf War.

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Banksy’s Virgin Mary is also known to the public by the name Toxic Mary due to the toxic hazard symbol that adorns little baby Jesus’ milk bottle. According to some interpretations the image is an explicit criticism of the role of religion. According to others, it makes a powerful statement about how we are educating our children today. The work recalls the classical Orthodox icon, the Madonna and Child, in a style typical of the Italian Renaissance. Reworked and elaborated by Banksy the image drips downwards in a particular stylistic nod to the artist’s early urban street art. This is one of Banksy’s most widespread and popular images to undergo an integrative process of “détournement” that characterises the artist’s portfolio. This post-production processing of images allows the artist not only to invent a language of his own to convey his messages, but to exploit images in their already crystallised state in the collective memory: expertly manipulating the composition by placing foreign elements into the frame that lock icons and amassed meanings in a state of conflict and crisis, generating new and alternative meanings and interpretations. The most famous modern example of the artistic use of this technique is arguably Marcel Duchamp’s Mona Lisa with a moustache. The term “détournement” was introduced by the situationist philosopher Guy Debord who interpreted it as follows: “the integration of present or past artistic productions into a superior construction of a milieu... ”. Debord also believed that plagiarism is a necessary operation implied by progress as a means to replace a false idea with a true idea, a thought that appears to be constitutive of Banksy’s modus operandi. The Virgin Mary was first presented as a stencil painting on canvas during the Turf War exhibition in a warehouse on Kingsland Road in East London during the summer of 2003.



Bomb Love (Bomb Hugger) 2003 serigrafia su carta / silkscreen print 70x50 cm Collezione privata / Private collection

Quest’immagine ha un titolo ufficiale e uno adottato dal pubblico: quello ufficiale è Bomb Love, tuttavia il pubblico lo ha accolto come Bomb Hugger, ovvero, colei che abbraccia la bomba. L’immagine è stata pubblicata in 750 copie serigrafiche da Pictures On Walls, proprio durante le manifestazioni in Gran Bretagna per criticare l’intervento congiunto con gli USA contro l’Iraq. Su uno sfondo rosa pop, una bambina abbraccia una bomba come se stesse abbracciando un orsacchiotto. L’artista sta parlando della guerra nella versione fornita dai governanti e dai media allo scopo di giustificare l’attacco all’Iraq, ovvero, una guerra per “esportare la democrazia”. Nel black book del 2001 Banging your head against a brick wall, Banksy collega l’immagine ad un suo aforisma: “Un muro è un’arma molto potente, è la cosa più dura con cui puoi colpire qualcuno”. L’immagine è stata riprodotta in vari formati, è apparsa sui muri di città europee tra cui Berlino, realizzata a stencil ma anche su cartelli distribuiti al pubblico in occasione delle proteste antimilitariste. Seppur risalente al 2000, Banksy documenta alcune “Bomb Hugger” a stencil monocromo su muro pubblico nel 2003, realizzate nella zona est di Londra e poi a Brighton. Nel black book del 2004 Cut it Out, Banksy mette in relazione bombe e abbracci scrivendo: “Suicide bombers just need a hug” (Gli attentatori suicidi hanno solo bisogno di un abbraccio).

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Like many of Banksy’s works, this image has an official title and one adopted by the public. The one attributable to the British artist is Bomb Love but the public have welcomed the title Bomb Hugger. It is one of the artist’s most popular and iconic images, published in a series of 750 serigraph editions in 2003 by Pictures On Walls - Banksy’s print house in London - in a year which saw great demonstrations in Great Britain in opposition to joint armed intervention with the US against Saddam Hussein’s Iraq. Against a reassuring pink pop background, a little girl hugs a bomb as though she’s hugging a teddy bear. The artist recounts the version of the war fed to the public in the stories told by the government, backed by the media during those years: carefully curated narratives formed to bathe the notion of war in a positive and reassuring light and justify the attack on Iraq in a war to “export democracy”. In the pages of his 2001 black book, Banging Your Head Against a Brick Wall, Banksy associates this very image to his aphorism that reads: ‘A wall is a very big weapon, it’s one of the nastiest things you can hit someone with’. As is typical of Banksy, this image has been reproduced by the artist in various formats on numerous occasions, appearing on walls throughout Europe in cities like Berlin, often being created with the distinctive stencilling technique but also distributed in leaflet form to the public during anti-military protests across Great Britain. Although the image originally dates back to 2000, Banksy’s archive includes some 2003 monochrome stencil reproductions of “Bomb Hugger” on public facing walls in East London and later, Brighton. In his 2004 black book Cut it Out Banksy reunites bombs and hugs, writing: “Suicide bombers just need a hug”.



Napalm (Can‘t beat that feeling) 2004 serigrafia su carta / silkscreen print 56x76 cm Collezione privata / Private collection

Questo lavoro è la post-produzione di una famosa fotografia della guerra in Vietnam, scattata l’8 giugno 1972 dal fotografo Nick Ut, vincitore in seguito del premio Pulitzer. La fotografia originale colloca al centro dell’inquadratura la fuga dalla città di Trảng Bàng della giovane Phan Thi Kim Phuc (9 anni all’epoca), ustionata dal napalm dopo un bombardamento dell’esercito americano. Phuc è ancora viva ed è stata al centro di un libro intitolato The Girl in the Picture, pubblicato nel 1996 da Denise Chong. Can’t beat that feeling (non puoi battere questa sensazione), l’altro titolo con cui è nota l’immagine, fa invece riferimento ad uno slogan che la Coca Cola utilizzò per una campagna di comunicazione negli anni ’90. Banksy investiga la relazione tra percezione e realtà, facendo perno sul paradosso e sulla contraddizione: nella sua versione la ragazza è vicina a due icone della cultura americana, Topolino e Ronald McDonald. Considerata tra le immagini più inquietanti di Banksy, con essa l’artista mostra come l’America percepisca se stessa e come venga percepita dalle altre culture. L’unica versione su tela dell’opera è di proprietà di Damien Hirst.

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This piece is an altered version of a famous photograph from the Vietnam War, taken on June 8, 1972 by the photographer Nick Ut, who went on to win the Pulitzer Prize. The original photograph shows 9-year-old Phan Thi Kim Phuc escaping the city of Trảng Bàng as she suffers burns caused by napalm bombs dropped by American forces. Phuc is still alive and is the main protagonist of the book The Girl in the Picture, published in 1996 by Denise Chong. Can’t Beat That Feeling, the other name of the work, is a reference to the slogan Coca Cola used for an advertising campaign in the 1990s. Banksy examines the relationship between perception and reality, focusing on paradox and contradiction: in his version, the girl is standing between two icons of American culture, Mickey Mouse and Ronald McDonald. Considered one of Banksy’s most unsettling images, the artist demonstrates how the United States perceives itself and how it’s perceived by other cultures. The only canvas version of the work is owned by Damien Hirst.



Napalm. Serpentine edition 2006 serigrafia su carta / silkscreen print 29,7x41,6 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/16

Questa versione di Napalm viene realizzata da Banksy nel 2006 in occasione della mostra presso la Serpentine Gallery, in cui Damien Hirst espose la sua personale collezione d’arte che comprende diversi Banksy, chiamata Murderme Collection (Collezione Uccidimi), la mostra ha come titolo In The Darkest Hour There May Be Light. Per l’occasione, in questa versione l’artista aggiunge macchie di sangue.

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This Napalm version was created by Banksy in 2006 on the occasion of Damien Hirst exhibition at Serpentine Gallery, in which Hirst exhibited his personal art collection which includes several Banksy, called Murderme Collection, the exhibition was entitled In The Darkest Hour There May Be Light. In this version, Banksy adds blood stains.



Weston Super Mare 2003 serigrafia su carta / silkscreen print 30x100 cm Collezione privata / Private collection

L’immagine, tra le prime e più oscure produzioni di Banksy, raffigura una persona anziana seduta su una panchina, con le mani incrociate sulle ginocchia e il bastone. Il soggetto sembra godersi la solitudine, ignaro della gigantesca sega circolare che sta per investirlo. In basso è possibile leggere Weston Super Mare. L’immagine appare per la prima volta nel 2000, dipinta come stencil su tela, in occasione di una mostra presso il ristorante Severnshed di Bristol. La composizione suggerisce che l’anziano, nell’atto di godersi il relax, è in realtà esposto ad un’unica prospettiva: la morte. Un’opera considerata criptica per molto tempo finché Banksy, nel 2015, realizza Dismaland, la sua gigantesca installazione artistica, proprio a Weston-Super-Mare, un’amena località balneare per famiglie nel sud dell’Inghilterra. È probabile che Weston-Super-Mare sia la località balneare dove l’artista trascorse parte della sua infanzia e che l’immagine restituisca l’idea poco divertente rimasta nella sua memoria ancestrale. Alcuni sostengono che una delle possibili interpretazioni sia il riferimento al memento mori, un invito a godere di ogni momento davanti alla morte sempre pronta a colpire.

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The image, one of Banksy’s earliest and murkiest, depicts an elderly person seated on a bench with their hands crossed over their knees and walking cane. The subject seems to be enjoying the solitude, unaware of the gigantic circular saw coming at them. Below, you can see the words Weston Super Mare. The image appeared for the first time in 2000, painted as a stencil on canvas, at the exhibition at the restaurant Severnshed in Bristol. The composition suggests that while relaxing, the subject is actually exposed to a single prospect: death. The work was long-considered cryptic until Banksy opened Dismaland in 2015, his enormous installation in Weston-Super-Mare, a pleasant seaside town for families in southern England. It’s likely that Weston-Super-Mare is where the artist spent part of his childhood, and the image embodies the unpleasant memory that he’s had of it all these years. Some believe that one of the possible interpretations is that it’s a reference to memento mori, an invitation to enjoy every moment as death can strike at any time.



Bomb Middle England 2002 serigrafia su carta / silkscreen print 30x100 cm Collezione privata / Private collection

La traduzione letterale del titolo è: bombardare l’Inghilterra centrale. L’immagine descrive uno stereotipo con le anziane signore che giocano a bocce in campagna. Tuttavia, nella versione di Banksy le bocce sono state sostituite da palle di cannone con le micce accese. È il periodo dell’impegno britannico nella guerra contro l’Iraq: un’azione che, secondo Banksy, non interessa alcune classi sociali. L’obiettivo è una critica alla classe media britannica – da qui “middle” del titolo – nel suo sentirsi immune alla guerra, considerandola poco più di un gioco, evidenziando la pericolosità dei valori superficiali della classe media. Un ulteriore significato interpreta il titolo come un gioco di parole: “to bomb”, verbo in uso tra i writers per indicare la scrittura a spray “bombing”. Bomb Middle England è stata stampata come serigrafia nel 2004 ed è documentata come stencil monocromo su alcuni muri di Bristol. È stata oggetto di una controversia con la disegnatrice canadese Cinders McLeod, autrice della vignetta “Anarchic Granny” in cui una vecchietta si appresta a lanciare una palla di cannone con la miccia accesa nel gesto tipico del gioco delle bocce. Banksy ha scritto in Wall and Piece: “I cattivi artisti imitano, i grandi artisti rubano” appropriandosi, per l’appunto, di una frase attribuita a Picasso.

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Bomb Middle England is a title that doesn’t seem to give much away. The image depicts a British stereotype: a group of old ladies playing bowls on the green in the English countryside. However, in Banksy’s version the bowls have been replaced by cannon balls with lit fuses as a clear reference to war in a period of British military engagement in Iraq alongside US troops. The public debate around the British intervention has been lit but, according to Banksy, it does not seem to concern certain social classes. The artist seems to be criticising the British middle class for their seeming immunity to the atrocities of war, these horrors to little more than a game on a green. Other interpretations suggest that the old ladies represent the perilous nature of the superficial values ​​and attitudes typically held by a middle class that populates central England. A further level of meaning can be read between the lines in interpreting the title as a play on words: “to bomb” is in fact also the verb used by graffiti artists to describe the act of spray painting on city walls, also known as “bombing”. The artwork was printed as a serigraph edition in 2004 and in the same period the image was also reproduced in the form of a monochrome stencil on city walls in Bristol. The work became a subject of significant controversy with Canadian illustrator Cinders McLeod, the creator of a cartoon entitled “Anarchic Granny” in which an elderly lady prepares to throw a lit fuse cannonball in a typical game of bowls, when viewed side by side the two works share a great deal stylistically speaking. Here it seems fitting to recall a phrase historically attributed to Picasso “The bad artists imitate, the great artists steal” that Banksy chose to include in the pages of his book Wall and Piece.



Dismaland print 2015 serigrafia su carta / silkscreen print 18x25 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/14

Questo lavoro è stato presentato da Banksy in occasione dell’installazione artistica Dismaland, allestita nel 2015 presso uno stabilimento in disuso nella cittadina balneare britannica di Weston-Super-Mare dove è plausibile che l’artista abbia trascorso del tempo durante l’infanzia. Dismaland print è una collaborazione con il collettivo femminista anonimo di attiviste russe Pussy Riot; in particolare, l’opera qui esposta è l’esito della collaborazione con il membro delle Pussy Riot noto come Nadya, che ha aggiunto il simbolo anarchico costituito dalla “A” cerchiata.

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This work was presented by Banksy on the occasion of the Dismaland art installation, set up in 2015 at a disused factory in the British seaside town of Weston-Super-Mare where it is plausible the artist spent time during his childhood. Dismaland print is the result of a collaboration with the anonymous Russian feminist activists collective Pussy Riot; in particular, the work shown here is the result of collaboration with the Pussy Riot member known as Nadya, who added the anarchist symbol constituted by the circled “A”.



Queen Vic 2003 serigrafia su carta / silkscreen print 70x50 cm Collezione privata / Private collection

Queen Vic (Queen Victoria) è un lavoro del 2003, una delle prime immagini stampate da Pictures On Walls, la sua print house che proprio nel 2003 apre i battenti a Londra al numero 46 di Commercial Road. Banksy è noto per la satira nei confronti del potere: l’immagine raffigura la Regina Vittoria, come omosessuale, impegnata in una pratica detta “queening”. La Regina Vittoria avrebbe dichiarato l’impossibilità delle donne di essere gay approvando di fatto leggi contro l’omosessualità. L’immagine, che suggerisce l’ipocrisia nascosta dietro la gestione del potere, proviene da uno stencil collocato nel 2002 sulla serranda di un negozio tra St. Mark’s Road e Brenner Street a Bristol. Banksy scrive: “Molti pensavano che l’immagine della Regina Vittoria fosse troppo maleducata da dipingere in luoghi casuali della città. Quindi ne ho dipinte svariate e sono tutte state cancellate, ma una di queste si trovava sulla serranda metallica di un negozio che vendeva schifezze sette giorni la settimana e non chiudeva prima delle 21.00 e solo a quell’ora la serranda veniva giù. Questo mise lo stencil in una sorta di fascia protetta per i minori dato che l’opera era visibile solo dopo le nove”. L’immagine è stata esposta sotto forma di quadro per la prima volta nel 2003 in una mostra collettiva a New York alla Vanina Holasek Gallery.

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Queen Vic (Queen Victoria) is a 2003 work and one of the first images printed at Pictures On Walls, the artist’s print house, which opened its doors in 2003 at 46 Commercial Rd., London. Banksy is famous for satirizing power: the image depicts Queen Victoria as a lesbian engaged in “queening”. Queen Victoria once declared that women aren’t able to be gay and approved laws against homosexuality. The image, which suggests the hypocrisy behind the management of power, comes from a stencil located on the rolling shutter of a store between St. Mark’s Road and Brenner Street in Bristol in 2002. Banksy wrote, “Many thought the image of Queen Victoria was too disrespectful to paint in random places around the city. So I painted several of them and they were all erased, but one of these was on the metal shutter of a store that sold junk every day of the week and didn’t close before 9pm, and only then was the shutter rolled down. This ensured that the stencil was sort of protected just because of the minor fact that it could only be seen after 9pm.” The image was displayed on a canvas for the first time in 2003 in a collective exhibition at the Vanina Holasek Gallery in New York.



Turf War 2003 serigrafia su carta / silkscreen print 56x41 cm Collezione privata / Private collection

L’immagine viene prodotta da Banksy nel 2003 in occasione della mostra Turf War, la prima esposizione rilevante di Banksy a Londra, organizzata in un magazzino di Kingsland Road. La mostra, aperta il 18 luglio, sarebbe dovuta terminare il 24 luglio, quindi pochi giorni dopo; tuttavia la polizia la chiuse due giorni dopo l’apertura poiché Banksy era formalmente ricercato da Scotland Yard. Il lavoro, di ispirazione punk, mostra Leonard Spencer-Churchill, primo ministro del Regno Unito durante la seconda guerra mondiale, immaginato dall’artista come un vero punk rocker. Banksy adorna la testa calva di Churchill con una cresta di capelli verde brillante che, pur facendolo somigliare ad un mohicano, rappresenta un riferimento ad un tratto erboso. In effetti per decodificare Turf War è necessario comprendere il doppio gioco di parole a cui fa riferimento il titolo. Turf è il termine anglosassone per indicare una zolla erbosa, ma la locuzione “turf war” è utilizzata nel linguaggio comune per indicare una guerra tra bande nell’ambito urbano. Legata al tema della guerra, l’immagine col suo titolo sembra voler significare che per l’artista l’essenza della guerra non è altro che una disputa tra due contendenti intorno ad un pezzo di terra.

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The image was made by Banksy in 2003 for the exhibition Turf War, his first show in London, organized in a warehouse on Kingsland Road. The exhibition, opened on July 18, was meant to close just a few days later, on July 24, but the police shut it down after only two days because Banksy was being formally sought by Scotland Yard. The piece, boasting punk influences, shows Winston Leonard Spencer-Churchill, the Prime Minister of the United Kingdom during World War II, imagined by the artist as a punk rocker. Banksy topped Churchill’s bald head with a bright green mohawk that, despite making him seem like a Mohican, is actually a reference to grass. Indeed, to decipher Turf War, it’s important to understand the double wordplay of the title. Turf means a clump of grass, while the expression “turf war” is used to indicate a war between street gangs. Tied to the theme of war, the image and its title seem to mean that for the artist, the essence of war is nothing more than a dispute between two sides fighting over a piece of land.



Monkey Queen 2003 serigrafia su carta / silkscreen print 50x35 cm Collezione privata / Private collection

Monkey Queen, letteralmente “Regina scimmia”, è un’opera realizzata in serigrafia nel 2004 in edizione da 750 esemplari commercializzati nel corso della mostra Turf War, tenutasi in un magazzino di Kingsland Road nella zona est di Londra nell’estate del 2003. In occasione della mostra un dipinto a stencil mostrava l’immagine della regina Elisabetta II con il volto da scimmia, inquadrata in un ovale sullo sfondo della bandiera britannica. Nella versione serigrafica Banksy, pur riprendendo i colori della bandiera britannica, modifica lo sfondo suggerendo la forma di un bersaglio per il tiro. La Monkey Queen è apparsa per la prima volta dipinta a stencil sul finestrone centrale del club londinese Chill Out Zone dove le autorità locali ne chiesero la rimozione in occasione del Golden Jubilee della Regina Elisabetta, per i 50 anni della sua incoronazione. Insieme ai topi, le scimmie sono uno degli animali che l’artista utilizza più spesso per costruire i suoi significati, e sono spesso collegate al potere. Una celebre immagine di Banksy, infatti, rappresenta il parlamento britannico come interamente popolato da scimmie. Banksy ha così commentato questo suo lavoro: “La posizione più alta nella società britannica non è una ricompensa per il talento o il duro lavoro, ma un incidente di nascita... dio salvi la regina”, sottolineando come il compito di prendere decisioni per conto di un popolo non sia esito dell’impegno, ma del caso. È da rilevare come Banksy stesso indossa spesso una maschera da scimmia nei suoi ritratti pubblici.

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Monkey Queen is an artwork that was published as a series of 750 serigraph editions in 2003 and sold during an exhibition entitled Turf War, which was held in a warehouse in Kingsland Road in East London in the summer of 2003. The exhibition featured a stencilled image depicting Queen Elizabeth II with the face of a monkey, framed in an oval on the background of the British flag. In the serigraph version Banksy, whilst reproducing the colours of the British flag, chose to modify the background to imply a shooting target. The Monkey Queen first appeared stencilled on the central window of the London club Chill Out Zone. Local authorities asked for its removal on the occasion of Queen Elizabeth’s Golden Jubilee on the 50th anniversary of her coronation. Along with rats, monkeys are a recurring animal motif which Banksy uses to construct meanings, serving in addition as an effective critique of power in various works. One particularly famous Banksy artwork represents the British parliament as entirely populated by monkeys. Banksy commented: “The highest position in British society is not a reward for talent or hard work, but a birth accident... God Save the Queen”, emphasising how the task of making decisions on behalf of the people is not a result of commitment, but accident. It should be noted here that Banksy himself often wears a monkey mask in his public portraits.



Soup Can 2005 serigrafia su carta / silkscreen print 50x35 cm Collezione privata / Private collection

Soup Can appare per la prima volta come piccolo dipinto originale, collocato di nascosto dallo stesso Banksy su una parete del MoMA di New York nel 2005 con la didascalia: Tesco Value Tomato Soup. L’opera rimase esposta per sei giorni e in un’intervista l’autore dichiarò: “Dopo aver scattato la foto, sono rimasto cinque minuti ad osservare cosa succedeva, un mare di gente si è avvicinata, e, dopo aver osservato, si è allontanata con aria confusa e leggermente risentita... mi sono sentito come un vero artista moderno”. Tesco Value Tomato Soup è la post-produzione di una delle immagini più iconiche di Andy Warhol. Intrecciando l’arte con il mercato, le immagini di Warhol definirono un cambiamento epocale nell’arte contemporanea, sfidando la definizione di estetica, il ruolo dell’artista e i concetti di originalità e riproduzione. Mentre le Campbell Soup di Warhol appaiono prive di critica sociale, la Soup Can di Banksy rappresenta una critica al potere perverso del mercato. La relazione tra Banksy e Warhol è costituita da numerosi punti di contatto che hanno favorito un immaginario parallelo, sintetizzato dal britannico nella mostra Banksy vs Warhol del 2007 presso la galleria The Hospital di Covent Garden a Londra.

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Soup Can was originally a small painting hidden by Banksy on a wall in the MoMA in New York in 2005 alongside the caption Tesco Value Tomato Soup. The work remained on display for six days, and in an interview the artist said, “After taking the photo, I stuck around for five minutes to see what would happen. A ton of people came up to look at it, then walked away confused and slightly offended... I felt like a true modern artist.” Tesco Value Tomato Soup is a modified version of one of Andy Warhol’s most iconic images. Bringing together the art world and the market, Warhol’s images defined a historic change in contemporary art, challenging the definition of aesthetics, the artist’s role and the concepts of originality and reproduction. While Warhol’s Campbell Soup appeared lacking in social critique, Banksy’s Soup Can is a critique on the perverse power of the market. A number of critics have drawn a parallel between Banksy and Warhol, summarized by former in his exhibition Banksy vs Warhol at The Hospital in Convent Garden, London, in 2007.



Laugh Now 2003 serigrafia su carta / silkscreen print 70x48,5 cm Collezione privata / Private collection

Laugh Now: “Ridi adesso, ma un giorno saremo noi a comandare”, questo recita il cartello sulla scimmia che appare per la prima volta nel 2002, commissionata da un locale notturno a Brighton. Da allora l’artista ha replicato l’opera innumerevoli volte in forma di street art non commissionata, installazione, serigrafia e stencil su tela. Nella sua forma serigrafica viene esposta per la prima volta nella mostra Existencilism del 2002 presso la galleria 33 1/3 di Los Angeles. Le scimmie sono un soggetto ricorrente nell’immaginario di Banksy. L’artista sostiene che, dalla pubblicazione dell’Origine della Specie di Charles Darwin (1859), gli umani hanno fatto di tutto per ridicolizzare i loro parenti più stretti. La scimmia di Banksy testimonia l’arroganza dell’umanità nei confronti delle altre specie viventi, proponendo un parallelismo con la facoltà degli umani di creare arte. Anche i graffiti, non a caso, sono stati ridicolizzati con modi dispregiativi. Banksy, tuttavia, sostiene che la street art sia uno dei mezzi più potenti di espressione artistica nel discorso contemporaneo. Le parole sul cartello della scimmia suonano come una profezia, annunciando che un giorno gli indesiderati, gli umiliati e gli oppressi sorgeranno sul resto della società, e argomenta così: “Le persone che deturpano i nostri quartieri sono le società che scarabocchiano slogan giganti attraverso edifici e autobus, cercando di farci sentire inadeguati a meno che non compriamo le loro cose”.

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Laugh Now: “Laugh now, but one day we’ll be in charge” is written on the sandwich board hanging around the monkey’s neck, which appeared for the first time in 2002 when it was commissioned by a nightclub in Brighton. Since then, the artist has replicated the work many times as non-commissioned street art, an installation, a silkscreen print and a stencil on canvas. As a silkscreen print, it was displayed for the first time in the 2002 exhibition Existencilism at the 33 1/3 in Los Angeles. Monkeys are a recurring theme in Banksy’s repertoire. The artist believes that, since the publication of Charles Darwin’s On the Origin of Species (1859), humans have done everything to ridicule their closest relatives. Banksy’s monkey attests to the arrogance of humanity towards other species, drawing a parallel between man’s ability to create art. Even graffiti was, not coincidently, ridiculed in disparaging ways. Banksy, however, believes that street art is one of the most powerful forms of artistic expression out there today. The words on the monkey’s sandwich board seem like a prophecy, announcing that one day the undesirables, the humiliated and the oppressed will rise from the ruins of society, and he argues, “The people who truly deface our neighbourhoods are the companies that scrawl their giant slogans across buildings and buses trying to make us feel inadequate unless we buy their stuff.”



Barcode 2004 serigrafia su carta / silkscreen print 50x70 cm Collezione privata / Private collection

Barcode, spesso chiamata anche Barcode Leopard Tiger, è un’opera creata da Banksy nel 2004 e commercializzata da Pictures On Walls nello stesso anno. È la prima immagine in cui l’artista utilizza il codice a barre, che poi sfrutterà in altre composizioni. Lo stencil è stato realizzato, in forma non commissionata, sul muro di una casa di Pembrock Road a Bristol, in una data imprecisata tra il 1999 e il 2000. L’opera è scomparsa nell’agosto del 2010 durante la ristrutturazione della proprietà, ma è riemersa quattro anni dopo in una scuola nelle vicinanze, dove una delle insegnanti ha rivelato che suo marito era stato uno degli operai sul cantiere. L’insegnante e suo marito riconobbero lo stencil, che doveva essere demolito, come opera di Banksy e ricevettero il permesso dal proprietario della casa di asportare il dipinto. Lo hanno tenuto nascosto sotto il proprio letto per quattro anni, fino a quando non è stato mostrato al pubblico. Un’altra rappresentazione dello stesso stencil è stata esposta durante la mostra Existencilism del 2002 presso la galleria 33 1/3 a Los Angeles.

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Barcode, often called Barcode Leopard Tiger, was created by Banksy in 2004 and sold by Pictures On Walls that same year. It’s the first image in which the artist used a bar code, a recurring theme in his pieces. The stencil was painted onto the wall of a house on Pembrock Road in Bristol sometime between 1999 and 2000. The work disappeared in August 2010 during renovations to the property, but it came to light four years later in a nearby school, when one of the teachers revealed that her husband was a builder who had worked on the house. The teacher and her husband recognized the stencil, which was marked for destruction, as a Banksy and received permission from the owner of the house to remove it. They kept it hidden under their bed for four years, when it was finally showed to the public. Another version of the same stencil went on display during the exhibition Existencilism, held at the 33 1/3 in Los Angeles in 2002.



Pulp Fiction 2004 serigrafia su carta / silkscreen print 50x70 cm Collezione privata / Private collection

Pulp Fiction è un omaggio ai personaggi del film scritto e diretto da Quentin Tarantino. Il lavoro mostra i protagonisti Vincent e Jules fianco a fianco, pronti a sparare con banane al posto di pistole. Come Tarantino disinnesca il potenziale violento dei suoi film rendendolo parossistico, così Banksy traduce il paradosso in un codice statico, sostituendo le armi con delle inoffensive banane. L’immagine appare per la prima volta come lavoro di street art su un muro di Old Street a Londra nel 2002. Nel 2007 la municipalizzata Transport for London copre il lavoro, dichiarando che l’opera trasmette un’immagine decadente del quartiere. Banksy tornò a collocare il lavoro sullo stesso muro, coprendo a sua volta l’immagine di Transport for London, questa volta però facendo indossare ai protagonisti costumi da banana, armandoli di vere pistole. È probabile che l’artista avesse familiarità con i Monty Python’s Flying Circus, produttori nel 1969 della commedia demenziale Autodifesa contro la frutta, una parodia in cui gli atti di violenza vengono commessi con banane, mele e arance. Altre ipotesi sono che Banksy prese ispirazione dalla copertina dell’album dei The Velvet Underground, del 1967, disegnata da Andy Warhol o che si sia rifatto al soggetto ricorrente nei suoi lavori: l’associazione delle banane alle scimmie.

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Pulp Fiction is a tribute to the characters in the Quentin Tarantino film. The artwork depicts protagonists Vincent and Jules side-by-side, holding bananas instead of pistols. Just as Tarantino defuses the violent potential of his films by rendering them exaggerative, so too does Banksy interpret the paradox as a static iconography, replacing the weapons with harmless bananas. The image first appeared in 2002 as a work of street art on Old Street in London. In 2007, the city-owned Transport for London covered the work, declaring that it conveyed an image of squalor in the neighbourhood. Banksy painted the work again on the same wall, covering the Transport for London’s image, but in this version, the protagonists were wearing banana costumes and armed with real pistols. It’s likely that the artist was familiar with Monty Python’s Flying Circus, producers of the 1969 screwball comedy sketch Self Defence Against Fresh Fruit, about acts of violence being committed with bananas, apples and oranges. Other hypotheses are that Banksy was inspired by the cover of the Velvet Underground’s 1967 album designed by Andy Warhol or that the piece is a reference to a common theme in the artist’s repertoire: monkeys.



HMV (His Master Voice) 2003 serigrafia su carta / silkscreen print 35x49 cm Collezione privata / Private collection

“La voce del padrone” è tra le prime immagini elaborate da Banksy, apparsa a Bristol come stencil di varie dimensioni e colori, nello spazio pubblico in forma non commissionata, e successivamente editata come serigrafia. HMV cita, manipolandolo, il logo della casa discografica britannica fondata nel 1920 a seguito delle vendite del grammofono a carica. Il logo originale mostrava un cane seduto di fronte al diffusore del grammofono con cui avrebbe ascoltato la voce del proprio padrone. Banksy si schiera dalla parte del cane che esausto affronta la situazione con un bazooka. La vena umoristica apre lo spazio a diversi piani interpretativi: da una parte ci suggerisce come affrontare modi di pensare obsoleti, dall’altra sottolinea il possibile esito delle tensioni per l’invecchiamento della popolazione occidentale e infine sembra suggerire come comportarsi di fronte a chiunque si definisca un padrone.

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His Master’s Voice is one of the earliest images made by Banksy, appearing in Bristol as a stencil in various sizes and colours, and later made as a silkscreen print. HMV is a modified allusion to the logo of the British record label founded in 1920 following the advent of wind-up gramophones. The original logo showed a dog looking curiously at a gramophone, listening to its owner’s voice. Banksy transformed the scene so that the dog, exhausted from listening, aims a bazooka at the gramophone. The humorous element to the work is open to various interpretations: on the one hand, it shows us how to confront obsolete ways to thinking, while on the other, it underlines the possible outcome of tensions over the aging western population; it could also suggest how to behave towards anyone who declares themselves to be the owner of something.



Di-Faced Tenners 2004 Collezione privata / Private collection

Nel 2004 Banksy stampa un milione di sterline in banconote da dieci, chiamate Di-Faced Tenners. Il termine “Tenners” indica il taglio da dieci sterline, ovvero “Ten pounds”. L’altra parte del nome dell’opera è un gioco di parole: il termine “defaced” significa in inglese “sfregiato”. Tale termine fa riferimento al trattamento che Banksy riserva alla banconota originale e al fatto che l’artista sostituisce l’immagine della regina con quella di Diana Spencer, anche nota come Lady D. In questa prospettiva “Di-Faced” può anche essere letto come: “con il volto di D”. Possiamo dunque leggere “D-Faced Tenners” come banconota da dieci sterline raffigurante Lady D e allo stesso tempo, banconota da dieci sterline sfregiata. In alto, al centro della banconota, è possibile leggere la scritta “Banksy of England” collocata al posto di “Bank of England”. Questo lavoro è stato presentato per la prima volta al Notting Hill Carnival di Londra dove l’artista ha lanciato manciate di banconote alla folla (nello stesso anno Banksy ha ripetuto la performance al Reading Festival). Alcune delle banconote sono state utilizzate dal pubblico per fare acquisti. L’avvenimento ha comportato una denuncia d’ufficio per contraffazione, motivo per cui l’artista è stato ricercato da Scotland Yard e l’opera considerata contraffazione di valuta corrente.

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In 2004, Banksy printed one million pounds’ worth of £10 banknotes, known as Di-Faced Tenners. The word “Tenners” is the slang used to refer to ten pound notes, while the other part of the title is a play on words: the term “defaced” is a reference to Banksy replacing the image of Queen Elizabeth with the face of Diana Spencer, known as Lady D. In this context, “Di-Faced” can also be interpreted as “with D’s face”. Essentially, “D-Faced Tenners” can be seen as either £10 banknotes depicting Lady D and at the same time, defaced £10 banknotes. Above, at the centre of the note, are the words “Banksy of England” in place of “Bank of England”. This project was presented for the first time at the Notting Hill Carnival in London, where the artist launched wads of banknotes into the crowd (the same year, Banksy did the same thing at the Reading Festival). Some of the banknotes were used by the public to make purchases. Forgery charges were filed against the artist, which is why he was sought by Scotland Yard, as the notes were considered legitimately counterfeited money.



Walled Off Hotel Box Set 2017 stampa digitale su carta e pezzo di muro / digital print on paper and wall section 23x23 cm Collezione privata / Private collection

Questo lavoro proviene dal Walled Off Hotel di Betlemme, una piccola pensione che è stata oggetto di un intervento di “restyling” da parte di Banksy nel momento in cui si è ritrovato un enorme muro davanti alle proprie finestre. Il muro è stato costruito da Israele in Cisgiordania per impedire formalmente l’intrusione di terroristi palestinesi nel proprio territorio e lambisce proprio il piccolo hotel. Banksy ne ha curato il rifacimento nel 2017 chiamandolo Walled Off Hotel (hotel murato fuori) - nome che vuole fare il verso alla celebre catena degli hotel Waldorf usando come slogan per pubblicizzarlo: “L’hotel con la vista più brutta al mondo”. Walled Off Hotel Box Set rappresenta dei bambini nell’intento di divertirsi su una giostra, tuttavia questa giostra è costituita da una torre di guardia come quelle che sono presenti lungo tutto il muro di separazione. Come in molte altre composizioni, l’artista mette in contrasto l’innocenza giocosa dell’infanzia con gli esiti più controversi del mondo costruito dagli adulti, cercando di sottolinearne i paradossi e le contraddizioni che esprime. Il primo viaggio di Banksy documentato in Palestina risale al 2005, mentre nel 2007 invita un gruppo di artisti - tra cui l’italiano Blu - sotto il nome collettivo di Santa’s Ghetto per dipingere il famigerato muro di separazione. Le torri di guardia israeliane sono state inoltre oggetto di numerose piccole sculture prodotte dall’artista in vari materiali tra cui legno e lattine di Coca Cola denominate “Watchtower” (Torri di guardia). É possibile tutt’ora acquistare questo lavoro al prezzo di circa 150 euro, tuttavia è necessario recarsi a Betlemme per poterlo acquistare. 144

This work comes from the Walled Off Hotel in Bethlehem, a small guest house that became the protagonist of a Banksy “restyling” project when a huge wall was built right in front of its windows. The wall was built by Israel on the West Bank as a move to formally prevent Palestinian terrorists from entering its territory. Banksy oversaw the renovation in 2017 and named the guest house the Walled Off Hotel - a name that imitates the famous Waldorf hotel chain - and that is effective as a slogan to publicise “the hotel with the worst view in the world”. Walled Off Hotel Box Set represents children intending to have fun on a carousel, but this carousel consists of a watch tower resembling those found along the entire separation wall. As in many other compositions, the artist contrasts the playful innocence of childhood with the most controversial outcomes of the adult world, seeking to underline the paradoxes and contradictions it contains. Banksy first journeyed to Palestine in 2005, and in 2007 he invited a group of artists - including the Italian artist Blu - to paint the infamous separation wall under the collective name Santa’s Ghetto. Israeli watchtowers have also been the subject of numerous small sculptures entitled “Watchtower” produced by the artist in various materials including wood and Coca Cola cans. It is actually possible to buy this artwork for 150,00 €, however it is necessary to go to Bethlehem to buy it.



Rodeo Girl 2008 giclee print su carta / giclee print on paper 30x39 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/15

Rodeo Girl viene realizzata da Banksy in occasione del Cans Festival che organizza nel 2008 presso un tunnel in disuso a Londra in corrispondenza di Leake Street, zona Waterloo. Il festival vede come protagonisti artisti che operano nello spazio pubblico con la tecnica dello stencil invitati da Banksy stesso e provenienti da tutto il mondo. Dall’Italia sono invitati Sten Lex, Lucamaleonte e Orticanoodles. A ogni artista che ha partecipato Banksy regala una di queste stampe, che firma e dedica personalmente a ciascuno di loro.

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Rodeo Girl was created by Banksy on the occasion of Cans Festival which he organized in 2008 in a disused tunnel in London at Leake Street, in Waterloo. The festival features artists working in the public space using stencil technique invited by Banksy himself from all over the world. From Italy, was invited, Sten Lex, Lucamaleonte and Orticanoodles. To each artist participated the festival, Banksy gives one of these prints he personally signs and dedicates to each one of them.



Soup Can (Quad) 2006 serigrafia su carta / silkscreen print 70x50 cm Genova, Collezione privata / Genoa, Private collection

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Senza Titolo / Untitled 1999 stampa lenticolare su materiale plastico / lenticular print on card 36x55,5 cm London (UK), Ali Keshavji collection, inv. 9237


Precision Bombing (t-shirt) 1999 serigrafia su t-shirt / silkscreen on t-shirt 60x45 cm London (UK), Andipa collection

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Ghetto Superstore 1999 serigrafia su t-shirt / silkscreen on t-shirt 60x45 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/17


Heavy Weaponry 1999 serigrafia su t-shirt / silkscreen on t-shirt 60x45 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/19

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Keep Back 1999 serigrafia su t-shirt / silkscreen on t-shirt 60x45 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/18


Earlyʻ60

EU/USA

FLUXUS


Early ʻ60

EU/USA

NOUVEAU REALISME

ʻ70/ʼ80

ʼ80

ʼ80


Lab Rat 2000 spray e acrilici su compensato marino e cornice in metallo / spray paint and acrylic on marine ply and integral painted metal frame 220x240x12 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/03

Il Lab Rat è uno dei tanti lavori “riscoperti” di Banksy; si tratta del pannello laterale di un palco da concerto allestito presso il festival di Glastonbury in Gran Bretagna, che Banksy ha dipinto sul posto nel 2000. Il pannello ha giaciuto per anni in un magazzino e alla sua riscoperta nel 2014 è stato autenticato dall’artista. Lo stile è quello a mano libera con cui Banksy ha realizzato alcuni dei primi graffiti sui muri di Bristol, documentati da Stephen Morris e pubblicati nel volumetto Off The Wall. L’opera comprende già il “rat” come elemento fondativo della simbologia Banksyana, la tecnica è mista, spray, acrilici, Banksy dipinge con ciò che ha a disposizione. Il lavoro presenta tratti tipici del writing come le “outlines” (contorni) realizzate a spray, mentre il topo è realizzato in una modalità a metà strada tra il puntinismo e la matrice digitale dei pixel. Il bersaglio che contorna l’occhio del topo è invece un elemento ricorrente nelle rappresentazioni dell’artista di quel periodo, che è possibile incontrare in altri lavori in mostra come Family target e Precision bombing.

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Lab Rat is one of the many “rediscovered” works by Banksy; this is the side panel of a stage set up at the Glastonbury festival in Great Britain, which Banksy painted on the spot in 2000. The panel lay for years in a warehouse, when rediscovered in 2014, the piece was authenticated by the artist. Style represented is freehand with which Banksy created some of the first graffiti on the walls of Bristol, documented by Stephen Morris and published in the booklet Off The Wall. The work includes the “rat” as a founding element of the Banksy symbolism, the technique mixes, spray and acrylics, Banksy paints with what is available. The work presents typical writing sprayed “outlines”, while the rat is painted in a way halfway between pointillism and pixels digital matrix. Target surrounding rat’s eye is a recurring element in the artist’s representations in that period, that it is possible to see in other works on display such as Family target and Precision bombing.



CCTV Britannia 2009 spray su acciaio forato / spray paint on steel grill 130x90 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/31

CCTV Britannia, esposto da Banksy in occasione della mostra Banksy Vs. Bristol Museum nel 2009, rielabora l’immagine della statua protagonista dell’Armada memorial, costituito da una rappresentazione personificata della nazione inglese chiamata Britannia, con scudo, lancia e leone. Il monumento è collocato a Plymouth, nel Devon per celebrare la sconfitta dell’armata spagnola da parte degli inglesi. Nella rappresentazione dell’artista, tuttavia, la lancia diventa un supporto per una telecamera a circuito chiuso (CCTV) simbolo della pervasività del controllo sociale operato attraverso questo mezzo in Gran Bretagna dalla fine degli anni ’90 a cui Banksy è particolarmente sensibile, dato che agisce nello spazio pubblico infrangendo la legge. Il tema è stato trattato dall’artista in varie rappresentazioni di cui la più saliente è sicuramente il dipinto murale One nation under CCTV eseguito nel 2007 in Newman Street a Londra, sul muro di un edificio in uso alla Royal Mail sorvegliato da una telecamera.

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CCTV Britannia has been exhibited by Banksy on the occasion of Banksy Vs. Bristol Museum exhibition in 2009; it depicts a post-production of the Armada memorial protagonist statue, consisting of a personified British-nation representation, called Britannia, with shield, spear and lion. The monument is located in Plymouth, Devon, to celebrate Spanish army defeat by Britains. However, in Banksy’s representation, the spear becomes a support for closed-circuit camera (CCTV) symbol of social control pervasiveness operated through this medium in Great Britain since the end of the 90’s to which Banksy is particularly sensitive, since he acts in public space breaking the law. The theme has been treated by the artist in various representations of which the most notable is surely the wall painting One nation under CCTV executed in 2007 on the wall of a building in use by the Royal Mail monitored by a camera in Newman Street, London.



Paranoid Pictures 2004 spray su tela / spray paint on canvas 30x30 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/25

Oltre a rappresentare una post-produzione sarcastica del celebre marchio hollywoodiano Paramount pictures, Paranoid Pictures è anche il logo della casa di produzione con cui Banksy ha realizzato e diretto il film Exit through the Gift shop, presentato al Sundance film festival nel 2010 e candidato agli Oscar nel 2011.

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As well as representing a sarcastic post-production of the famous Hollywood brand Paramount pictures, Paranoid Pictures is also the production company logo with which Banksy produces and directs the movie Exit through the Gift shop, presented at the Sundance film festival in 2010 and Oscar nominee in 2011.



Cloud DJ 1998-1999 spray e acrilici su tavola / spray paint and acrylic on board 71x74 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/09

Cloud DJ è uno dei primissimi lavori di Banksy. L’immagine in questa opera appare per la prima volta sui muri di Bristol e viene documentata nel libro autopubblicato da Banksy: Banging Your Head Against a Brick Wall come stencil su muro collocato in forma non autorizzata.

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Cloud DJ is one of Banksy’s earliest works. The image depicted appears for the first time on the walls of Bristol documented in Banksy’s self-published book: Banging Your Head Against a Brick Wall as an uncommisioned stencil on wall.



Football Terrorist 2001 spray e acrilici su legno / spray paint and acryclic on board 55x74x2,5 cm London (UK), Ali Keshavji collection, inv. 9235

Nel 1999 Banksy si reca in Chiapas, Messico, al seguito della squadra di calcio amatoriale degli Easton Cowboys di Bristol di cui è il portiere. La regione del Messico è controllata dall’esercito Zapatista guidato dal Subcomandante Marcos, figura leggendaria e mascherata, proprio come l’artista britannico. Lo scopo della visita è giocare una partita di calcio con la rappresentativa Zapatista per raccogliere fondi a favore di un progetto per l’acqua che scarseggia nei villaggi della regione. In quell’occasione Banksy dipinge su un muro di un villaggio questa immagine, Football Terrorist, sormontata dalla scritta “a la libertad por el futbol”.

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In 1999, Banksy went in Chiapas, Mexico, with the Bristol football club Easton Cowboys of which he is the goalkeeper. The Mexico region is controlled by Zapatista’s army led by Subcomandante Marcos, a legendary and masked figure, just like the British artist. The purpose of the visit is to play a football match with the Zapatista representative to raise funds for water projects. On that occasion Banksy painted on a wall this image, Football Terrorist, surmounted by the phrase “a la libertad por el futbol”.



Mickey Snake 2015 fibra di vetro, poliestere, resina, acrilici / fibreglass, polyester resin, acrylic 72x82x262 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/30

Il serpente che ingoia Topolino, Mickey Snake, è una delle sculture-installazioni presentate da Banksy a Dismaland, l’apocalittico parco a tema temporaneo aperto dall’artista nel 2015 a WestonSuper-Mare, sud dell’Inghilterra. Il rapporto tra Banksy e la Disney è antico e controverso, la multinazionale dell’intrattenimento è stata spesso bersaglio dell’artista per il suo intento di coinvolgere l’infanzia nella rappresentazione di un mondo dalla retorica favolistica e irreale.

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The snake swallowing Mickey Mouse, Mickey Snake, is one of the sculptures-installations presented by Banksy at Dismaland, the apocalyptic temporary theme park opened by the artist in 2015 in Weston-Super-Mare, south of England. The relationship between Banksy and Disney is ancient and controversial, the entertainment multinational has often been the artist’s target for its intent to involve childhood in the representation of a world of fable and unreal rhetoric.



Bunny in Armoured Car 2002 spray su tela / spray paint on canvas 60x60 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/01

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Rubber Ducky 2006 acrilici su tela / acrylic paint on canvas 91x91 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/07


Pokemon 2005 spray su copertina per vinili / spray paint on record sleeve 31x31 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/23

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Pokemon character 2005 spray su copertina per vinili / spray paint on record sleeve 31x31 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/24


Lying to the Police is Never Wrong 2007 spray e mixed media su tavola / spray paint and mixed media on board 35x41 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/13

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Grenade 1999 spray su pannello / spray paint on panel 18x15 cm Londra, Collezione privata / London (UK), Private collection


Precision Bombing 2000 spray su tela / spray paint on canvas 43x47 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/04

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Family Target 2003 spray su tavola / spray paint on board 90x90 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/32


Self-Portrait 2001-2002 spray e schizzo di smalto, acrilico su tavola / spray paint and acrilic, enamel splash on panel 74x55 cm London (UK), Ali Keshavji collection, inv. 9236

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Visit Historic Palestine 2017-2018 stampa offset su carta / offset lithography on paper 60x42 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/34

Visit Historic Palestine proviene dal Walled Off Hotel aperto in Palestina da Banksy nel marzo 2017. Il nome dell’hotel significa letteralmente “hotel murato fuori” e fa il verso alla celebre catena di hotel di lusso Waldorf. Si tratta di una piccola pensione di Betlemme, davanti alla quale è stato innalzato il muro di separazione tra Israele e i territori palestinesi contribuendo a dare all’hotel “la peggiore vista al mondo”, slogan con cui l’artista pubblicizza la sua iniziativa. L’hotel contiene opere di Banksy e altri artisti, stanze a tema, un negozio di souvenir dove è possibile acquistare il poster e uno shop dove comprare materiale per fare street art.

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Visit Historic Palestine comes from the Walled Off Hotel opened in Palestine by Banksy in March 2017. Hotel’s name sounds like the famous Waldorf luxury hotel and consists in a small venue in Bethlehem, in front of which Israel government build a wall to separate Israel from Palestinian territories, contributing to give the hotel “the worst view in the world”, a slogan with which the artist publicizes his initiative. The hotel contains works by Banksy and other artists, themed rooms, a souvenir shop where you can buy the poster and a shop where you can buy paint and tools to make your own street art.



Black Books 2001-2004 Collezione privata / Private collection

Tra il 2001 e il 2004 Banksy pubblica tre piccoli volumi noti come black books. Il titolo del primo volume del 2001 è Banging Your Head Against a Brick Wall (sbattendo la tua testa contro un muro di mattoni), nel quale in seconda di copertina si legge una vera e propria dichiarazione d’intenti: “the quickest way to the top of your business is to turn it upside down” (il modo più veloce di arrivare in cima ai tuoi affari è di capovolgerli). Nel 2002, in occasione dell’omonima mostra presso la 33 1/3 Gallery di Los Angeles, pubblica Existencilism: un volume dedicato “a tutti coloro che nutrono un disprezzo viscerale per il buon senso”. Nel 2004 pubblica, infine, Cut It Out che dedica a Casual T, musicista e produttore americano. I tre volumi contengono immagini, ma anche testi, aforismi, poesie, favole e in generale il pensiero dell’artista.­­

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Between 2001 and 2004, Banksy published three small volumes known as black books. The title of the first volume, released in 2001, is Banging Your Head Against a Brick Wall, its cover featuring a declaration of his intentions: “the quickest way to the top of your business is to turn it upside down”. In 2002, for the namesake exhibition at the 33 1/3 in Los Angeles, he published Existencilism, dedicated to “all people with a vicious disregard for common sense”. In 2004, he published Cut It Out, dedicated to Casual T, the American musician and producer. The three books contain images, text, aphorisms, poems, fairy tales and the artist’s general thoughts.



Peckham Trolley, Postcard 2016-2017 stampa offset su legno sagomato / offset litho on shaped board 12x18 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/27

Nel 2005 Banksy si introduce come visitatore al British museum per installare abusivamente sul muro del museo un pezzo di cemento con disegnato a pennarello una figura umana che spinge un carrello per la spesa. Proprio come fosse un reperto del museo, l’artista colloca una didascalia che recita: “Arte Murale. Londra Est. Questo esemplare straordinariamente ben conservato di arte primitiva risale all’era Post Catatonica e si ritiene che raffiguri l’uomo primitivo mentre si avventura verso i territori di caccia fuori città. L’autore è noto per aver creato un consistente numero di opere nel Sud Est dell’Inghilterra con lo pseudonimo Banksymus Maximus, tuttavia di lui si conosce poco altro. Purtroppo, la maggior parte di questo tipo di arte non è sopravvissuta. È stata perlopiù distrutta da zelanti funzionari municipali incapaci di riconoscere il merito artistico e storico di imbrattare i muri”. Nel libro Wall and Piece, l’artista accompagna così le immagini che documentano questa azione: “La tv ha fatto sembrare inutile andare a teatro, la fotografia ha praticamente annientato la pittura, mentre i graffiti sono stati gloriosamente risparmiati dal progresso”. Come documentato da Banksy stesso, l’intervento dura otto giorni. Il personale si accorge dunque dell’intruso che viene rimosso e conservato nei magazzini del museo, Banksy commenterà: “ora è ospitata nella collezione permanente”. Tredici anni dopo, nel maggio 2018, il British Museum affida al curatore Ian Hislop l’organizzazione di una mostra che racconti una storia del dissenso, sovversione e satira. Per l’occasione viene chiesto a Banksy di poter esporre Peckham Trolley e produrre una cartolina celebrativa, Banksy autorizza. La cartolina posta in vendita, viene esaurita in pochi giorni. 184

In 2005 Banksy introduced himself as a visitor to British Museum to illegally install on a wall a piece of cement drawn with a felt-tip pen depicting a primitive man pushing a supermarket trolley. Just like other museum pieces, the artist places a caption: “Wall art. East London. This finely preserved example of primitive art dates from the Pots-Catatomic era and is thought to depict early man venturing towards the out-of-town hunting grounds. The artist responsible is known to have created a substantial body of work across South East of England under the moniker Banksymus Maximus but little else is known about him. Most art of this type has unfortunately not survived. The majority is destroyed by zealous municipal officials who fail to recognize the artistic merit and historical value of daubing on walls”. In the book Wall and Piece, Banksy accompanies images documenting the action: “TV has made going to theater seem pointless, photography has pretty much killed painting, but graffiti has remained gloriously unspoilt by progress”. As documented by Banksy himself, the intervention lasts eight days. Museum staff notices the intruder, remove the piece and store it in museum’s warehouses. Banksy will comment: “now it is housed in the permanent collection”. Thirteen years later, in May 2018, British Museum curator Ian Hislop organizes an exhibition about story of dissent, subversion and satire. For the occasion, Banksy is asked to exhibit the piece and produce a celebratory postcard, Banksy authorizes. Peckham Trolley card is sold out in a few days.



Illustrazioni per dischi / Illustrations for disks 44 copertine per vinili da 12” / 3 copertine per vinili da 7” / 12 copertine per cd 44x12” record sleeves / 3x7” record sleeves / 12 CD sleeves Stockholm (Sweden), Richard Forrest Collection of Record cover art 1. One Cut – Cut Commander” – 12” EP on Jamie Eastman’s Hombré label, released in 1998. Banksy and Jamie were friends and Banksy moved to London with Eastman in 1998. One Cut was a trio made up of REDS, Risky Biz and Masterchef. 2. Capoeira Twins – ”Four (4 x 3) / Truth Will Out” – promotional 12” single in a limited edition of 100 copies with cover spray painted by Banksy, released on John Stapleton’s Blowpop Record label in 1999. 3. One Cut – “Hombrémix” – Remix album only released on CD in 1999 on the Hombré label. 4. One Cut – “Armour Plated, X-rated” – Promotional CD, released in 2000, or One Cut’s album ”Grand Theft Audio”. The CD has a different track order from the finally released LP. 5. One Cut – “Grand Theft Audio” – Double LP released in 2000. 6. One Cut – “Mr. X / Rhythm Geometry” 12” EP, released in 2000. 7. One Cut – “Underground Terror Tactics” – 12” EP released in 2000. 8. Monk & Canatella – “Do Community Service” – Trip hop CD, released in 2000 by Bristol duo Simon Russell and Jim Johnson under the name Monk & Canatella. 9. Various Artists – “We Love You... So Love Us” – Released on the Wall of Sound label that would replace Hombré as Banksy’s preferred label in 2000. It was released on CD and as a limited edition LP (1000 copies). 10. Dynamic Duo / Nasty P – “Skateboards” – A promotional fourtrack CD released in 2000 to advertise Clown Skateboards with two tracks each by Dynamic Duo (Niall Dailly, Bryan Jones) and Nasty P (Paul Rutherford). The cover shows Banksy’s “Insane Clown”. 11. Dynamic Duo – Styles by the Dozen” – 12” EP with Bansy’s “Insane Clown” motif on the label. 12. Various Artists compilation – “We Love You... So Love Us Too” – CD compilation on the Wall of Sound label with Banksy’s “Cop Under Fire” image. Released in 2000. 13. Various Artists – “We Love You... So Love Us Too” – Four-track compilation 12” EP with the same Banksy image as the CD on the label. 14. Roots Manuva – ”Yellow Submarine” – 2001 single-sided 12” single on the Ultimate Dilemma label by Roots Manuva (a k a Rodney Hylton Smith). 15. Skitz – Badmeaningood, Vol 1” – 2002 compilation double LP by Skitz (A k a Joe Cole) of remixes. 16. Roots Manuva – “Badmeaningood, Vol 2” – 2002 compilation double LP of remixes. 17. Blak Twang – “Kik Off” – 2002 LP with cover design by Banksy by Tony Olabode under the moniker Blak Twang. 18. Blak Twang – “Kik Off” – 12” single from the “kik Off” album with different Banksy design from the LP. 19. Blak Twang – “Trixtar” – 2002 12” single. 20. Blak Twang – “Trixstar (Remix) feat. Estelle” – 2002 remix of Blak Twang’s “Trixstar” single. 21. Blak Twang – “So Rotten” – 12” EP, released in 2002. 22. Röyksopp – “Melody A.:M:” Promotional double LP with cover image sprayed by Banksy. Released by Wall of Sound Records in 2002 in a numbered, limited edition of 100 copies. The first few were sprayed with dark green paint, while the later ones were sprayed with a paler green. 23. Blur – “Think Tank” – 2003 double LP with cover art commissioned by Parlophone Records, Banksy’s first designs for a major label. 24. Blur – “Think Tank” – 2003 promotional CD in card sleeve hand stamped with Banksy’s “Petrolhead” character. 25. Blur – “Think Tank” – 2003 promotional four-track 12” EP with the “Petrolhead” image stamped on the record label. 26. Blur – “Out of Time” – One of three limited edition vinyl 7” singles released from the “Think Tank” album with new Banksy design. This one on black vinyl. 27. Blur – “Crazy Beat” – The second limited edition 7” single from the “Think Tank” album. Released in 2003 on red vinyl. 28. Blur – “Good Song” – the third limited edition 7” single from the “Think Tank” album also released on red vinyl. 29. Blur – “The Observer” – Promotional five-track CDEP that accompanied the Observer newspaper on Sunday 21st September 2003. 30. Various Artists compilation – “Off the Wall: Ten Years of Wall of Sound” – 2003 tripple LP with gatefold cover showing some of the artists

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who recorded for the label. It is said that it is Banksy himself on the cover with his back to the photographer while spraying the wall. 31. Scratch Perverts – “Badmeaningood, Vol 3”- Double LP from 2003 on the Ultimate Dilemma label by Scratch Perverts (a k a Prime Cuts and Tony Vegas). 32. Peanut Butter Wolf – “Badmeaningood, Vol 4” – another double LP of remixex by Chris Manak ( a k a Peanut Butter Wolf). Released in 2003 on the Ultimate Dilemma label. 33. Various Artists compilation – “We Love You... So Love Us Three” – A Wall of Sound compilation CD released 2004. 34. Various Artists compilation – “Peace Not War” – A CD in a card cover that accompanied the magazine “The Big Issue” in February 2004 to advertise the Peace Not War Festival that month. The cover features Banksy’s “Girl Hugging a Bomb”. These CDs were all sellotaped to the magazine. 35. Benjamin Zephaniah – “Naked” – Digipak CD with booklet showing many of Banksy’s original designs. 36. Dirty Funker – “Let’s Get Dirty” – 12” remix of The Knack’s 1979 single “My Sharona” with front cover image of Banksy’s portrait of Kate Moss against a red background and against a green background on the reverse. The first pressing, released in 2006 had no artist or record title on the cover. Dirty Funker is DJ Paul Glancy. 37. Dirty Funker – “Let’s Get Dirty” – The second pressing (2006) has the artist and title on Dymo strips across Kate’s eyes on the front cover and across her mouth on the rear cover. The second pressing is more common than the first. 38. Banksy & DangerMouse – ”Paris Hilton” – Banksy redesigned the cover of Paris Hilton’s 2006 CD “Paris” to make her appear bare-breasted and added satirical comments inside the CD booklet, while DangerMouse recorded new music for the CD. Five hundred copies were placed in HMV stores all across the British Isles. This is one of the original 500 copies on CD-Rom. There was a second edition of 1000 copies pressed on proper CDs. 39. Talib Kweli & Mad Lib – ”Liberation” – 2007 LP with Banksy’s “Flag” image. 40. Me&You – “Floating Heavy Edits” – TM Juke and Robert Luis a k a Me&You remix four songs on this 12” EP from 2007. The label uses Banksy’s “Grannies – Punk’s Not Dead” print. 41. Danger Mouse – “From Man to Mouse” – This unofficial double LP from 2007 that uses a modified “What Are You Looking At?” Banksy design which he made for Danger Mouse. 42. a,b,c,d,e Dirty Funker – “Future” – five limited edition covers for his 2008 EP “Future” showing Banksy’s “Radar Rat” with the ripples in different colours on white, frey or brown covers. 43. Banksy – “The Banksy Years” – Limited edition (1000 copies) interview album released in 2008. 44. Queen & Cuntry – “Don’t Stop Me Now” – Unofficial, limited edition 12” single covering Queen’s “Don’t Stop Me Now” With Banksy’s “Queen Victoria” on the cover. 45. Kate Bush (Ashley Beedle Remix) – ”Running Up That Hill”. Unofficial, single-sided 12” single with Banksy’s “Good Song” design. 46. Hot Chile / Anarchist – ”Sin Da Da Da / Anarchy 2008” – 12” split single from 2008 with Banksy’s “Rage-Flower Thrower” on one side and “Radio Mouse” on the reverse. 47. Dirty Funker – “Flat Beat” – Unofficial, limited edition 12” single from 2009 with Banksy’s “Happy Choppers” on a blue background on the front and against a yellow background on the reverse. 48. A, b, c, d. – Danger Mouse – “Keep It Real / Laugh Now” – Unofficial, limited edition 12” single with four different colour variations; gold, silver, brown and green. 49. – Danger Mouse – “Keep It Real / Laugh Now” – Promotional 12” single with plain white background. 50. Terrance K – “Hot Line” – Digital only release EP from 2013 showing Banksy’s “Massacred Telephone box”. This is a digital reproduction of the cover image. 51. Junichi Masuda – “Pokèmon” – 12” test pressing of his “Pokèmon” LP using Banksy’s “Rage-Flower Thrower image, but throwing a Pokèmon ball instead of flowers. Limited edition of 100 copies. 52. Boys in Blue – “Funk tha Police” – Unofficial, limited edition 12” single with Banksy’s “Rude Copper” image on the cover. 100 unnumbered copies.



Radar Rat 2008 stampa offset su copertina per vinili / offset litho on record sleeve 31x62 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/25

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Banksy Vs. Bristol museum poster 2009 stampa offset su carta / offset print on paper Collezione privata / Private collection


Banksy Vs. Bristol museum poster 2009 stampa offset su carta / offset print on paper Collezione privata / Private collection

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Banksy Vs. Bristol museum poster 2009 stampa offset su carta / offset print on paper Collezione privata / Private collection


Self-Portrait 2010 stampa offset su carta / offset litho on paper 66x51 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/28

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Rodeo Girl Poster 2008 stampa offset su carta / offset litho on paper 70x50 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/26


Er... 2015 stampa su tovaglia da tè / print on linen teacloth 40x60 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/29

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T-shirt Catalog 1999 stampa offset su carta, rilegato / printed booklet 21x14,8 cm Brentwood (UK), Brandler Galleries, BGi/08


T-shirt Dismaland 2015 Collezione privata / Private collection

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Leopard from Barcode 1999 spray su archivio in metallo / spray paint on filing cabinet 133x46x62 cm London (UK), Ali Keshavji collection, inv. 9238



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