narrare la storia il medioevo
Luca Franceschini - Alessandro Grittini
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Capitolo 1
Finisce il mondo antico: si prepara un mondo nuovo La fine del mondo “Ecco la fine del mondo”: con queste parole il vescovo di Milano, Ambrogio, commentava la notizia della sconfitta dell’esercito romano nella battaglia di Adrianopoli ad opera dei Visigoti. E così fu percepita da molti cittadini dell’Impero l’avanzata inarrestabile dei nuovi popoli “barbari”: la fine di un mondo durato mille anni, una fine che sembrava travolgere tutto. “Se Roma perisce, chi mai si salverà?” scrisse un altro grande personaggio del tempo, san Girolamo. In realtà, la fine del mondo tanto temuta non ci fu. Sulle ceneri del mondo antico che stava crollando si preparava qualcosa di nuovo, un nuovo mondo nato dall’incontro dei popoli germanici che irrompevano nella storia, con le grandi tradizioni romane e con i nuovi valori portati dal Cristianesimo.
Sarcofago grande Ludovisi, palazzo Altemps, Roma
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Finisce il mondo antico: si prepara un mondo nuovo
1 · Perché cadde l’Impero Romano L’Impero Romano: un corpo sano o un corpo malato? Uno storico francese, André Piganiol, paragonando l’Impero Romano alla vita di un uomo, ha detto che “non morì di morte naturale” ma “fu assassinato”. Questa frase suggestiva sta a significare che tale Impero era come un uomo in piena salute sul quale si abbatté dall’esterno un evento imprevisto e violento, le invasioni barbariche, che lo portò alla morte in brevissimo tempo. Altri storici sostengono un’opinione diversa: per loro l’Impero, per svariate ragioni, sarebbe entrato in crisi e questa crisi interna sarebbe stata la causa primaria, più ancora che le invasioni barbariche, della sua caduta. Per rimanere all’immagine del corpo, quindi, secondo questi studiosi, esso sarebbe morto di morte naturale a causa di malattie che si erano sviluppate da tempo al suo interno.
Perché si parla di cause esterne e di cause interne a proposito della caduta dell’Impero Romano?
Cause “interne” e cause “esterne” A chi dare ragione? Probabilmente, come spesso accade, la verità sta nel mezzo: l’Impero Romano cadde per entrambe le ragioni, per cause “interne” che si sommarono alle cause “esterne”. Infatti, come un corpo indebolito da malattie e vecchiaia è più vulnerabile ad aggressioni esterne, così l’Impero, sempre più indebolito, non riuscì, come aveva fatto in precedenza, ad opporre un’adeguata resistenza agli attacchi che provenivano dalle popolazioni barbariche. Cercheremo quindi ora di esaminare quali furono questi fattori che concorsero a porre fine a uno dei più grandi imperi della storia umana.
2 · I fattori “interni”: una crisi che durava da tanto tempo La crisi politica Da tempo l’Impero Romano si trovava in una situazione di crisi per svariati motivi. Fin dagli inizi dell’età imperiale, e quindi già nel I secolo, era emerso il grave problema della successione al trono: alla morte di un imperatore, infatti, non di rado si aprivano feroci conflitti per designare il suo successore e spesso venivano scelti o si imponevano personaggi che poi si rivelavano deboli e incapaci di governare a lungo e con autorità. Questa situazione si aggravò in particolare a partire dal III secolo e finì per mettere in pericolo la stabilità e la guida sicura dell’Impero.
Erburacum
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Milano ROMA
Sirmio
Mar Nero
Bisanzio Nicomedia Nuova Cartagine
Atene
Cartagine
Antiochia Mar Mediterraneo
Alessandria Suddivisione dell’impero durante la Tetrarchia Territori dell'Augusto occidentale
lo
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Territori dell'Augusto orientale Territori del Cesare occidentale Territori del Cesare orientale Città più importanti
Diocleziano istituisce la tetrarchia Anche per fronteggiare questo problema, oltre che per garantire un governo più efficace in un territorio sempre più vasto, l’imperatore Diocleziano tra il 286 e il 293 aveva attuato l’importante riforma della tetrarchia, cioè aveva diviso l’Impero in quattro parti con quattro diverse capitali (Treviri e Milano in occidente, Sirmio e Nicomedia in oriente). Due di queste erano affidate a due augusti, le altre a due cesari, scelti dai primi. Alla morte degli augusti i rispettivi cesari avrebbero preso il loro posto designando a loro volta dei nuovi successori. Poteva sembrare una soluzione piuttosto complessa ma, agli occhi di Diocleziano, avrebbe potuto favorire una successione indolore, senza lotte e contrasti. In realtà, questa soluzione fallì e non riuscì ad eliminare del tutto nuove lotte e scontri. Non sempre, infatti, la successione di un cesare alla carica di augusto era accettata dagli altri pretendenti al trono. Con Costantino il cuore dell’Impero si sposta ad oriente Agli inizi del IV secolo si affermò un nuovo grande personaggio, Costantino, figlio dell’augusto Costanzo Cloro. Egli, forte dell’appoggio del suo esercito, riuscì a sbaragliare tutti i rivali, l’ultimo dei quali l’augusto d’Oriente Licinio, e a riunificare nelle sue mani tutto il potere imperiale, ponendo fine alla tetrarchia. Decise poi, a parti-
Perché fu istituita la tetrarchia?
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Testa colossale di Costantino, Palazzo dei Conservatori, Roma
re dal 326 di risiedere stabilmente a Costantinopoli (l’antica Bisanzio, sulle sponde del Bosforo) che egli fece abbellire e trasformare nella sua nuova capitale. Alla sua morte, però, scoppiò di nuovo il caos, con lunghi ed estenuanti conflitti fra i tre figli, pretendenti alla successione.
La definitiva divisione in due parti Riunificato per un breve periodo nelle mani di Teodosio, che governò a partire dal 379, alla morte di questi (395) l’Impero venne definitivamente diviso tra i suoi due figli: ad Arcadio toccò l’Impero Romano d’Oriente (che successivamente verrà anche chiamato bizantino), ad Onorio quello d’Occidente. Il primo conobbe una certa stabilità e poté consolidarsi e garantirsi, come
11 vedremo, una lunga esistenza; il secondo finì di nuovo in preda a lotte e anarchia e si ridusse ad essere governato da imperatori spesso deboli e incapaci. La città stessa di Roma iniziò un lento e inarrestabile declino.
Il declino economico Anche in campo economico da tempo si manifestavano segnali di declino. Calava la produzione agricola, i commerci languivano, i prezzi dei prodotti aumentavano come pure le imposizioni fiscali. Inutilmente Diocleziano aveva tentato di intervenire per sanare la situazione, ad esempio bloccando i prezzi dei prodotti, ma senza ottenere risultati duraturi. Con i suoi successori, poi, la situazione non era migliorata di molto. La vita, soprattutto dei contadini, era sempre più misera e ovunque, ma soprattutto nelle città, si manifestava un nuovo drammatico problema: il calo demografico. I Romani non sono più quelli di una volta: la crisi dei valori morali A questi fattori di crisi molti studiosi aggiungono il venir meno degli antichi valori che avevano fatto grande Roma. I Romani del IV e del V secolo erano molto diversi da quelli di un tempo: sembravano non amare più la loro patria come in passato, erano meno disposti a sacrificarsi per essa, preferivano, quando era possibile, vivere nello sfarzo e nel lusso anziché dedicarsi al bene pubblico. La stessa religione che nell’antichità aveva insegnato ai Romani ad amare e a servire la patria, si era col tempo ridotta a culti esteriori, talvolta bizzarri, di imperatori spesso fanatici e autoritari. Conseguenza di tutto questo fu anche la crisi dell’esercito. I Romani, infatti, si mostravano sempre meno disposti ad arruolarsi e a mettere a rischio la loro vita combattendo per difendere la patria, proprio nel momento in cui la minaccia esterna dei barbari si faceva più consistente. Per questo, gli imperatori furono costretti ad arruolare forze mercenarie scelte tra i barbari. Interi reparti dell’esercito romano erano nel IV secolo costituiti da truppe provenienti da popolazioni non romane, che in qualche caso avevano anche dato prova di valore nel combattimento, ma che sicuramente non offrivano più molte garanzie di affidabilità .
3 · I fattori “esterni”: le invasioni barbariche Chi erano i “barbari” e da dove provenivano Con la parola “barbari” si suole indicare un insieme di popolazioni, in prevalenza germaniche, che i Romani avevano già incontrato e affrontato fin dai tempi di Giulio Cesare e che fino al IV secolo erano state tenute sotto controllo, oltre i confini
Anarchia parola di origine greca che significa assenza di un governo stabile, di un’autorità riconosciuta
Demografia parola che indica la scienza che studia l’andamento della popolazione (dal greco demos, “popolo”, e graphè, “scritto”, “descrizione). Si parla di calo demografico quando la popolazione in un determinato territorio diminuisce e di incremento quando, al contrario, aumenta
Soldati mercenari soldati che combattevano al servizio di chi li pagava e quindi per denaro e non più per difendere la propria patria o i propri ideali
Perché si parla di imbarbarimento dell’esercito romano?
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nord orientali dell’Impero. Inizialmente nomadi e dedite alla caccia e all’allevamento, oltre che alla guerra, queste popolazioni si erano progressivamente stanziate lungo i confini, ma ben presto fecero sentire la loro minacciosa presenza anche all’interno dei territori romani. Un primo segnale: la sconfitta di Adrianopoli Nella seconda metà del IV secolo, infatti, spinta dagli Unni, un popolo di origine mongolica proveniente dall’Asia centrale, una di queste popolazioni, i Visigoti, irruppe all’interno del territorio imperiale varcando il Danubio e innescando una catena di reazioni che ebbero conseguenze devastanti. Un primo campanello d’allarme di quello che sarebbe successo in seguito si ebbe già nel 378 nella battaglia di Adrianopoli (città della Tracia, nella parte occidentale dell’attuale Turchia). In questo scontro anche l’imperatore Valente, che tentava di fermare l’avanzata degli invasori, venne clamorosamente sconfitto e ucciso con diecimila dei suoi uomini. Dalle incursioni alle invasioni Ben presto l’onda delle invasioni divenne inarrestabile. Nell’inverno tra il 406 e il 407 Vandali, Alani e Svevi attraversarono il Reno ghiacciato e si insediarono prima in Gallia e poi in Spagna. I Burgundi, a loro volta, occuparono la valle del Reno, i Franchi Salii si insediarono nel territorio dell’attuale Belgio, mentre gli Angli e i Sassoni si stabilirono in Britannia. Queste invasioni, per la verità, non incontrarono molti ostacoli. L’esercito romano, che, come vedremo più avanti, era sempre più indebolito, non fu in grado di opporre un’efficace resistenza. Il sacco di Roma del 410: “Se cade Roma, tutto il mondo cade” Con i Visigoti, fallito il tentativo di sconfiggerli militarmente, i Romani erano nel frattempo arrivati a un accordo. Si accettò il loro stanziamento nelle province orientali della Mesia e della Tracia come socii, cioè alleati, per cui potevano conservare le proprie leggi e usanze ma dovevano impegnarsi a difendere il confine loro assegnato da altre invasioni. I Visigoti non rimasero però a lungo in questa posizione: l’imperatore d’Oriente, infatti, che voleva sbarazzarsi della loro ingombrante presenza, li spinse ad attaccare direttamente l’Italia. Qui per ben due volte, guidati dal loro re Alarico, vennero sconfitti dall’esercito romano comandato da un valoroso generale di origine vandala, Stilicone, che aveva anche provveduto a spostare la capitale dell’Impero da Milano a Ravenna, ritenuta più sicura. Quando, però, dei cortigiani invidiosi riuscirono a far uccidere Stilicone, Alarico poté di nuovo tornare alla carica, giungendo fino ad assediare Roma e a saccheggiarla nel 410. Il sacco di Roma
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Invasioni dell'Impero Romano Unni
Ostrogoti
Vandali
Franchi
Svevi
Angli
Alani
Sassoni
Visigoti
Città più importanti
fu un evento che destò enorme impressione in tutto il mondo civile di allora. Per la prima volta, dopo 800 anni, l’Urbe che aveva dominato il mondo veniva sconfitta e saccheggiata da un popolo straniero. Molti ebbero l’impressione che qualcosa fosse definitivamente finito, quasi il preannuncio di una tragica fine del mondo.
Si allontanano i Visigoti, arrivano gli Unni In realtà, i Visigoti non rimasero a lungo a Roma: preferirono lasciare l’Italia per insediarsi in Gallia. Subito, però, si andò profilando la minaccia degli Unni. Sotto la guida del re Attila, essi si presentarono a ridosso dei confini dell’Impero, seminando il terrore tra le popolazioni locali. Duramente sconfitti nel 451 ai Campi Catalaunici (vicino all’attuale Troyes, nel nord est della Francia) da un esercito composto da Romani, Franchi e Visigoti, guidati all’ultimo grande generale romano, Ezio, ripiegarono allora verso l’Italia nord orientale, invadendo il Friuli dove portarono devastazione e morte. Attila fu però convinto ad arrestare la sua marcia sul fiume Mincio da una delegazione inviata da Roma, di cui faceva parte anche il papa Leone I. Il motivo di questa decisione non è del tutto chiaro agli storici. Secondo la leggenda, il re unno si sarebbe fatto convincere dalla figura autorevole del papa. In realtà è più probabile che temesse un attacco alle spalle da parte delle truppe dell’imperatore bizantino.
Perché il sacco di Roma fu un evento sconvolgente per gli uomini di quel tempo?
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Incontro di Leone Magno con Attila, Raffaello, Musei Vaticani, Città del Vaticano
Perché si dice che l’Impero Romano ebbe fine nel 476?
476: cade l’Impero Romano Ezio, il vincitore di Attila, fece però la stessa fine di Stilicone. L’imperatore Valentiniano III, preoccupato dei suoi successi lo fece assassinare e l’anno dopo, nel 455, Roma, sempre più indifesa, subì una nuova devastante incursione da parte dei Vandali giunti via mare dalle coste africane. Definitivamente indebolito, l’Impero Romano, ormai ridotto alla sola penisola italiana e sotto la minaccia continua di nuove invasioni, aveva un destino segnato. Nel 476 Odoacre, re degli Eruli, insediatisi nella Pianura Padana, e capo degli eserciti imperiali di stanza in Italia, depose l’ultimo imperatore romano, Romolo Augustolo (il diminutivo stava ad indicare la sua giovanissima età, poco più che un bambino) e inviò all’imperatore d’Oriente Zenone le insegne imperiali, gesto con il quale intendeva significare che l’Impero in occidente era ormai finito e che da questo momento in poi Roma non avrebbe più avuto un imperatore: la lunga storia di dominatrice del mondo era ormai conclusa. Per ironia della sorte, l’ultimo imperatore si chiamava Romolo, proprio come il leggendario fondatore della città.
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4 · Una nuova religione arriva da oriente: il Cristianesimo Il Messia e la “buona novella” Il Cristianesimo ha origine dalla vita e dalla predicazione di Gesù di Nazareth, vissuto in Palestina, una regione periferica dell’Impero Romano, al tempo degli imperatori Augusto e Tiberio. Nonostante la sua origine umile, questa religione è divenuta nel tempo la più diffusa e la sua importanza nella storia della civiltà è testimoniata dal fatto che ancora oggi in tutto il mondo, anche nei paesi dove i cristiani sono pochi, si contano gli anni a partire dalla nascita del suo fondatore. Stando al racconto contenuto nei vangeli Gesù, dopo aver vissuto per parecchi anni nella modesta famiglia di un falegname, iniziò attorno ai trent'anni la sua attività pubblica, predicando e compiendo prodigiosi miracoli. Proclamava la "buona novella", il compiersi in lui della promessa contenuta nella Bibbia: egli era il Messia inviato a liberare l'uomo dal peccato per riconciliarlo con Dio ed aprirgli così le porte della vita eterna. Va detto che l'attesa di un messia era molto viva nel popolo di Israele, ma i più ritenevano che dovesse trattarsi di un capo politico o militare che avrebbe liberato gli Ebrei dalla schiavitù dei Romani. Gesù, invece, si poneva come il messia di un Regno di Dio aperto a tutti gli uomini e destinato ai miti, agli umili, ai caritatevoli verso il prossimo, a coloro che facevano la volontà di Dio. L'aspetto che, tra tutti, sembrava, però, il più sconvolgente era che dalle sue parole e dai suoi gesti egli emergeva non come un semplice profeta, un uomo illuminato da Dio come tanti che c'erano stati prima, né come un maestro di saggezza. Era molto di più: unico fra tutti i fondatori di religioni, Gesù si poneva come il Figlio di Dio, Dio egli stesso, redentore dell'uomo. E ribadì questo anche dinnanzi alle autorità chiamate a giudicarlo, andando perciò incontro alla morte. Negare tutto ciò, per presentare Gesù in altro modo, vorrebbe dire negare il contenuto fondamentale del suo insegnamento e della sua predicazione. La morte e l’annuncio della resurrezione Gesù raccolse attorno a sé un gruppo crescente di discepoli, detti poi apostoli, ma si procurò anche molti nemici ed ostilità. I capi israeliti, i sommi sacerdoti della religione ebraica, i farisei lo accusarono di sacrilegio proprio per la sua pretesa di definirsi Dio, affermazione per loro inaccettabile. Essi riuscirono a farlo arrestare, senza che egli facesse nulla per fuggire o per reagire. Ottennero che fosse messo a morte con la complicità del governatore romano
Messia parola ebraica che significa “l’Unto”, “il consacrato”, quindi il prescelto da Dio. Questo termine è tradotto in greco con la parola Cristo
Apostoli parola greca che significa “inviati” Farisei con questo nome si indicava nel I sec. a. C. una setta di devoti, che si dedicavano con zelo particolare ed esclusivo alla pratica delle leggi e dei divieti contenuti nella religione ebraica
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Ponzio Pilato che preferì non assumersi la responsabilità di decidere della sua sorte, lasciando la decisione nelle mani delle autorità ebraiche del tempo. La morte a cui Gesù fu sottoposto era infamante: la crocifissione sul monte Golgota assieme a due delinquenti comuni. Poteva essere la fine di tutto, e così pensarono in un primo momento i suoi discepoli sconfortati. Invece il giorno dopo, stando al racconto dei vangeli, avvenne un fatto sorprendente: il sepolcro in cui era stato sepolto fu trovato vuoto. In seguito numerosi suoi discepoli riferirono che Gesù era risorto e apparso a loro, e cominciarono ad annunciarlo pubblicamente. Da allora la fede nella resurrezione di Cristo costituisce il cardine della religione cristiana..
Chiesa con questo termine (dal greco ekklesia che significa “assemblea”) si indicò l’insieme di tutte le comunità cristiane sorte in varie località dell’Impero, guidate dai vescovi e fedeli al papa
Martire dal greco martyr, che significa “testimone”, indica colui che dà testimonianza a Cristo offrendo la propria vita per lui
Eucaristia dal greco eucharistía, che significa “rendimento di grazie”, indica il rito della “frazione del pane”, gesto col quale i cristiani rivivono l’ultima cena del Signore
Il Cristianesimo si diffonde I seguaci di Gesù, detti ben presto cristiani, cominciarono a predicare la nuova religione prima a Gerusalemme e in tutta la Palestina, poi negli altri territori dell’Impero Romano. Tra le figure che maggiormente si distinsero in quest’opera di predicazione vi fu Paolo di Tarso, che si convertì alla nuova fede dopo che, da giovane, l’aveva lungamente e ferocemente combattuta. Il punto di riferimento per tutti i cristiani divenne però Pietro, colui che lo stesso Gesù aveva posto a capo degli apostoli. Egli, trasferitosi a Roma, ne divenne vescovo. Con questo nome, che significa in greco “ispettore”, si indicavano gli apostoli ed i loro successori. Per la sua autorevolezza e per l’incarico che Gesù stesso gli aveva affidato, Pietro fu considerato il capo di tutti i cristiani e chiamato anche papa (termine derivante dal latino e che significa “padre dei padri”). Attorno a lui si organizzò la Chiesa. Persecuzioni ed eresie Nella sua rapida diffusione all’interno dell’Impero Romano il Cristianesimo incontrò parecchi ostacoli. I seguaci di Cristo, che rifiutavano il culto pagano in onore dell’imperatore, subirono per questo atroci persecuzioni. Le più terribili furono quelle sotto gli imperatori Nerone, Decio e Diocleziano, che causarono la morte di migliaia di persone. Durante queste persecuzioni si distinse la testimonianza dai martiri, cioè di coloro che andavano incontro alla morte piuttosto che rinnegare la loro fede. Oltre alle persecuzioni, i cristiani dovettero fronteggiare accuse rivolte loro da intellettuali pagani. Nei loro confronti era frequente, ad esempio, l’accusa di cannibalismo in quanto nella celebrazione dell’Eucaristia dicevano di cibarsi del corpo di Cristo. Un’altra accusa ancora più grave fu quella di essere tra le cause della decadenza dell’Impero, soprattutto perché avrebbero attirato con la loro nuova religione la punizione degli dei romani su di esso. Si trattava di accuse chiaramente infondate ma che ebbero un certo seguito al
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Agostino confuta gli eretici, Arca di Sant’agostino in San Pietro in Ciel d’Oro, Pavia
punto che dotti studiosi cristiani, chiamati poi Padri della Chiesa, dovettero impegnarsi con i loro scritti a respingerle. In quest’opera di difesa essi contribuirono anche a precisare sempre meglio i principi della nuova fede. Importante da ricordare a tale proposito è l’opera del vescovo africano Agostino d’Ippona, riconosciuto da tutti gli studiosi come uno dei padri della nostra civiltà. Un’ulteriore difficoltà nacque all’interno della Chiesa dove sorsero le eresie, cioè delle interpretazioni del messaggio cristiano diverse da quelle dei primi apostoli, del papa e dei vescovi. Queste eresie crearono spesso sgomento e confusione nei fedeli e, per fronteggiarle, si fece ricorso ai concili, cioè a delle grandi assemblee nelle quali il papa e i vescovi stabilivano in modo preciso ed inequivocabile i principi della fede, i dogmi, che tutti i cristiani avrebbero dovuto accettare. Nel corso degli anni coloro che accetteranno questi dogmi verranno chiamati cattolici.
Eresia dal greco aíresis, che significa “scelta”, indicava l’adesione a dottrine contrastanti con quella insegnata del papa e dai vescovi
Cattolicesimo dal greco catholikós, “universale”, indica la religione cristiana praticata secondo l’insegnamento del papa e dei vescovi, in contrapposizione alle pratiche e alle credenze introdotte dalle varie eresie
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5 · Da religione perseguitata a religione ufficiale dell’Impero La svolta di Costantino: con il suo Editto la libertà di coscienza entra nella storia La situazione dei cristiani nell’Impero Romano cambiò radicalmente a partire dal IV secolo, grazie in particolare all’opera dell’imperatore Costantino. Questi, nel 313, mediante un atto passato alla storia come Editto di Milano, affermò il principio della libertà di coscienza in materia religiosa, principio che avrà conseguenze importantissime in tutto lo sviluppo successivo della nostra civiltà. In base a questo principio pose fine alle persecuzioni, concedendo ai seguaci di Gesù la libertà di culto all’interno dell’Impero. A spingere l’imperatore a questo gesto, oltre alla sua personale conversione (si farà battezzare però solo poco prima di morire), vi furono probabilmente anche motivazioni di carattere politico. I valori portati dal Cristianesimo potevano contribuire a rianimare una società sempre più povera di ideali come quella romana di allora e, grazie a questo, dare anche nuovo slancio all’Impero. Il sostegno di Costantino alla Chiesa cattolica Oltre a permettere ai cristiani la libertà di culto, Costantino destinò massicci finanziamenti per la costruzione di grandi chiese dette basiliche e per la realizzazione di opere di carità, consentì alla Chiesa di affrancare gli schiavi e altro ancora. Soprattutto, però, si impegnò per consolidare l’unità dei cristiani, combattendo contro la diffusione delle eresie. In particolare nel 325 radunò a Nicea il primo concilio ecumenico, che condannò l’eresia ariana, di cui parleremo nel prossimo capitolo, e fissò i principi cristiani contenuti nel credo (chiamato per questo anche Simbolo niceno). Il passo indietro di Teodosio: il Cristianesimo diventa religione ufficiale dell'Impero Nel 380 un altro imperatore, Teodosio, andò oltre quanto stabilito da Costantino, proclamando il Cristianesimo unica religione dell’Impero e vietando tutti gli altri culti fino ad allora permessi. Questa decisione, che rese il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero, rappresentò certamente un passo indietro rispetto al principio della libertà di coscienza sancito da Costantino. Teodosio attuò questo provvedimento perché, oltre che attratto dalla dottrina di Cristo, era sempre più convinto del ruolo decisivo che la nuova religione avrebbe potuto rivestire nel ricostruire su nuove basi l’Impero.
19 METTIAMO A FUOCO
CHE COSA SONO I VANGELI ? Le notizie riguardanti la vita e l’insegnamento di Gesù ci provengono in gran parte dai quattro vangeli. Inizialmente il termine vangelo indicava la “buona novella”; in un secondo tempo passò ad indicare i libri che di questa buona notizia parlavano. Tre di essi, quelli scritti da Matteo, Marco e Luca, sono molto simili e perciò sono detti sinottici (parola che in greco indica che si possono scorrere “con un unico sguardo”); il quarto invece, quello dell’apostolo Giovanni, presenta alcune differenze che lo rendono originale.
Quando e come sono stati scritti? Gli studiosi ancora oggi discutono su quando e come i vangeli sono stati scritti. Alcuni dati però sembrano ormai sicuri. Probabilmente, durante la predicazione degli apostoli, alcune delle loro testimonianze venivano messe per iscritto e poi lette nelle assemblee delle varie comunità. In un secondo momento qualcuno provvide a raccoglierle e a collegarle fra loro. Il primo fu probabilmente Marco, che era stato amico e discepolo di Pietro, e quindi aveva una conoscenza abbastanza ravvicinata della vita del Messia. Per quanto riguarda le date, sembra ormai assodato che i sinottici siano stati scritti prima del 70 d. C. e quindi quando molti testimoni dei fatti narrati erano ancora vivi. Il più tardo fu quello di Giovanni, scritto forse ad Efeso in Asia Minore, verso la fine del I secolo. Che cosa non sono i vangeli? Che cosa ci fanno conoscere di Gesù? Non dobbiamo pensare che i vangeli siano una cronaca dettagliata di tutti i fatti riguardanti la vita di Gesù. Essi ci raccontano solo ciò che gli apostoli, i testimoni diretti e i primi cristiani ricordavano o trattenevano nel loro cuore, quello che ritenevano fosse importante conoscere del Messia per poterlo amare e seguire. Non tutto ciò, quindi, che riguardava la vita del Cristo si può trovare in questi testi. Questo ha fatto dire in passato ad alcuni studiosi che tali racconti non sarebbero attendibili, sarebbero fonti parziali e inadeguate, non ci offrirebbero notizie certe e la vita di Gesù rimarrebbe un mistero inesplorabile.
Questo non è vero. Chi vuole conoscere Gesù può accostarsi con fiducia ai vangeli. Infatti, se analizzati con attenzione e correttezza metodologica, come molti storici sempre più spesso stanno facendo, questi testi possono fornirci notizie sufficientemente sicure sulla vita del Messia, sono fonti che hanno un sufficiente grado di attendibilità e di certezza. Proprio uno degli evangelisti, Luca, quasi a volerci mettere in guardia dai dubbi, inizia il suo vangelo, ricordandoci di aver fatto un lavoro accurato per vagliare le sue informazioni; scrive infatti all’amico Teofilo: “Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, così ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teofilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto” (Lc, 1,1-4).
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METTIAMO A FUOCO
PERCHE’ IL CRISTIANESIMO EBBE SUCCESSO? Costantino…ma non solo E’ indubbio che le scelte politico-religiose di Costantino ebbero un ruolo importantissimo nel favorire la diffusione e l’affermazione del Cristianesimo che divenne ben presto la religione maggioritaria dell’Impero. D’altra parte, però, l’intervento del sovrano e i suoi aiuti non sarebbero certo bastati, se non ci fosse stata già una diffusione abbastanza capillare di comunità cristiane organizzate intorno ai loro vescovi, e attive in campo sociale, culturale e caritativo. Al Cristianesimo già da prima di Costantino, si erano infatti convertiti schiavi ma anche nobili patrizi, contadini e militari, uomini e matrone, mercanti e cortigiani. E’ quindi altrove che va spiegato il successo di questa nuova religione. Attribuirla solo alle scelte di Costantino (e di Teodosio) è riduttivo e semplicistico. Come si spiega dunque questo successo? Che cosa affascinava i cittadini romani del tempo fino a spingerli ad abbracciare questa nuova fede che veniva dalla Palestina? Rispondeva alle grandi domande dell’uomo La risposta è plurima. Innanzitutto, molti erano attratti e colpiti dal fatto che questa nuova religione spiegava in modo più convincente di altre qual è il senso della vita e rispondeva alle grandi domande esistenziali presenti in ogni uomo: chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Che cosa c’è dopo la morte? Che cosa sono il bene e il male? Grandi pensatori (si pensi fra tutti a sant’Agostino) si convertirono proprio per questo, dopo un lungo studio e una approfondita ricerca. Una nuova libertà In secondo luogo, il Cristianesimo colpiva per il modo in cui proponeva all’uomo la libertà. Offriva a tutti una libertà profonda, interiore, la libertà dalla schiavitù del male, dal vizio e dalla paura della morte. Questa libertà poi si traduceva anche nella vita di tutti i giorni: nelle assemblee e nei luoghi dove si pregava insieme, gli schiavi sedevano accanto agli uomini liberi e a volte anche
accanto ai loro padroni. Costoro, pur mantenendoli come schiavi nella vita di ogni giorno, erano portati a trattarli con più umanità, perché li riconoscevano come fratelli in Cristo. Riguardo alla morte, in particolare, il messaggio cristiano non si limitava a dire che Dio era in grado di sconfiggerla offrendo all’uomo la possibilità della vita eterna, ma riteneva anche di poterne offrire la prova con la morte e la resurrezione di Gesù. Rispetto alla religione ebraica, poi, ricca di comandamenti, obblighi e doveri, il messaggio cristiano predicava un’unica legge importante, quella dell’amore.
La santità della vita Infine ultimo motivo di successo fu la testimonianza della santità di vita data dai primi cristiani, una santità che si esprimeva in significativi atteggiamenti di bontà verso tutti. Come scrive Atenagora (un filosofo cristiano del II sec.): “Tra di noi voi potrete trovare ignoranti, operai manuali, piccoli cervelli: se a parole sono incapaci di esporre l’utilità della loro dottrina, con le azioni dimostrano l’utilità dei loro principi; essi non sanno dire delle parole ma espongono opere buone; colpiti, non rendono il colpo; depredati, non perseguono col giudizio; danno a quelli che chiedono loro e amano il prossimo come se stessi”.
21 VISITIAMO I LUOGHI DELLA STORIA
LE CATACOMBE E I SIMBOLI CRISTIANI Cimiteri scavati nel tufo Avrai sicuramente sentito parlare delle catacombe. Si tratta di una rete di gallerie sotterranee, lunghe decine di chilometri e disposte su più livelli (arrivavano fino a 25 metri di profondità), che si trovano in alcune località intorno a Roma (famose quelle di San Callisto, Santa Domitilla, Santa Priscilla) ma anche altrove, in Italia e in altri paesi. Riguardo alla loro funzione, molti pensano ancora oggi che fossero luoghi di rifugio o di riunione clandestina per i primi cristiani vittime delle persecuzioni. Ciò non è vero. Le catacombe erano cimiteri scavati nel tufo, vere e proprie necropoli. E infatti ancora oggi si può vedere che lungo le gallerie si aprono camere sepolcrali che ospitano nicchie e loculi che contenevano le salme dei defunti. Spesso queste tombe erano ricoperte da lapidi che portavano inciso il nome della persona sepolta (le tombe dei bambini mostrano dei giocattoli o altri oggetti infantili incastonati nella calce). Nel corso del III secolo, proprio per la presenza delle tombe dei martiri, le catacombe divennero anche luoghi di preghiera e di convegno, quasi mai però, come detto, luoghi di rifugio.
Catacombe di San Senatore, Albano Laziale
Interessanti raffigurazioni Nelle catacombe si trovano spesso immagini e decorazioni molto interessanti che ci fanno capire come i primi cristiani interpretavano la loro religione e in particolare la figura di Cristo che veniva espressa attraverso raffigurazioni simboliche. Troviamo, infatti, la colomba col ramo d’ulivo nel becco che stava ad indicare la pace che Gesù portava, la nave che rappresentava la Chiesa che dirige gli uomini verso il porto della salvezza, l’ancora che rappresentava la salvezza, il pesce che simboleggiava Cristo (perché la parola pesce in greco contiene le iniziali della frase “Gesù Cristo, figlio di Dio salvatore”), il pavone che rappresentava la vita eterna, il pane che rappresentava il corpo di Gesù offerto sulla croce. In un secondo momento ai simboli cominciarono ad affiancarsi le rappresentazioni di figure umane: si hanno scene bibliche tratte dal Nuovo e dal Vecchio Testamento (Giona nella balena, Daniele tra i leoni, l’adorazione dei Magi, il battesimo di Gesù), ma anche raffigurazioni dirette di Gesù come buon pastore, con la pecorella smarrita sulle spalle, oppure scene di uomini in preghiera.
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Finisce il mondo antico: si prepara un mondo nuovo
METTIAMO A FUOCO
L’ “EDITTO” CHE NON CI FU… MA CHE FU ESTREMAMENTE IMPORTANTE Editto di Milano… o di Sardica? “Editto di Milano” è un’espressione piuttosto impropria per designare l’atto con cui Costantino pose fine alle persecuzioni contro i cristiani. In realtà a Milano nel 313 non fu emanato nessun decreto imperiale redatto in modo solenne e ufficiale. Si trattò piuttosto di un’intesa pacificatrice tra Costantino e il suo rivale di allora, l’altro augusto Licinio, culminata con la decisione di confermare un precedente decreto emesso dal loro predecessore Galerio nel 311, riguardante la tolleranza religiosa. Galerio aveva preso questa decisione poco prima di morire, a Sardica (l’attuale Sofia, capitale della Bulgaria), dopo aver constatato il fallimento della sua politica persecutoria nei confronti dei cristiani. A loro concedeva perciò la libertà di culto e chiedeva di pregare il loro Dio per l’imperatore. Con l’accordo di Milano l’editto di Sardica (questo è il nome con cui andrebbe quindi in realtà chiamato) venne confermato e di esso venne data successiva comunicazione al governatore della Bitinia, una regione dell’Asia minore. E’ di questa comunicazione che noi abbiamo il resoconto da parte di due scrittori cristiani del tempo, Lattanzio ed Eusebio di Cesarea, mentre non possediamo il testo originale del documento. In campo religioso si deve seguire la propria coscienza Nel resoconto di Lattanzio si riporta la seguente frase attribuita ai due augusti: “Abbiamo ritenuto con ragionamento salutare e giustissimo che a nessun uomo sia negata la facoltà di aderire ai riti dei cristiani, o di qualsiasi altra religione a cui lo diriga la sua mente, cosicché la Divinità suprema, alla cui devozione ci dedichiamo liberamente, possa accordarci la solita benevolenza e il solito favore”. E’ interessante notare come, in questo decreto, venga concessa la libertà di praticare la propria religione non solo ai cristiani, ma anche agli appartenenti alle altre fedi. Si fa, per questo, riferimento alla coscienza personale (la propria “mente”) come all’unico criterio da seguire nello scegliere la religione a cui aderire. Ciò significa
che a nessuno deve essere imposto di praticare una religione contro la sua volontà, né da parte dell’imperatore né da parte dello stato, cosa che invece avveniva comunemente presso la quasi totalità dei popoli antichi ed anche all’interno dell’Impero Romano. Questa è una vera e propria rivoluzione: per la prima volta si riconosce in un atto ufficiale la libertà religiosa come un diritto fondamentale dell’uomo. E si riconosce anche che lo stato non impone nessuna religione propria ma le guarda tutte con rispetto e benevolenza (con un’espressione usata ai giorni nostri si direbbe che lo stato deve essere “laico”).
L’editto di Teodosio…un passo indietro? Rispetto a tutto questo, l’editto di Teodosio del 380 rappresenta un passo indietro. Con esso, infatti, si stabilisce che il Cristianesimo debba essere l’unica religione ammessa dallo stato e tutte le altre vengono proibite, e quindi poi perseguitate. In tal modo viene a perdersi quella libertà di coscienza che l’atto di Costantino invece affermava. Questo può, a prima vista, sembrare un vantaggio per il Cristianesimo, che viene privilegiato rispetto a tutte le altre religioni, ma in realtà non lo è. Chi diventava cristiano perché costretto dalla legge dello stato, finiva per esserlo solo esteriormente e non per una profonda convinzione interiore, ed una fede, ogni fede, senza convinzione interiore e quindi senza libertà, non è vera fede. In secondo luogo, perché con l’editto di Teodosio la religione cristiana finiva per essere sottomessa allo stato e alla volontà dell’imperatore. Vedremo, studiando la storia dei secoli successivi, come questo creerà enormi problemi alla Chiesa che dovrà lottare anche aspramente per difendere la sua libertà dalla volontà di dominio su di essa da parte degli imperatori.
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GIROLAMO E AGOSTINO: DUE MODI DIVERSI DI PORSI DAVANTI ALLE TRAGEDIE DELLA STORIA La caduta di Roma venne vista dai contemporanei in modi diversi. Come già accennato, tra gli intellettuali pagani vi fu chi vide in essa una punizione degli dei tradizionali contro la diffusione del Cristianesimo e la corruzione dei costumi antichi dei Romani. I cristiani, pur difendendosi da queste accuse, espressero però valutazioni differenti. Qui proponiamo i due interessanti giudizi di san Girolamo, scrittore e traduttore della Bibbia, e sant’Agostino. Entrambi si rendono conto della gravità e della drammaticità di questo evento ma la loro reazione è diversa. Il secondo si mostra molto più aperto alla speranza e molto meno angosciato dalla paura del futuro.
Ecco quanto scrive san Girolamo: «Ho saputo che Roma è stata assediata. Sono rimasto turbato, istupidito. Giorno e notte non potevo pensare ad altro se non sperare che tutti si salvassero. Ero ammutolito: sospeso fra disperazione e speranza, nell’attesa di notizie certe, l’incertezza mi paralizzava, mi tormentava la sofferenza altrui. La luce splendente del mondo si è spenta. L’Impero Romano è stato decapitato. La distruzione di una sola città ha distrutto il mondo». dal Commento a Ezechiele, proemio, 1, adatt.
Sant’Agostino invece scrive: «Il mondo è in preda alla devastazione, è schiacciato: coraggio, cristiani, stirpe celeste, voi che siete di passaggio su questa terra e cercate la vostra patria in cielo, dove sarete compagni degli angeli e dei santi, ricordatevi che siete venuti al mondo per lasciarlo. Non è il dolore che deve far paura; suscitano scandalo i discorsi di quelli che dicono: ecco che cosa accade nei tempi cristiani. Questi sono discorsi dei pagani. Ha fatto poco Dio per voi, che nel declino del mondo vi ha mandato Cristo a rigenerarvi, quando ogni cosa cade? Le cose fatte dall’uomo, destinate a finire, volgevano al tramonto ed Egli è venuto per consolarvi nel dolore e promettervi la pace per sempre. I pagani dicono che Roma muore quando arrivano i cristiani. Ma Roma non muore. E’ flagellata ma non uccisa; è castigata ma non distrutta; forse Roma non muore se non muoiono i Romani ed essi non moriranno se loderanno il Signore. In che cosa consiste infatti Roma se non nei Romani? Non di pietre e di travi, di alti palazzi e massicce mura: tutto ciò era stato fatto per crollare un giorno. Vi prego, vi imploro, vi esorto: siate pazienti, abbiate compassione di chi soffre, accogliete gli infermi. In questi momenti abbondano i profughi, i bisognosi; abbondi l’ospitalità vostra, le vostre buone opere: i cristiani agiscano come Cristo ordina, i pagani lasciateli bestemmiare le loro sventure». dal Sermo de tempore barbarico, LXXXI, adatt.
Quali reazioni prova Girolamo alla notizia dell’assedio di Roma?
Perché i cristiani non devono temere la devastazione e la caduta di Roma?
A cosa viene paragonata Roma nel momento della sua fine? E’ un’immagine che lascia intravedere quanto positivo fosse il giudizio di Girolamo sul ruolo di Roma: perché?
Quali sono le accuse che i pagani rivolgono ai cristiani e come sant’Agostino risponde a queste accuse? Che cosa può salvare dalla morte Roma?
Con la fine di Roma viene distrutto tutto il mondo. Che cosa può significare questa espressione?
Che azioni devono compiere i cristiani, secondo sant’Agostino?
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Finisce il mondo antico: si prepara un mondo nuovo
IL PERCORSO DELLE PAROLE
I BARBARI SONO SCOMPARSI, DI VANDALI INVECE CE NE SONO ANCORA La parola barbaro è di origine greca e significa “balbuziente”, cioè colui che parla in modo inarticolato e incomprensibile. Con tale termine i Greci antichi chiamavano, con evidente disprezzo, gli stranieri, coloro che non parlavano la loro lingua e che per questo erano ritenuti inferiori sia sul piano culturale che su quello civile e politico. Essere barbari voleva dire, in sintesi, essere incivili, rozzi, e soprattutto non conoscere democrazia e libertà. Questo termine rimase in uso anche a Roma e fu applicato, sempre con valore dispregiativo, alle minacciose popolazioni germaniche. Successivamente scomparve, a partire dal Medioevo (vedremo che si parla delle ultime invasioni barbariche in riferimento alle incursioni di Normanni, Ungari e Avari avvenute attorno al X secolo). Oggi nessuno più chiama “barbari” i popoli stranieri che si
affacciano sulla scena della storia. C’è però un’altra parola legata ai popoli germanici che è rimasta in uso nel nostro linguaggio: vandalo. Con questa parola, indichiamo ancor oggi persone che compiono atti o tengono comportamenti distruttivi nei confronti di edifici, luoghi e ambienti, pubblici e non solo, e in particolare quelli di pregio artistico. Si parla per questo di atti vandalici. Il motivo di tale uso è evidente: del popolo bellicoso dei Vandali si ricordano soprattutto la devastazioni a cui sottoposero Roma e altre località italiane nel 455. Ricordiamo un’ultima curiosità: da questo termine (in particolare dall’arabo Al-Andalus, che era una storpiatura del nome Vandalusia) deriva il nome Andalusia che indica una regione meridionale della Spagna occupata in un primo tempo proprio dai Vandali.
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Raccontiamo in breve 1. Le cause della caduta dell’Impero Romano sono complesse: a fattori “esterni”, costituiti dalle invasioni barbariche, si aggiunsero cause “interne” legate alla crisi politica, a quella economica e alla perdita dei valori tradizionali che avevano retto la civiltà romana per secoli. 2. I “barbari” invasero a più riprese l’Impero, soprattutto sotto la spinta degli Unni che provenivano dall’Asia. La prima grande invasione fu quella dei Visigoti, che giunsero nel 410 a saccheggiare Roma. Nel 476 fu deposto l’ultimo imperatore romano, Romolo Augustolo, e da questa data cessò di esistere l’Impero d’Occidente. 3. Dal punto di vista politico l’Impero era stato diviso da Diocleziano mediante l’istituzione della tetrarchia. Successivamente, con Costantino, il cuore dell’Impero si spostò in oriente, a Costantinopoli, mentre la parte occidentale rimase priva di guide sicure e in preda a una crescente crisi economica e demografica. Anche l’esercito si andava sempre più imbarbarendo, con l’immissione al suo interno di truppe germaniche che non sempre garantivano la piena affidabilità. 4. Sotto Augusto e Tiberio, visse in Palestina Gesù, che predicò una nuova religione: annunciò l’avvento di un mondo di amore e di giustizia proclamandosi il Messia, figlio di Dio. Gesù fu osteggiato e ucciso, ma il suo messaggio si diffuse, grazie anche alla fede nella sua resurrezione che i discepoli andarono testimoniando in tutto il territorio dell’Impero. 5. Nonostante le persecuzioni ad opera di alcuni imperatori romani, la religione cristiana si diffuse in tutto l’Impero. Con la diffusione del Cristianesimo si andò organizzando la Chiesa, con i vescovi, successori degli apostoli, e il papa, il vescovo di Roma, successore di Pietro, che Gesù aveva scelto come capo degli apostoli. All’interno della Chiesa si svilupparono varie eresie, che vennero però sconfitte attraverso i concili e l’opera dei Padri della Chiesa, che contribuirono a fissare i principali dogmi della fede. 6. Le persecuzioni ebbero termine con Costantino che lasciò libertà di culto ai cristiani. Teodosio, nel 380, riconobbe il Cristianesimo come unica religione dell’Impero.
la linea del tempo
293 Diocleziano conclude la riforma della tetrarchia
300 313 Editto di Milano 325 Concilio di Nicea
380 Cristianesimo unica religione dell’Impero
400
406 Inizio incursioni barbare 410 Sacco di Roma
476 Cade l'Impero Romano
500
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Finisce il mondo antico: si prepara un mondo nuovo
Attività e verifiche Esercizio 1 · Rispondi, anche oralmente, alle seguenti domande 1. Chi istituì la tetrarchia? Per quale scopo? 2. Che cosa fecero i Visigoti, una volta giunti in Italia? 3. Che cosa convinse Attila a desistere dalla sua campagna di conquista della penisola? 4. Come morì Stilicone? 5. Quali furono le decisioni più importanti prese da Costantino durante il suo governo? 6. Come era cambiata la mentalità dei cittadini romani? 7. Che caratteristiche aveva il Regno di Dio annunciato da Gesù? 8. Perché fu importante l’opera di Paolo di Tarso? 9. Chi furono i Padri della Chiesa? 10. Che cosa stabiliva l’editto di Teodosio del 380? Esercizio 2 · Collega con una freccia ogni data all’avvenimento ad essa connesso 313
Battaglia di Adrianopoli
326
Sacco di Roma da parte dei Visigoti
378
Editto di Costantino
410
Deposizione dell’ultimo imperatore romano Romolo Augustolo
476
Costantino si trasferisce definitivamente a Costantinopoli
Esercizio 3 · Indica se l’affermazione riportata è vera o falsa All’inizio del V secolo l’Impero Romano si trovava in condizioni floride
V
F
I Visigoti si stanziarono inizialmente nelle province orientali dell’Impero come socii
V
F
Nel 455 Roma subì una devastante incursione da parte dei Vandali
V
F
Odoacre non tenne per sé le insegne imperiali
V
F
Costantino proclamò il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero
V
F
Nel concilio di Nicea venne condannata l’eresia ariana
V
F
Esercizio 4 · Per completare la frase iniziale scegli fra le tre alternative proposte quella che ti sembra, oltre che esatta, anche precisa e formulata con il linguaggio più appropriato I vangeli sono a. il racconto completo e dettagliato della vita di Gesù b. il racconto di quello che la prima comunità cristiana riteneva importante della vita di Gesù c. un insieme di precetti e di regole da seguire per raggiungere la salvezza
27 I cristiani subirono le persecuzioni degli imperatori romani perché a. si ribellavano contro l’autorità imperiale b. si rifiutavano di rendere culto all’imperatore c. si rifiutavano di combattere al servizio dell’imperatore Le eresie furono a. l’insieme dei principi che tutti i cristiani dovevano accettare b. le interpretazioni del Cristianesimo diverse da quelle del papa e dei vescovi c. le dottrine insegnate dai Padri della Chiesa L’Editto di Costantino a. favorì la diffusione del Cristianesimo tra i suoi soldati b. fece diventare il Cristianesimo l’unica religione dell’Impero c. concesse la libertà di culto ai cristiani e agli aderenti alle altre religioni Esercizio 5 · Colora, nella cartina riportata, i territori dell’Impero Romano d’Occidente e dell’Impero Romano d’Oriente, usando colori diversi. Indica poi su di essa dove si trovano le principali città e le capitali. Realizza anche la legenda