ALLA SCOPERTA DELLA PIETRA BIANCA D'ABRUZZO

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A L L A S C O P E R T A D E L L A P I E T R A B I A N C A D ' A B R U Z Z O ANDREA D'ANGELO


I N D I C E - LA PIETRA DELLA MAJELLA

- GLI SCALPELLINI - LETTOMANOPELLO

- LA TAVOLA DEI BRIGANTI

- EREMO DI SANTO SPIRITO A MAJELLA

- ABBAZIA DI SAN LIBERATORE A MAJELLA - ABBAZIA DI SAN TOMMASO BECKET A CARAMANICO TERME - ABBAZIA DI SAN CLEMENTE A CASAURIA


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P I E T R A D E L L A M A J E L L A

Sin dai tempi dei romani, gli artigiani abruzzesi erano apprezzati per la loro maestria nel lavorare la pietra delle cime della Majella, la grande madre. Il massiccio costituito da rocce calcaree emerse circa 5 milioni di anni fa, dal fondo dei mari dove si erano accumulate nel corso degli ultimi 100 milioni di anni con una lenta deposizione degli scheletri di organismi marini. Ci sono due tipologie di pietre diverse: nella zona orientale (a Pennapiedimonte) primeggia la pietra bianca e morbida, mentre in quella nord occidentale (Lettomanoppello) sono presenti tre tipologie di pietre, quella paglierina, e una nera asfaltica da cui si ricava anche il bitume.

La pietra era usata per la costruzione di monasteri benedettini come ad esempio: l'abbazia di San Liberatore a Maiella, l'abbazia di San Clemente a Casauria, l’abbazia di San Tommaso Becket a Caramanico Terme. La pietra fu usata anche per la realizzazione di decorazioni come cornici della chiave di volta, cornici delle finestre e delle entrate principali delle abitazioni, infatti alcune abitazioni come la casa di Giovanni Sardi a Sulmona o la Taverna Ducale di Popoli. Durante il brigantaggio ottocentesco, la pietra della Majella fu usata anche dai briganti abruzzesi dell'area peligna, che incisero i propri nomi e frasi di sfida contro i Savoia, presso la cosiddetta roccia della Tavola dei Briganti, in un'altura tra Serramonacesca e Roccamorice.

I primi rinvenimenti in calcare più cospicui e interessanti sono stati scoperti nelle aree archeologiche della Valle Peligna nei siti di: Ocriticum (Aquila); Il Santuario di Ercole Curino (Sulmona); Villaggio Fonte Rossi di Lama dei Peligni; Necropoli di Comino a Guardiagrele; A partire dal medioevo la lavorazione della pietra si è sviluppata principalmente nei comuni di: San Valentino; Abbateggio; Roccamorice; Manoppello; Pacentro; Lettomanoppello (Piccola Carrara); Gessopalena;

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G L I S C A L P E L L I N I

I nostri antenati scoprirono presto la versatilità di questa risorsa e nel Paleolitico la utilizzarono per realizzare strumenti per la caccia e successivamente per la costruzione di capanne in pietra ( tholos). La lavorazione della pietra della Majella da sempre è stata affidata alle sapienti mani degli scalpellini, un mestiere che si è sviluppato principalmente nella zona di Lettomanoppello, quando Intorno all’anno 1000, nella zona compresa tra Serramonacesca e Tocco da Casauria si stabilirono i benedettini e dalla Toscana e dai paesi d'oltralpe arrivarono esperti scultori per la costruzione della Abbazie, dai quali i nostri artigiani appresero i rudimenti di questo mestiere. In quasi tutte le città, grandi o piccole che siano, è facile imbattersi nel lavoro dello scalpellino. Edifici storici che presentano portali, colonne, capitelli in pietra finemente lavorata. Frutto dell’abilità manuale di chi riesce nella lavorazione del marmo o della pietra in una vera e propria opera d’arte.

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L E T T O M A N O P P E L L O , L A P I C C O L A C A R R A R A

LETTOMANOPPELLO, diventato noto come il “Paese degli scalpellini” è stato definito “Piccola Carrara”. Passeggiando tra i vicoli del centro storico possiamo ammirare i portali, gli stipiti, le chiavi di volta, le mensole, le decorazioni e le bellissime fontane, elementi in pietra della Majella, sapientemente lavorati dagli scalpellini. Fino al secolo scorso questo mestiere assorbiva oltre 1000 unità, comprese le donne che erano impegnate a trasportare sul capo canestre di pietra semilavorate dalla montagna ai diversi laboratori del paese. Nel 1933, per incentivare questa attività fu costruita una strada per agevolare il trasporto dei blocchi di pietra. In questo periodo, gli scalpellini, lavoravano nei diversi paesi dell’Abruzzo, costruendo e restaurando numerosi palazzi, monumenti e Chiese tra cui il Castello di Celano, le chiese di S. Maria d’Arabona, San Clemente a Casauria, Collemaggio e la Fontana 99 cannelle a L’Aquila, San Liberatore a Majella, Chiostro e facciata della Cattedrale di Atri, i Palazzi storici di Tagliacozzo e Pescocostanzo, i Castelli di Capestrano, Bussi e Perano, Villa Clerici a Pescara, il Portale e rosone del Volto Santo a Manoppello, il Grand Hotel a Pescara, la Chiesa di San Francesco ad Atri.

Dopo la Seconda guerra mondiale con l'interruzione di tutte le costruzioni e dei restauri, rimasero pochi artigiani a lavorare la pietra; la crisi economica costrinse molti lavoratori ad emigrare. Molti di loro trovarono lavoro nelle miniere, in Belgio Oltre a Lettomanoppello, l’altro paese che mantiene viva questa attività è Pennapiedimonte dove i più famosi scalpellini appartengono alla famiglia Giuliante, la cui l'opera più importante è il restauro della sede storica della Camera di Commercio di Chieti in Piazza G.B. Vico, il cimitero monumentale di Chieti, alcune parti monumentali della Cattedrale di San Giustino sempre nel capoluogo teatino. Invece, i cognomi più importanti delle famiglie degli scalpellini di Lettomanoppello sono: i Rabuffo, i Castellucci, i Donatelli, gli Aceto, i Gizzarelli, i Di Biase e altri. che si sono occupati soprattutto di restauri, tra cui quelli di Santa Maria d'Arabona, San Liberatore a Maiella, il Castello di Capestrano e molti palazzi nobiliari, sia a L'Aquila, sia a Chieti che a Penne e in tante altre città.

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È uno dei posti magici della Majella: un ampio lastricato di rocce incise posto ai piedi di Monte Cavallo, al cospetto del Monte Focalone e dell’abisso della valle dell’Orfento. Su queste rocce pastori e briganti lasciarono incisi i loro nomi e i loro pensieri; con scritte semplici consegnavano all’eternità della pietra i propri nomi, il paese di provenienza, ma anche gli sfoghi per la difficoltà della loro condizione di poveri pastori. La più nota delle scritte attribuita ai briganti recita:

LA TAVOLA DEI BRIGANTI

“LEGGETE LA MIA MEMORIA PER I CARI LETTORI. NEL 1820 NACQUE VITTORIO EMANUELE RE D'ITALIA. PRIMA IL 60 ERA IL REGNO DEI FIORI, ORA È IL REGNO DELLA MISERIA”.

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EREMO DI

È situato a Roccamorice ed è sicuramente il più grande e famoso eremo di tutta la Majella, Allo stato attuale, si conservano la chiesa, la sagrestia ed un'ala abitativa distribuita su due piani, composta dalla foresteria e dalle cellette. Nella parte bassa della chiesa, completamente scavata nel banco roccioso, troviamo il nucleo originario dell'eremo celestino. Ci sono due ingressi, il primo conduce ad un piccolo ambiente con altare, noto come stanza del Crocifisso, dove ancora oggi sono visibili tracce di affreschi; un secondo ingresso introduce in due stanze riservate alla sepoltura dei principi Caracciolo di San Buono. Accanto all'ingresso della foresteria ha inizio la Scala Santa, formata da 31 gradini. Vi era anche una cisterna dove confluivano le acque piovane. Un'altra scala, anch'essa scavata nella roccia, presenta 76 gradini. Lungo le pareti rocciose è incisa una Via Crucis. Si conserva ancora la piccola scala che porta alla clausura con una finestra ed un piccolo camino. Un tempo numerose compagnie di pellegrini giungevano alla badia risalendo la valle o valicando la montagna; oggi solo in occasione dell'apertura della Perdonanza, il 29 agosto, festa della decollazione di s. Giovanni Battista, si può notare una discreta partecipazione dei devoti, vi si celebra il rito del “Perdono”: chi si confessa e si comunica riceve l’indulgenza plenaria.

SANTO SPIRITO A MAJELLA

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A B B A Z I A D I S A N L I B E R A T R O R E A M A J E L L A

L'abbazia di San Liberatore alla Maiella, ubicata nel comune di Serramonacesca in provincia di Pescara, è uno dei più antichi monasteri dell'Abruzzo. Si tratta di uno dei più importanti esempi di architettura romanica abruzzese. La tradizione lega l’origine del monastero a Carlo Magno: si dice che, nel sito ove è posta la Badia, nell’anno 781 sia avvenuta una battaglia che avrebbe visto l’esercito franco vittorioso su quello longobardo. Carlo avrebbe quindi deciso di costruire una chiesa nel luogo di battaglia e dedicarla al culto del Divino Liberatore; questa notizia sulla sua origine può essere considerata attendibile perché nell’anno 884 la Badia era ricca e potente e godeva di grande prestigio e autorità. L'edificio a pianta basilicale è a tre navate terminanti con tre absidi semicircolari. Lungo la navata sinistra si aprono due porte: la prima dava accesso al chiostro, la seconda al monastero. La navata centrale è rivestita da un pavimento mosaicato risalente al 1275. È presente un ambone databile al 1180. Nelle absidi centrale e sinistra vi sono due importanti cicli di affreschi, che celebrano la storia del monastero e dei santi e abati. La facciata esterna, in pietra concia della Maiella, è affiancata da un campanile a pianta quadrata ed era un tempo preceduta da un portico.

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A S B C T

B A E A E

B N C R R

A Z I A D I T O M M A S O K E T A M A N I C O M E

La chiesa di San Tommaso venne originariamente dedicata a Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury assassinato nel 1170. Il suo assassinio ebbe molta eco negli ambienti ecclesiastici, tanto che nei decenni successivi furono molte le chiese a lui dedicate. Sotto la cripta della chiesa non è presente alcun altare o un´urna contenente reliquie, come spesso accade in altri edifici di culto di età romanica, ma un pozzo. Il pozzo, con acqua sorgiva, suggerirebbe la presenza di un tempio pagano probabilmente dedicato a Ercole Curino, divinità molto venerata dai popoli italici, considerato protettore di pastori e viandanti ed invocato per garantire la fertilità dei terreni.

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A S C C

La struttura, databile alla fine del XII secolo, poggia su quattro colonne lisce con capitelli riccamente decorati da eleganti motivi vegetali con foglie di palma ripiegate su loro stesse, alle spalle delle quali sono presenti delle arcate sorrette da colonnine tortili. Anche le basi delle colonne sono decorate da foglie stilizzate. L’architrave presenta un complesso motivo vegetale con tralci intrecciati e foglie, delimitato da una cornice con decorazione geometrica e vegetale stilizzata. La parte superiore, detto pluteo, è diviso in tre specchiature per ogni lato, decorate con foglie d’acanto, fiori, frutti e fioroni in rilievo, e incorniciate da elementi vegetali fortemente stilizzati. La specchiatura al di sotto del leggio, presenta un decoro differente: un’aquila che sorregge un libro, al di sotto del quale vi è un leone, anch’esso con un libro.

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M B O N E D I A N L E M E N T E A A S A U R I A


V I

R I N G R A Z I O P E R L A T T E N Z I O N E D E D I C A T A M I



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