Residui di città - Intro tesi di laurea Andrea Bortolotti, 2011

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Milano vista dallo spazio.

LE ECOLOGIE ALTERATE DEI SOTTOSISTEMI URBANI Per otto volte in un anno un’area considerevole del la seconda città d’Italia è stata sommersa dalle acque dei suoi fiumi. Il dato è ancora più impressionante se si considera che lacircostanza è tutt’altro che imprevedibile, dal momento che neg l i ultimi trent’anni l’episodio si è già ripetuto ben settant anove volte.

D I A N D R E A B O R T O L O T T I C O N S T E FA N O TA I S S


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l dato è ancora più impressionante se si considera che la circostanza

I quartieri nord di Milano allagati negli anni 70.

è tutt’altro che imprevedibile, dal momento che negli ultimi trent’anni l’episodio si è già ripetuto ben settantanove volte. Abbastanza insomma per non gridare più all’emergenza ma per co minciare a chiedersi cosa non funzioni più nella com plessa rete idrica milanese. Questa antica rete, cresciuta assieme alla città, con la co struzione di canali interni e navigli navigabili connessi ai fiumi Adda e Ticino, ha fatto del sistema urbano una cer niera territoriale fra la fascia pre-alpina dei grandi laghi dai quali hanno origine i fiumi stessi, quella pedemonta-

Mappa storica, nord Milano

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na della pianura asciutta e quella della pianura umida sottostante. I numerosi corsi d’acqua che gravitano al suo interno e ne alimentano le portate, scorrono da nord a sud e risultano interconnessi nella fitta rete di canali artificiali, realizzati sia a fini irrigui sia per la protezione dalle piene dei centri abitati. I principali sono i torrenti Olona e Seveso - le acque dei quali scompaiono alle porte del centro, interrate come la

maggior parte del reticolo idrico meneghino nel corso del XX secolo con l’affermar si del trasporto su ruota e l’espansione edilizia - e il fiu me Lambro, che scorre in superficie ad est di Milano. Il Seveso viene intubato all’altezza di Niguarda e sparisce sotto la città. Ma basta in crociare il dato della portata media di piena (100 metri cubi al secondo calcolata con un tempo di ritorno di 5 anni) per capire che, consi -


I quartieri nord di Milano allagati negli anni 70

derato il limite di circa trentacinque metri cubi al secondo della rete idrica meneghina, solo un terzo dell’acqua può sparire nel reticolo sotto la città. Tutto il resto riemerge dai tombini dell’area nord, da Maciachini a Via Melchiorre Gioia. Le conseguenze, solo per citare le più recenti sono immaginabili: nel settembre 2010 una piena di particolare intensità ha allagato il quartiere di Niguarda e da lì quattro stazioni del metrò, compresa quella di Zara dove sono at-

tualmente in corso i lavori di ampliamento della linea metropolitana. I nuovi tunnel si sono allagati, per un totale di 2 milioni di euro di SOLO NEL 2010, danni, costo ricaduto I QUARTIERI sul Comune di Milano. La situazione del A NORD DI MILANO Lambro da questo HANNO SUBITO punto di vista è di poco meno critica: il OTTO deflusso delle piene ALLAGAMENTI risulta meno problematico grazie al corso meandriforme del fiume e ad alcuni spazi aperti che gli sono stati risparmiati lungo le

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Il depuratore di Monza dopo lo sversamento di gasolio nel Lambro, 2010

sponde. Fra gli altri, dentro Milano il parco Lambro, che è stato comunque allagato l’ultima volta nello scorso agosto. Come detto, quella degli straripamenti dei fiumi che attraversano Milano è una costante che si ripete da decenni, e non è difficile immaginare i disagi e i danni provocati da allagamenti di questa portata, senza considerare la serie di problemi e di costi sociali ad essi corre-

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lati. Inoltre, stiamo parlando di alcuni dei fiumi più inquinati d’Italia. Il Lambro ha fatto e farà ancora parlare di se a seguito delle gravi vicende d’inquinamento, come il recente sversamento doloso di migliaia di tonnellate di gasolio avvenuto nel febbraio del 2010, che provenivano dalle cisterne di deposito della ex raffineria Lombarda Petroli in provincia di Monza. E numerosi studi hanno rico-

nosciute da tempo le eccessive pressioni ambientali cui è soggetto il suo bacino, che si estende su un area di 1.980 km2, pari al 3% della superficie del bacino del Po, ma che fino a qualche anno fa era causa di un quinto del carico inquinate complessivo di quest’ultimo. In un passato non troppo remoto, numerose industrie s’impiantarono lungo le rive del Lambro, che rappresentava una risorsa inesauribile d’acqua e di forza motrice, ma al tempo stesso, purtroppo, si configurava come il principale ricettore degli scarichi. Lo smaltimento in sicurezza di rifiuti solidi, liquidi e oleosi provenienti da lavorazioni industriali tessili, meccaniche e chimiche, oltre a quello dei fanghi semiliquidi degli impianti di depurazione e dei liquami di fogna in passato è stato spesso risolto aprendo il rubinetto che dalla fabbrica portava al fiume. Le industrie tessili e le tintorie scaricavano quantità sempre più rilevanti di coloranti, tensioattivi e cloro; le industrie meccaniche e galvaniche scaricavano ingenti quantità di cromo, zinco, ferro, piombo e talvolta persino cianuro. Nel Lambro finivano


La macchia nera del Lambro, 2010.

UNA STRUTTURA URBANA LINEARE SENZA SOLUZIONE DI CONTINUITA’

bro, ha subito una maggiore aggressione dall’urbanizza zione sa della campagna, che si é consolidata lungo il suo corso con una vera è propria struttura urbana lineare, senza soluzio ne di continuità che, a parti re dai rilievi morenici in provincia di Como, scende

giù a ricongiungersi ai comuni della periferia milanese. Le sponde in questo tratto sono molto basse: per lunghi tratti l’alveo è stato zato con argini in calcestruzzo per contenere gli delle piene e dell’erosione, e il regime del tor rente ha assunto un comportamento idraulico più simile a quello di un collet tore fognario. Fra gli immissari del Seveso, a nord della Brianza, il torrente Certesa è il più problematico sia per l’importanza nel contributo delle piene, sia per l’alto li vello di degrado del suo bre- ve corso di 20 km, puntellato da scarichi abusivi ( nel 2001 ne avevano contati ancora 250 ) e il malfunzionamento

i residui di vernici delle industrie di verniciatura, nonché oli cherosene, nafta e altre sostanze tossiche. Solo nel 1982 si avvia la costru zione di un grande collettore fognario sotto il letto del ume che convoglia le acque ad un impianto di depurazione a Monza. Il Seve so, invece, non presentando un corso incassato nel terreno come nel caso del Lam La metropolitana MM3 allagata nel quartiere Niguarda, 2010.

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del sistema, vengono riversati per alleggerire il carico. Eventi di questo tipo non sono rari negli impianti di depurazione presenti sui corsi d’acqua dell’area metropolitana nord di Milano e della Brianza centrale, data la spesso insufficiente dimensione dell’opera rispetto all’estensione della rete fognaria che è cresciuta nel tempo. Basti segnalare l’ultimo caso di sversamento di liquami non trattati, registra to lo scorso dicembre, a valle dell’impianto di Monza. A partire dagli anni Cinquanta l’area compresa fra il Seveso

La zona industriale di Desio, Monza e Brianza

del depuratore situato nel comune di Mariano Comense che, sottodimensionato al carico dei comuni limitrofi, libera nel torrente le acque nere che non è in grado di trattare. Di fatto, la rete fognaria mista, dove si riversano sia le acque reflue domestiche sia quelle meteoriche raccolte dai tetti e dalle superfici impermeabili delle aree urbanizzate, nonostante la funzione di lavaggio delle tubature, espone i corpi idrici di destinazione delle

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acque raccolte ad un costante rischio di sversamenti di liquami. Questo avviene quando le portate d’acqua intercettate dalla rete sono superiori alle capacità dei collettori e, cioè in concomitanza ad eventi meteorologici di particolare intensità o durata. I reflui fognari finiscono direttamente nel fiume senza passare per i depuratori quando gli eccessi idrici, attraverso una serie di meccanismi automatizzati che impediscono il collasso


UNA DISTESA D’ASFALTO CHE ARRIVA OGGI A RICOPRIRE IL 63% DEL TERRITORIO.

e il Lambro é diventata uno dei territori italiani più densamente costruiti. Una distesa d’asfalto che ricopre oggi circa il 63% della superficie totale. Una crosta dove l’acqua non viene più assorbita, ma scorre.Allo stesso tempo il sistema di drenaggio urbano sotterraneo si è esteso ad ogni ambito urbanizzato per connetterlo ai fiumi. I Comuni di Carugo Cambiate, Meda,

Barlassina, Seveso, Cesano Maderno, Varedo, Bovisio Masciago riversano le loro acque nel Seveso, con collettori che scorrono prossimi al corso d’acqua e s’innestano in tre diversi punti, ai depuratori di Cambiate, Varedo e Bresso; mentre al Lambro sono allacciati, tramite una rete più ramificata che fa capo al depuratore di San Rocco a Monza, Desio, Sere-

gno, Milanese e tutti quei comuni attraversati dal corso del fiume. Tutto insomma convoglia: nei fiumi, il grande canale di scarico che quando piove raccoglie l’acqua di un bacino enorme (decine di volte più grande di quello naturale) e lo porta a valle. Solo che a valle non ci sono ampie golene, campi o invasi da inondare in caso di piena. A valle c’è Milano.

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