ANDREA MORUCCHIO 2000 . 2013

Page 1

MORUCCHIO 2000 . 2013


BUGNO ART GALLERY Modern - Contemporary - Photography


ANDREA MORUCCHIO CATALOGO RAGIONATO 2000 . 2013

TESTI Claudia Amato, Marco Baravalle, Giovanni Bianchi, Maria Livia Brunelli, Beppe Caccia, Marina Castrillo, Francesca Colasante, Cesare Colombo, Gaia Conti, Domitilla Musella, Andrea Pagnes, Laura Poletto, Stefania Portinari, Efthalia Rentetzi, Paolo Toffolutti, Saramicol Viscardi, Gadi Luzzato Voghera, Alberto Zanchetta.

FOTO AM GRAFICA AM SUPERVISIONE Flavio Cogo STAMPA Pixart, Venezia, 2013 IN COLLABORAZIONE CON Bugno Art Gallery, Venezia


INTRO ANDREA MORUCCHIO NOTE PER UN PROFILO Laura Poletto

p.1

SCULTURA . VIDEO . ARTE DIGITALE DINAMICHE 2000 Galleria Rossella Junck, Venezia.

p.21

EMERGING CODE 2006 p.35 Galerie Rossella Junck, Berlin. Despard Gallery, Hobart. BACK IN BLACK 2011 p.47 Ca’ Pesaro, Galleria d’Arte Moderna, Venezia. ANDREA MORUCCHIO SKULPTUREN 2013 Galerie an der Pinakothek der Moderne, München

p.61

INSTALLAZIONE PERCER-VOIR 2002/2003 Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia. Royal Botanical Gardens, Hobart.

p.67

DISCO MOON 2009 Effimero, Piazza San Lorenzo, Vicenza.

p.75

LAUDES REGIAE 2007 Santi Cosma e Damiano, Giudecca, Venezia.

p.81

MULTIMEDIA LE NOSTRE IDEE VINCERANNO 2002 Gemine Muse, Museo Mocenigo, Venezia.

p.101

EIDETIC BUSH 2003/2012 Plimsoll Gallery, Tasmanian School of Art, Hobart. Winning Hearts and Minds, dOCUMENTA (13), Spazio 42, Hauptbahnhof, Kassel.

p.109

TALK SHOW 2006 Dis-orders, Bevilacqua La Masa, Palazzetto Tito, Venezia. PULSE RED 2004/2009 Borders, Punta della Dogana, Venezia. Outdoors, Fontego dei Tedeschi, Venezia.

p.131

p.137


MULTIMEDIA TRACCIATI ESISTENZIALI 2008 p.151 C_art, Campo Santa Margherita, Venezia. VERSO IL PAESE DEI FUMI E DELLE URLA 2008 Giorno della Memoria, Campo San Bartolomeo, Venezia.

p.155

SRI YANTRA 2008 p.165 Notturni Dannunziani, Vittoriale degli Italiani, Gardone, Brescia. RIVOLUZIONI 2012 p.171 Hybrid Body Poetic Body, Venice International Performance Art Week, Palazzo Bembo Bembo, Venezia. FOTOGRAFIA GIPSOTECA 2006/2011 p.179 Galerie Rossella Junck, Berlin. Despard Gallery, Hobart. Anti_Corpi, Torre Massimiliana, S.Erasmo, Venezia. THE MAIN SHOW 2006 p.191 Hollywood, Galleria Contemporaneo, Mestre, Venezia. CUBA UN POPOLO UNA NAZIONE 2008 Centro Culturale Candiani, Mestre.

p.195

NOI IL POPOLO CINESE ... 2008 p.205 Multiversity, Magazzini del Sale, Sale Docks, Venezia. IMPROVVISO TERRORE ... 2009/2011 p.209 Krossing, 53^ Biennale di Venezia, evento collaterale, Forte Marghera, Mestre. ENJOY THE SILENCE 2012 p.213 Shots Gallery, Bergamo. ENDLESS JOURNEY 2013 p. 219 Ugallery, Stockholm. EKLEKTIKOS 2013 p.225 BAG Photo Art Gallery, Pesaro. BIOGRAFIA . CV . BIBLIOGRAFIA . ELENCO OPERE p.230


ANDREA MORUCCHIO NOTE PER UN PROFILO Laura Poletto

Accostarsi al lavoro di Andrea Morucchio significa entrare in una dimensione creativa proteiforme – apparentemente disorientante, forse – che è andata costituendosi in un ampio orizzonte di ricerca: fotografia, scultura, installazione, video e performance sono, infatti, i mezzi che l’artista utilizza da più di un decennio in una continua sperimentazione di dimensioni espressive, esperenziali e creazioni di senso. Se il primo medium d’elezione è stata la fotografia, dalla fine degli anni '90 Morucchio si è indirizzato a scandagliare le implicazioni spaziali della scultura partendo dalla realizzazione di una serie di opere in vetro e ferro (Blade ed Enlightenments) che nella loro relazione dinamica tra elementi antitetici raccolgono già uno dei nuclei principali e ricorrenti della sua poetica. Sono opere in cui si attivano differenti rapporti duali: vetro e ferro, fragilità e resistenza, trasparenza e ottusità della materia, mobilità ed immobilità, attivo e passivo; antinomie che determinano quella “tensione”, a volte sottesa, a volte più esplicita, che percorre i suoi lavori, nei

Enlightenments #3, 2000

quali l’interesse sensoriale per la forma e per le potenzialità espressive della


materia non è mai disgiunto dal livello simbolico o metaforico. Alla bilanciata e meditata definizione di queste prime opere plastiche - insieme essenziali ed evocative - si unisce la profonda conoscenza delle qualità intrinseche del vetro, con il quale l’artista ha avuto costante frequentazione e di cui conosce a fondo effetti, possibilità e tecniche di lavorazione. Strutture di ferro tengono sospese o bloccano lame di vetro di cui accentuano il senso di mobilità, “contingenza” e fragilità (Blade, 1999), oppure, cunei di vetro trasparente squarciano immote superfici di ferro proiettandosi, grazie ai riflessi luminosi, oltre i propri confini formali, in un’espansione nello spazio che tende alla smaterializzazione della materia stessa (Enlightenments, 2000). Fendere lo spazio, squarciare l’ombra del metallo introducendovi la luce, grazie alla trasparenza e la purezza del vetro, sembra corrispondere non solo ad una ricerca di carattere estetico ma anche etico, una necessità di “chiarire”, una volontà di discernimento, e ancora una

Blade #5, 2000

liberazione dalla pesantezza/oppressione dell’indistinto, del confuso.

2


Per certi versi la ricerca di una carica energetica dei materiali sembra avvicinarlo ad una sensibilità appartenente alle tendenze dell’Arte povera, ma Morucchio incanala le potenzialità della materia in forme rigorose, determinate e realizzate con estrema precisione avvalendosi di un lungo e complesso processo di lavorazione che, tuttavia, non ne toglie l’anima ma, anzi, pare

Wave #2, 2001

quasi condensarla o “custodirla”. Si apre in tal modo un “catalogo” di immagini quasi archetipiche, sacre o rituali di forte valenza semantica, portatrici di un continuo confronto di forze: dalle traiettorie luminose dei cunei di cristallo delle sculture Enlightenments alle lame di vetro bloccate nel loro slancio frontale da barriere di metallo (Wave, 2001), sino ai levigati fasciami di giavellotti in vetro satinato tenuti insieme per “costrizione” da pezzi di camera d’aria (Accumulo, 2002). L’interesse verso uno sviluppo della forma e della materia nello spazio –

Accumulo #1, 2002

chiaramente individuabile nella serie Enlightenments – viene ulteriormente approfondito negli interventi ambientali realizzati nel 2002 presso i Chiostri


4

Enlightenments #5, 2000, Museo del Vetro, Murano


di San Pietro di Reggio Emilia e nel 2003 in Australia per i Royal Botanical Gardens di Hobart. Percer-Voir (2002) sembra infatti essere l’evoluzione “ambientale” delle prime prove scultoree nella ricerca di uno spazio sensoriale e percettivo sempre più ampio e interagente con l’osservatore. La reiterata scelta dell’uso del vetro che caratterizza questa fase della produzione dell’artista è determinata dalle proprietà specifiche del materiale: la trasparenza, la “mobilità” gli effetti di smaterializzazione e dinamicizzazione determinati dai riflessi luminosi. Già nel titolo Percer-Voir, che gioca con i termini percepire, forare, vedere, ritorna quella esigenza linguistica, estetica ed etica insieme di aprire altre possibilità di percezione, di comprensione, di discernimento oltre le abitudini visive, sensoriali o intellettuali. Continua quindi una ricerca che tende a varcare l’apparenza o la consuetudine nelle dimensioni più diverse: innestando una serie di punte di vetro cristallo nel terreno di un prato o sullo specchio d’acqua di un lago, l’artista utilizza i riflessi della luce naturale – e dell’acqua -

Percer-Voir, 2002, part., Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia

sulla materia vitrea per generare nuovi contesti d’esperienza in una direzione


che sviluppi le proprietà emozionali e percettive del materiale, “aprendo” il campo visivo dell’osservatore ad una esperienza altra dello spazio. Caratteristiche peculiari della materia che vengono piegate in senso strettamente metaforico in un’opera quale Iconoclasm (2003): la proprietà del vetro di assorbire la luce, imprigionarla e farne la propria essenza viene usata come metafora “visiva” dei meccanismi di formazione, affermazione e persistenza dei poteri totalitari - nazismo in primis - nei confronti delle masse assoggettate. E proprio l’impegno critico, politico e sociale costituisce uno dei punti di collegamento della eclettica prassi di Morucchio: dai riferimenti ai “supremi sacrifici” terroristici insiti nell’audio-video installazione Le Nostre Idee Vinceranno (2002), realizzata nella Sala Rossa del Museo Mocenigo di Venezia all’installazione luminosa Pulse Red (Punta della Dogana, Venezia), segnale d’allarme per i rischi della congestione dell’informazione mass-mediale, dalla complessa opera multimediale Eidetic Bush, realizzata in Australia a Laudes Regiae (2007), installazione

Iconoclasm, 2003

progettata nell’ex Convento dei Santi Cosma e Damiano alla Giudecca.

6


Ne Le Nostre Idee Vinceranno Morucchio prende spunto da un dipinto del XVIII secolo conservato a Palazzo Mocenigo in cui è rappresentato l'atto eroico del Capitano da Mar Zaccaria Mocenigo che decise di far esplodere la sua nave sacrificando la propria vita e quella dell’equipaggio piuttosto che arrendersi al nemico. Estrapola dall’opera una sequenza di fotogrammi dei corpi delle vittime coinvolte nella deflagrazione e li elabora in un video in cui vengono ingranditi ma ridotti a semplici silhouette proiettate ai lati del quadro. Gli inconsistenti profili dei “sacrificati” appaiono e si dissolvono tra i gigli di broccato della parete al ritmo del coro de Il Canto Sospeso di Luigi Nono - tratto da una lettera di un condannato a morte della resistenza al nazifascismo - trascinati nel turbinio di un mare rosso di drammatico sapore macbethiano, del “sangue che chiama sangue”. Nel 2003 durante la sua residenza presso la Tasmanian School of Art di Hobart in Australia con Eidetic Bush tocca, invece, uno dei problemi più urgenti della regione riguardante l’ingente distruzione di zone bo-

Le Nostre Idee Vinceranno, 2003, Museo Mocenigo, Venezia

schive dovute agli effetti del surriscaldamento globale e alle devastanti pratiche


di disboscamento. Gli scenari in abbandono dei boschi incendiati della Tasmania, nel loro spettrale spegnimento cromatico, divengono il luogo di un complesso processo di elaborazione che unisce atti performativi e operazioni digitali. Gli interventi dell’artista nel bush sembrano poter riattivare la potenza dell’immaginazione: i segni incisi sulle cortecce, le spirali di creta modellate sui tronchi carbonizzati paiono quasi un rito di ri-approriazione di una possibilità d’esserci e di immaginare ancora; poter “riscrivere” i propri perimetri esistenziali in uno spazio al quale la combustione ha cancellato la memoria - quindi il senso dello spazio e del tempo - dopo una devastazione che inevitabilmente rimanda a quella inflitta dagli occidentali alle popolazioni aborigene, razziate dei propri territori cosi inestricabilmente connessi alla loro cultura, e quindi azzerate totalmente. Nelle proiezioni video le spirali incise o modellate con la creta sui tronchi degli alberi si uniscono ad altre costruite digitalmente: appaiono e scompaiono seguendo l’andamento ritmico di Caminantes...Ayacucho

Eidetic Bush, 2003, part., Plimsoll Gallery, Hobart

di Nono, mentre l’osservatore pare effetivamente addentrasi in uno spazio

8


eidetico misterioso, dove si riattiva la “rivolta” di una memoria lontana e si riscrivono i primi segni di una spiritualità perduta. La capacità di relazionarsi e dialogare con il preesistente - sia che si tratti di un luogo, di una testimonianza storica o di un’opera d’arte - è uno dei punti di partenza per molta parte della produzione di Morucchio, come per Eidetic Bush, così anche per l’intervento di arte pubblica Pulse Red (2004) nel quale l’artista si mette in rapporto con l’architettura, la storia e il significato di un luogo-simbolo di Venezia come Punta della Dogana sul Bacino di San Marco. Con uno dispiegamento minimo di mezzi raggiunge esiti di forte impatto scenografico convertendo il significato simbolico del luogo in una sua attualizzazione semantica. Per diverse notti fa pulsare il Globo d’Oro di Punta della Dogana di luce rossa intermittente, trasformando la storico punto di convoglio delle merci e delle informazioni in un allarme, nel segnale del collasso del sistema comunicativo mass-mediale, che nel suo palpitare manifesta emblematicamente

Pulse Red, 2004, Punta della Dogana, Venezia

la propria implosione e al contempo pare soffocare qualsiasi intelleggibilità.


L’utilizzo e l’oscillazione tra differenti mezzi espressivi sembra, a volte, inserirsi in un processo di creazione di diversi palinsesti che sovrapponendosi progressivamente determinano lo sviluppo di lavori di complessa concezione, come Emerging Code - nato dall’interazione di scultura e fotogra fia - ideato nel 2006, ma che ha i suoi prodromi in un lavoro fotografico realizzato nel 1994 nella Gipsoteca di Possagno (Gipsoteca). La lunga meditazione sull’opera canoviana, sui gessi in particolare, sfocia in Morucchio in un’interpretazione aniconica della stessa. L’artista si concentra sui punti de repère dei modelli canoviani; questi strumenti di codificazione per la traduzione nel marmo dell’equilibrio e la bellezza ideale, vengono isolati ed elaborati in forma di piastrelle di vetro dalla punta arrotondata, che divengono il modulo per la realizzazione di sculture di impostazione rigorosamente geometrica (Cross Shoots, 2005), ironicamente allusive (B[æ]d Time, 2009) ma anche elemento

Emerging Code, 2006, part., Despard Gallery, Hobart

costituente di più complesse opere plastiche (Off Shoots, 2006).

10


Emerging Code si fonda sulla connessione tra le sculture della serie Off Shoots dove ritornano i materiali più utilizzati dall’artista, il vetro e il ferro, in un' interpretazione assolutamente personale della "callimetria" canoviana e le stampe su film d’argento delle immagini di particolari fotografici dei modelli in gesso rimanipolati digitalmente (Emerging, 2006). Nelle stampe fotografiche i torsi dei lottatori Creugante e Damosseno vengono virati in rosso: accentuati nella trazione delle fasce muscolari si accendono di una sensualità inedita e, al contempo, le loro volumetrie estrapolate ed isolate sembrano quasi introdotte ad un procedimento astrattivo, al quale partecipano radicalmente le opere plastiche che hanno portato al limite il processo di idealizzazione canoviano, fino alla scomparsa del riferimento figurativo e l’estrema riduzione minimale e aniconica dei modelli in gesso. Ma i punti de repère trasposti tridimensionalmente in piastrelle di vetro rosso-arancio rimangono a condensare una sorta di calore generativo, di luminosa forza pulsionale che si apre e fuoriesce dalle

Emerging #1-2, Damosseno, dittico, 1994/ 2006

opache superfici del ferro, slabbrandole. Il ricordo dei torsi riemerge nella


video-performance Sri Yantra (2008), quasi come un percorso di elaborazione a tappe, dalla fotografia alla scultura, dalla scultura alla performance. Il torso dell’artista virato in rosso viene ripreso con la stessa inquadratura delle stampe fotografiche, mentre inspira ed espira secondo il ritmo di un mantra tibetano dalla polifonia disarticolata. Il discorso condotto sovente nel suo lavoro attraverso una concezione dualistica fondata su forze antinomiche cosi come sull’ambivalenza dei messaggi, si ritrova e viene superato in una sintesi e riunificazione degli opposti e complementari: inspirazione ed espirazione, maschile e femminile, forma e informe. Per mezzo del respiro il corpo diviene materia elastica in trasformazione, che fuoriesce dai propri limiti perdendo i confini anatomici: dalla divisione degli opposti all’uno unificante, al ritorno forse ad un’androginia primordiale. Il colloquio con la scultura canoviana funge anche da punto di partenza per il lavoro fotografico The Main Show, realizzato nel 2005 nel quale l’artista affronta il tema della spettacolarizzazione della religione

Sri Yantra, 2008, Vittoriale degli Italiani, Gardone, Brescia

cattolica in una sequenza di fotogrammi del modello in gesso della Pietà.

12


Il gruppo scultoreo viene fotografato variando leggermente ad ogni scatto l’angolo di ripresa, la disposizione ravvicinata delle immagini in bianco e nero disposte in senso orizzontale riproduce l’effetto di una sequenza cinematografica che stringe sempre più l’inquadratura nel centro emotivo della composizione, enfatizzando la drammaticità del soggetto che viene, di fatto, “messo in scena”. Una presa di posizione critica nei confronti della politica papale contemporanea e delle proclamazioni di nuove crociate “di civiltà” si esplicita nella installazione Laudes Regiae, realizzata nel 2007 nell’ex convento dei Santi Cosma e Damiano alla Giudecca. Una schiera di elmi rossi di vetro soffiato e satinato, realizzati sullo stampo di una celata a becco di passero del XIV secolo, viene disposta a terra nella sala del convento veneziano mentre si diffondono le Laudes Regiae, il coro per messa di incoronazione tratto dal Manoscritto di Bamberg (XI secolo); sulla parete dinnanzi agli elmi i profili sintetici del Passauer Wolf - che veniva

The Main Show, 2005, Galleria Contemporaneo, Mestre

punzonato sulle spade medievali – pulsa ad intermittenza, come la pericolosità


dell’uomo per l’uomo, quell’istinto di sopraffazione apparentemente mai pago, che lo rende oppressore e carnefice di se stesso (homo homini lupus) nella continuità nel tempo e negli eterni ritorni della storia. Aspetto, quest’ultimo, affrontato anche nella video-audio proiezione Verso il Paese dei Fumi e delle Urla, realizzata a Venezia nel 2008 per le celebrazioni del Giorno della Memoria. Decine e decine di immagini dei simboli che, cuciti sulle vesti, marchiavano le divise degli internati nei campi di concentramento nazisti - gli ebrei, gli omosessuali, gli zingari, le prostitute o i comunisti - vengono proiettati sulla facciata di un edificio nel cuore della città. La stella a sei punte o il triangolo isoscele di diversi colori assemblati e allineati, riprodotti nei minimi dettagli, ricompongono un atroce atlante dell’inumano, della discriminazione e della violenza, mentre scorrono i brani musicali tratti dal Die Ermittlung di Nono. Un patchwork di pezzi di stoffa i cui colori, i ricami, la trama del tessu-

Laudes Regiae, 2007, part., ex Convento dei Santi Cosma e Damiano, Venezia

to, fungono da ingannevoli richiami; distanti dalle immagini in bianco e nero

14


delle testimonianze storiche, appaiono ad un primo acchito quasi innocui, paiono affascinare o incuriosire così come continuano ad esercitare e moltiplicare la propria fascinazione, la xenofobia, la discriminazione dell’altro, del diverso e delle minoranze. Soprattutto per quanto riguarda la produzione video, i temi che Morucchio sviscera sono strettamente di carattere politico e sociale: il fulcro del lavoro stesso pare consistere nella questione urgente da affrontare e il video sembra, quindi, essere per l’artista il mezzo più immediato ed incisivo: da Sabato italiano (2004) a Talk Show (2005), a Tracciati esistenziali (2008) scanditi, quest’ultimi, dalle frenetiche traiettorie di un gruppo di formiche che vengono utilizzate

Verso il Paese dei Fumi e delle Urla, 2008, Campo San Bartolomeo, Venezia

come metafora dei nostri sconsiderati ed eterodiretti percorsi d’esistenza.


La fotografia rimane lungo tutto il percorso dell’artista un mezzo fondamentale di espressione, sia nella sua connessione con altre dimensioni linguistiche, nella relazione ad esempio con la scultura come in Emerging Code, sia in senso strettamente autonomo. A quest’ultimo versante appartiene molta parte del lavoro di Morucchio condotto dagli anni ‘90 in poi, dai lunghi e reiterati soggiorni a Cuba e in Nepal ad altri luoghi più vicini e quotidiani. La capacità di entrare in una completa empatia con i diversi contesti nei quali si trova a vivere, o che incrocia, gli permette, grazie all’obiettivo fotografico, di addentrarsi sempre in una sorta di narrazione, di cui ferma i fotogrammi che divengono punti di partenza per altre storie, vere o immaginarie, possibili o impossibili. Ma allo stesso tempo non è mai un “abbandono” totale al soggetto, è sempre un allineamento di emozione e coscienza, di dentro e fuori, è immediata percezione di ciò che accade e rigorosa inquadratura dell’istante. Da questo deriva il forte senso della composizione: impalcatura formale e semantica di ogni immagine, “struttura narrativa” che lega i “segni” tra loro

La Hanbana 11, 2009/2013

restituendone la possibilità di un racconto.

16


La precisione compositiva, l’organizzazione plastica e il forte senso del colore, in accezione a volte emotiva o strutturale, sfocia sovente in opere di impostazione quasi pittorica, senza perdere, tuttavia, quella proprietà fondamentale della fotografia, quell’indicalità che da Morucchio viene assunta in modo integrale e assoluto nei confronti dell’esperienza della realtà; registra con occhio al tempo stesso acuto e stupefatto pezzi di quotidianità, cattura sguardi che forano la distanza tra soggetto e obiettivo raccontando, già senza saperlo, frammenti di vita, oppure ferma situazioni al limite del reale o, ancora, registra silenziose stasi metafisiche di oggetti e architetture solitarie negli scenari di teatri urbani. Gli aspetti formali e compositivi non sono mai disgiunti dai contenuti e dalla partecipazione emotiva al soggetto, sia un luogo, un accadimento, una persona o un’opera d’arte, come avviene in Gipsoteca (1994). In questo lavoro fotografico realizzato presso il museo canoviano di Possagno la concentrazione sui valori plastici e le relazioni formali tra le parti, raggiunta attraverso calibrati dosaggi di luce ed ombra, si

Improvviso Terrore #05 b, La Habana, 2009

unisce ad una reinterpretazione emozionale della scultura stessa.


Come in una sorta di visione rallentata, infatti, nella successione delle riprese, basate sempre su di un progressivo scarto tra inquadratura e inquadratura, l’artista arriva a concentrarsi sui “nodi” emotivi e strutturali dei soggetti, accentuandone lo stato della disperazione, del dolore, della complicità o dell’armonia, dalla Pietà alle Le Grazie ad Amore e Psiche stanti, così come per mezzo di sapienti prospettive instaura inediti legami e rapporti tra le sculture, strette

Gipsoteca #10, 1994/2006, Possagno

nelle maglie invisibili di un silenzio straniante fatto di impercettibili dialoghi.

18



SCULTURA . VIDEO . ARTE DIGITALE .

DINAMICHE 2000 Galleria Rossella Junck, Venezia. EMERGING CODE 2006 Despard Gallery, Hobart. / Galerie Rossella Junck, Berlin.

BACK IN BLACK 2011 Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Venezia.

ANDREA MORUCCHIO SKULPTUREN 2013 Galerie an der Pinakothek der Moderne, München.

20


DINAMICHE | scultura . video | Galleria Rossella Junck, Venezia, 17.6_20.7.2000

Dinamiche Andrea Pagnes

Coniugare storia e storia della cultura con le esperienze del quotidiano e della ricerca d’avanguardia, riuscire a far coesistere il lavoro puramente artigianale con le sofisticazioni concettuali e tecnologiche che contraddistinguono, nel bene e nel male, la nostra contemporaneità, risulta tentativo non facile, ma comunque appassionante. Se poi il prodotto finale di operazioni simili si fa portatore del fascino di significati trascorsi, caricandosi, allo stesso tempo, di una vitale tensione innovativa, risulta più semplice comprendere perché certi artisti si differenzino da altri, sia nell’affermazione di una propria, particolare autonomia espressiva, sia nell’indagine di valenze semantiche e formali, capaci di conferire a quello stesso prodotto una certa dignità estetica. E’ il caso di Andrea Morucchio, al suo esordio nella difficile e complessa arte della scultura vetraria, ed ospite, in questa sua prima personale, del nuovo spazio della Galleria Rossella Junck di Venezia. Affinatosi nella fotografia del vetro, sia antico che contemporaneo, Andrea ha potuto approfondire la conoscenza di questa materia in tutti i suoi aspetti: dalle tecniche antiche alla fase di progettazione, dal lavoro in fornace all’esposizione in musei e gallerie. In questi lavori al banco ottico, l’artista veniva così attratto da quell’intrinseca mutevolezza nell’apparire che si rivelava a seconda del tipo di incidenza luminosa, degli sfondi e del contesto ai quali erano sottoposti i manufatti usciti dalle fornaci dei maestri muranesi. Richiesto per una non comune originalità e professionalità, in pochi anni, Andrea veniva così a contatto con le esperienze di alcuni dei migliori


22


designer del vetro contemporaneo: ad un certo punto, il passaggio dalla ricerca del comunicare l’immagine di opere altrui, alla progettazione delle proprie, è stato quasi automatico, sviluppando progressivamente un’accezione plastico-linguistica del tutto singolare. Se nella fotografia Andrea mira ad ottenere una riproduzione dell’opera che non sia solo strumento di comunicazione oggettiva, ma immagine di quanto una scultura emana da sé - e quindi chiave di lettura della stessa - il superamento dell’apparente contraddizione tra le necessità di oggettivazione e di interpretazione è diventato il fondamento della sua ricerca artistica. Ricerca che, avendo appunto come soggetto prevalente la materia vetro, non poteva che sfociare in pura investigazione estetica. Le forme rigorose ed estreme che Andrea realizza rappresentano un punto di rottura con la tradizionale produzione vetraria muranese, pur utilizzando tecniche e tipi di vetro assolutamente comuni. Lo sperimentare la casualità materica nel disporsi delle varie levature al momento della lavorazione in fornace, il raggiungimento di un’organicità informale all’interno di una forma rigida, geometrica, ordinata attraverso un lavoro di molatura condotto ai limiti dell’estremo, rivelano la volontà, da parte dell’artista, di affrontare il vetro in quanto tale, non come imitazione di altre materie, né pretesto per raggiungere aridi fini oggettuali prestabiliti, e quindi scevri da qualsiasi valore artistico che possa definirsi tale. L’approccio di Morucchio al vetro - ed è approccio tutto mentale - sta nell’intuire le possibilità che esso contiene in quanto materia da scultura, sia che lo si configuri in icasticità formale, sia che lo si traduca in narrazione simbolica. L’assemblarlo poi con un altro materiale - apparentemente contrastante come il ferro - produce nel fruitore l’effetto di trovarsi dinanzi ad oggetti rituali, evocativi, caratterizzati da una lontana, austera sacralità. Grazie ad un lavoro condotto con estrema cura e serietà, l’originalità di queste opere risiede nel fatto che Andrea è riuscito a circoscrivere il campo progettuale a quelle che sono le caratteristiche intrinseche e naturali dei


materiali utilizzati, traendo proprio dalla sua propensione al rigore quella forza ed eleganza che indubbiamente contraddistinguono le sue opere. In esse, il rapporto tra vetro e ferro diviene quasi epifanico. Le sculture di Morucchio, non avendo nulla a che vedere con l’apparire puramente oggettivo assumono, piuttosto, la fisionomia di soggetti portatori del loro manifestarsi. Da questa prima analisi, si vede quanto sia particolarmente importante per Andrea l’esigenza di mostrare ed offrire pubblicamente il prodotto del suo lavoro, non tanto in situazioni legate al puro piacere contemplativo, quanto di dirigerlo ed impegnarlo ad un aperto confronto con problemati-

Dinamiche, 2000, Galleria Rossella Junck, Venezia

che strettamente connaturate all’esigenza, all’etica del fare.

24


Il video Dynamo - proposto per questa stessa occasione espositiva - ne è chiaro esempio. Partendo dall’assunto che oggi ci si trova a fagocitare immagini senza saperne più cogliere il significato - problema, questo, non tanto dell’immagine in quanto tale, ma piuttosto dell’uso che ne si fa, del come la si propone e fruisce - Andrea ha cercato di congegnare un’operazione fondata sul tentativo di riconsegnare all’immagine il suo giusto valore comunicativo. L’esperimento non è stato certo dei più semplici, anche perché oggi, le immagini, non riuscendo più a comunicare, informano, si riciclano, si contaminano e si reiterarono superficialmente, si clonano a ritmi vertiginosi, non lasciano più spazio ad alcuna riflessione, mentre il loro contenuto viene inghiottito dalla rapidità esasperata e disorganizzata con la quale si succedono. In questo senso, riconciliare l’immagine-video ad un contesto appropriato, renderla espressione depositaria di un contenuto e di un concetto come quello descritto in precedenza - grazie anche ad un accompagnamento sonoro di fresca intelligenza inventiva - diventa un’operazione mirata a far sì che l’immagine risulti - e resti - documento a benificio del fruitore, e quindi non volgare elemento di seduzione o consumo. Lame e Metallo - Dinanzi alle sculture di Andrea, la prima sensazione che ho provato è stata quella di interloquire con un qualcosa - l’ho citato in precedenza - che veniva da lontano. Un che di ineffabile. Un qualcosa che fondava la radice, la propria ragion d’essere nella reminiscenza, pur mantenendo intatte tutte le qualità e gli attributi di un lavoro figlio di questo tempo. Quasi mi trovassi all’interno di una camera oscura, in attesa che l’acido facesse comparire l’immagine catturata dal negativo sopra la carta bianca, ancora sorda. Di fronte al dinamismo delle sue lame in vetro, a quel loro tagliare lo spazio inerte, ad incidere il vuoto - e non solo in apparenza - mi sono chiesto se c’era dell’altro al di là dell’elaborazione formale, fattore dominante in qualsiasi indagine plastica che possa definirsi tale.


26

Dynamo, 2000, stills da video



28

Dinamiche, 2000, Galleria Rossella Junck, Venezia


Mi sono chiesto se ci fosse stata una ragione altra che lo muovesse ad esprimere un qualcosa che oltrepassava la semplice sperimentazione della fusione e della molatura, ma che pure, da quelle, traeva origine e vita. E dell’altro c’era. C’era il conferire all’oggetto-scultura valenze semantiche tali da riuscire a sviscerarne una certa aura, cercando così di riconfermare quella dignità artistica che, spesso, viene perduta nel decorativismo fine a se stesso, nella superficialità d’intenti. Risulta evidente che nelle sculture di Morucchio la lama è l’elemento iconico forte, connotante. Elemento che, allo stesso tempo, le caratterizza e ne afferma l’unicità. Tuttavia, per capire il perché di questa scelta formale, m’è parso opportuno andare a ritroso, cercando di setacciare cosa lo scibile umano ci abbia tramandato in merito al suo significato. Sin dall’antichità, le lame venivano identificate con il simbolo della penetrazione, dell’apertura. La ferita, il punto in cui la lama entra è una luce. Nella letteratura alchemica rappresentano il pensiero che introduce la luce e l’organo creatore che apre per fecondare, che si sdoppia per permettere la sintesi. La lama è il tratto di luce che rischiara lo spazio chiuso, aprendolo. E’ il raggio solare, elemento fecondante, che separa le immagini. Che non le confonde e che quindi non le riduce ad elementi fuorvianti. Ora, quale altro materiale, meglio del vetro, contraddistinto per sua natura dalle leggi di trasparenza, luminosità e purezza, poteva permettere un lavoro di speculazione estetica fondato sulla dinamica della luce? Diretta in senso lineare la lama si collega ai simboli dell’orizzontalità, esprimendo la veridicità del tutto aerea della sua traiettoria che, sfidando la gravità, realizza simbolicamente la liberazione delle condizioni terrene. Tutto questo ha senz’altro valore relativo nelle sculture di Morucchio, ciò non toglie che, astraendole da queste considerazioni prettamente erudite e osservando attentamente il modo in cui Andrea le assembla, esse assumono una funzione del tutto particolare, proponendosi come


30

Enlightenments #7, 2000


catalizzatori e vettori di energia, esercitando - virtualmente - un influsso di attrazione, conduzione e coordinazione, conseguente al loro disporsi. Ma se di sculture si tratta, quanto appartiene alla scienza, ad un certo punto può ben tradursi in etica. Probabilmente, la mia analisi può essere viziata da un sicuro entusiasmo interpretativo, lo riconosco. Tuttavia, la frequentazione e l’amicizia che mi lega da anni ad Andrea, mi consente di rilevare nelle sue opere alcuni concetti che contraddistinguono la sua indagine speculativa e che, d’altronde, fan parte del suo modo d’essere e di pensare. Il modo in cui l’autore colloca le sue lame - ed è qui che risiede tutta la sua singolarità in qualità di scultore - diventa rappresentazione del superamento delle condizioni normali, della liberazione immaginaria dalla distanza, dalla pesantezza, dalla noia: quasi fosse un’anticipazione mentale della conquista di un bene eccezionale. Un bene che potrebbe configurarsi con la fine dell’ambivalenza, la proiezione sdoppiata, l’oggettivazione, la scelta, il tempo orientato. In sostanza, Andrea collocherebbe immaginariamente le sue lame nella direzione in cui si ricerca l’identificazione, nel senso che solo differenziandosi un essere raggiunge la sua identità, individualità e personalità. Le sue sculture unificherebbero dunque decisione e sintesi, divenendo simboli di celerità e intuizione folgorante, di conoscenza e percezione rapida. In esse velocità e rettitudine vengono correttamente unite, permettendo così alla rappresentazione di proporsi più in senso dinamico che formale: i vetri di Andrea, variando il loro aspetto a seconda delle incidenze e riflessioni luminose, paiono infatti manifestare un costante intervento di forze. Lo stesso uso del metallo non sembra solo destinato alla realizzazione del supporto. Piuttosto entra in gioco come parte integrante della scultura stessa. Il nome metallo deriva da Me o Mes, che è il nome più antico dato alla Luna. La Luna, si sa, è priva di luce propria e non è che un riflesso del sole, dei suoi raggi.


32

Enlightenments #2, 2000


Alla linearità dei raggi, la Luna contrappone la sua configurazione in quanto simbolo di periodicità e rinnovamento, di trasformazione e di crescita, del tempo che passa, della conoscenza indiretta, progressiva e fredda, come del sogno e dell’inconscio. La lama in vetro assume così le qualità della parte pura che si libera dal minerale grezzo, lo spirito che si libera dalla sostanza per diventare visibile. L’aspetto benefico di questa tensione spirituale, se vogliamo parlare di spiritualità nell’arte, si basa sulla purificazione e sulla trasmutazione, come pure sulla funzione cosmologica del trasformatore. Tutti i metalli sono soggetti a trasformazioni, il cui fine, in alchimia, è di trarne il soffio, la purezza assoluta. La fusione dei metalli - così come quella del vetro - è paragonabile alla morte, il soffio estratto rappresenta la virtù, cioé il nucleo o lo spirito della materia. Si ha infatti la sensazione che le lame di Morucchio, una volta entrate nel metallo, cerchino in qualche modo di liberarsene per segnare il distacco da ogni bene materiale, da ogni convenzione, affermando la propria volontà di recuperare l’innocenza originaria. Quasi volessero circoscrivere un continuo fondare e riformare.


34

Blade #10, 2000


EMERGING CODE | scultura . arte digitale | Despard Gallery, Hobart, 10.3 _ 8.4.2006 Galerie Rossella Junck, Berlin, 2.6 _ 22.7.2006

Sampling Canova Marco Baravalle

Emerging Code si presta ad una duplice interpretazione. La prima, immediata, è quella che tenterebbe di chiarire il rapporto che esso intrattiene con l’opera originale Canoviana. Allora si potrebbe sottolineare come lo sviluppo delle sculture del Canova, dal gesso fino al marmo, fosse in realtà un percorso dalla materia - che suscita emozione violenta - al sentimento e, infine, al pensiero: un vero e proprio processo di astrazione, così palese nell’accostamento che Andrea Morucchio sceglie di proporre tra le foto dei gessi di Possagno e la sua installazione scultorea. Si potrebbe accostare bidimensionalità frontale della piramide del monumento di Maria Cristina d’Austria, con la sua porta a suggerirci lo spazio oscuro ed ultraterreno dell’Ade, alla bidimensionalità degli Offshoots con i loro squarci che, altrettanto, vanno a suggerirci l’esistenza di uno spazio, seppure per nulla sovraumano. E così via. La seconda interpretazione possibile, forse non immediata, ma altrettanto evidente, è quella che sceglierebbe di mettere in evidenza il carattere di postproduzione di un’opera quale Emerging Code. Il dato fondamentale sarebbe allora non la lettura critica della rielaborazione artistica messa in atto da Morucchio, bensì il fatto che l’artista abbia scelto come punto di partenza per il proprio lavoro un’opera preesistente. L’artista che non crea più ex-novo diventa, dall’apparizione del ready-made in poi, una delle costanti della contemporaneità, un possibile comune denominatore con il quale guardare all’ultimo secolo di arte. L’artista, sempre più spesso, è apprezzato per le sue doti di sampler, di ricombinatore di prodotti culturali, sia artistici che popolari o mediatici, ecc.


36

Emerging Code, 2006, Galerie Rossella Junck, Berlin


D’altro canto, Emerging Code non può essere interamente compreso nel suo rapporto critico con la scultura Canoviana, esso è postproduzione e appropriazione, ma è, allo stesso tempo, scultura - ancorché bidimensionale - da leggersi attraverso le tradizionali categorie di materia, forma, volume e colore. Emerging Code è sampling e rielaborazione, ma si può, in ugual grado, suggerirne i rapporti formali che esso intrattiene con i suoi antecedenti storico-artistici, dal Canova, all’Informale, inteso nella sua declinazione materica, fino a Fontana che, attraverso le sue rasoiate, voleva suggerire uno spazio tridimensionale al di là della tela, così come gli squarci nel ferro di Morucchio, non vuoti, ma vivi di vetro incandescente che preme per fuoriuscire, sembrano dare spessore e solidità ideale allo spazio di fronte ad essi, rendendo così conscio lo spettatore di quella stessa consistenza spaziale.


38

Offshoots #10, 2006



40

Emerging #1-2, Damosseno, dittico, 2006



42

Emerging Code, 2006, Galerie Rossella Junck, Berlin



44

Emerging Code, 2006, Despard Gallery, Hobart



46

Emerging Code, 2006, Despard Gallery, Hobart


BACK IN BLACK | scultura . video . arte digitale | Galleria Int.le d’Arte Moderna, Ca' Pesaro, Venezia, 2.9 _ 6.11.2011

L’Opera al nero Stefania Portinari

“Arriva sempre un momento in cui non c’è altro da fare che rischiare” scrive José Saramago in Cecità: la stanza antologica che Andrea Morucchio ha riunito per sé a Ca' Pesaro, per la personale in cui sì, è di ritorno, di ritorno in nero – come suonavano gli AC/DC in Back in black – nella sua città, è un compendio di opere plastiche accompagnate da un video che visualizza una stanza delle crudeltà. Sono presenze-feticcio, ascetiche ed essenziali, che si muovono verso un grado zero della visione e assommano in monocromo nero tutta la ricerca che ha guidato le forme recenti dell’artista. Di ritorno dopo la fotografia, dopo i viaggi verso luoghi in cui il nero era sfondo cupo e brillante, profondo e sconosciuto, come nella netta essenza degli scatti cubani o del Nepal misterioso, dopo la contaminazione delle idee con la storia del passato e le urgenze della politica, Morucchio è di ritorno alla scultura, all’installazione, così come l’ha praticata, tra performance e presenza, negli ultimi dieci anni. E’ invece un nero opaco e seduttivo, ma levigato, quello di cui è fatta l’essenza, quasi medievale, di molte delle opere in esposizione, che stanno sul limite, sulla soglia di un’apparenza di sfidante pericolosità e rivelano piuttosto la loro fragile essenza nel dichiararsi in vetro, accecando la specificità luminescente del medium. La definizione accurata di queste forme estreme e la precisione nella manipolazione e nell’accostamento dei materiali dà origine a un dialogo ascetico e sovversivo, a un monologo dark in cui l’ascesi e la rinuncia fanno da contraltare a una spiritualità che evoca energie cosmiche e battagliere, che riconduce memorie della storia dell’arte e dell’umanità, come in un Ciclo della protesta.


48



50

Back in Black, 2011, Sala 10, Galleria Int.le d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Venezia



52

Back in Black, 2011, Sala 10, Galleria Int.le d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Venezia


Il composito insieme di questo percorso recente, tutto virato al nero, si fa quête cavalleresca e al tempo stesso eretico autoritratto, come nel destino del personaggio dell’Opera al nero di Marguerite Yourcenaire. Lo stabilizzarsi alchemico e il confronto delle materie, vetro e ferro, luce e fotografia, crea uno scontro visivo al fine di suscitare nel visitatore un processo mentale di alta coscienza, come scosso dalle vibrazioni del dinamismo immateriale propagato dalle opere in conflitto nella sala. “La scultura è volume, base, altezza, profondità”, recitava uno degli assiomi del Manifesto tecnico dello spazialismo firmato anche da Berto Morucchio nel 1951: il distacco spazio-temporale, il senso di percezione ingannevole e artificioso della realtà e la forte accentrazione di forze magnetiche che dominano la varietà di espressione di Back in Black non negano comunque l’essenza delle opere come scultura, le rendono anzi parti di azioni come fotogrammi di film, nel loro creare un dialogo, declinate come pezzi di cadavre exquis provenienti da un recente percorso di ispirazione filosofica.


54

B[ĂŚ]d Time, 2009


Le installazioni di Andrea Morucchio per Ca' Pesaro si dispongono secondo un punto focale che intende creare una ferita nella percezione e mettere in pericolo l’equilibrio instabile delle sensazioni visive, accentuando la difficoltà della visione, offrendo il ritratto di una condizione umana. Come in occasione di altre sue esposizioni in ambienti museali, quasi a sfidare il luogo di conservazione e al tempo stesso esaltarne il ruolo di mementum perenne, si staglia con forza la sua intenzione di rimarcare reminiscenze adombrate da senso di mistero, inquietudine, violenza, come in Le Nostre Idee Vinceranno (2002) e Laudes Regiae (2007), così B[æ]d Time è un letto di insoffici dolori su cui non si può dormire; Cross Shoots una croce latina scismatica che contrariamente alle pretese di monocrazia religiosa può scomporsi in unità e disunità ed è inclinata, pronta alla rottura e alla protesta; il duplice torso del lottatore canoviano Damòsseno, di cui non si vede il volto, è colpito da punti di répere per mapparne il trasferimento su marmo come fossero ferite di san Sebastiano e la sua duplice specchiante immagine lo rende un Dioscuro doppelganger. Anche delle Celate è negata l’identità, anonime presenze decapitate, fantasime sibilline di guerrieri provenienti anch’esse da una matrice aulica, l’elmo a becco di passero del XVI secolo detto di Attila conservato in palazzo ducale a Venezia (già allestite in rosso al Convento dei SS. Cosma e Damiano). Se i pali in vetro molato come lance o giavellotti di Accumulo sono trattenuti dal tubolare di gomma in una sfida tra materie trasformate, forgiate dal calore, simili ad un oggetto di design, le Blade sono lame sorrette ma anche trattenute, Sacro Graal e Maiastre acuminate, strumento di staglievolezza letale ma anche messo in mostra, esposte nella loro delicata essenza di singola combinazione di sfumature e compagne dei cunei di vetro stampato che trapassano il ferro, Enlightments, simili alle strutture installative site specific Percer-Voir, in qualità di illuminazioni. La prova di forza e abilità del video Rivoluzioni in cui Andrea Morucchio rotea una barra di vetro lucido come una spada magica da torneo,


come in un cosmogonico moto di rivoluzione dei pianeti, si infrange ciclicamente per la necessitĂ di un eterno ritorno, di un rinnovamento che si compie attraverso la liberazione di energia, accompagnato dal rumore che, come in Thinking of me di Bruce Nauman, produce un cortocircuito tra lo spazio e la realtĂ e nel suono che si ripete monotono am-

Cross_Shoots #3, 2011

plia voci che vengono dall’inconscio e attraversano spazi incogniti.

56


Se già nelle sue foto luci e ombre erano attivatori di costruzione dell’immagine, laddove gli stacchi di colore diventano tuffi nella coscienza del momento fermato per sempre e i fondi recessi scenografici bui, profondi, spesso assoluti, dove è palpabile la notte, ora i soggetti divenuti sculture per Back in Black cercano il monocromo per favorire la concentrazione dello sguardo, come in Eidetic Bush (2003), realizzato durante la residenza in Tasmania (Australia), in cui gli alberi incendiati vengono vivificati solo dalla morsa di una spira in gesso che è anche abbraccio commosso, addolorato per la perdita del bosco e la nefanda politica coloniale. L’opalescenza del nero, leit motiv e sottofondo segreto, conduce ad un uso del vetro come elemento scultoreo, contrappasso e richiamo al cimento tra arti maggiori e decorative, nel solco

Blade #13, 2011

di una tradizione veneziana che ha tra i suoi acme alcune creazioni tenebrose in vetro di Carlo Scarpa, prototipi talmente particolari che


non si riuscirà più a riprodurre per le difficoltà tecniche e che occupano un’intera sala della biennale del 1940, ma che ha anche nuova linfa in una generazione di giovani artisti veneziani creatori di interessanti espressioni che suggeriscono il divenire di forme naturali. Le essenze vetrose di Morucchio sono aggressivi strumenti acuminati, ma sono al contempo sopraffatte dalla loro fragile natura e sostenute da strutture-supporto che le imprigionano e le contengono come restrizioni, in un modo così particolare da offrire loro anche un motivo di fuga, esprimendo un dinamismo di scontroconfronto tra forze dualistiche delle materie, come dice Matthew Barney del proprio operare, quando indica come non abbia fatto altro che reinterpretare a suo modo “il processo vitale che, in ognuno di noi, porta necessariamente una trasformazio-

Enlightenments #12, 2009

ne”, raccontando “il modo in cui una forma combatte per trovare una propria definizione”. La stanza di Ca’ Pesaro di Morucchio vuol divenire ambiente, spazio di percezione in

58


cui sopravvive l’emozione mentre le opere paiono negare la tattilità dei differenti componenti e divengono intoccabili, in bilico tra le loro molte essenze, come contraddittoria arma linguistica. Il nero, che nella storia ha interpretato così tante sfumature dell’essere, dall’atto della creazione al lutto alla follia, nel suo essere un colore nobile e profondo, così difficile da ottenere come nei velluti dei nobiluomini rinascimentali, è assenza di colore, pura forma significante, colore infero ma anche magico, generativo caos proteiforme da cui tutto si genera, come un passaggio di stato in cui avviene una liberazione dello spirito ed è sempre stato amato dagli artisti per la sua irreversibile determinatezza, dal disegnatore di animali delle grotte preistoriche all’azzeramento di Malevic. Forse vale anche per Andrea Morucchio quel che scriveva Sol Lewitt in una delle sue Sentences on Conceptual Art, quando affermava che gli artisti concettuali

Accumulo #4, 2009

sono mistici piuttosto che razionalisti e giungono a conclusioni che la logica non può afferrare: sono i giudizi irrazionali che portano a nuove esperienze.


60

Celata serie #02, 2009


ANDREA MORUCCHIO SKULPTUREN | scultura | Galerie an der Pinakothek der Moderne, München, 27.3 _ 12.5.2013

Se il primo medium d’elezione è stata la fotografia, dalla fine degli anni '90 Morucchio si è indirizzato a scandagliare le implicazioni spaziali della scultura partendo dalla realizzazione di una serie di opere in vetro e ferro (Blade ed Enlightenments) che nella loro relazione dinamica tra elementi antitetici raccolgono già uno dei nuclei principali e ricorrenti della sua poetica. Sono opere in cui si attivano differenti rapporti duali: vetro e ferro, fragilità e resistenza, trasparenza e ottusità della materia, mobilità ed immobilità, attivo e passivo; antinomie che determinano quella “tensione”, a volte sottesa, a volte più esplicita, che percorre i suoi lavori, nei quali l’interesse sensoriale per la forma e per le potenzialità espressive della materia non è mai disgiunto dal livello simbolico o metaforico. Alla bilanciata e meditata definizione di queste prime opere plastiche - insieme essenziali ed evocative - si unisce la profonda conoscenza delle qualità intrinseche del vetro, con il quale l’artista ha avuto costante frequentazione e di cui conosce a fondo effetti, possibilità e tecniche di lavorazione. (L. Poletto)


62

A. Morucchio Skulpturen, 2013, Galerie an der Pinakothek der Moderne, M端nchen



64

A. Morucchio Skulpturen, 2013, Galerie an der Pinakothek der Moderne, M端nchen



INSTALLAZIONE.

PERCER_VOIR 2002/2003 Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia. Royal Botanical Gardens, Hobart. DISCO MOON 2009 Effimero, Piazza San Lorenzo, Vicenza.

LAUDES REGIAE 2007 Ex Convento Santi Cosma e Damiano, Giudecca, Venezia.

66


PERCER-VOIR | installazione | Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia, 25.5 _ 9.6.2002 Ten Days on the Island, Royal Botanical Gardens, Hobart, 28.3 _ 8.4.2003 Islington Hotel, Hobart, 2006

L’installazione Percer-Voir è stata realizzata la prima volta collocando quattordici elementi in vetro sul manto erboso dei Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia e successivamente sullo specchio d’acqua del Giardino Botanico di Hobart. Gli elementi in vetro vengono installati per mezzo di barre di ferro attaccate alla base e inserite sottoterra o su trepiedi adagiati sul fondo del lago. L’effetto visivo che danno le punte così collocate è quello di “fuoriuscire” dalla terra o dall’acqua. La luce naturale compenetra le punte di vetro acidato dinamicizzandole e determinandone la forma e “l’essenza”. Il movimento del nostro campo visivo rispetto allo spazio installativo svela ritmicamente la presenza delle cuspidi, che virtualmente proiettano nello spazio attorno le loro tangenti diagonali o verticali. Le proiezioni lineari delle punte di cristallo dal manto erboso o dalla superficie dell’acqua si propagano nello spazio connettendo la terra al cielo, creano la “visione” di un ambiente solcato da flussi luminosi; la sinergia tra le cuspidi e l’ambiente ha lo scopo di attivare un processo vibrazionale che coinvolge l’osservatore profondamente, stimolandolo a “vedere in se stesso” conducendolo ad un’esperienza interiore che prescinde dalla razionalità. Percer-Voir, dal francese percepire, gioca sulla traduzione letterale che è perforare-vedere. La percezione fisica oggettiva dell’ambiente costellato da una sequenza di “innesti vitrei” vuole stimolare una percezione emozionale soggettiva che porta a “vedere forandosi”, facendo luce nel profondo del proprio animo. L’elemento punta o cuspide rappresenta l’eterna forza spirituale da cui la natura stessa è nata e nasce di continuo. Rende tangibile l’esistenza di una realtà potente e inesplicabile non visibile all’osservazione sensibile e superficiale della natura.


68

Percer-Voir #2, 2003, part. Royal Tasmanian Botanical Gardens, Hobart



70


Percer-Voir #1, 2002, Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia Percer-Voir #2, 2003, Royal Tasmanian Botanical Gardens, Hobart


72



74

Percer-Voir #3, 2006, Islington Hotel, Hobart


DISCO MOON | installazione | Effimero, Piazza San Lorenzo, Vicenza, 20.7.2009

Disco Moon Claudia Amato, Alberto Zanchetta

All’interno della rassegna EPIDE®MIE nasce il progetto Effimero, evento dedicato al 40° anniversario dello sbarco sulla luna, in cui diciotto artisti sono stati invitati a rielaborare la scultura modulare Aconà Biconbì di Bruno Munari nell’intento di (ri)trasformarla in un oggetto “unico” ed “effimero”. Dalla rivisitazione della famosa micro-scultura è nata l’opera Disco Moon di Andrea Morucchio: diciannove elementi circolari – realizzati con cartone, legno e stampe fotografiche – che riproducono altrettante lune, forme archetipiche e primordiali che l’artista ha incastonato in dischi argentati spargendole poi a terra per conferire loro un andamento a raggiera, come fossero sfere orbitanti che imitano il moto dei corpi celesti. Nei nimbi luminosi è inoltre possibile veder riflesso sia il cielo che la facciata istoriata dell’attiguo Tempio di San Lorenzo, effetto ottico che chiama in causa l’astrologia e la religione; come spiega l’artista, il titolo dell’installazione intende creare «cortocircuiti iconografici tra le simbologie cattoliche e quelle pagane, con il conseguente ritorno alle origini del sentire religioso, ma anche con l’osservazione dello spazio, degli astri e delle loro influenze». Inevitabilmente, il pensiero dello spettatore vola verso i grandi filosofi del passato, alle asserzioni di Platone (che nella figura del cerchio vedeva la forma perfetta, assunta a medioevale simbolo dell’Assoluto) così come ai rituali neopagani dei cerchi magici che miravano a creare uno spazio immaginario capace di dividere, almeno idealmente, il mondo materiale da quello soprannaturale. Forma senza inizio né fine, ciclo della vita che si ripete all’infinito e che torna nella famosa quadratura del cerchio, simbolo del desiderio dualistico di riportare la sfera celeste


76

Disco Moon, 2009, Piazza San Lorenzo, Vicenza


in concordanza con quella terrestre... Ma se nell’astrologia e nelle scienze occulte l’essere umano viene incoscientemente inserito nel proprio destino, nell’opera di Morucchio è l’uomo stesso (in quanto elemento di passaggio) a controllare lo sviluppo del caso. L’attenzione dello spettatore si sposta quindi dalle ipnotiche lune variopinte verso l’ambiente circostante, che diventa parte integrante e speculare dell’installazione. Lo sguardo cattura i cerchi lunari mentre il cervello li registra e li ribalta lungo la perpendicolare del rosone, in un gioco di finito/infinito che (s)materializza la ciclicità del processo naturale e il ripetersi di fenomeni che sottendono alle leggi dell’universo. L’accento cade infine sull’assenza di rotture e sull’indissolubilità spazio-temporale, ossia su una circolarità intrisa di simboli atavici e retaggi culturali, quasi fosse un témenos che induce il passante in soggezione e ne

Disco Moon, 2009, Piazza San Lorenzo, Vicenza

inibisce l’attraversamento.


78



80


LAUDES REGIAE | installazione | Ex Convento Santi Cosma e Damiano, Venezia, 8.6 _ 29.7.2007

Laudes Regiae è un’opera che propone collegamenti trasversali tra eredità storica, percorso spirituale e contemporaneità socio-politica. Realizzata per gli spazi dell’ex Convento dei Santi Cosma e Damiano, (XVI secolo), consiste in diciassette elmi di vetro soffiato e satinato ispirati a una celata del XIV secolo, in immagini proiettate con diverse tecniche del Lupo di Passau, ossia il marchio che veniva punzonato sulle spade prodotte nel Medioevo nell’omonima cittadina tedesca, e nella diffusione sonora delle cosiddette Laudes Regiae, ossia il coro per la Messa di Incoronazione del XI secolo. Laudes Regiae è il risultato della combinazione tra l’ambiente spoglio e minimale del Salone del Camino e i tre elementi installativi. L’illuminazione dello spazio è solamente quella solare, filtrata e diffusa da veli di tessuto bianco sistemati alle finestre così da rendere l'ambiente omogeneo, avvolgente e ieratico. Il titolo, Laudes Regiae, si riferisce alla definizione data ad un genere di invocazione liturgica con cui si accompagnava l’incoronazione dei sovrani nell’antichità e nella società cristiana. La figura di Cristo vincitore e re veniva utilizzata per acclamare imperatori, sovrani, vescovi e papi. In pratica, con il “mantra” della ripetizione corale, la preghiera assumeva la funzione di confermare nell’inconscio popolare la derivazione divina del potere temporale. Ernst Kantorowicz in Laudes Regiae, uno studio sulle acclamazioni liturgiche e sul culto del sovrano nel Medioevo, la definisce una acclamazione che suona come affermazione diretta della potenza e della gloria in cui la figura di Cristo è quella militante del conquistatore. Attraverso un'analisi della valenza socio - politica - comunicativa delle Laudes Regiae, una sorta di “teologia politica” medievale, si possono notare sorprendenti elementi di continuità tra alcuni aspetti del mondo medievale e la nostra contemporaneità.


82


G. Agamben in Il Regno e la Gloria ritiene che il potere moderno non è soltanto “governo”, ma anche “gloria” e “gli aspetti cerimonia liturgici e acclamatori che siamo abituati a considerare come un residuo del passato costituiscono invece tuttora la base del potere occidentale. La funzione delle acclamazioni e della gloria, nella forma moderna dell’opinione pubblica e del consenso, è tuttora al centro dei dispositivi politici delle democrazie contemporanee. La novità dei nostri tempi consiste nel

Laudes Regiae, 2007, Convento Santi Cosma e Damiano, Venezia

ruolo dei media nel determinare una nuova e inaudita concentrazione,


moltiplicazione e disseminazione della funzione della gloria come centro del sistema politico. Ciò che restava un tempo confinato nelle sfere della liturgia e dei cerimoniali si concentra nei media e, insieme, attraverso di essi, si diffonde e penetra in ogni istante e in ogni ambito, tanto pubblico che privato, della società. La democrazia contemporanea è una democrazia integralmente fondata sulla gloria, cioè sull’efficacia dell’acclamazione, moltiplicata e disseminata dai media nelle forme e secondo le strategie del potere spettacolare.

84


Mala Tempora Currunt Saramicol Viscardi

Potere politico e temporale. Estetica minimale e suggestioni medioevali. Le antiche Laudes Regiae che risuonano cupe nel Salone. Nel nuovo progetto di Morucchio si intrecciano passato e presente, spiritualità e laicismo in un percorso visivamente severo, rigoroso e di grande pulizia formale. Il messaggio, però, emerge forte e sembra urlare a chiare lettere l’inquietante legame tra storia antica e politica odierna, squarciando il salone ieraticamente scandito dagli elmi rossi. Si intonavano laudes a Cristo Re per sostenere il potere e la supremazia in terra di coloro che ne diventavano i vicari, attraverso l’incoronazione e la legittimazione spirituale ad un potere, di fatto, ben più radicato tra le nostre povere cose terrene. Ed ecco che allora l’artista richiama la nostra attenzione sulla politica papale contemporanea, conservatrice e ferma sulle proprie posizioni dogmatiche, quanto sulle ingerenze politiche. Nello stesso tempo il potere statunitense - tutto terreno - si fa portavoce di una nuova esigenza - indotta? - di spiritualità, di giustizia e buoni sentimenti che portano però ad una guerra preventiva - che tanto ricorda le crociate di cristiana memoria - sobillata da certa demagogia che forse qualcosa ha da spartire con l’arte acclamatoria di queste laudes. La riflessione intorno a questi temi si ritrova nel lavoro di diversi artisti contemporanei, con prese di posizione anche molto forti. Il recente progetto Los Anarquistas di Santiago Sierra realizzato a Roma durante la notte di Natale, con la partecipazione di un gruppo di anarchici militanti assoldati dall’artista ad ascoltare in silenzio la Messa del 24 Dicembre officiata dal Papa, ci parla proprio del potere secolare ancora così radicato a Roma; mentre Maurizio Cattelan immortala, ne La Nona Ora, un Papa Giovanni Paolo II abbattuto da un meteorite, accidentale ma semplice nella sua assurdità, ben lontano dall’imponente e sfarzoso apparato pubblicitario realizzato in occasione della successiva morte, vera, del Pontefice.


L’interfacciarsi di Morucchio a opere d’arte classiche e immaginari storici, soprattutto veneti, trasforma però i suoi lavori in qualcosa di diverso da una pura critica al sistema: il dialogo con il contesto che lo circonda riesce a produrre lavori tanto attuali quanto intimamente legati alla struttura stessa della storia dell’arte. In The Main Show compare la Pietà del Canova, iconologia cristiana e nello stesso tempo messaggio massmediatico imponente quanto imperituro, mentre in Le nostre idee vinceranno è un dipinto conservato al Museo Mocenigo di Venezia il nodo da cui si sviluppa il lavoro dell’artista. Partendo dalla narrazione di un fatto storico - la Battaglia Navale dove Zaccaria Mocenigo sacrificò la sua stessa vita e quella di tutto l’equipaggio per non arrendersi al nemico - Morucchio riflette sull’esigenza del martirio e della sua trasposizione contemporanea, in un clima di impossibilità di dialogo e convivenza tra diverse culture, dove il kamikaze musulmano di oggi si riflette nel ricordo del sacrificio di un veneziano del Seicento. Il Lupo di Passau, simbolo dell’ars bellica, continua a correre nel salone del Camino, in un ideale legame tra ciò che eravamo, e ciò che tuttora siamo.

86


Su Andrea Morucchio e Laudes Regiae Paolo Toffolutti

Un sorriso accompagna il soffio esistenziale che Andrea Morucchio ha appoggiato a terra nel salone del camino dell’ex convento dei Santi Cosma e Damiano a Venezia. Quel sorriso fuoriesce da un antico elmo e si trasferire definitivamente nello spazio esterno con uno sguardo assorto ed allo stesso tempo beffardo, simile a quello espresso da certi ornamenti in forma di nani messi a guardia dei moderni giardini. Sono diciasette pezzi di una scacchiera tutti uguali, percorsi da infiniti bozzi, gole, irregolarità contratte dentro la sfocatura di un unico ripetuto sguardo. Sono ghigni coraggiosi congelati nel vetro, formae vitae insufflate dentro uno stampo malico, che ancora contiene il vuoto dell’alito e della vita che l’ha ingenerato. Ma rappresentano anche un cimitero delle uniformi in forma di mezzi busti sgusciati, ottenuti rivoltando il dentro nel fuori, mezzi corpi non più protetti dall’armatura, esposti alla fragile nudità messa al mondo a portata di un calcio. Appaiono come volti giocondi che plasticamente conchiudono la loro parabola in una smorfia enigmatica, presagio del non poter o saper parare il colpo che da sempre incombe sul proprio e sull’altrui destino. Andrea Morucchio guarda alla scultura moderna e contemporanea che guarda al passato, per dialogare tra facce e architetture. Il luogo e la figura umana, prima che da Andrea Morucchio, sono stati attraversati con molti percorsi, da Medardo Rosso, Gino De Dominicis, Anish Kapoor, Thomas Schutte tra gli altri. L’oggetto fatto rosso - come i calchi di sangue di Antony Mc Queen - sposta la riflessione dalla forma alla materia. Il vetro, la trasparenza, l’intangibilità di cui sono fatte queste guardie le accomuna a pedine insanguinate, schierate ad offesa e difesa della stessa parte. Medardo Rosso ha aperto il percorso che raccorda figura ad architettura in un largo ed ininterrotto gesto di luce che ora sfiora il vetro opaco di Laudes Regiae come allora la cera.


88


La materia è già immagine di luce, luce riflessa che, sapientemente guidata, ha condotto il gesto e lo sguardo fuori dalla portata della mano. Non credo serva sottolineare il richiamo al sacro, basti pensare all’esempio di infinita invulnerabilità dei profili di Gilgamesh e Urvasi, chiaroscurati nei tableau che Gino De Dominicis ci ha lasciato e che così singolarmente si interfacciano con questo esercito di vuoti. Thomas Schutte, infine, esprime tutta la socialità del popolo che trasuda in ogni figura, un popolo ricomposto in una domestica unità posta a custodia di tutti gli attimi della vita. Una mondanità che accoglie questi vetri dalle superfici convesse e dai bordi curvi e che si raccorda in forme unitarie e semplici, simili ed opposte alla funzionalità del design Alessi che si fa ironica e confidenziale mentre dialoga con gli stereotipi della cultura dei cartoons entro forme utili dall’aspetto organico, fitomorfico o fallico. Alto e basso rimbalzano in continuazione, nulla può più essere sensualmente o concettualmente separato: l’oggetto insidiato da una forma comica si circonda di un’aurea di sacralità come un’emozione o un pensiero volubile preso tra il riso ed il pianto. Parafrasando Louis Wauxcelles ci si potrebbe così esprimere per l’opera Laudes Regiae: “Diciasette nani nel mezzo del 400!”


90


Per vigilare sulla peste del presente Maria Livia Brunelli

Una luce soffusa, bianca, avvolgente penetra dalla interminabile paratassi di finestre. Ieratici, evocativi, fiammeggianti, una serie di elmi opalescenti ci proiettano in un’atmosfera gotica. La sensazione che prova lo spettatore davanti all’installazione di Andrea Morucchio è un ricongiungimento con una sacralità perduta. Una sacralità dal sapore medioevale, che sa di valori arcaici, di fedeltà dimenticate, di convinzioni corali. La musica prepotente penetra nelle orecchie e le assorda, creando uno spazio ovattato, atemporale, di sospensione perenne. Dopo il tuffo sonoro e visivo che ci ha confuso le coordinate temporali, impressionati vaghiamo, indaghiamo, esploriamo il nuovo mondo per scoprire gli strani oggetti cha delineano un universo esotico. E proprio quando ci stiamo convincendo di essere in una dimensione diversa, ecco che i punti cardinali si rivelano essere sempre gli stessi, perchè l'uomo medioevale risulta evoluzionisticamente identico all’uomo moderno. Noi siamo, come eravamo, sempre delimitati dagli stessi riferimenti. La musica aulica, glorificante, non è altro che un diverso schermo, non catodico ma ugualmente potente, da cui il potere ci guarda e ci guida. L’elmo, raro, unico, prezioso, superbo frutto dell’ingegno e della creatività umana, non è dissimile, indossato, dalle moderne “corazze su ruote” che evidenziano con la loro potenza/ esclusività/costosità lo status symbol del proprietario. Da qui a vedere nel lupo inciso sulla lama di Passau il prodromo del marchio/logo/firma il passo è brevissimo, ma in un attimo ci accorgiamo che c’è dell’altro... Vediamo che l’uomo che ha firmato la sua opera era conscio della propria abilità e del proprio valore. Non più uno dei fabbricatori, ma un uomo pienamente consapevole della sua individualità, quindi un primo portatore di quell’umanesimo che ora ci permette di vedere l’arte di un uomo come ingegno.


Abbandonando, ma non troppo, la vertigine del trascendente e dell’ineffabile che ancora ci guarda indulgente dall’onnipresente monogramma di san Bernardino, che ci sormonta effigiato nel monumentale camino di questo im menso salone. Un monogramma che ora si rivela nella sua drammatica attualità, magicamente funzionale al messaggio occulto dell’installazione dell’artista. Lo scolpirono infatti i fedeli che hanno eretto questo luogo, come baluardo difensivo per la peste. Una peste, suggerisce nell’orecchio ai fedeli dell’anno Duemila Andrea Morucchio, che sempre ci aspetta in qualunque tempo noi ci nascondiamo travestita da veleno demagogico.

92


Mistero dello Stato: pervasività del potere, diffusione delle resistenze Beppe Caccia

E’ un’atmosfera di mistero quella in cui si ritrova proiettato chiunque si cali nell’istallazione creata da Andrea Morucchio. Il mistero - ne ha discusso Kantorowicz - che circonda e sembra fortificare, fino quasi a farlo apparire invincibile, l’esercizio del potere politico sovrano sulla vita degli esseri umani, in ogni luogo ed in ogni tempo. E la questione cui siamo chiamati a rispondere è se questo mistero risulti insondabile, sguardo della Gorgone capace di annichilire qualsiasi pretesa di effettiva libertà da esso, e di costringere all’alternativa secca tra resa e testimonianza, oppure se questo mistero sia in qualche modo penetrabile, e in quanto tale decostruibile. Se in fondo esso non si riveli come l’effetto di una permanente irrisolta tensione, l’aura prodotta da una relazione conflittuale, antagonistica, che del “mistero” si dimostra essere il primo motore tutt’altro che immobile. Per quanto il potere sovrano non possa che essere ricondotto in ultima istanza, e con buona pace di tante chiacchiere oggi di moda, all’esercizio della nuda forza, o meglio - come Weber ha insegnato - al tentativo di stabilire il proprio monopolio sull’uso dei mezzi di coercizione, è del tutto evidente come esso funzioni, anzi abbia da sempre funzionato attraverso la costruzione del consenso, o più precisamente - come Foucault ha insegnato - attraverso il continuo rinnovarsi di processi di soggettivazione, nel duplice significato della produzione di sudditi e di soggetti, in entrambi i casi sujet: non semplicemente la propaganda, la formazione dell’opinione pubblica e/o la manipolazione delle coscienze, ma la vera e propria costruzione del soggetto nella relazione di potere. Un paradigma questo che si applica proficuamente - come nell’ultima riflessione di Agamben - all’indagine sul nesso tra acclamazione liturgica e cerimoniale della sovranità, come carattere invariante del potere politico.


Ma il rituale delle laudes non deve trarci in inganno: il potere, anche quando si mette in scena come tale, non è un centro che investe in termini univoci ed unidirezionali i suoi oggetti, è sempre una relazione, e come ogni relazione è sempre un rapporto di forza, cioè tra forze, un campo problematico ed instabile di tensione tra spinte contrastanti che lo producono in quanto relazione. Il sorriso beffardo che sembra proiettarsi dalle rosse figure, ciascuna uguale ma al tempo stesso irriducibilmente differente dalle altre, che popolano l’opera di Morucchio, è lì a ricordarci che la capillare, moltitudinaria diffusione delle resistenze precede e corrisponde la pervasività del potere, impedisce comunque che essa si affermi come dimensione totale e totalizzante. E, come sempre più spesso accade all’arte contemporanea nelle sue espressioni più interessanti e riuscite, l’istallazione Laudes Regiae apre il pensiero in un’ulteriore direzione: quella del paradossale rovesciamento del percorso descritto dalla “teologia politica” schmittiana secondo la quale tutti i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati, presenti nell’apparente regressione alla “politica teologica” odierna. In fondo, sembra indicare Morucchio, il passaggio dalla secolare tragedia della formazione delle categorie del politico moderno alla farsa, non per questo meno carica di violenza e sofferenza, rappresentata dal riaffacciarsi della pretesa, religiosa e politica, di imbrigliamento e condizionamento della libertà delle forme di vita, non può rivelarsi che come sintomo di un’abissale debolezza del potere nei confronti dell’eccedenza, che queste stesse forme di vita esprimono.

94



96



98

Laudes Regiae, 2007, Gallery Hotel Murano, Tacoma



MULTIMEDIA.

LE NOSTRE IDEE VINCERANNO 2002 Gemine Muse, Museo Mocenigo, Venezia. EIDETIC BUSH 2003/2012 Plimsoll Gallery, Tasmanian School of Art, Hobart. Winning Hearts and Minds, dOCUMENTA (13), Hauptbahnhof, Kassel.

TALK SHOW 2006 Dis-orders, Bevilacqua La Masa, Palazzetto Tito, Venezia.

PULSE RED 2004/2009 Borders, Punta della Dogana, Venezia. Outdoors, Fontego dei Tedeschi, Venezia.

TRACCIATI ESISTENZIALI 2008 C_art, Campo Santa Margherita, Venezia.

VERSO IL PAESE DEI FUMI E DELLE URLA 2008 Giorno della Memoria, Campo San Bartolomeo, Venezia.

SRI YANTRA 2008 Notturni Dannunziani, Vittoriale degli Italiani, Brescia.

RIVOLUZIONI 2012 Hybrid Body Poetic Body, Venice International Performance Art Week, Palazzo Bembo Bembo, Venezia.

100


LE NOSTRE IDEE VINCERANNO | installazione video-audio | Gemine Muse, Museo Mocenigo, Venezia, 30.11 2002 _ 6.1.2003

Le Nostre Idee Vinceranno è un’installazione video-audio elaborata per il progetto Gemine Muse, giovani artisti nei musei Italiani. L’opera nasce dall’interazione tra il video, costituito da alcuni particolari fotografici del dipinto La Battaglia Navale di autore anonimo collocato nella Stanza Rossa del Museo Mocenigo a Venezia con il brano musicale Il Canto Sospeso di Luigi Nono. Il dipinto commemora l’eroicità del Capitano da Mar Zaccaria Mocenigo e rappresenta una battaglia navale in cui il Mocenigo non esitò a far esplodere la sua nave sacrificando la propria vita e quella dell’equipaggio piuttosto che arrendersi al nemico. Il dramma del sacrificio estremo del martire, l’immolarsi per un’ideale è ciò che per la sua purtroppo estrema contemporaneità mi ha portato a confrontarmi con questo dipinto attraverso un’intervento volto ad esasperarne la retorica celebrativa. Le Nostre Idee Vinceranno consiste nella resa dell’atmosfera che il dipinto, lo spazio museale, la musica e le proiezioni video riescono a creare coinvolgendo emozionalmente il visitatore per stimolare successivamente una riflessione sul fenomeno drammaticamente attuale del fanatismo terroristico suicida e sulla ambiguità della retorica di chi lo celebra e di chi lo combatte in nome di una “guerra di civiltà”. La video proiezione: sulla parete ai lati superiori del dipinto, illuminato da uno spot di luce blu, vengono proiettate delle immagini dei corpi libranti delle vittime dell’esplosione. Queste figure, tolte dal loro contesto pittorico, subiscono una notevole mutazione: estremamente ingrandite, private del colore e rese trasparenti, fluttuano in posizioni cariche di tensione formale ma svuotate di qualsiasi fisicità. Pulsando le figure si manifestano gradatamente e si dissolvono tra i gigli di broccato su cui vengono proiettate grazie ad un montaggio che ne varia la tonalità dei grigi.


La stessa trama di gigli costituisce anche il fondo del video che, per mezzo dell’unico effetto speciale utilizzato, risulta in costante e regolare movimento ad “onda”, come un metronomo che mantiene un tempo costante ed immutabile sulle apparizioni dei martiri. La musica: le immagini appaiono, scompaiono, si alternano, seguendo un ritmo dato dal coro del Canto Sospeso di Luigi Nono. La scelta di questo brano non è legata solo alla forza suggestiva formale della composizione ma anche al testo cantato dal coro estrapolato da una lettera di un condannato a morte della resistenza al nazifascismo: “muoio per un mondo che splenderà con luce tanto forte con tale bellezza che il mio stesso sacrificio non è nulla, per esso sono morti milioni di uomini

Le Nostre Idee Vinceranno, 2003, Museo Mocenigo, Venezia

sulle barricate e in guerra, muoio per la giustizia, le nostre idee vinceranno”.

102


Le Nostre Idee Vinceranno Efthalia Rentetzi

Andrea Morucchio nella sua opera Le Nostre Idee Vinceranno si confronta con il dipinto collocato nella sala rossa del museo di Palazzo Mocenigo intitolato La Battaglia Navale di autore ignoto. In quest’ultimo prevale l’elemento narrativo il cui tema centrale è la scelta del capitano da mar Zaccaria Mocenigo di far esplodere la sua nave per non cadere nelle mani del nemico. La composizione presenta una serie di concetti raggruppati attorno al sacrificio umano durante la guerra che si prestano oggi più che mai ad una molteplicità di interpretazioni. Morucchio rinuncia ad un intervento autonomo sotto l’ottica dialettica con l’opera settecentesca, e sceglie la via di un’operazione di drammatizzazione del quadro e del suo messaggio in chiave contemporanea, mirando al coinvolgimento emotivo del fruitore. L’artista frantuma l’unità tematica del quadro in una sequenza di singoli fotogrammi di dettagli degli uomini coinvolti nell’esplosione, ingranditi e proiettati ai lati del dipinto con una cadenza sintonizzata sul ritmo de Il Canto Sospeso di Luigi Nono. Le figure si presentano isolate, estrapolate dal loro contesto narrativo e sospese su uno sfondo rosso fortemente simbolico. ll linguaggio espressivo tende alla resa drammatica e alla creazione di una atmosfera di sapore suggestivo.


104

Le Nostre Idee Vinceranno, 2003, part., Museo Mocenigo, Venezia



106



108

La Battaglia Navale, particolari del dipinto, Museo Mocenigo, Venezia


EIDETIC BUSH | installazione video-audio | Plimsoll Gallery, Hobart, 28.3_16.4 2003

Eidetic Bush Andrea Morucchio

“La funzione della visione, che soddisfa il bisogno dell’anima di trovare posto nel vasto stato delle cose, è stata soppressa col risultato che abbiamo perduto l’accesso al magico mondo dei miti e dei simboli archetipali, al mondo del Tempo dei Sogni.”1 Il progetto Eidetic Bush è stato ispirato da una serie impressionante di incendi di foreste australiane nell’estate del 2003. L’artista con una serie di azioni performative in alcuni boschi incendiati crea delle spirali sugli alberi carbonizzati modellando della creta bianca o incidendone la corteccia carbonizzata. Successivamente le immagini fotografiche del paesaggio dove ha avuto luogo il “rito performativo” della creazione delle spirali vengono elaborate digitalmente e arricchite di altre spirali, cloni virtuali di quelle reali e indistinguibili da queste. Si ottiene così un video che retroproiettato su due grandi schermi fa sentire il visitatore dell’installazione nel mezzo della foresta incendiata. Le spirali virtuali, accanto a quelle reali, appaiono e scompaiono sugli alberi e sembrano pulsare al ritmo della colonna sonora dell’installazione, la composizione musicale di Luigi Nono Caminantes…Ayacucho. Eidetic Bush è il risultato di una complessa dinamica creativa che utilizza mezzi espressivi antiteci - il semplice atto umano e la manipolazione digitale - e li fa interagire realizzando un’opera che tende a ripristinare la dimensione entro la quale il sacro e la natura sono tutt’uno con la vita, dove ogni atto diventa rito, dove la sacralità è data dalla fusione dell’immaginario umano legato alla natura con l’istinto, dove il legame originario e primordiale che rende l’uomo parte della terra è sacro. Eidetic Bush sottolinea il bisogno dell’uomo contemporaneo di riscoprire una dimensione ancestrale attraverso un’opera di “primitivizzazione" la cui funzione


110

Eidetic Bush, 2003, part., Plimsoll Gallery, Hobart


come scrive Kirk Varnedoe è “necessariamente antagonistica, di urto contro le tendenze conformiste e repressive della società occidentale allo scopo di riportare in vita l’energia anarchica dell’uomo primordiale.”2 “L’abilità eidetica eleva l’occhio della mente a parità con la sensazione visiva, dissolvendo i limiti tra l’immaginazione e la percezione, il mito e la realtà. Essa produce rappresentazioni da considerare come intermediarie tra il soggettivo e l’oggettivo, tra l’inconscio razionale e l’esperienza individuale.”3 In Eidetic Bush il bosco incendiato è il luogo che stimola la capacità visionaria e l’atto creativo che la rappresenta. Il fuoco ha trasformato i colori del bush in una monocromatica variazione di toni del grigio e ha sublimato ogni forma vivente creando una condizione caratterizzata da un silenzio primordiale in cui “ogni azione si arresta e dobbiamo rimetterci a uno stato dell’essere che avvolge e armonizza l’affermativo e il negativo, gli opposti, i contrari.”4 Nel silenzio del bush noi “sentiamo” e ciò è possibile perché siamo vicini allo spettrale, alla coscienza ancora inanimata o al divenire interiore. “Tutte le immagini della spirale, dell’emergere della luce dall’ombra, esprimono idee di movimento, di ciclo, di durata, di passaggio da un modo di essere a un altro, il passaggio dall’ "informe", l’ombra, al "formato", la luce.”5 Modellare strisce di creta sugli alberi o inciderne la corteccia rappresenta il gesto espressivo di un essere pre-riflessivo che crea forme elementari di un’universalità archetipale quasi anonima frutto di quella che Kirk Varnedoe definisce “un’espressione istintiva dell’individuo senza un sistema rappresentativo, una creatività primordiale attestante energie producenti forme e che soppianta tutto quello che tradizionalmente si potrebbe chiamare tecnica.”6 __________

In genere si presume che la capacità di vedere apparizioni sia più comune tra i primitivi che non tra le persone civilizzate. Secondo Carl Jung, “i fenomeni psichici non si verificano meno frequentemente tra la gente civilizzata che non tra i primitivi. Sono certo che se un europeo dovesse sottoporsi agli stessi esercizi e alle stesse cerimonie condotte dallo sciamano per rendere visibili gli spiriti, proverebbe le stesse esperienze.” Carl Jung, The Structure and Dynamics of the Psyche, Routledge & Kegan, London, 1960


112

Eidetic Bush, 2003, Plimsoll Gallery, Hobart



114


Le spirali sono create attraverso una gestualità elementare, un atto creativo e catartico di profonda empatia con la dimensione fuori dallo spazio e dal tempo del bush bruciato. Potrebbe essere l’espressione ritualistica di popoli antichi, dei quali si sono perse/distrutte le tracce, volta a creare uno spazio sacro di comunione, un’installazione che rappresenti lo sforzo di unire gli opposti e di articolare le polarità. L’artista primitivo come creatore di astrazioni che incarnavano l’ordine fondamentale della natura. Per Barnet Newman la forma e il contenuto dell’artista tribale erano “dettati da una volontà ritualistica mirante a un’accezione metafisica.”7 Ogni volta che le spirali digitali appaiono nella loro interezza è impossibile distinguerle da quelle create fisicamente nel bosco. L’incapacità di distinguere tra il segno creato da un gesto reale e una replica virtuale è essenziale in quanto Eidetic Bush è un progetto che mira a risvegliare la sensibilità che consente di rendere visibile l’invisibile, “di materializzare lo spirituale e di spiritualizzare la materia”. In sinergia con l’ambiente, le forme a spirale, che siano l’esito di un gesto reale o di una creazione digitale, “manifestano ai sensi dell’uomo il loro nucleo interiore tramite un’impronta esterna, una signatura rerum.”8 La scelta della forma a spirale che si arrampica come un serpente sull’albero carbonizzato è stata del tutto istintiva e visionaria;

__________

“Fin dai tempi del pensiero predialettico, la funzione essenziale del simbolo è precisamente quella di rivelare le strutture del reale inaccessibili all’esperienza empirica.” Mircea Eliade, Symbolism, the Sacred and the Arts, Crossroad, New York, 1986. “Lo spazio sacro è il luogo dove è resa possibile la comunicazione tra questo mondo e l’altro.” Mircea Eliade, op.cit. “Solo in un campo della nostra civiltà è stata preservata l’onnipotenza dei pensieri - il potere della magia omeopatica, o la fede dei Primitivi nel potere delle forze mentali di influenzare il mondo - e questo è nel campo dell’arte. Non c’è dubbio che l’arte non è cominciata come arte fine a se stessa. All’inizio è stata usata al servizio degli impulsi, che oggi nella maggior parte dei casi sono estinti.” Sigmund Freud, Totem and Taboo, W.W. Norton, New York, 1950


116

Eidetic Bush, 2003, azioni performative, Glenorchy, Mount Dromedary, Hobart



118


in seguito ho scoperto che, “il mondo mitologico, come la società aborigena, era segregato in due grandi metà, da un lato il fuoco e dall’altro il serpente. Sebbene antagonistiche, incompatibili, rimangono simbolicamente ed emotivamente collegate tra loro in una dialettica di fuoco e di morte. Quella dialettica conferiva alla mitologia del fuoco aborigeno un potere speciale. Divideva l’universo tra bruciato e non bruciato e concedeva solo agli esseri umani il potere di dar forma a quell’universo sotto la guida dei loro totem e dei loro canti ancestrali.”9 La scelta del brano musicale Caminantes…Ayacucho di Luigi Nono come elemento sonoro della videoinstallazione è legata alla tensione visionaria della composizione, caratterizzata dalla dialettica creata tra i silenzi o i pianissimi e il repentino insorgere dei contrasti, l’erompere improvviso di un fortissimo e ai riferimenti all’esoterismo visionario di Giordano Bruno, in quanto il coro canta un brano tratto da De La Causa Principio e Uno. Per Nono “Fondamentale è l’esperienza di disimparare, di non conoscere più quello che si conosce, di lasciare che l’oblio agisca in modo da poter compiere il rimaneggiamento imprevedibile dei sedimenti delle culture e dei credi attraverso i quali siamo passati.”10 All’epoca dello sbarco degli Europei nel 1642, gli Aborigeni della Tasmania, grazie ad un eccezionale isolamento durato 10.000 anni, possedevano la cultura materiale più elementare al mondo per cui era possibile stabilire il legame più intimo con la Terra e i suoi cicli. _____________

“L’estetica consiste nella - risonanza - che lampeggia e che si accende creando rapporti determinati dai sensi tra gli oggetti e gli eventi che si stanno svolgendo, a cominciare da un ordine segreto all’interno della realtà. L’estetica è la luce fatta cadere su un aspetto di elementi coesistenti, ove un elemento genera il prossimo contro uno sfondo di segni in comune, lungo un percorso costituito da nessi segreti di - rimemorizzazione - per cui pensare è anche ricordare.” Aldo Giorgio Gargani, Una Nuova Formazione Estetica, Km/n, no.1 Gennaio, 2001 “Il gesto di Nono è rituale. È un soffio che scuote il suono dalla sua quiete, questo possibile suono si ritrasforma subito in silenzio: là esso cessa di essere. Una musica dove domina lo stupore scoperto non solo all’origine del pensiero, ma anche dell’emozione. Il mondo dell’immaginazione è quindi un ambito prelogico.” Renzo Cresti, Il Suono Nascente per una Nuova Lettura Estetica, da L’Ascolto del Pensiero.


120

Eidetic Bush, 2003, part., Plimsoll Gallery, Hobart



122

Eidetic Bush, 2003, part., Plimsoll Gallery, Hobart



124

Eidetic Bush, 2003, azioni performative, Glenorchy, Mount Dromedary, Hobart


Prima di cadere vittime di uno dei genocidi più brutali e riusciti della storia della colonizzazione mondiale, gli Aborigeni della Tasmania, al massimo 4000 cacciatori-raccoglitori, rappresentarono l’espressione del legame più profondo e puro che l’uomo potesse stabilire con la natura, il legame originale, primordiale con cui l’uomo diventa parte della Terra e ogni suo gesto acquista una dimensione evocativa e di rito. “Avevo immaginato che la mia ricerca del nesso spirituale dell’uomo con il territorio si sarebbe svolta nell’ambiente naturale incontaminato della Tasmania. Tuttavia la coincidenza della mia visita con la catastrofica ondata di incendi forestali durante le fasi di sviluppo del progetto Eidetic Bush nell’estate del 2003 mi ha dettato alcune riconsiderazioni molto significative su come meglio rappresentare un luogo che conduca a tali riflessioni.” La peggiore siccità della storia australiana, da quando iniziarono a tenere archivi attendibili di dati nel 1910, è l’effetto diretto del riscaldamento globale prodotto dall’uomo. Non solo, ma la distruzione causata dagli incendi forestali richiama metaforicamente la potenza distruttiva dell’abbattimento radicale delle antiche foreste. Sebbene la Tasmania sia uno degli ultimi rifugi del wilderness, “ogni anno vengono disboscati circa 20 mila ettari di foreste naturali.”11

_______ 1 Suzie Gablik, The Reenchantment of Art, Thmes and Hudson, New York, 1991 2 Kirk Varnedoe, Abstract Expressionism, Primitivism in 20th Century Art,

The Museum of Modern Art, NY, 1984 3 Kirk Varnedoe, op. cit. 4 Aldo Giorgio Gargani, Una Nuova Formazione Estetica, Km/n, n1 Gennaio, 2001 5 Mircea Eliade, Symbolism, the Sacred and the Arts, Crossroad, New York, 1986 6 Kirk Varnedoe, op. cit. 7 Barnet Newman, The First Man was an Artist, Tiger Eyes no.1, 1947 8Jacob Böhme, De Signatura Rerum, Stoccarda, 1620 9 Stephen J. Pyne, Burning Bush, H. Holt and Company, New York, 1991 10 Luigi Nono, Lecture at the Giorgio Cini Fundation, 1985 11 Annual Report of Forest Practies Board, Tasmania, 1999-2000


126

Eidetic Bush, 2003, stills da video


EIDETIC BUSH | video-audio | dOCUMENTA (13), Winning Hearts and Minds Spazio 42, Hauptbahnhof, Kassel 11.9.2012

In occasione di dOCUMENTA (13) l’11 settembre Andrea Morucchio presenta il video Eidetic Bush su invito del collettivo Critical Art Ensemble per il progetto curatoriale Winning Hearts and Minds che prevede la partecipazione nei cento giorni di apertura di dOCUMENTA (13) di cento artisti che alternandosi effettuano performance, installazioni, public speech, proiezioni di video arte allo Spazio 42, Hauptbahnhof, Kassel. “Gli scenari in abbandono dei boschi incendiati della Tasmania, nel loro spettrale spegnimento cromatico, divengono il luogo di un complesso processo di elaborazione che unisce atti performativi e operazioni digitali. Gli interventi dell’artista nel bush sembrano poter riattivare la potenza dell’immaginazione: i segni incisi sulle cortecce, le spirali di creta modellate sui tronchi carbonizzati paiono quasi un rito di riapproriazione di una possibilità d’esserci e di immaginare ancora; poter “riscrivere” i propri perimetri esistenziali in uno spazio al quale la combustione ha cancellato la memoria - quindi il senso dello spazio e del tempo - dopo una devastazione che inevitabilmente rimanda a quella inflitta dagli occidentali alle popolazioni aborigene, razziate dei propri territori cosi inestricabilmente connessi alla loro cultura, e quindi azzerate totalmente. Nelle proiezioni video le spirali incise o modellate con la creta sui tronchi degli alberi si uniscono ad altre costruite digitalmente: appaiono e scompaiono seguendo l’andamento ritmico di Caminantes...Ayacucho di Nono, mentre l’osservatore pare effetivamente addentrasi in uno spazio eidetico misterioso, dove si riattiva la “rivolta” di una memoria lontana e si riscrivono i primi segni di una spiritualità perduta.” (L. Poletto)


128

Eidetic Bush, 2012, Spazio 42, Hauptbahnhof, Kassel



130


TALK SHOW | video-audio | Dis-orders, Palazzetto Tito, Bevilacqua La Masa, Venezia, 25.10_19.11 2006

Il video Talk Show è costituito dal montaggio delle riprese di una discussione tra un gruppo di attivisti e di artisti svoltasi all’interno della serra Municipale occupata da poche ore e adibita a base operativa ed espositiva del “laboratorio di resistenza artistica” Mars Pavilion di fianco ai Giardini della Biennale, in concomitanza con le giornate inaugurali della Biennale Internazionale d’Arte di Venezia del 2005. La discussione che dà origine a Talk Show nasce dall’avversità degli attivisti nei confronti di The Sweetest Dream dell’artista Nemanja Cvijanovic; l’opera, appesa all’interno della serra, è una bandiera dell’Unione Europea in cui le stelle sono disposte a formare una svastica. Talk Show è quindi il filmato di una discussione in cui artisti e attivisti si confrontano sul portato politico di una delle opere esposte. La reazione negativa degli attivisti dipende da una comprensione dell’opera legata alla sua apparenza; nella comunicazione artistica un soggetto che non conosce il linguaggio artistico vedrà l’opera d’arte esente da riferimenti esterni, individuando soltanto le sue proprietà formali e percettibili. Talk Show è la spettacolarizzazione di una discussione “clandestina”, appassionata, svoltasi in un’atmosfera crepuscolare, priva di colori per via della ripresa a infrarossi che dà al video una tonalità dominante “verde marziano”. Al di là del contenuto, Talk Show è esemplificativo dell’aspetto fondante del progetto Mars Pavilion, ovvero della sua natura di momento costitutivo di uno spazio pubblico, dove con questa definizione si vuole intendere lo spazio dell’alterità, il luogo dell’incontro e del confronto possibile con l’altro da sé. Inoltre Talk Show, nel manifestare in modo così “plastico” la contrapposizione tra due modi di "leggere"- quello dell’attivista politico e quello dell’artista - e quindi


di comprendere la rappresentazione simbolica di un’opera d’arte contemporanea, richiama evidentemente i due elementi che fondano il progetto Dis-orders cioè attivismo politico e arte. Talk Show documenta un momento di crisi, apparentemente insuperabile, nella coesistenza e collaborazione tra artisti ed attivisti di Mars Pavilion; una crisi che il pubblico della video installazione vedrà superata grazie ad un piccolo monitor che in un angolo della stanza buia rimanda un video documento delle attività che in seguito sono state attuate da Mars Pavilion dimostrando che una sintesi tra attivismo ed arte è possibile e quando questo avviene i risultati artistici, sociali e

Talk Show, 2006, Palazzetto Tito, Venezia

comunicativi sono notevoli.

132



134



136

Talk Show, 2006, stills da video


PULSE RED | proiezioni luminose | Borders, Punta della Dogana, Venezia, 7.9_13.9.2004 Pulse Red Francesca Colasante, Andrea Morucchio

L’installazione di luce, Pulse Red alla Punta della Dogana da Mar, zona limite per l’accesso al cuore di Venezia, affronta - come contributo all’approfondimento del tema del confine sviluppato dal progetto Borders - l’ampia questione della comunicazione massmediatica attraverso un intervento ambientale urbanistico di forte impatto scenografico e simbolico. Dell’intera struttura, progettata dal Benoni nel 1677, l’artista Andrea Morucchio isola il globo d’oro che risplende di fronte al campanile di S. Marco caricandolo di nuovo significato. La sfera sovrastante la torre diventa il supporto sul quale far pulsare un segnale luminoso intermittente di colore rosso. La Punta della Dogana è sempre stato un luogo di grande valenza simbolica, dove con uno sguardo si riesce ad abbracciare la città, dove si incrociano le attività dell’uomo con quelle della natura. Ora come in passato vi entrano ed escono navi cariche di persone e di merci, crocevia di popoli, culture e interessi diversi. E’ proprio questa caratteristica a stimolare l’elaborazione formale e concettuale dell’operazione, oltre a dare la chiave di lettura per la comprensione del messaggio. Il globo d’oro come punto di attrazione per chi dal mare accede a Venezia e la Dogana da Mar come punto di contatto con il resto del mondo, luogo storicamente deputato allo scambio, al deposito e allo smistamento. Estremità dove si convogliavano le informazioni che poi si diramavano in città e da lì nel resto del mondo conosciuto. Il sistema che comunicava allora tra culture diverse era veicolato dallo straordinario ruolo catalizzatore di Venezia all’interno dei canali commerciali del tempo.


138

Pulse Red, 2004, Punta della Dogana, Venezia


Ispirandosi a tali considerazioni, Morucchio elabora un’operazione che affronta le tendenze egemonizzanti della comunicazione massmediatica contemporanea. Il globo pulsante diventa antenna/schermo che oggi capta i segnali elettromagnetici dei flussi comunicativi e ne fagocita l’intellegibilità, riducendoli a semplice intermittenza luminosa di superficie. Allegoria, l’allarme rosso, di un sistema sull’orlo del collasso. L’imposizione di un modello propagandistico, pervasivo, il ritmo sostenuto del bombardamento informativo, da tempo pongono la questione delle capacità individuali di comprensione e filtraggio dei messaggi. Tale intervento mirato intende sfruttare la visibilità mediatica del luogo per insinuare il messaggio antagonista nel mainstream, appropriandosi dei suoi codici comportamentali. In questo caso la spettacolarizzazione del gesto artistico funziona al contrario per affermare la necessità di una presa di coscienza, altrimenti preclusa su larga scala. Un intervento minimo di public art in grado di determinare una risonanza attraverso i tre elementi dell’ architettura, della storia e dello spirito del luogo.


140

Pulse Red, 2004, Punta della Dogana, Venezia



142


Pulse Red, 2004, sagomatori luminosi, Punta della Dogana, Venezia


144

Pulse Red, 2004, stills video rendering


PULSE RED | installazione video | Outdoors, Fontego dei Tedeschi, Venezia, 23.09_25.09 2009

Purposes Gaia Conti, Domitilla Musella

Pulse red è un intervento artistico che punta a stabilire una comunicazione diretta tra artista e fruitore, al di là di ogni mediazione, in prospettiva sinergica tra scena e pubblico dell’arte. All’interno del progetto Outdoors non è una semplice installazione, ma un intervento di public art, un metalavoro nel quale ogni aspetto della rappresentazione è, in realtà, una chiave che riconduce ad un preciso momento creativo. Un lavoro site specific pensato in stretto rapporto con la specificità del luogo, secondo una pertinenza linguistico storico e visiva dell’una rispetto all’altra. L’obiettivo primo dell’intero progetto - e di questo lavoro - è presentare l’arte sul territorio pubblico oltre i luoghi canonicamente ad essa deputati, incentivando nuove pratiche artistiche del “fare contemporaneo”, per una riqualificazione del territorio e della collettività che lo abita. Il lavoro racconta, rimaneggiandolo, il progetto proposto dallo stesso artista nel settembre 2004, quando un’interferenza luminosa di colore rosso, puntata sul globo d’oro di Punta della Dogana da Mar, interpretava l’idea di confine. Allora un intervento ambientale di forte impatto scenografico affrontava l’ampia questione della comunicazione massmediatica, con un senso di denuncia. Adesso, nel chiostro dell’antico Fontego dei Tedeschi, una installazione si ritaglia fisicamente uno spazio centrale, abbracciando completamente la vera da pozzo. Si tratta di una struttura quadrifacciale, quasi a voler caricare il significato su più fronti, riproduce la documentazione video dell’intervento del 2004.


146

Pulse Red, 2009, Fontego dei Tedeschi, Venezia


Come Punta della Dogana, anche il Fontego dei Tedeschi è stato ed è un luogo di scambio, un edificio imponente eretto dai veneziani nel 1228 da cui si controllavano le operazioni commerciali che avevano luogo a Rialto. Ora non è solo il più grande Fontego di Venezia, ma anche la sede centrale delle Poste da dove si smista tutto il flusso delle informazioni della città. Un intervento, dunque, che crea un dialogo tra la prima performance e il luogo dove si realizza adesso, sviluppando un percorso di significato e di continuità nel rapporto che instaura con il luogo. Lo spettatore non è costretto ad assumere un ruolo predefinito che quindi potrebbe condizionarne la visione, come spesso accade nei musei o nelle gallerie, ma è libero di osservare l’opera con un atteggiamento di curiosità in un luogo non adibito alla fruizione estetica. L’artista è il primo spettatore dei luoghi che racconta, intervenendo con azioni minime e spostamenti di significato che accompagnano gradualmente il fruitore verso il centro di interesse pulsante. In questo specifico lavoro, la tensione massima si raggiunge nel momento in cui viene svelata la palla di fuoco, l’interferenza luminosa che avvolge il globo d’oro della struttura architettonica, centro d’interesse della performance stessa. I processi di creazione dell’immagine, come esperienza in sviluppo da manipolare, rileggere o completare, avvengono ora grazie alla documentazione video. In questo tipo di linguaggio, l’obbiettivo si traduce con un intreccio narrativo che, da un prologo introduttivo, sviluppa la sua trama attraverso diversi percorsi fino ad arrivare all’epilogo finale. Il lavoro si svincola dal contesto originario e si carica di un nuovo significato.


148

Pulse Red, 2009, Fontego dei Tedeschi, Venezia



150


TRACCIATI ESISTENZIALI | video | C_art, Campo Santa Margherita, Venezia, 29.05 2008

Irresistibili percorsi no sense Laura Poletto

L’intervento di arte pubblica Tracciati Esistenziali consiste in una doppia video proiezione sui muri perimetrali di due palazzi che si affacciano su Campo Santa Margherita. Tracciati Esistenziali si basa sulla ripresa sfocata di un movimento continuo, ciclico, di una costante rotazione di piccole ombre scure che si muovono su di un fondo chiaro addensandosi attorno ad un vuoto; ad intervalli, e per una frazione di tempo brevissima, le immagini si fanno nitide e rapidissime – quasi subliminali - rimandano a ciò che sta dietro a questi transiti: sono formiche che si muovono costantemente attorno a se stesse creando un cerchio. La sfocatura diviene il dispositivo per tradurre visivamente il muoversi indistinto, l’omogeneità direzionale di dinamiche comuni entro cui si intrecciano percorsi personali e individualità distinte; un unico centro di attrazione diviene il fuoco verso cui tendono tutti i tracciati di una moltitudine in transito che, come fosse immessa in una corrente continua, trascinante e vischiosa al tempo stesso, rischia di rimanervi intrappolata. In questa prospettiva il cerchio sembra divenire il simbolo di un meccanismo di costrizione, catena, congegno della sottomissione all’imposizione di determinate modalità esistenziali, ritmi, modelli di consumo e di sviluppo. Allo stesso tempo la rotazione continua attorno al nulla - che ne costituisce il nucleo e la carica propulsiva – pare indicare l’impossibilità di un tempo della stasi, della sospensione dell’asserzione. Il frenetico moto unidirezionale di piccoli esseri viventi di un microcosmo non troppo lontano, il cui senso sembra apparentemente sfuggere a chi lo osserva, diviene quindi lo specchio di dinamiche macroscopiche, di direttrici


già tracciate entro cui l’io rischia di soffocare, perdersi o disperdersi oltre i propri reali bisogni nell’impersonalità e acriticità di un processo di omogeinizzazione e uniformazione pressante dove sembra sempre più difficile istituire uno spazio e un tempo della distanza, una dimensione preservata all’affermazione di possibilità esitenziali alternative, di diversità, di dissenso. Svincolarsi significa rompere il flusso, invertire e moltiplicare direzioni e focalità. A differenza delle formiche il cui intero ciclo vitale si basa sulla dipendenza ad un sistema, ad un determinato tipo di società definita da “ferrei istinti ereditari”, non scardinabili, “l’uomo può influenzare la sua vita attraverso il proprio comportamento e in questo processo la riflessione e la

Tracciati Esistenziali, 2008, part., Campo Santa Margherita, Venezia

ricerca consapevoli possono svolgere un ruolo.” - Einstein, 1949.

152



154

Tracciati Esistenziali, 2008, Campo Santa Margherita, Venezia


VERSO IL PAESE DEI FUMI E DELLE URLA | video-audio | Giorno della Memoria, Campo San Bortolomeo, Venezia, 25_27.1.2008

Il progetto di arte pubblica Verso il Paese dei Fumi e delle Urla è composto da tre elementi: un’installazione video-audio in campo San Bartolomeo a Venezia, l’affissione di poster sul territorio comunale e la distribuzione di cartoline con un testo di Gadi Luzzato Voghera. Il video è composto da una doppia proiezione di immagini dei simboli cuciti sulle vesti degli internati nei campi di concentramento nazisti, mentre l’audio è costituito dai brani musicali di Die Ermittlung / L’Istruttoria, composti da Luigi Nono come musiche di scena per l’omonimo lavoro teatrale di Peter Weiss. L’immagine dei poster è realizzata da un patchwork di decine di questi simboli, mentre gli stessi, combinati due a due, compongono il fronte delle cartoline. Pezzi di stoffa sono cuciti o ricamati a formare sia la stella a sei punte per gli ebrei che un semplice triangolo isoscele, i cui diversi colori marchiavano l’omosessuale, il comunista, lo zingaro, la prostituta. Attraverso una ricerca in internet Morucchio ha recuperato decine di fotografie a colori di ritagli di tessuto con questi simboli. Nelle documentazioni fotografiche e video in bianco e nero della Shoah e della persecuzione di alcune minoranze, la stella a sei punte e i triangoli appaiono appena riconoscibili sul vestiario nei ghetti e sulle casacche degli internati nei lager. Nei loro colori originali, in foto che ne svelano i dettagli della trama del tessuto liso ma resistente, dai colori intensi, ricamati o cuciti a mano con cura i simboli appaiono di primo acchito in qualche modo affascinanti. Una sensazione seguita immediatamente da un senso di profondo smarrimento quando, osservando attentamente questi manufatti nei particolari, si avverte quasi fisicamente con un colpo allo stomaco l’immane atrocità che li ha prodotti.


156


Questo progetto nasce dalle sensazioni che la visione ravvicinata, definita, “tattile” di queste “reliquie”, vendute ora su eBay, provocano nell’osservatore. L’obbiettivo è di far riflettere sulla fascinazione e attrazione che nella nostra società sempre in un maggior numero di persone esercitano idee razziste, xenofobe, discriminatorie verso i “diversi”, le minoranze. I simboli usati come ready made, allegoria minimale e potente degli effetti del male assoluto imperversato in Europa pochi decenni fa, vengono semplicemente riproposti-riassemblati così come sono per un progetto artistico, specificatamente di public art,


ideato come operazione comunicativa di marketing “da strada”. Attraverso la distribuzione pubblica delle cartoline, l’affissioni di centinaia di manifesti e le proiezioni video in uno dei luoghi più frequentati di Venezia quest'opera è volta ad attrarre visivamente il potenziale target e a colpirlo quando, dopo qualche istante, realizza di che simboli si tratta e, se l’operazione è efficace, a farlo riflettere, anche solo per un attimo, su questi simboli, stelle e triangoli, che come scrive Gadi Luzzato per questo progetto “non sono in bianco e nero,

Verso il Paese dei Fumi e delle Urla, 2008, Campo S. Bortololomeo, Venezia

non sono storia passata. Sono un patchwork colorato di memoria attuale”.

158



160

Verso il Paese dei Fumi e delle Urla, 2008, Campo S. Bortololomeo, Venezia



162


Verso il Paese dei Fumi e delle Urla Gadi Luzzatto Voghera

Dove andiamo? Dove ci portano? Al paese di Pitchipoi. Si parte che ancora è buio, e ci s’arriva che già è buio E’ il paese dei fumi e delle urla Ma perché le nostre madri ci hanno lasciato? Chi ci darà l’acqua per la morte?” (Elsa Morante, La Storia, Torino 1974)

“… anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere”. (Walter Benjamin, Tesi di filosofia della storia, tesi n. 6)

Stelle e triangoli cuciti su logori pigiami a strisce, simboli a colori. Donne, uomini, bambini trasformati in cose anonime, stücken, pezzi da collocare nello scaffale della morte ad Auschwitz-Birkenau, Mauthausen, Treblinka.Triangoli e stelle che non sono in bianco e nero, non sono storia passata. Sono un patchwork colorato di memoria attuale.

Dai palazzi del potere oggi ci dicono che per difendere le nostre mamme e le nostre pance ingrassate sarebbe bene “usare con gli immigrati lo stesso metodo delle SS: punirne dieci per ogni torto fatto a un nostro cittadino”, e che “nelle misure più drastiche applicate dal Nazismo e dal Fascismo c’era qualcosa di buono”.

Allora, forse, il “Paese dei Fumi e delle Urla” siamo noi.


164

Verso il Paese dei Fumi e delle Urla, 2008, distribuzione cartoline, Teatro Goldoni, Venezia

Verso il Paese dei Fumi e delle Urla, 2008, cartoline


SRI YANTRA | video-audio | Notturni Dannunziani, Vittoriale degli Italiani, Gardone, 29.8_6.9.2008

L’installazione video-audio Sri Yantra nei Giardini del Vittoriale degli Italiani, elaborata per Notturni Dannunziani, l’uomo tra eros e natura, è costituita da un video retroproiettato e la diffusione di un brano musicale. Il video consiste in una ripresa del torso dell’artista virato in rosso su cui è tatuato lo Sri Yantra, simbolo di conoscenza che manifesta un ordine inflessibile: quell’ordine supremo dal quale scaturisce la creazione, il perenne accoppiamento dei due poli della creazione: maschio e femmina, buio e luce, bene e male, amore e odio, spirito e materia. “Il discorso condotto sovente nel lavoro di Morucchio attraverso una concezione dualistica fondata su forze antinomiche cosi come sull’ambivalenza dei messaggi, si ritrova e viene superato in una sintesi e riunificazione degli opposti e complementari: inspirazione ed espirazione, maschile e femminile, forma e informe. Per mezzo del respiro il corpo diviene materia elastica intrasformazione, che fuoriesce dai propri limiti perdendo i confini anatomici: dalla divisione degli opposti all’uno unificante, al ritorno forse ad un’androginia primordiale.” (L. Poletto) Il movimento della parte addominale determinato da profonde inspirazioni ed espirazioni segue il ritmo della colonna sonora TibetanGranularSintesisRitual di A. Ragazzo che, creata appositamente per l’opera Sri Yantra, è una ricerca sulla disarticolazione della polifonia dei mantra tibetani. "Solo con l’utilizzo di tutti i sensi, e qui d’Annunzio fu davvero maestro, possiamo percepire ciò che ci circonda in ogni sua caratteristica emotiva. Il Vittoriale degli italiani è luogo sacro che per mette al visitatore di fare un salto nella Natura maestra di vita. Notturni Dannunziani conduce il visitatore a scoprirne ogni suo angolo, camminando attenti a non perdere nulla che potrebbe alimentare la nostra sensibilità-sensualità. Sri Yantra ferma l’astante all’inizio del suo percorso invitandolo, attraverso il respiro, a preservare ogni immagine sentita." (M. Riccioni)


166

Sri Yantra, 2008, Vittoriale degli Italiani, Gardone, Brescia



168

Sri Yantra, 2008, Vittoriale degli Italiani, Gardone, Brescia



170

Sri Yantra, 2008, stills da video


RIVOLUZIONI | installazione video-audio | Hybrid Body, Poetic Body, Venice International Performance Art Week, Palazzo Bembo Bembo, Venezia, 8_15.12.2012

Rivoluzioni è una video installazione elaborata in una delle stanze di Palazzo Bembo a Venezia come parte del rassegna di arte performativa Hybrid Body, Poetic Body. L'opera Rivoluzioni è costituita dai seguenti elementi: una doppia proiezione fuori sincro di un filmato in cui l'artista fa roteare una sbarra in vetro, il suono ritmico provocato dal contatto delle mani con la sbarra - interrotto alla fine del video da un forte rumore di vetro che si infrange - la stessa sbarra che giace spezzata al centro della stanza illuminata da una luce spot e il testo poetico What is "evidence" in this word "revolution" di Andrea Pagnes che scorre su un monitor in verticale. L’idea per l’installazione così realizzata è nata direttamente dallo spazio in cui il lavoro è esposto, una delle sale che chiude il secondo piano, e quindi l’intera mostra. Lo stanza ha una struttura architettonica tale da permettere un quasi totale isolamento rispetto allo spazio circostante, questo consente allo spettatore di calarsi in una dimensione sensoriale, emotiva e concettuale estremamente coinvolgente. “Morucchio fa roteare una barra di vetro lucido come in un cosmogonico moto di rivoluzione dei pianeti, si infrange ciclicamente per la necessità di un eterno ritorno, di un rinnovamento che si compie attraverso la liberazione di energia, accompagnato dal rumore che produce un cortocircuito tra lo spazio e la realtà e nel suono che si ripete monotono amplia voci che vengono dall’inconscio e attraversano spazi incogniti.” (S. Portinari)


172

Rivoluzioni, 2013, Palazzo Bembo, Venezia



174

Rivoluzioni, 2013, Palazzo Bembo, Venezia


What is “evidence” in this word “revolution”? Andrea Pagnes

A jet glass sparkles, Rippling like magma. Sharp javelin gyroscopes, Physically pulsing, They shake my bones. Flickering like onyx flames, They rise straight into my brain. Smothered underneath a light Covered in a silent spasm, Oscillating, spinning, shaking, revolving, rotating My real life melts, grounding into the floor. What does it mean to get out of myself? What does it mean to communicate with the others? To find a sense, to dimension and recognize, to reveal… What does all this mean? To communicate is an act that belongs to the body. Only. It has nothing to do with information. It is beyond any pre-ordered scheme. It is rhythm, sound, breath extension. It is an emotional fact. To turn out any emotional action, means to favour the deceit and declare the false. Signs, said or written words, colours absorbed or repelled by the eye, Everything must be enlaced with the body. For the body there is no other way out: When it yields to lie, it confesses. Always.


176

Rivoluzioni, stills da video, 2011



FOTOGRAFIA.

GIPSOTECA 2006/2011 Galerie Rossella Junck, Berlin. Despard Gallery, Hobart. Anti_Corpi, Torre Massimiliana, S.Erasmo, Venezia.

THE MAIN SHOW 2006 Hollywood, Galleria Contemporaneo, Mestre, Venezia.

CUBA UN POPOLO UNA NAZIONE 2008 Centro Culturale Candiani, Mestre.

NOI IL POPOLO CINESE SIAMO PRONTI A ... 2008 Multiversity, Magazzini del Sale, Sale Docks, Venezia.

IMPROVVISO TERRORE MI SOSPENDE IL FIATO ... 2009/2011 Krossing, 53^ Biennale di Venezia, Forte Marghera, Mestre. Lo Stato dell'Arte, Padiglione Italia, 54^ Biennale di Venezia, Villa Contarini, Padova.

ENJOY THE SILENCE 2012 Shots Gallery, Bergamo.

ENDLESS JOURNEY 2013 Ugallery, Stockholm.

EKLEKTIKOS 2013 BAG Gallery, Pesaro.

178


GIPSOTECA | fotografia | Gipsoteca, Despard Gallery, Hobart, 10.03_08.04 2006 Gipsoteca, Galerie Rossella Junck, Berlin, 02.06_22.07 2006

Gipsoteca Laura Poletto

Nel 1994 Andrea Morucchio realizza un lavoro fotografico incentrato sulle opere di Antonio Canova conservate nella Gipsoteca del Museo Canoviano di Possagno. Gli originali in gesso, la cui superficie è costellata da cilindretti di bronzo, punti di rèpere per la traduzione nel marmo, divengono il soggetto di una reinterpretazione formale ed emotiva dell’opera canoviana. Gli scatti fotografici in bianco e nero intensificano l’effetto fortemente antirealistico dei puntini (A. Cor-

Gipsoteca #7, 1994/2006

boz, 1979) che si stendono come una rete sulla superfice dei corpi canoviani;


180

Gipsoteca #13, 1994/2006


strumenti partecipi di quella “invisibile geometria” di armonia di proporzioni e relazioni tra le parti, attraverso cui Canova realizzava le sue sculture in un processo di sublimazione, di “sublime esecuzione”. L’obiettivo fotografico si concentra sull’accentuazione dei valori formali, espressivi e plastici delle opere, con l’intenzione di intensificare lo sguardo sulla scoperta o riscoperta

Gipsoteca #9, 1994/2006

di una trazione muscolare, di un gesto, di un sentimento, del passaggio di


un pensiero su un volto. Così per i lottatori Creugante e Damosseno e il Cristo della Pietà, le cui volumetrie vengono estrapolate ed isolate, quasi introdotte ad un processo astrattivo. I primi piani, la ripresa di particolari, la successione di diverse inquadrature di un medesimo soggetto sembrano poter accentuare l’intensità psicologica delle opere ma anche le relazioni formali, le curve e controcurve dei profili, i pieni e i vuoti e, come in una sorta di visione rallenta, si attualizza, nella succesione delle riprese basate sempre su di un progressivo scarto tra inquadratura e inquadratura, lo stato della dolcezza, della disperazione, del dolore, come nella serie fotografica de La Pietà, delle Tre Grazie, del “piccolo gruppo platonico” - Canova - di Amore e Psiche stanti dove l’obiettivo si concentra “nel centro espressivo, emotivo e dinamico della composizione”, in quel “gioco squisitamente fragi-

Gipsoteca #11, 1994/2006

le delle mani che accarezzano e proteggono una farfalla” (P. Mariuz, 2002).

182


Si tratta spesso di sequenze, quasi di fotogrammi di un’azione in corso, che riescono a interpretare sensibilmente la “mobilità” e la sensualità dell’opera canoviana, scultura attorno cui girare, sempre diversa a seconda dei punti di vista, multifocale. Ma il lavoro di Morucchio instaura e accentua anche inedite relazioni tra le opere attraverso studiati dosaggi di luci ed ombre, scansioni di primi e secondi piani, inquadrature impostate secondo significanti e calibrate prospettive, spesso usando una tecnica di ripresa di still life, mentre l’emozione di un muto e prezioso dialogo - quasi metafisico - si condensa nelle fotografie realizzate in una delle sezioni dell’area di Carlo Scarpa dove la luce ipetrale scende dai lucernari angolari lambendo e scivolando sulle figure, sulla Ninfa dormiente, la Naiade, il Monumento a George

Gipsoteca #12, 1994/2006

Washington, l’Autoritratto.


184

Gipsoteca, 2006, part., Galerie R. Junck, Berlin

Gipsoteca, 2006, part., Despard Gallery, Hobart


ANTI-CORPI | fotografia | Torre Massimiliana, S. Erasmo, Venezia, 18.09_01.11 2011

Anticorpo: Attacco-Difesa Giovanni Bianchi

[...] Andrea Morucchio con le sue fotografie rivisita i “corpi” virili, possenti ed energici, di alcuni modelli in gesso delle sculture di Canova, raccolti a Possagno. Canova era alla costante ricerca di un “bello ideale”, armonico ed equilibrato, che andasse al di là della rappresentazione del “bello naturale”. Morucchio concentra la sua attenzione su alcuni particolari del corpo, il tronco e il busto, che vengono isolati dal contesto generale. Con questa operazione di “astrazione” riesce ad esaltare la plasticità e la tensione muscolare di questi corpi perfetti, in grado di trasmettere sentimento ed azione in “quieta grandezza”. La bianca superficie “epidermica” dei gessi è segnata interamente da punti neri distribuiti armonicamente. Sono i numerosi chiodi che Canova fissava sul gesso per indicare un tracciato di punti di riferimento ai lavoranti incaricati di sbozzare grossolanamente il blocco di marmo, sul quale poi lui interveniva per raggiungere quella che chiamava “esecuzione sublime”. La rete di punti evoca una misteriosa e geometrica costellazione, una precisa mappatura del corpo che nelle foto di Morucchio viene esaltata. Virate in rosso le foto offrono una diversa lettura di questi corpi inanimati che acquistano improvvisamente una pulsante e sfrenata vitalità, una dichiarata e manifesta sensualità. [...]


186

Gipsoteca #5, 1994/2010



188

Anti_Corpi, 2011, Torre Massimiliana, S. Erasmo, Venezia


Anti_Corpi, 2011, Torre Massimiliana, S. Erasmo, Venezia


190

Gipsoteca #6, 1994/2010


THE MAIN SHOW | fotografia | Hollywood, Galleria Contemporaneo, Mestre, 26.11_12.12.2005

La Pietà di Antonio Canova, opera in gesso della Gispsoteca Canoviana di Possagno, è il soggetto del trittico fotografico The Main Show, elaborato per il progetto espositivo Hollywood. Il gruppo scultoreo è stato fotografato variando lievemente l’angolo di ripresa. Chi osserva la sequenza fotografica così ottenuta percepisce le lievi differenze tra scatto e scatto, date dai diversi angoli di ripresa rispetto al soggetto. Ciò determina nell'osservatore un movimento dello sguardo - orizzontale, bidirezionale - simile a quello di una telecamera che si sposta lateralmente rispetto ad un soggetto ripreso; lo sguardo dell’osservatore segue un tracciato di linee invisibili che, da immagine ad immagine, collegano i punti di rèpere di cui sono costellati i gessi Canoviani. L’insieme di questi punti di rèpere “scansionano” i volumi dell’opera plastica codificando canoni di bellezza legati alle proporzioni anatomiche classiche tuttora utilizzati dall’industria comunicativa massmediatica, dai divi hollywoodiani ai testimonial pubblicitari. Alcuni momenti dei Vangeli hanno costituito figure e visioni drammatiche archetipiche con cui le arti visive da sempre si sono confrontate: la Madonna con il Bambino, i Miracoli, l’Ultima Cena, la Passione, la Crocefissione e la Pietà. Il cinema ha dato forma e materia ai temi evangelici e si è inserito con forza nella storia delle rappresentazioni visive di Gesù Cristo nei modi più diversi da Pasolini a Mel Gibson. La decisione di utilizzare questo soggetto religioso come mio contributo al progetto Hollywood - inteso come fabbrica dello spettacolo conformante la cultura globale deriva dalla considerazione che la religione cattolica sia stata e tuttora sia la religionie monoteista più spettacolarizzata.


192

The Main Show, trittico, part., Gipsoteca #18, #19, 1994/2005


Decisione supportata inoltre proprio da un’analisi contemporanea su come l’azione strutturale della Chiesa Cattolica sta sviluppando un programma d’evangelizzazione universale volto a ripristinare e a rilanciare la centralità della Santa Sede con i suoi dogmi e con le sue mire teocratiche attraverso una propaganda spettacolare.


194

Hollywood, 2005, The Main Show, Galleria Contemporaneo, Mestre


CUBA UN POPOLO UNA NAZIONE | fotografia | Centro Culturale Candiani, Mestre, 9.2_16.3.2008

Nella perla delle antille: nella deriva dell’iride Alberto Zanchetta

... deriva che si pone ai vertici dell’occhio ciclopico, quello dell’immagine fotografica, onnivoro processo mito/tecno-logico. La nostra cultura è ossessionata dalla conoscenza, che si fa registrazione, e dalla divulgazione, che diventa riproduzione del reale. Per Andrea Morucchio la fotografia è molto di più di un semplice mezzo di comunicazione, è pratica esperenziale. Tale “comunicazione” è intesa a stabilire una trasmissione-relazione nei confronti del mondo, vuole cioè individuare un rapporto diretto tra il fotografo e il suo medium, e tra questi con le persone, le cose, il paesaggio, fino a identificare l’uno negli altri, in perfetta osmosi. Per quanto McLuhan ravvisasse nel medium un’estensione delle nostre facoltà percettive, il sociologo canadese recriminava a tutti noi l’incapacità di riuscire a riconoscerci in esso, non essendo in grado di accettare il fatto di poter appartenere noi a lui e lui a noi. Andrea Morucchio dimostra invece di averlo compreso senza la benché minima reticenza. Morucchio non accetta di soggiacere alla passività dell’istantanea in cui basta premere l’otturatore, esige anzi la consapevole partecipazione da parte di tutti i fattori che concorrono a definire l’evento. È questo suo “sguardo partecipe” a non consentirgli di documentare in modo distaccato; la disposizione d’animo dell’artista non accetta infatti nessun tipo di disimpegno. Rifuggendo dalle lusinghe estetiche Morucchio evita così di scadere negli stereotipi. Della perla delle Antille l’artista coglie con infaticabile disponibilità la pura e semplice gioia dei ragazzi, la routine del lavoro, la serenità delle persone, la calma del vivere quotidiano.


196


In questo reportage cubano egli rincorre un “essere al/nel mondo”, in prima persona, per interpretare dall’interno e non essere costretto a descrivere dal di fuori. A significare la sua ricerca è innanzitutto la concessione d’essere guardati, chiave di volta per entrare in contatto con il soggetto: possibilità di un vis à vis, dialogo – per quanto afono – con quell’occhio rotondo - nella definizione data ai Ciclopi - che guarda con famelica curiosità e divertita complicità. La placida intrusione nella vita altrui si arricchisce allora di un ulteriore fattore, il nomadismo, che va letteralmente incontro al mondo, senza giudicarlo né celebrarlo. Da questo atteggiamento mobile e umile emerge però l’evidente perizia dello scatto; pur confidando nella fortuna e pregiandosi delle contingenze, ogni fotografia racchiude in sé il rigore e la precisione della techne, in cui la scelta e l’inquadratura fanno pur sempre la differenza. La peculiarità dell’anonimato, così come l’accidentalità dell’incontro tra soggetto-contesto-situazione, riescono nell’intento di immortalare lo spirito di una nazione. In queste foto transitiamo da un quartiere all’altro, da un individuo all’altro, da una a mille situazioni differenti, scoprendo contraddizioni, sogni, speranze, grazie alle quali è infine possibile delineare una cartina psico-geografica. Stimolo retinico che si riconnette all’encefalo per restituire anche allo spettatore - la qualità di - uno sguardo in grado di innescare un processo simpatetico, e da qui culminare nell’empatia.


198

Santa Clara #1, 1995/2008


La Habana #3, 1995/2008 Santiago de Cuba #1, 1995/2008


200

Santa Clara #2, 1995/2008

Santiago de Cuba #2, 1995/2008



202

Cuba, un Popolo, una Nazione, 2008, Centro Culturale Candiani, Mestre



204

Cuba, un Popolo, una Nazione, 2008, Centro Culturale Candiani, Mestre


NOI IL POPOLO CINESE SIAMO PRONTI A ... | fotografia | Multiversity, S.a.l.e., Magazzini del Sale, Venezia, 16.5_16.6.2008

Noi il Popolo Cinese, siamo pronti a combattere il nemico fino all’ultima goccia di sangue, siamo decisi a riconquistare con i nostri sforzi i territori che abbiamo perduto e siamo capaci di conservare il nostro posto fra le nazioni. La frase di Mao Zedong del 1935 è utilizzata come titolo dell’installazione fotografica realizzata per il progetto espositivo Multiversity. La concomitanza del periodo espositivo con la violenta repressione del regime cinese verso il popolo tibetano nella primavera del 2008 ha determinato l’elaborazione dell’opera in cui la nota frase di Mao è associata ad una sequenza di sei immagini fotografiche scattate in Nepal; quattro in b/n di monaci bambini tibetani in un monastero Buddista alternate ad un paio a colori di capre decapitate in un tempio Induista. "La serie di fotografie di Andrea ci sembrava opportuna per testimoniare almeno una - minima - sensibilità nei confronti della questione tibetana, ma la scelta dell’opera comprendeva anche una valutazione di carattere formale, dove il contrasto tra il bianco e nero ed il colore, dove la scelta del soggetto e la crudezza delle immagini, riescono comunque ad evitare il pericolo di una retorica insostenibile. Proprio l’assenza di retorica è, dal mio punto di vista, il tratto dirimente di Noi il Popolo Cinese […], unito all’equilibrio del colore tipico del lavoro di Andrea e alla sua innegabile intuizione fotografica, capace di mantenere unite l’impressione istantanea e il dato compositivo." (M.Baravalle)


206

Multiversity, 2008, S.a.l.e. Docks, Magazzini del Sale, Venezia


Kathmandu #7, 1997/2008

Nepal #9, 1997/2008


208

Kathmandu #8, 1997/2008

Kathmandu #11, 1999/2008


IMPROVVISO TERRORE MI SOSPENDE ... | fotografia | Krossing-Immaginodromo, evento collaterale 53^ Biennale di Venezia, Forte Marghera, Venezia, 07.06_22.11 2009

Improvviso terrore Marina Castrillo

Il titolo del trittico fotografico Improvviso terrore mi sospende il fiato e allarga nella notte gli occhi è tratto da una poesia di Camillo Sbarbaro. L’opera consiste in una sequenza di tre scatti eseguiti durante una notte di tempesta sul Malecòn dell’Habana a Cuba. È acqua o è nebbia? È rugiada o fumo? Un’onda violenta e improvvisa o una soffice e liquida carezza? Mi innonda il buio o la luce? Il mare appare in tante forme nell’istante catturato dall’obbiettivo e disegna bianchi spettri notturni. Mi sospende il fiato. . . e decifro l’acqua che diventa nebbia nell’aria, per percepire poi in lontananza il suono del vento e dell’onda sulla pietra che completano la visione. Andrea Morucchio è capace di cogliere ambigui sentieri della percezione in paesaggi talmente noti come lungo il Malencón da cartolina di una notte a La Habana, città qui di terra rossastra, acqua e aria imponenti come spiriti immersi in un ira ancestrale. Che ci risvegliano e inquietano nella notte degli occhi. Il suono immaginario, l’acqua che sparisce, il silenzio che si distende, il mondo che inizia nell’immagine e finisce nell’osservatore terminano l’incantesimo visuale di una passeggiata cubana unica, così suggestiva eppure qualsiasi.


210

Improvviso Terrore ..., 2009, trittico, part., La Habana #18, #19, 2009/2009



212

Krossing, 2009, Forte Marghera, Mestre


ENJOY THE SILENCE | fotografia | Shots Gallery, Bergamo, 24.3_3.5.2012

Enjoy the Silence Cesare Colombo

Sono immediatamente chiari, a chi osserva queste inquadrature di Andrea Morucchio, i modelli di linguaggio visivo che lo ispirano. L’indagine urbana che i fotografi autori, in tutto il mondo, stanno oggi conducendo, è un’ indagine artistica e contemporaneamente esistenziale. Il segno strutturale (una volta si diceva ‘la composizione’) è netto. In certi casi prevede campiture geometriche, in altri viene chiuso in aree curve molto ben profilate. I materiali ferrosi, arrugginiti, i muri intonacati o verniciati, i graffiti, i lembi di stoffa o plastica ... ci riportano (se l’ occhio non è distratto) alle visioni dell’ arte non figurativa. Ma non illudiamoci. La fotografia non è mai astratta, malgrado ogni apparenza. Di questi scenari noi riconosciamo la collocazione, le ore del giorno e della sera, le funzioni dell’abitare. I ragazzi pronti a giocare a basket, le donne che stenderanno il bucato, le coppie abbracciate sui divani, tutti sono per ora nascosti, ma possiamo immaginarli senza fatica. L’uomo è qui assente ma presente, tutto appare artificiale, eppure vissuto. Tutto è manufatto. A Cuba come a Venezia, o in Sicilia... Andrea non ha scampo. Lo incalzano richiami, luci ed oggetti, usati da tempo e che ci raccontano il tempo. La brillantezza apparente dei colori, la grazia del chiaroscuro, non possono ingannarci. Queste fotografie non sono decorative, malgrado tutto. Sono il frutto di un recupero raffinato di forme, dentro cui stanno però chiusi dei pezzi della nostra vita. Vicende non facilmente narrabili, enigmi privati e sociali. Sono fotografie che si possono leggere in modo veloce, occhiate piene di dinamismo. Ma che si può tentare anche di decifrare con lentezza e rispetto. Noi possiamo trovare qui l’eco di nostre emozioni, di lontane esperienze, di ricordi dolcissimi o di oscure tensioni. Alla fine, c’è un po’ di noi stessi in ognuna.


214

Enjoy the Silence, 2011, Shots Gallery, Bergamo


Noto #1, 2008/2010

Noto #7, 2008/2010


216

La Habana #6, 2009/2012

La Habana #4, 2009/2010


La Habana #32, 2009/2012


218

Catania #8, 2008/2012


ENDLESS JOURNEY | fotografia | Ugallery, Stockholm, 14.3_3.4.2013

La fotografia rimane lungo tutto il percorso di Andrea Morucchio un mezzo fondamentale di espressione, sia nella sua connessione con altre dimensioni linguistiche, nella relazione ad esempio con la scultura come in Emerging Code, sia in senso strettamente autonomo. La capacità di entrare in una completa empatia con i diversi contesti nei quali si trova a vivere, o che incrocia, gli permette, grazie all’obiettivo fotografico, di addentrarsi sempre in una sorta di narrazione, di cui ferma i fotogrammi che divengono punti di partenza per altre storie, vere o immaginarie, possibili o impossibili. Ma allo stesso tempo non è mai un “abbandono” totale al soggetto, è sempre un allineamento di emozione e coscienza, di dentro e fuori, è immediata percezione di ciò che accade e rigorosa inquadratura dell’istante. Da questo deriva il forte senso della composizione: impalcatura formale e semantica di ogni immagine, “struttura narrativa” che lega i “segni” tra loro restituendone la possibilità di un racconto. La precisione compositiva, l’organizzazione plastica e il forte senso del colore, in accezione a volte emotiva o strutturale, sfocia sovente in opere di impostazione quasi pittorica, senza perdere, tuttavia, quella proprietà fondamentale della fotografia, quell’indicalità che da Morucchio viene assunta in modo integrale e assoluto nei confronti dell’esperienza della realtà; registra con occhio al tempo stesso acuto e stupefatto pezzi di quotidianità, cattura sguardi che forano la distanza tra soggetto e obiettivo raccontando, già senza saperlo, frammenti di vita, oppure ferma situazioni al limite del reale o, ancora, registra silenziose stasi metafisiche di oggetti e architetture solitarie negli scenari di teatri urbani. Gli aspetti formali e compositivi non sono mai disgiunti dai contenuti e dalla partecipazione emotiva al soggetto, sia un luogo, un accadimento o una persona. (L. Poletto)


220

Porto Marghera #7, 2011/2013



222

Endless Journey, 2013, UGallery, Stockholm


La Habana 12, 2009/2010 La Habana 9, 2009/2010


224

Porto Marghera #2, 2011/2013

Porto Marghera #1, 2011/2013


EKLEKTIKOS | fotografia | BAG Photo Art Gallery, Pesaro, 20.04_20.06. 2013

Rendere abitabile l’inabitabile, ossia l’immagine. Alberto Zanchetta

[...] Rispetto alla forma d’elevazione (quella della verticalità architettonica), Andrea Morucchio predilige invece la forma d’elezione dell’orizzontalità (tipica dello slargo paesaggistico) sottoposta ai giochi d’ombra che la attraversano in diagonale. Scorporando il campo visivo dal contesto, e dall’agglomerato urbano, l’artista sorvola sul degrado dei fabbricati per concentrarsi sull’esprit de géometrie, raggiungendo quel puro figurare – per estrazione e isolamento – che tende alla metodologia del particolare. Attraverso la sagacia del colpo d’occhio, Morucchio pare disciplinare l’immagine fotomeccanica secondo una ri-progettazione e ri-significazione del territorio. [...]


226

Eklektikos, 2013, BAG Photo Art Gallery, Pesaro


Stair #3, 2012/2013

Wall #11, 2011/2013


228

Factory #12, 2012/2013

Stair #2, 2012/2013



BIOGRAFIA. CV. BIBLIOGRAFIA. ELENCO OPERE.

230


Andrea Morucchio (Venezia 1967) laureato in Scienze Politiche presso l'Università di Padova, inizia l'attività di fotografo nel 1989. Dalla fine degli anni '90 amplia la propria ricerca linguistica - sovente supportata da riflessioni di carattere politico-sociale - su diversi fronti, dalla scultura all’installazione, dal video alla fotografia, alla performance. Sue opere sono conservate presso il Museo del Vetro di Murano e il Museum of Old and New Art di Hobart, Australia. 2013

Endless Journey è il titolo di un'ampia personale di fotografia in cui

sono presentate immagini di reportage degli anni '90 assieme ad una selezione di immagini relative alla ricerca visiva degli ultimi cinque anni, Ugallery, Stockholm. 2012

Per la prima edizione della rassegna Venice International Performance

Art Week, Hybrid Body, Poetic Body presenta la video installazione Rivoluzioni, Palazzo Bembo, Venezia. Partecipa, con una riedizione del video Eidetic Bush, (2003) a dOCUMENTA (13), progetto Winnig Hearts and Minds a cura di Critical Art Ensemble, che prevede la partecipazione nei cento giorni di apertura di dOCUMENTA di cento artisti che si alternano allo Spazio 42, Hauptbahnhof, Kassel. Allestisce la personale di fotografia Enjoy the Silence che raggruppa una selezione di scatti degli ultimi quattro anni, Shots Gallery, Bergamo. 2011

Con un dittico fotografico è parte della 54^ Biennale di Venezia, Pa-

diglione Italia, Lo Stato dell'Arte, Regione Veneto, Villa Contarini, Padova. In concomitanza alla Biennale di Venezia allestisce la personale Back in Black, in mostra una selezione di opere particolarmente rappresentative del suo percorso artistico il cui legame formale più evidente è il colore nero, Sala 10, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Venezia. 2009

Partecipa a Krossing-Immaginodromo evento collaterale della 53^

Biennale di Venezia, con il trittico fotografico Improvviso terrore mi sospende il fiato e allarga nella notte gli occhi, Forte Marghera, Venezia. 2008

Per la collettiva Notturni Dannunziani crea la video installazione Sri Yan-

tra in cui il torso dell'artista è ripreso mentre inspira ed espira secondo il ritmo di un mantra tibetano dalla polifonia disarticolata, Giardini del Vittoriale, Gardone Brescia. In occasione del Giorno della Memoria su commissione del Comune di Venezia elabora un'articolato progetto di public art, Verso il Paese dei Fumi e delle Urla che prevede come elemento centrale un’installazione video-audio in campo San Bartolomeo a Venezia.


2008 Allestisce un'ampia personale di fotografia, Cuba, un popolo una nazione dedicata al lavoro fotografico di reportage svolto a Cuba nel 1995, Centro Culturale Candiani, Mestre. 2007

In concomitanza alla 52^ Biennale di Venezia presenta l'installazione site

specific Laudes Regiae, opera che propone collegamenti trasversali tra eredità storica, percorso spirituale e contemporaneità socio-politica, Salone del Camino, Ex Convento dei Santi Cosma e Damiano, Giudecca, Venezia. 2006

Sulla reinterpretazione formale dei gessi di Canova si impernia il progetto

espositivo Emerging Code in cui scultura e arte digitale interagiscono in un processo di astrazione della scultura Canoviana. Il lavoro viene presentato in due personali, Despard Gallery, Hobart e Galleria Rossella Junck, Berlino. Con il video Talk Show partecipa alla collettiva Dis-orders, Palazzetto Tito, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia. 2005

Alla collettiva Hollywood presenta il trittico fotografico The Main Show

che affronta il tema della spettacolarizzazione della religione cattolica in una sequenza di fotogrammi della Pietà Canoviana, Galleria Contemporaneo, Mestre. 2004

Per il progetto Borders, ricerca multimediale sui confini oggi realizza

l'installazione luminosa Pulse Red che per diverse notti fa pulsare di luce rossa intermittente il Globo d'Oro della Punta della Dogana. 2003

E' artist in residence della Claudio Alcorso Foundation presso la Tasmanian

School of Art di Hobart in Australia dove propone l'installazione video-audio Eidetic Bush, Plimsoll Gallery, Hobart. Per la manifestazione d'arte biennale Ten Days on the Island ripropone, riadattandola, l'installazione Percer-Voir, Royal Tasmanian Botanical Gardens, Hobart. 2002

Partecipa con l'installazione video-audio Le Nostre Idee Vinceranno al pro-

getto Gemine Muse, giovani artisti nei Musei Italiani, Museo Mocenigo, Venezia. 2001

Con la serie di sculture Enlightenments riceve il Diploma d'Onore del pre-

mio di scultura Jutta Cuny Franz Foundation, Museum Kunst Palast, Düsseldorf. 2000

Inaugura la sua prima personale, Dinamiche presentando il nucleo iniziale

della sua produzione plastica, Blade, Enlightements e il primo video Dynamo, Galleria Rossella Junck, Venezia.

232


PERSONALI 2013

Andrea Morucchio Skulpturen | scultura | a cura di B. Ruetz, Galerie an der Pinakothek der Moderne, München.

2013

Endless Journey | fotografia | a cura di J. Sulila, Ugallery, Stockholm.

2012

Enjoy the Silence | fotografia | a cura di R. Ferrari, Shots Gallery, Bergamo.

2011

Back in Black | scultura . arte digitale . video | a cura di S. Fuso, Ca’ Pesaro, Galleria d’Arte Moderna, Venezia.

2010

[‘Bækgraund] | scultura . arte digitale | a cura di M. Perazzini, Garage Contemporary, Gabicce, Pesaro.

2009

Pulse Red | installazione video | a cura di G. Conti, D. Musella, Outdoors, Fontego dei Tedeschi, Venezia.

2008

Cuba un Popolo una Nazione | fotografia | a cura di A. Zanchetta, Centro Culturale Candiani, Mestre.

2008

Verso il Paese dei Fumi e delle Urla | installazione video-audio | Giorno della Memoria, Campo San Bartolomeo, Venezia.

2008

Sri Yantra | installazione video-audio | a cura di M. Riccioni, Notturni Dannunziani, Vittoriale degli Italiani, Gardone, Brescia.

2007

Laudes Regiae | installazione | ex Convento Santi Cosma e Damiano, Giudecca, Venezia.

2006

Emerging Code | scultura . arte digitale | Galerie Rossella Junck, Berlin - Despard Gallery, Hobart.

2006

Gipsoteca | fotografia | Galerie Rossella Junck, Berlino - Despard Gallery, Hobart.

2004

Pulse Red | proiezione luminosa | a cura di A. Fonda, Borders, ricerca multimediale sui confini oggi, Punta della Dogana, Venezia.

2003

PercerVoir #2 | installazione | a cura di R. Archer, Ten Days on the Island, Botanical Gardens, Hobart.

2003

Eidetic Bush | installazione video-audio | a cura di N. Frankham, Plimsoll Gallery, Tasmanian School of Art, Hobart.

2002

Le Nostre Idee Vinceranno | installazione video-audio | a cura di V. Baradel, Gemine Muse, giovani artisti nei Musei Italiani, Museo Mocenigo, Venezia.

2002

Percer_Voir #1 | installazione | a cura di M. Paderni, Opera Buona, Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia.

2000

Dinamiche | scultura . video | a cura di A. Pagnes, Galleria Rossella Junck, Venezia.


COLLETTIVE 2013

Eklektikòs | fotografia | a cura di C. Magnanelli Weitensfelder, A. Zanchetta, BAG Art photo gallery, Pesaro.

2012

Hybrid Body Poetic Body, Venice International Performance Art Week, | installazione video-audio | a cura di A. Pagnes, Palazzo Bembo, Venezia.

2012

Winning Hearts and Minds, dOCUMENTA (13) | video-audio | a cura di Critical Art Ensemble, Spazio 42, Hauptbahnhof, Kassel.

2012

Glocal 3 | fotografia | a cura di E. Gusella, Centro Culturale Candiani, Mestre.

2012

Sio2 | scultura | a cura di S. Macchi, Domitilla Musella, Punto sull'Arte, Varese.

2012

Ricomincio da te | fotografia | a cura di P. Toffolutti, Teatro Nuovo Giovanni da Udine, Udine.

2011

Anti_Corpi | fotografia | a cura di G. Bianchi, G. Dal Bon, Torre Massimiliana, S.Erasmo, Venezia.

2011

Lo Stato dell'Arte, Padiglione Italia - Veneto | fotografia | a cura di S. Cecchetto, V. Sgarbi, 54^ Biennale di Venezia, Villa Contarini, Padova.

2011

MIA Milan Image Art Fair | fotografia | a cura di F. Castelli, Bugno Art Gallery, SuperstudioPiù, Milano.

2010

Ecobrain | fotografia | a cura di M. Cavallarin, Ecoartproject, Rimini.

2009

Mari contro Mari | scultura | a cura di E. Di Vinci, Archivio Storico, Pisa.

2009

Premio La Colomba | fotografia | a cura di L. Aliprandi, S. Sist, Ex Casino di Commercio, Venezia.

2009

Krossing-Immaginodromo | fotografia | a cura di O. Casagrande, evento collaterale 53^ Biennale di Venezia, Forte Marghera, Mestre.

2009

1st Floor | scultura | a cura di L. Poletto, Liassidi Palace, Venezia.

2009

Effimero, Sistemi di Contemporaneo | installazione | a cura di A. Zanchetta, Piazza San Lorenzo, Vicenza.

2008

Notturni Dannunziani | fotografia . scultura | a cura di M. Riccioni, Vittoriale degli Italiani, Gardone, Brescia.

2008

C_art | installazione video | a cura di M. R. Rodinò, Campo Santa Margherita, Venezia.

2008

Giunglavideo.3 | video | a cura di P. Toffolutti, SPAC, Villa Toppo Florio, Buttrio.

2008

Mari Contro Mari | fotografia | a cura di E. Di Vinci, Galata Museo del Mare, Genova.

234


COLLETTIVE 2008

Arte Veneta tra Passato e Futuro | fotografia | a cura di A. Zanchetta, Castel Vecchio, Verona.

2008

Multiversity | fotografia | a cura di M. Baravalle, Magazzini del Sale, Sale Docks, Venezia.

2008

Contemporanea: l’arte a Venezia per Emergency | fotografia | a cura di E. Lazzaroni, San Marco Casa D’Aste, Venezia.

2007

Abbiamo Fatto Bene ad Uscire | fotografia | a cura di P. Toffolutti, SPAC, Buttrio, Udine.

2006

Julutstallning | scultura . arte digitale | a cura di J. Sulila, Ugallery, Stoccolma.

2006

Open Space | fotografia | a cura di L. Facco, A. Zanchetta, Centro Culturale Candiani, Mestre.

2006

Glassdressing | scultura | a cura di G. Carbi, Museo di Ca' Rezzonico, Venezia - Museo Revoltella, Trieste.

2006

Dis-orders | video | a cura di M. Baravalle, Fondazione Bevilacqua La Masa, Palazzetto Tito, Venezia.

2005

Hollywood | fotografia | a cura di Interno3, A. Morucchio, Galleria Contemporaneo, Mestre, Venezia.

2004

Cool | scultura | a cura di D. Sacquegna, Primo Piano Gallery, Lecce.

2003

Isola Luminosa | scultura | a cura di S. Joyce, Despard Gallery, Hobart.

2003

Snap:Shots, blank instructions for possibilities | fotografia | a cura di progettozeropiù, Bassano, Vicenza.

2003

Fragile! | scultura | a cura di A. Dorigato, Chiesa di San Samuele, Venezia.

2003

Fragile Beauty | scultura | a cura di G. Iovane, Stiftung Starke, Berlino.

2002

Vasi Comunicanti | scultura | a cura di R. Bianconi, A. Pagnes, Palazzo Mutilati, Verona.

2002

Opera Buona | scultura | a cura di M. Paderni, Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia.

2001

Il Lento Procedere | scultura | a cura di Bugno Gallery, A. Morucchio, Schola dei Tiraoro e Battioro, Venezia.

2000

Artisti del vetro contemporaneo | scultura | a cura di R. Junck, Castello Borromeo, Lago Maggiore, Varese.

1996

Carnet | fotografia | a cura di A. Galasso, Fondazione Bevilacqua La Masa, San Marco, Venezia.


236


EVENTI SELEZIONATI 2012

Venezia, Palazzo Bembo, Venice International Performance Art Week, Hybrid

Body, Poetic Body, 8 _15 dicembre. A cura di Andrea Pagnes. Artisti: Yoko Ono, Hermann Nitsch, Jan Fabre, Ilija Šoškić, Boris Nieslony, Jill Orr, Lee Wen, Jason Lim, Manuel Vason, Joseph Ravens, Prem Sarjo, Suka Off, VestAndPage, Gabriela Alonso, Weeks & Whitford, Zierle & Carter. Opera: Rivoluzioni, 2012, installazione video-audio vetro - monitor, 03.00 min. doppia video proiezione, 300x200 cm cad. 2012

Kassel, Spazio 42, Hauptbahnhof, dOCUMENTA (13), Winning Hearts and

Minds, 11 settembre. A cura di Critical Art Ensemble. Artisti: Renée Ridgway, Alex Mora, Tomas Nygren, Anca Benera, ZonArte, Ohad Ben Shimon, etc. Opera: Eidetic Bush, 2012, dvd video-audio, 03 min., proiezione, 300x190 cm. 2012

Bergamo, Shots Gallery, Enjoy the Silence, 24 marzo_3 maggio. A cura di

Raffaella Ferrari. Pieghevole con testo di Cesare Colombo. Opere: 9 stampe lambda, Fujicolor Crystal Archive DPII, 90x59 cm, ed. 1/7, Venezia #11, 2011/2011, Porto Marghera #12, 2011/2011, Noto #1, 2008/2010, La Habana #22, 2009/2011, La Habana #4, 2009/2010, La Habana #9, 2009/2010, La Habana #12, 2009/2010, La Habana #11, 2009/2010, Noto #7, 2008/2011. 2 stampe inkjet, Ilford Gallery, 65x41,5 cm, ed. 1/7, Catania #8, 2008/2012, La Habana #32, 2009/2012. 2 stampe inkjet, Ilford Gallery, 90x59 cm, Venezia #1, 2012/2012, ed. 1/7, La Habana #6, 2009/2012, ed. 2/7. 2011

Venezia, Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Back in Black,

2 settembre_6 novembre. A cura di Silvio Fuso, organizzazione: MUVE, Musei Civici Venezia, catalogo con testi di Stefania Portinari, Giovanni Bianchi, Daniele Capra, Chiara Casarin, Domitilla Musella, Silvio Saura, Andrea Pagnes, Alberto Zanchetta. Opere: Celata, 2009, vetro, ferro, 44x32x32 cm; Blade #13, 2011, vetro, ferro, 100x42x42 cm; B[æ]d Time, 2009, vetro, velluto, 122x44x5 cm; Enlightenment #12, 2009, ferro, vetro, 65x40x13 cm; Accumulo, 2009, vetro, gomma, 105x40x35 cm; Damosseno, 1994/2011, dittico, stampa inkjet, ed. 1/2, 115x89 cm; Rivoluzioni, 2011, dvd video-audio, 5 min. 35 sec. proiezione 300x190 cm. 2011

Milano, SuperstudioPiù, MIA, Milan Image Art Fair, 13_15 maggio. Direzio-

ne artistica di Fabio Castelli, a cura di Bugno Art Gallery. Catalogo con testi di Laura Poletto, Alberto Zanchetta. Opere: 14 stampe lambda, carta Fujicolor Crystal Archive DPII, 90x59 cm, ed. 1/7, Venezia #11, Porto Marghera #12, Sacca Fisola #03, 2011/2011, La Habana #18, #20, #13, #22, #6, #9, #12, #11, #04, 2009/2011, Noto #7, #1, 2008/2011.


2011

Venezia, Torre Massimiliana, Anti_Corpi, 2 settembre_6 novembre.

A cura di Giovanni Bianchi, Giovanna dal Bon. Catalogo con testi di Giovanni Bianchi, Giovanna dal Bon. Artisti: Carolina Antich, Ida Barbarigo, Daniele Bianchi, Serena Nono, Lucia Veronesi. Opere: 5 stampe plotter inkjet, carta fotografica su alluminio, 1994/2010, ed. 1/7, Gipsoteca #1, 100x80 cm; Gipsoteca #2, 100x80 cm; Gipsoteca #5, 100x80 cm; Emerging #5, 110x89 cm; Emerging #6, 110x89 cm; 5 stampe fotografiche da neg. 6x7 cm, carta baritata su alluminio, 1994/2006, ed.2/7, Gipsoteca #11, 20x30 cm; Gipsoteca #12, 20x30 cm; Gipsoteca #13, 20x30 cm; Gipsoteca #14, 20x30 cm; Gipsoteca #15, 20x30 cm. 2011

Piazzola sul Brenta, Padova, Villa Contarini, Lo Stato dell'Arte,

Padiglione Italia - Veneto - 54^ Biennale di Venezia, 21 giugno_21 novembre. A cura di Stefano Cecchetto, Vittorio Sgarbi. Catalogo Skira, con testi di Vittorio Sgarbi, Gianluca Marziani, Duccio Trombadori. Artisti: Michelangelo Penso, Alessio Tasca, Silvano Tessarollo, Nicola Verlato, Fratelli Calgaro, etc. Opera: Improvviso terrore mi sospende il fiato e allarga nella notte gli occhi, 2 stampe lambda, carta Fujicolor Crystal Archive DPII, ed. 1/7, La Habana #18, #19, 2009/2011, 90x59 cm. 2009

Venezia, Fontego dei Tedeschi, Outdoors, 23_25 settembre. A cura di

Gaia Conti, Domitilla Musella. Opera: Pulse Red, video installazione, video dvd, quattro schermi lcd, struttura in legno, 220x200x200 cm. 2009

Vicenza, Piazza San Lorenzo, Effimero, Sistemi di Contemporaneo,

20 luglio. A cura di Alberto Zanchetta. Artisti: Francesco De Molfetta, Antonio De Pascale, Vincenzo Marsiglia, Luca Piovaccari, Maria Elisabetta Novello, Michael Rotondi. Opera: Disco Moon, installazione, elementi in cartoncino argentato, legno, stampe fotografiche, diametro installazione 300 cm. 2009

Mestre, Venezia, Forte Marghera, Krossing, Immaginodromo,

7 giugno_22 novembre. Evento collaterale 53^ Biennale di Venezia. A cura di Orsola Casagrande. Artisti: Primoz Bizjak, Vania Comoretti, Chris Gilmour, Stefano Marotta, Roberto Russo, etc. Opera: Improvviso Terrore mi Sospende il Fiato e Allarga nella Notte gli Occhi, trittico, stampa plotter inkjet su pvc, 2009/2011, 200x90 cm. 2008

Gardone, Brescia, Vittoriale degli Italiani, Notturni Dannunziani,

29 agosto_6 settembre. A cura di Marcello Riccioni. Catalogo con testo di Marcello Riccioni. Opera: Sri Yantra, video installazione, audio, video dvd 08.07, retroproiezione su schermo 400x400 cm.

238


2008

Buttrio, Udine, SPAC, Parco di Toppo Florio, Giunglavideo.3 Mettete

dei video nei vostri cannoni, 1_3 agosto. A cura di Paolo Toffolutti. Artisti: Andrea Contin, Ugo La Pietra, Vincenzo Mistretta, Maurizio Pellegrin, Angelo Sarletti, etc. Opere: Sabato Italiano, 2005, video dvd 06.00; Talk Show, 2006, video dvd, 08.17; Non aprite quella porta, 2007, video dvd, 07.57. 2008

Venezia, Sale Docks, Magazzini del Sale, Multiversity, 16 maggio_16

giugno. A cura di Marco Baravalle. Artisti: Claire Fontaine, Marcelo Exposito, Lab. Cartografia Partecipata. Opera: installazione fotografica, Noi che formiamo la nazione cinese, siamo pronti a combattere il ..., 4 stampe ai sali d'argento su carta baritata, 1997/2008, 40x60 cm, Kathmandu #7, ed. 2/7, Kathmandu #8, #9, #10, ed. 1/7; 2 stampe lambda, colore, su carta Endura, 1999/2008, 40x60 cm, Kathmandu #11, ed. 2/7, Kathmandu #12, ed. 1/7. 2008

Mestre, Venezia, Centro Culturale Candiani, Cuba un Popolo una

Nazione, 9 febbraio_16 marzo. A cura di Alberto Zanchetta. Catalogo con testi di Roberto Ellero, Alberto Zanchetta. Opere: 80 stampe da serie Cuba 95, stampa lambda, carta Endura, ed. 1/7, 60x40 cm. 2008

Venezia, Campo San Bortolomeo, Verso il Paese dei Fumi e delle

Urla, 25_27 gennaio. In occasione della commemorazione comunale del Giorno della Memoria. Opera: Verso il Paese dei Fumi e delle Urla, installazione videoaudio, video dvd, proiezione 1500x600 cm. 2007

Buttrio, Udine, SPAC, Abbiamo Fatto Bene ad Uscire,

14 dicembre_20 gennaio 2008. A cura di Paolo Toffolutti. Artisti: Michele Bazzana, Marco Fedele Di Catrano, Matteo Fato, Fabio Sandri, Nikola Uzunovski, etc. Opere: 8 stampe fotografiche ai sali d'argento su carta baritata b/n, 1997/2007, 25x38 cm, ed. 1/7, Kathmandu #1, #2, #4, #6, #7, #8, #12, #14. 6 stampe lambda colore su carta Endura, 1999/2007, 25x38 cm, ed. 1/7, Kathmandu #09, #11, #12, #7, #5, #8. 1 stampa plotter inkjet su tela, 200x134 cm. La Habana #07, 1995/2006. 2007

Giudecca, Venezia, ex Convento Santi Cosma e Damiano, Laudes

Regiae, 8 giugno_28 luglio. Catalogo con testi di Maria Livia Brunelli, Beppe Caccia, Manuel Frara, Paolo Toffolutti, Saramicol Viscardi. Opera: Laudes Regiae, installazione, 17 elementi in vetro serie Celata, 44x32x32 cm cad., audio, proiezione luminosa, misura dell’installazione 3000x1000 cm.


2006

Mestre, Venezia, Centro Culturale Candiani, Open Space,

18 novembre_10 dicembre. A cura di Lara Facco, Alberto Zanchetta. Catalogo con testi di Lara Facco, Alberto Zanchetta. Artisti: Karin Andersen, Riccardo Benassi, Interno3, Federico Lupo, Marinella Senatore, Robin Mandel etc. Opera: La Habana #7, 1995/2006, stampa plotter inkjet su tela, 200x134 cm. 2006

Hobart, Despard Gallery, Emerging Code, 10 marzo_8 aprile. Catalogo

con testi di Marco Baravalle, Saverio Simi de Burgis, Noel Frankham. Opere fotografiche: 6 stampe inkjet, poliestere argentato su alluminio, 1994/2006, ed. 1/7, Emerging #1, 64x46 cm; Emerging #2, 64x46 cm;Emerging #3, 60x48 cm; Emerging #4, 74x60 cm; Emerging #5, 74x60 cm; Emerging #6, 99x79 cm. Opere plastiche: 7 sculture, ferro, vetro, Offshoots #1, 36x30x15 cm; Offshoots #2, 56x30x15 cm; Offshoots #3, 36x50x5 cm; Offshoots #4, 76x30x15 cm; Offshoots #5, 36x70x15 cm; Offshoots #6, 36x69x15 cm; Offshoots #7, 96x128x40 cm. 2006

Berlino, Galerie Rossella Junck, Emerging Code, 2 giugno_22 luglio.

Opere fotografiche: 6 stampe inkjet, poliestere argentato su alluminio, 1994/2006, ed. 2/7, Emerging #1, 64x46 cm; Emerging #2, 64x46 cm; Emerging #3, 60x48 cm; Emerging #4, 74x60 cm; Emerging #5, 74x60 cm; Emerging #6, 99x79 cm. Opere plastiche: 4 sculture, ferro, vetro, Offshoots #1, 36x30x15 cm; Offshoots #8, 50x51x19 cm; Offshoots #9, 70,5x52x18 cm; Offshoots #10, 90,5x51x18 cm. 2006

Venezia, Museo di Ca’ Rezzonico, Glassdressing, 9 settembre_9 ottobre.

A cura di Giuliana Carbi, Franco Jesurum. Catalogo con testi di Giuliana Carbi, Franco Jesurum, Susanna Legrenzi. Artisti: Gaetano Mainenti, Massimo Premuda, Giorgio Vigna, etc. Opera: Signatura Rerum, vetro, canapa, 14x5,5x0,8 cm. 2006

Venezia, Palazzetto Tito, Fondazione Bevilacqua La Masa, Dis-orders,

25 ottobre_19 novembre. A cura di Marco Baravalle. Catalogo con testo di Marco Baravalle. Artisti: Nemanja Cvijanovic, Serpica Naro, Jose Perez de Lama, Giuliana Racco, Gaston Ramirez, etc. Opera: Talk Show, 2006, video dvd, 08.17, proiezione 330x240 cm. 2005

Mestre, Venezia, Galleria Contemporaneo, Hollywood, 26 novembre_12

dicembre. A cura di Interno3, Andrea Morucchio. Catalogo con testi di Marco Baravalle, Saramicol Viscardi. Artisti: Fabio Bianco, Daniele Bianchi, Raffaella Crispino, Jernej Forbici, Gaston Ramirez, Carlo Vedova, etc. Opera: The Main Show, Gipsoteca #18, #19, #20, trittico stampa ai sali d'argento, carta baritata, 1994/2005, 50x60 cm cad.

240


2004

Venezia, Punta della Dogana, Borders, ricerca multimediale sui confini

oggi, 7_13 settembre. A cura di Aurora Fonda. Catalogo con testo di Francesca Colasante, Aurora Fonda. Opera: Pulse Red, proiezioni di luce sul Globo d’Oro, 4 sagomatori di luce, dimmer. 2003

Hobart, Plimsoll Gallery, Tasmanian School of Art, Eidetic Bush, 28

marzo_16 aprile. A cura di Noel Frankham, organizzazione di Alcorso Foundation, patrocinio della University of Tasmania, Hobart City Council, Istituto Italiano di Cultura Melbourne. Catalogo con testo di Noel Frankham. Opera: Eidetic Bush, installazione video-audio, doppia retroproiezione, 300x700 cm cad. 2003

Hobart, Royal Tasmanian Botanical Gardens, Ten Days on the Island,

28 marzo_8 aprile. A cura di Robyn Archer. Opera: Percer Voir #2, installazione ambientale, 14 elementi in vetro, 110x11x11 cm cad., misure dell’installazione 110x2000x1000 cm. 2003

Berlino, Stiftung Starke, Löwenpalais, Fragile Beauty, 29 marzo_27

aprile. A cura di Giovanni Iovane, Andrea Pagnes. Catalogo con testi di Giovanni Iovane, Umberto Zampini. Artisti: Loris Cecchini, Tony Cragg, Joseph Kosuth, Yoko Ono, Markus Schaller, Costas Varotsos, etc. Opera: Sidenlightenment, 2001, scultura, ferro, vetro, 33x132x5 cm. 2003

Venezia, Chiesa di San Samuele, Fragile!, 6 giugno_31 luglio.

A cura di Attilia Dorigato. Catalogo con testo di Attilia Dorigato. Artisti: Cristiano Bianchin, Gaetano Mainenti, Maria Grazia Rosin, Silvano Rubino.Opera: Enlightenments #7, 2000, scultura, ferro, vetro, 67x44x11 cm. 2003 Bassano,

Vicenza,

Piazzetta

Guadagnini,

Snap:Shots,

blank

instructions for possibilities, 27 giugno_26 luglio. A cura di progettozero+. Artisti: Adam Broomberg, Oliver Chanarin, Alex Fakso, Alessandro Simonetti. Opera: Eidetic, 2003, installazione fotografica, 3 stampe plotter inkjet su pvc, 700x110 cm. 2002

Venezia, Museo Mocenigo, Gemine Muse, giovani artisti nei musei

italiani, 30 novembre 2002_6 gennaio 2003. A cura di Virginia Baradel. Catalogo con testo di Efthalia Rentetzi. Opera: Le Nostre Idee Vinceranno, installazione video-audio, vhs video, doppia proiezione, 200x250 cm cad. spot luce ciano.


2002

Reggio Emilia, Chiostri di San Pietro, Opera Buona, 25 maggio_9

giugno. A cura di Marinella Paderni. Catalogo con testo di Marinella Paderni, Opera: Percer Voir #1, installazione ambientale, 14 elementi in vetro, 110x11x11 cm cad., misure dell’installazione 90x900x700 cm. 2002

Verona, Palazzo Mutilati, Vasi Comunicanti, 19 settembre_20 ottobre.

A cura di Roberto Bianconi, Andrea Pagnes. Artisti: Richard Meier, Luca Trazzi, Aldo Cibic, Ugo La Pietra, David Palterer, etc. Opera: Vessels #00, 2002, 2 elementi, pietra, vetro, ferro, 62x22x18 cm. 2000

Venezia, Galleria Rossella Junck, Dinamiche, 4 luglio_15 agosto.

A cura di Andrea Pagnes. Catalogo con testo di Andrea Pagnes. Opere: Blade #1, vetro, 46x4,5x8,5 cm, ferro, 43x10x20 cm; Blade #2, vetro, 53x6,5x10 cm, ferro, 48,5x13,5x28 cm; Blade #3, vetro, 48,5x5,5x7,5 cm, ferro, 42,5x10x20,5 cm; Blade #4, vetro, 49,5x6x8 cm, ferro, 42,5x10x20,5 cm; Blade #5, vetro, ferro, 55x9,6x12,5 cm; Blade #6, vetro, 48,5x5,5x9,5 cm, ferro, 42,2x9,8x20 cm; Blade #7, vetro, 55x6,2x10,8 cm, ferro, 48x14x26 cm; Blade #8, vetro, bronzo, 49x5x11 cm, ferro, 43x10x20,4 cm; Blade #9, vetro, bronzo, 56,5x6,3x12 cm, ferro, 49,6x13,8x26,6 cm; Blade #10, vetro 51,9x5,4x11,5 cm, ferro, 42,9x11x20 cm; Blade #11, vetro, 53,5x5,5x11,2 cm, ferro, 51x13,8x26 cm; Blade #12, vetro 53,5x5,5x10 cm, ferro, 49,5x14x26,5 cm; Enlightenments #1, ferro, vetro, 52x40x16 cm; Enlightenments #2, ferro, vetro, 51x40x12 cm; Enlightenments #3, ferro, vetro, 41x45x13 cm; Enlightenments #4, ferro, vetro, 100x106,5x106,5 cm; Enlightenments #6, ferro, vetro, 95x40x28 cm; Enlightenments #7, ferro, vetro, 66,5x45x13 cm; Enlightenments #8, ferro, vetro, 25x40x18 cm; Enlightenments #9, ferro, vetro, 30x57x15 cm.

242


BIBLIOGRAFIA Carnet, a cura di A. Galasso, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia 1996. Dinamiche, a cura di A. Pagnes, Galleria Rossella Junck, Venezia 2000. Ermanno Krumm, E il vetro attraversò il metallo, “Il Corriere della Sera”, 26 Giugno 2000. Fragile Beauty. Contemporary artists facing glass, a cura di G. Iovane, Venezia 2001. Opera Buona, a cura di M. Paderni, Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia 2002. Kranix, La giovane arte, Andrea Morucchio, "Exibart" on line, 2002. Gemine Muse, giovani artisti nei musei italiani, a cura di V. Baradel, Torino 2002. Art Addiction, 100 contemporary artists, a cura di P. Russu, World of Art Books, Stockholm 2003. Eidetic, a cura di N. Frankham, Tasmanian School of Art, Alcorso Foundation, Hobart 2003. John Briggs, Watery countdown to start ..., "The Mercury", 26 Marzo 2003. Fragile! a cura di A. Dorigato, Chiesa San Samuele, Trieste Contemporanea, Venezia 2003. Italian Artist's Annual 2004, Three Wise Owls Art & Publishing, Singapore 2004. Borders, multimedial research into frontiers today, a cura di A. Fonda, Patagonia Art, Venezia 2005. Hollywood, a cura di Interno3, A. Morucchio, Galleria Contemporaneo, Mestre 2005. Dis-orders, a cura di M. Baravalle, Palazzetto Tito, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia 2006. Glassdressing, a cura di G. Carbi, Museo di Cà Rezzonico, Venezia - Museo Revoltella, Trieste 2006. Emerging Code, Despard Gallery, Hobart 2006 (testi di M. Baravalle, N. Frankham, S. Simi de Burgis). Joerg Andersch, Emerging Code, “ The Saturday Mercury” 18 Marzo 2006. Open Space, a cura di L. Facco, A. Zanchetta, Centro Culturale Candiani, Mestre, 2006. Laudes Regiae, ex Convento S.S. Cosma e Damiano, Venezia 2007 (testi di M. L. Brunelli, B. Caccia, M. Frara, P. Toffolutti, SM. Viscardi). Daniele Capra, Italiani Fuori, “Exibart on paper” Settembre 2007. Enrico Veronese, Nelle tenebre del Medioevo, "Il Venezia E Polis", 19 Luglio 2007. Cuba, un popolo una nazione, a cura di A. Zanchetta, Centro Culturale Candiani, Mestre, Venezia 2008 (testi di R. Ellero, A. Zanchetta). Gabriele Dadati, Le mille facce di Attila, "Il Piacenza", 15 Agosto 2007.


Cuba un popolo una nazione, a cura di A. Zanchetta, R. Ellero, Centro Culturale Candiani, Mestre 2008. Giuliana Scimè, Rum dolce come la lingua, “Il Corriere della Sera”, 10 Febbraio 2008. Enrico Veronese, Cuba, un nuovo punto di vista "Il Venezia E Polis", 26 Febbraio 2008. Michele Bugliari, Così è Cuba, se la guardi senza filtri, "La Nuova Venezia", 10 Febbraio 2008. Caterina Colucci, Cuba una terra vera e autentica nelle ottanta foto al Candiani, "Il Gazzettino", 13 Febbraio 2008. Contemporanea. L’arte a Venezia per Emergency, a cura di E. Lazzaroni, edito da San Marco Casa d’Aste, Venezia, 2008. Notturni Dannunziani, a cura di M. Riccioni, Vittoriale degli Italiani, Gardone, Brescia, 2008. Arte Veneta tra passato e futuro, a cura di A. Zanchetta, Castelvecchio, Verona, 2008. La pittura nel Veneto. Il Novecento. Dizionario degli artisti, a cura di N. Stringa, Electa, Milano, 2009. Back in Black, a cura di S. Fuso, Galleria Int.le d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Venezia, 2011 (testi di S. Portinari, G. Bianchi, D. Capra, C. Casarin, G. Conti, D. Musella, A. Pagnes, S. Saura, A. Zanchetta). Anti_Corpi, a cura di G. Bianchi, G. Dal Bon, Torre Massimiliana, Venezia, 2011. Adriana Scalise, Come suona bene Morucchio, “Artribune” online, Settembre 2011. Mousse Diary, Venezia - Ca' Pesaro, Andrea Morucchio, "Mousse" issue 30, Ottobre/Novembre 2011. Enzo Di Martino, Il "ritorno in bianco e nero" di Andrea Morucchio, "Il Gazzettino" 18 Settembre 2011. Lo Stato dell'Arte, Padiglione Italia, 54^ Biennale di Venezia, a cura di V. Sgarbi, S. Cecchetto, Villa Contarini, Padova, Skira, Milano 2011 (testi di V. Sgarbi, G. Marziani, D. Trombadori). Sio2, a cura di S. Macchi, D. Musella, Punto sull'Arte, Varese 2012 (testi di D. Musella, D.Croci Silvuni). Gaia Conti, Enjoy the Art in Silence, "L'Aperitivo Illustrato" Primavera 2012. Eleonora Zampieri, Andrea Morucchio, Ferro e Vetro, "AreaArte" Autunno 2012. EKLEKTIKOS, a cura di Christina Magnanelli Weitensfelder, Alberto Zanchetta, BAG Art photo gallery, Pesaro, Greta Edizioni. Alberto Zanchetta, Andrea Morucchio, "L'Aperitivo Illustrato" Primavera 2013.

244


ELENCO OPERE

p.1 Enlightenments #3, 2000 Ferro forgiato, cristallo soffiato, molato, 41x45x13 cm Museum of Old and New Art, Hobart.

p.9 Pulse Red, 2004 Proiezione intermittente di luce rossa, 4 fari spot sincronizzati, gelatina rossa Punta della Dogana, Venezia. p.10

p.2

Offshoots #4, 2006 Ferro forgiato,vetro rosso, sampato, molato, acidato, 76x30x15 cm.

Blade # 5, 2000 Vetro bianco/cristallo molato, ferro forgiato, 55x9,6x12,5 cm.

Emerging # 05, 1994/2006 Stampa inkjet, poliestere argentato su alluminio Ed. 2/5, 74x60 cm.

p.3

p.11 Emerging #1-2, 1994/2006 Dittico, stampa inkjet su poliestere argentato su alluminio ed. 2/5, 64x46 cm cad.

Wave #2, 2001 Cristallo molato, acciaio, 85x20x25 cm. Accumulo #1, 2002 Cristallo molato, gomma, 175x60x60 cm. p.4 Enlightenments #5, 2000 Ferro forgiato, cristallo soffiato, molato, 220x40x40 cm Museo del vetro, Murano, Venezia. p.5 Percer-Voir #01, 2002 14 elementi, cristallo soffiato, molato 110x11x11 cm cad. Misura installazione, 90x900x700 cm Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia. p.6 Iconoclasm, 2003 Cristallo sagomato, satinato, incollato, 41x92x5,5 cm. p.7 Le Nostre Idee Vinceranno, 2002 Vhs video, 28 min. Doppia video proiezione, 200x250 cm Spot luce ciano, audio, Museo Mocenigo, Venezia.

p.12 Sri Yantra, 2008 Dvd video, 16 min. video retroproiezione 400x400 cm, audio Vittoriale degli Italiani, Gardone, Brescia. p.13 The Main Show, 1994/2005 Trittico, da serie Gipsoteca Stampa analogica da neg. 6x7 Carta baritata, 50x60 cm cad. Galleria Contemporaneo, Mestre. p.14 Laudes Regiae, 2007 17 elementi, vetro rosso, cristallo, soffiati a stampo, 44x32x32 cm cad. Audio, proiezione luminosa Misura installazione, 3000x1000 cm Ex Convento Santi Cosma e Damiano, Giudecca, Venezia. p.15 Verso il Paese dei Fumi e ..., 2008 Video proiezione, audio, dvd, 3 min. Misura proiezione 1500x600 cm Campo San Bartolomeo, Venezia.

p.8 Eidetic Bush, 2003 Doppia video retroproiezione, audio, dvd, 42 min. 300x700 cm cad. Plimsoll Gallery, Hobart.

p.16 La Habana #11, 2009/2013 Stampa Inkjet, carta Ilford Galery, ed. 2/7, 100x65,5 cm.


p.17

p.57

Improvviso Terrore #05 b, La Habana, 2009.

Blade #13, 2011 Vetro nero molato, ferro forgiato 100x42x42 cm.

p.18 Gipsoteca #10, 1994/2006 Stampa ai sali d'argento da neg. 6x7 Carta baritata, ed. 1/7, 20x30 cm.

p.58 Enlightenments #12, 2009 Ferro forgiato, vetro nero soffiato, molato, 65x40x13 cm.

p.24 Enlightenments #4, 2000 Ferro forgiato, cristallo soffiato, molato, 100x106,5x106,5 cm.

p.59

p.26

Accumulo #4, 2009 Vetro nero/cristallo molato, gomma 90x35x35 cm.

Dynamo, 2000 Stills da video, Vhs video, 5 min. 20 sec.

p.60

p.30

Celata serie #2, 2009 Vetro nero soffiato a stampo, satinato 44x35x30 cm cad.

Enlightenments #7, 2000 Ferro forgiato, vetro blu soffiato, molato, 66,5x45x13 cm.

p.64 Accumulo #06, 2013, 4 elementi in vetro molato rosso, cristallo, gomma, 119 x 34 x 35 cm.

p.32 Enlightenments #2, 2000 Ferro forgiato, vetro rosso soffiato, molato, 51x40x12 cm.

p.68/70 Percer-Voir #2, 2003 14 elementi, cristallo soffiato, molato, satinato, 110x11x11 cm cad. Misura installazione, 110x2000x1000 cm, Royal Tasmanian Botanical Gardens, Hobart.

p.34 Blade # 10, 2000 Vetro giallo/cristallo molato, ferro forgiato 62x11x20 cm Museum of Old and New Art, Hobart.

p.71/72 Percer-Voir #1, 2002 14 elementi, cristallo soffiato, molato, satinato, 110x11x11 cm cad. Misura installazione, 90x900x700 cm Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia.

p.38 Offshoots #10, 2006 Ferro forgiato, vetro rosso stampato, molato, satinato, 90,5x51x18 cm. p.39/40

p.73/74

Emerging #1-2, 1994/2006 Dittico, stampa inkjet su poliestere argentato ed. 2/5, 64x46 cm cad.

Percer-Voir #03, 2006 14 elementi, cristallo soffiato, molato, satinato, 110x11x11 cm cad. Misura installazione, 110x1000x800 cm, Islington Hotel, Hobart.

p.53/54 B[ĂŚ]d Time, 2009 36 elementi in vetro nero stampato, molato, satinato, 1 cuscino in velluto, 122x44x5 cm.

p.76/80 Disco Moon, 2009 19 elementi, cartoncino argentato, legno, stampe fotografiche, diametro 22 cm cad. Diametro installazione 300 cm Piazza San Lorenzo, Vicenza.

p.56 Cross_Shoots #03, 2011, Vetro nero stampato, molato, satinato, legno dipinto, 150x92x7 cm 246


p.83/96

p.157/160

Laudes Regiae, 2007 17 elementi, vetro rosso, cristallo, soffiati a stampo, 44x32x32 cm cad. Audio, proiezione luminosa Misura installazione, 3000x1000 cm Ex Convento Santi Cosma e Damiano, Venezia.

Verso il Paese dei Fumi e ..., 2008 Dvd video, 3 min. Proiezione, 1500x600 cm, audio Campo San Bartolomeo, Venezia.

p.102/106 Le Nostre Idee Vinceranno, 2002 Vhs video, 28 min. Doppia proiezione, 200x250 cm, audio Spot luce ciano Museo Mocenigo, Venezia. p.110/114-120/122 Eidetic Bush, 2003 Dvd video, 42 min. Doppia retro proiezione, 300x700 cm, audio Plimsoll Gallery, Hobart. p.128/130 Eidetic Bush, 2012 Dvd video, 03 min. Proiezione, 300x190 cm, audio Spazio 42, Hauptbahnhof, Kassel. p.132/134 Talk Show, 2006 Dvd video, 8 min. 17 sec. Proiezione, 200x170 cm. audio Fond. Bevilacqua La Masa, Palazzetto Tito, Venezia. p.138/142 Pulse Red, 2004 Proiezione intermittente di luce rossa, 4 fari spot sincronizzati, dimmer, gelatina rossa, Punta della Dogana, Venezia. p.146/150 Pulse Red, 2009 Dvd video 06 min. 4 monitor lcd 42”, struttura in legno, 220x180x180 cm Fontego dei Tedeschi, Venezia. p.152/154 Tracciati Esistenziali, 2008 Dvd video, 5 min. Doppia proiezione, 600x600 cm cad. Campo Santa Margherita, Venezia.

p.166/168 Sri Yantra, 2008 Dvd video, 16 min. Retroproiezione 400x400 cm, audio Vittoriale degli Italiani, Gardone, Brescia. p.172/174 Rivoluzioni, 2012 Dvd video 3.00 min. Doppia proiezione 300x200 cm Audio, vetro, monitor Palazzo Bembo, Venezia. p.179 Gipsoteca #7, 1994/2012 Stampa ai sali d’argento da neg. 6x7 Carta baritata, ed. 1/7, 20x30 cm. p.180 Gipsoteca #13, 1994/2006 Stampa ai sali d'argento da neg. 6x7 Carta baritata, ed. 1/7, 20x30 cm. p.181 Gipsoteca #9, 1994/2006 Stampa ai sali d'argento da neg. 6x7 Carta baritata, ed. 1/7, 30x20cm. p.182 Gipsoteca #11, 1994/2006 Stampa ai sali d'argento da neg. 6x7 carta baritata, ed. 1/7, 30x20 cm. p.183 Gipsoteca #12, 1994/2006 Stampa ai sali d’argento da neg. 6x7 carta baritata, ed. 1/7, 30x20 cm. p.186 Gipsoteca #5, 1994/2010 Stampa inkjet bn, carta fotografica ed. 2/7, 100x80 cm p.190 Gipsoteca #6, 1994/2010 Stampa inkjet bn, carta fotografica Ed. 2/7, 100x80 cm.


p.192

p.217

The Main Show, 1994/2005 Trittico, Gipsoteca #18, #19, #20 Stampa ai sali d'argento da neg. 6x7 Carta baritata, ed. 1/1, 50x60 cm cad.

La Habana #32, 2009/2012 Stampa inkjet, Ilford Gallery ed. 1/7, 65x41,5 cm. p.218

p.198 Santa Clara #1, 1995/2008 Stampa lambda, carta Endura ed. 1/7, 40x60 cm.

Catania #8, 2008/2012 Stampa inkjet, Ilford Gallery ed. 1/7, 65x41,5 cm. p.220

p. 199

Porto Marghera #7, 2011/2013 Stampa inkjet, Ilford Gallery ed. 1/7, 70x45 cm.

Santiago de Cuba #1, 1995/2008 Stampa lambda, carta Endura ed. 1/7, 40x60 cm. La Habana #3, 1995/2008 Stampa lambda, carta Endura ed. 1/7, 60x40 cm.

p.223 La Habana #9, 2009/2013 Stampa inkjet Ilford Gallery ed. 2/7, 100x65,5 cm.

p.200

La Habana #12, 2009/2013 Stampa inkjet Ilford Gallery ed. 2/7, 100x65,5 cm.

Santiago de Cuba #2, 1995/2008 Stampa lambda, carta Endura ed. 1/7, 40x60 cm. Santa Clara #2, 1995/2008 Stampa lambda, carta Endura ed. 1/7, 40x60 cm.

p.224 Porto Marghera #1, 2011/2013 Stampa inkjet, Ilford Gallery ed. 1/7, 100x65,5 cm.

p.207/208

Porto Marghera #2, 2011/2013 Stampa inkjet, Ilford Gallery ed. 1/7, 100x65,5 cm.

Nepal #7, #9, #10, 1997/2008 Stampa ai sali d'argento da neg. 24x36 Carta baritata, ed. 1/7, 40x60 cm. Nepal #3, 1999/2008 Stampa lambda, carta Endura ed. 1/7, 40x60 cm.

p.227 Wall #11, 2011/2013 Stampa inkjet, Ilford Gallery ed. 1/7, 75x115 cm.

p.210 La Habana #18, #19, 2009/2009 Stampa inkjet su pvc, ed. 1/1, 57x90 cm.

Stair #3, 2012/2013 Stampa inkjet, Ilford Gallery ed. 1/7, 75x115 cm.

p.215 Noto #7, 2008/2010 Stampa lambda, Fujicolor Crystal Archive DPII, ed. 1/7, 90x59 cm.

p.228 Stair #2, 2011/2013 Stampa inkjet, Ilford Gallery ed. 1/7, 75x115 cm.

Noto #1, 2008/2010 Stampa lambda, Fujicolor Crystal Archive DPII, ed. 1/7, 90x59 cm.

Factory #12, 2012/2013 Stampa inkjet, Ilford Gallery ed. 1/7, 75x115 cm.

p.216 La Habana #4, 2009/2010 Stampa lambda, Fujicolor Crystal Archive DPII, ed. 1/7, 90x59 cm. La Habana #6, 2009/2012 Stampa inkjet Ilford Gallery ed. 2/7, 90x59 cm. 248


Andrea Morucchio catalogo ragionato 2000 . 2013 è stampato in cento esemplari per conto di Bugno Art Gallery, Venezia.

Copia n. ______

Š Andrea Morucchio Venezia 2013




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.