Oficina - Architecture Thesis

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Parque Movil complessità e potenzialità

La nostra tesi di laurea prende in analisi l’ex area industriale del Parque Movil del Estado de Madrid, progettato e costruito a fasi alterne tra il 1935 e il 1950. Immerso nel pieno della città consolidata, il Parque Movil del Estado rappresenta uno degli esempi più complessi del paternalismo industriale spagnolo, incarnazione degli ideali della Falange franchista. Il Parque Movil nasce infatti come una fabbrica per il rimessaggio e riassemblaggio delle auto di proprietà dello stato; attorno a questo complesso sorse un quartiere residenziale per gli operai del Parque, totalmente autosufficiente, dotato di impianti sportivi, di una chiesa e di piccoli punti vendita. Questo lo rende estremamente interessante da un punto di vista storico e sociologico, monumento ed emblema di una delle fasi più controverse del paese. Ciò che però lo rende ancor più interessante è la sua collocazione all’interno del tessuto urbano di Madrid: il Parque e

il quartiere ad esso annesso si pongono come un enorme fuori scala, un oggetto architettonico che si impone in maniera brutale nella maglia regolare e ben scandita del quartiere di Chamberì, andando ad occupare sei isolati e negando totalmente l’assialità delle strade circostanti. A questi due aspetti se ne aggiunge un terzo particolarmente rilevante: la sua dimensione, la qualità eterogenea dei suoi manufatti e la collocazione nel pieno della città gli conferiscono un potenziale enorme da un punto di vista architettonico. Luoghi come questo, cerniera tra il nucleo antico della città e le nuove espansioni, sono considerati oggi come i polmoni della città contemporanea, in grado di assorbire i mutamenti della città e della società. Il Parque Movil rappresenta quindi un oggetto complesso e di grandissima importanza, traccia della memoria del passato e opportunità per il futuro. Per questo motivo il nostro


lavoro ha cercato per quanto possibile di rispettare e valorizzare questa complessità: comprendere innanzitutto la storia, l’ideologia e il contesto in cui il Parque si è sviluppato, indagare i mutamenti e le caratteristiche attuali di una città come Madrid, in continuo cambiamento ed evoluzione, per arrivare infine ad ipotizzare una proposta di rigenerazione dell’area, sia da un punto di vista funzionale e sociale sia architettonico e compositivo. L’area del Parque Movil del Estado e il quartiere residenziale di San Cristobal ad esso annesso, sono stati concepiti nel nostro progetto come una “città nella città”, in un modo tuttavia opposto rispetto all’idea originaria franchista: non più una porzione di città chiusa in se stessa ma aperta all’esterno, in grado di offrire servizi, spazi di incontro e di crescita per la città, un polo di attrazione per la cultura, le nuove generazioni e l’innovazione.


INDICE

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GENESI E CONTESTO STORICO Chamberì: da sobborgo a quartiere borghese Madrid e Ensanche Madrid a La nuova

il Plan Texeira de Madrid: progetto di espansione fine ‘800:il processo di industrializzazione Chamberì

pag.6 pag.8 pag.10 pag.12

Parque Movil del Estado

pag.14

Il progetto di ricostruzione

pag.15

La guerra civile Architettura: tra lo stile di regime e il razionalismo Urbanistica di regime: il Plan Bidagor

pag.17 pag.19

Parque Movil: il nuovo progetto

pag.21

Chamberì dagli anni ‘50 ad oggi

pag.30

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CHAMBERI’ Where? Chamberì oggi Il barrio di Arapiles

pag.32 pag.34

Who? Gli abitanti del barrio

pag.44


Why? Presupposti d’intervento How? Strategia d’intervento

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pag.52

LE NUOVE PIAZZE DI MADRID Presupposti del programma funzionale Spazio Pubblico PECAM: un piano per la cultura Spazi per la cultura: Madrid dal 1990 ad oggi Makers: la rivoluzione del fare Il mercato: luogo d’incontro

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pag.54 pag.56 pag.60 pag.64 pag.66

OFICINA DEL PARQUE MOVIL

Il programma funzionale Il progetto architettonico Approccio tecnologico

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pag.48

BIBLIOGRAFIA

pag.70 pag.80 pag.93

pag.104


01 CHAMBERI’ da sobborgo a quartiere borghese Madrid e il Plan Texeira

Madrid è la città più popolosa ed estesa della Spagna, capitale politica, sede del governo e residenza del monarca. Abitata fin dall’epoca preistorica, la città divenne capitale nel 1561, quando il re Filippo II decise di spostare qui la corte, in quanto punto centrico e strategico per l’amministrazione del paese. Il Mantua Carpetatorum sive Matritum Urbs Regia, meglio conosciuto come Plan Texeira, è una mappa redatta nel 1656 dal cartografo portoghese Pedro Texeira Albernaz, che testimonia lo stato di fatto della città del tempo. Il centro storico risulta separato e cinto da un muro di adobe e pietra, che delimita il confine tra la città consolidata e le aree disabitate o che presentano solo piccoli insediamenti isolati e spontanei. L’area di Chamberì, dove sorgerà quasi tre secoli dopo il Parque Movil, risulta a quella

data totalmente priva di insediamenti. Da allora la situazione rimase pressochè invariata, almeno per quanto riguarda l’area della futura Chamberì, fino al 1809. In quell’anno l’architetto Juan de Villanueva realizzò il progetto del Cementerio General del Norte, il primo cimitero della città, collocato fuori dall’area urbana, per garantire una maggiore salubrità cittadina(fino ad allora le tombe venivano collocate all’interno delle chiese e dei complessi monacali). L’ area di occupazione dell’antico cimitero è quella posta tra le attuali calle de Rodriguez San Pedro, calle Magallanes, calle Fernando Catolico e calle de Vallehermoso. Il resto dell’area a nord della città era quasi disabitato, utilizzato per fini agricoli o per piccole imprese industriali a carattere familiare.

Carta storica Archivio Cartografico COAM Madrid

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Mantua Carpetatorum sive Matritum Urbs Regia Plan Texeira 1656

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Ensanche de Madrid Progetto d’espansione

Momento decisivo nello sviluppo dell’area di Chamberì fu il 1857, anno in cui venne abbattuto il muro di cinta che lo divideva dal centro e venne redatto il piano dell’Ensanche de Madrid. Il termine Ensanche sta ad indicare i piani di espansione che i principali centri spagnoli misero in atto a partire dalla metà del XIX secolo: in questo periodo le città spagnole allargarono i propri confini al di là del tessuto consolidato attraverso un impianto generalmente di tipo ipodamico, ortogonale. Uno tra gli Ensanche più famosi fu senza dubbio quello di Barcellona, creato da Ildefonso Cerdà. Quello di Madrid, noto anche come Plan Castro, in onore dell’urbanista Carlos María de Castro, nacque prima di tutto come risposta ad una situazione di congestione della città, che viveva in quel momento una forte crescita, un sovraffollamento del centro cittadino e casi di illegalità diffusi legati al mercato immobiliare. L’Ensanche si propose di dare una regola e un ordine a questo sviluppo.

Carta storica Archivio Cartografico COAM Madrid

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Piano di espansione dell’Ensanche di Madrid Plan Castro 1857

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Madrid a fine ‘800

il processo di industrializzazione

La città di Madrid, che nel 1860 contava circa 300 mila abitanti raggiunse in solo due decadi le 400 mila persone censite. Questa crescita demografica non corrispose tuttavia ad una crescita anche a livello economico e industriale: infatti la capitale spagnola non aveva fino a quel punto intrapreso un reale processo di industrializzazione, cosa che stava avvenendo nel resto d’Europa in quegli stessi anni. Nonostante le mancanze e il ritardo di Madrid, e più in generale della Spagna, nei processi di crescita e sviluppo economico, non bisogna pensare a questo momento storico come la reiterazione delle vecchie strutture socioeconomiche preindustriali. All’inizio del XIX secolo i centri industriali erano sporadici e arretrati, predominavano ancora i piccoli laboratori e la struttura economica preindustriale, mentre la classe operaia di tipo manchesteriano era totalmente assente. Nonostante l’apparente stallo

dell’economia di Madrid, si attuarono in soli 20 anni una serie di cambi che andarono a trasformare significativamente la città. Il più rilevante di questi cambi fu proprio la messa in atto del Ensanche,il piano di espansione della città verso Nord. Dopo la demolizione del muro di cinta nel quale era racchiusa la città dai tempi di Filippo IV, l’Ensanche permise che Madrid si estendesse e si riformasse secondo le regole della segregazione socio spaziale propria dell’urbanizzazione europea del XIX secolo e che rompesse profondamente con la forma della città preindustriale nella quale convivevano e si amalgamavano i diversi gruppi sociali. Sorsero quindi nuovi quartieri borghesi , come quello di Salamanca, e altri quartieri operai , come quelli di Peñuelas en el Sur o Vallhermoso en el Norte, senza che a questo seguisse la nascita di grandi complessi industriali.

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Questo apparente paradosso non può essere compreso senza il riferimento alla natura duplice della Madrid di quegli anni, nella quale si sovrapponevano le dinamiche sociali, economiche, politiche e culturali della sua condizione di capitale di uno stato liberale in progressiva costruzione con il carattere proprio di una città ancora preindustriale. Così risulta che nella città che accoglieva le più importanti società finanziarie del paese e nella quale confluiva una rete di trasporti e di comunicazioni modernizzata grazie all’introduzione della ferrovia e del telegrafo, erano ancora le figure professionali del passato a dare l’impronta alla vita economica della città, gli artigiani e i piccoli commercianti. In definitiva l’evoluzione di Madrid in questi anni si risolveva nella tensione tra la pulsione modernizzatrice della Madrid capitale e l’inerzia della ciudad de los officios. Le critiche che furono mosse al progetto dell’Ensanche abbondarono fin dalla sua approvazione e riguardarono principalmente i suoi scarsi risultati a livello sociale e urbanistico. Senza dubbio il maggior problema del progetto di Castro si riscontrò in quelle realtà e problematiche che lo stesso Castro pretendeva di sradicare, ovvero la natura insalubre degli insediamenti antichi e il sovraffollamento. Infatti le opere di rimodellamento del centro storico, gli interventi di espansione 11

dell’Ensanche e la creazione di grandi infrastrutture fecero aumentare l’afflusso di lavoratori e crescere la popolazione cittadina. Tuttavia nei primi 40 anni dall’approvazione dell’Ensanche, non si assistette ad alcuna inversione della relazione tra mortalità e natalità madrilena, nonostante Castro avesse basato gran parte dei precetti del piano sulle norme igieniste dell’epoca. In definitiva il progetto non diede soluzione a due dei maggiori problemi della città: le condizioni igieniche e l’aumento della popolazione. All’interno del Plan Castro il progetto di sviluppo del quartiere di Chamberì rappresenta sicuramente uno degli esempi più pregnanti e interessanti. Chamberì, posta al limite tra la città antica e l’area della nuova urbanizzazione si convertì nel simbolo degli ideali del nuovo stato liberale e il suo sviluppo ci consente di comprendere l’evoluzione della società madrilena durante il XIX secolo.


La nuova Chamberì

Il sobborgo di Chamberì, noto anche come Arrabal, presentava in origine un assetto totalmente diverso dall’attuale: strade strette, tracciato viario improvvisato, mancanza di spazio pubblico, squilibrio nella distribuzione tra edifici pubblici, piazze e giardini. Il progetto dell’Ensanche cercò innanzitutto di attenuare le conseguenze di un’urbanizzazione totalmente gestita dai privati, imponendo standard e norme generali che potessero dare una guida alla crescita urbana. Caratteristica fondamentale del piano fu l’introduzione di una maglia viaria ortogonale, caratterizzata da ampi boulevares alberati: questo tipo di assetto rappresentava allora una rottura rivoluzionaria rispetto alla concezione precedente della città. Oltre alla maglia regolare, che fu aspramente criticata nel passato, Castro pose particolare attenzione nell’equilibrio tra la larghezza e l’altezza degli edifici, la distribuzione degli isolati e degli spazi verdi, e mise a punto una normativa per regolare le caratteristiche delle residenze, riguardo ad esempio le metrature minime. L’intero progetto di sviluppo fu regolato e guidato dalle idee igieniste che in quegli

anni si stavano diffondendo, al fine di dare una risposta concreta alle problematiche che avevano affetto gli insediamenti del casco viejo. Per quanto riguarda invece il carattere dei singoli insediamenti Castro non solo accettò, ma considerò raccomandabile la divisione dell’Ensanche in quartieri diversi per accogliere le varie classi sociali. A partire da questi presupposti il barrio di Chamberì intraprese un processo di crescita notevole e prolungato nel tempo, che lo portò a modificare totalmente il suo aspetto e il suo ruolo all’interno della città. La messa in atto dell’Ensanche innescò infatti una serie di dinamiche che portarono innanzitutto ad un considerevole aumento demografico: secondo i dati del censimento del 1868, la popolazione di Chamberì raggiunse in soli 10 anni i 2500 abitanti. Nonostante questo, le costruzioni continuavano ad essere ancora di bassa qualità, di natura spontanea e collocate soprattutto nella zona limitrofa al centro. La parte più a Nord di Chamberì, compresa tra la zona di Alonso Martinez e Cuatro Caminos erano a quella data ancora praticamente disabitate, e principalmente dedicate alla coltivazione. 12


Maglia:ortogonale Direzione:Nord-Sud Strade:30m-20m-15m

Isolato quadrato con angoli smussati Patio interno

Rapporto proporzionale tra altezza, larghezza dell’edificio e strada

La rapida crescita demografica e l’afflusso crescente di capitale e di nuove imprese, portò il Comune di Madrid a conferire a Chamberì il titolo di districto nel 1902, testimonianza dell’importanza crescente che questa zona stava acquisendo nelle dinamiche della città . Gli antichi insediamenti furono quindi demoliti per lasciare posto a nuove costruzioni di miglior qualità architettonica: la prima area ad essere riformata fu quella compresa tra il Paseo de la Castellana e Arguelles, seguita poi da un’espansione nella zona Nord Ovest e dalla riconversione delle abitazioni della calle de Magallanes in edifici a patio. L’unica zona che rimase fino al 1904 sostanzialmente invariata fu quella del Cementerio, che continuava a rimanere una zona molto pericolosa, covo di delinquenza. Questo forte impulso all’espansione portò ad un notevole incremento demografico, testimoniato dai dati del 1911, che identificano il barrio di Chamberì come uno i distretti più popolosi(64.522 abitanti). L’anno però che segnò la svolta più rilevante nella storia di Chamberì fu il 1919: in questa data venne infatti inaugurata la linea metropolitana che collegava Sol a Cuatro Caminos. Questo grosso intervento 13

infrastrutturale fece crescere notevolmente il valore degli immobili dell’area, portando persone di estrazione sociale più alta a trasferire imprese e residenze in quest’area, meglio servita rispetto al centro congestionato. Il processo di crescita demografica e di espansione urbanistica procedette secondo fasi alterne fino al 1928, data in cui furono registrati nel solo quartiere di Chamberì 100.635 abitanti(12% della popolazione complessiva di Madrid). Da luogo desolato e malfamato Chamberì era divenuto un quartiere laborioso e di innovazione, con imprese commerciali e produttive fortemente competitive sul mercato e insediamenti residenziali di buona qualità. Inoltre l’introduzione dell’energia petrolifera, che andò a sostituire quella elettrica, diede un forte impulso al settore industriale, producendo un rinnovamento delle fabbriche antiche e la fondazione di nuove aziende produttive.

Foto storiche “Chamberì y sus barrios”


PARQUE MOVIL DEL ESTADO

In questo contesto di crescita di Chamberì, proprio nel cuore del barrio nacque nel 1935, il progetto per il Parque Movil del Estado: coll decreto della Presidencia de los Consejo

de Ministros e del Ministerio de Hacienda si fondò quello che allora fu chiamato Parque Movil de los Ministerios Civiles, Vigilancia y Seguridad come organismo autonomo dipendente dal

Ministerios de la Gobernacion, con Julio Alvarez Ceron come direttore generale. Il complesso industriale doveva assolvere a due principali funzioni: rimessaggio delle auto di stato e officina per l’assemblaggio e la manutenzione dei veicoli provenienti dal resto del paese. La Spagna infatti, non avendo un marchio automobilistico nazionale aveva messo a punto una serie di Parques Moviles sparsi per lo stato, al fine di raccogliere i veicoli dismessi o danneggiati, rimetterli in funzione e reinserirli nel mercato. Tuttavia lo scoppio della guerra civile nel 1935 impedì la realizzazione del progetto che venne abbandonato a causa delle lotte intestine che dilaniarono il paese. 14


IL PROGETTO DI RICOSTRUZIONE La guerra civile

Al termine del conflitto, nell’aprile del 1939 la Spagna risultava totalmente distrutta e il regime dittatoriale di Franco si trovò a dover affrontare il difficile problema della ricostruzione . Dopo una lunga guerra di quasi tre anni, il paese era infatti devastato dai combattimenti, le infrastrutture quasi totalmente distrutte e il capitale umano decimato. Il progetto che Franco e il suo entourage misero a punto non riguardava però solo la ricostruzione materiale, ma aspiravano ad una vera “rinnovazione dello spirito della nuova Spagna” come affermava l’architetto Victor D’Ors nella prima assemblea dell’Architettura svoltasi nel giugno del ‘39 a Madrid.

Foto storiche 15


Non fu necessario attendere molto per assistere alla riorganizzazione dell’architettura spagnola: meno di tre mesi dopo la fine della guerra, i Servizi Tecnici della Falange franchista organizzarono l’ Assemblea degli architetti di Madrid, presieduta da Pedro Muguruza. Pochi mesi dopo, prima della fine dell’anno, gli stessi Servizi Tecnici del partito pubblicarono Idee generali sul piano nazionale di ordine e ricostruzione, uno dei testi fondamentali nel quale, ripetendo, sistemando e confermando i principi esposti nelle diverse sessioni dell’assemblea di Madrid, si ponevano le basi dell’architettura e dell’urbanismo del dopoguerra. La chiave della nuova idea che proponevano gli architetti del regime si può riassumere in una delle affermazioni di Gutierrez Soto: la necessaria unificazione professionale del corpo degli architetti al sevizio della patria. Era necessario per questo creare un’ organizzazione nazionale che si unisse, al fine di convogliare gli sforzi per la ricostruzione nazionale, un’ organizzazione nazionale le cui condizioni principali fossero due, come sottolineava l’architetto Gaspar Blein, “essere una e nazionale”. Con questo fine si creò nel settembre del 1939 la Direzione Generale dell’Architettura, che andò a sommarsi alla struttura istituzionale ufficiale già esistente in materia edile: La direzione Generale delle Regioni Devastate, l’Istituto Nazione della casa, e l’Istituto Nazionale della Colonizzazione. Le funzioni attribuite a questi

organismi erano orientare, facilitare e occasionalmente mettere direttamente in pratica la ricostruzione dei danni subiti dai villaggi e dalle città durante la guerra, in secondo luogo incentivare e dirigere le azioni amministrative in materia di abitazioni, ordinare e orientare le iniziative dei costruttori e contribuire all’edificazione delle case popolari per la popolazione a basso reddito e infine incaricarsi della riforma economica e sociale e dirigere la costruzione delle abitazioni nelle zone rurali.

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Architettura dell’epoca

Tra lo stile del regime e il razionalismo Torres Blancas (1964-1968) Francisco Javier Sáenz de Oiza

Da un punto di vista architettonico lo stile della Nuova Spagna doveva definirsi attraverso la severità, la rigidezza e la geometria, essendo Juan de Herrera la musa ispiratrice(architetto del Escorial). Lo stile herreriano poteva essere pertanto una buona fonte di ispirazione per creare il nuovo stile architettonico, per imprimere nella tradizione spagnola l’impulso giovane e rivoluzionario. Diego de Reina de la Muela dedicò la sua attenzione a queste tematiche, scrivendo il famoso Saggio sulle direttrici architettoniche dello stile imperiale, pubblicato nel 1944. Il nuovo stile doveva essere “unitario senza monotonia, sobrio senza povertà, statico senza pesantezza, perenne, vero e concepito ad una scala umana”, soprattutto doveva essere universale, “un neoclassicismo risolto a tono con il nostro tempo”. 17

Colegio Maravillas (1960-1962) Alejandro de la Sota

Casa Huarte (1966-1967) José A. Corrales


E’ importante sottolineare che a questa “architettura di regime” si aggiunge un movimento inizialmente ostacolato e censurato da Franco che a partire dagli anni 50 prenderà forza nel paese: il razionalismo spagnolo. A metà degli anni venti infatti, mentre in Europa si sviluppava il Movimento Moderno, in Spagna si estingueva il Modernismo, incapace di soddisfare le necessità della società in rapida evoluzione. Mentre le arti figurative in Spagna riuscirono in quell’occasione a gestire e cavalcare i cambiamenti in atto in Europa e la nascita delle avanguardie, l’architettura reagì con maggiore lentezza. Momento di svolta in questo senso si registrò quando un gruppo di giovani architetti iniziò a interrogarsi su tematiche di grande attualità nel resto d’Europa: la qualità della vita, le condizioni igieniche delle residenze e la democratizzazione dell’architettura. Il fermento delle nuove generazioni per le tematiche razionaliste trovò la sua prima manifestazione concreta nel 1930 a San Sebastian, dove architetti e artisti spagnoli si riunirono per allestire un’esposizione di arte e architettura(partecipano anche Juan Mirò e Pablo Picasso). E’ proprio in questo contesto che nasce l’idea di formare e riunire sotto un’unica organizzazione gli architetti razionalisti spagnoli. Così sotto la spinta promotrice di Mercadal e Sert, quello stesso anno viene fondato il GATEPAC(Grupo de Artistas y Técnicos Españoles para el Progreso de la Arquitectura Contemporánea), diviso

fin da subito in tre gruppi:quello del Nord, con sede a San Sebastian diretto da José Manuel Aizpúrua, quello del centro, con sede a Madrid e capitanato da Mercadal e quello dell’est, con sede a Barcellona e coordinato da Sert. Il gruppo del centro era composto da Ramón Aníbal Álvarez, Víctor Calvo, Santiago Esteban de la Mora, Fernando García Mercadal, Felipe López Delgado y Manuel Martínez Chumillas. A differenza del gruppo catalano, molto più attivo, quello madrileno non produsse una quantità notevole di opere, che rimasero sporadiche e puntuali. Tuttavia fu solo a partire dalla fine degli anni 50, quando il regime franchista smise di censurare e ostacolare questo movimento, che si assistette ad una vera e propria diffusione del movimento e alla realizzazione delle opere più rappresentative.

Colonia El Viso (1933-1936) Rafael Bergamín Gutiérrez

Edificio de Sindicatos (1948-1949) Francisco Asís Cabrero

Pabellón expo de Bruselas (1958) José Antonio Corrales 18


Urbanistica di regime Il Plan bidagor

Carta storica Archivio Cartografico COAM Madrid

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Mentre gli architetti del regime cercarono di creare lo stile della nuova Spagna, gli urbanisti cercarono di definire come dovevano modellarsi le nuove città franchiste. Le Città del Movimento, così furono chiamate all’epoca, dovevano risorgere come reazione a un secolo di liberalismo urbano, causa della disgregazione del paese. Per redigere il nuovo piano di riorganizzazione della capitale, il Plan General de Or-

denación de Madrid, si creò la Commissione Tecnica dipendente dalla Giunta della Ricostruzione, diretta da Pedro Bidagor. Bidagor riprendeva un’ idea fermamente radicata nella concezione architettonica della dittatura, ricordando che la ricostruzione non poteva circoscriversi esclusivamente all’aspetto materiale: era necessaria innanzitutto una riforma morale del paese.


Il piano, detto anche Plano Bidagor, fu approvato nel 1946 e risultava diviso in dodici punti fondamentali, considerati i cardini della ricostruzione e della crescita del nuovo stato falangista. Innanzitutto Madrid doveva riacquisire la sua funzione di capitale e ciò doveva esprimersi non solo nelle nuove istituzioni del regime ma anche negli edifici di rappresentanza. Era necessario dunque una rivalorizzazione della facciata della Madrid Imperiale, situando nella cornice del Manzanarre gli organi supremi della nazione: la Cattedrale, il Palazzo Reale e il nuovo edificio della Falange. Per quanto riguarda il sistema infrastrutturale il piano si concentrò soprattutto sulla rinnovazione della ferrovia e sugli assi viari di collegamento tra la capitale e l’esterno. Il sistema ferroviario venne modernizzato e furono terminate le tratte incomplete, come il collegamento tra Atocha e Chamartin. Venne inoltre messo a punto il Plan de acessos, il quale prevedeva la creazione di sei assi radiali che regolavano il collegamento tra la capitale e gli altri principali centri della Spagna. Dal punto di vista dell’espansione e della risistemazione della città, Bidagor mise a punto un progetto di zonizzazione, al fine di definire le aree di sviluppo e regolarne le caratteristiche fondamentali. La città risultava divisa così in cinque zone, secondo i precetti dello zonig:zona speciale, commerciale, residenziale, verde e industriale. Sem-

pre in questa fase assistiamo al completamento del progetto dell’Ensanche, che era rimasto parzialmente incompiuto, al prolungamento del paseo della Castellana e alla nascita delle prime città satellite, che dovevano diventare i nuovi luoghi di sviluppo della città. Per scandire le varie aree della capitale e separare la parte di città consolidata da quella di nuova edificazione, Bidagor fece creare un sistema di anelli verdi concentrici. Coevo al Plan Bidagor, troviamo anche un altro testo che ben testimonia gli obiettivi che il governo franchista si era imposto alla fine della guerra civile: Idee Generali sul Piano Nazionale di Ordinazione e Ricostruzione. I suoi contenuti possono essere riassunti in tre punti fondamentali:il ruolo di capitale politica dello stato che Madrid doveva assolvere, lo sviluppo di un programma industriale e commerciale e infine la creazione di una serie di organismi ed enti, in grado di dare un nuovo impulso alla cultura, all’istruzione e allo sport. Il Parque Movil rientra in questo processo di crescita e di rinnovamento della nuova capitale del regime franchista: venne dunque ripreso il progetto già iniziato nel 1935, modificato e integrato con i nuovi ideali della Falange.

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PARQUE MOVIL: IL NUOVO PROGETTO

Il Parque Movil del Estado rappresenta uno dei casi più eclatanti e meglio riusciti di paternalismo industriale, una pratica consueta che si diffuse sotto il regime di Franco e che vide il sorgere di molti quartieri operai autosufficienti, come le abitazioni dell’EMT e dell’ Unione elettrica di Madrid. In questi casi il regime offriva non solo nuovi posti di lavoro attraverso la realizzazione di un impianto industriale, ma prevedeva attorno la creazione di un sistema complesso di residenze, scuole, luoghi di svago e culto, volto ad un controllo e un’organizzazione della vita dei lavoratori, al fine di gestire e monitorare le masse operaie e garantire un lavoro più qualificato. Quello che il regime offrì nel caso del Parque Movil e del quartiere residenziale ad esso annesso, 21

il Poblado de San Cristobal, fu una vera e propria città nella città, un complesso chiuso sia da un punto di vista sociale che fisico rispetto al resto della città, all’interno del quale i lavoratori trovavano tutto il necessario per vivere. Gli operai si stabilivano con le loro famiglie nelle residenze offerte dal Parque e all’interno dello stesso isolato potevano trovare una scuola d’infanzia e una primaria, una chiesa, una palestra, una piscina, un cinema, un’infermeria,un barbiere, e alcuni piccoli luoghi di rivendita. Reperti storici, video e altre testimonianze dell’epoca ci raccontano della creazione di un vero e proprio senso di appartenenza legata a questo luogo e della creazione di una vera e propria collettività, che condivideva lavoro e tempo libero.


La creazione del Parque Movil del Estado e del Poblado di San Cristobal iniziò nel 1939, anno in cui venne nominato come nuovo direttore Jesus Prieto Rincon e cominciarono i lavori di costruzione. Nel 1941 si procedette alla costruzione della sede centrale del Parque Movil, posta su Cea Bermudez: si tratta di un edificio a 4 piani più interrato, sede dell'apparato amministrativo e degli organi direzionali, realizzato con una struttura in cemento armato e di una imponente facciata in pietra con un ordine gigante nella parte centrale. L'elemento distintivo di quello che costituisce l'edificio rappresentativo e di facciata del Parque è la doppia rampa elicoidale in cemento che consentiva l'accesso e la gestione dei flussi di automobili tra lo spazio delle officine e quello della rimessa auto. Nel 1942 si inaugurarono i lavori del Poblado di San cristobal, secondo il progetto dell'architetto Jose Fonseca Llamedo, che terminarono nel 1944. Tra il 1948 e il 52 iniziò la seconda fase di costruzione del complesso industriale del Parque, con la costruzione dell'edificio in cemento armato di rimessa auto, la "nave de hormigon". L'ultima fase, che terminò nel 1950, portò alla conclusione del progetto di Antonio Arroyo con la costruzione dei talleres e garage della "nave metalica" e la parrocchia di San Cristobal.

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Progetto per il Parque Movil del Estado 1941

Progetto del Poblado de San Cristobal 1942 23


FASE 1_1941

Costruzione dell’edificio su Cea Bermudez

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FASE 1_1942/1944 Costruzione del Poblado di san Cristobal

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FASE 3_1948/1958 Costruzione della nave de hormigon

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FASE 4_1950 Costruzione della nave metallica

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STATO ATTUALE

Edificio affacciato su Cea Bermudez e vista delle coperture

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STATO ATTUALE Prospetto nave metallica e “espacio rampa”

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Chamberì

dagli anni ‘50 ad oggi

Foto storiche Galeria de Preciados

Contemporaneamente alla nascita e allo sviluppo del Parque Movil del Estado de Madrid, il quartiere di Chamberì continuò il suo sviluppo. Infatti dopo la violenta battuta di arresto della crescita della città dovuta alla guerra civile, il barrio tornò ad avere un nuovo slancio negli anni ‘50, grazie all’istituzione di diverse scuole religiose e non, che consentirono un notevole aumento dell’offerta culturale e di servizi del quartiere. Tuttavia sono gli anni ‘60 il periodo di maggior cambiamento e rinnovamento del quartiere: dal punto di vista dell’assetto viario e del disegno urbano fondamentale fu la risistemazione degli ampi viali alberati che caratterizzavano le strade dell’Ensanche, venne infatti eliminata la fila di alberi centrale, al fine di dare mag-

gior spazio alla circolazione dei veicoli. Importante in quegli anni furono anche la costruzione della Galleria Preciados nella calle de Arapiles, che diede un fortissimo impulso al commercio e la conversione in edifici per uffici di diversi complessi residenziali nella zona di Almagro. Nel 1975 infine venne approvata la riforma di Garcia Lomas “Operacion Ruina”: si trattava di un piano di riqualificazione di alcune parti del distretto di Chamberì, che prevedeva la demolizione di alcuni edifici fatiscenti o degradati come il mercato di Olavide. L’Operacion Ruina rappresentò l’ultimo significativo intervento realizzato nel distretto di Chamberì per quanto riguarda l’assetto urbano. 30


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02 WHERE?

Chamberì oggi

Chamberì rappresenta una vera e propria città nella città; è il distretto della diversità, una diversità che traspare in particolar modo dalla compresenza di un’architettura principesca e spagnoleggiante con una edilizia popolare e indifferenziata e dalla natura multiculturale della sua popolazione. Il distretto di Chamberì, da sempre a prevalenza residenziale,ha una densità abitativa di 31.115 ab/kmq con un totale di 13.833 abitanti, di cui il 14% di origine straniera. Oltre alla presenza di numerosi

spazi per la cultura (per citarne alcuni Museo Sorolla,Fundacion Ortega y Gasset, Escuela de Minas, Instituto Internacional, Casa del Libro, Insitucion Libre de Enseñanza, Biblioteca Central de la Comunidad, Museo Instituto Valencia de Don Juan, Fundaciçn Universidad Complutense, Facultad de Documentacion) ciò che caratterizza il distretto è il commercio, dai grandi magazzini ai piccoli negozi, il che rende questo barrio particolarmente popolato e movimentato a qualsiasi ora del giorno. 32


Sei sono i grandi quartieri che costituiscono Chamberì: Almagro, Arapiles, Gaztambide, Ríos Rosas, Trafalgar e Vallehermoso, diversi nella loro fisionomia, nella gente e nella storia. Il distretto è delimitato:a sud dalle calle de Alberto Aguilera, calle de Sagasta e Calle de Genova, le strade che segnavano il limite tra la città consolidata e la nuova espansione dell’Ensanche, a est dal paseo della Castellana, la grande arteria trasversale che taglia la città di Madrid da nord a sud; a nord dalla calle de Raimundo Fernandez Villaverde e a ovest dalla calle de Isaa Peral. Chamberì è divisa a sua volta in sei barrios: 1_Almagro_Considerato il Museo all’aria aperta del distetto di Chamberì, ospita molte opere di grande interesse per l’architettura madrilena e spagnola. Dal 1860 diviene dimora di una parte dell’alta società di Madrid, con un suoi palazzi alti ed eleganti. 2_Trafalgar_In questa parte si trovava il mercato di Olavide, centro nevralgico dell’area distrutto nel 1975. 3_Arapiles_Ospitava il cimitero generale del nord, chiuso nel 1884, diventa negli anni successivi un luogo degradato in cui si diffonde molta delinquenza. Oggi è un quartiere commerciale e di uffici, soprattutto nella parte adiacente a San Bernardo. 4_Gatzambide_La creazione di grandi industrie da un forte impulso alla zona, soprattutto 33

all’inizio del ‘900. Oggi sede di una parte dell’Università Complutense di Madrid, e per questo molto popolata da studenti e giovani. 6

5_Rios Rosas_Posto nella parte Nord del distretto, troviamo la stazione di Cuatro Caminos, una della prime stazioni metropolitane della città. La creazione di questa linea diede un forte impulso al distretto. 6_Vallehermoso_Zona a bassa densità abitativa, caratterizzato da un grande complesso sportivo, che si compone del parco Isabel II, di una grande palestra e dello stadio Vallehermoso.

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5

3

1 2


Il barrio di Arapiles

Situato a meno di 5km a nord del centro storico di Madrid, il quartiere di Arapiles è il più denso della città; principalmente residenziale, esso vive di commercio a piccola scala, mercati, servizi, mentre sulla grande scala giocano un ruolo importante il Teatro Canal e le grandi zone sportive. Il teatro di Canal rappresenta uno degli interventi architettonici più importanti degli ultimi anni in questo quartiere. Il progetto realizzato da Juan Navarro Baldeweg è stato iniziato nel 2000, e nel 2009 è stato inaugurato il teatro. Posto all’incrocio di due grandi assi viari, la calle cea Bermudez e la calle Bravo Murillo il teatro offre alla strada una cortina multicolore che si srotola come una pellicola cinematografica, lungo il perimetro dell’isolato, cambiando total-

mente la forma della manzana classica madrilena. L’edificio si divide al suo interno in tre zone, ben riconoscibile anche all’esterno:un volume dedicato ai servizi e alle sale prove, e due grandi sale teatrali. L’altro elemento che caratterizza fortemente il barrio di Arapiles è la presenza di numerose aree sportive, tra cui gli el club polideportivo de Canal, posto di fronte al Parque Movil e il parco attrezzato di Santander. E’ inoltre interessante segnalare che si sta pensando di ricostruire lo stadio di Vallehermoso, i cui impianti sportivi erano stati demoliti negli anni 2000 per essere sostituiti da una struttura all’avanguardia in vista delle Olimpiadi. Il progetto è stato ripreso dal comune di Madrid, che intende portarlo a termine entro il 2018. 34


L’isolato Parque Movil occupa il 24% di Arapiles(350.000mq circa), con i suoi 85.800 mq di estensione; già questo primo dato fa intendere la dimensione e il valore urbano di un suo progetto di rigenerazione, da non intendere esclusivamente come il riuso di un edificio, ma come la riorganizzazione di una vera e propria porzione di quartiere e pezzo di città, il cui riuso deve essere integrato con l’intorno, in modo da innescare un meccanismo di progressivo miglioramento urbano del quartiere.

Deposito del Canal Isabel II

Teatro de Canal

Spazi vuoti nel centro storico Parque Santander

Estadio Vallehermoso Spazi vuoti nel barrio di Arapiles

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IMPIANTI SPORTIVI

1. 2. 3. 4.

Stadio Parque Centri Escula

Vallehermoso Santander y deposito Canal Isabel II deportiva 36


Strutture sportive del Parque Club deportivo Parque Movil Piscina Parque Movil Area: 1.375 mq Superficie: 1.375 mq Numero piani: 1 Uso passato: Sportivo Uso attuale: Dismesso

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EDIFICI RELIGIOSI 1. Nuestra senora de los Angeles 2. Monastero de la tercer visitacion de Santa Maria 3. Congrega De La Madre 4. Carmelitas Descalzas de Santa Teresa del Jesus 5. Parrocchia de Santa Rita 6. Hijas de la caridad

7. Parrocchia di Santa Teresa y Santa Isabel 8. Parrocchia di San Ricardo 9. Santa Maria del Silecio

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Chiesa di San Cristobal Area: 549 mq Superficie: 1.374 mq Uso passato: Religioso Uso attuale: Religioso

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SETTORE EDUCATIVO 1. Saint Louis University 2. Scuola infantile El valle 3. Universidad San Pablo CEU 4. Collegio Mayor Alcor 5. Ospedale universitario San Carlos 6. Colegio Jesus Maestro 7. Colegio Asuncion Rincon 8. Istituto secondario Joaquin Turina

9. FacoltĂ di commercio e turismo 10. Scuola infantile Maria Inmaculada 11. Academia Nova 12. Centro espanol de nuevas porfesiones 13. Colegio Decroly 14. Colegio publico Claudio Moyano 15. Colegio el Porvenir 16. colegio Divina Pastora

17. Escuela tecnica Superior de Ingenieros de Minas 18. Colegio Rufino Blanco 19 FacoltĂ di Scienze della documentazione 20. Scuola infantile Chiqui Tin 21. Colegio La inmaculada 22. La Salle San Rafael 23. Escuela Infantil Vallehermoso 24. Colegio Fernando el Catolico 40


Colegio Publico San Cristobal Area: 586 mq Superficie: 2.573 mq Numero piani: 5 Uso passato: Aule didattiche Uso attuale: Aule didattiche Colegio Publico San Cristobal Annesso Area: 346 mq Superficie: 1.586 mq Numero piani: 4 Uso passato: Aule didattiche Uso attuale: Segreteria

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EDIFICI CULTURALI

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Biblioteca Ruiz Egea Museo minero Don Felipe de Borbon Sala Canal de Isabel Cine Verdi Biblioteca pulica central Biblioteca Caja Madrid Teatro de La Badia

8. Teatro Galileo 9. Museo de America 10. Teatro Quevedo

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Teatro Canal Area: 8.736 mq Superficie: 38.382 mq Numero piani: 6 Uso:teatro e laboratori

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WHO?

Gli abitanti del barrio

Proprio per la dimensione e l’impatto sociale del progetto, si è scelto di partire da un’analisi incentrata sugli abitanti del distretto di Chamberì, coloro che lo vivono e lo animano, e quindi da un’analisi della popolazione. Il barrio si caratterizza per la sua densità di popolazione, la più elevata di Madrid; allo stesso tempo però presenta la maggiore età media della città. 44


Vista la portata anche sociale che quindi assume un ipotetico riutilizzo del Parque Movil, è stato ritenuto opportuno farsi una prima idea sul come agire in tale luogo, facendo interviste agli abitanti e ai frequentatori della zona e del quartiere, prendendo in considerazione diverse fasce d’età e stato sociale, ponendo particolare attenzione sul capire cosa viene apprezzato e cosa no del quar45

tiere e quali potrebbero essere i miglioramenti o i cambiamenti favorevoli a una migliore vita nella zona. I risultati delle interviste confermano quindi le considerazioni alle quali è facile giungere subito dopo un primo sopralluogo: dal punto di vista architettonico e urbano infatti, la scarsa qualità delle strutture e delle residenze del barrio, dovuto soprattutto

a una mancanza di luce, alla carenza di spazio pubblico e zone verdi, alla difficoltà di accessibilità, e alla mancanza di una continuità urbana con poca priorità ai pedoni, rendono necessaria l’ipotesi di un miglioramento della struttura urbana.


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WHY?

Presupposti d’intervento

Sono già diversi anni che si parla di una riapertura del Parque Movil con riposizionamento della attuale funzione in un’altra zona meno centrale della città di Madrid. Secondo le indicazioni del Plan de Racionalización y Optimización del uso de Inmuebles del Patrimonio infatti l’area presa in esame è destinata a una radicale trasformazione, che ha come scopo principale quello di riaprire i due assi nord-sud ed est-ovest, la calle de Escosura e di Joaquin Maria Cortez, la cui continuità è al momento negata dalla presenza del complesso del Parque Movil e da sbarre vigilate che regolano l’ingresso veicolare a San Cristobal, permesso esclusivamente agli abitanti del quartiere. È chiaro quindi come una cessione del complesso da parte dell’Ayuntamiento permetta di evitare questo sistema di chiusura e faciliti l’integrazione della colonia con il resto del tessuto urbano.

Altri interventi significativi da Piano risultano l’eliminazione della possibilità di parcheggiare nelle aree adiacenti agli edifici residenziali di San Cristobal e il riposizionamento di questi parcheggi destinati ai residenti negli spazi sotterranei del Parque Movil. Per quanto riguarda infine nello specifico i tre blocchi del Parque Movil, viene prevista una trasformazione media o bassa nella parte frontale su Cea Bermudez, e una trasformazione intensa per il resto dell’area, dove viene considerata l’ipotesi di una demolizione del complesso. La destinazione d’uso a cui inizialmente è stato destinato il nuovo complesso è quella residenziale, in particolare nel 2013 era stata prevista la realizzazione di appartamenti di lusso, un’operazione considerata poi speculativa e non rispettosa del valore simbolico e della memoria che il complesso del Parque Movil rappresenta.

Plan de Racionalización y Optimización del uso de Inmuebles del Patrimonio 48


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Un ulteriore documento rilevante per la scelta della strategia di intervento è l’Agenda 21 Locale: strumento di pianificazione strategica della città e di governo locale, rappresenta per l’Ayuntamiento, e per i diversi attori sociali ed economici che insieme lavorano nella redazione di un Piano di Azione, uno degli strumenti fondamentali per comprendere l’avanzamento della città, o in questo caso di un quartiere, verso uno sviluppo sostenibile, che miri al progresso economico ma rispettando l’ambiente e favorendo l’equità sociale e la qualità della vita e delle generazioni presenti e future. Lo origini dell’Agenda 21 Locale risalgono al 1992, alla Conferencia sobre Medio Ambiente y Desarrollo celebrata a Rio de Janeiro, meglio conosciuta come Cumbre de la Tierra, dove fu approvato un programma globale incentrato sullo sviluppo sostenibile, denominato Programma21.In particolare, nel capitolo 28 si incentivano 50


le autorità locali a iniziare processi di dialogo con i loro abitanti per sviluppare la Agenda 21 Locale. Il coinvolgimento della città di Madrid con lo sviluppo sostenibile parte con la firma della Carta di Aalborg, nel settembre 1996, con la quale si iniziarono a porre le basi della Agenda 21 Locale. Quest’ultima, la cui prima fase di analisi sostenibile dei diversi distretti risulta già ultimata, è stata poi seguita dal Plan de Accion del Distrito de Chamberì, costituito dai piani di azione very e proprio, che danno direttive concrete e azioni sul territorio secondo un diverso grado di prorità: inn particolare tale Plano conta 146 azioni, delle quali 15 sono state ritenute proritarie. Il Piano ufficiale viene approvato dal Consiglio Territoriale il 21 gennaio 2008 e dal Distretto di Chamberì il 6 febbraio dello stesso anno. Dallo studio di tale documento sono emersi alcuni punti che riguardano il Parque Movil e il suo intorno, in particolare da un punto dal punto di vista della struttura urbana del barrio, del verde e dei servizi basici e che quindi sono risultati di particolare importanza per le prime valutazioni e strategie di progetto per quanto riguarda l’assetto urbano e l’intervento nell’intorno dell’edificio: • Unione della calle Joaquin Maria Lopez e calle Escosura, aprendo una via di collegamento attraverso il Parque Movil. (punto1) • Mantenimento del rispetto dell’estetica architettonica stabilita per gli edifici al momento di costruire o 51

• •

riabilitare edificio. (punto 35.) Ampliare le zone comuni del Distretto creando più parchi, per esempio negli spazi o nei lotti che possono essere liberi. (punto 58) Recupero e riuso del Parque situato tra la calle Cea Bermudez e Bravo Murillo (punto 62) Azioni municipali di recupero e mantenimento del verde del Parque Movil (punto 63) Studio delle possibilità di conversione a spazio pubblico della struttura sportiva “Club Deportivo Parque Movil” e completare il suo rimodellamento (punto 102).


HOW?

La raccolta di tutti questi dati e informazioni è stata necessaria per porre le basi di progetto e di strategie urbane: ciò che accomuna tutte le scelte risulta comunque essere la volontà di riaprire il Parque Movil alla città, renderlo un vero e proprio pezzo di essa, una città nella città, mantenendo però al tempo stessa la sua unicità e integrità con se stesso e con San Cristobal. Per farlo è stato scelto di lavorare a due livelli diversi; il primo livello intende aprire questo spazio alla città, e quindi liberare il piano terra dell’edificio, lavorando sulla continuità urbana e sulla scala del quartiere. Sono state abbattute le barriere che limitavano gli ingressi all’area ed è stato scelto di riaprire la strada che collega la calle Joaquin Maria Lopez con calle Escosura, creando una strada carrabile che scende a livello -4.5m e permette l’accesso da est al parcheggio interrato, posto sotto la nave de hormigon. L’altro asse principale di progetto risulta essere il prolungamento della calle Escosura, che si collega a Cea Bermudez, attraversando in senso trasversale il Parque Movil, la chie-

sa di San Cristobal e confluendo nella piazza adiacente ad essa; questa via di collegamento resta di percorrenza ciclabile e pedonale, ma permette, insieme all’asse nord-sud, di ricreare le manzane negate dal Parque Movil. Il parcheggio è stato pensato per servire sia l’Oficina del Parque Movil, sia gli abitanti di San Cristobal; il quartiere infatti è stato pedonalizzato completamente, valorizzando, con l’incremento del verde e il rifacimento della pavimentazione, le corti aperte tra le stecche che costituiscono la colonia. Queste ultime infatti ad oggi risultano spazi vuoti particolamente angusti in quanto sfruttati per la sosta di una parte delle automobili degli abitanti di San Cristobal: l’accesso al quartiere è regolato da sbarre automatiche vigilate nelle 24ore, che consentono l’accesso in automobile solo a chi alloggia negli edifici della colonia, controllata in questo modo per la presenza del Parque Movil, edificio di proprietà dell’Ayuntamiento. Il riuso di un edificio così significativo, sia da un punto di vista propriamente dimensionale sia di importanza

storica, come il Parque Movil, si pone quindi come tentativo di rispondere ad alcune delle esigenze del barrio, in particolare si pone l’obiettivo di aprirsi alla città, offrendole un nuovo spazio pubblico, un luogo pensato per l’incontro, un luogo pensato per e dai cittadini, un luogo flessibile che si adatti alle esigenze contingenti ma che rispetti sempre la sua essenza di grande spazio pubblico, una grande piazza in cui il fare diventa l’attributo necessario, in cui l’essere spettatore del luogo viene superato dall’esserne protagonista.

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Stato attuale: .180 parcheggi per residenti .Quasi totale assenza di verde .Strade carrabili all’interno del quartiere .Scarsa qualità degli spazi esterni delle residenze

Stato attuale: . La supermanzana del Parque Movil nega gli assi del tessuto ortogonale di ChamberĂŹ . Calle di Escosura e di Joaquin Maria Lopez interrotte

Ipotesi di progetto

Ipotesi di progetto

.Parcheggio interrato:360 posti, per residenti e visitatori del Parque .Potenziamento del verde nel Poblado di San Cristobal .Creazione di un asse viario carrabile di accesso al parcheggio .Strade pedonali in tutto il quartiere .Risistemazione della pavimentazione esistente

. Riapertura della calle Escosura e Joaquin Maria Lopez, esclusivamente ciclabile e pedonale

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03 PRESUPPOSTI DEL PROGRAMMA FUNZIONALE

Spazio pubblico

Nella società globalizzata attuale, dominata da internet, dal mondo telematico e della comunicazione globale, la piazza intesa come luogo di aggregazione della città storica ha perso parzialmente la sua identità e ad oggi lo spazio pubblico sembra sempre più configurarsi come l’estensione dello spazio commerciale o come semplice prolungamento dello spazio domestico. In questo senso i cambiamenti in atto nella società stanno riconfigurando le dinamiche della città e la sua fruizione, ridefinendo nuovi luoghi di aggregazione e spazi della e per la comunità. La città di Madrid riflette bene questo tipo di cambiamento che le metropoli odierne stanno su-

bendo: alle polarità antiche, come Plaza mayor, oggi per lo più luogo di attrazione turistiche, si stanno sommando nuovi punti di aggregazione più vivaci e innovatori, attorno al quale si raccolgono le nuove generazioni. Agli spazi pubblici consolidati si uniscono e si intersecano nuovi poli attrattori, creando nuove reti del vivere comunitario. La nostra analisi si è concentrata su questi nuovi luoghi di aggregazione della città di Madrid, e in particolare su due tipologie di spazi che a nostro avviso caratterizzano più di ogni altro l’identità vera e propria della città: gli spazi per la cultura e la creatività, e i mercati. 54


Madrid è stata recentemente classificata come la quarta città più creativa d’Europa, ponendola insieme a capitali storicamente all’avanguardia come Berlino e Parigi. L’industria creativa madrilena conta più di 156.000 persone che lavorano nel settore, raggiungendo da sola il 30% del totale di tutta la Spagna. Il comune di Madrid è infatti molto sensibile a questa tematica e sta mettendo in atto una serie di iniziative, di piani e di progetti al fine di promuovere e dare slancio a questo settore fortemente promettente. Infatti se la crisi economica ha reso indispensabile cercare nuovi modelli alternativi di sviluppo, capaci di generare un tipo di impiego specializzato e di qualità, l’industria creativa è uno dei settori che risponde a questi requisiti. Il documento che testimonia in maniera più completa ed estesa questo interesse del comune di Madrid per la creatività e la cultura è sicuramente il PECAM, Plan estrategico de cultura de Madrid, redatto nel marzo 2012. Il PECAM si struttura come un documento di lavoro aperto alla collaborazione di agenti culturali pubblici e privati, così come a piattaforme della società civile fornire le linee guida per gli interventi di potenziamento e progettazionenell’ambito culturale e creativo nella città di Madrid.

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PECAM

un piano per la cultura

La vitalità e la vivacità culturale rappresentano l’essenza delle città attuali e della società. In questo senso la cultura non deve essere unicamente considerata nella sua dimensione simbolica o artistica ma è necessario contemplarne tutte i suoi valori annessi:riveste infatti un ruolo protagonista anche nella coesione sociale come meccanismo atto a stimolare e promuovere l’inclusione, favorisce la rigenerazione urbana e lo sviluppo sostenibile e rappresenta uno strumento utile a favorire il cambio sociale e l’integrazione trasversale delle varie generazioni, delle classi sociali e delle varie etnie. Madrid ha realizzato negli ultimi 30 anni un considerevole investimento nelle infrastrutture culturali attraverso il restauro di edifici, la costruzione di nuovi spazi culturali e la riconversione di ex edifici produttivi e industriali. La cultura della città sta cambiando radicalmente e la crisi

finanziaria rende sempre più necessario stabilire nuove priorità nelle politiche di azione, razionalizzare la gestione e incentivare la collaborazione tra il governo locale e le altre amministrazioni pubbliche, individuando le aree in cui è necessario intervenire e quelle che presentano le potenzialità maggiori per divenire “luogo di cultura”, dando la priorità a quelle proposte che abbiano come obiettivo essenziale la crescita del tessuto creativo, la rigenerazione urbana e la capacità di offrire impiego e nuove possibilità di lavoro. Obiettivo del PECAM non è tanto quello di definire nel dettaglio le azioni di intervento, quanto suggerire una modalità e segnalare un percorso e una strategia per il potenziamento dell’industria creativa e della cultura. Le linee guida e molti dei concetti su cui il PECAM di fonda derivano da elaborati redatti dall’unione europea, che incentiva e promuove la cooperazione 56


culturale a scala europea e internazionale(in accordo con il trattato di Maastricht e con il trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009). Partendo dalle considerazioni del PECAM riguardo lo stato attuale della città di Madrid, il processo di globalizzazione, la rivoluzione tecnologica e la riorganizzazione dei processi produttivi ha portato ad un notevole aumento dell’importanza dell’industria creativa. Questa costituisce ad oggi una componente sempre più importante nella vita delle città contemporanee e metropolitane, e in particolare nelle economie post industriali. Queste industrie, chiamate “Fabricas sin humo” non solo rappresentano un veicolo per la trasmissione dell’identità culturale, ma offrono luoghi di aggregazione e spazi per l’innovazione, contribuiscono alla crescita economica e offrono nuovi posti di lavoro. All’interno delle fabbriche senza fumo consideriamo tutti quei settori culturali e creativi la cui attività include la creazione,la produzione,la distribuzione e la conservazione dei beni e servizi che coinvolgano espressioni culturali, artistiche o creative. I settori culturali e creativi includono in particolare l’architettura, gli archivi bibliotecari, l’artigianato, le arti audiovisive(cinema, televisione, multimedia), il disegno, la musica, le arti sceniche, la radio e le arti visuali.

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La creazione e il potenziamento di queste industrie creative, rappresenta un’occasione incredibile per la crescita culturale ed economica della città: un esempio molto attuale in questo senso è quello della Cable Factory di Helsinky, un ex complesso industriale riconvertito in spazi per la cultura(3 musei, 12 gallerie d’arte, un centro di danza, una scuola d’arte e una serie di spazi affitabili per atelier, corsi o eventi). Un modello che risulta vincente in questa operazione di promozione della cultura è la creazione dei cosiddetti cluster creativi. Si tratta di raggruppamenti di aziende, associazioni o liberi professionisti di un medesimo settore, che si associano e lavorano in maniera 58


sinergica al fine di condividere esperienze e competenze differenti, mescolando diverse figure professionali e lavorando in coworking. A Madrid, sono già presenti esempi validi di questo tipo: -Coworking: Utopic_US, The Hub Madrid -Esperienza di gestione e esibizione collettiva,Noestudio -Piattaforme online di progetti artistici, come Nowwwh -Residenze per artisti, come il progetto Black and Noir -Laboratori di formazione creativa, come il Revolution Lab -Esempi di microinvestimenti e crowdfunding. Il documento del PECAM parte da uno studio effettuato dall’Area di Governo delle Arti, nel febbraio 2009, chiamato “Habitos y recursos culturales en la Ciudad de Madrid. Conocimiento, partecipacion, exprectativas y valorizaizon del grado de satisfaccion”. Questo documento metteva infatti in evidenza le criticità e le potenzialità del settore. L’offerta culturale di Madrid soddisfa le aspettative dell’81,1% dei consumatori culturali e dell’85% della popolazione. La percentuale d’ insoddisfazione è quindi relativamente bassa e secondo le analisi gli aspetti da migliorare riguardano principalmente la riduzione dei prezzi, la diffusione e l’incremento della varietà culturale. Allo stesso modo altri dati, provenienti da fonti non statistiche(blog, giornate di dibattito, articoli di giornale etc) rivelano un malcontento per l’offerta culturale basata su una visione economicista della cultura, legata al marketing. 59

In generale gli interventi del comune di Madrid degli ultimi dieci anni hanno apportato delle modifiche notevoli al panorama cittadino e le riqualificazioni e costruzioni ex novo hanno dato un corposo e interessante assortimento di spazi per la cultura e la creatività.


Museo Reina Sofia Jean Nouvel

Spazi per la cultura Madrid dal 1990 ad oggi

COAM

A partire dagli anni 90 il comune di Madrid ha intrapreso una consistente lavoro di potenziamento delle infrastrutture culturali, andando ad implementare notevolmente il patrimonio di musei, gallerie d’arte e spazi espositivi della città. Tra gli interventi più importanti dei primi anni 90 vanno ricordati il Museo Reina Sofia, la Casa de America e il Museo Thyssen-Bornemisza, tutti rifacimenti di edifici storici. Agli anni 2000 risalgono invece una seconda serie di interventi di riqualificazione, come il Teatro Valle-Inclan, il Teatro Circo Price, il centro culturale Madrid Centro-Centro e il Matadero di Madrid. Quest’ultimo è senza dubbio il progetto più ambizioso ed ampio che è stato realizzato negli ultimi anni a Madrid. Il Matadero è un ex macello si-

tuato nel distretto di Arganzuela, poco distante dal fiume Manzanarre, costruito nel 1910 da Luis Bellido y Gonzalez. Il complesso fu chiuso definitivamente nel 1996, e sotto l’incarico del COAM è stato restaurato e trasformato in un “centro de creacion contempraneo”, un grande laboratorio integrato di creazione interdisciplinare, nelle sue navi infatti trovano spazio diversi settori, il teatro(nave del espanol), il cinema(Cienteca), la musica(Nave de Musica, la letteratura(Casa del Lector), una scuola di disegno, un laboratorio di arti visive(Intermediae) e spazi per esposizioni temporanee. A questa serie di interventi di carattere pubblico se ne sono sommati altri di carattere privato: La casa Encendida, il Caixa Forum, La Fundacion Mapfre e la Tabacalera. Tra

Matadero de Madrid Colegio Oficial de Arquitectos de Madrid

Matadero Madrid Nave 16

Caixa Forum Herzog e De Meuron

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questi il Caixa Forum e la Tabacalera risultano i più noti e per alcuni aspetti più interessanti: il Caixa Forum è la riconversione di una centrale elettrica in galleria d’arte contemporanea, con il progetto ambizioso di Herzog e De Meuron, mentre la Tabacalera è una ex fabbrica di tabacchi oggi trasformata in centro sociale autogestito, con spazi culturali e laboratoriali. Importante anche citare altri interventi come la ristrutturazione del Conde Duque, il Campo della Cebada, Patio Maravillas, Espacio Trapezio, La Casa de la Portera, Kubik Fabrik.

Media Lab Prado Langarita y Navarro

Media Lab Prado

Tabacalera

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Al di la dei musei propriamente detti, particolarmente interessanti risultano tutti questi hubs, luoghi creativi e d’innovazione che si stanno rapidamente diffondendo nella capitale. Nonostante spesso si tratti di piccole realtà e di luoghi di difficile classificazione, ci troviamo di fronte ad edifici con un grande potenziale, dove si offrono spazi affittabili, dove si incentiva il coworking, e al tempo stesso lasciano spazio all’esposizione e ad eventi di vario genere, luoghi d’incontro e confronto. In molti casi vengono favorite e incentivate iniziative pubbliche per la creazione di nuove imprese e start up legate all’industria creativa. Da poco più di dieci anni a Madrid si sono diffusi spazi del genere, che ospitano hubs creativi, riutilizzando vecchi laboratori o garage: Factoria la Nave, Off Limits, Studio Banana, Taller de Casqueria, Tetuan Valley, Proyecto Rampa). Tra gli ultimi lavori realizzati dal comune di Madrid spicca sicuramente il Medialab Prado, riqualificazione industriale di una ex segheria, realizzato su progetto dello studio Langarita Navarro riconvertito in laboratorio di ricerca e investigazione soprattutto nel campo della rete digitale. Unito alla riqualificazione e alla riconversione di spazi storici e industriali, è interessante segnalare anche l’importanza che rivestono tutti gli spazi fieristici su cui il comune di Madrid sta puntando, per dare nuovo slancio alle grandi esposizioni temporanee. Analizzando quindi gli inter63

venti della città degli ultimi anni, ad opera sia del comune, che di grandi enti privati fino alle piccole associazioni private e autogestite emerge in maniera chiara l’importanza crescente della cultura, della creatività, del lavoro manuale coadiuvato dalle nuove basi tecnologiche. In generale Madrid, così come le altre grandi capitali della cultura sembra riflettere in maniera chiara ai cambiamenti in atto nella società contemporanea, alle nuove tecnologie che si stanno facendo strada, alla necessità di un ritorno alle arti manuali e in generale ad una società di “makers”.


Makers

La rivoluzione del fare

In molti oggi sostengono che la nostra società sta per conoscere una nuova rivoluzione industriale, una svolta radicale nel nostro modo di lavorare e di vivere che porterà a cambiamenti significativi, la cui portata potrà essere paragonata a quella delle precedenti rivoluzioni industriali. Per molti la rivoluzione più importante degli ultimi decenni era stata l’introduzione dell’informatica. Il mondo dei bit ha infatti sovvertito totalmente il nostro modo di lavorare e vivere, apportando cambiamenti radicali in tutti campi della produzione e della comunicazione. Oggi invece molti studiosi parlano di osmosi tra tra tecnica e tecnologia: mescolare le abilità artigianali con le competenze industriali, le capacità

dei tecnologi e dei manager con quelle, straordinarie, dei tecnici e degli artigiani. Non a caso, nel paese innovatore per antonomiasia, cioè gli Stati Uniti, la causa dei makers, di coloro che si fanno le cose da soli, sta guadagnando sempre più consensi. Alla base di questa nuova rivoluzione c’è quindi un sostanziale avvicinamento tra la fase ideativa e la produttiva, una sorta di ritorno dal mondo virtuale al reale, dai bit agli atomi. Questa tendenza, insieme alla diffusione di nuove tipologie di produzione e finanziamento alternativo(peer production, open source, crowdsourcing e crowfunding), permetterà di finanziare, sviluppare e realizzare progetti a costi bassissimi.

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Spazi che in questo senso rappresentano luoghi innovatori, dove l’artigianato e il “fare” trovano il loro scenario sono i Fablab. Con il termine fablab(fabricacion laboratory) indichiamo uno spazio in cui vengono messi a disposizione una serie di strumenti per la creazione di prototipi: stampante 3D, fresa, sega circolare, laser cutter, scanner 3D. A questa zona macchinari, che vengono dati in affitto o comunque usati su prenotazione, si aggiunge tutta una parte di coworking: il lavoro collettivo e la condivisione di saperi e conoscenze diverse rappresenta una fase fondamentale per lo sviluppo dell’idea. All’interno della città di Madrid troviamo già diversi esempi di Fablab, alcuni legati ad atenei universitari e altri ge-

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stiti da privati, tra cui i più importanti sono: -Makerspace Madrid, un fablab specializzato nella fabbricazione digitale di prototipi e nello sviluppo di progetti creativi e tecnologici. -FabLab MAdrid CEU, laboratorio di fabbricazione digitale legato al campus di Moncloa, i cui servizi sono principalmente rivolti agli studenti dell’ateneo. -FabLab UPM, laboratorio di dimensioni ridotte collegato con il centro di innovazione tecnologica dell’Università Politecnica -MediaLab Prado, principalmente spazio di coworking, offre anche luoghi per seminari, workshop e piccole esposizioni IED Madrid,laboratorio di fabbricazione più strettamente legato al mondo del design del prodotto e della moda.


Il mercato

Luogo di incontro

La nostra analisi sulla città di Madrid ci ha portato a considerare un’ altra tipologia di spazio, quella del mercato. Il mercato, inteso non solo come piazza per la rivendita di generi alimentari ma come vero e proprio luogo di aggregazione rappresenta uno degli elementi caratterizzanti della città di Madrid. Il mercato è infatti nella cultura spagnola e in particolar modo in quella della capitale, il cuore della società: se da un lato troviamo il mercato de abastos, lo spazio di rivendita di generi alimentari, legato alla quotidianità della vita del barrio, dall’altro è fondamentale lo spazio del mercato delle tapas, un luogo in cui alla vendita di prodotti si associa una parte di stand e piccoli chioschi dove è possibile degustare un’ampia varietà di

pietanze. Il comune di Madrid, oltre ad aver messo a punto un piano per la riabilitazione di 39 dei 46 mercati municipali per adattarli alla nuova domanda commerciale, ha elaborato un nuovo piano strategico di modernizzazione della rete dei mercati. L’obbiettivo principale è stato quello di promuovere la trasformazione dei mercati municipali in nuove forme commerciali originali e differenziate, mantenendo però per ciascuno l’essenza e i caratteri emblematici di ciascun edificio. Il piano si è messo in atto seguendo tre elementi principali: la rinnovazione e modernizzazione delle strutture fisiche e commerciali, la preparazione del personale specializzato e il miglioramento della gestione, la promozione e pubblicizzazione di questo tipo di spazi. 66


Tra i mercati de abastos il più famoso è sicuramente quello de la Cebada: costruito nel 1868 da Mariano Calvo Pereira e successivamente ristrutturato nel 1958. Si tratta di uno dei mercati coperti più grandi di Madrid, con una superficie di oltre 6000 mq, e si caratterizza per una grande copertura voltata e colorata. Per quanto riguarda i mercados de tapas bisogna sicuramente ricordare il Mercado de San Miguel, il Mercado de San Anton e l’huerto de Lucas, tre esempi della stessa categoria che tuttavia presentano caratteristiche diverse e molto interessanti. Il primo è forse il più famoso mercato di Madrid e senza dubbio il più turistico:vicinissimo alla Plaza Mayor, questo edificio si caratterizza per una struttura in ferro, risalente all’inizio del XX secolo e ospita una grande varietà di piatti e pietanze, soprattutto della cucina tradizionale spagnola. Il Mercado de San Anton è invece un edificio di recente costruzione, che si colloca nello stesso luogo in cui nel 1945 fu costruito il vecchio mercato di Chueca, poi finito in disuso. Questo mercato, presenta caratteristiche più innovative ed interessanti:composto da una pianta quadrata organizzata attorno ad una grande corte centrale si sviluppa su quattro livelli e troviamo una declinazione ben più complessa della tipologia del mercato. Una parte è stata dedicata al mercado de abastos, alla rivendita di prodotti alimentari di ogni genere, con predilezione per i prodotti a km 0 e biologici, una 67

seconda dedicata ai caratteristici tapas bar e nell’ultimo piano troviamo la parte più innovativa: insieme alla grande terrazza con il bar, dove è possibile godere del clima mite di Madrid, si trova tutta una parte dedicata a laboratori gastronomici e una zona di cucine fai da te, dove chiunque può usufruire degli spazi e cucine offerte dal mercado per cucinare e sperimentare i prodotti acquistati nei piani inferiori. Ultimo esempio molto interessante e di più recente creazione è l’huerto de Lucas: si tratta di un progetto ecogastrocultural, come lo definiscono gli stessi fondatori. Un mercato non solo di vendita di prodotti biologici, ma in cui la sensibilizzazione alle tematiche ambientali e del “mangiar sano” diventano elemento cardine del progetto, infatti oltre ad una parte di vendita di prodotti biologici(prodotti ortofrutticoli, carne, pesce etc) e di una zona degustazione, troviamo tutta una parte dedicata a corsi, workshop incentrati su questo tipo di tematiche. In definitiva la tipologia del mercato, luogo fortemente identitario nella cultura madrilena, si sta arricchendo negli ultimi anni di una serie di accezioni e caratteristiche che stanno rendendo questi luoghi dei nuovi spazi per l’innovazione e la crescita.

Mercado de La Cebada

Mercado de San Miguel

Mercado de San Anton

Huerto de Lucas


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04 OFICINA DEL PARQUE MOVIL Il programma funzionale

Queste analisi preliminari ci hanno permesso di comprendere in maniera più approfondita la città di Madrid, le sue dinamiche, i cambiamenti che sta affrontando e le potenzialità latenti che possiede. E’ stato infatti indispensabile compiere dei salti di scala sia nella fase di redazione del programma funzionale che in quella progettuale, vista la dimensione dell’edificio e la complessità di approccio all’area. Ciò che da subito ci è sembrato indispensabile è stato quello di conservare il carattere unitario dell’intero isolato, quindi di tutto il Parque Movil e del Poblado de San Cristobal, privandololo però di quella chiusura che ora lo caratterizza. Da un punto di vista funzionale il parque Movil deve diventare polo attrattore e catalizzatore, innanzitutto per il quartiere e poi per tutta la città. Abbiamo cercato infatti di lavorare su due scale diverse, quella di quartiere per il piano terra e una più gran-

de per i piani superiori, in cui la funzione si rapporta ai grandi edifici della cultura e della creatività presenti nella città. Riaprire i due assi principali che erano stati negati dal progetto della “supermanzana” ci è sembrato da subito un’azione necessaria e coerente:il piano terra torna infatti ad essere una parte integrante della città, con una porzione destinata ad uso commerciale(nella nave de hormigon), un ristorante, una zona di laboratori bambini, un bike rent, uno spazio eventi e una parte destinata alla funzione del mercato. La declinazione del mercado del Parque è stata fatta considerando l’analisi effettuata sui mercati presenti a Madrid e in particolar modo a Chamberì, e soprattutto considerando le nuove tendenze e le innovazioni in questo settore che già si stanno registrando nella capitale. Una prima parte, abbastanza contenuta, è stata riservata al 70


mercado de abastos, una zona di rivendita di generi alimentari destinata a integrare l’offerta già presente nel quartiere. Poco distante troviamo infatti il mercado de Vallehermoso, un edificio risalente al 1930, recentemente restaurato e che risponde già da questo punto di vista alla domanda della zona. Ciò che abbiamo cercato quindi di privilegiare sono stati i prodotti a km0 e di coltivazioni biologiche, che non hanno in questa parte della città un vero e proprio punto di vendita. La parte più importante è invece destinata alle tapas, con una zona di piccoli chioschi e un ristorante. A queste si collegano due aree con funzioni correlate: una di colture idroponiche, per le sperimentazioni sulle nuove metodologie di coltivazione, e una di laboratori gastronomici e cucine fai da te.

Aule studio 24h Laboratori bambini Sala Periodici educazione

Laboratori Spazi espositivi arte e cultura

PM mercato prodotti locali Bar e Ristoranti Stand street food Lab culinari Orti urbani

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lavoro Spazi affittabili Start up Atelier d’artista


Dalla città

idee materiali investitori

Per la città

professionist i

opere d’arte turismo lavoro

Esposizione Vendita

Educazione Sviluppo

Creazione Produzione

Mentre il piano terra appare più frammentato e risponde più ad una logica di integrazione e potenziamento delle funzioni già esistenti nel quartiere, la parte superiore, della nave de hormigon e del espacio rampa lavorano in maniera sinergica, con funzioni che si intersecano e creano una grande industria creativa, l’”oficina” del Parque Movil. Il termine oficina nella lingua spagnola indica o uno spazio per uffici o più in generale un luogo in cui si realizza o si lavora qualcosa. Tuttavia l’etimologia di questa parola riconduce ad una serie di concetti fondamentali per il nostro progetto e che ci ha fatto optare per questo nome per il nostro edificio: il termine officina in latino indicava infatti laboratori produttivi, in cui veniva esercitato un mestiere pratico. La nostra oficina vuole diventare quindi una grande fabrica sin humo, un luogo in cui riscoprire il lavoro manuale e i mestieri, uno spazio per la creatività e le arti, uno scenario per la crescita e l’inno-

vazione. In questo luogo i piccoli produttori, le nuove generazioni e i grandi investitori trovano uno spazio per il confronto: l’Oficina offre luoghi per l’educazione e la formazione, spazi per la condivisione e il confronto e parti per la rivendita e l’esposizione, creando così una vera e propria “macchina del fare”. L’area complessiva dell’oficina sfiora i 18.000mq e si compone di un’ampia area dedicata a laboratori didattici, in cui gli spazi offerti vengono presi in affitto da privati per organizzare corsi, workshop e dove possono trovare spazio scuole di vario genere. Nonostante sia nostra intenzione quella di lasciare molto libera questa parte, senza definire e caratterizzare in maniera netta gli spazi, al fine di offrire degli spazi flessibili e capaci di adattarsi alle esigenze della città, abbiamo stilato un ipotetico programma di laboratori, legati soprattutto al mondo dell’arte, del design e delle arti sceniche.

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PM

PM

Materia prima, prodotti locali Idee Investitori Persone, di tutte le età Turismo

Laboratori cibo - laboratori di cucina orti urbani mercato km0 bar ristoranti stand street food

Educazione Produzione Vendita Esposizione

arte e cultura - laboratorio luce - aule per corsi teorici - laboratorio fotometrico illuminotecnico - spazi per realizzazione di dispositivi illuminotecnici - laboratorio di fotografia (pubblicità, foto di scena, post produzione) laboratorio di sartoria - tavoli per disegno ed elaborazione - macchine da cucire, da taglio per modelli e plastici - deposito materiali, archivio laboratorio di scenografia - corsi teorici - banco falegnameria Educazione - spazi per la pittura Produzione - laboratorio plastici e modelli in scala - deposito materiale laboratorio del suono - corsi di musica, canto - sala prove per gruppi - sale di registrazione - corsi di costruzione strumenti, spazio cuffie, silent disco laboratorio di teatro e danza - sala prove - camerini laboratorio di arti visive - aule cinema, pittura, grafica, fotografia,arti plastiche aule conferenze, postazioni informatiche, aule studio, spazi ricreativi spazio espositivo atelier d’artista, spazi commerciali affittabili

Vendita Esposizione

_lavoro - uffici, segreteria area co-working FabLab Educazione - laboratorio con macchinari(stampante 3d, arduino..) Produzione - deposito per materiale - spazi di lavoro con archivio progetti aule conferenze, team room, postazioni informatiche, aree relax uffici affittabili per liberi professionisti

PM

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Professionisti specializzati Opere d’arte Offerta turistica e culturale Nuove risorse economiche Spazi pubblici e verde

Vendita Esposizione


Un altro settore dell’edificio è invece riservato a spazi affittabili per atelier d’artista o per laboratori artigianali, immaginando in un’ottica di coworking, che la vicinanza tra questi professionisti e coloro che partecipano e usufruiscono degli spazi laboratoriali possa arricchire la proposta formativa e allo stesso tempo avvicinare fin da subito coloro che stanno intraprendendo un percorso di formazione professionale al mondo del lavoro. La parte invece dell’espacio rampa è dedicata alla creazione di un grande fablab(con una parte per la condivisione delle strumentazione e una per il coworking) e un’altra dedicata alle nuove generazione che aspirano a creare una azienda start up(con una parte dedicata a lezioni formative, una parte di coworking e spazi di confronto). In generale la finalità ultima di questi spazi è quella di fornire supporto innanzitutto alla formazione professionale, incentivare progetti innovativi e autofinanziati e favorire la cooperazione tra le arti e le generazioni. Tutto il complesso del Parque Movil è infine collegato da un grande percorso espositivo, che attraversa e mette in comunicazione i tre spazi dell’area. Non si tratta però di un edificio museale in senso stretto, quanto più di uno spazio per esposizioni temporanee legate anche all’attività svolta nell’oficina. Un luogo di cultura, ma anche una vetrina per i nuovi professionisti e designers che in questo spazio si formano e convivono, uno spazio per il confronto e il dialogo. L’oficina diventa così un cuo-

re pulsante all’interno del quartiere di Chamberì: dalla città entrano nuove idee, materie prime e investitori; il parque propone un’offerta formativa professionale differenziata, spazi per la ricerca e l’innovazione, luoghi e mezzi di produzione atti alla prototipazione e spazi per la vendita e l’esposizione e in questo modo si formano nuove figure professionali, posti di lavoro, offerta turistica e in generale un innalzamento del valore dell’area in cui il Parque si inserisce.

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ASSONOMETRIA

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PLANIVOLUMETRICO

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Il progetto architettonico

La fase di ricerca e di analisi condotta, ci ha portato a definire alcuni dei concetti fondamentali su cui si sviluppa e da cui prende il via il nostro progetto di riqualificazione del Parque movil. L’azione principale, quella che potremmo definire come la fase zero, che precede tutti gli altri interventi, è stata quella di riaprire il piano terra alla città, cercando tuttavia di mantenere l’unità con cui gli edifici, pur diversi fra loro, erano stati concepiti. Il Plan de Racionalización y Optimización del uso de Inmuebles del Patrimonio del Estado redatto nel 2013 incoraggiava a riaprire i due assi stradali negati dalla presenza del Parque Movil, ovvero la calle Escosura e la calle de Joaquin Maria Lopez, per ridare continuità al tessuto urbano dell’area. Tuttavia mentre in questo stesso documento si pre-

vedeva la demolizione sia della nave metallica che di quella de hormigon e l’edificazione di un complesso residenziale, la nostra sfida è stata quella di mantenere l’intera struttura esistente, un patrimonio storico e architettonico di grandissimo valore. Il piano terra si presenta quindi come un grande spazio libero, scandito da due strutture profondamente diverse, quella in acciaio e quella in cemento armato, che dialogano insieme attraverso volumi puntuali che vanno a ridefinire la forma delle manzane negate dal Parque Movil. L’attacco a terra è dominato così da due grandi assi stradali, esclusivamente pedonali e ciclabili, mentre il traffico veicolare viene deviato su una corsia tangente all’edificio che scende alla quota dell’interrato, dove si trova il parcheggio sotterraneo.

Maquetas di studio 80


ATTACCO A TERRA

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Altro approccio che ci sembrava interessante era quello di mettere in connessione più forte i tre elementi del complesso, la nave metallica, la nave de hormigon e lo spazio rampa. Nonostante il progetto originario prevedesse fin dall’inizio l’esistenza dei tre corpi di fabbrica, è anche vero che nella sua realizzazione gli edifici appaiono profondamente diversi, accostati tra loro e non dialoganti. L’operazione che abbiamo deciso di mettere in atto è stata quella di creare un edificio ex novo, che irrompesse all’interno della nave metallica, cambiandone la scala e che mettesse in comunicazione i due spazi. Si tratta di un Media Building, un piccolo padiglione formato da una struttura reticolare in acciaio ancorato al terreno solo in quattro punti. I punti di risalita sono gli unici elementi che vanno a poggiarsi a terra, oltre alle cerniere di ancoraggio della struttura: l’edificio si configura come una scatola totalmente cava, in cui nel perimetro esterno,intercapedine tra gli elementi strutturali a V, si trovano scale e solai di collegamento, dove si trovano una piccola biglietteria e degli spazi per videoproiezioni. Elemento che domina all’interno di questo grande vuoto centrale è una sala totalmente sospesa, che diventa il cuore dell’intero edificio, uno spazio raccolto e intimo per performance, conferenze o presentazioni. L’edificio, oltre a diventare un mediabuilding, sulle cui pareti è possibile proiettare video e immagini, e a diventare una sorta di lanterna in

grado di catalizzare l’attenzione, diventa anche l’elemento di collegamento tra la nave metallica e quella di hormigon e rappresenta l’inizio del percorso espositivo che prosegue poi nello spazio della nave de hormigon per arrivare fino allo spazio rampa che conduce al tetto giardino. Abbiamo interpretato questo elemento come una sorta di controrampa, un secondo elemento distributivo del progetto.

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Per quanto riguarda l’intervento sulla struttura esistente il metodo è stato fortemente conservativo: la nave metallica è stata mantenuta nella sua interezza stamponando solo alcune porzioni del muro esistente in mattoni, al fine di garantire la continuità degli assi stradali e dei collegamenti a piano terra. Per quello che riguarda la nave de hormigon l’intervento è stato invece più consistente. Le facciate, frutto di un rifacimento postumo, sono state eliminate, per riportare alla luce la struttura esistente a travi e pilastri in cemento armato. La problematica più urgente da risolvere per questo corpo di fabbrica era la scarsità di luce, dovuto ad una larghezza dell’edificio di ben 40m. La scelta è stata quella di creare due grandi aperture, una trasversale e una longitudinale, eliminando i tamponamenti

in cemento dei solai esistenti e mantenendo invece la maglia strutturale. A questo asse di luce che va a tagliare l’edificio de hormigon corrisponde un corridoio verde a piano terra, che costeggia la strada. Lo scheletro strutturale in cemento, messo in risalto da queste due operazioni di demolizione viene poi inglobato all’interno di quattro volumi vetrati estremamente puliti. La volontà è quella di lasciare la struttura esistente protagonista, andando ad inserire tamponamenti verticali vetrati che si accostano alla maglia di pilastri, in modo da far leggere la geometria rigorosa dell’edificio. Risultava però necessario ristabilire le connessioni tra i quattro volumi creati che la fase di demolizione aveva negato. La scelta è stata quella di andare a sovrapporre al telaio esistente un elemento continuo 84


di connessione tra i vari spazi, un’arteria che si insinua negli spazi riconnettendoli tra loro. Questo percorso, realizzato con una modalità totalmente a secco, con struttura in acciaio e rivestimento in lamiera bugnata, presenta una forma curvilinea, per smorzare un po’ la rigidezza e il rigore della maglia strutturale e creare una spazialità più accogliente e sinuosa. La passerella rimane esterna agli edifici veri e propri, in modo da garantirne la connessione, e solo in alcuni punti si insinua all’interno(solo in qualità di pavimentazione, che all’interno si poggia direttamente sul solaio esistente in cemento) per andare a definire quelli che sono gli spazi comuni di lavoro e i percorsi interni distributivi. L’ultimo step della progettazione di questo spazio è stato l’inserimento degli elementi verticali, dove si trovano i vani scala, gli spazi laboratoriali più chiusi e gli spazi di servizio. Si tratta anche in questo caso di volumi puliti, che dialogano con la geometria esistente dei pilastri, anche se in questo caso, a differenza delle facciate esterne che rimangono arretrate rispetto alla struttura, vanno ad inglobarla. Questi blocchi si configurano come degli elementi slanciati, che vanno a mediare la forte longitudinalità dell’edificio esistente, e creano una connessione forte tra il piano terra e ciò che sta sopra. Inoltre è importante sottolineare che i volumi entrano in dialogo con la vena centrale di 85

collegamento: nel momento in cui questi due elementi si intersecano il blocco si modifica, sia nella funzione che nel materiale, divenendo permeabile e vetrato e andando a costituire un elemento mediatore tra gli spazi comuni che affacciano sul corridoio esterno e quelli più chiusi dei laboratori.


PIANTA PRIMO LIVELLO +7.00

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PIANTA SECONDO PIANO +9.15

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PIANTA TERZO PIANO + 13.9

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SEZIONE AA - SEZIONE BB

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Lo spazio della nave de hormigon presenta infine la copertura piana esistente, trasformata in tetto giardino: questo piano rappresenta il punto di arrivo di tutti i flussi: quelli proveniente dal percorso espositivo della rampa, quelli provenienti dal media building e quelli provenienti dai laboratori sottostanti, uno spazio verde e rassicurante in cui godere del tempo mite che Madrid offre. L’ultimo spazio su cui siamo intervenuti è stato quello del corpo frontale affacciato su Cea Bermudez: in questo caso l’intervento è stato ancora una volta abbastanza conservativo, vista la presenza della doppia rampa elicoidale che domina lo spazio. Quest’ultima è stata infatti lasciata inalterata e abbiamo provveduto semplicemente a differenziarne i flussi in modo da destinarne una allo spazio espositivo e lasciare l’altra come elemento distributivo dei vari piani dell’Oficina. L’unico intervento sulla struttura esistente è stato quello sulla facciata: il prospetto che affaccia su Cea Bermudez è stato totalmente conservato, visto il valore architettonico e di memoria storica che possiede, e sono semplicemente stati eliminati i tamponamenti verticali. Dietro la facciata originale è stata posta una controfacciata in policarbonato ed è stato eliminato il solaio esistente della prima campata, per dare continuità alla nuova parete, consentire un maggior apporto di luce e creare un elemento che alterasse senza sconvolgere il fronte stradale, come a segnalare la presenza dell’edificio del Parque Movil che risulta altrimenti quasi nascosto. 92


Approccio tecnologico

Dal punto di vista tecnologico l’approccio ha privilegiato il più possibile la reversibilità e la sostenibilità dell’intervento. Il materiale di scarto proveniente dalla demolizione dei solai in calcestruzzo della nave de hormigon e del muro in mattoni della metallica è stato riutilizzato come materiale inerte nel sottofondo delle aree verdi. La tecnologia utilizzata è totalmente a secco, per garantire la reversibilità, la flessibilità e la disassemblabilità. Per la nave metallica è stato prevista la risistemazione del solaio di copertura in lamiera, per garantire il fissaggio dei pannelli fotovoltaici. Le murature esistenti demolite sono state sostituite da partizioni verticali in policarbonato con un sistema di apertura a bilico. 93

Per la nave de hormigon invece le partizioni verticali sono state pensate in vetro, con sistemi di schermatura esterni in lamiera stirata a pannelli scorrevoli, ancorata alla struttura in cemento armato esistente, creando una facciata continua che garantisce un’ombreggiatura diffusa e uniforme. La pavimentazione è flottante, per garantire l’alloggio degli impianto elettrico e idraulico, mentre quello di areazione è stato collocato a sospensione. Il media building, l’unico edificio di nuova costruzione, è una struttura reticolare in acciaio saldato, totalmente a secco; ancorato alla copertura si trova una piccola sala, sospesa grazie a un sistema di tiranti, realizzata con centine in acciaio accoppiate e un rivestimento in polietilene.


SEZIONE SIGNIFICATIVA

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SEZIONE SIGNIFICATIVA

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ESPLOSO ASSONOMETRICO

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MAQUETA_SCALA 1:200

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