Primal Free Time n° 0 Agosto 2007

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Periodico d’informazione - €. 2,50 - Copia omaggio a cura di Primal Company in attesa di registrazione - Agosto 2007

Lei

MADDALENA CORVAGLIA

Tendenze

MANGIARE BENE IN PUGLIA

Il futuro

BOEING 787

L’AEREO DEI SOGNI


Direzione, redazione ed amministrazione: PRIMAL COMPANY primalfreetime@primal.it Direttore responsabile ed editoriale: PIETRO ANDREA ANNICELLI andreaannicelli@libero.it Collaborazioni: FABIO BIANCO, ANNA RITA CARUCCI, PIERPAOLO CAZZOLLA, VITO D'APRILE, PIERLUIGI FRASSANITO, DALMAZIA FUMAROLA, SANTINO MANDOLLA, AGOSTINO QUERO, ANNALISA SCIALPI, LEONARDO SEMERARO Concept: www.ilcontrasto.it Via Ferrara 2, 74016 Massafra (Ta) Telefax 099 885 1057 e-mail: il contrasto@ilcontrasto.it

ANNO I - n. zero, agosto 2007 COPIA OMAGGIO A CURA DI PRIMAL COMPANY IN ATTESA DI

sommario

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Grafica e immagine: RAFFAELLA MARTUCCI Editore: PRIMAL COMPANY Via Alessandro Fighera, 107 74015 MARTINA FRANCA (TA) Tel. +39.080.4838311 - Fax +39.080.4839330 - email: info@primal.it

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NOTORIA (Maddalena Corvaglia), SCUOLA DI DANZA «ROSSELLA BRESCIA» (Rossella Brescia), T&T TARDIA TEXTILE PROJECT (Teresa Tardia, Collezione Autunno-Inverno 2007), SUGAR (Negramaro), SQUILIBRI EDITORE (Antonio Dambrosio Ensemble), A. MELA (Pino Minafra), CHICCO SAPONARO (Soft Machine Legacy), MARTINO SOLITO (Relais Villa San Martino), ANGELO COSTANTINI (Capocollo di Martina Franca), FOSCO MARAINI/COLLEZIONE TONI MARAINI (Fosco, Toni e la Puglia), EDIZIONI DEI CORRIERI COSMICI (Marco Ferrante), WWW.FIAT.IT (Fiat 500), «TONIO LIUZZI» FANS CLUB (Tonio Liuzzi), VALERIO ANNICELLI (profilo di Seattle), FINMECCANICA (fasi di costruzione del Boeing 787 Dreamliner), ITALGEST (Particolari del progetto della centrale fotovoltaica di Brindisi), BLOCK SHAFT (Block Shaft). Tutte le altre immagini sono state fornite da PRIMAL COMPANY o realizzate da il contrasto

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Discografia

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Fenomeno Zero

si assaggiare

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L’informazione glocale

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Loro

di Annalisa Scialpi

di Agostino Quero

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Primal Vince

belle con l’anima

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Rossella Brescia

In punta di piedi tra grazia e fatica

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Il capocollo di Martina Franca

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My Wine: il vino come tendenza

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Adotta una vigna

storia e storie Minafric Orchestra

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Richard Sinclair: è tra i trulli la terra del grigio e del rosa

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Soft Machine Legacy

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Per il vostro impianto (e le vostre orecchie)

Cellulari tra tecnologia e moda di Vito D’Aprile

Rocco Scotellaro: Poesia e musica

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Maddalena Corvaglia

La cambio io la vita che non ce la fa a cambiare me

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Suoni e dintorni

si viaggiare

Casa Agnelli: storia e storie d’Italia Marco Ferrante

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Ben tornata, Fiat 500

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Tonio Liuzzi il pilota e il suo club

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Oscurare i vetri dell’auto

di Santino Mandolla

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Trully yours: Fosco, Toni e la Puglia

vrooom! di Pierpaolo Cazzolla

di Anna Rita Carucci

l’eleganza

Il gusto della Curiosità di Pierluigi Frassanito

di Pietro Andrea Annicelli

Le immagini e gli articoli pubblicati, salvo accordo scritto, si considerano utilizzati a titolo gratuito. Manoscritti, disegni e immagini, anche se non CREDITI FOTOGRAFICI (autori e/o proprietà delle immagini)

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Negroamaro: una finestra sul successo

di Pino Fumarola

Progetto fotografico NICOLA AMATI Art director RENATO STABILE

L’editore? Proviamoci

la musica che ci gira intorno

di Leonardo Semeraro

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Teresa Tardia: la classe e lo stile

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Volare low cost

presente e futuro

di Dalmazia Fumarola

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Il distretto tessile di Martina Franca

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Videochiamata? Si grazie di Fabio Bianco

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Orientarsi nel mondo dei gps

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Villa San Martino: chi ama soltanto il meglio

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Boeing 787: l’aereo dei sogni

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Centrale fotovoltaica di Brindisi

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Block Shaft: la sicurezza è di rigore


L’editore?

di Pino Fumarola

Proviamoci

O

oops! Finisco questo lavoro e sono da voi … Mi chiamo Pino Fumarola. Sono l’editore di Primal Free Time. Mi avete beccato mentre sto ricostruendo la porta di un’automobile predisponendola ad accogliere un sistema di hi-fi car. Sono vent’anni che la mia azienda, Primal Company, fa sistemi e brevetti d’avanguardia con marchi propri. Ho iniziato non ancora maggiorenne, sulla scia dell’entusiasmo per un’attività che mi piaceva. Dopo aver collezionato successi e premi in Puglia, in Italia e in Europa, Primal Company è oggi un’azienda leader nella gestione del suono. Al car stereo si è aggiunta la sonorizzazione di ambienti pubblici e privati con sistemi di audio-video e di domotica. Inoltre, la produzione e la distribuzione di diffusori audio made in Italy con marchio Finauris, la fornitura e l’installazione di sistemi per la radiolocalizzazione di flotte, navigazione e di protezione satellitare, l’oscuramento vetri, la produzione di kit di lampade allo xenon con marchio Indor. Primal

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Company si occupa anche di telefonia cellulare. Infine, produce e commercializza, con marchio Lynda, salviette monouso per enti e istituzioni pubbliche, per aziende nazionali e internazionali. Girare l’Italia e il mondo per le mie attività mi ha portato a riflettere sulla comunicazione. In questi anni Primal Company è stata il risultato d’una progressiva organizzazione aziendale attraverso la passione per il lavoro che diventa, anche, ricerca dell’eccellenza. È da tempo che penso a un giornale nel quale esprimere, attraverso un’informazione che ci faccia vedere e apprezzare le cose magnifiche che ci sono in Puglia e non solo, la costante volontà di migliorarsi. Insieme ad alcuni amici, abbiamo deciso di esserci. Cominciate questo viaggio con noi: ci sarà da divertirsi. Perché Primal Free Time è un pò come Primal Company: un luogo dove è piacevole entrarci e farne parte, permeato di musica, bella gente, novità. E in continuo mutamento.


L’informazione di Pietro Andrea Annicelli

U

glocale

n’azienda che investe in un giornale, in una logica di comunicazione aperta per valorizzare e farsi valorizzare, merita rispetto e fiducia. Ho accettato di collaborare all’idea di Pino Fumarola perché lo conosco da tempo e ne stimo la lungimiranza. Lui è uno che ha l’ambizione di vedere cosa c’è dietro la montagna, quanto è lontana una stella, come va a finire una storia. Ha anche la concretezza e il senso del limite che porta a non deviare verso il romanticismo velleitario, la prova di forza, l’azzardo fine a se stesso. È un imprenditore, Pino, consapevole che tutta la vita è risolvere problemi. Si vince quando si hanno le soluzioni giuste, che sono anche le più rapide ed efficienti. Da ciò il migliorarsi cambiando che è la filosofia aziendale di Primal Company. L’ultima tappa, per il momento, è Primal Free Time. Sono contento di partecipare a questo progetto anche perché mi piace l’idea del giornale che vuol essere l’esatto contrario dell’house organ. Non una pubblicazione aziendale e

neppure aziendalista, ma uno strumento d’informazione che serve sì a diffondere informazioni utili all’interesse di Primal Company, ma ponendole in relazione a un universo di situazioni che, riguardando direttamente o lateralmente la vita di ognuno, è interessante e a volte importante conoscere. Su questo universo, Primal Free Time ha il compito di aprire lo sguardo. Nel mondo interconnesso dai media, ma avendo come area di principale diffusione un territorio, la Puglia e la Calabria, circoscritto, Primal Free Time è un esercizio d’informazione glocale. Significa considerare quel che siamo e ciò che abbiamo ponendolo in relazione, senza autoreferenzialità né subalternità provinciale, con la realtà nazionale e internazionale: da cittadini del mondo. Non si migliora se non si conosce. A questo serve la buona informazione. Voi siete, se lo volete, i nostri graditi compagni di viaggio.

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di Agostino Quero

Gaspare Cardamone

Nancy Dall’Olio

Roberta Vinci

Guido Bertolaso

Gianni Versace

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GASPARE CARDAMONE È il patron di Studio 100. L’ha portata all’eccellenza. Eurispes l’'ha inserita tra le cento realtà imprenditoriali e istituzionali che si aggiungono a quelle della prima edizione del Rapporto sulle Eccellenze in Italia. «Scorrendo le cento esperienze inserite nel Rapporto, è facile rendersi conto (…) che queste imprese, enti, istituzioni e associazioni producono una forte spinta psicologica, una energia positiva e una iniezione di fiducia a beneficio di tutto il Paese» fanno notare dall’emittente tarantina che, fra terrestre e satellitare, fa due milioni di telespettatori (dati Auditel). Cardamone si gode il riconoscimento, che peraltro «premia il personale amministrativo, i tecnici, i giornalisti e il personale di segreteria e tutti i collaboratori di Studio100. Un’azienda del profondo Sud, mettendo assieme passione, professionalità e impegno, riesce ad evidenziarsi nel panorama nazionale: un obbiettivo raggiunto che ci gratifica e che ci sprona a continuare». NANCY DALL’OLIO C’è anche un’avvocatessa del Sud, con origini a Bisceglie in particolare, che ormai è una stella di prima grandezza internazionale e lo è da anni. Nancy Dall’Olio, famosissima, lo è soprattutto in Inghilterra. E non solo per la sua bellezza e la sua love story con l’ex allenatore della nazionale britannica Sven Goran Eriksson. Ora, l’avvocatessa è diventata una strettissima collaboratrice di Tony Blair, ex primo ministro, nella

sua attività di osservatore internazionale. Colui al quale la comunità mondiale sta per chiedere una sorta di miracolo laico: fare da pacificatore in Medio Oriente. ROBERTA VINCI Dagli studi legali ai campi da tennis: un’altra donna da urlo. È la tarantina Roberta Vinci, fra le protagoniste del successo italiano in Fed Cup, l’omologa femminile della Coppa Davis. A Castellaneta Marina, è del doppio Schiavone-Vinci l'impresissima che ha sconfitto le francesi in semifinale. Ora, sotto con la Russia per la vittoria finale. GUIDO BERTOLASO Diventa ostunese ad honorem Guido Bertolaso, il capo della protezione civile. Per quello che fa, ogni città dovrebbe conferirgli la cittadinanza onoraria. Lo fa la città bianca, per una vicenda specifica: la rimozione d’una nave arenatasi sulla costa ostunese più d’un anno fa. Con l’intervento della protezione civile, si è risolto tutto e con danni ambientali molto limitati. GIANNI VERSACE 1946-1997 La stellissima è indimenticabile nella nostra memoria. La sua uccisione, dieci anni fa, è stata ricordata con una manifestazione. Scenografia di Maurice Béjart, organizzazione perfetta da parte di Donatella, sorella che ha raccolto una pesantissima eredità e che ora sta riportando ai fasti il marchio nato da un calabrese rappresentando il meglio del Sud.


Primal

vince

Primal Company rinnova la bacheca dei trofei. Il 27 maggio, al raduno nazionale di San Benedetto del Tronto, una motrice realizzata da Primal si è classificata seconda nell'allestimento estetico dietro alla celebre motrice che si è ispirata a Tazio Nuvolari. Nel prossimo numero di Primal Free Time ci sarà un reportage con le immagini della realizzazione.

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belle con l’anima MADDALENA CORVAGLIA

La cambio io la vita

«

che non ce la fa a cambiare me

Che lavoro faccio? Bella domanda! Non sono ancora riuscita a dare una risposta». Maddalena Corvaglia è in un periodo positivo della sua vita. Prima dell’estate, la sua presenza a Balls of steel, trasmissione televisiva di Rai Due presa dall'emittente inglese Channel Four e trasferita al pubblico italiano, era per molti una buona ragione per sopportare pure la petulanza di Marco Mazzocchi. E lei, Maddy, in Rai Due ci crede. «Non sono in esclusiva, ma non sono neanche una pallina da ping pong che rimbalza da una rete all'altra. Voglio fidarmi di Rai Due». E la rete cadetta della Rai vuol fidarsi di lei. Le ha affidato anche la conduzione di Un disco per l’estate insieme a Charlie Gnocchi, fratello di Gene. Per l’inverno l’ha invece riconfermata per Balls of steel e «c’è una cosina nuova dall’autunno, ma non mi va di parlarne su un giornale perché ne

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so pochissimo». C’è poi la radio, con il consueto programma su R101 dalle 23 alle due ogni sabato notte per tutta l’estate. «Prima delle proposte di Rai Due, ho preferito fare un programma in radio che mi piaceva piuttosto che un programma in televisione che non mi piaceva. E il direttore di R101 è una persona fantastica!». Dicevamo del bel periodo che attraversa la vita di Maddy. «È un momento bellissimo, perché sono tornata a essere serena e felice. Mi sveglio bene al mattino: sorridendo, di buon umore. Nei mesi scorsi sono passata da una fase di cambiamenti durante la quale non mi riusciva di essere serena. Ora, invece, va tutto bene». Agosto nel Salento, insieme alla mamma, al fratello, agli amici e ai cani. E magari sarà l'occasione per soffermarsi su qualche lettura propedeutica alla sessione autunnale d’esami. Si, perché Maddalena Corvaglia è studentessa a Lecce. Scienze dell’Educazione, con specializzazione umana e morale. «Posso stare dei mesi senza toccare un libro, ma quando mi ci metto sono capace di restare a studiare fino a tardi. Non è una facoltà che ho scelto per uno sbocco lavorativo, ma perché era una delle poche che potevo frequentare lavorando. Gli studi sono lentissimi». E la media dei voti? «Non la dico, perché altrimenti sembra che mi autoincenso! Però, è molto buona». Materia preferita: la filosofia. «Mi piace Schopenauer: l’arte di essere felici, di aver ragione, d’invecchiare. E poi, L’interpretazione dei sogni di Freud. È un malloppone, ma mi è servito tanto a capire certi sogni terribili che avevo in passato, di quelli che ti lasciano con tanta paura! Mi piace molto leggere. Cerco di leggere tutto quello che parla della vita. Forse perché non la capisco fino in fondo». Eppure c’è una saggezza istintiva che, sotto pelle, muove il personaggio pubblico apparentemente estroverso che è Maddalena Corvaglia. «Io voglio crescere come persona. Le possibilità sono due. Una è la ricerca, e per molti il bello della vita è proprio nel cercare piuttosto che nel trovare quello che si cerca. L’altra è quando raggiungi quel che stai cercando, se dentro te sai cos’è, Io? Diciamo che ho tanti piccoli obiettivi».

la ragazza con la

motocicletta Maddalena Corvaglia è notoriamente un’appassionata di motociclette. Nel perio-do in cui era velina a Striscia la notizia, ne ricevette addirittura una in regalo da un fan di nome Claudio. Era un regalo piuttosto impegnativo: Maddalena non l’accettò. I versi d’una canzone di Neil Young, Unknown legend, disegnano un quadro nel quale ci fa piacere vedere la ragazza salentina: «Da qualche parte lungo un’autostrada deserta /lei corre su una Harley Davidson /con i suoi lunghi capelli biondi che svolazzano al vento. /È da metà della sua vita che corre. /L’acciaio cromato su cui viaggia /si scontra con l’aria pura che respira, /l’aria che respira».

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belle con l’anima ROSSELLA BRESCIA

In punta di piedi tra grazia e fatica

V

acanze d’agosto tra la Puglia e la Sardegna, accompagnata anche dai suoi cani Romeo, Sofia e Bartolo. Poi, subito, il ritorno al lavoro. È la prospettiva di Rossella Brescia dopo mesi intensi su diversi fronti: la televisione, la radio, il teatro, la scuola di danza nella sua Martina Franca. A luglio, sul palco del Teatro «Verdura» di Palermo, Rossella ha interpretato da protagonista la Carmen di Georges Bizét, dramma musicale con coreografia e regia di Luciano Cannito. «Lui è una persona straordinaria» dice Rossella. «Ha saputo mettermi a mio agio, darmi i giusti consigli per affrontare questa parte affascinante ma anche difficile. Mi sono allenata molto, e sono soddisfatta del mio lavoro. Credo di essere riuscita a trovare l’equilibrio fra danza e interpretazione». Al suo fianco, nel ruolo di Don José, c’era uno dei ballerini suoi partner abituali: José Perez. Inoltre, il corpo del Teatro Massimo di Palermo.

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«È stato molto faticoso, anche come preparazione, riuscire a sostenere un’intera opera, ma anche molto interessante per la tecnica espressiva che era richiesta. Tutto è stato molto carino». In precedenza, Rossella aveva dedicato molta attenzione alle due trasmissioni televisive Colorado Café e Matinée, rispettivamente su Italia 1 e Rai Due, e a quella radiofonica su Rds di prima mattina con Max Pagani e Joe Violanti. «Con Giampiero (Ingrassia, suo partner in Matinée, ndr) ho scoperto di avere un feeling meraviglioso. Non ci conoscevamo, e ci siamo incontrati per la prima volta ai provini». Colorado Café, invece, con l’ultima puntata dell’edizione 2007, Colorado revolution, ha superato in prima serata Rai Uno, che proponeva Miss Italia nel Mondo. Rossella ha condotto la trasmissione per sette puntate con Beppe Braida e Giovanni Cacioppo, manifestando una volta di più la sua versatilità.


Anche la sua omonima scuola di danza di Martina Franca va a gonfie vele. Quest’anno ha ospitato, per gli esami di fine anno, Margherita Parrilla, direttrice dell’Accademia Nazionale di Danza di Roma e in precedenza elegante étoile nei migliori teatri. «Sono stata molto contenta del suo giudizio sui miei allievi» dice Rossella. «La mia è una scuola giovane, ma che ha sviluppato un buon lavoro affinché la danza si esprima su basi tecniche concrete. Gli allievi sono ancora un pò giovani per dare un giudizio definitivo, perché occorrono almeno otto anni di scuola prima di capire chi ha la volontà e il talento per arrivare fino in fondo. Ci sono però delle buone prospettive».

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I

l primo telefono cellulare risale al 3 aprile 1973, geniale invenzione del tecnico Martin Cooper, dipendente della Motorola. L’azienda decise di commercializzare l’invenzione di Cooper solo dieci anni dopo, con un prodotto al costo di circa quattromila dollari. Da allora il settore si è sviluppato in maniera impressionante, fino ad arrivare a quello che oggi tutti portiamo in tasca. Questa ascesa è suddivisibile in tre generazioni. La prima è quella degli Etacs, i primi cellulari le cui dimensioni non erano affatto contenute e dalle funzionalità minime: chiamate e messaggistica di base. La seconda generazione, quella dei Gsm, ha portato sul mercato mondiale apparecchi dalle dimensioni assai più ridotte e dalle caratteristiche più evolute come i display a colori e gli mms, messaggi con immagini o suonerie incluse, offrendo inoltre la possibilità di collegarsi ad internet tramite la tecnologia wap.

Cellulari

I prodotti attualmente sul mercato sono quelli di terza generazione, con standard qualitativi elevatissimi. Sono telefoni celdi Vito D'Aprile lulari con funzionalità Pda: consentono di effettuare videochiamate, di un determinato numero di ore di chiamate, collegarsi a internet in alta velocità, di messaggi e svariate altre opzioni. Spesso controllare e scaricare e-mail, fare foto i gestori associano ai piani tariffari flat e video, addirittura di essere utilizzati la possibilità per il cliente di portare a come veri e propri lettori mp3. Offrono, casa un telefono cellulare versando solo inoltre, la possibilità di scambiare dati una piccola somma di upfront. con altri cellulari o con il personal comIn Italia il fenomeno della telefonia puter tramite la tecnologia Bluetooth, cellulare ha raggiunto livelli da primato senza alcun costo. mondiale, determinando una sorta di gaMa cosa costa tutta questa tecnologia? lateo che prevede regole sull’uso. Ad I vari gestori telefonici offrono piani esempio, evitare suonerie dal volume tariffari sia a consumo su sim prepagate, eccessivo, o l’utilizzo nei luoghi pubblici oppure piani tariffari di tipo flat che in cui potrebbe arrecare disturbo ai preprevedono una somma forfettaria che il senti: cinema, teatri, luoghi di culto. In cliente versa alla compagnia, ricevendo questi ultimi anni, da status symbol il cellulare ha quindi assunto un ruolo quasi da bene di primo consumo. Non ci meraviglieremmo affatto se dovessimo ritrovarlo nel famoso paniere Istat. La larga diffusione ha fatto nascere un vero e proprio mercato parallelo alla telefonia mobile con la nascita di svariati siti internet per personalizzare il proprio cellulare con suonerie, sfondi e loghi. Non sono da meno le aziende che offrono sul mercato infiniti gadget come custodie e cover coloratissime, ciondoli e squillabrilla di diverse forme e fatture. Le case produttrici, a loro volta, continuano a sfornare prodotti non solo di altissima tecnologia, ma curatissimi nelle linee estetiche, arrivando addirittura ai cellulari griffati da noti stilisti o case di design.


l’eleganza

Teresa Tardia la classe e lo stile

«

A detta di alcuni clienti, quest’anno la nostra produzione ha fatto riscontrare un salto significativo di qualità». Igino Tardia, amministratore del Gruppo Tardia, non nasconde la sua soddisfazione. La collezione firmata Teresa Tardia di capi d’abbigliamento maschili e femminili per l'autunno e per l’inverno prossimi dimostra che anche l’alta moda è accessibile in maniera non occasionale, ma programmata, alle aziende del distretto tessile di Martina Franca in possesso d’un know-how che si è via via arricchito e consolidato di generazione in generazione. «Puntiamo molto sulla qualità del prodotto» conferma Igino Tardia. «L’obiettivo è interessare una fascia di clientela che si rivolge alla qualità medio alta. Il nostro mercato è soprattutto estero: in Italia, dove l’attenzione della clientela è concentrata molto sulle firme e relativamente sulla qualità dei capi, probabilmente sono ancora pochi quelli che possono apprezzare i nostri vestiti nella giusta maniera». Tra tessuti e rifiniture di pregio, tutte studiate dall’azienda martinese, quel che risalta dalla collezione Teresa Tardia autunnoinverno anticipata dai cataloghi è la valorizzazione del made in Italy. Anzi, del made in Puglia. «Tutti gli abiti sono realizzati nella zona, tra la Valle d’Itria e i territori vicini» conferma Igino Tardia. Poi i capi prendono altre direzioni. Il nord Europa: Finlandia, Norvegia, Svezia. Qualcuno però arriva anche nei negozi d’alta moda greci e spagnoli. C’è poi la Russia, che per l’azienda è un mercato primario. La globalizzazione si cavalca anche così: puntando alla qualità senza compromessi e senza timori reverenziali. È necessario il prodotto, che c’è: «Nonostante le temperature alte di questo inverno non siano state favorevoli a valorizzare capi come i nostri, siamo stati premiati sul mercato estero da un 20% di export in più»

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l’eleganza L’azienda è stata costituita nel 2002, ma i Tardia venivano da precedenti esperienze nell’abbigliamento. Il capostipite, Antonio Tardia, ha iniziato come ambulante nei furgoni ad appena otto anni. Nella seconda metà del Novecento, con l’aiuto dei figli e dei parenti, ha sviluppato aziende a conduzione familiare che sono arrivate a rappresentare un segmento significativo dell’imprenditoria tessile di Martina Franca. L’azienda della quale Igino è amministratore unico ha fatturato lo scorso anno circa cinque milioni di euro. L’ultima generazione beneficia dell’internazionalizzazione dei mercati. «Il nostro gruppo partecipa a cinque fiere internazionali: Düsseldorf, Madrid, Milano, Parigi,

Mosca. Ci sono poi, di anno in anno, fiere nazionali e internazionali alle quali partecipiamo attraverso i nostri rappresentanti». La rete vendita è fondamentale: consente di testare la richiesta del mercato. «Il nostro progetto è ampliare la fascia medio alta, facendoci maggiormente conoscere raggiungendo il cliente attraverso forme pubblicitarie alternative, e pubblicità internazionali avvalendoci dei nostri stessi clienti di prestigio». La collezione di tailleur firmata Teresa Tardia sembra già aver colto nel segno. Non stupitevi, quindi, di vederne uno addosso a qualcuna delle bellissime: quelle che lo sono davvero nella vita reale e nei luoghi che contano.

Il distretto tessile di Martina Franca La legge sui distretti di prossima approvazione da parte della Regione Puglia renderà ufficiale quello che a Martina Franca è un dato di fatto che si è costituito in oltre cent'anni: un polo dell’abbigliamento tra i più importanti in Italia per la produzione di capispalla. Dai capén e le capputtelle fabbricati nella seconda metà dell’Ottocento in laboratori casalinghi e venduti nelle piazze dei paesi vicini durante le fiere stagionali, ai cappotti e alle stoffe esportate negli anni Venti anche in Inghilterra, agli anni Novanta quando i capispalla (cappotti e giacconi) fabbricati a Martina arrivano a valere il 40% del prodotto interno lordo italiano per quanto riguarda la loro commercializzazione, il polo dell’abbigliamento martinese ha rappresentato un riferimento via via ben definito per la qualità delle lavorazioni e l’organizzazione imprenditoriale. Ora c’è la nuova frontiera: internazionalizzazione dei prodotti e incremento della qualtà. Fino all’alta moda.

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foto


Videochiamata?

Si, grazie

«Benvenuti nel futuro». Questo messaggio compariva qualche anno fa nelle presentazioni dell’Umts, la terza generazione della comunicazione mobile. Non solo telefonate e sms, ma videomessaggi, internet, mp3. Gli utenti del telefonino più esigenti chiedevano novità sempre più vantaggiose e innovative: beh, serviti! Videochiamata: il boom della telefonia si chiama proprio così. Permette non solo l’ascolto, ma anche la visualizzazione dell’interlocutore. Ormai è una vera antagonista della classica telefonata anche in termini di costi. I numeri lo dimostrano: ben il 40% degli utenti utilizza regolarmente questa forma di comunicazione per il tempo libero e il lavoro.

di Fabio Bianco

Il fenomeno è ancora più importante se si considera che gli over cinquanta, generalmente restii alle novità, utilizzano la videochiamata come utilissimo strumento di comunicazione, grazie anche alla facilità di utilizzo e ai costi non proibitivi dei videofonini. In Italia, leader della videocomunicazione mobile è H3G con oltre sei milioni e mezzo di utenti. Una capillare diffusione del prodotto, la qualità dei servizi e le continue offerte rivolte a nuovi e vecchi utenti sono la ricetta d’un successo. Provare per credere


la musica che ci gira intorno

Negramaro una finestra sul successo

I

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l nome degli studi di registrazione, a San Francisco, dove è stato registrato La finestra, è una garanzia: Plant Studios. La prosaica traduzione è: Studi Pianta. L’inglese rimanda però a Robert Plant, il mitico cantante dei Led Zeppelin. E forse la suggestione finisce per avere un pò d’inconscio e intrinseco significato rispetto a un disco che è ritenuto parecchio rock. Supervisionato da Corrado Rustici, il nuovo album dei Negramaro è stato pubblicato l’8 giugno scorso anticipato sui circuiti radiofonici dal singolo Parlami d’amore l’11 maggio. La finestra trasmette un senso d’immediatezza calibrato sulla voce di Giuliano San-

Ermanno Carlà (Veglie, 17 febbraio 1977: basso), Danilo Tasco (Salve, 26 marzo 1979: batteria), Andrea Mariano (Copertino, 26 marzo 1978: pianoforte e sintetizzatori), Andrea Pupillo De Rocco (Casarano, 30 settembre 1973: campionatore) comincia otto anni fa nel Salento. Crescono con i concerti dal vivo, fino a interessare Caterina Caselli, la grande cantante degli anni Sessanta oggi produttrice con la Sugar. Nel 2001 i Negramaro vincono il Tim Tour e sono tra i finalisti all’Mtv Brand New Talent. Il primo album, Negramaro, è un disco rock. Il loro primo successo è il singolo Come sempre, scelto dalla Rai per la pubblicità celebrativa dei suoi

giorgi, che si amalgama al suono diretto del gruppo che in sei delle quattordici canzoni si avvale anche dei Solis String Quartet, formazione jazz napoletana. E ruberò per te la luna è arricchita dagli inserti operistici del Coro dell’Accademia di Santa Cecilia, mentre Cade la pioggia ospita il rap tagliente di Jovanotti. Chiusura con i quasi quindici minuti di È così, con acida conclusione. L’avventura di Giuliano Sangiorgi (Copertino, 24 gennaio 1979: voce, chitarra e pianoforte), Emanuele Lele Spedicato (Veglie, 26 ottobre 1980: chitarra),

cinquant’anni. Poi, dal disco successivo, la collaborazione con Corrado Rustici, il debutto a Sanremo con Mentre tutto scorre che è scelta come canzone iniziale del film La febbre di Alessandro D’Alatri con Fabio Volo, infine il premio come Rivelazione dell’anno al Festivalbar, porta d'accesso per le classifiche. Il grande successo del tour italiano del 2005 induce i Negramaro a pubblicare il dvd Mtv Live Negramaro. Un anno fa ricevono il premio Best performance nelle finali del Festivalbar a Verona. Come il vitigno della loro terra dal quale prendono


il nome, i ragazzi salentini si rivelano sempre più un gruppo capace di coinvolgere, talvolta di emozionare. «Sembrerà strano, ma abbiamo trovato molto del nostro Salento in California, a partire dai vini corposi come il Negroamaro» hanno dichiarato al settimanale Sorrisi e canzoni Tv. «Persino la mitica Cupertino, città della Apple, è gemellata con la nostra Copertino...». E poi: « Crediamo nell’emozione pura, nel sentire tremare le gambe: i numeri li lasciamo agli altri, agli addetti ai lavori. Io m’inginocchierei davanti al pubblico che grida le nostre canzoni, perché è poi la gente che decide, mentre qui in Italia c’è troppo poco rispetto verso il pubblico. Ti giuro che noi ogni volta lottiamo per tenere bassi i prezzi dei nostri biglietti e magari ci guadagniamo venti volte meno. Ma abbiamo chiaro che è il pubblico quello che fa la nostra storia e se siamo primi non è per strategie di marketing, ma perché lo decidono i ragazzi».

Disco

grafia

La finestra è il quarto album dei Negramaro. L’esordio è nel 2003 con il disco omonimo. Dell’anno dopo è 000577, e del ‘05 Mentre tutto scorre. Il primo singolo, nel ‘03, è Come sempre, seguito due anni dopo da Mentre tutto scorre, Estate, Solo 3 min. e, nel ‘06, da Nuvole e lenzuola. Dall’album di quest'anno è tratto Parlami d’amore. Nelle classifiche, La finestra è arrivato al primo posto, Mentre tutto scorre si è fermato al terzo.


Fenomeno

Zero di Annalisa Scialpi

Sabato pomeriggio. L’auto sfreccia sicura, poi sempre più impaziente. La méta, lo stadio Arena della Vittoria di Bari, si fa sempre più vicina. La strada è attraversata da pullman straripanti di zerofolli, incuranti della calura. Il lungomare, però, è una poesia di vele, bagnanti e immensità sconfinata che promette l’azzurro d’una serata che veste con i profumi e i paesaggi della terra di Puglia la magia dell’arte e della musica di Renato Zero. L’ingresso allo stadio è reso vario dal mercatino di fasce, magliette, foto storiche dell’artista, cuoricini luminosi, fino alla … biancheria intima! Finalmente siamo nello stadio. Troppo tardi per la prima fila, ma comunque in buona posizione. L’attesa si fa sempre più trepidante. Dagli spalti gremiti e spennellati di tinte cangianti si lévano cori d’incitamento per il Re dei Sorcini dopo la breve esibizione di Mariella Nava. Alcuni intravedono i primi movimenti dietro il pannello semitrasparente del palcoscenico. Aumenta l’entusiasmo, l’adrenalina, fino al mitico conto alla rovescia. Ci siamo, puntualissimi. Alle nove si spengono le luci. Il nome di Renato, urlato, rimbalza nei cuori, nell'aria, nelle mani sollevate quasi ad acchiappare un sogno vivente. Dopo il breve balletto d’apertura, eccolo finalmente, con la sua voce, a vincere la fatica di tanta attesa. Identikit, Svegliatevi poeti, Sosia, Spiagge, Cercami, Baratto, Il triangolo, Vivere, L’ambulanza, Il Maestro, D’aria e di musica, Magari, Sesso o esse, Il Cielo, sono le canzoni, intervallate da monologhi ricchi di messaggi

edificanti, realistici eppure intrisi d’una grandissima umanità: quella di un artista la cui creatività ed energia straripante si unisce a una grande intelligenza e solida cultura. Perché il sogno si nutre non solo di entusiasmo e di slancio, ma di lavoro, fatica, impegno a migliorarsi in continuazione. Per non dimenticare che il successo non è la fiamma dell’attimo destinata a esplodere senza lasciare traccia, ma la fiaccola che, nel suo corso verso l'eternità, si alimenta con l’olio della serietà e della competenza, per mantenere accesa la luce della passione. Ecco il messaggio che mi è sembrato di cogliere negli interventi, nella fedeltà del pubblico, nell’evoluzione della sua esperienza artistica (che seguo con grande interesse!), nella stessa puntualità di questo straordinario artista che ha ricordato il «ricordati che devi morire» come saluto dei frati e appello, per i politici soprattutto, e per tutti noi, a costruire sui valori della cultura e dell’umanità in un sistema «che considera gli uomini dei numeri». Renato Zero, con la sua testimonianza artistica e soprattutto umana, mi ha insegnato che si può vincere, e che la vittoria più grande è riuscire a essere se stessi fino in fondo, ed esserlo nel miglior modo possibile vivendo, lottando, credendo per un sogno e, naturalmente: «Amando/ amando» per «Vivere/ vivere/ una vita che so che c'è».


la musica che ci gira intorno Antonio Dambrosio Ensemble

Rocco Scotellaro

S

poesia & musica

empre nuova è l’alba è il nuovo album dell’Antonio Dambrosio Ensemble. Sottintende fin dal sottotitolo, Omaggio in musica a Rocco Scotellaro, l’idea di riappropriazione dell’emozione ricavata dalla propria storia culturale che è a fondamento di un’operazione non solo musicale. Squilibri Editore, che diffonde il lavoro, ne ha infatti ricavato una pubblicazione. Per la musica e la cultura tra la Puglia e la Lucania, ma in stretta relazione al Mezzogiorno e al Mediterraneo, è un evento. L’Ensemble è composto, oltre che dal batterista e percussionista lucano Antonio Dambrosio, da Matilde Bonaccia e Francesco Tammacco (voci recitanti), Achille Succi (clarinetto e sax alto), Vittorino Curci (sax alto), Nicola Pisani (sax soprano e baritono), Giuseppe Amatulli (violino), Vanessa Castellano (violino), Domenico Mastro (viola), Vito Amatulli (violoncello), Camillo Pace (contrabbasso), Pasquale Mega (pianoforte), Pino Basile (tamburi a cornice, cupa cupa). A essi si aggiunge, nell’album e spesso nelle performance pubbliche, il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. Riconosciuto poeta, Vendola si confronta con la grande poesia di Scotellaro, il poeta sindaco di Tricarico scoperto negli anni Cinquanta da Primo Levi, esaltata dalla musica dell’Antonio Dambrosio Ensemble. «Nichi Vendola come Kerouac e Ginsberg. Nella mente i reading della beat generation, ma nel cuore i versi di Rocco Scotellaro, consegnati al jazz identitario del percussionista e compositore di Altamura Antonio Dambrosio (...) pezzi di un puzzle della memoria che riconsegna all’ascoltatore il mondo contadino di un protagonista assoluto della cultura e della tradizione meridionale» ha scritto Francesco Mazzotta sul

Corriere del Mezzogiorno. Per archi, fiati, percussioni, piano e voci, Sempre nuova è l’alba si rivela una coinvolgente partitura musicale dove i suoni del jazz si mescolano al senso, anche sonoro, della civiltà contadina, che era anche senso di riscatto collettivo del Mezzogiorno. Dambrosio ha scritto tutte le composizioni del disco, tranne una melodia popolare lucana riarrangiata. Vendola che legge Scotellaro rimanda un senso di sofferenza antica e di triste forza: «Ma nei sentieri non si torna più indietro. /Altre ali fuggiranno /dalle paglie della cova, /perchè lungo il perire dei tempi /l’alba è nuova, è nuova».

Antonio Dambrosio in basso: L’Ensemble

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la musica che ci gira intorno

MinAfric Orchestra È la nuova formazione di Pino Minafra, naturale prosecuzione della Sud Ensemble. Ha debuttato il 28 giugno al Festival Bari’n Jazz e partecipa al Festival Imaxina Sons di Vigo. «La MinAfric Orchestra, formata da alcuni tra i più importanti musicisti italiani, nasce per dare forza espressiva all’urgente pensiero compositivo di Pino e Livio Minafra, musicisti (padre e figlio) nati in Puglia e affermati nel panorama internazionale, che operano e si ispirano alla loro madre terra: il Sud» si legge nel comunicato di presentazione. La formazione che ha esordito a Bari ha compreso: alle trombe Pino Minafra, Marco Sannini, Vito Mitoli. Al sax: Roberto Ottaviano, Gaetano Partipilo, Rossano Emili, Carlo Actis Dato. Ai tromboni e alla tuba: Lauro Rossi, Giampiero Malfatto. Alla chitarra elettrica: Domenico Caliri. Al pianoforte, alle tastiere e alla fisarmonica: Livio Minafra. Al contrabbasso: Giovanni Maier. Alla batteria, ai timpani e alle percussioni: Vincenzo Mazzone. Ospita Nabil Salameh, voce dei Radiodervish. «Intenzione primaria della MinAfric è quella di dare

Pino Minafra

voce e suono alle musiche del nostro tempo travagliato e inquieto, volgendo lo sguardo su tutto l’orizzonte geografico, musicale e culturale del Sud» si legge ancora. «Un progetto intenso e articolato, che unisce con la musica le complesse diversità musicali e culturali che circondano la nostra Puglia, terra di approdo di tragedie umane ma anche di speranze e culture. Una terra che per sua vocazione e posizione geografica è stata naturale ponte e porta nei secoli verso: l’Oriente, il Mediterraneo, l’Africa, i Balcani e oggi verso la nuova Europa».

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la musica che ci gira intorno

Richard Sinclair è tra i trulli la terra del grigio e del rosa

«

C’è un luogo dove posso andare, /dove ascolto il vento cantare. /Ci sono alcune persone che conosco /e tutto mi ritorna». Richard Sinclair, mitico bassista e cantante dei Caravan e degli Hatfield & The North, ha ritrovato nei trulli della campagna murgese la terra del grigio e del rosa celebrata nel disco più bello dei Caravan, In the land of grey and pink appunto, 1972. Cinquantanove anni, gli ultimi quaranta trascorsi suonando tra l’Inghilterra, il nord Europa, gli Stati Uniti e il Giappone e cantando con la voce forse più caratteristica del pop inglese, Sinclair è venuto a vivere in Puglia l’inverno scorso. Ha lasciato la natìa Canterbury, dove il padre era ebanista nella cattedrale e lui aveva iniziato negli anni Sessanta in quella che si sarebbe rivelata la fucina forse più creativa di talenti della scena musicale inglese dei primi anni Settanta, per acquistare un trullo nella campagna della Murgia dove vive con la moglie Heather.

Terminata definitivamente la reunion degli Hatfield & The North iniziata nel 2005 a Fasano Jazz e proseguita, tra concerti in Europa, in Giappone e negli Stati Uniti, fino alla morte del batterista Pip Pyle l’estate scorsa, Sinclair ha scelto d'invecchiare in Puglia. L’aveva scoperta negli anni scorsi suonando nel Salento, a Fasano, a Taranto, e formando addirittura un gruppo, la Taranterbury Band of Dreams, con musicisti pugliesi e l’amico chitarrista Phil Miller, anch’egli negli Hatfield & The North, per suonare tre anni fa alla Festa de l’Unità a Taranto. Oggi il quartetto, con Angelo Lo Sasso alla batteria, Antonio Cascarano al basso e Gianluca Milanese al flauto, ha esordito all’Università di Lecce a maggio come Richard Sinclair Band, e prevede un’attività regolare dall’estate in poi. Un sogno di Richard sarebbe invitare in Puglia l’amico Robert Wyatt. Il grande cantante ed ex batterista dei Soft Machine, il gruppo più sperimentale, visionario e celebrato di

The rotters’ club, 1975, e il primo omonimo disco degli Hatfield & The North, 1973, in primo piano, restano esempi di grande musica creativa degli anni Settanta.

Canterbury, su una sedia a rotelle dal 1973, quando cadde lesionandosi in permanenza la spina dorsale, pubblicherà in autunno il suo nuovo disco, realizzato con Brian Eno e Paul Weller. Il suo capolavoro è Rock bottom, uno dei dischi migliori degli anni Settanta, dove Richard suona. «Potrei ospitare Robert a casa mia il prossimo anno. E se qualcuno gli organizzasse delle conferenze nelle università e nei conservatori, potrebbe parlare della sua musica».

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Soft Machine Legacy John Etheridge (chitarra), Theo Travis (fiati), John Marshall (batteria e percussioni), Hugh Hopper (basso): sono i Soft Machine Legacy, ultima reincarnazione d’uno dei gruppi più leggendari di quella musica totale tra pop, jazz, folk, sperimentalismo e avanguardia che costituisce l’aspetto più visionario del Canterbury sound. I Soft Machine hanno all’attivo almeno un album, Third, del 1970, che è tra i capolavori della musica. Di quel leggendario quartetto faceva parte Hopper (con Mike Ratledge, Robert Wyatt ed Elton Dean). John Etheridge ha fatto brevemente parte d’una versione tarda del gruppo, mentre John Marshall sostituì Robert Wyatt nel 1972 provenendo dai Nucleus. Theo Travis, invece, non ha mai fatto parte di precedenti formazioni dei Soft Machine. Ha sostituito Dean, grande sassofonista scomparso un anno fa, che con Hopper aveva rifondato il gruppo. Due anni fa Travis era a Fasano Jazz con Richard Sinclair e gli Hatfield & The North. Quest'anno ci è tornato con i Legacy.


la musica che ci gira intorno

Per il vostro impianto di Santino Mandolla

(e le vostre orecchie)

C

omincio con un chitarrista di Dallas da noi sconosciuto, ma dalle sue parti apprezzato per le doti nel jazz blues. È Chris Cortez con il suo album Mum is the world. Per me è stata una piacevole sorpresa: uno che vive di musica a tempo pieno e si occupa di arrangiamenti, di produzione (l’etichetta discografica del disco è di sua proprietà), di registrazioni, oltre a suonare nei locali notturni. dal blues più tipico, ma molto moderno nell’uso dello strumento, al jazz più blasonato ricordando l’old jazz, facendo ampio uso della tecnica fingerstyle che consiste nell’utilizzo dell'alternanza tra il correre sulle corde basse della chitarra e l’uso degli accordi su tutta la tastiera: un pò come sul pianoforte. Il disco è bello e si lascia ascoltare senza stancare. Tutte le tredici composizioni sono registrate davvero bene, con buona evidenza dei dettagli d’ogni singolo strumento e anche della voce, calda e tipicamente blues. L’altro album che propongo è l'ultimo lavoro di Pat Metheny e Brad Mehldau, il secondo insieme. I due sembra che si conoscano a memoria. Non risultano mai banali, anche se il modo di suonare di Metheny ormai lo riconoscerei fra un milione di chitarristi. Sono tutte belle le tracce dell'album. A differenza del primo, un pò più tecnico e oserei dire sperimentale, questo risulta emotivo, morbido, con la ritmica che si adegua e si fonde al gioco delle parti. Il suono è ben dettagliato e coinvolgente, senza chiariscuri. La musica scivola come un buon distillato, pronta a entrare nel cuore e nella mente. E veniamo alla musica da ascoltare e da vedere. Vi propongo due concerti in dvd davvero strabilianti, di quelli che ti fanno venire la pelle d’oca al primo ascolto e che poi diventano una chicca nella vostra discoteca,

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e che poi diventano una chicca nella vostra discoteca, magari da presentare agli amici in qualche pomeriggio d’inverno o in una notte insonne d’estate. Il primo è un concerto della poderosa Dee Dee Bridgewater del luglio 2005 e dedicato alla musica francese. Qualcuno potrà obiettare: «Ah, la musica francese: dù palle...». Vi assicuro invece che lo show è così vario, intenso, con musicisti dal grande valore creativo, ritmico, e con una interpretazione magica della cantante, che modernizza le classiche chançons in piccole perle di nuova concezione musicale pur senza stravolgerle, donando nuove emozioni e piacevoli sensazioni, con arrangiamenti di buona fattura e una vitalità ed energia che solo i grandi professionisti possono vantare. In particolare il signor Marc Berthoumieux all’accordion (fisarmonica con i bottoni) e il chitarrista Louis Winsberg, grande conoscitore dello strumento. Basti pensare che spazia abilmente dal flamenco al jazz, dal blues all’etnica. In bella evidenza anche il percussionista Minino Garay. Qualità sonora eccellente, quella video buona.

Il secondo concerto che vi segnalo è un doppio dvd che ritrae un importante appuntamento per la raccolta di fondi a sostegno della lotta al diffondersi delle droghe e dell’alcol promossa da Eric Clapton. L’evento, tanto per cambiare, si chiama Crossroads e si è svolto a Dallas il 4 giugno 2004. In buona sostanza è un guitar festival in cui si alternano musicisti di estrazione prevalentemente blues. Ne cito solo alcuni perchè sono davvero tanti: Joe Walsh, B.B. King, Larry Charlton, John Mc Laughlin, John Mayer, Buddy Guy, Jimmie Vaughan … Anche questo filmato lo consiglio non solo agli amanti del blues, ma anche a tutti quelli della buona musica. Prima o poi, qualche amico ritornerà a casa vostra e vi chiederà: «Mi fai risentire quel concerto che mi è rimasto qui?».

Eric Clapton


Suoni e dintorni

di Anna Rita Carucci

La fonte d’ispirazione e l’obiettivo primario di Primal Company è il suono. Partiremo dai concetti base, che ci permetteranno di conoscere meglio questo fenomeno in tutte le sue forme e i suoi aspetti. Il suono è distinto da tre caratteristiche fondamentali: intensità, altezza e timbro. L’intensità misura l’energia convogliata dall’onda sonora nell'unità di tempo sulla membrana del timpano. Ne deriva che un suono è percepito più o meno intenso. L’altezza del suono è determinata dalla sua frequenza. Se la frequenza è alta il suono si definisce acuto. Se invece è bassa, il suono si definisce grave. Il timbro è la qualità che, a parità di frequenza, distingue un suono da un altro. È determinato dalla natura, forma e composizione della sorgente sonora e dalla maniera in cui essa è posta in oscillazione. Questa proprietà del suono ci permette di distinguere una sorgente sonora dall’altra. La sensibilità dell’orecchio umano al suono varia a seconda degli individui e dell'età. Affinché un suono sia percepito non basta che sia compreso in un range di frequenza, ma è necessario che esso abbia anche una sufficiente intensità. Il valore minimo dell’intensità d’una determinata frequenza stabilisce la soglia di

udibilità d’un suono. Sotto tale valore, il suono non sarà più percettibile. Se l'intensità è invece troppo alta, il suono darà luogo ad una sensazione sgradevole definita soglia del dolore. L’unita di misura del suono è il decibel (db). L’orecchio umano può percepire da quasi 0db a circa 100db. A partire dai 120db si comincia ad avvertire una sensazione dolorosa. Il campo sonoro è la piena immagine sonora riprodotta. È composto dal suono diretto, dai primi suoni riflessi e dalle riverberazioni. Il suono diretto è quello riprodotto direttamente dalla sorgente sonora. I primi suoni riflessi sono quelli che raggiungono l’orecchio umano dopo essere rimbalzati contro le pareti e il soffitto. Le riverberazioni si originano in seguito alle successive riflessioni del suono su differenti superfici. La domotica è il sistema che, sfruttando la scomposizione del suono in suono diretto e primo suono riflesso, cerca di ricreare nell’ambiente un effetto realistico pari a quello di un’esecuzione dal vivo mediante l’utilizzo di due o più diffusori, dislocati tenendo conto delle caratteristiche dell’ambiente.


si, viaggiare

Volare low cost

H

o scoperto le compagne low cost nel 2001. Ero completamente al verde, ma volevo andare in Francia. Una mia amica francese mi parlò d’una compagnia chiamata Easyjet. Nonostante la mia avversione per il tecnologico, visitai il sito e un mese dopo ero a Parigi con un biglietto di andata e ritorno pagato ottantamila lire. Non c’è nulla di strano dietro i prezzi delle compagnie low cost. Il sistema è molto semplice: non si appoggiano ad agenzie, il biglietto si compra solo on line, non c’è emissione cartacea del biglietto ma solo una e-mail di conferma con un numero di riferimento da fornire al momento dell’imbarco, non sono serviti pasti gratuiti a bordo. Nella maggior parte dei casi, in volo si può acquistare di tutto: dal cibo (da non perdere i muffin in vendita da Ryanair) ai gratta e vinci. Si possono anche noleggiare film. Le norme sui bagagli sono severe: se si eccede il peso indicato dalla compagnia, si pagano penali molto alte per ogni chilogrammo in eccesso. Dal 2001 ho visitato circa quindici destinazioni europee. Il prezzo maggiore è stato di settantacinque euro andata e ritorno. In media il costo di cinquanta euro andata e ritorno. Poi c’è Londra, che adoro e dove torno anche più volte l’anno. Il biglietto lo acquisto sempre con

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di Dalmazia Fumarola

largo anticipo, così riesco a pagare tra i trentasei e i quarantaquattro euro andata e ritorno. Viaggiare low cost richiede un cambio radicale di abitudini. Occorre pensare in termini di piccole vacanze di tre, quattro giorni, poi ridurre al massimo il bagaglio e andare dove il low cost ti porta. Finalmente anche in Puglia da un paio d’anni è possibile viaggiare low cost. Ho dato per voi un occhiata alle offerte e sono davvero interessanti. Da Bari, con Ryanair potete raggiungere Londra e Francoforte. Con Tuifly, Colonia, Monaco e Stoccarda. Con Blu Express, Bologna e Roma. Infine, con Myair, Bucarest, Genova, Ibiza, Milano e Parigi. Non male, anche se molti voli sono solo stagionali. Ho elencato solo queste compagnie perché ho già avuto modo di sperimentarle personalmente. Tranne qualche piccolo ritardo, non ho avuto mai alcun problema. Se non volete usare la vostra carta di credito, potete sempre affidarvi a una carta prepagata sulla quale avrete versato solo l'importo per acquistare il vostro biglietto. Se avete deciso di viaggiare low cost, non affidatevi a siti internet che propongono il prezzo migliore tra diverse compagnie, perché dovrete poi pagare un sovraprezzo per il servizio. Il primo passo è registrarvi presso i siti delle compagnie. In questo modo vi arriveranno sempre le migliori offerte. Poiché i posti a prezzo


ridotto sono piuttosto limitati, la velocità è tutto. Se trovate un volo andata e ritorno a cinquanta euro, non dovete pensarci su: anche solo un paio d’ore potrebbero far variare il prezzo. I viaggi low cost non sono solo per studenti squattrinati: approfittate per iniziare a viaggiare quando i vostri figli hanno meno di due anni. Non solo viaggeranno gratis, ma inizieranno da subito ad adattarsi a situazioni diverse da quella della casa dei nonni. Mio figlio, che ha quasi tre anni, ha fatto il suo primo viaggio a dieci mesi. Nonostante sia figlio di madre martinese e padre tarantino, e che sia cresciuto a Roma, i suoi piatti preferiti sono lo stinco di maiale arrosto e il gulasch.

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Viaggiare è bellissimo ed economico sia in Italia che all’estero. L’unica accortezza dev’essere sempre di partire con una buona guida (personalmente consiglio Routard e Lonely Planet). Mi piacerebbe darvi altri consigli su come convincere i vostri genitori o i vostri compagni, come viaggiare senza stress con bimbi piccoli, come ottimizzare i bagagli e trovare sistemazioni economiche o addirittura gratis. Magari potreste farmi voi delle domande, oppure partendo dalle destinazioni raggiungibili da Bari e Brindisi, e dalle mie esperienze, potrò darvi delle indicazioni su come spostarvi, dove dormire e mangiare. Inviate la vostra e-mail a : dalmaziafumarola@primal.it

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Orientarsi nel mondo dei gps Gps (Global planning system) è la sigla che identifica un programma in grado di localizzare una sorgente satellitare in un punto qualsiasi del globo terrestre utilizzando uno o più satelliti. Esso la riporta su una mappa per consentire a chi lo utilizza di conoscere costantemente la sua posizione, e pianificare un percorso per raggiungere una qualsiasi meta: un ristorante, un albergo, una stazione di servizio, un parcheggio. Questo sistema, nato inizialmente per scopi militari, è una delle nuove frontiere del car navigation. Se fino a qualche anno fa era un accessorio di lusso su auto di case prestigiose, con prezzi a dir poco proibitivi, oggi anche case costruttrici di fascia inferiore montano come optional sistemi di navigazione con prezzi intorno ai duemila euro. Questo calo dei costi e una conseguente maggiore diffusione del sistema indicano un settore in continuo sviluppo e con delle potenzialità ancora molto elevate. Aziende leader nel settore come TeleAtlas parlano già di sistemi di car navigation che rileveranno automaticamente il limite di velocità della strada che stiamo percorrendo impedendoci di superarlo, e le cartografie ci segnaleranno l’avvicinarsi d’una curva pericolosa o un’interruzione del traffico facendo rallentare la nostra auto. Anche il sistema

d’informazioni sul traffico, Tmc Rds, ci aiuterà a evitare ingorghi e code scegliendo per noi un percorso alternativo. Potremo inoltre interfacciare questi dispositivi con il cellulare per contattare l’albergo o il ristorante segnalato sulla mappa e prenotare. Il settore non si limita all’utilizzo da parte dei soli automobilisti, ma si sta evolvendo per accogliere le esigenze dell’utente su qualsiasi mezzo, senza escludere l’uso a piedi. Grande attenzione stanno suscitando i navigatori cosiddetti portatili, realizzati in materiali ergonomici e tecnologia touch screen, dalle dimensioni assai ridotte per essere utilizzati ovunque. Crediamo che questa tecnologia abbia già raggiunto un livello di utilità elevato, ad la esempio la possibilità di rilevare la presenza di autovelox, opzione richiesta da chi viaggia molto. L'aumento della domanda sugli apparati per lo spostamento e la navigazione fa presagire l’arrivo di apparecchiature che incrementeranno le attuali funzioni.


si, viaggiare

Villa San Martino chi ama soltanto il meglio

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na scommessa vinta. È Villa San Martino, relais cinque stelle tra Martina Franca e Taranto dove l’armonia, il benessere, la ricerca del bello trovano soluzioni d’incontro sia all’esterno che all’interno della struttura. Sembra echeggiare uno dei celebri aforismi di Oscar Wilde: «Sono di gusti semplici: mi piace soltanto il meglio». Le stampa e i dipinti antichi, i tessuti ricercati e i mobili d’antiquariato, così come la funzionalità tranquilla e riservata degli ambienti e del centro benessere, danno la sensazione d’un porto d’arrivo. «Era una scommessa fare da queste parti un cinque stelle di lusso rivolto a un pubblico medio alto, colto, disposto anche al turismo culturale rispetto al quale Martina, con il suo centro storico, ben si presta» dice Martino Solito, titolare d’una importante impresa di restauri e restauratore egli stesso, proprietario di Villa San Martino.

Tra gli ospiti di riguardo, spesso in incognito perché alla ricerca di tranquillità, c’è Vittorio Sgarbi, che considera Villa San Martino l’unica struttura pugliese in grado di stare alla pari con la sua preferita, Masseria San Domenico, lungo la marina di Fasano. «Ci riteniamo abbastanza soddisfatti di questi primi due anni» dice Solito. «Quello che più ci fa piacere è l’apprezzamento dei clienti per la ristorazione, in particolare per la cucina mediterranea». La clientela, che accede al relais attraverso la promozione dei tour operator, è in prevalenza internazionale: americani, polacchi, messicani, russi, giapponesi, tedeschi. Solo ad agosto è esclusivamente italiana. Benché la struttura sia nuova, i clienti si stanno fidelizzando. «Abbiamo prenotazioni di clienti americani per tutto il 2008 e il 2009» spiega Solito. Il successo dell'ambiente porterà a un ampliamento degli edifici di Villa San Martino. Tra breve cominceranno i lavori, che dovrebbero

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essere terminati, secondo il programma , entro un anno. Molto influisce la destagionalizzazione del turismo. Servirebbe però una politica turistica da parte delle autorità pubbliche che invece manca. «Non è una fantasia che questo territorio abbia delle enormi potenzialità» riflette Solito. «La gente non lo conosce abbastanza, e quando ci viene ne rimane entusiasta. I visitatori apprezzano tutta questa parte della Puglia, dove Martina Franca è al centro non solo della regione ma anche delle tre località che ospitano patrimoni dell’Unesco: Matera con i Sassi, Alberobello, Castel del Monte. Inoltre, è ancora una volta centrale al romanico pugliese e al barocco leccese». Occorre però migliorare

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l’accoglienza. «C’è molto lavoro da fare in questo senso» evidenzia il proprietario di Villa San Martino. «Dallo stato di conservazione delle strade al decoro e all’accoglienza generale, dovremmo lavorare in sinergia per poi offrire dei pacchetti turistici integrati rispetto alle diverse risorse del territorio. Se ci riusciremo, la Puglia potrà essere quello che è stata la Toscana a partire dagli anni Ottanta, come del resto conferma il mercato immobiliare che attrae acquirenti stranieri, soprattutto gli inglesi per i trulli». La questione è complessa, e può essere risolta solo attraverso la collaborazione tra pubblico e privato.


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si, assaggiare di Pierluigi Frassanito

Il gusto

della curiosità

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on tutti si accontentano di dare un’occhiata ai posti, per segnare la tacca sulla loro lista personale e poter dire di essere stati in un luogo. Chi vuole conoscere davvero, in primo luogo mangia. E non solo: prima cerca, poi cammina, osserva, annusa, ma alla fine soprattutto assaggia. Il viaggiatore curioso della Puglia, per esempio, certe sere d'estate si fa una passeggiata per i vicoli di Cisternino, ancor prima che faccia buio. Lo fa per godersi il borgo bianchissimo un pò prima che sia affollato dalla vita della sera, finchè è ancora solo abitato da qualche anziana signora seduta sulla porta di casa. E poi si fa venire fame: un pò perchè ha camminato apposta, un pò perchè aprono le rosticcerie e iniziano a cuocere la carne sotto al naso di chi, senza nemmeno saperlo, non aspettava altro che quell’odore. Le rosticcerie di Cisternino sono nascoste sotto archi minuscoli e dietro angoli insospettabili. Di giorno sono comuni negozi di macellaio, ma al tramonto dimenticano di chiudere. Il curioso che si è fatto venir fame può sedersi ai tavolini sparsi fra i vicoli e ordinare, ma meglio ancora può alzarsi subito dopo, andare al banco del macellaio e scegliere attraverso il vetro cosa mangerà, puntando le salsicce con il dito. Quello stesso viaggiatore durante il giorno si concede il lusso di guadagnarsi il pane sul serio. Stanco dei pani leggeri e senza personalità che ha dovuto sorbirsi altrove, pani del supermercato che fingono di essere caldi di forno e invece sono

stati fatti un altro giorno ed erano surgelati poco prima, va a cercare qualche fornaio delle Murge. Ad Altamura i forni a legna sono un pezzo del paese: piccole strutture architettoniche con cappe gigantesche frequentate da fornai silenziosi, armati di pale lunghissime per mantenere le distanze dall’inferno dove cuoce il pane. Un pane ricco e pesante, che invece di accompagnare nutre, fatto con la farina di semola dell’Alta Murgia e il lievito madre, che in ogni forma lascia la traccia di tutti quelli precedenti perchè ottenuto dalla fermentazione della pasta del giorno prima. E dall’inferno escono grandi cappelli dorati, che il curioso spezza infilando le mani nell’involucro di carta, perchè il pane buono è buono anche da solo. Non può aspettare pomodori e salumi: s’inizia a mangiarlo per la strada. Non ancora sazio, il viaggiatore cerca infine i latticini, per i quali non c’è terra in cui la produzione sia più vicina al consumo della Puglia. In special modo ogni paese a sud di Bari e a nord di Brindisi è affollato di caseifici. I negozi non sono che la parte visibile dell’iceberg di chi fa il formaggio nel retro, in stanze rumorose e piene di vapore dove persone vestite di bianco sfidano l’acqua bollente per lavorare e spezzare a mano la pasta filata. O per ricavarne un palloncino che conterrà panna fresca, e ancora pezzi di pasta e dargli il nome promettente di burrata. O, ancora, per dare vita al campionario dei formaggi che più freschi non si può, che proprio per questo meritano di essere mangiati

il più vicino possibile a casa loro. La filiera non potrebbe essere più corta, il ciclo più continuo: i prodotti arrivano in esposizione dopo un viaggio di cinque metri. Mordendo felice una mozzarella fatta l'attimo prima, dopo averla cercata, camminata, guardata e annusata, probabilmente il viaggiatore curioso non ha più voglia di pensare. Al limite, a fine pasto, avrà trovato una nuova, intrigante definizione di buono: qualcosa che, quella stessa mattina e a una piccola distanza, era ancora dentro a una mucca.

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È un salume di riferimento nel panorama dell'alimentazione in Italia, in particolare per quanto riguarda lo slow food. Da qualche tempo dispone anche d’un disciplinare di produzione che è considerato un esempio rispetto alla più generale organizzazione della filiera dei salumi. Il capocollo di Martina Franca, da prodotto artigianale di nicchia, sta sistematicamente valorizzando le sue qualità. Merito di Angelo Costantini, presidente dell’Associazione produttori del capocollo di Martina Franca che riunisce allevatori, produttori, tecnici e ristoratori che costituiscono l’intera filiera del prezioso salume. Un protocollo d'intesa, sottoscritto con la Coldiretti e gli enti locali, consentirà, attraverso la collaborazione con l’Università di Bari, di recuperare il patrimonio generico degli antichi allevamenti tradizionali, migliorando sempre più gli standard di sicurezza alimentare e di qualità.

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si, assaggiare

È,

My Wine il vino come tendenza

quello pugliese, sempre più un vino di qualità? Secondo Unioncamere, si. Ed è proprio questa la soluzione vincente sul mercato mondiale. Con una produzione di 376mila ettolitri di vino doc (denominazione di origine controllata) e 1,3 milioni di ettolitri di vino igt (indicazione geografica tipica) realizzata da circa trentacinquemila aziende viticole, il vino pugliese si caratterizza come una realtà in espansione. Ciò avviene anche perché, a differenza di qualche anno fa, si è puntato in termini d’immagine al vino come tendenza. «Grazie a marketing, controllo delle reti distributive e ai vini di pregio a doc e igt, si prevede una crescita del fatturato e delle esportazioni» dichiara Antonio Bari-

le, presidente della Cia (Confederazione italiana agricoltori) Puglia. Un evento utile a questa soluzione è stato, a luglio, la terza edizione di My wyne. Organizzato dalla stessa Cia e dall’associazione «Mare di … vino», il My wyne è, dice il presidente degli agricoltori pugliesi, «un evento ambizioso, destinato a diventare un momento clou dell’estate 2007, che punta alla valorizzazione delle aziende vitivinicole pugliesi con la partecipazione di ospiti di eccezione, esperti del settore, in un connubio tra musica e palato, e con un unico obiettivo: promuovere e dare visibilità all’estero alla terra di Puglia, su quanto essa riesce a creare e a trasformare». Nel 2006, My wyne ospitò dieci operatori internazionali e importatori di vino, otre a giornalisti e a dieci

aziende vitivinicole selezionate, secondo un programma che ha previsto itinerari culturali e visite guidate nelle aziende. L’evento ha prodotto quattro trattative commerciali, oltre a un significativo ritorno d'immagine. Quest’anno invece, a luglio, My wyne si è svolto nella location di Villa Pantaleo, set-

tecentesca dimora storica a Taranto, dove le aziende vinicole hanno allestito uno spazio per la degustazione e la promozione dei vini, accompagnata da prodotti tipici pugliesi. La degustazione è stata tenuta da un accademico dell’Università di Pisa, e ha riguardat cinque etichette di vitigni autoctoni e caratteristici, di annate differenti. La manifestazione ha inoltre incluso un percorso apposito per gli operatori del vino, che nei tre giorni di permanenza hanno potuto visitare le principali aree viticole del territorio

gliese con le risorse naturali e le testimonianze storiche che lo caratterizzano. Salvaguardia dell’ambiente, sicurezza alimentare, promozione delle opportunità di sviluppo delle imprese e di diffusione delle innovazioni, organizzazione di attività culturali per esaltare i valori del mondo rurale: questo è stato, anche, My wyne. Il senso finale dell’evento è stato conccretizzare un patto tra agricoltura e società che spiega, per certi aspetti, perché la Puglia registra, con il 10,2%, l’incidenza più elevata del settore vitivinicolo sul totale dei settori produttivi agricoli.

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Adotta una vigna Atelier del Vino: è l’iniziativa della Coldiretti che consente di … adottare una vigna e farsi da sé il proprio vino. I costi: 480 euro per circa centoventi metri quadri di vigna, dai quali ricavare altrettante bottiglie di vino. È possibile visitare la vigna adottata quando si vuole, e seguire le fasi della produzione: dalla vendemmia all’imbottigliamento. Diversi vip hanno scelto il vino fai da te: da Gerard Depardieu, il cui Zibibbo è molto richiesto nel suo ristorante di Parigi, a Jarno Trulli. Anche un pugliese onorario, Lucio Dalla, che incide i suoi dischi alle isole Tremiti, ha scelto di farsi il vino. Alla Puglia ha però preferito la Sicilia, dando al vino un nome opinabile ma accattivante: Stronzetto dell’Etna.

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storia e storie

Fosco Marini dipinto da Topazia Alliata

Trully yours Fosco, Fosco,Toni Toni ee la la Puglia Puglia

«

Il rapporto con la Puglia, anzi le Puglie, come avevo sentito un tempo dire, risale al mio lontano passato d’infanzia. Nel 1947, o forse era fine ‘48, dopo che era tornato dal suo viaggio in Tibet, mio padre, recatosi dalla Sicilia in Sila con mia madre per sciare, conobbe Diego De Donato». È antico il legame di Fosco e Toni Maraini con la Puglia. Scrittrice, poeta, storica dell’arte e studiosa del Maghreb, Toni è la più cosmopolita delle sorelle Maraini: oltre a lei Yuki, cantante, musicista e musicologa, scomparsa alcuni anni fa, e la primogenita Dacia, celebre scrittrice. Nata in Giappone, ha vissuto in Italia, in Inghilterra, in Francia, negli Stati Uniti, in Marocco, dove ha insegnato storia dell’Arte all’Università di Rabat, prima di tornare a Roma dove vive e lavora. «Ho calcolato che dalla mia nascita in Giappone ad oggi ho cambiato 27 volte casa, e 6 volte

nazione di residenza» ha scritto in La lettera da Benares, splendido dialogo immaginario con il padre Fosco pubblicato dall’editore palermitano Sellerio. Prende spunto da una lettera a lei scritta nei primi anni Sessanta ma mai inviata, e ritrovata riordinando i carteggi di Fosco nello studio fiorentino dopo la sua morte, tre anni fa. La Puglia vi ricorre spesso. «Oggi, ti scrivo da Alberobello. Ho amici in Puglia che da Santa Cesarea, Otranto e Lecce ad Alberobello e Martina Franca mi hanno offerto una patria al Sud. Mi permetto di ribadire l’appartenenza al Mediterraneo, mio punto di osservazione ed esistenza. Pensiero meridiano, dice Cassano. Il Giappone resta iscritto nei miei documenti: Antonella Maraini, italiana, nata a Tokio. Ho anche qualche persona amica in Calabria e in Sicilia, e le amicizie, nel Sud, sono qualcosa di prezioso». Dell’amicizia tra

Toni e Fosco Maraini, Roma, 1959 (particolare)

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Fosco e Diego De Donato dice: «Erano molto diversi, ma li accomunavano entusiasmi e interessi: per il Sud come per la natura, per la scrittura come per la fotografia, e anche animate discussioni sul mondo e la politica analizzati da punti di vista talvolta diversissimi». Ne scaturì un libro cult sull’Oriente, edito nel 1951 da De Donato con le allora Edizioni Leonardo Da Vinci e tradotto in tutto il mondo: Segreto Tibet. Fosco Maraini attingeva alla seconda spedizione nella remota regione dell’Asia con l’orientalista maceratese Giuseppe Tucci. La prima, del 1938, aveva trovato spazio, con le prime foto scattate da Maraini in quella parte del mondo, nel libro edito l'anno dopo da Vallecchi, Dren Giong, esordio letterario d'uno dei più grandi viaggiatori del Novecento. «Mio padre, a Bagheria, nel piccolo appartamento di servizio in cui vivevamo, s’immerse nella redazione di Segreto Tibet» ricorda Toni. «Io ero piccola, ma tra ricordi mirabolanti e lontani sentivo parlare d’un amico, Diego, col quale mio padre corrispondeva inviando lettere alla lontana Bari. Dove fosse la Puglia mi era poco chiaro. Nel continente, si diceva in Sicilia d’ogni cosa situata oltre lo Stretto. Poi, attorno al 1960, quando già ci eravamo spostati a vivere nel continente e io avevo lasciato polemicamente e per sempre dietro di me la Sicilia, mio padre decise che era ora per me di conoscere meglio il Sud e di fare un viaggio in Grecia. Partimmo, con altre due persone, da Roma in direzione di Otranto su una vecchia auto, e la strada sembrava interminabile e stretta. Avvicinandoci alla regione dei trulli, mio padre si animò come se dovesse farmi scoprire una meravigliosa cosa recondita e misconosciuta. Ci fermammo a lungo ad Alberobello, poi visitammo Martina Franca e altri luoghi che non ricordo. Mi ricordo però con quanta solerzia mio padre parlava dei trulli, di somiglianze con forme architetturali asiatiche, di barocco, e poi di ulivi, sassi e natura e Mediterraneo. Raggiungemmo Otranto e la Puglia divenne le Puglie, cioé una terra con molteplice genus loci o identità». Diego De Donato pubblica i libri di Fosco Maraini fino agli anni Settanta. La Puglia aggiunge una dimensione nuova al Mezzogiorno che lui aveva scoperto attraverso la Sicilia

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della moglie Topazia e che, dice Toni, «gli aveva insegnato molte cose: un rinnovato contatto con la natura, un certo pathos romantico, delle verità che l’antropologia culturale stava cercando di capire e far valere, l'audacia della differenza». L’incontro con la Puglia «aggiunse una dimensione importante: gli permise di approfondire e allargare il concetto di Mezzogiorno, visto però più con moto romantico, cioè il Sud come area d’incontaminati aspetti, o reperti, naturali e culturali, che socio politico». Fosco partecipa al progetto Nostro Sud «al quale molto teneva Diego De Donato e che vide anche la collaborazione di Rocco Scotellaro». Lo studioso fiorentino e l’editore barese esplorano il Mezzogiorno raccogliendo del materiale fotografico eccellente. Il progetto si realizza in parte. «Il richiamo dell’Asia e del Giappone fu per mio padre più forte di quello del Sud». Per conto di De Donato, Fosco Maraini compie allora un lungo viaggio attraverso l'Asia in India, in Nepal, in Thailandia, in Cambogia, in Corea, in Giappone. Anche i suoi celebri e curiosi giochi di parole trovano espressione nei libri pubblicati dall’editore barese. Scrive Toni in La lettera da Benares: «Il termine ‘fànfole’ lo hai poi usato nella prima edizione uscita a Bari nel 1966 presso la casa editrice del tuo amico Diego De Donato (lito stampa Dedalo). La copia in mio possesso di quella prima edizione mi fu data da Rosina. All’interno, tracciata a mano, la tua dedica a Rosina è fànfolicamente affettuosa: «A’ Sciapaccherona!». Il periodo di Rosina fu quello in cui l’allegro fànfolismo inter-amici e inter-famiglia aveva raggiunto un acme a tutto tondo. Parlavamo in metaitaliano. La cosa andò avanti per anni. Mi mandavi delle foto dei trulli di Alberobello? Allora firmavi la lettera con Trully Yours, giocando sull'assonanza tra l’inglese truly yours (sinceramente tuo) e trulli. E così via. Era tutto un trullìo». Nel 1976 Toni scrive Anno 1424 edito da Marsilio e tradotto negli Stati Uniti nel 2002 dalla prestigiosa casa editrice City Lights del poeta Lawrence Ferlinghetti. Anticipava la tendenza del romanzo storico italiano e fu finalista al Premio Strega. importanti lavori di Toni sono Ultimo té a Marrakesh (Racconti, Fosco Maraini alpinista


1994), Poema d’Oriente (Poesia, 2000, Premio Donna Città di Roma e Premio Sabaudia), Ricordi d’arte e di prigionia di Topazia Alliata (Sellerio, 2003) sui diari della madre nel campo di concentramento in Giappone dove i Maraini furono reclusi nel 1943 con le tre figlie piccole perché non aderirono alla Repubblica di Salò. Toni ha due figlie con nomi arabi: Muja (Onda) e Nour Shems (Luce del sole). Dagli anni Novanta, collaborando alle attività del Laboratorio Poiesis di Giuseppe Goffredo,

trova ancora una volta nella Puglia «un punto di riferimento concreto, Alberobello, e ideale, che mi aiuta a mantenere la rotta meridiana in questo mare burrascoso odierno» (Pietro Andrea Annicelli).

Topazia Alliata e Fosco Maraini con le tre figlie, da sinistra, Yuki, Dacia e Toni al termine della prigionia in Giappone, 1945

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storia e storie

Casa Agnelli storia e storie d’Italia

U

n lavoro che interessa per il taglio originale, oltre un centinaio di microritratti, e per la documentazione che sottintende rispetto a una grande famiglia solo in apparenza trattata nella pubblicistica italiana. È Casa Agnelli, sottotitolo Storie e personaggi dell’ultima dinastia italiana, edito da Mondadori e scritto da Marco Ferrante. «In fondo questa è una storia di nonni facoltosi, vecchie zie, nipoti un pò scapestrati, con le loro

simpatie, antipatie, idiosincrasie per un fratello o per una cognata, con i loro tic e i loro snobismi. Ma tutto ciò è amplificato dal peso dell’istituzione (la Fiat), dall’intrecciarsi delle vicende degli Agnelli al costume nazionale, e dalla precondizione del denaro, un’entità che tutti li precede» scrive Ferrante nella nota iniziale, dove precisa anche che «questo non è un libro sulla Fiat, né una biografia di Gianni Agnelli. È lo sviluppo di un lungo articolo

pubblicato sul Foglio nel luglio del 2005 da un'idea di Giuliano Ferrara: l’invito a raccontare uno per uno gli eredi del senatore Giovanni Agnelli, il fondatore della Fiat». Casa Agnelli la si apprezza anche perché la qualità giornalistica del lavoro è trasmessa attraverso una qualità letteraria che Ferrante aveva già avuto l’opportunità di dimostrare in un precedente romanzo, e che ne

Marella Caracciolo e Gianni Agnelli dipinti da Andy Warhol nei primi anni Settanta

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marco ferrante Marco Ferrante, quarantadue anni, è di Martina Franca. Ha iniziato la sua carriera giornalistica a Roma presso l’Opinione, diretto da Arturo Diaconale. Si è poi occupato di economia al Tg5 diretto da Enrico Mentana. Nel 1998 si è fatto conoscere come talento letterario con il romanzo, edito da Fazi, Mai alle quattro e mezzo, finalista al Premio Strega. Attualmente è caposervizio economia al Foglio diretto da Giuliano Ferrara, e collabora alla trasmissione Matrix di Canale 5.

valorizza le pregevoli ricerche. «Il mio è il tentativo di circoscrivere lo spazio degli Agnelli nell’immaginario del Paese», dice. «È anche, dal mio punto di vista, un libro di psicologia familiare abbastanza insolito rispetto alla bigliografia che riguarda questa famiglia, prevalentemente fatta di libri sulla Fiat o di biografie su Gianni Agnelli più o meno scontate, più o meno generose». La narrazione si articola rispetto alla storia di cinque persone che non ci sono più: Virginia Bourbon, madre dei sette eredi Agnelli, i suoi tre figli maschi Gianni, Umberto e Giorgio, che Ferrante ritrae per la prima volta, ed Edoardo, figlio di Gianni. Sono però tratteggiati tutti i rami che, in un secolo e mezzo, estendono in senso intercontinentale una famiglia che oggi ha rappresentanti a Mosca,

a Londra, a New York, in Sudamerica. E se il lavoro di Ferrante fosse una traccia per libri futuri sul tema, magari scegliendo qualche figura significativa e non abbastanza trattata, lui non avrebbe dubbi: «Virginia Bourbon è un grande personaggio femminile italiano: funzionerebbe anche per una produzione televisiva. La considero importante per capire meglio il costume sociale nell’Italia fascista. Edoardo e Virginia Agnelli sono una coppia interessante da analizzare perché contribuì alla vernice di modernità che il fascismo provava a darsi: bellissimi, ricchissimi, un pò laterali, però molto vivi. Sembrano più personaggi di Fitzgerald che di D’annunzio: questo è l’elemento interessante».

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vrooom!

Ben tornata

E

Fiat 500

ccola! È finalmente diventata splendida realtà la nuova Fiat 500, figlia del concept «Trepiùno» che nel 2004 al Salone di Ginevra pareva soltanto un esercizio di stile. È l’erede di un mito, questa citycar la cui missione è fare tendenza. Interpreta in chiave moderna l’icona Fiat degli anni Sessanta che mise in macchina l’Italia della rinascita. Ha debuttato il 4 luglio a Torino, esattamente cinquant’anni dopo e nello stesso scenario di quella storica utilitaria prodotta in quasi quattro milioni di unità (un quarto circolano ancora). È in vendita subito dopo il lancio internazionale. La costruiscono nello stabilimento polacco di Tychy al ritmo di centoventimila esemplari l’ anno. I prezzi sono compresi tra i diecimila e i quindicimila euro a seconda delle motorizzazioni e degli allestimenti. La sua collocazione di mercato è tra la Panda e la Grande Punto. La nuova Fiat 500 non sarà

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un’utilitaria, ma una cittadina di charme, un antidoto molto modaiolo al traffico metropolitano. Anche uno status symbol, come quelle piccole civettuole che, specialmente in Italia, hanno avuto fortuna per la loro compattezza e per la formula sbarazzina. Un pò Smart e un pò Mini insomma, con in più il dna esclusivo dell’italianità. Hanno lavorato bene i designer del Centro Stile Fiat, trasformando il sogno «Trepiùno» in prodotto industriale senza snaturarne il fascino, esaltando la tradizione che ha sempre visto il Lingotto all’avanguardia in questo segmento di compatte. Del nuovo modello conosciamo già tutti i segreti. Le dimensioni, intanto, che sono ovviamente maggiori rispetto alla prima 500. Oggi vanno soddisfatte norme, una volta inesistenti, nel campo della sicurezza, e sono cresciute le esigenze di abitabilità e

di Pierpaolo Cazzolla

comfort interno. La nuova 500 è lunga 3,55 metri (58 centimetri più dell’antenata), larga 1,65 (più 33 centimetri), alta 1,49 (più 16,5 centimetri). Il passo è di 2,30 metri (più 46 centimetri) a garanzia d’uno spazio soddisfacente anche per i passeggeri posteriori, mentre i sedili anteriori sono ribaltabili e gli interni modulari. Immutata la formula di tre porte e quattro posti, è comparso un comodo portellone per il carico. Motore anteriore, come la trazione: non è più tempo del bicilindrico raffreddato ad aria che, compagno di mille avventure, ormai sarebbe improponibile. Il nuovo modello adotterà propulsori modernissimi, già predisposti per lo sviluppo Euro5 (richiesto soltanto dal 2010). Due a benzina, 1.2 8 valvole da 69 Cv e 1.4 16 valvole da 100 Cv, più il brillante turbodiesel 1.3 Multijet da 75 Cv. Cambi meccanici a cinque o sei marce. Avrà, dunque, prestazioni adeguate alle nuove esigenze. Sarà


una citycar agile e altrettanto valida in autostrada. Un modello strategicamente fondamentale, grazie al quale i vertici Fiat sperano di riuscire a superare la soglia del 10% della quota di mercato in Europa. L’anno prossimo dovrebbe arrivare una versione Abarth da 130/150 Cv, in grado di risvegliare lo spirito sportivo del marchio. Nel 2009 ci sarà il debutto della Convertibile, la versione cabrio con tetto in alluminio rientrante nella carrozzeria, caratteristica che sembra ormai imprescindibile per le piccole scoperte. La cabrio e la Abarth avranno prezzi che oscilleranno tra i diciassette e i diciannovemila euro. Gli interni richiamano, proiettandole nel futuro, le caratteristiche del modello storico. Volante bianco (come l’originale), ma rivestito in pelle e con comandi sulle razze per i sistemi d’intrattenimento e infomobilità. È rimasto anche il contachilometri circolare, chiaramente arricchito da numerosi indicatori digitali. Il cambio è corto, sotto il cruscotto per aumentare lo spazio tra i sedili anteriori. Colori vivaci per i rivestimenti, e tutto il meglio dell’hi-tech. Lo stile esterno presenta, nel frontale, i caratteristici baffetti che incorniciano il logo Fiat, due grandi proiettori circolari e due più piccoli per gli indicatori di direzione. Il paraurti maschera le prese d’aria e ingloba gli antinebbia. Ampio il parabrezza, e un cristallo apribile nella parte iniziale del tetto ha sostituito il vecchio tettuccio in tela. Altra carta vincente sono le molte possibilità di personalizzazione sia degli esterni che degli interni, permettendo così a chiunque di ritagliare la propria auto su misura, quasi fosse un abito di sartoria da indossare. Bella davvero, la nuova Fiat 500. Ora non resta che aspettare di vederla per le nostre strade per verificarne la sostanza e le qualità reali. Solo allora potremo davvero parlare di rinascita d’un mito.

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vrooom!

Tonio Liuzzi il pilota e il suo club

A

Martina Franca, in Via Giolitti, c’è il primo Fans Club di Tonio Liuzzi, il pilota della scuderia Toro Rosso. Sebbene pescarese di adozione, Tonio è di fatto il primo pugliese in Formula 1. «Lo scopo sociale del club è coinvolgere gli amatori dello sport in genere, e dell’automobilismo in particolare, verso questo pilota italiano che, secondo noi, sta facendo e farà parlare molto bene di sé» dicono al Fans Club. Nato al Locorotondo nel 1981, Liuzzi diventa nel 2004 campione di Formula 3000. L’anno dopo si alterna con Christian Klein alla guida d’una monoposto di Formula 1 per la scuderia Red Bull Racing, esordendo con un eccellente ottavo posto al Gran Premio di San Marino. Nel 2006 è pilota ufficiale della Toro Rosso. Termina il campionato, con un punto, in diciannovesima posizione. È riconfermato per questa stagione. Sei gare consecutive del campionato Tonio non le completa per problemi meccanici e incidenti. Nel Gran Premio del Canada fa una gara stupenda. La sua Str2 era posizionata stabilmente al quinto posto a pochi giri dalla fine, e non c’erano più pit stop da fare. Mentre era all'inseguimento della Bmw Sauber di Kubica,

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a causa d’un tremendo impatto con il muretto, la vettura si fracassava, e alcuni pezzi colpivano quella di Tonio che non poteva far altro che ritirarsi. «Sono situazioni che possono anche starci» commentano al Club. «In ogni caso, a noi sembra che la nuvoletta nera che staziona sulla vettura di Tonio si sposti in altre direzioni. Tutti i suoi sostenitori sono convinti che lui abbia un potenziale. Gli servono mezzi adatti per potersi esprimere. La Toro Rosso si sta attrezzando per migliorare la macchina in tutte le sue parti. I risultati arriveranno». Nel frattempo il Club, che naturalmente organizza le trasferte per seguire i gran premi in Europa, continua a crescere. Oltre ad avere un suo sito, www.liuzzifansclub.it, pubblica un periodico mensile, Engine, che si occupa di Formula 1 e altri sport. È in distribuzione gratuita. «Siamo soddisfatti dei risultati, superiori alle nostre intenzioni perché non siamo giornalisti, anche se all’inizio della nostra avventura siamo stati seguiti da un decano del giornalismo sportivo locale». Spiegano al Club « A settembre bolle una manifestazione molto importante: seguite gli sviluppi sul sito! E … in bocca al lupo a Tonio e a tutta la Toro Rosso».


Oscurare i vetri dell’auto di Leonardo Semeraro Si dice che le pellicole fumè un pò si somigliano. Di solito non si sbaglia. C'è però un’eccezione: quando le pellicole non sono pensate solo per l’effetto estetico sulla vostra auto, ma nel rispetto d’una grande tecnologia capace di rendere vivo anche il classico nero. I benefici sono molteplici, e vanno ben oltre il look. Infatti, l’obiettivo è ottenere lo scuro dove serve a tutelare al massimo la privacy, il medio e il chiaro dove serve la trasparenza. I raggi ultravioletti, dannosi per la pelle e gli interni dell’auto, sono sempre tenuti a debita distanza. Oltre a non avere quindi più problemi d’usura precoce delle parti in pelle, tessuto e plastica, si abbattono i consumi dell’aria condizionata, quindi del carburante. Questo può avvenire perché l’oscuramento è effettuato con pellicola omologata per uso stradale che allo strato oscurante e antigraffio fa corrispondere anche due filtri metallici. Ciò consente di ridurre il calore interno dell’abitacolo e un minor consumo energetico dell’impianto di raffreddamento. Particolarmente indicati sono i monovolumi e i fuoristrada, dove gli spazi da climatizzare sono maggiori. Il comfort del viaggio aumenterà, perché il metodo utilizzato è lo stesso usato per le piombature dei vetri isolanti, quindi avrete meno intrusione di rumori dall’esterno verso l’interno. Anche i rumori interni saranno attutiti.

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presente e futuro

Boeing 787 l’aereo dei sogni

È

il programma più avanzato nell’aviazione civile. Sarà l’aereo di riferimento per lo sviluppo strategico delle compagnie nella prima metà del secolo. Ha un mercato potenziale di almeno duemilacinquecento esemplari per vent’anni. Consumerà fino a un quinto di carburante in meno rispetto agli aerei suoi concorrenti, con minore rumore e più comfort. Invece che l’alluminio utilizza la fibra di carbonio, molto leggera e resistente, meno costosa. Il Boeing 787 Dreamliner è questo. Finora ha ricevuto ordini per circa seicento esemplari da quarantaquattro compagnie in tutti i continenti, risultando il più grande successo industriale nella storia dell'aviazione. È previsto in tre versioni: da 200, 250 e 300 posti. I consumi ridotti consentiranno alle compagnie di ridurre i costi operativi. Il 14% dell'aereo è made in Italy. Se ne occupa Alenia Aeronautica, del gruppo Finmeccanica, che costruisce lo stabilizzatore orizzontale e le sezioni centrali della fusoliera avvalendosi d’impianti, macchinari e un processo produttivo di nuova concezione. Per il piano di coda,

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prodotto in un pezzo unico in materiali compositi (fibra di carbonio), è applicata una tecnologia speciale della quale Alenia detiene il brevetto. L’azienda è in joint venture con la statunitense Vought Aircraft Industries, responsabile delle sezioni posteriori della fusoliera. Le attività comuni raggiungono una quota complessiva del 26% della cellula del Dreamliner: circa il 14% Alenia, il 12% Vought. Complessivamente la joint venture, denominata Global Aeronautica, si occupa del 60% della fusoliera dell’aereo. Le due aziende hanno costruito a Charleston, nello stato del South Carolina degli Stati Uniti, un impianto per assemblare e integrare le sezioni di fusoliera realizzate da Vought negli Stati


Uniti, da Alenia negli stabilimenti di Grottaglie, Foggia e Pomigliano d’Arco, e da altri produttori internazionali d’aerostrutture. A Pomigliano c’è il centro dell’ingegneria e della ricerca di Alenia per il 787. La produzione delle sezioni di fusoliera avviene nel nuovo impianto di Grottaglie, in provincia di Taranto, mentre lo stabilimento di Foggia realizza i piani di coda. La Puglia è la regione di riferimento per Alenia nella produzione del Dreamliner. Il nuovo stabilimento di Grottaglie, uno dei siti aeronautici più avanzati al mondo, impiega per la prima volta i compositi con la tecnologia one piece barrel per la struttura primaria dell’aereo: è una rivoluzione nelle tecnologie produttive. Le prime sezioni di fusoliera sono state consegnate alla Boeing a marzo. Il cassone dello stabilizzatore prodotto a Foggia è invece la più grande struttura composita monolitica mai fabbricata per un aereo commerciale. Si tratta di processi produttivi innovativi attraverso tecnologie di Alenia che rendono questo stabilimento uno dei principali al mondo per le lavorazioni del materiale composito. Gli investimenti fissi nonché per la ricerca e lo sviluppo previsti in Italia dal programma per il Dreamliner sono di circa un miliardo di euro. Produrranno rilevanti benefici occupazionali a lungo termine in Campania e Puglia, per un totale di oltre un migliaio di posti di lavoro. Circa l'80% dell’indotto è destinato a piccole e medie imprese meridionali.

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presente e futuro 52

LA CENTRALE FOTOVOLTAICA PIÚ GRANDE D’EUROPA

A Brindisi l’energia del sole

«

Vogliamo un futuro in cui sia possibile un’industria fondata sulla forza benefica del sole. Per fare questo, partiamo da una chitarra». Nel 1979 l’utopia del grande chitarrista americano Stephen Stills, al concerto No nukes a New York contro il rischio del nucleare, dava speranza all’idea d’un mondo fondato sulle energie alternative. In Puglia ci si prova attraverso la centrale fotovoltaica più grande d'Europa, che sorgerà a Brindisi nell'area dell’ex Petrolchimico. È stato questo l’esito, nelle scorse settimane, d'una conferenza di servizi presso l'assessorato regionale allo Sviluppo economico della Puglia che ha determinato la realizzazione d’una centrale da 11 megawatt per la quale saranno investiti settanta milioni di euro. Altre risorse serviranno per bonificare la zona, dove storicamente si concentra un forte inquinamento. La centrale fotovoltaica di Brindisi sarà realizzata dal gruppo salentino Italgest, all’avanguardia nella diversificazione della produzione di energia da fonti rinnovabili. Essa occuperà con le celle in silicio una superficie captante di 84.343 metri quadri, producendo annualmente 15,12 gigawatt. Delle iniziative collaterali all’opera previste nell’ambito della

conferenza di servizio riguarderanno l’istituzione d’una scuola di formazione sulle energie rinnovabili rivolta alle pubbliche amministrazioni; la realizzazione d’un polo di eccellenza per la ricerca e lo sviluppo dello sfruttamento dell’energia solare sia per la produzione elettrica che per gli usi civili in collaborazione con l’Università di Lecce e il Politecnico di Bari; l'organizzazione d’un centro di formazione per promotori, progettisti, installatori e manutentori d'impianti solari (termici e fotovoltaici); la predisposizione di azioni di marketing per promuovere la produzione di componenti fotovoltaici in Italia; l’attuazione di convenzioni con università ed enti di ricerca per potenziare le capacità tecnologiche della Puglia. Si tratta d'una vera rivoluzione culturale in Puglia rispetto alle opportunità di crescita tecnologica. La costruzione e la gestione della centrale fotovoltaica più grande d’Europa, l’istituzione del polo di ricerca, l’avvio della scuola di formazione per le pubbliche amministrazioni e l’operatività del centro di formazione rappresentano infatti i presupposti per la crescita d’una cultura delle energie rinnovabili e per lo sviluppo del fotovoltaico, con un ritorno occupazionale ad alto contenuto tecnologico.


presente e futuro GATELOCK IV

GATELOCK I

Block Shaft la sicurezza è di rigore

I

l nome è una garanzia di sicurezza, al punto che alcune compagnie assicuratrici offrono uno sconto sulla polizza furto se l’auto è provvista d’un dispositivo di sua produzione. La Block Shaft, uno stabilimento nella zona industriale di Monopoli di oltre trentamila metri quadri, circa centottanta addetti tra personale di fabbrica e venditori, sette milioni di euro circa di fatturato, azienda certificata Iso 9002, è una delle belle realtà del Mezzogiorno che cambia, che produce, che lavora. «Il primo brevetto è del 1994. La società nasce l’anno dopo. Io sono un ex carrozziere figlio di minatori emigrati in Belgio, dove ho studiato» racconta Emilio Lacirignola, cinquantatre anni, amministratore unico della Block Shaft che dirige avendo tra i principali collaboratori i suoi figli. «Sono ritornato in Puglia a diciannove anni, diplomandomi in elettromeccanica. Per vent’anni ho vissuto frustrato in un ambiente che non capivo e che non mi capiva, fino a quando non ho deciso di rimettere tutto in discussione. È nata così la Block Shaft. Ancora oggi sono una pecora strana, ma forse è proprio questa una delle ragioni del successo di questa azienda. Una delle mie soddisfazioni è il rapporto con i dipendenti, fondato su una logica di relazioni quasi familiare. È difficile da gestire, ma costruttivo». Sono tanti gli imitatori della Block Shaft, ma nessuno che neppure le si avvicini per standard di qualità e di sicurezza. «Mentre tutte le aziende delocalizzavano la ricerca, io ho investito nella ricerca» dice con orgoglio Lacirignola.

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«Block Shaft dispone d’un ufficio tecnico con tre ingegneri. C’è poi un creativo che realizza dei sistemi antifurto semplici e formidabili: Vito Bafaro». La storia di Bafaro, oggi socio d’una delle società del gruppo Block Shaft e consulente anche all’estero, è unica. Nel 1998 si era sparsa la voce che la Block Shaft avrebbe premiato con dieci milioni di lire chi riusciva a violare l’ultimo antifurto di sua produzione. Bafaro scrisse per e-mail dicendosi disponibile a tentare, Lacirignola rispose che il premio era a disposizione. «Vito veniva da Bari vecchia, ed era molto diffidente. Una sera si presenta. Lo faccio accomodare. Tirò fuori da uno zainetto una fresa con la misura perfetta della serratura. Gli chiesi: come hai fatto? E lui: quando ero piccolo, mio padre metteva una serratura al telefono. Da allora, ho imparato a violare ogni tipo di serratura. Gli diedi i dieci milioni, ma rilanciai: preferisci il premio oppure un posto di lavoro? Mi ridiede i dieci milioni: un posto di lavoro. Da allora, Vito è il nostro punto di riferimento». Il grande successo della Block Shaft arriva nel 2001, con il trasferimento da Fasano a Monopoli. I suoi modelli di antifurto sono unici sul mercato per qualità e affidabilità. «Stiamo molto attenti alla sicurezza» rileva Lacirignola. «Chi conosce il mondo delle serrature, sa che quelle nostre sono diaboliche. La differenza rispetto ai nostri imitatori è che dieci anni di esperienza non si possono inventare». Oggi la nuova frontiera è il mercato dell’est. Block Shaft

GATELOCK II

GATELOCK V


GATELOCK III

si sta infatti orientando verso l’Ucraina, con una partnership che la porterà a realizzare un’azienda a Kiev. L’inserimento e il disinserimento d’un sistema d’antifurto Block Shaft, dopo un pò di pratica, risulta molto semplice e veloce. È possibile controllarne visivamente lo stato (chiave assente o presente). Qualcuno, di fronte alla sua semplicità, pensa che siano un duplicato del bloccasterzo di serie su tutte le vetture. Si sbaglia. È invece un corpo d’acciaio inox che va a inserirsi in un altro corpo di acciao inox: praticamente indistruttibile. Il lato negativo di questo dispositivo è invece che non è possibile montarlo da soli. Esso è distribuito esclusivamente attraverso una rete d’installatori autorizzati dislocati in tutto il territorio nazionale. La vettura va lasciata all’installatore, in genere per non più di

ventiquattr’ore, per consentirgli lo smontaggio, la spedizione a mezzo corriere espresso della canna di sterzo all’azienda di Bari, il ricevimento del blocco opportunamente modificato per rimontarlo sull’automobile. Sui vetri, l’istallatore provvede anche ad applicare degli adesivi che, a scopo deterrente, informano i malintenzionati che la vettura è equipaggiata con un sistema Block Shaft. I prezzi oscillano da vettura a vettura e da città a città: la modifica è sempre la stessa, ma variano i tempi d’installazione. Mediamente, la spesa è tra i 250 e i 300 euro.


sing a song

il piacere della lettura

Camillo Pace

Luciano Canfora

Introspezione d’un viaggio

La marcia su Roma

Edizioni dei Corrieri Cosmici

Editori Laterza

È l’esordio di Camillo Pace, giovane contrabbassista di talento, tra romanticismo jazz e ruvida batteria elettronica. Formidabile il pittorico solo all’inizio.

Il 19 agosto dell’anno 43 a.C. Gaio Giulio Cesare Ottaviano, figlio adottivo di Cesare, futuro Augusto, prende il potere a Roma. «Mai la Repubblica aveva visto qualcosa di simile» scrive Canfora.

The Strange Flowers

The imaginary space travel of the naked monkeys Beyond your Minds Records

Jean Paul Besset

La scelta difficile Edizioni Dedalo

Prosegue il viaggio dopo il ritorno nel 2004. È l’ultimo lavoro della vecchia line up, tra nostalgie underground e gli echi alla Lennon nella voce di Michele Marinò. Keith Tippett, Julie Tippetts, Louis Moholo-Moholo & Canto General

Viva la black - Live in Ruvo Ogun

Entusiasmante incontro, tre anni fa al Festival di Ruvo, tra realtà di diversa provenienza geografica unite dal carisma della musica. Lucio Dalla

Il contrario di me Sony/Bmg

Contemporaneamente nei negozi e in edicola con Repubblica e l’Espresso, ribadisce l’umanità ispirata e intensa d’un grande classico della canzone italiana.

Come salvarsi dal progresso senza essere reazionari: il giornalista di Le Monde prova a spiegare come non andare né indietro né avanti, ma in una direzione diversa. Domanda: faremo in tempo? Normanna Albertini

Isabella Chimienti Editore

Tra l’Ottocento e il Novecento, una donna simbolo d’una società in transizione tra sogni e aspettative nell’Italia post unitaria, che sente di contenere il senso d’un orizzonte democratico. Giuseppe Goffredo

Contrade madri di aprile Lieto Colle

Il silenzio accanto a un croco giallo è un componimento paradigmatico sul senso delle cose dopo l’11 settembre. Goffredo lo ripropone insieme alle sue liriche più recenti, tra senso delle radici e coscienza del proprio tempo.

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