La casa-torre nel Comune di Varsi

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Politecnico di Milano FacoltĂ di Architettura e SocietĂ Corso di Laurea in Architettura Ambientale Tesi di Laurea Triennale A.A. 2014/2015

LA CASA-TORRE NEL COMUNE DI VARSI: Indagine descrittiva e ipotesi di restauro

Andrea Nespi Relatore: Alessandro Verga

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Sono molte le persone che mi hanno aiutato, consigliato e che hanno collaborato direttamente o meno a questo lavoro. In particolare sono grato alla mia famiglia, i miei amici e la mia fidanzata, che mi hanno sostenuto e supportato durante tutto il percorso di studi. Un ringraziamento speciale devo spenderlo per il mio amico fraterno Andrea Giudici, che piĂš di tutti mi ha aiutato in questo lungo lavoro.

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Sommario 1 | INTRODUZIONE....................................................................................................6 2 | LUOGO.....................................................................................................................8 3 | INQUADRAMENTO STORICO ........................................................................10

3. 1 | Cenni storici del comune. .......................................................................................................................... 10 3. 2 | Incastellamento.......................................................................................................................................... 13 3. 2. 1 I castelli del territorio . ............................................................................................................................. 15

3. 3 | Strade antiche............................................................................................................................................. 16

4 | LA CASA-TORRE..................................................................................................21 5 Localizzazione / Censimento.................................................................29

5. 1 | Colombara. .................................................................................................................................................. 32 5. 2 | Rocca Nuova............................................................................................................................................... 33 5. 3 | case giordani................................................................................................................................................ 34 5. 4 | sgui................................................................................................................................................................ 35 5. 5 | lubbia. ........................................................................................................................................................... 36 5. 6 | busani............................................................................................................................................................ 37 5. 7 | fiassoni.......................................................................................................................................................... 38 5. 8 | pisterlana. .................................................................................................................................................... 39 5. 9 | bruschi.......................................................................................................................................................... 40 5. 10 | Casa Grande di Pessola............................................................................................................................ 43 5. 11 | I Ferrari. .................................................................................................................................................... 46 5. 12 | Torri scomparse......................................................................................................................................... 48

6 | LA CASA-TORRE DEI FIASSONI......................................................................51

6. 1 DESCRIZIONE TECNOLOGICA DEGLI ELEMENTI COSTRUTTIVI............................................... 60 6. 2 Elaborati di rilievo....................................................................................................................................... 63

7 | LINEE PRINCIPALI DI PROGETTO.................................................................77

7. 1 interventi tecnologici/ impianti. .................................................................................................................. 81 7. 2 elaborati di progetto.................................................................................................................................... 83

8 | ALLEGATO A......................................................................................................102 9 | BIBLIOGRAFIA...................................................................................................108

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1 | INTRODUZIONE Con il presente elaborato s’intende effettuare una ricerca sulla tipologia architettonica della casa a torre, edificio tipico del territorio del Comune di Varsi, in provincia di Parma. L’oggetto dello studio verte su questa particolare architettura spontanea, così poco conosciuta ma indubbiamente testimone di una storia antica e preziosa che sta gradualmente scomparendo. Sono tanti, troppi infatti gli esempi di strutture rurali storiche, risalenti al ‘400, che per varie ragioni vengono dapprima disabitate, poi completamente abbandonate a se stesse e esposte senza nessuna precauzione alle intemperie e all’usura del tempo. A seguito di un’analisi del territorio e di un censimento delle case a torre del Comune di Varsi, è emerso come siano pochi gli interventi atti a preservare questi gioielli d’architettura locale, sia per mancanza di risorse, sia per carenza di cultura storico-architettonica. Saranno documentati nel corso del presente elaborato i vari esempi di case-torre conservate fino ad oggi, in cui parti pericolanti o danneggiate, sono state inglobate o abbattute per far spazio a fatiscenti architetture, erette senza rispetto verso l’ambiente e la memoria locale. Fine ultimo del lavoro di tesi è quello della stesura di un progetto di recupero/riuso di uno degli edifici catalogati. Il sentimento che ha spinto alla realizzazione di questo lavoro, è la voglia di sensibilizzare riguardo a queste tematiche il maggior numero di persone, anche al di fuori del settore delle costruzioni, con l’obiettivo di preservare il più possibile le antiche architetture in pietra che ancora sono rimaste in piedi, e riviverle nei nostri giorni. In ultimo la tesi coltiva l’ambizione di gettare le basi per delle linee guida di recupero architettonico valide per tutto il territorio comunale, espandibile a tutti gli edifici rurali storici.

figura 1 – tipica casa rurale in pietra locale, situata nei pressi di Tosca

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2 | LUOGO Varsi è uno dei comuni della provincia di Parma che rientra nella più vasta area denominata Media Val Ceno. Con un’estensione di circa 90 km2, il territorio di Varsi si sviluppa su terreni posti ad un altitudine variabile tra i 250 m.s.l., in prossimità del fiume Ceno, e i 1250 m.s.l. delle vette appenniniche. Nel suo insieme l’area si caratterizza per elementi naturali e paesaggistici di rilievo. A livello geomorfologico spicca il fiume Ceno, uno dei principali affluenti del Taro e elemento principe del territorio, tanto da dare il nome all’intera vallata, la Val Ceno, in cui si raccolgono oltre a Varsi i comuni di Varano de’Melegari, Bardi, Pellegrino Parmense e Bore. Il fiume nasce sul Monte Penna e, dopo aver percorso circa 65 km, si getta nel Taro nei pressi di Fornovo Taro, attraversando il Comune di Varsi per 10 km. Per semplicità descrittiva, si può considerare il corso d’acqua come “divisore” naturale del Comune. Se si osserva spalle alla valle il tragitto del fiume, a destra troviamo il versante sud del Monte Carameto che scende repentinamente da 860 m.s.l a circa 270 m.s.l in prossimità del greto del Ceno. A sinistra invece si alza maestoso il Monte Dosso, che domina il territorio circostante. Si tratta di una vetta che non raggiunge quote considerevoli, ma che per la sua conformazione risulta molto più imponente di quanto in realtà non testimoni la sua altezza di 1250 mt. Il monte Dosso, i suoi versanti, le sue foreste e i suoi terreni rappresentano la porzione più consistente dell’intero Comune. Ed è sul versante nord del monte che si colloca Varsi, per estensione e abitanti il centro principale e storicamente più importante della zona. Dal paese, risalendo a levante il Ceno, si incontra il Groppo della Rocca, un volume emergente costituito in prevalenza da roccia ofiolitica alloctona (non originaria della zona), che si trova a 4 Km da Varsi. Scendendo lungo il versante sud del monte, si incontrano molti piccoli nuclei rurali della frazione Pessola, da cui prende il nome l’omonimo torrente, che determina quasi tutto il confine sud del territorio comunale, ad eccezione dei due piccoli centri abitati, i Ronchi e i Bruschi. Sul versante ovest del Monte Dosso spicca alto il borgo di Contile, posto a circa 720 m.s.l, da cui si può raggiungere la località ponte Vetrioni andando verso valle. Completa la triade dei monti del territorio di Varsi, il Barigazzo, posto a sud del Dosso, sui cui versanti nord e ovest si raccolgono gli abitati principali di Tosca e Pietracavata. Scendendo di quota si incontra il Rio Spigone, torrente che idealmente fa da spartiacque tra i territori del Monte Dosso e quelli del Monte Barigazzo. L’osservazione del territorio dal punto di vista della morfologia del paesaggio, è funzionale per poter capire le dinamiche insediative e storiche locali. Appare evidente come i piccoli nuclei rurali più antichi, siano collocati in posizioni strategiche, sotto l’aspetto difensivo, oppure sotto l’aspetto delle vie di comunicazione. Per esempio, appare logico e deduttivo pensare che il nucleo principale della zona, ossia Varsi, sia posto in una 8


zona di avvallamento in prossimità del fiume Ceno, e sia collocato su di una linea immaginaria tra i due paesi confinanti più importanti, Bardi e Varano. Per quanto riguarda gli altri piccoli centri o frazioni, dall’attività principale svolta dai locali consegue la posizione geografica. Se un nucleo nasce principalmente come piccolo centro agricolo, allora sarà collocato in una zona particolarmente fertile dove, a prescindere dall’altitudine, vi sarà una condizione pianeggiante o quasi. Il lavoro di tesi sul territorio di Varsi, prosegue con una breve trattazione storica, per poi tracciare i lineamenti della tipologia architettonica a torre, e quindi, la realizzazione del censimento degli edifici osservati e catalogati.

figura 2 – vista della Valceno verso valle, foto scattata nei pressi di Pessola

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3 | INQUADRAMENTO STORICO

3.1 | Cenni storici del comune Secondo gli studiosi Varsi sarebbe da identificarsi con l’antico Varisio citato nella Tavola Alimentare Traiana e certamente coincide con il Varisium delle carte longobarde. E’attestato che nel periodo storico che va dal 596 d.c. fino al 774 d.c., Varsi rappresentasse uno dei più importanti centri dell’intera area longobarda. Dopo Pavia è infatti il secondo Comune per complesso di documenti storici risalenti a tale periodo. Il territorio varsese, ricompreso nella Val Ceno, è contiguo alla Val Taro dove il comune di Piacenza riuscì a penetrare nella parte media ed inferiore durante il basso medioevo. Inserita entro uno spazio fisico alquanto sensibile sotto l’aspetto strategico, commerciale e viario, Varsi entrò presto nei pensieri piacentini. Tale interesse è testimoniato già in un documento vergato nel 1132. In questo periodo l’area varsese tuttavia era già pesantemente interessata dal processo di espansione attuato dalla città. Fu anzi una delle prime zone sulle quali tale processo andò dispiegandosi in ragione della sua spiccata natura croceviaria. Delimitata dai torrenti Ceno e Taro, Varsi era un centro geopoliticamente rilevante così come lo erano le vicine Villora, Rovina e Pratogrande, non solo perché di frontiera tra territorio parmense e al piacentino, ma anche perché perno di un rilevante tessuto viario. Il territorio varsese conduceva in particolare ai valichi appenninici emilianotoscani del Bratello e della Cisa, sui quali andò a insistere l’attenzione di signori del calibro dei Canossa, degli Obertenghi e delle loro reti vassallatiche. Più nello specifico, Varsi era prossima a monte Bardone e dunque al passo della Cisa che conduceva a Pontremoli, fondamentale snodo per giungere sia a Genova, sia in Toscana e, di conseguenza, al centro e al sud Italia. Varsi era dunque parte integrante del territorio cresciuto intorno alla strada francigena, importante asse capace di collegare il fronte settentrionale dell’Europa a quello meridionale. Su questo asse transitavano i mercanti, gli eserciti, gli uomini di cultura e soprattutto i pellegrini i quali dopo faticose settimane di cammino avevano l’opportunità di raggiungere, attraverso la Liguria, Santiago de Compostela e, attraverso la Toscana, Roma, dove avrebbero venerato l’apostolo Pietro. Per tali ragioni di carattere logistico il varsese, o meglio tutto il comprensorio piacentino-parmense, era punteggiato da strutture di potere sia laiche sia religiose. Erano numerose in queste aree di frontiera e transito varie fortezze: si pensi ai castelli di strada di Bardi, Castell’Arquato, Gravago e alle varie pievi, enti ospedalieri e monasteri come quello di San Colombano di Bobbio, quello di San Fiorenzo di Fiorenzuola, di San Salvatore e Gallo di Tolla, di San Michele di Gravago, di San Moderrano di Berceto e di San Giovanni in Galla. Per quanto si trattasse di strutture visibilmente distinte per funzioni e caratteristiche erano considerate tutte punti di controllo stradali della via francigena. Da ciò deriva la loro disposizione razionale e ben pianificata. Si trattava di centri deputati al controllo e alla protezione di abitati nonchè di centri di organizzazione agricola, 10


figura 3 – Castello di Bardi all’ alba

di conseguenza interessanti sul piano economico. Proprio l’interesse commerciale si era posto alla base dell’attenzione dei signori locali e del vescovo prima che giungesse il Comune a imporre, seppur in modo intermittente, la propria autorità. Il potere della diocesi rimase però importante. Nel corso del XII secolo il borgo di Varsi, unitamente al territorio che a esso faceva capo, venne inquadrato, attraverso la definizione di un rapporto di tipo vassallatico, entro il patrimonio episcopale piacentino: i suoi abitanti per il tramite dei loro rappresentanti si dichiaravano sottoposti all’autorità del vescovo di Piacenza . La comunità varsese in questo periodo storico era istituzionalmente indentificabile come un comune di tipo rurale. La comunità varsese, legata alla vita di paese e alla chiesa, si strutturava come un insediamento articolato in alcune “villae” e alcuni “castra”, non sempre posizionabili con precisione sulle odierne carte geografiche. Si trattava di agglomerati di case abitate da famiglie di contadini e di pastori non transumanti, che lavoravano le aree coltivabili dei boschi in prossimità di acqua. Per consistenza fondiaria vi erano consorzi familiari ricchi, oppure singoli individui che spiccavano per possedimenti. Il Comune rurale di Varsi conservò l’autonomia, unitamente al legame con il Vescovo di Piacenza, fino al XIV secolo. In questo periodo storico un ordinamento legislativo specifico regolamentava i rapporti tra la comuntià 11


varsese e il vescovo piacentino. Le fonti sembrano testimoniare quindi un rapporto di fedeltà e di dipendenza nei confronti del Vescovo. Molto probabilmente la lontananza di Varsi da Piacenza e la sua posizione strategica, che lo poneva nelle mire di più forze politiche, contribuirono negli anni ad emancipare il comune dal potere signorile del vescovo. Non mancarono tuttavia conflitti tra la città di Piacenza e gli abitanti locali, che volevano mantenere una loro autonomia nella gestione del territorio. I varsigiani si rivelarono piuttosto ostili ad essere assoggettati al pagamento di tasse a favore del comune piacentino. Un importante svolta politica avvenne nei primi anni del 1300. Un passaggio di consegna, in cui il vescovo di Piacenza vendette il castello di Varsi, le sue pertinenze e i terreni alla famiglia Scotti, dipendente dal Ducato degli Sforza. Gli Scotti amministrarono tali possedimenti fino al 1758 nonostante le difficoltà nell’affermare il proprio dominio sopra il comune di Varsi per le contestazioni degli abitanti. Queste situazioni di tensione si protrassero fino al XVIII secolo e furono accompagnate anche da lotte intestine alla famiglia Scotti. Più volte dovettero intervenire gli Sforza come mediatori tra le parti. Ne è esempio la confisca nel 1475 da parte del potere ducale di alcuni latifondi degli Scotti venduti successivamente ad un altro ramo della famiglia proveniente da Fombio, capeggiato dal Conte Alessio Scotti. Da questo episodio nacque una faida, testimoniata da numerosi atti comunali, mossa dal ramo degli Scotti di Varsi per recuperare i beni di tale feudo. Agli albori del XVII secolo il territorio risultava ancora conteso tra i due rami della famiglia, che dovettero dividersi anche il castello.

figura 4 – Castello di Varsi in una litogrfia del XVIII secolo

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Intorno alla metà del Seicento il ramo varsese della casata si estinse e la controversia terminò naturalmente. Il feudo rimase alla linea degli Scotti di Fombio, che malgrado potessero finalmente primeggiare, ebbero lo stesso diversi problemi nell’affermare i diritti sul feudo. ”Gli habitatori del luogo di Varso, Rocha e Villora non sono soliti a fare ciò, che se gli persuade, ma ben si sono genti astutte, che sanno il fatto loro, e fanno quel che possono per fare a suo modo.” La testimonianza è estrapolata dalla “Relazione del processo nella causa avanti l’eccelso ducale consiglio” nella quale si trovano diverse testimonianze interessanti che descrivono la natura ed temperamento della popolazione di Varsi. La parabola del potere della famiglia Scotti sul feudo di Varsi vive gli ultimi atti nella prima metà del secolo XVIII. Infatti con un rogito del 1758 i conti Scotti da Fombio vendono ai signori Rugarli i loro beni di Varsi. Pur cambiando la famiglia al governo non cambiano le dinamiche, infatti anche i Rugarli ebbero diverse difficoltà nella gestione del feudo e si ritrovano ancora le stesse controversie e le lunghe vertenze che per decenni hanno visto gli uomini della montagna opporsi con forza e ostinazione all’imposizione dei diritti delle famiglie dominanti. Da qui vi saranno vari passaggi di consegna tra diverse famiglie benestanti, fino alla famiglia Moruzzi, attuale proprietaria del castello, o meglio, di ciò che ne è rimasto. 3.2 | Incastellamento Tra il IX ed il X secolo, l'Europa fu travolta dagli attacchi di tre diverse popolazioni: i saraceni, i cui pirati compivano scorrerie sulle terre costiere; i normanni (o impropriamente vichinghi), feroce popolo marinaro del Nord, e gli ungari. Il potere carolingio era ormai in piena crisi e i sovrani si dimostrarono del tutto incapaci di fronteggiare questi nemici. I feudatari, così, cominciarono a fortificare i propri possedimenti e ad organizzare una difesa indipendente dal potere centrale. Il disgregarsi dell'Impero carolingio, diviso al suo interno e per questo incapace di affrontare le nuove invasioni di barbari e arabi, costrinse i piccoli potentati locali, lasciati soli dall'istituzione imperiale, a organizzarsi e difendersi da sé. I castelli nacquero dunque da questa necessità, spesso riutilizzando fortificazioni precedentemente costruite ed ampliandole, oppure creandole ex novo. I castelli erano posti nei pressi delle vie di comunicazione, per lo più eretti su rilievi, così da costituire un rifugio e un riparo per gli abitanti delle zone limitrofe di città e campagna. La particolare posizione permetteva anche di poter disporre di un punto di osservazione privilegiato. In particolare, in Italia i castelli sorsero numerosi e dislocati sui rilievi montuosi delle Alpi e degli appennini o, se collocati in zone costiere, a picco sul mare. Questo spiega la fioritura dei commerci medievali all’interno degli stessi castellani che garantivano protezione agli abitanti, ai fabbri e agli altri artigiani che svolgevano attività finalizzate alla vita difensiva del castello. Quando la stagione delle grandi invasioni sembrò arrestarsi, le importanti famiglie feudali risiedenti nei castelli fuori dalle città si trasferirono nei centri cittadini, così il castello, inteso come architettura fortificata, perse importanza nel corso dei secoli. In questo periodo storico si erano creati in tutta Europa dei vuoti di potere che vennero colmati "spontaneamente" da nuovi organismi e centri di potere. In Francia, Italia, Spagna e Germania erano di solito i vescovi che alimentavano la vita politica ed economica locale, creando piccoli 13


eserciti e facendosi progressivamente coadiuvare da un consiglio di cittadini tra i più stimati e facoltosi. La prima conseguenza evidente del fenomeno dell’incastellamento è la diffusione nel contado di fortificazioni che lentamente si sostituiranno alla tipologia di insediamento tipica dell'Alto Medioevo, la curtis. Il termine “castello” deriva dal latino “castellum” o “castrum” (fortezza, accampamento militare), ma nel Medioevo viene ad indicare una fortificazione permanente che i grandi signori fondiari, sia laici che ecclesiastici, iniziano ad erigere per proteggere e delineare i propri possedimenti. È probabile che l’incastellamento abbia talvolta incontrato il consenso del sovrano, ma è altrettanto probabile che molti di questi castelli siano stati edificati su iniziativa dei signori del luogo senza alcuna preventiva autorizzazione. Inizialmente essi si presentarono come veri e propri villaggi fortificati dalla struttura ancora abbastanza primitiva: collocati su un'altura, recintati da palizzate in legno e circondati da fossati. Queste fortificazioni erano tuttavia relativamente semplici da abbattere e dal XII secolo, la pietra sostituì definitivamente il legno, portando alla comparsa delle mura di cinta. Il tipico ingresso presentava un ponte levatoio e un cancello ad inferriate fiancheggiato da due torri. All’interno la struttura del castello divenne più complessa ed il signore spesso viveva nella grande torre centrale detta mastio. A partire dal XVII secolo le cronache dimenticano i castelli, diventati allora costruzioni prive di vita; infatti l'autorità dei signori locali fu ormai soppiantata dal governo centrale, in grado di tenere a freno la nobiltà feudale e limitarne i soprusi. Nel '700 il castello non ha più nessuna connotazione militare, ma conserva solo l'aspetto artistico e monumentale.

figura 5 – Castelcorniglio, situato nel comune di Varano

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3.2.1 I castelli del territorio

Tutto il territorio dell’Emilia Romagna, in particolare le provincie di Parma e Piacenza, è stato terreno fertile per la costruzione dei castelli medievali, presenti sia nelle terre di pianura che di collina e montagna. Se si osserva in dettaglio il territorio della Val Ceno, la tendenza a fortificare viene confermata. Infatti percorrendo la valle lungo la strada provinciale che collega Fornovo con Bardi, si incontrano i castelli principali di Varano, Varsi e Bardi, che in passato erano i centri nevralgici del potere locale. Addentrandosi poi tra i rilievi, risalendo strade e corsi d’acqua secondari, si incontrano numerose altre fortezze o i loro resti. In ordine, da valle, si possono osservare o si conoscono tramite documenti storici i segni di numerose costruzioni militari: Roccalanzona, Serravalle Ceno (dove c’è un antico battistero), Specchio, Vianino, Castelcorniglio, Carpadasco, Valmozzola e il castello di Gusaliggio, Golaso, Lacore, Rocca di Varsi, Città d’Umbria, Pessola e il suo castello dell’Agnellina, Pellegrino Parmense, Gravago. Collegandosi poi alla Val Taro, aumenta ancora il numero di fortificazioni presenti; si incontrano, infatti, i resti del castello di Solignano, Pietramogolana, Berceto, Borgotaro, Compiano, Belforte. Queste architetture presenti tuttora sul territorio, o attraverso la testimonianza di rappresentazioni e cartografie storiche, danno una chiara manifestazione di come fosse organizzato il territorio appenninico in epoca medievale. Uno dei più significativi esempi di questa ratio fu il castello di Varsi. A pianta quadrata con torrioni tondi agli angoli, probabile elaborazione del tardo ‘400, la fortificazione nacque come semplice recinto a merli, circondato da un fossato. La parte abitativa si collocava sul lato posteriore dove si innestava perpendicolarmente un alto mastio al centro della corte. Il lato a destra del recinto era occupato anch’esso da un quartiere abitativo, fornito di una snella torretta poligonale all’angolo, come testimonia una litografia del ‘800. Le notevoli trasformazioni subite dal complesso precedono il 1901. Oggi oltre alla chiesa e l’abitazione, rimangono il torrione anteriore di destra (ristrutturato nel ‘700) con parte della cinta (congiunta da un tramezzo, con portale del ‘700, al corpo ex mastio), e quello dirimpettaio. Al castello di Varsi e alle altre costruzioni fortificate, si vanno poi ad aggiungere numerose torri disposte in modo apparentemente casuale in tutto il territorio, da comune a comune, e sorte in epoca postuma rispetto al periodo di incastellamento principale. Nel corso dei secoli XIV- XV- XVI l’assenza di un potere centrale forte fece sì che nei territori tra Parma, Piacenza e Reggio vi furono numerose famiglie ambiziose che tentarono di ingrandire i propri possedimenti alleandosi tra di loro oppure scontrandosi con altre. Durante questo vasto arco temporale, si crearono vere e proprie piccole battaglie per primeggiare sui “feudi secondari” dove il potere centrale difficilmente riusciva ad imporsi con continuità.

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figura 6 – Varano e il suo castello


3.3 | Strade antiche Per quanto riguarda il periodo medievale, non si hanno notizie di strade o percorsi che attraversavano direttamente il paese di Varsi, se si escludono le più generali indicazioni di via pubblica. Per quanto possa sembrare periferica la sua posizione sulla carta geografica, Varsi non era lontano da alcune vie che assunsero sempre più importanza a partire dai secoli di dominazione longobarda. Si tratta di due strade fondamentali, la "Via del monte Bardone" e la "Via degli abati", che univano i loro tracciati dopo il superamento della catena montuosa dell'Appenino tosco-emiliano, avendo in Pontremoli il primo punto di passaggio in comune; queste non sono le uniche strade di collegamento tra l'Italia nord-occidentale e la Toscana, ma certamente quelle meglio testimoniate e praticate. Questi percorsi non consistevano in un unico asse viario, con un singolo percorso obbligato, ma erano composti da fasci di strade tra loro complementari, su cui stazionavano i «luoghi di strada», elementi costruiti o edifici che si intrecciano in un complicato rapporto di interrelazione con i tracciati viari. La nascita di questi “luoghi”, realtà geografiche insediative o edilizie, poteva essere favorita dall’importanza del percorso stradale su cui sorgevano ma potevano a loro volta influenzarne il tracciato. Cambiarono anche la struttura di assistenza e accoglienza per i viaggiatori: scomparsi mutationes e mansiones, il loro ricovero venne affidato quasi totalmente all'organizzazione ecclesiastica, che predisponeva ospedali e punti di sosta. Nel territorio di Varsi si è a conoscenza di un “hospitale”, denominato di Galla, collocato in posizione di confluenza tra il torrente Cenedola e il fiume Ceno, nei pressi di Golaso. L'ambiente montano influenzava fortemente le aree di strada che lo attraversano, canalizzando naturalmente i percorsi lungo valli e valichi. La situazione orografica è dominata dall’Appenino emiliano occidentale, che rappresenta lo spartiacque tra il bacino padano e quello ligure-tirrenico. È solcato da numerosi corsi d'acqua figura 7 – Il castello di Golaso, Varsi

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che, scorrendo e incuneandosi tra le dorsali montane disposte a pettine, formano diverse vallate, naturali vie d'accesso per il crinale appenninico. Nel settore parmense, i valichi che si aprono alla comunicazione con la Lunigiana non presentano mai altezze troppo elevate, favorendo perciò i traffici per buona parte dell'anno, senza che la neve li ostruisca per lungo tempo. L'importanza di un contatto diretto con la zona di Luni si comprende dalla sua caratteristica di essere un corridoio di passaggio obbligato per tutte le comunicazioni tra il territorio parmense e l'Italia centrale. Tra le città che aumentarono la loro rilevanza nell'età longobarda vi fu Lucca: proprio la necessità di un collegamento con la città toscana, unita all'interruzione del settore centrale appenninico, dovuta alla divisione dell'Emilia tra longobardi e Bizantini, fece sì che la via Parma -Luni Lucca, attraverso il passo della Cisa, vide incrementata la sua importanza, venendo favorita ad altre strade per la sua accessibilità e percorribilità. Un altro itinerario per raggiungere la Toscana era rappresentato dalla "Via degli Abati". La nascita di questo tracciato sembra discendere dalla necessità di un collegamento diretto tra il monastero di Bobbio, fondato nel 613 dal monaco irlandese Colombano nella media Val Nure, e Roma. Il monastero iniziò già nel suo primo secolo di esistenza ad attirare l'attenzione di pellegrini legati al mondo ibernico, attratti dalla presenza della sepoltura del santo fondatore bobbiese. La capacità di richiamo sui pellegrini ibernici è testimoniata anche da fonti materiali, come i piccoli reliquiari in possesso del monastero (riferiti all'ambiente insulare del VII secolo) o alla lastra sepolcrale dell'irlandese Cumiano, di cui l'epigrafe ricorda che Scothia misitfines ad italicos. Bobbio riuscì a divenire ben presto una tappa obbligata per i pellegrini irlandesi che volevano recarsi a Roma. Vi è stata quindi, da parte del monastero bobbiese, la capacità di inaugurare e promuovere (probabilmente recuperando vie già esistenti) una nuova area di strada che attraversava trasversalmente il settore appenninico piacentino, trovando nella valle del Magra lo sbocco per la Toscana. Il tragitto della "Via degli Abati" si sviluppava infatti lungo la direttrice Bobbio-Boccolo dei Tassi-Bardi-Borgotaro, trovando nel passo del Brattello (950mt) il punto più favorevole per valicare l'Appenino e giungere in Lunigiana. La via più pratica e breve per raggiungere Borgotaro da Bardi, consisteva nella risalita della valle del torrente Noveglia (affluente del Ceno): lungo tale percorso sorse il monastero di Gravago, testimoniato dal preaceptum del re longobardo Ildeprando del 744, in cui il re riconosce la tuitio del vescovo di Piacenza Tommaso sui monasteri di Florentia, Tolla e Gravaco. La probabile fondazione regia di tale monastero, dedicato a San Michele, testimonierebbe un certo interesse da parte dei re longobardi riguardo questa strada, che, nata per motivi presumibilmente religiosi o comunque legati alla sfera monastica, ha assunto quella «stratificazione d'uso», per cui si rivelò un percorso adatto anche ad altre tipologie di viaggiatori. All'incremento dell'importanza di Roma come meta di pellegrinaggio, soprattutto dopo la caduta di Gerusalemme sotto il controllo degli Arabi nel VII secolo, fa seguito il costante aumento del flusso di pellegrini diretti verso la città papale. Molto probabilmente, i pellegrini del centro-nord Europa che volevano raggiungere Roma dal passo del Gran San Bernardo (via Aosta) e Moncenisio (via Torino), trovavano nella strada del Passo della Cisa la via più agevole per giungere in Italia. Questo incremento di importanza di quella che era una strada secondaria nell'età romana, comportò conseguenze dirette sulla città di Parma, che si vide 17


escludere dai punti obbligatori di passaggio: il viaggiatore, dal percorso della via Emilia, giungeva fino al Taro e da qui ne risaliva il corso lungo la sponda sinistra, attraversandolo all'altezza di Fornovo, che mantenne il suo ruolo di punto fermo dell'itinerario insieme al valico della Cisa. Esclusa Parma, il capolinea della strada divenne Piacenza, dato che, oltre a essere il punto di partenza della via Emilia, qui vi convergevano le strade provenienti da occidente e da settentrione. Piacenza, già importante nodo viario nell'età romana e principale punto di attraversamento del Po per chi da sud era diretto verso le Alpi, mantenne questa sua peculiarità di crocevia stradale e fluviale anche durante il regno longobardo e oltre, caratterizzandosi come ''porta di accesso" per Pavia, la capitale regia. L'importanza, anche sotto l'ottica più strettamente militare, della via della Cisa venne sempre tenuta in considerazione dai re longobardi, che cercarono di mantenere su di essa uno stretto controllo tramite la fondazione di monasteri regi, tra cui quello di Berceto a opera di Liutprando. Le strutture religiose rispondevano ad un obiettivo politico dei re longobardi: creare poli di controllo territoriale con cui limitare il potere di grandi gruppi familiari aristocratici. Non si può però escludere come questi monasteri abbiano svolto anche importanti funzioni per l'economia regionale e su un controllo dei principali assi viari, fungendo da punti di sosta e di ricovero soprattutto in favore dei pellegrini. Data l'importanza degli assi di comunicazione rappresentati sia dalla via del passo della Cisa, sia dalla Via degli Abati, rimane il problema di localizzare i loro collegamenti con la valle del Ceno e con Varsi, sempre tenendo presente la molteplicità dei percorsi che caratterizzavano le aree di strada nel medioevo. La posizione intermedia della valle del Ceno, stretta tra il fiume Taro e la fascia appenninica più esterna, e il suo orientamento sud-ovest/nord-est, fa sì che dal punto di vista itinerario essa sia una valle di passaggio, in cui gli assi principali si svilupparono tramite il suo figura 8 – Vista della Valceno verso monte

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attraversamento in senso nord-sud piuttosto che con la risalita del corso del fiume. Un esempio è dato proprio dalla via degli Abati: questo percorso, scendendo verso Bardi per poi da qui risalire la Val Noveglia, tagliava perpendicolarmente la val Ceno a ovest di Varsi, facendo sì che quest'ultima località si ritrovasse nella striscia di terra posta in questo settore proprio tra la via degli Abati e la via del Monte Bardone o via Cisa. L'esistenza di una strada di collegamento con quest’ultimo percorso è ipotizzabile soprattutto considerando la vicinanza geografica di Varsi con il nodo viario rappresentato da Fornovo e con la confluenza del Ceno nel Taro, zona nella quale provengono attori e testimoni dei documenti riguardanti San Pietro di Varsi. Inoltre, in epoca romana, una strada collegava Fornovo con l'importante centro di Veleia tramite il torrente Ceno: da questi si risaliva il torrente Cenedola (distante pochissimi chilometri a sud-est di Varsi), raggiungendo la Bocchetta delle Sette Sorelle e da qui la Val d'Arda. Ma l'area di strada che interessava Varsi, come già ricordato, poteva presentare altri percorsi e strutture viarie. Si può ipotizzare che una di queste strade risalisse il rio Timore, torrente che si immette nel Ceno all'incirca a metà della distanza tra Varsi e Bardi, per poi discendere la Val Mozzola (facente parte del bacino del Taro) oppure la Val Pessola, che si dipana lungo le pendici meridionale del monte Dosso. L'esistenza di tale percorso sembra suggerita da alcuni fattori umani, che possono essere alla base dell'apertura di tale via. Le pendici meridionali del monte Dosso, oltre ad aver ospitato una fornace per la produzione di laterizi in età romana (posta a Marsaia vicino a Pessola), sembrano attirare l'attenzione della chiesa di San Pietro di Varsi, che nel corso del IX secolo stipula contratti di compravendita e di livello con gli abitanti di Pessola e dei casali vicini, espandendo il proprio controllo su questa zona. Alla sinistra idrografica del rio Timore, in località Tosca di Varsi, si ritrova la settecentesca chiesa di San Filastro, che al suo interno raccoglie arredi liturgici altomedievali di una precedente chiesa andata distrutta, che tali sculture ne testimoniano un qualche rilievo sociale, posti a monte di questa chiesa, i resti del "castelliere" di Umbria sembrano inoltre qualificare questo insediamento come una struttura con funzione di "controllo stradale", oltre che identificarlo come un presidio militare. La persistenza di questi percorsi anche nei secoli successivi, insieme all’intensificarsi della frequentazione degli stessi da parte di persone e merci, ha probabilmente fatto emergere il bisogno di costruire ed intensificare il sistema di osservazione e difesa di questi territori, in modo più diffuso, da parte dei signori locali e medi proprietari.

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figura 9 – Cartografia che raffigura le principali strade antiche descritte nel testo

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4 | LA CASA-TORRE Il presente capitolo si propone di approfondire le caratteristiche estetico-strutturali e le cause che hanno portato alla nascita di una tipica costruzione dell’Appennino: la casa-torre. Questa tipologia edilizia, diffusasi in tutto il territorio italiano tra il XIV e il XV secolo, interessa particolarmente il comune di Varsi, dove è possibile ritrovarne diversi esempi. Si tratta di edifici facilmente distinguibili dalle più comuni costruzioni rurali storiche. figura 10 – Casa-torre in località Busani

Le piante, tutte simili tra loro, hanno forma quadrata di 6 metri per lato e si sviluppano approssimativamente fino ai 10 metri di altezza. Le murature, che raggiungono spessori considerevoli (circa 70 cm), sono realizzate completamente in pietra locale. In corrispondenza degli angoli le pietre hanno pezzatura maggiore, sono squadrate attentamente e talvolta sono evidenti i segni di una lavorazione a scalpello. 21


Il particolare riguardo nei confronti delle pietre angolari è legato non solo a finalità prettamente estetiche ma mira, grazie all’ammorsamento delle pietre, a garantire il comportamento scatolare della muratura, necessario per un’adeguata resistenza sismica e al vento. Le pareti invece venivano realizzate con pietre di pezzatura minore, spesso squadrate e sovrapposte ad incastro in modo regolare. La posa avveniva a secco o con l’aiuto di una malta grossolana realizzata localmente presso piccole fornaci. Le case-torre presentano poche aperture di dimensioni modeste, scelta dettata dalla necessità di ridurre il più possibile i disperdimenti termici del calore che tanto faticosamente si creava con il focolare interno. In origine questi edifici erano muniti di due porte: una al piano terra, di ingresso alla stalla, e l’altra, al primo piano, permetteva l’accesso alla vera e propria abitazione. Gli stipiti delle finestre erano composti da pietre regolari, che creavano una strombatura verso l’esterno, perfetta per ricavare una rientranza nel profilo laterale sede dell’infisso in legno (disegnino). Nei casi meglio conservati si trovano ancora stipiti e architravi realizzati in blocchi monolitici di pietra mentre per gli ingressi, in alcuni casi, si è conservata la tradizionale struttura tripartita degli stipiti e l’architrave è di forma triangolare, sapiente accorgimento tecnico che consentiva di aumentare la sezione dell’architrave in corrispondenza del punto dove gravano maggiormente i carichi, per aumentarne la stabilità. In corrispondenza dell’ultimo livello della torre si osserva, in tutti gli edifici oggetto di studio, una caratteristica mensola esterna in pietra. Tale cordolo sporge in genere di 20-25 cm e corre lungo tutti e quattro i lati del fabbricato, arrestandosi talvolta in alcuni punti Si tratta di un elemento tipico posto mediamente un metro al di sotto della linea di gronda,al di sopra del quale sono ricavate piccole aperture in successione (di dimensione variabile tra i 20x20 e i 40x50 cm). Tale componente architettonico è un dettaglio peculiare delle case-torre ed è legato alle funzioni per cui tali strutture furono progettate. Dal censimento effettuato nel comune di Varsi si sono evidenziate due tipologie di copertura: a 2 e a 4 falde. La scelta di una tipologia rispetto all’altra probabilmente era legata alle possibilità economiche della committenza e all’abilità dei costruttori, visto che la realizzazione di un tetto a 4 falde presenta maggiori complessità tecniche e necessita di un numero di elementi costituenti maggiore. Il manto di copertura era realizzato in piane di arenaria perciò, per poter assicurare tenuta all’acqua e stabilità, era necessaria un’approfondita conoscenza delle tecniche costruttive. Infatti le coperture dovevano sopportare ingenti carichi di vento e neve, ancor più gravosi all’epoca rispetto ad oggi. Internamente l’edificio è composto da 3 o 4 livelli identici in pianta. Il piano terra era utilizzato come ricovero per gli animali o eventualmente come deposito per gli attrezzi da lavoro. Solitamente presentava un’altezza modesta di circa 2.20 m e le finestre, se presenti, apportavano poca luce data la loro esigua dimensione (circa 40 x 40 cm). La pavimentazione di questo ambiente era lasciata grezza, composta da terra battuta alla quale veniva sovrapposto uno strato di paglia, oppure in alcuni casi poteva essere rivestita in piane di pietra. Gli orizzontamenti erano realizzati in legno, e usualmente erano composti da una trave principale (trave di rinforzo) inserita tra pareti opposte, alla quale era appoggiata ortogonalmente l’orditura secondaria in travetti lignei. Inchiodate ai travetti vi era poi l’assito che costituiva la base di appoggio per piane di pietra legate tra loro da piccole quantità di malta. Il piano terra non era collegato al sovrastante, per accedere al quale si utilizzava una scala a pioli retraibile. Il primo piano era il centro della casa e per questo presentava un’altezza interna maggiore con 22

figura 11 – Profilo della torre dei Pisterlana

figura 12 – Vista interna di una copertura tipica


finestre di dimensioni più ampie rispetto a quelle del piano terra. A testimoniare l’importanza di questo livello la presenza del focolare che rendeva l’ambiente il luogo di ritrovo della famiglia: qui si cucinava, ci si riscaldava, si mangiava e si passava il tempo quando non si era all’aperto. Salendo ripide scale a pioli in legno, attraverso botole ricavate nei solai, si accedeva al terzo piano, che generalmente era adibito a stanza da letto e solitamente presentava due finestre. Qui riposavano tutti i membri della famiglia su letti di fortuna, fatti di paglia posata sul pavimento o su supporti lignei. Questo locale sfruttava il calore di risalita proveniente dal piano inferiore e perciò era sprovvisto di una fonte di fuoco propria. Tuttavia, per riscaldarsi durante i rigidi inverni, si utilizzava un particolare oggetto detto il “prete”: una struttura in legno che conteneva un recipiente metallico per braci. Il “prete” veniva posto direttamente sotto le coperte e provvedeva così a riscaldare ulteriormente la zona notte. L’ultimo livello della torre poteva essere completamente separato dal piano sottostante, e quindi raggiungibile via botola attraverso una scala, oppure poteva essere sviluppato su di un soppalco. Questo ambiente, ossia il sottotetto, serviva principalmente come magazzino dove conservare granaglie o castagne, ma non è da escludere che in casi di famiglie particolarmente numerose fosse adibito a seconda stanza da letto. Inoltre il sottotetto poteva essere sfruttato come colombaia. figura 13 – rappresentazione di un’ apertura tipica con stipiti in pietra e architrave ligneo

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Internamente la casa era intonacata per favorire l’isolamento termico, e gli elementi di mobilio erano pochi ed essenziali: qualche cassone di legno che potesse contenere farina e provviste, un tavolo con poche sedie, letti molto poveri e qualche utensile per la cucina. Come di norma, per le vecchie abitazioni rurali, la casa era sprovvista di servizi igienici e l’acqua veniva raccolta all’esterno grazie a ruscelli, fontane e in qualche caso anche di pozzi. Dopo aver osservato e analizzato attentamente gli elementi architettonici caratterizzanti la tipologia casatorre, si è cercato di risalire all’origine di queste costruzioni e alle ragioni che hanno determinato il loro sviluppo, delineando in parallelo un profilo degli artefici che hanno voluto erigere questi edifici. Una delle cause, per cui a partire dal XV secolo in tutta la Val Ceno vennero costruite le torri, è stata la necessità da parte degli abitanti delle montagne di proteggere le proprie famiglie. La funzione difensiva giustifica infatti diverse scelte costruttive. In primo luogo, l’altezza notevole della struttura consentiva di sviluppare verso l’alto le funzioni della casa. Così, utilizzando il piano terra come ambiente dedicato alle bestie o più in generale al lavoro, la casa vera e propria si poteva posizionare al primo piano. La famiglia di notte poteva così sentirsi più sicura ritraendo la scala di legno all’interno e chiudendo la porta. Un accorgimento utile anche nel caso in cui bande di briganti o malintenzionati avessero minacciato la zona. Altro elemento funzionale alla difesa era la presenza di finestre di modeste dimensioni, simili alle feritoie dei castelli. In caso di attacco, la famiglia poteva difendersi dall’interno gettando oggetti o utilizzando archi e balestre. Ulteriore vantaggio era poi costituito dal sottotetto, con funzione di magazzino, che poteva rivelarsi una risorsa fondamentale in caso di assedio. Parallelamente all’esigenza di protezione delle famiglie, le case-torre furono anche pensate e progettate come edifici funzionali alle esigenze lavorative dei contadini, così da unire l’aspetto difensivo a quello agricolo. In particolare era diffusa la tendenza ad utilizzare il sottotetto come colombaia, tanto che nella tradizione popolare si usa definire le case-torre anche “colombaie” o “case colombaie” (come testimonia la scrittura trovata all’interno del registro del cessato catasto). Come anticipato, la sommità esterna di queste architetture è caratterizzata da una linea marcapiano in pietra. La duplice funzione della mensola è quella di favorire l’approdo di piccoli volatili, principalmente colombi e piccioni che attraverso le aperture si rifugiavano all’interno, ed impedire a piccoli predatori di raggiungerli. Si sviluppa così l’allevamento di questi animali, molto ambiti sia come fonte diretta di alimentazione, specialmente in un’epoca dove la presenza di carne nella dieta contadina era molto rara, sia come risorsa utile per la coltivazione. Infatti il guano dei volatili veniva raccolto e sparso sia sui campi che sugli orti come fertilizzante. Per poter cogliere la terza ragion d’essere delle case-torri è necessario analizzare non più i singoli edifici nella loro unicità ma il loro rapporto reciproco e con il territorio del comune di Varsi. Attraverso un’osservazione su larga scala degli edifici, rapportati alla morfologia del paesaggio, alla storia del territorio e alle antiche vie di comunicazione, si delinea un’articolata rete difensiva costituita da un insieme di elementi finalizzati al controllo del territorio, alla sicurezza e alla sopravvivenza della popolazione. Tale organizzazione comprendeva: castelli a dominio del Ceno e delle strade di percorrenza principali, fortificazioni dislocate su cime ad ampia visibilità, 24

figura 15 – La casa-torre scomparsa in paese, viene indicata come “La Colombara” all’ interno del registro del Cessato Catasto

figura 14 – Entrata del Castello di Golaso, sorpontata da un piccolo corpo a torre


figura 16 – Schema illustrativo che mostra come i corpi a torre si sviluppino maggiormente in altezza

figura 18 – spaccato assonometrico che mostra la distribuzione interna degli ambienti

figura 17 – Schema illustrativo che mostra gli elementi caratteristici esterni della tipologia

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figura 19 – schema che mostra le due tipologie di copertura riscontrate nel territorio


case-torri erette in collegamento visivo tra di loro e con le rocche, case a corte cinte da muratura, mulini ad acqua sul Ceno e sui torrenti minori. Si profila così un’ipotesi che giustificherebbe la nascita di questa tipologia di architettura rurale, all’interno del territorio di Varsi. Infatti dopo aver osservato ogni singola casatorre conservatosi fino ad oggi, si evidenzia come ognuno di questi edifici sia costruito in posizione dominante sul paesaggio circostante, beneficiando quindi di una visuale privilegiata nei confronti di strade, rilievi, corsi d’acqua e centri abitati. Approfondendo questo aspetto emerge un dato importante, ossia che le case a torre presenti nel territorio Varsigiano sono posizionate in modo da guardarsi reciprocamente, oppure godono di una visuale privilegiata nei confronti di castelli e strutture difensive dei quali ad oggi rimangono solo ruderi. Come conseguenza di tali osservazioni, sembra errato pensare che queste case siano state costruite solo per soddisfare necessità difensive da parte di famiglie contadine, oppure che siano sorte solo come “colombaie”. In altri casi, nei territori limitrofi, è stato dimostrato che alcune famiglie contadine arricchitesi nel corso del ‘500 abbiano deciso di erigere o implementare all’interno dei propri possedimenti strutture turrite, come simbolo di status sociale. E’risaputo che questa usanza era diffusa nelle città italiane di epoca comunale, tanto da coniare il termine “campanilismo”, derivato alla tendenza dei comuni famiglie locali a costruire torri sempre più alte, come emblema di potere, ricchezza e rivalsa nei confronti delle fazioni rivali (si vedano gli esempi di Siena, Bologna e San Gimignano). Nel caso di Varsi non sembra la strada giusta da percorrere nella ricostruzione storica dell’origine delle case-torri. E’infatti difficile pensare che famiglie contadine, se pur arricchite, avessero fatto costruire edifici difensivi così simili tra di loro e tutti edificati in posizioni di rilievo paesaggistico. Segnando su di una cartografia le torri censite e evidenziando i collegamenti visivi principali, viene naturale supporre che dietro alla costruzione di tali edifici vi sia un disegno premeditato. Sembra logico

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dedurre che la committenza sia da ricercarsi in figure locali di rilievo politico-economico. Il crescente bisogno di difendersi da potenziali invasioni nemiche, avrebbe portato infatti alla costruzione di edifici militari secondari in posizioni strategiche. Tali vedette erano in grado di comunicare tra di loro e con le altre fortificazioni, segnalando pericoli e creando una rete di difesa minore, complementare alla rete principale di castelli già presente sul territorio. Le famiglie più influenti all’interno del comune potrebbero aver stabilito le posizioni fondamentali dove costruire e, una volta realizzati gli edifici, potrebbero aver affidato al mezzadro il podere con la suddetta casa come avveniva di consuetudine. Questa ipotesi spiegherebbe come edifici di tipo militare venissero poi in realtà gestiti, utilizzati e vissuti dalla famiglia contadina, che affiancava all’attività primaria della torre altre funzioni, come quella di difesa, di abitazione, di magazzino, di stalla e di colombaia. In conclusione del capitolo appare necessario sottolineare come questa ricostruzione, fondata sull’osservazione empirica, la ricerca e la conoscenza del territorio, sia minata dalla quasi totale assenza di documenti scritti e testimonianze dirette, tanto da lasciare spazio ad ulteriori interpretazioni. Oltre a tali difficoltà, i secoli hanno contribuito a cancellare tracce ulteriori di queste costruzioni. Ad oggi sono molte le case-torre andate perdute, cancellate dal tempo, dagli agenti atmosferici e dalla mancata cura di enti pubblici e privati. In molti casi, l’avvicendarsi di nuove costruzioni, che hanno in parte demolito e in parte inglobato le vecchie murature in pietra, ha mutato i caratteri originari di queste architetture secolari, rendendo più complesso il compito di catalogazione. figura 20 – Vista panoramica ripresa dalla casa-torre dei Busani

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figura 21 – La casa-torre degli Sgui

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5 Localizzazione / Censimento A seguito di una fase di ricerca comprendente l’osservazione diretta, l’indagine cartografico-documentale e la raccolta di testimonianze orali, sono stati censiti sedici edifici a torre. In questo numero rientrano casi di edifici scomparsi totalmente, la cui esistenza è documentata da fotografie e atti amministrativi, casi di costruzioni di difficile e dubbiosa interpretazione a causa delle successive modifiche, e casi in cui all’interno dello stesso nucleo vi sono le tracce di due elementi a torre. Il metodo più immediato per rappresentare da subito l’opera di censimento è stato quello di segnare in una cartografia le case a torre osservate, individuate e ipotizzate. Ha preso così forma una cartografia da cui a livello generale, osservando l’intero territorio comunale, è stato possibile tracciare una relazione tra le architetture, la conformazione paesaggistica dell’area e le costruzioni militari conosciute. I risultati di questo censimento, considerati da questo punto di vista, ci danno delle figura 22 – Vista di un tratto del Ceno presso Gerra Cella

risposte parziali su come la costruzione di questa tipologia edilizia potesse essere legata alle condizioni socioambientali dell’epoca in cui sorse. Dato significativo è l’assenza totale di torri sul versante sud del Monte Carameto. I territori di Villora, dei Tognoni, dei Franchini e Bazzinotta, per quanto emerso dalle indagini, 29


non erano sede di alcuna casa a torre anche se va specificato che nella zona limitrofa ai Tognoni, nella parte quindi più prossima a Varsi, vi sono i resti dell’antico Castello (o Castelliere) di Lacore. Il fatto che in questa vasta area non vi fosse una casa a torre può apparire strano, anche perché significava lasciarla “sguarnita” o totalmente indifesa e soprattutto significava privarsi di un avamposto nella direzione Nord che, scavalcando i rilievi del Caramento, porta direttamente al Piacentino. Si può dunque supporre che le mansioni difensive fossero svolte dal Castelliere di Lacore, anche se, per quanto documentato già in tempi antichi, esso facesse parte del territorio dei Landi, mentre la zona di Villora, quella che interessa il nostro lavoro, se pur confinante, era di proprietà del comune di Varsi. Fatte queste considerazioni, si può dire che gli esempi censiti con certezza, si trovano tutti sulla riva sud del fiume Ceno, e sembrano configurare una rete secondaria di edifici satelliti a servizio della rete primaria di fortificazioni di cui la Val Ceno, come le altre valli confinanti, era costellata. Vi sono ancora oggi i segni evidenti di questa tendenza a fortificare e a difendere i propri territori come testimoniano i castelli (alcuni di questi quasi scomparsi) di Varano, Corniglio, Vianino, Golaso, Varsi, Bardi, Compiano, Borgotaro, Berceto. Ai sopracitati si aggiungono molti esempi di castellieri e fortificazioni minori di cui in alcuni casi sono ancora visibili i resti: Roccalanzona, Serravalle, Solignano, Valmozzola, città d’Umbria, Specchio, Carpadasco, Rocca e Gravavo. Nell’epoca feudale risultò necessario in alcune zone dotarsi di piccoli edifici fortificati, riscontrabili in varie tipologie, di cui la più semplice e allo stesso tempo la più definita è la casa a torre. Uscendo infatti per un attimo al di fuori dal confine di Varsi, se ne individua un’ampia casistica: nel vicino comune di Varano , a Bore (Villa Marazzi, ), Solignano (località Filippi, Marena, Rubbiano) Bardi (ChiesaBianca, Brè ). A questi si affiancano gli edifici rurali scomparsi seppur documentati delle zone della Val Taro ( Bedonia, Borgotaro e Berceto) e della Val Parma ( Corniglio e Monchio). L’origine della casa a torre si può far risalire al XV-XVI secolo e, a seguito dell’analisi condotta nel presente studio si può dedurre come la sua diffusione sia legata a fattori e motivazioni differenti, variabili in relazione al territorio analizzato.

figura 23 – Roccalanzona

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figura 24 – Cartografia che censisce tutti i corpi a torre e i complessi fortificati nel territorio di Varsi e limitrofo

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5.1 | Colombara Collocata ai piedi del monte barigazzo, nei pressi della frazione di Tosca , la torre è situata nella piccola località Colombara, che prende il nome proprio dalla presenza dell’ edificio. Dato importanti è la collocazione in un punto di rilievo che permette una vista privilegiata verso il versante di Rocca, dove si osserva altro complesso a torre e dove storicamente sopra al groppo, vi era edificio fortificato o castello. La torre è massiccia, probabilmente la piu imponente di tutte, si sviluppa su 4 piani, ha copertura a quattro falde e non è legata ad atri edifici. Da sottolineare, le grosse pietre angolari ben squadrate e gli stipiti delle aperture, che confermano come nella zona di Tosca vi era una particolare bravura nella lavorazione dei materiali lapidei.

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5.2 | Rocca Nuova Presso la frazione di Rocca Nuova si ritrova una casistica simile a quella dei Ferrari e di Casagrande di Pessola;all’ interno dello stesso abitato vi sono infatti due casetorre, non è stato possibile capire se anticamente fossero due edifici separati ed indipendenti oppure se fossero uniti come a formare una sorta di palazzo fortificato. In ogni caso è possibile affermare che i due corpi torruti “guardano” due versanti opposti, sarebbe quindi logico pensare che fossero stati pensati insieme per avere un controllo visivo più ampio sul territorio circostante. Oggi purtroppo gli interventi subiti rendono meno evidenti le torri, soprattutto per quanto riguarda quella più ad ovest.

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5.3 | case giordani Sempre nei pressi di Pessola, percorrendo la strada che collega la frazione con Contile, si incontrano diversi piccoli villaggi, tra cui Case Giordani. Il nome dell’ abitato deriva dal cognome della famiglia storicamente più importante della zona di Pessola, i Giordani appunto. All’ interno del piccolo borgo, spicca ancora, una casatorre, posta ad angolo in una piccola corte. E’ evidente che l’ edificio abbia subito dei rifacimenti in epoca più recente, specialmente per quanto riguarda l’ altezza, e la copertura. La torre di Case Giordani, va sottolineato, è in comunicazione visiva con altre due case-torri: Sgui e Bruschi.

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5.4 | sgui Poco distante da Case Giordani, in direzione Contile, si trova la località Sgui. Anche in questo piccolo borgo emerge un corpo a torre che ha conservato bene le sue caratteristiche architettoniche. Inoltre, attualmente, i nuovi propietari, hanno intrapreso una campagna di ristrutturazione, che consentirà all’ edificio di conservarsi per molto tempo ancora. La conformazione di tale torre, assomiglia in modo quasi identico ad un altra, posta nello stesso versante Sud del Dosso, ossia una delle torri di Casa Grande di Pessola. In particolare, l’ altezza, le dimensioni e la struttura della copertura a due falde, rendono questi due edifici molto simili. Oltre alla torre, è giusto indicare, come anche gli Sgui, assieme a tanti altri piccoli borghi del territorio, sia ricco di piccole architetture storiche preziosissime, molte purtroppo ormai ridotte in condizioni pessime.

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5.5 | lubbia All’ interno dell’ abitato Lubbia, per la precisione, Lubbia di sopra, è stato catalogato un altro edificio a torre. Per la verità, bisogna specificare, che per quanto riguarda questo esempio, non si è convinti al 100% nell’ affermare che si tratti di un’ autentica casa-torre. Le modifiche, le aggiunte, il costruire altri edifici adiacenti, sono tutti elementi che rendono insicura l’ identificazione di tale edificio. Restano comunque altri element, come la mensola sottogronda, le piccole aperture sopra di essa, e l’ altezza maggiore rispetto agli altri edifici, che hanno convinto riguardo all’ appartenenza alla tipologia a torre di tale costruzione. Inoltre non và dimenticato, che da questo edificio si osserva direttamente il castello di Golaso, e che alcune persone del posto, indicano questo luogo come luogo in cui giace una casa-torre.

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5.6 | busani I Busani sono un nucleo posto nel versante Est del monte Dosso, al confine con i territori del vicino comune di Solignano. Anche ai Busani sono evidenti i segni dell’ abbandono e degli errori commessi in passato, visti i diversi ruderi di edifici presenti. Per fortuna, vi è rimasta conservata ottimamente l’ antica casa-torre che domina il paesaggio. Inoltre, l’ edificio è stato di recente ristrutturato, in modo molto appropriato dai propietari, quindi è in ottime condizioni.

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5.7 | fiassoni La casa-torre dei Fiassoni, sarà la protagonista della seconda parte della tesi, e li verrà trattata ampiamente .

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5.8 | pisterlana Pisterlana è una località molto vicina al centro di Varsi, situata a due passi dal fiume Ceno, quasi in posizone frontale rispetto alla località di Gerra Cella (Bardi). All’ interno del nucleo, che purtroppo presenta gravi segni di cedimenti e incuria, oltre alla bella casa-torre, vi è una bellissima corte chiusa, e poco distante, sul Rio Golotta, si possono ancora intravedere i resti di un antico mulino. Il complesso, ha indubbiamente una storia importante alle spalle, in passato è stato propietà di alcune delle famiglie più importanti della zona, e andando ancora più indietro nasce con ogni probabilità come proprietà ecclesiastica della Chiesa di Varsi. Purtroppo come già accennato, la torre , specialmente nel prospetto verso il fiume, mostra segni preoccupanti di cedimenti, il chè potrebbe comprometterne la conservazione.

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5.9 | bruschi

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Uno degli edifici di difficile interpretazione è situato in località Bruschi. Il piccolo nucleo è la frazione di Varsi più lontana dal paese stesso, collocato sul versante al di là del torrente Pessola, che una volta scavalcato, porta a Solignano e quindi alla Val Taro. figura 25 – L’ abitato dei Bruschi sulla mappa del cessato catasto ottocentesco

L’edificio in questione, se da un lato non si distingue cosi nettamente come le altre case a torre, dall’altro contiene elementi architettonici e legati al luogo che fanno avvalorare l’ipotesi che in origine lo fosse. Innanzitutto la base quadrata e le dimensioni dei lati perimetrali di circa 6 metri sono parametri in linea con gli altri casi studiati, altro dato evidente è l’altezza maggiore rispetto agli edifici adiacenti, i resti ancora evidenti di un marcapiano in pietra nell’ultimo piano i grossi blocchi angolari in pietra squadrati sono un altro indizio che accomuna questo edificio con il modello a torre. Altri segni che avvalorano l’ipotesi che in questa località vi potesse essere una casa a torre, sono da ricercarsi negli altri edifici che compongono questo nucleo. I Bruschi infatti sono un piccolo villaggio con una storia secolare alle spalle, testimoniata dalla raffigurazione nelle mappe del cessato catasto in cui l’abitato è già abbastanza esteso e contiene una chiesetta ed una corte ancora oggi presenti se pur in stato di abbandono o adattate ad un uso improprio. Ricapitolando, in questo piccolo villaggio sono tuttora presenti un’antica corte di origine probabilmente cinquecentesca, un piccolo oratorio di pregevole fattura anch’esso databile alla medesima epoca, e l’edificio che interessa da vicino questa tesi, ossia una possente struttura centrale a base quadrata che conserva elementi tipici della tipologia a torre. Inoltre se si aggiunge che dai Bruschi, se pur situati in una posizione apparentemente “incassata” si riesce a godere di una vista eccezionale del versante opposto al torrente Pessola, e quindi si riescono a distinguere ad occhio nudo altri abitati dove la presenza delle torri è certa, come gli Sgui, Case Giordani e soprattutto Casa Grande di Pessola, viene maggiormente da pensare che anche questa piccola frazione fosse un punto strategico importante dove costruire un edificio a torre, senza dimenticare che si trova in una zona di confine tra i territori attualmente del comune di Varsi e quello di Solignano, ma in passato era un valico importante per il passaggio dalla Val Ceno alla Val Taro, passando dalla Val Pessola, attraversando i territori degli Scotti di Varsi prima, e i Pallavicino poi. 41


figura 26 – La torre dei Bruschi

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5.10 | Casa Grande di Pessola

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L’attuale frazione di Pessola, centro abitato principale del versante a sud del monte Dosso, in passato non sorgeva nel luogo dove si trova attualmente. Fino alla prima metà dell’ottocento il centro abitato era posto più a valle, ed era composto da un nucleo principale con la vecchia Chiesa, nominato appunto Pessola, altri piccoli centri vicini erano poi dislocati lungo lo stesso versante: Vernazzi, Casa Grande, Marsaja, Corticella, Gazzolo, ecc. Nell’ottocento una terribile frana creò danni ingenti (come viene raccontato dai testi della chiesa in cui sacerdoti venivano in visita alla parrocchia) alla vecchia chiesa e all’abitato di Pessola che venne colpito principalmente rispetto agli altri piccoli nuclei. Cosi nella seconda metà dell’ottocento ci fu la necessità di ricostruire la nuova chiesa e diverse abitazioni, venne cosi scelto di “ricostruire” Pessola più a monte, ossia dove il piccolo paese si trova oggi. In uno dei piccoli centri a valle della frazione attuale di Pessola, Casa Grande di Pessola, si trovano diverse costruzioni in pietra antiche, ed in particolare vi sono due edifici che possono essere accostati alla tipologia a torre. Il primo di questi, si trova sulla strada attuale, ed è quello che ha subito maggiori cambiamenti, tanto che risulta difficile determinarne la sua origine; sono sopravvissuti però degli elementi architettonici che contribuiscono a pensare che questo edificio fosse una casa a torre autentica. L’altezza della struttura, maggiore rispetto all’altezza media degli altri edifici, e la presenza di un cordolo in pietra al di sotto della linea di gronda, sono segni evidenti che richiamano alla tipologia a torre/colombaia. ( inoltre il rifacimento della copertura, lascia supporre che l’edificio sia stato abbassato rispetto all’altezza originale. L’altro edificio, sul lato opposto dell’abitato ha conservato più chiaramente le caratteristiche di casa-torre. Nel prospetto rivolto verso valle la conformazione originale dell’edificio risulta più chiara, anche se finestre aggiunte recentemente tendono a mitigare la struttura originaria. Sul prospetto che guarda Pessola invece, la costruzione di edifici postumi di pari altezza, rischia di nascondere la presenza di questo antico edificio, che con ogni probabilità assieme al precedente, dava importanza a questo piccolo centro. Osservando meglio questo caso e mettendolo in relazione con il resto del lavoro, appare evidente la somiglianza con la casa a torre degli Sgui, posta a circa 4 km di distanza a monte di Pessola. La forma, le dimensioni, la copertura a due falde, e la posizione privilegiata sono tutti elementi analoghi, e fanno pensare che i due edifici siano stati costruiti negli stessi anni, o addirittura, che siano stati realizzati dalle stesse maestranze. L’altra caratteristica che codifica questo edificio, e lo mette in relazione di similitudine con il resto delle strutture osservate, è la posizione privilegiata dal punto di vista paesistico. Infatti sembra sensato pensare che questo edificio potesse servire anche da punto strategico di osservazione visto che gode di una vista panoramica a valle verso il torrente Pessola e il versante che risale da esso, e a monte verso il Monte Dosso. E’importante sottolineare inoltre che, se dalla torre di Case Giordani si vede la torre gli Sgui e viceversa, dagli Sgui e dai Giordani si vede la presunta torre dei Bruschi, e viceversa, dagli Sgui e dai Giordani non si riesce ad osservare Casa Grande e quindi l’area di Pessola, mentre, dai Bruschi, si vede Ca Grande e viceversa. Ecco che l’ipotesi che nell’abitato di Ca grande ci fosse una casa a torre, anzi, due edifici a torre, è avvalorata da tutta questa serie di dati, osservati e riscontrati attraverso l’osservazione diretta dell’architettura mettendola in relazione alla morfologia del territorio. Il complesso di Ca grande di Pessola rappresenta un caso particolare, in cui non vi sono particolari dubbi sull’attribuzione o meno del tipo architettonico a torre. E’abbastanza evidente come il 44


corpo edilizio in questione spicchi per altezza maggiore rispetto al corpo adiacente, e come presenti elementi tipici delle case a torre, come la mensolina marcapiano e le piccole feritoie nel sottogronda. Ca grande di Pessola semmai è uno di quei casi in cui la lunga storia di un edificio rischia di essere compromessa da interventi successivi alla sua nascita; in particolare se osserviamo il complesso da valle (foto) è evidente che la connotazione forte di torre angolare rimane anche oggi; mentre se osserviamo il prospetto che fa angolo con il precedente la connotazione cambia. Solo attraverso delle fotografie si capisce come sia stata infranta la gerarchia dei volumi, gli edifici verso monte infatti sono stati aggiunti e addossati al corpo a torre nel corso dei secoli senza preoccuparsi di mantenere se non altro un’altezza inferiore a quest’ultimo come doveva essere in origine. Inoltre osservando più attentamente le coperture si intuisce subito che la torre ha subito degli interventi imprecisi e superficiali oltre che un adeguamento alle aperture, pratica già più comune rilevata in molti altri casi. figura 27 – Uno dei due corpi a torre di Casagrande presso Pessola

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5.11 | I Ferrari

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Ai Ferrari, località posta nelle immediate vicinanze di Tosca, ai piedi del monte Barigazzo, vi è una ricca concentrazione di vecchie case in pietra, archi, portali di pregevole fattura, in parte conservate in parte ristrutturate, in parte manomesse e in parte purtroppo in fase di degrado e pericolo di crollo. All’interno di questo prezioso borgo antico, vi sono due piccoli torri gemelle, separate l’una dall’altra che rappresentano un caso particolare, e probabilmente non possono essere considerate a tutti gli effetti case a torre. Compiendo sopralluoghi, è risultato subito evidente che queste torri, hanno delle caratteristiche particolari e sembrano essere legate ad un complesso più vasto della quale oggi sembra difficile ricostruirne la storia. Le torri hanno stesse dimensioni, la prima è più bassa, anche se tale differenza è dovuta ad un rifacimente del tetto, che ne ha modificato l’altezza e la copertura realizzata in origine in lastre di pietra arenaria, ed oggi in coppi.Vi sono in effetti ipotesi che associano la località Ferrari al luogo in cui nel medioevo sorgeva il castello o castelliere della Tosca. Infatti in alcune carte storiche, Tosca è segnalata come centro dotato di castello, che però non risulta documentato da resti o disegni di epoche passate. Per questo motivo, vista la vicinanza tra Ferrari e Tosca, è stata formulata la tesi che vorrebbe i Ferrari come sito in cui anticamente sorgeva il presidio fortificato della Tosca; accostandosi a questa tesi si può ipotizzare che le due piccoli torri potessero far parte di questo complesso fortificato, giustificando cosi il motivo per cui hanno una superficie minore e presentano segni di continuità delle murature.

figura 28 – Il secondo dei corpi a torre dei Ferrari, con ogni probabilità conserva l’ altezza originaria

figura 29 – A sinistra l’ altro corpo a torre, quello abbassato. Dalla foto si notano segni di continuità nel setto murario in primo piano.

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5.12 | Torri scomparse

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Attraverso la consultazione dei pochi documenti reperibili che trattino dell’architettura del territorio di Varsi, e raccogliendo ricordi e nozioni da alcuni anziani della zona è stato possibile risalire a due casi di torri scomparse, che sicuramente sono da sommare ad altri edifici a torre scomparsi in un passato lontano ma della quale non è più rimasta alcuna testimoninza. nè un disegno nè una fotografia nè un ricordo… In particolare, durante una ricerca presso l’Archivio di Stato di Piacenza, è emerso un disegno del 1600 in cui è rappresentato il castello di Varsi, di propietà della famiglia Scotti; osservando attentamente questo disegno è interessante sottolineare che oltre al castello e pallazzo degli Scotti vengono rappresentati elementi secondari, quali strade canali e case immediatamente adiacenti al centro di potere della famiglia piacentina. Nel dettaglio, all’interno della rappresentazione delle “case de li Bassi” emerge chiaramente un edificio, più alto dotato di piccole aperture, specialmente piccole feritoie sottogronda, che sembra a tutti gli effetti una torre o casa – torre. Si è cercato di indagare sul luogo per trovare la permanenza di qualche segno, qualche traccia muraria ma purtroppo anche a causa della mancanza di risorse non è stato possibile rintracciare alcun segno di questa torre.

figura 30 – In questo disegno seicentesco consultato presso l’Archivio di Stato di Piacenza, è stato osservato come nel piccolo nucleo dei Bassi, venga rappresentato un corpo a torre di cui oggi non sembrano esserci tracce

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L’altra casa-torre scomparsa, si trovava proprio al centro del paese di Varsi. Più precisamente l’edificio sorgeva su di una zona piana denominata “breda”, e a giudicare dalla posizione sembra quasi che rappresentasse un’avamposto del castello di Varsi, dominando la strada che entrava in paese all’epoca come allora. Giudicando le poche e sbiadite fotografie in possesso, la torre ha struttura simile alle altre aventi una copertura a quattro falde, anche se sembra più massiccia. Si osserva inoltre che tale edificio rappresenta un caso unico, in quanto a differenza delle altre architetture a torre dislocate nel territorio comunale, esso non gode di una vista particolarmente privilegiata, non è in comunicazione visiva con altre torri, ma sembra proprio rappresentare un primo elemento difensivo- fortificato a chi stava entrando in paese, o forse potrebbe essere nato come luogo comune di riparo per la comunità che abitava il centro principale di Varsi (allora avente un’espansione di gran lunga minore) in caso di pericolo. L’unico dato certo pervenuto, è la descrizione all’interno del registro del cessato catasto del 1820 in cui il lotto in cui è situata la torre in questione è denominato come “La Colombara”, elemento che conferma come questa tipologia edilizia venne usata nel corso della storia anche come luogo struttura per l’allevamento di volatili.

figura 31 – Foto d’ epoca (anni ‘30 circa) , testimonia la presenza di una casa-torre nel centro del paese di Varsi, situata di fronte ai “Frer”

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6 | LA CASA-TORRE DEI FIASSONI La seconda parte del lavoro di tesi, consiste nella realizzazione di un progetto di restauro e riuso di un edificio a torre situato all’interno del comune di Varsi. La scelta dell’edificio su cui sviluppare il lavoro di progettazione, è ricaduta sulla casa-torre in località Fiassoni. E’stato scelto questo complesso per diversi motivi: la buona conservazione del corpo a torre, e la forte caratterizzazione che dona al luogo in cui sorge, il facile accesso, e la disponibilità degli attuali proprietari, che ha permesso la realizzazione di una fase di rilievo approfondita e precisa. Il villaggio dei Fiassoni si raggiunge da Varsi percorrendo la strada provinciale SP28 in direzione Fornovo, svoltando a sinistra dopo circa 1.5 km dal paese, si imbocca una piccola stradina asfaltata che scende di quota e si raggiunge un gruppo di case dominate da una torre. Il nucleo è posto in posizione altimetrica inferiore rispetto al livello della strada principale, e dello stesso paese di Varsi, la sua ubicazione non è casuale, ma risponde ad una scelta che presenta scopi affini a quella delle altre costruzioni a torre. Infatti se pur posto a 353 m/slm, il villaggio risulta collocato in una posizione abbastanza elevata da permettere una buona panoramica sul paesaggio circostante. In particolare, dai Fiassoni si gode di una panoramica vantaggiosa sul fiume Ceno, che consente di controllare il tratto in cui il torrente forma un’ampia ansa fuori dal campo visivo di Varsi, e del castello di Golaso. Inoltre legato al nucleo dei Fiassoni, ma collocato in posizione isolata, in prossimità del fiume Ceno, vi è il mulino, detto appunto Mulino dei Fiassoni, che probabilmente fu costruito nel XVII secolo, a servizio del complesso rurale in questione. La posizione privilegiata per l’osservazione del territorio, la vicinanza con il paese di Varsi e quindi con il castello, il contatto visivo diretto con un altro importante castello, quello di Golaso, la prossimità del fiume Ceno, e altre tre case a torre della zona, Pisterlana, Busani, Lubbia e la presenza di un mulino a servizio dell’abitato, sono tutti elementi che possono dare già un’indicazione sull’importanza che ebbe in passato questo piccolo nucleo rurale, e motivano al suo interno la presenza di una torre. Il villaggio inoltre si colloca proprio di fronte al versante Sud del monte Carameto, dove sono collocati gli abitati principali di Villora, Tognoni, e Franchini, zona che, come è stato detto nella prima parte della lavoro, risulta sprovvista di costruzioni o avamposti di origini militari. Facendo una riflessione paesaggistica e storica, viene da pensare che quella porzione di territorio del comune di Varsi, fosse indifesa ma osservata e controllata dai presidi del versante opposto: casa-torre in località Pisterlana, castello di Varsi, castello di Golaso e appunto casa-torre dei Fiassoni. 51


figura 32 – L’ abitato dei Fiassoni ripreso da Est

Attualmente il nucleo dei Fiassoni è sicuramente più esteso rispetto alle origini, per questo una gran parte dell’indagine è stata rivolta alla comprensione del luogo dove giace la torre, per capirne per quanto possibile la sua evoluzione durante i secoli e allo stesso tempo, facilitare la comprensione del singolo elemento architettonico. La località occupata da un gruppo di case circondato dai campi, nei catasti farnesiani è citata come Fazzone, ed è certamente la stessa località riportata come Flacianolo in un atto di donazione redatto a Varsi nel 736. La sostituzione in epoca medieoevale del suffisso –ano con –one è la stessa che troviamo anche in Vetrioni, altra piccola località all’interno del territorio varsigiano. Una forma intermedia flazonum, in cui in nesso fla- non è ancora passato a –fia, è presente alla fine del XIII secolo nel carte del notaio E. Croso, mentre nel cessato catasto ottocentesco la località è indicata con il nome di Fiazzoni. Purtroppo sono rarissimi i documenti specifici che trattano di questi piccoli villaggi rurali storici. Rimangono oltre ai pochi dati raccolti, preziose informazioni orali, tramandate dagli abitanti locali nel corso dei secoli, che incrementano l’ipotesi dell’origine quattrocentesca della torre. Ad avvalorare tale ipotesi di datazione vi è un documento relativo alla famiglia Macagnini, gli antichi proprietari della torre oltre che di altri edifici ad essa connessi, che sembra 52


testimoniarne la presenza in questa località fin dal 1417. La base più attendibile da cui partire per capire l’origine e poi lo sviluppo architettonico del nucleo rurale in questione, è stata la cartografia del cessato catasto italiano del 1828. Tale patrimonio cartografico, consultato presso l’Archivio di stato di Parma, e la biblioteca comunale di Varsi, si è rivelato un mezzo importantissimo durante tutta la fase di ricerca, sia preliminare estesa a tutto il territorio comunale, sia nel particolare, per il caso dei Fiassoni. In questa mappa viene rappresentato in modo chiaro il nucleo dell’epoca che attraverso diverse osservazioni tramite sopralluoghi e sovrapposizioni planimetriche, si è riuscito a ricondurre agli elementi che ancora ad oggi si sono conservati totalmente o in parte. Bisogna ipotizzare che dall’incerta origine dell’abitato, 1400 circa, alla prima documentazione certa su di esso, 1820, attraverso quattro secoli di storia, il nucleo abbia subito numerose modifiche, rifacimenti, giustapposizioni, demolizioni e ampliamenti .Osservando più nel dettaglio la cartografia storica si riesce ad identificare quella che doveva essere la struttura primordiale del nucleo, (immagine della cartografia) ; Il villaggio era composto da due volumi entrambi di forma approssimata ad L che si raccolgono formando una corte chiusa, che è ulteriormente delimitata e protettada una cinta muraria perimetrale. Da questa lettura risulta evidente la connotazione storica del luogo. Un’antica corte agricola “fortificata”, posta in posizione strategica, protetta da una cinta muraria e da una torre posta in angolo. Grazie alle indicazioni di abitanti che fino alla prima metà del ‘900 li videro ancora integri, si sono osservati direttamente durante i rilievi, i segni della presenza di due portali, presumibilmente ad arco, che rappresentavano gli ingressi alla corte chiusa. Il primo di questi, posto verso monte, si attaccava al muro perimetrale dell’edificio a torre, l’altro che doveva essere affine era posto nel versante sud/ovest, ed anche in questo caso si riconoscono dei resti tra le murature dirute. Ad oggi purtroppo, le caratteristiche architettoniche di questo luogo sono state largamente oscurate dai continui rifacimenti, ampliamenti e demolizioni. Ad eccezione della

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figura 33 – Il nucleo rurale nella mappa ottocentesca del cessato catasto, si evidenzia la struttura a corte chiusa


torre e l’edificio ad essa adiacente, sono pochissimi gli elementi originali che si sono conservati, facendo perdere la percezione di corte chiusa cinta da mura che caratterizzava questo antico centro rurale. La volumetria sulla quale si sviluppa il progetto, comprende la torre, e l’edificio adiacente con la quale essa è collegata. Rispetto alla costruzione originaria, tale edificio si è conservato solo per metà, l’altra parte, ridotta in condizioni pericolanti è stata demolita nella prima metà del secolo scorso. L’edificio che probabilmente rappresentava una sorta di “palazzotto” legato alla torre, era collegato ad un altro volume che vi si attaccava perpendicolarmente formando la forma ad L che si osserva nella planimetria del cessato catasto; Anche questa architettura è praticamente scomparsa, ma, sono rimaste delle aperture di un loggiato, inglobate dagli edifici costruiti successivamente, probabilmente attribuibili al nucleo originale. Nella prima fase di studio, sembrava scontato presupporre che la torre fosse stata progettata singolarmente, costituendo l’elemento primigenio del nucleo, alla quale successivamente furono aggiunti i volumi adiacenti. Procedendo con la fase di rilievo, potendo osservare dall’interno l’edificio è stato possibile notare che il piano seminterrato della torre è collegato internamente al piano seminterrato dell’edificio adiacente, attraverso una grossa apertura ad arco. Sulla base di questa conoscenza è stato opportuno rivalutare la tesi precedente, delineando un percorso diverso. La torre, è stata con ogni probabilità l’edificio attorno alla quale si è sviluppato il nucleo, ma da subito venne progettata unitamente ad altri volumi ad essa collegati, sin dai piani seminterrati.

figura 34 – Copia autenticata di un antico documento che testimonierebbe la presenza della famiglia maccagnini sin dalle origini del XV secolo

figura 35 – Foto di rilievo, l’ interno del piano seminterrato della torre, sullo sfondo si vede osserva il grosso arco che collega agli ambienti retrostanti

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Questa lettura conferma l’importanza di questo complesso, che sembra essere stato pensato come un piccolo centro di potere rurale, pensato e voluto da parte di una famiglia benestante e di una certa importanza locale, capace di svolgere anche la funzione di controllo del territorio, attraverso la torre. Il volume della torre e l’edificio annesso, costituiscono insieme il complesso abitativo sulla quale viene elaborato il progetto. Considerando l’unione di queste due parti in un’unica entità, si delinea la conformazione dell’architettura. figura 36 – Il prospetto Sud della casa-torre

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L’edificio si sviluppa su 3 livelli aventi la medesima suddivisione spaziale interna, fatta eccezione per il corpo a torre che si sviluppa ulteriormente in altezza. Il primo livello consiste in un piano seminterrato, a cui si accede dal lato fuori terra, attraverso due ingressi, il primo accede alla torre e il secondo serve l’edificio adiacente. Questo piano era adibito alle funzioni agricole, gli ambienti più ampi, erano predisposti al ricovero degli animali, mentre quelli retrostanti, essendo molto bui e non arieggiati servivano come cantina e magazzino per gli attrezzi da lavoro. E’interessante sottolineare che internamente i quattro locali sono separati ma collegati da aperture, consentendo un percorso interno agevole. Particolare degno di nota è l’ampia apertura ad arco che collega il seminterrato della torre con il locale cantina immediatamente retrostante, che a sua volta comunica con lo spazio attiguo attraverso un’apertura ad arco di dimensioni minori. Il piano seminterrato è isolato dai piani superiori, non ci sono tracce di un collegamento interno diretto che introduca al primo piano, alla quale si accede attraverso una scala in pietra esterna posta sul fronte Sud, che non rappresenta l’ingresso originale. Tale osservazione, è legata all’originale conformazione a corte chiusa che caratterizzava questo luogo. Pensare e progettare un complesso delimitato da mura e protetto da una torre, per poi predisporre un ingresso alle abitazioni dall’esterno sarebbe antilogico. Con ogni probabilità viene da pensare che l ‘ingresso alla costruzione contenente la torre, fosse posto verso valle. Il primo piano si sviluppa in modo speculare a quello appena descritto, ossia suddiviso in quattro ambienti separati ma comunicanti. La conformazione attuale in cui si presenta l’edificio prevede che dall’ingresso si entri in un piccolo ambiente contenente un camino che svolgeva la funzione di cucina. Da questo punto, a destra, si può accedere al locale principale dell’edificio, il primo piano della torre. Questa stanza, colpisce subito per la considerevole altezza del soffitto, ingentilito dalla presenza di una volta a padiglione realizzata in pietra. Questo locale doveva essere il punto focale del complesso, l’ambiente dove si riuniva la famiglia dove si svolgevano i pasti e si trascorreva il tempo assieme. Frontalmente all’ingresso, vi è un muro interno di recente costruzione che segna una separazione con l’ambiente immediatamente successivo. Uno spazio abbastanza stretto, e lungo che immette attraverso due porte sulla destra ad uno stanzone, e che contiene sul fondo il corpo scale. Il grande ambiente, doveva essere un tempo separato centralmente. Le due porte e le due finestre speculari, evidenziano come in passato vi fossero due stanze, probabilmente da letto. Il corpo scale, si sviluppa ad L, ed è stato realizzato in pietra e malta, sicuramente in epoca più recente. Salendo le scale composte da 12 alzate, si arriva nell’ultimo piano costituito dal sottotetto. La prima cosa che si nota, osservando il muro perimetrale che delimita l edificio verso nord, sono i segni di due aperture tamponate,

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figura 37 – Vista panoramica dalla torre, si osservano il tratto del ceno, il mulino e il castello di Golaso


una finestrella ed una porta. La presenza di tali aperture segnala come questo ambiente comunicasse con un’altra costruzione, dato che avvalora quanto detto in precedenza, ossia che l’edificio connesso alla torre, si sviluppava su di una superficie doppia, la cui metà verso valle, in seguito a crolli è stata demolita in un passato non troppo lontano. Il piano sottotetto è suddiviso dal setto murario che sostiene il colmo della copertura in legno, e mantiene la suddivisione degli spazi interni come nei piani sottostanti. Arrivando dalle scale, la parte a sinistra, più ampia, gode di un altezza maggiore mentre la parte a destra, più stretta, è praticamente inabitabile, visto il ripido andamento della falda che passa da un’altezza superiore ai 2 mt a livello pavimento, in soli 2,35 mt. Funzionalmente la parte bassa del sottotetto doveva servire come magazzino, magari dove far essiccare castagne in estate sfruttando il calore proveniente dal tetto. Lo spazio più ampio, vista l’altezza maggiore, poteva essere sfruttato come camera da letto aggiuntiva o ripostiglio, ed attraversandolo conduce all’ultimo livello della torre, che ha il piano di calpestio più elevato di circa 70 cm. L’ultimo piano della torre, è composto da un’unica stanza quadrata dotata di due aperture, una che guarda il fronte verso monte, e l’altra che punta ed inquadra proprio il castello di Golaso, posto a circa 1 km di distanza in direzione ovest. Lo spazio, molto alto, è interrotto per metà dalla presenza di un soppalco ligneo, accessibile tramite una scaletta a pioli. Si può presupporre che questa struttura, sfruttando l’altezza, servisse come punto di osservazione/ vedetta e colombaia, utilizzando le 16 piccole aperture distribuite lungo tutto il perimetro. La copertura della torre è del tipo a quattro falde, ha una struttura portante in legno composta da un una capriata dal cui vertice alto dipartono quattro travi oblique, che congiungono i quattro vertici alla base, più due travi ortogonali ad essa. Un rivestimento in tavolato ligneo lega la struttura di travi, e fa da piano d’appoggio al rivestimento in piane di arenaria che completa la composizione della copertura. Un dettaglio interessante, è la pietra di forma riconducibile ad un ovale, posta sulla cima del tetto, dove si incontrano le falde. Tale elemento, definito pietra stabilizzante, svolge un’importante funzione statico/strutturale, e rappresenta anche un segno caratteristico di tali costruzioni. Grazie alla prolungata fase di indagine e rilievo sul posto, è stato possibile capire e conoscere in modo approfondito la conformazione dell’architettura esistente, sulla quale sviluppare il lavoro di progettazione. Inoltre attraverso questa fase di lavoro, sono emersi spunti interessanti, sulla quale si è potuto impostare le linee di partenza per il progetto architettonico di restauro e riuso. Uno dei punti principali è legato all’ingresso principale. Il prospetto ovest, attualmente risulta interrotto circa a metà dalla presenza di un fabbricato postumo (primi del ‘900 a giudicare dalla muratura in pietra locale), giustapposto perpendicolarmente all’architettura esistente. Osservando attentamente sia l’esterno che l’interno, è stato confermato che tale prospetto in origine fosse aperto verso la corte. Sono stati trovati infatti, i segni ben distinguibili di quattro aperture ad arco, due ancora oggi visibili dall’esterno, e due dall’interno. La scoperta di questi elementi consente di sviluppare importanti valutazioni sulla struttura e la distribuzione dell’architettura in questione. La successione di aperture ad arco, configura una sorta di loggiato, che rappresentava un corridoio collegato probabilmente all’ingresso principale, posto sul lato opposto rispetto alla torre. E possibile inoltre, visto l’esposizione sud-ovest della parete, che tale ambiente fosse stato pensato 57


come zona di filtro tra esterno ed interno, consentendo in inverno di smorzare il freddo immagazzinando il calore del sole, e in estate di arieggiare la parte più esposta. Tale struttura fungeva inoltre da polo distributivo: era rivolta verso la corte chiusa, ed una volta all’interno si poteva accedere alla sala/cucina della torre, e alle due camere, oppure si poteva salire le scale interne che portavano al sottotetto. La ricostruzione dei collegamenti interni e della fonte di riscaldamento primaria (camino) invece risultano più complesse e di difficile risoluzione. All’interno dell’edificio attualmente sono stati rilevati due camini: uno posto nella prima stanza che si incontra entrando, ossia dove in origine si sviluppava il loggiato; è evidente che questo camino sia stato costruito in epoca più recente, probabilmente nei primi anni del 900 visto che sorge esattamente in corrispondenza di un apertura ad arco tamponata. L’altro camino è posto nella prima delle due stanze dello stesso piano d’ingresso, nell’angolo rivolto verso la torre. Anche in questo caso, è certo che non si tratti di un camino originale, in primis perché la costruzione di camini ad angolo non rappresenta una tipologia tradizionale della zona, e poi perché viene difficile pensare che il camino, ossia l’unica fonte di calore della casa, e della famiglia, ed inoltre indispensabile fonte di fuoco per uso alimentare, fosse stato costruito nelle camere appunto, e non nella stanza comune, che fungeva sia da sala da pranzo sia da cucina. L’ipotesi che per il fuoco, prima della costruzione dei due camini, si utilizzassero semplicemente dei sostegni in ferro (alari) per fare brace e non ci fosse quindi una vera e propria canna fumaria se pur primordiale, sembra difficile, data l’assenza sia internamente che all’esterno di segni evidenti di fuliggine. Rimane il dubbio, che anticamente vi fosse un camino più rudimentale, probabilmente inserito in qualche modo nelle pareti della torre, e che fu tamponato a regola d’arte, tanto da non lasciare segni evidenti della sua presenza, o che vi fosse una sorta di cappa lignea che incanalasse il fumo all’esterno attraverso un’apertura. L’altra problematica è relativa ai collegamenti interni verticali. Le scale, infatti posizionate come lo sono ora, non sembrano molto funzionali al raggiungimento dell’ultimo piano della torre che è collocato sul lato. Probabilmente, in origine la torre conteneva al suo interno un passaggio tradizionale, costituito da scala a pioli e botola ritagliata nel solaio ligneo; questa tipologia di collegamento verticale, presuppone quindi che la volta a padiglione che sormonta il primo piano della torre sia stata innestata successivamente, probabilmente nel XVIII secolo. Secondo questa configurazione, quindi, l’andamento dei collegamenti verticali seguiva tale ordine: piano seminterrato isolato internamente e accessibile solo dall’esterno, scala esterna in pietra per raggiungere il loggiato, e da qui accesso al primo piano della casa; scala a pioli in legno che dal primo piano della torre portava al piano superiore, e da qui attraverso una porta si entrava nel sottotetto dell’edificio, mentre grazie ad un'altra scala pioli si saliva al soppalco ligneo, ossia al sottotetto o colombaia. La comprensione delle strutture di copertura si è rivelato un punto critico nella lettura della configurazione originaria del complesso. La copertura dell’edificio adiacente alla torre, infatti, visto i continui rifacimenti e demolizioni che ha subito, risulta attualmente alterata rispetto all’origine. In principio la conformazione delle falde era costruita in modo tale che nell’asse centrale dell’edificio queste si alzassero creando un’altezza interna maggiore, nel punto in cui oggi c’è lo sbarco delle scale. In conclusione, se da un lato viene difficile pensare che non vi fosse un collegamento interno verticale più comodo, dall’altro sembra logico osservare come la falda 58


del tetto si alzasse proprio in corrispondenza dell’arrivo delle scale. Tale aspetto rimane dunque un punto oscuro nella ricostruzione del complesso. La questione legata alla copertura ha interessato gran parte della ricerca sulla tipologia edilizia, partendo dal caso specifico dei Fiassoni ed estendendolo in generale al resto delle architetture rilevate e catalogate; Questo modo di realizzare vasti tetti, che nel mezzo si alzano creando una “punta” si è riscontrato in un altro nucleo con casa a torre, molto vicino ai Fiassoni, ossia i Pisterlana. Anche qui, se pur con dimensioni molto più ampie, l’edificio, o palazzo, adiacente alla casa a torre, ha questa peculiarità. Anche in questo caso, le alterazioni subite dall’architettura, specialmente nell’ultimo secolo, e l’impossibilità di accedere all’interno di essa, unitamente all’assenza di disegni d’epoca, rendono impossibile una ricostruzione certa. In generale la mancanza di documenti storici, disegni o fotografie d’epoca, lascia diversi dubbi sulla comprensione delle strutture autentiche, che malgrado tali difficoltà, almeno nel caso dei Fiassoni, ha riportato in luce diversi elementi determinanti su cui fondare la fase di progettazione che conclude il lavoro di tesi.

figura 38 – Il complesso dei Pisterlana visto dal Ceno, la foto evidenzia la particolare conformazione a punta del palazzo adiacente alla torre

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6.1 DESCRIZIONE TECNOLOGICA DEGLI ELEMENTI COSTRUTTIVI Per poter portare avanti un lavoro coerente di conservazione, l’edificio e le sue parti vanno rilevate, disegnate e capite a fondo, sia dal punto di vista estetico-formale, sia da quello funzionale e ovviamente tecnologico, ossia come si comportano le strutture, quali sono i materiali e gli elementi che nel dettaglio la compongono. L’organizzazione della struttura portante verticale è molto semplice: partendo dal volume della torre, i due setti paralleli di dimensioni minori, vengono “allungati” fino a segnare il limite dell’edificio che vi si sviluppa accanto. A questi ne viene aggiunto un terzo che corre parallelo lasciando una luce di circa 2,5 metri. I tre setti compongono quindi la base della struttura, e configurano già la distribuzione interna dei locali, infatti nella luce tra i due setti principali avremo i locali principali ( stalla e porcilaia, sala e stanze da letto, magazzino e colombaia), mentre nello spazio tra il terzo setto murario giaceva la parte distributivo funzionale dell’edificio (scale, ingresso, loggiato). I tre setti principali, vengono chiusi agli estremi da due setti ortogonali che in corrispondenza del perimetro della torre mantengono la separazione degli ambienti. Le murature sono realizzate tutte in pietra locale, di dimensione variabile a seconda del punto preciso, avrà dimensioni più elevate e maggiore precisione nella lavorazione agli angoli, mentre sarà più piccola e avrà una forma molto più approssimativa nell’interno. Le pietre sono legate tra di loro con l’aiuto di malta, una malta molto povera e grezza che veniva realizzata localmente. In origine murature interne vere e proprie erano assenti, ad eccezione per le camere, ricavate all’interno del grosso stanzone al primo piano, che con ogni probabilità era suddiviso internamente da una parete divisoria leggera, realizzata in legno o in paglia e legno. Le partizioni orizzontali sono realizzate in legno ad eccezione del primo piano della torre che ha un solaio costituito da una volta a padiglione costruita su base ellittica. Il piano seminterrato ha una luce di 2,10 m al netto della struttura del solaio, che è costituito da una travatura di listelli di castagno delle dimensioni di 15 x 15 cm, il legno non è particolarmente lavorato, non ha sezione precisamente quadrata ed anche in lunghezza può risultare irregolare. Non sono stati trovati segni di dormienti inseriti all’interno dei muri, l’orditura di travetti viene inserita direttamente nella muratura in pietra per una profondità media di 20/25 cm. Dove la struttura lo necessita, vengono aggiunte delle travi di rinforzo in senso perpendicolare ai travetti, di sezione doppia rispetto ad essi, 30 x 30 cm circa; se ne sono rilevate, una nell’ambiente seminterrato della torre, tre nella stalla, tre nello stanzone delle camere e una nel solaio a soppalco nell’ultimo piano della torre. Il primo piano della torre come già detto ha un solaio d’eccezione realizzato da pietra e malta, e raggiunge una luce di 3,10 mt nel punto di maggiore altezza, a cospetto di una soletta che nel punto meno spesso misura circa 40 cm. Il resto del primo piano ha solai in legno speculari al piano interrato ma più alti, 2,80 mt circa. Salendo al piano soprastante si giunge nel sottotetto, la cui struttura risulta piuttosto complicata. La trave di colmo poggia sul setto centrale ed è realizzato da una grossa trave in castagno che copre tutta la luce (circa 6 metri). La struttura è realizzata poi da travetti di sezione 20 x 20 cm, che partendo dal colmo vanno a poggiare 60


direttamente sulle murature perimetrali formando la linea di gronda. Nella parte adiacente alla torre, nel fronte Sud, là dove non è più possibile utilizzare il setto centrale come appoggio per la trave di colmo, viene inserita un’altra trave sostenuta da mensole in legno inserite direttamente nella muratura. Le falde però non sono complanari, ossia presentano inclinazioni ed altezze variabili, figlie di una composizione complessa che dopo varie osservazioni e disegni si è cercato di definire con chiarezza. La struttura standard comunque è composta da trave primaria o di colmo, travatura secondaria inclinata, assito in legno, e rivestimento esterno realizzato completamente in piane di arenaria locale, elemento di maggiore caratterizzazione dell’architettura locale. Non vi sono segni o tracce di gronde, o elementi simili, ma è ragionevole pensare che in origine venissero utilizzate delle gronde rudimentali realizzate il legno ed agganciate direttamente alla muratura o alla copertura, per lo meno in corrispondenza dei passaggi principali esterni, per controllare la caduta di acqua piovana. Le aperture presenti oggi, sono state riadattate e modificate, ma è stato possibile, grazie a segni ancora visibili nelle murature, comprendere l’originaria configurazione. La torre non ha aperture al primo livello se non la porta d’accesso, mentre al primo piano ha due finestre delle stesse dimensioni posizionate con ordine e armonia sui due lati aperti dell’edificio agli estremi delle rispettive facciate. La stessa identica disposizione viene ripetuta al piano superiore, con eccezione di una finestra che attualmente risulta ridimensionata, della quale però si osservano i segni della sua posizione d’origine. Bisogna sottolineare che le quattro finestre presenti nella torre, sono tutte sormontate da un architrave lapideo, che è un segno indicativo della cura con figura 39 – Foto di rilievo, interno della copertura a quattro falde della torre, con struttura centrale a capriata

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al quale fu costruito tale. L’ultimo livello della torre, la colombaia presenta piccole aperture (feritoie), tipiche di questa tipologia architettonica; i fori infatti consentivano ai volatili di entrare nell’edificio senza creare aperture troppo vaste, in questo modo i piccoli fori permettevano di non disperdere troppo calore, e non rischiavano di compromettere strutturalmente la struttura. Appena al di sotto di queste piccole aperture si trova una mensola marcapiano anch’essa elemento caratteristico delle torri. La mensola realizzata completamente in lastre di pietra ancorate direttamente alla muratura perimetrale, sporge circa 20 cm lungo tutto il perimetro della torre, e serviva per consentire un approdo ai volatili, impedendo allo stesso tempo ai piccoli predatori di accedere all’interno della colombaia e di cibarsi degli uccelli. Nel resto del complesso si trovano aperture simili a quelle della torre se pur realizzate in un secondo momento. Nel prospetto Nord – est. Il piano seminterrato, che era adibito a stalla, ha una porta di dimensioni pressoché identiche a quella della torre, ossia circa 1,80 mt di altezza e 0,90 mt di larghezza; agli estremi presenta due piccole aperture che garantivano un minimo approdo di luce all’interno. Al primo piano sono due le finestre, di dimensioni maggiori; anche in questo caso, si è osservato che le finestre sono state adattate in seguito, sarà quindi prerogativa del progetto, riposizionarle, e ridimensionarle rispetto alla conformazione ritenuta originale. Nell’ultimo piano, il sottotetto, vi è una sola piccola apertura centrale, che ha dei cedimenti parziali, e della quale non è certa l’autenticità. Facendo un breve riepilogo, sono state rilevate tre tipologie di aperture; finestre grandi di dimensioni simili tra loro, mediamente 70/75 cm di larghezza e 90 cm di altezza; finestre piccole, 50/55 cm di larghezza 55/60 di altezza, ed infine porte, tutte molto basse rispetto agli standard odierni, hanno infatti luce verticale che si aggira sui 180 cm e larghezza variabile tra gli 80 e i 95 cm. Infine vanno inserite in questo resoconto anche le aperture ad arco che costituivano il loggiato; le quattro che sono state rilevate, hanno tutte le medesime dimensioni, ossia, 110 cm di luce orizzontale, e circa 150 cm di altezza, posizionate mediamente a 60 cm dal piano di calpestio. figura 40 – Schizzzo di studio , ricostruzione storica dell’ antico nucleo rurale a corte chiusa, matita su carta

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6.2 Elaborati di rilievo

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tavola 1 – Planimetria Fiassoni, scala 1:500


tavola 2 – Pianta seminterrato, scala 1:100

tavola 3 – Pianta primo piano, scala 1:100


tavola 4 – Pianta secondo piano, scala 1:50


tavola 5 – Sezione verticale BB’ , scala 1:100 67


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tavola 6 – Sezione verticale AA’ , scala 1:50

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tavola 7 – Prospetto Ovest , scala 1:50

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tavola 8 – Prospetto Sud , scala 1:50 72


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tavola 9 – Prospetto Est, scala 1:50

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7 | LINEE PRINCIPALI DI PROGETTO Dopo aver rilevato e descritto la conformazione del complesso, le sue caratteristiche, i suoi elementi, è iniziato il percorso di progettazione. Tale progetto, prevede il restauro del complesso descritto precedentemente, comprensivo della torre e dell’edificio che vi si è sviluppato attorno, e il riuso di tale complesso in ottica contemporanea. Il progetto vuole perseguire una linea di recupero conservativo in particolare per quanto riguarda l’aspetto esteriore dell’architettura, mentre per l’interno sono state sviluppate idee più moderne, sempre nel rispetto dell’origine di questo antico edificio. Contemporaneamente allo svolgimento della progettazione è stato consultato il Piano Regolatore del Comune. All’interno di questo importante documento, che nel caso di Varsi, andrebbe sicuramente rinnovato, è stata individuata una classificazione tipologica degli edifici posti sul territorio. Si osserva che nella divisione del territorio comunale in zone, le case-torre, e più in generale gli edifici storici conservati, vengono raggruppati nella “Zona A che comprende le zone edificate di valore storico e ambientale”. E’stato quindi doveroso prendere visione delle norme che regolamentano gli interventi su tali edifici, (ALLEGATO A, in fondo al testo) per poter sviluppare il progetto in sincronia con tale documento comunale. Gli interventi sull’esterno dell’edificio, sono indirizzati al mantenimento ed al ripristino per quanto possibile, della conformazione originaria del complesso. Particolare attenzione viene riservata alle aperture. Una delle prime scelte, che segnerà fortemente tutto il percorso, è quella di riportare in luce il loggiato che si è descritto in precedenza. In particolare vista la conformazione attuale del complesso, sarà possibile riaprire solo due delle quattro aperture rilevate. Tali aperture ad arco verranno dotate di un serramento trasparente composte da un unico pezzo di vetro, questo per mantenere maggiormente la percezione di taglio netto che dovevano trasmettere in passato. A livello funzionale, i resti del loggiato, danno la possibilità alla nuova distribuzione interna di ricevere luce in una zona che attualmente risulta abbastanza buia, consentendo di donare luminosità allo spazio che sarà occupato dalle nuove scale Come premesso, si è consapevoli che l’ingresso attuale non è quello che storicamente conduceva all’interno dell’abitato, ma vista l’impossibilità di individuare e ripristinare l’accesso originale, si è deciso di conservarlo. Sono stati osservati, segni di adattamento o manomissione rispetto alla posizione originale, in corrispondenza di tre finestre poste nel lato est, in particolare, la finestra al secondo piano della torre e le due al primo piano dell’edificio adiacente. Nel disegno dei nuovi prospetti sarà posta attenzione nel ripristinare queste aperture seguendo i segni trovati nelle murature, creando maggiore armonia con il resto della facciata. L’attuale presenza di un’unica piccola apertura, peraltro danneggiata, nel sottotetto del prospetto est, creava problematiche legate alla disposizione interna dei locali. Così si è deciso di intervenire tamponando tale apertura, e aprendo due piccole finestrelle delle medesime dimensioni di quella esistente, avendo cura di allinearle alle finestre dei piani sottostanti. Sempre nel prospetto est, al piano seminterrato vi sono due porte e due finestrelle. Le porte che fino ad un recente passato fungevano da ingresso per i locali adibiti a ricovero degli animali, 77


rappresentano per il progetto, anche la principale fonte di illuminazione per l’intero piano seminterrato. Per rendere tale ambiente maggiormente vivibile e per quanto possibile luminoso, si è pensato di renderle trasparenti, in modo da essere sfruttate anche come finestre, senza però eliminare le tipiche porte dei locali da lavoro, di cui sono attualmente provviste. Viene così creato un sistema di doppio infisso: uno esterno, che porterà di nuovo in luce le vecchie porte in legno, opportunamente ristrutturate, e che sarà apribile totalmente, per consentire il fissaggio a muro dell’anta in legno. In questo modo l’infisso interno, composto da struttura vetrata, consentirà, quando la porta in legno sarà aperta, l’ingresso di luce ed aria agli ambienti interni. Altro punto di grande importanza per quanto riguarda gli interventi sull’esterno del complesso, è legato alle altezze delle coperture, che devono essere mantenute per come sono state costruite in passato, per garantire che non si perda il carattere tradizionale dell’architettura in questione e per far sì che la torre continui a spiccare sul nucleo. Le difficoltà principali nella creazione del progetto sono state legate principalmente alla questione della scala, ai servizi e agli impianti da introdurre, visto che il complesso ne risulta completamente sprovvisto, e alle altezze del sottotetto. Gli interventi di costruzione ex novo di elementi interni sono due: il primo legato al nuovo corpo scale, il secondo legato alla necessità di creare servizi, vista l’attuale assenza di tali ambienti. Per quanto riguarda le scale, l’idea iniziale era quella di conservare, previa ristrutturazione, quella attuale. In seguito, dopo aver analizzato più dettagliatamente la questione, si è ritenuto sconveniente, procedere su questa linea. Le scale presenti sono infatti frutto di un intervento fatto più di recente alla casa, probabilmente nell’ottocento, per cui non sono state più giudicate come elemento da conservare a tutti i costi. Oltre a questa considerazione, vi era il problema di creare un collegamento verticale tra seminterrato e primo piano, che come detto non è presente. Specialmente per questo motivo, la disposizione delle scale attuali risultava inadeguata; in seguito a queste considerazioni è stato deciso di perseguire un’altra strada, pur senza dimenticare le origini di queste strutture. La nuova scala infatti viene proposta in legno, con un andamento abbastanza ripido, cosi da ricordare le scale a pioli lignee che in origine collegavano i piani delle case a torre. Come locazione è stato deciso di mantenere la stessa zona, scelta praticamente obbligata da diversi fattori. Pensare di realizzare le scale all’interno della torre era impossibile, per la presenza della struttura voltata. Inoltre l’approdo della scala al piano sottotetto deve necessariamente essere in corrispondenza della linea di colmo per consentire un accesso comodo visto le altezze critiche di tale ambiente. Infine si è preferito mantenere i collegamenti verticali nella zona dove ad oggi vi sono le scale, cercando solo di adattare tali strutture per rendere tutta la casa maggiormente funzionale. Progettando i collegamenti ad unica rampa, tale struttura risulta meno ingombrante,si sfrutta l’incastro dei gradini alla muratura interna centrale, riuscendo così a ricavare contro il lato nord dell’edificio un vano da destinare a locali di servizio. Questi locali hanno pianta di circa 2x2 m,e si ripetono uno sopra l’altro per 3 livelli, creando un “blocco” di nuova costruzione, utile a contenere funzioni quali lavanderia, bagno e guardaroba. Le nuove strutture legate ai servizi, verranno realizzate in legno, e per i solai, sarebbe indicato, se possibile, riutilizzare materiale ligneo in esubero, proveniente dall’eliminazione 78


della porzione di solaio tra primo e secondo piano. Il primo piano, rappresenta il centro della casa. Rispettando la conformazione storica dell’edificio, il locale della torre voltato viene adibito a cucina abitabile, il grosso ambiente che originariamente conteneva due stanze separate, viene mantenuto unico. Al suo interno però, lo spazio è suddiviso centralmente in modo leggero, da una biblioteca a giorno. In questo modo si suddividono due spazi differenti, il primo adibito a sala da pranzo, il secondo a salotto. Lo spazio che attualmente delimita l ‘ingresso viene ampliato, eliminando il muretto di recente costruzione, cosi da costituire uno spazio unico di distribuzione, che riprende la funzione che aveva il loggiato, e viene reso più luminoso ed arieggiato grazie alla riapertura degli archi e alla creazione della doppia altezza. Il secondo piano è quello che ha subito maggiori interventi. La parte più stretta, viene privata del solaio. Questa scelta è stata dettata sia da un aspetto pratico legato alle altezze, sia da uno puramente formale, legata alla possibilità di creare, come detto, una doppia altezza sull‘ingresso. Nella parte di sottotetto che viene mantenuta, escludendo la superficie della torre, è stato necessario abbassare il solaio di circa 40 cm, rispetto al livello attuale, in modo da rendere abitabili i nuovi ambienti innestati. La scala quindi, immette direttamente alla parte più ampia del sottotetto, che è cosi organizzato: nella parte verso la torre, viene ricavato un bagno di servizio alla zona notte, verso nord, una camera da letto spaziosa, dotata di una piccola cabina armadio, ricavata dall’elevazione del nuovo vano servizi. Nella torre invece, viene mantenuta la struttura originaria a soppalco, in questo modo si sfrutta l’ultimo piano per ricavare una stanza/studio al primo livello e collocare il letto nel secondo. figura 41 – Il villaggio dei Fiassoni ripreso da Sud

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7.1 interventi tecnologici/impianti Dal punto di vista tecnologico l’edificio si presenta totalmente privo di impianti e strutture di isolamento. Isolare esternamente la struttura, è impossibile, in quanto pensare di rivestire con cappotti esterni le antiche murature in pietra, è da escludere a priori. L’unica soluzione è attuare degli interventi all’interno. Ragionando sulla struttura, l’orientamento e la posizione della casa è sembrato opportuno evitare di rivestire internamente tutti i lati perimetrali. Vi sono due motivi principali: . il locale voltato al primo piano rappresenta una struttura unica e sarebbe sconveniente oltre che complesso pensare di rivestire internamente la volta. . su di un lato e mezzo la casa è confinante con altre abitazioni, mentre la metà del lato lungo che non confina è esposta a sud ovest, ed è quindi quella che meno necessita di isolamento. L’unico lato sulla quale si è pensato di intervenire dall’interno è quello lungo, esposto a Nord-est, non comprendendo però la parte della torre. Su questo lato è stata progettata la costruzione di una controparete lignea che possa contenere uno spessore di materiale isolante e possa servire specialmente da vano dove far passare gli impianti. Il trattamento verso le murature, sarà quello di stuccare nella maniera meno aggressiva possibile l’esterno, mentre internamente si procederà ad una stesura su tutte le superfici di un intonaco apposito che possa combattere gli agenti atmosferici, specialmente evitando umidità eccessiva al piano seminterrato e dispersioni di calore nei piani superiori. Questa scelta rispetta, le condizioni originali dell’edificio, in quanto, malgrado quello che si possa pensare, questi edifici rurali, storicamente, erano intonacati internamente, e la pietra non veniva lasciata nuda, proprio per evitare i problemi appena accennati. Inoltre la scelta di non effettuare interventi isolanti importanti deriva anche dal comportamento di questi edifici in pietra dalle possenti murature perimetrali. Infatti questo tipo di muratura può presentare difficolta nel riscaldare gli ambienti, che però una volta portati alla temperatura ottimale, conservano abbastanza bene tale condizione, infatti lo spessore cosi ampio della muratura consente di sfruttare una discreta capacità termica.I solai vanno tutti restaurati. L’indicazione per approcciare il restauro di queste strutture è quella di cercare di preservare il più possibile gli elementi esistenti. Quindi le travi e le assi che formano il tavolato ligneo andranno smontate, pulite, saranno scartate quelle che risultano danneggiate, mentre si cercherà, laddove i danni al legno non sono cosi gravi, di ripararle. Dopo aver svolto questa fase, i solai vanno rimontati con lo stesso criterio, avendo accortezza di sostituire eventuali nuove travi, che abbiano sezioni simili alle originali, e siano ricavate possibilmente dallo stesso tipo di legno, rovere e castagno. Il pacchetto strutturale degli orizzontamenti viene mantenuto tale, ossia seguendo i disegni effettuati durante i rilievi. Sopra questi elementi vengono aggiunti uno strato isolante, in modo che il calore sviluppato dal sistema radiante non si disperda nei locali sottostanti, lo spessore /massetto che contiene le tubazioni per il riscaldamento e la finitura. Per la finitura riutilizzare le 81


pietre, la dove sono state rilevate, sarebbe la scelta formalmente più corretta; purtroppo però tale rivestimento, comporta un peso ingente alla struttura, e rischierebbe di compromettere la resa del riscaldamento radiante. Avendo compito tali considerazioni, si è deciso di optare per un altro materiale che potesse garantire prestazioni migliori, ma allo stesso tempo ricordasse il materiale lapideo. Si è pensato cosi di utilizzare come finitura un rivestimento di resina ad effetto cemento, ponendo attenzione a riprodurre le tonalità cromatiche proprie della pietra locale utilizzata per il rivestimento, facendo si che lo strato finale risulti grezzo, variegato e non monocromatico. Tutti i solai vengono smontati e ricostruiti ad eccezione della struttura voltata tra primo e secondo piano della torre. In questo caso, bisognerà operare un attento restauro su tale delicata struttura, assicurandosi che sia stabile, se pur recentemente siano state innestate delle catene in ferro su tutti e quattro i lati. Dopo aver fatto tali operazioni, si potrà procedere, ultimandola, come per gli altri solai, con il pacchetto che contiene il riscaldamento a pavimento. Internamente vengono introdotti nuove divisioni interne. La necessità di avere un ambiente tecnico fa ricadere la scelta al piano seminterrato dove nella ex stalla, avendo a disposizione uno spazio già molto ampio per allestire una taverna, si costruisce una stanza di ??? mq: la scelta inoltre è dettata dalla necessità di realizzare questo locale sfruttando una piccola finestra per garantire ricambio d’aria, e dalla praticità di porlo nei pressi della parete predisposta al passaggio degli impianti. Il primo piano non prevede l’introduzione di nuove murature se non per quanto riguarda il blocco contenente il bagno di servizio. Nell’ultimo piano invece vengono realizzate le divisioni leggere in legno che permettono la creazione della camera da letto e del bagno. Per i locali di servizio, bagno e lavanderia, talora la superficie radiante potesse risultare minima per rendere efficace tale sistema, è indicato pensare alla costruzione di una controparete molto sottile in modo da poter portare tale tipologia di riscaldamento anche a parete, solo per questi piccoli ambienti. In aggiunta a tale sistema di riscaldamento più per questioni formali, è stato scelto di introdurre una stufa nella sala da pranzo, che possa in qualche modo ricordare l’antico focolare che all’interno di questa architettura veniva acceso ogni sera. Per quanto riguarda la struttura orizzontale del piano seminterrato, bisogna considerarla unitamente alle fondazioni. Le fondazioni di questo edificio, come tutti gli altri edifici rurali in pietra, consistono semplicemente nello sviluppo sotto suolo dei setti perimetrali per una lunghezza ipotizzata di circa 1 mt. Con ogni probabilità questi prolungamenti tendono ad allargarsi leggermente verso il basso per dare un po’più di stabilità alla struttura. Non avendo le possibilità di svolgere uno studio approfondito sulla struttura e le fondazioni, si è deciso comunque di ipotizzare un intervento, andando a rinforzare lungo il perimetro le fondazioni esistenti aggiungendo uno strato di grosse piane che, anche in questo caso, vanno ad allargarsi verso il fondo. Dovendo realizzare degli scavi per svolgere questo consolidamento, si è pensato allora di predisporre un vespaio areato, utilizzando la tecnologia ad “igloo”. In questo modo si riuscirebbe a contrastare in modo efficiente la risalita di freddo e umidità dal terreno, sovrapponendo uno strato di materiale isolante, e, anche in questo piano, utilizzando il sistema radiante per riscaldare gli ambienti interni. Nel caso del seminterrato, non dovendo gravare su di una struttura in legno, è stato deciso di ripristinare l’originario pavimento in piane, magari avendo accortezza di utilizzare elementi il più possibile sottili ed omogenei, per favorire l’efficienza del riscaldamento. 82


7.2 elaborati di progetto  

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tavola 10 – Planimetria Fiassoni, scala 1:200 84


tavola 11 – Pianta seminterrato, scala 1:100

tavola 12 – Pianta primo piano, scala 1:100


tavola 13 – Pianta secondo piano, scala 1:100

tavola 14 – Pianta soppalco torre, scala 1:100


tavola 15 – Struttura orizzontale seminterrato, scala 1:100

tavola 16 – struttura 87 orizzontale primo piano , scala 1:100


tavola 17 – Struttura delle coperture, scala 1:100

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tavola 18 – Sezione verticale BB’, scala 1:50

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tavola 19 – Sezione verticale DD’ , scala 1:50

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tavola 20 – Sezione verticale AA’ , scala 1:50

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tavola 21 – Sezione verticale AA’, scala 1:50

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tavola 22 – Prospetto Ovest, scala 1:50

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tavola 23 – Prospetto Est, scala 1:50

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tavola 24 – Prosspetto Sud, scala 1:50 100


tavola 25 – Sezione verticale, dettaglio costruttivo

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8 | ALLEGATO A NORME PRG VARSI ALLEGATO A OPERAZIONI MATERIALI E TECNICHE PER GLI INTERVENTI SUGLI EDIFICI DI VALORE STORICO E AMBIENTALE Gli interventi di restauro e di risanamento conservativo sulle strutture architettoniche e sugli elementi costitutivi dell'edilizia storica presentano sei tipi di interventi operativi: 1) salvaguardia e manutenzione; 2) consolidamento; 3) ripristino strutturale; 4) ripristino tipologico; 5) sostituzione; 6) adeguamento tecnologico funzionale. L'intervento di restauro e risanamento conservativo é costituito da: a) Manutenzione degli elementi, delle parti e strutture originali inalterate per assicurare la continuità d'uso nel tempo. b) Consolidamento con opere che tendono ad integrare parzialmente o totalmente, con tecniche e/o strutture nuove e diverse, elementi originali non più idonei all'uso, che debbono essere conservati in loco. c) Ripristino strutturale con ogni opera che sostituisce con le stesse tecniche, strutture e materiali analoghi, parti strutturali originali non più idonee e non recuperabili, ma tecnologicamente riproducibili. Costituisce operazione di ripristino strutturale anche la sostituzione, nei modi detti sopra, di parti strutturali già sostituite o alterate con materiale o tecnologie diverse dagli originali. d) Ripristino tipologico con ogni opera che riproduce parti originali scomparse di cui sia documentata l'esistenza (con materiali grafici, fotografici, descrittivi o con ritrovamenti di tracce nell'edificio stesso) e che siano individuabili come costanti tipologiche. e) Sostituzione con ogni opera che ripropone con tecniche, strutture e materiali attuali, gli elementi, le parti e le strutture alterate, trasformate, collabenti e demolite, non più riconducibili ai modi ed ai modelli originali e neppure tecnicamente riproducibili. f) Adeguamento tecnologico funzionale con ogni opera che introduce componenti di tecnica impiantistica indispensabili all'uso dell'edificio. Tutte queste operazioni possono essere comprese in diversa misura, contemporaneamente, nell'intervento di restauro su un singolo edificio, analizzato e classificato tipologicamente ed in rapporto alle trasformazioni subite, interessando in vario modo le diverse parti dell'organismo edilizio, come definito dal progetto esecutivo. Sono così distinguibili interventi sulle strutture verticali (muri di facciata, muri maestri, divisori, pilastri, colonne), interventi sulle scale, interventi sulle strutture orizzontali (volte, archi, solai), interventi sui tetti, interventi sulle finiture e sugli impianti esistenti, interventi su elementi di particolare pregio storico ed artistico interventi per la creazione ex novo di locali per servizi igienici e tecnologici. Le norme del presente allegato si riferiscono agli edifici soggetti a Restauro Scientifico, a Restauro e Risanamento conservativo A e B, e a quelle parti di edilizia storica rimaste negli edifici soggetti alle altre categorie di intervento. Elementi strutturali e costruttivi già modificati con uso di materiali e tecniche moderni, negli edifici soggetti alle tre categorie della conservazione, possono essere nuovamente modificati o sostituiti in modo innovativo, fatti salvi i casi di ripristino ed i modi generali di intervento previsti dalle presenti norme. 1) STRUTTURE VERTICALI l.a.: (muri di facciata, muri maestri, divisori, pilastri, colonne) Le operazioni di manutenzione e salvaguardia sulle murature in genere sono essenzialmente costituite da interventi su parametri con ripresa parziale di intonaci. Manutenzione La manutenzione delle strutture murarie ordinarie avviene con sostituzione dei singoli elementi deteriorati con elementi analoghi. Nelle riprese di parti (chiusura di porte, finestre, canne fumarie, tracce comprese) in murature da intonacare sono prescritti mattoni pieni di formato UNI o mattoni di recupero. Muratura a facciavista

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La manutenzione del parametro nelle murature a facciavista é costituita da puliture e da rifacimento dei giunti con malte uguali alle originali (con eliminazione dei leganti contenenti gesso), con sigillatura a cazzuola e spazzolatura. Manutenzione pilastri e colonne Per la manutenzione dei pilastri e colonne si procederà, come descritto per gli elementi in laterizio, con semplice lavaggio con spazzola per gli elementi in pietra. Per insufficienze all'appoggio e fuori piombi ci si regolerà in modo analogo al consolidamento e ripristino delle murature (punti l.b l.c). l.b.: Consolidamento cedim. fondazione lesioni I1 consolidamento delle murature verticali, in caso di cedimento di fondazioni insufficienti, verrà effettuato, senza demolire le murature in elevazione, con sottofondazioni o costruzioni in laterizio in conglomerato cementizio in c.a. in relazione alle caratteristiche dell'edificio. In presenza di rotazioni recenti e di modesta entità, si potranno effettuare legamenti con catene di ferro, secondo la normale prassi, o con cavi di precompressione. In entrambi i casi dovrà essere posta particolare attenzione alla ripartizione sulle murature delle pressioni di contatto delle piastre di ancoraggio per non superare la resistenza delle murature e per assicurare la distribuzione al suo interno dell'effetto di ancoraggio. In presenza di lesioni che richiedano in via esclusiva inserimento di strutture in c.a., in acciaio o in altri materiali, questi non dovranno essere visibili dall'esterno. Cordoli di coronamento Eventuali cordoli di coronamento in c.a. dovranno essere realizzati all'interno del muro di facciata, lasciando verso l esterno come cassaforma la muratura e il cornicione antico. In presenza di pilastri e colonne che presentino lesioni di schiacciamento sono ammesse cerchiature degli elementi in pietra o marmo quando si decida di non sostituirli. Per le operazioni di sostituzione e ripristino ci si comporterà come per le murature. l.c.: Ripristino strutturale e sostituzione Nel caso di gravi cedimenti e di rotazioni delle murature che non siano in altro modo recuperabili é ammesso, nelle murature ordinarie, il ripristino strutturale mediante demolizione e ricostruzione, dopo accurato rilievo misurato delle partiture architettoniche. Per il ripristino strutturale delle murature ordinarie, non più idonee, in presenza di murature piene si utilizzeranno mattoni di recupero o mattoni pieni di formato UNI. Le murature in pietra squadrata (opus squadratum) debbono essere ripristinate con lo stesso materiale recuperato dalla demolizione o con materiale analogo. Pilastro e colonne successivamente logorati verranno sostituiti eseguendo i nuovi elementi secondo materiali simili agli antichi con le stesse dimensioni e con caratteristiche, anche di esecuzione, identiche alle antiche. Questo vale anche nei casi di ripristino che andrà debitamente segnalato. l.d.: Il ripristino di strutture verticali, che consiste in un rifacimento ex novo, o con recupero in misura minima di parti originali superstiti, verrà realizzato in mattoni pieni di formato UNI. Quando le murature siano destinate a rimanere a facciavista e costituiscano pareti esterne saranno usati mattoni a mano, leganti uguali a quelli esistenti, e la finiture dei giunti avverrà come per la manutenzione. Quando il ripristino avvenga per eliminazione di tamponamenti di tipo superfetativo questi possono, ove si presentino necessità distributive e/o funzionali, essere costituiti con pareti vetrate. l.e.: Nel realizzare ex novo pareti divisorie che non presentino costanti tipologiche é previsto l'uso di elementi prefabbricati leggeri, di pareti tecnologiche, di mattoni forati, di carton gesso. Dove sia prioritario i rispetto di strutture e spazi costruttivamente pregevoli (volte, soffitti, ecc.), le nuove pareti dovranno essere mantenute ad un'altezza tale da consentire la percezione dello spazio originale. 2) INTONACI 2.a: Intonaci

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Particolare cura verrà osservata nei confronti delle decorazioni architettoniche che dovranno rimanere emergenti rispetto al piano dell'intonaco. Nel caso di intonaci integrati da decorazioni architettoniche, cornici e capitelli pensili in pietra o altro si provvederà a ritrovare "la pelle" di questi ultimi con opportuni lavaggi. 2.b.: Tinteggiature Per gli intonaci comuni la coloritura deve avvenire per tinteggiatura a calce con opportuno fissaggio usando terre naturali per ottenere le diverse gamme delle tinteggiature caratteristiche dell'ambiente locale. Non sono mai ammessi intonaci plastici, rivestimenti di qualunque genere (continui o no) colori sintetici lavabili. 3) ELEMENTI DI FINITURA DELLE FACCIATE a) Rivestimenti di marmo Nel restauro delle facciate é sempre prevista la eliminazione dei rivestimenti di marmo o altro materiale non originale che coprano il paramento murario, soprattutto al piano terra in corrispondenza di negozi o altro. b) verrà ripristinato l'intonaco e, in presenza di vetrine, le insegne dovranno essere mantenute all'interno del foro esistente. Le vetrine, le insegne, gli elementi di arredo urbano, gli arredi interni di negozi ed esercizi commerciali che costituiscano documento di costume e di storia locale sono vincolati alla conservazione. c) Serramenti Per le finiture sono prescritti infissi esterni in legno dipinto, nel tipo a scuro o a persiana con stecche di sezioni poligonale come quelle tradizionali. Porte e portoni Per porte e portoni é prescritta la manutenzione ed il restauro di quelli tradizionali, il ripristino in caso di estremo degrado o quando essi siano già stati modificati in modo deturpante. Non sono consentiti infissi di leghe leggere o plastica; in caso di necessità particolari si può provvedere con infissi in ferro dipinto. Doppi telai vetrati I doppi telai vetrati sono consentiti qualora la loro messa in opera non comporti la eliminazione degli infissi esterni. Serramenti interni Camini E’prescritta la conservazione ed il restauro dei serramenti interni in buono stato di manutenzione ed il mantenimento dei camini con i relativi elementi decorativi (ciminiere, specchiere, focolai). Grondaie pluviali Grondaie e pluviali possono essere realizzati in ghisa, rame, lamiera zincata. Zoccoli davanzali Nel restauro delle facciate non é consentita la creazione di zoccoli, soglie, bancali e davanzali dove essi non siano già esistenti e, allo stesso modo non ne é consentita la sostituzione con pietra o marmo in lastre. 4) ELEMENTI ARCHITETTONICI EMERGENTI DEI FRONTI EDILIZI Particolare attenzione andrà fatta per tutti gli elementi lapidei in pietra, in cotto e in legno, costituiti da portati, finestre, antiche feritoie, monofore e bifore delle colombaie, portali di accesso alle corti, balconcini, davanzali, panchine, ecc. che vengano a caratterizzare a livello tipologico ambientale tutto il tessuto dell edilizia storica. 4.a: Manutenzione La manutenzione é costituita, soprattutto per quegli elementi (es. portali, finestre, colombari ecc.) che sono costituiti in maggior parte da materiale lapidei (spesso "arenarie"), da pulitura e da rifacimento dei giunti con malte uguali alle originali (con eliminazione dei leganti contenenti gesso), con sigillatura a cazzuola e spazzolatura, col divieto di ripulitura con dischi abrasivi. Elementi lapidei particolarmente degradati possono essere sostituiti con altri dello stesso materiale. 4.b.: Consolidamento Nel caso di gravi cedimenti, soprattutto per quegli elementi che hanno una certa portanza (stipiti, architravi, archetti, ecc.) si interverrà a seconda delle cause di cedimento statico e fisico: con sostituzione parziale degli elementi deteriorati, con materiali per grane, per dimensioni e con caratteristiche, anche di esecuzione analoghe alle antiche. 4.c.: In situazioni particolari a causa di luci ampie, o di aumento di portanza o per cedimenti particolari che investono anche la

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struttura muraria, si possono inserire elementi in c.a., in acciaio, archi di scarico della parte interessata, reti elettrosaldate, ecc.: questi elementi devono essere inseriti in modo indivisibile all'esterno a operazione finita. 4.d.: Ripristino tipologico Anche in questi casi si dovrà prima pervenire a ritrovare "la pelle" di questi elementi (tamponati e/o intonacati) con opportuni lavaggi. Nel caso che il ripristino detti l'eliminazione di tamponamenti di tipo superfetativo (per categorie A1 e A2) questi possono essere sostituiti con elementi vetrati fissi oppure con serramenti lignei tradizionali. Non sono possibili in nessun modo sostituzioni con materiali diversi dagli originali, ampliamenti, spostamenti e tamponamenti delle aperture costituite dai suddetti elementi, tinteggiature e intonacature e altre operazioni che vengano a compromettere la lettura di questi elementi caratteristici delle antiche tecnologie dell'edilizia storica. 5) SCALE Le scale, sia interne che esterne (balchio), costanti determinanti il tipo edilizio dovranno essere sottoposte soprattutto a interventi di manutenzione e nelle parti strutturali e negli elementi di finitura. 5.a.: Nella manutenzione delle parti strutturali ci si regola come per gli interventi sulle strutture orizzontali e verticali. La manutenzione delle superfici di usura avviene per riprese o sostituzioni di parti con materiali analoghi agli esistenti; con opportuni trattamenti ed integrazioni nelle scale caratterizzate architettonicamente. Nel caso di pedate in cotto, facendo uso di elementi di forma e lavorazione analoghi all'originale; nel caso di gradini in pietra si procederà fino al ritrovamento della grana degli scalini originali in opera. Ringhiere Anche per le ringhiere é prevista la conservazione delle caratteristiche antiche; la manutenzione consiste in piccole riprese senza alterazioni di materiale, disegno, lavorazione. 5.b.: Consolidamento Il consolidamento delle scale deve avvenire con gli stessi criteri del consolidamento delle strutture orizzontali e verticali e deve essere effettuato in modo che, ad opera finita, non siano visibili all'esterno gli interventi necessari. 5.c.: Ripristino strutturale sostituzione Anche il ripristino strutturale verrà condotto con gli stessi modi indicati per le strutture orizzontali e verticali. Rampe con correnti in legno Nel solo caso di edifici soggetti a categoria A2 B e A3, in presenza di rampe portate da correnti in legno, che necessitino di sostituzione, possono essere usate putrelle o profilati scatolari, quando l'aumento di portanza lo necessiti. Scale in C.A. Quando la struttura portante della scala sia rivestita con controsoffittature prive di elementi decorativi sono ammesse scale in C.A. con rampe incastrate solo alle estremità. Nel ripristino strutturale é previsto 'uso di elementi di finitura tradizionali; gli elementi deteriorati e non più recuperabili devono essere ripristinati con altri di materiale e disegno uguali. Per il ripristino strutturale di scale esterne e balchi a pianerottolo e a logge, ci si dovrà inoltre comportare come ai punti 4.a 4.d. 5.d.: Ripristino tipologico Per il ripristino tipologico di parti di scale si procederà per analogia con le parti superstiti e con gli altri edifici dello stesso tipo. Per il ripristino tipologico di intere scale negli edifici soggetti a Restauro Scientifico e a Restauro e Risanamento Conservativo A si può procedere con tecnologie e materiali moderni senza intaccare le altre parti dell'edificio (cioè senza inserimento di cordoli, solette o altro nelle murature originali). 5.e.: Adeguamento funzionale Per l'inserimento di nuove scale non é consentito tagliare volte é consentito spostare o tagliare travi maestre in solai lignei di normale tecnica costruttiva in buono stato di conservazione. Ripristino dei balchi Quando sia necessario demolire e ricostruire interi corpi scala esterni una particolare attenzione nel caso di "balchi", in cui si perverrà al recupero tipologico del disegno, e di quegli elementi lapidei ancora in buono stato.

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6) STRUTTURE ORIZZONTALI (solai, volte, archi) 6.a.: Manutenzione La manutenzione di solai ad orditura lignea é rappresentata dalla sostituzione di elementi dell orditura secondaria, operando dall'alto, con elementi analoghi per materiale e misure e da riprese degli intonaci. Se i solai antichi sono coperti da decorazioni pittoriche esse andranno conservate e restaurate. 5.b.: Consolidamento Nel caso di gravi insufficienze statiche si dovrà procedere al consolidamento senza alterare le caratteristiche visive del solaio antico. In presenza di strutture orizzontali decorate pittoricamente o costruttivamente pregevoli esse andranno consolidate mediante imbibimento con resine o rinforzando i singoli elementi dell'orditura con profilati metallici all'estradosso nel caso in cui la portanza rimanga la stessa; con creazione, nello spessore occupato dalla caldana del pavimento, di soletta in c.a. o di solai metallici a fitto interasse, cui andranno sospesi i soffitti originali decorati, nel caso di aumento del sovraccarico ammissibile. Le volte devono essere conservate integralmente in tutte le loro caratteristiche. Quando esse presentino cedimenti dovuti a sovrastanti strutture murarie in falso si procederà, in primo luogo, ad eliminare le cause del cedimento e poi a rimettere in forza le volte che presentino aperture all'intradosso con opportune cementazioni, con iniezioni di resine epossidiche, con cucitura con grappe metalliche. Lo stesso vale per gli archi. 6.c.: Ripristino strutturale e sostituzione In caso di ripristino strutturale i solai verranno realizzati, previo rilievo accurato della struttura originale, nelle stesse misure, materiali, tecniche, del solaio da sostituire. Negli edifici soggetti a Restauro e Risanamento Conservativo A e B elementi di difficile riproducibilità o che richiederebbero sezioni maggiorate in misura tale da compromettere in modo inaccettabile l'aspetto della struttura possono essere sostituiti con travi uso Trieste, con travi lamellari composte o, dove in altro modo assolutamente irrisolvibile, con travi in acciaio. Per aumento dei sovraccarichi ammissibili che portino a solai, correttamente dimensionati, dalla geometria notevolmente diversa da quella del solaio originale si opererà come al punto precedente o come nei casi di consolidamento. In caso di rifacimento di solaio negli edifici A2 e A3 é consentito lo spostamento in entrambe le direzioni. Negli stessi edifici é consentita la realizzazione di nuovi collegamenti verticali e la creazione di doppi volumi con la demolizione parziale o totale dei solai morti. Le controsoffittature piane e le intonacature dei campi piani fra l'orditura secondaria sono sostituibili con elementi di cartongesso, gesso o altro visivamente simili all'intonacatura tradizionale. Il ripristino strutturale di archi e volte dovrà essere effettuato con gl stessi criteri indicati per le murature verticali, solo quando il reticolo delle lesioni sia denso, le lesioni macroscopiche, le murature si presentino inconsistenti. 6 . d .: Ripristino tipologico Per il ripristino tipologico si procederà con i materiali e tecnologie tradizionali, in analogia con le strutture superstiti dell'edificio; lo stesso vale per il ripristino di strutture già modificate negli edifici soggetti a Restauro Scientifico e a restauro e Risanamento Conservativo A. Si procederà nei modi indicati per il ripristino strutturale e per quanto riguarda le parti strutturali e per quanto riguarda le parti di finitura. Volte e archi di cui sia previsto il ripristino tipologico dovranno essere realizzati in mattoni di recupero o mattoni pieni formato UNI se destinati ad essere intonacati; con mattoni a mano, malte simili alle originali e trattamento dei giunti a cazzuola e spazzola nel caso di cui rimangono a facciavista. 6.e.: Adeguamento funzionale soppalchi E’ammessa la realizzazione di soppalchi in vani di altezza media pari a ml. 4.50 a condizione che la superficie del soppalco non superi la metà della superficie del vano preesistente e che il soppalco stesso inizi dalla parte opposta alla parete finestrata. 7) TETTI I tetti antichi (compresi camini, altane, abbaini, torriotti e, in genere, tutto quanto sia sopra la linea di gronda), debbono essere conservati. 7.a.: Manutenzione Sostituzione parziale La manutenzione deve consistere nella sola sostituzione degli elementi rotti o deteriorati con altri delle forme, dimensioni e materiali analoghi.

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Orditura L'orditura del tetto e dei cornicioni lignei deve essere ripresa con legni di sezione e lavorazione simili alle originali, con opportuni trattamenti ignifughi e antivegetativi. Nello stesso modo si procederà nelle piccole riprese dello scempiato. Cornicioni sotto gronda La manutenzione dei cornicioni sottogronda consisterà in sole riprese all'intonaco, realizzato con malte uguali alle originali, o in sostituzione di embrici deteriorati con altri delle stesse misure e tipo di lavorazione. Per il manto di copertura é sempre prescritto l'uso di coppi a canale utilizzando coppi di recupero misti a mani. Camini in cotto a pietra I camini in cotto o in pietra debbono essere mantenuti con eventuale sostituzione delle malte e/o dei sistemi di ancoraggio, non sono consentiti comignoli in cemento. 7.b.: Consolidamento Il consolidamento dei tetti é rappresentato essenzialmente da opere che tendono ad integrare la funzione statica di elementi lignei deteriorati non essendo mai necessario aumentare la portata dei coperti. Capriate lignee Nel caso di capriate lignee, che debbono sempre essere conservate in tutti i tipi di intervento, se le catene hanno ancora buona portanza si può provvedere a ricostruire l'appoggio del puntone alla catena con imbragatura metallica o con imbibimento con resine; dove le catene non diano sufficienti garanzie possono essere sostituite con tiranti metallici svincolando o no la struttura portante del coperto. 7.c.: Ripristino e sostituzione In presenza di strutture di legno fortemente degradate e non recuperabili, si deve provvedere al rifacimento totale del coperto con l'analogo tipo di struttura e lavorazione. Sono ammesse lievi modifiche alle sezioni dei legni dell'orditura nel caso di dimensioni non corretto di quelle originali. Nella realizzazione di nuovi scempiati di tetti, anche in adeguamento alla legge n. 373/1976, é possibile sostituire la struttura a "cantinelle" con tavolati semplici e doppi con laterizi. Gli scempiati in laterizio dei tetti possono essere realizzati con embrici, con "spaccatelle" di dimensioni adeguate, con tavelle. Fra corrente e corrente dovranno essere montate tavole di legno o embrici, i correnti lignei non dovranno mai essere sostituiti con travetti prefabbricati in c.a., metallo, materie plastiche o altro, sagomati a finto legno. I cornicioni in muratura e in materiale lapideo debbono essere restaurati ricorrendo alle stesse tecniche ed agli stessi elementi antichi che li caratterizzano. Non é in nessun caso concessa la sostituzione con cornicioni in c.a., laterizio armato, prefabbricati o altro. 8) ADEGUAMENTO TECNOLOGICO E FUNZIONALE Impianti tecnologici scale, ascensori, servizi igienici In tutte le categorie d'intervento é consentita l'installazione di impianti igienico sanitari, di cucine, di impianti di riscaldamento, di ascensori e motocarichi, di nuove scale con realizzazione ex novo di locali o con uso di locali esistenti. In ogni caso questi impianti non devono alterare le costanti tipologiche dell'edificio. Nel realizzare nuovi vani per l'installazione di servizi ed impianti si procederà come detto al punto l.e. Colonne montanti e scarichi L'inserimento di colonne montanti per gli scarichi e per l areazione deve avvenire senza tagliare volte o travi maestre di solai lignei e non deve mai intaccare elementi decorativi pregiati. Nei casi in cui la presenza anche sulle pareti di elementi decorativi o costruttivi di pregio, non siano possibili le tracce nelle murature, é preferibile mantenere tubi, condutture, cavi fuori traccia.

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