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ALIMENTAZIONE Casalinga vs Industriale ADOZIONE Come accogliere il nuovo arrivato
ORCHE
Cosa si cela dietro la loro cattività
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UN MONDO NUOVO, FATTO DI ANIMALI E NATURA. CURIOSITÀ E APPROFONDIMENTI SULLA VITA CHE CI CIRCONDA animaliermagazine.com 1
animaliermagazine.com PER ESSERE SEMPRE AGGIORNATO SULLE NEWS DAL MONDO, LE TENDENZE DEL MOMENTO, LA SALUTE E IL COMPORTAMENTO DEI NOSTRI ANIMALI E LE CURIOSITÀ PIÙ STRANE CHE LI RIGUARDANO... SEI UN BLOGGER APPASSIONATO E VUOI CONDIVIDERE LE TUE CONOSCENZE SUGLI AMICI A QUATTRO ZAMPE? COLLABORA CON NOI! SCRIVICI PER ENTRARE A FAR PARTE DELLA NOSTRA SQUADRA E VEDERE PUBBLICATO UN TUO ARTICOLO. SARÀ BELLO SCAMBIARSI IDEE E NOTIZIE info@animaliermagazine.com E CONDIVIDERE LE NOSTRE PASSIONI!
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Federica Forte
È NATO ANIMALIER! ESPERTI E PROFESSIONISTI DEL SETTORE CHE PARLANO DI ANIMALI E DEL LORO MONDO, PER FARVI CONOSCERE E AMARE SEMPRE DI PIÙ LA NATURA INTORNO A NOI
Professionalità e passione, un connubio che parrebbe perfetto... E forse lo è... È così che nasce Animalier! Gli studi che si fondono col lavoro, l’amore per la scrittura che trova l’incastro perfetto con quello per gli animali e per la natura, la voglia di confrontarsi con esperti del settore e di conoscere sempre più a fondo questo mondo che, senza l’intervento dell’uomo, sarebbe
incredibilmente perfetto. E allora decidiamo di condividere con voi lettori il nostro sapere, da quello che riguarda gli animali più vicini a noi, i domestici, a quelli che spesso riusciamo ad ammirare solo in foto e video, ma che hanno comunque un ruolo importantissimo nell’ambiente in cui viviamo. L’obiettivo di Animalier è di creare un’informazione corretta e
diffondere una cultura animale che vada al di là delle solite credenze e dicerie, che faccia amare questo mondo proprio come lo amiamo noi. Per raggiungerlo, altre persone hanno dovuto credere in questa sfida, professionisti ed esperti che hanno colto il nostro invito alla costruzione di questo progetto, con l’augurio che insieme a voi lettori possiamo arrivare sempre più in alto.
Dieta casalinga o industriale? Una puntata della trasmissione Report dello scorso dicembre ha seminato il panico tra i proprietari di cani e gatti, portando allo scoperto ciò che si nasconde dentro i pacchi di croccantini e le scatolette che quotidianamente somministriamo ai nostri animali. Abbiamo sentito diversi esperti su questo argomento per cercare di fare chiarezza tra le paure e i dubbi che si sono creati e dare qualche consiglio in più a chi si è trovato a dover fare i conti con percentuali di carboidrati e proteine. E per un cucciolo qual è l’alimentazione più adatta? E l’accoglienza migliore? In questo numero c’è tutto quello che dovete sapere su come preparare la vostra casa al suo arrivo, dall’arricchimento ambientale alle prime cure veterinarie da prestargli, che sia cane o gatto. E ancora, come affrontare l’incontro con un orso andando a passeggio per i boschi; cosa si cela dietro la cattività delle orche nei parchi acquatici; lo strano comportamento alimentare dei lupi delle coste canadesi. Vi presentiamo un super-pinguino con le sue super-caratteristiche! E infine, vi raccontiamo il dramma degli oranghi e della distruzione delle loro foreste per la produzione del tanto discusso olio di palma, da chi l’ha vissuto da vicino, in un viaggio che vi lascerà un amaro sorriso.
ANIMALIER testata in fase di registrazione presso il tribunale di Roma info@animaliermagazine.com www.animaliermagazine.com
Direttore editoriale Federica Forte
f.forte@animaliermagazine.com
Art direction + progetto grafico Adriano Di Santo Officina19 - www.officina19.it grafica@animaliermagazine.com
I nostri collaboratori Sonia Campa, Massimiliano Cavallari, Melissa Cavallari, Virna Cittadini, Michela Kuan, Camilla Nerini redazione@animaliermagazine.com
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UN MONDO NUOVO, FATTO DI ANI
MALI E NATURA. CURIOSITÀ E APP
ROFONDIMENTI SULLA VITA CHE
CI CIRCONDA
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“HO DECISO, PRENDO UN CANE!”. TUTTI I SEGRETI DI UN’ADOZIONE DOC
LA CONVIVENZA CON UN GATTO DALLA A ALLA Z. CE LA SPIEGA L’ESPERTO
SALUTE. LE PRIME CURE PER FIDO 18 ALIMENTAZIONE. CASALINGA O INDUSTRIALE? PRO E CONTRO
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40 L’INCONTRO SPECIALE CON L’ORSO. ECCO COME COMPORTARSI 54 DIARIO DAL BORNEO INDONESIANO. GLI ORANGHI E IL LORO HABITAT CHE BRUCIA
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LUPI DI MARE. I BEACHCOMBERS DELLE COSTE CANADESI
LA CATTIVITÀ DELLE ORCHE E LA LORO VITA NEI PARCHI ACQUATICI
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HO DECISO PRENDO UN CANE! di
Camilla Nerini
SIETE PROPRIO CERTI DI QUESTA DECISIONE? DA SEMPRE L’UOMO È PORTATO A CONDIVIDERE LA PROPRIA VITA CON UN ANIMALE. IL MIGLIORE AMICO DELL’UOMO È TALE DA TEMPI VERAMENTE ANTICHI. MA OGGI, CON I RITMI FRENETICI DI VITA CHE VIVIAMO, OCCORRE CHIEDERSI SE SI È DAVVERO PRONTI A UN IMPEGNO COSÌ IMPORTANTE
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L’adozione di un animale è da valutare non solo in termini di tempo, ma anche economici. Piccolo o grande che sia, di razza o meticcio, un cane mangia e ha bisogno di cure mediche, e per quanto riguarda queste ultime, più passa il tempo maggiori potrebbero essere tali necessità. A questo aggiungerei anche un percorso educativo che, a meno che non si abbia già grande esperienza, non fa affatto male, anzi è assolutamente necessario per una
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crescita del cucciolo sana ed equilibrata. Se tutto questo vi sembra già troppo, un cane in questo momento non è quello che fa per voi. Viceversa, affrontate questa scelta in maniera consapevole. Come? Andiamo per ordine. Un cane che non rispecchia le aspettative del proprietario è un animale a rischio di abbandono, e non perché sia un cane problematico di per sé, ma semplicemente perché non corrisponde all’idea di cane che la perso-
ADOZIONE DOC /
TUTTA COLPA DEL PROPRIETARIO? NO!
na si è fatta. È estremamente importante, quindi, non farsi trasportare dall’aspetto estetico, ma indagare a fondo su quelle che sono le attitudini di razza del cane che si vuole adottare. Siete più sportivi o amanti del divano? Vi piace di più il mare o la montagna? Siete grandi viaggiatori o raramente vi spostate da casa? Quando ci si trova di fronte ad una razza, è abbastanza facile valutare se l’animale scelto rispecchia il vostro stile di vita. A seconda delle vostre abitudini, infatti, opterete per un cane iperattivo o che al massimo vorrà fare il giro del palazzo, amante dell’acqua o dell’altitudine, di taglia piccola o contenuta o un extra-large. Un po’ più complicato se si sceglie di recarsi in uno dei tanti rifugi e adottare un meticcio: laddove si tratti di cuccioli dei quali non
UN CANE CHE NON RISPECCHIA LE ASPETTATIVE DEL PROPRIETARIO È UN ANIMALE A RISCHIO DI ABBANDONO. si conoscono i genitori e il cui lato estetico non aiuta a risalire alla razza da cui derivano, sarà davvero un terno al lotto sia per quanto riguarda il carattere che la taglia; se si opta per un cucciolone-adulto, il personale del rifugio fornirà tutte le informazioni sul carattere del cane che a quel punto non riserverà alcuna sorpresa. Va da sé che gran parte del lavoro dipende
Un’adozione fallita non è sempre per colpa di un proprietario disattento o poco all’altezza. Infatti, se da un lato c’è chi il cane lo ha adottato senza porsi tante domande, dall’altro c’è qualcuno che questa adozione l’ha spinta e approvata. Che sia un allevatore o il personale adozioni di un rifugio, è importante che dall’altro lato ci sia una figura competente che sappia consigliarvi al meglio e sia in grado di valutare se quel cane faccia davvero al caso vostro. Attenzione, quindi, a chi vi rivolgete! Un allevatore serio non considera solo l’aspetto economico, ma anche il benessere dell’animale; idem l’operatore di canile che dovrà avere la consapevolezza di non affidare un cane problematico ad una persona che magari non è in grado di gestirlo. In più, farsi aiutare da un esperto del settore non guasta mai.
anche da voi e dall’educazione che sarete in grado di dargli. Per questo un percorso di educazione non è mai da sottovalutare. Quali sono i fattori da tenere comunque in considerazione? I cuccioli devono avere un’età minima di due mesi, che siano di razza o no, e devono aver trascorso questo periodo con la madre e i fratellini. Di estrema importanza sono, infatti, i cosiddetti “periodi sensibili” dell’animale che approfondiremo meglio prossimamente. Provate a verificare il livello di socializzazione, primaria (tra conspecifici) e secondaria (interspecifica, con persone e altri animali) del cane che state scegliendo. Laddove, infatti, un cucciolo è più malleabile in tal senso, un cane adulto non socializzato con gli altri cani o con le persone o ancora con l’ambiente circostante potrebbe creare dei problemi, specie se avete intenzione di condividere con lui tutte o quasi le esperienze di vita, e non sempre alcune situazioni problematiche risultano risolvibili. Interagite col cane con cui pensate di intraprendere un percorso comune, portatelo al guinzaglio, invitatelo al gioco, cercate di capire qualcosa del suo carattere e se c’è del feeling tra di voi.
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/ ADOZIONE DOC
RESCUE CENTER DOGS Ci piace una razza ma vogliamo salvare un cane in difficoltà? In Italia, come nel resto del mondo, esistono i Rescue Center Dogs, associazioni che si occupano di cani abbandonati o maltrattati, ma che si concentrano su una determinata razza. Nella maggior parte dei casi si tratta di cani adulti, più o meno giovani, con un passato difficile alle spalle o con qualche problematica particolare, non adatti a tutti quindi. Il personale dell’associazione è in grado di valutare ogni singolo caso e, anche se il percorso può risultare un po’ lungo e complicato, in questi casi un eccesso di zelo non è mai fuori luogo e varrà sicuramente la pena!
ABBAIARE STANCA di Daniel Pennac - Salani Editore
di
Virna Cittadini
AMMAESTRARE O ESSERE AMMAESTRATI? “UN BUON AMMAESTRAMENTO È QUELLO CHE IMPONE IL RISPETTO DELLA DIGNITÀ DI ENTRAMBI”, DICE PENNAC. Chi sono Muso Nero, il Lanoso, lo Ienoso e IL Cane? Sono appunto cani, o meglio alcuni dei cani che popolano questo romanzo di Daniel Pennac. IL Cane, con IL maiuscolo, è il nome che la piccola Mela ha dato al randagio protagonista della storia interamente raccontata dal suo punto di vista. Il libro racconta l’incontro tra un bastardino, non bello, anzi un orrore, e una bimbetta gracile e capricciosa che proveranno a convivere. Non ci sarà niente da fare per la Spepa e il Muschioso, i genitori della bimba, Mela ha
BULL TERRIER RESCUE ITALIA, AIUTA BULL TERRIER IN DIFFICOLTÀ A TROVARE UNA NUOVA CASA. NON HA CUCCIOLI, MA SOLO ADULTI BISOGNOSI. Per informazioni info@btri.org. PER CANDIDARVI ALL’ADOZIONE O SE UN BULL TERRIER HA BISOGNO DI UNA NUOVA FAMIGLIA adozioni@btri.org. www.btri.org 10
EDUCATORE CINOFILO
deciso: vuole un cane! D'altronde anche IL Cane è in cerca di una padrona da ammaestrare bene. “Finalmente ho trovato il padrone ideale” pensa. Ma i bambini, si sa, sanno essere volubili, cambiano giochi, voglie e desideri alla velocità del vento e in modo imprevedibile e così, dopo un po’, anche IL Cane perde di interesse agli occhi di Mela. Riflettendo tra due possibilità, una vita comoda o dignitosa, IL Cane sceglie la seconda e decide di fuggire da Mela e dalla sua famiglia che non l'ha mai accettato. Se ne andrà errando per le vie di Parigi deluso e amareggiato, incontrerà altri cani e persone, conoscerà la vera amicizia. Si imbatterà nello Ienoso che gli farà capire la differenza tra un padrone e un amico. La storia prosegue avvincente, Mela e IL Cane si ritroveranno entrambi cambiati da questa separazione. Come in tutte
le storie non banali questo non è il lieto fine, di nuovo ci saranno problemi e colpi di scena… Cosa mi ha colpito di questa storia? La capacità dell’autore di immedesimarsi profondamente in un “non umano” immaginandone, in modo molto convincente, sentimenti, emozioni e pensieri. Lo fa in modo semplice e delicato pur non risparmiandoci momenti di tristezza e di rabbia, poiché spesso la descrizione dell’essere umano che ne esce è avvilente. Non per questo, però, dal racconto emerge una condanna o un giudizio sulle debolezze (incapacità?) umane, piuttosto la possibilità di imparare e rimediare dai propri errori. È la prospettiva che cambia; sono gli occhi e il cuore di un piccolo cane non di razza che affronta con determinazione la dura prova della convivenza con l’uomo.
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Un gioco per allenare la memoria del tuo amico a quattro zampe. Basta inserire il cibo nel distributore e posizionare il pulsante di attivazione a debita distanza. Non appena premerà il pulsante, le crocchette usciranno sul vassoio e lui potrà godersi la sua meritata ricompensa. Esercitare l’intelligenza del tuo cane è un’attività indispensabile per sviluppare le doti di apprendimento necessare ad una corretta educazione. Per ulteriori informazione visita il nostro sito: www.trixie.it
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Cucciolo o adulto
F - L’adulto non si affeziona alla nuova famiglia, o comunque meno di un cucciolo.
F - Un cucciolo è più predisposto ad imparare e lo si può allevare a nostra immagine e somiglianza. Un adulto non impara.
V - Un cane che è stato abbandonato non ha necessariamente qualche problema comportamentale. Le motivazioni del suo abbandono sono le più disparate e spesso non hanno nulla a che fare col carattere del cane.
Maschio o femmina V - Il maschio è sempre sessualmente attivo, ma non ha alcuna necessità di accoppiarsi e la castrazione è da prendere in considerazione nella maggior parte dei casi e da valutare col veterinario di fiducia (meglio se comportamentalista).
F - La femmina deve fare almeno una cucciolata nella sua vita.
V - Il maschio non è sempre e comunque meno gestibile della femmina. Dipende sempre dalla razza (o dal mix di razze) e dall’educazione ricevuta.
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Piccolo o grande F - Il cane piccolo ha meno esigenze di un cane grande, ha meno bisogno di uscire, ha meno bisogno di spazio.
V - Il cane piccolo non è un pupazzo di peluche, non va cresciuto in braccio, deve uscire regolarmente, sporcare fuori e non in una lettiera, socializzare con persone e animali. Va trattato come un cane in tutto e per tutto.
F - Il cane grande ha bisogno di tantissimo spazio e di un giardino.
V - Un cane piccolo non è più gestibile di un cane grande. Anche se può essere più facile portarlo in passeggiata (e non sempre è vero), può manifestare tutti i comportamenti problematici di un cane grande.
Giardino o appartamento F - Un cane che ha il giardino ha meno necessità di uscire in passeggiata, di socializzare, di fare esperienze e di vivere col proprio umano. V - Un cane che sta in giardino non è più felice di uno che vive in casa, anzi. I cani sono animali sociali e hanno bisogno di vivere a stretto contatto col loro gruppo. Essere relegati in giardino in solitudine non gli fa affatto bene, al contrario può portare a sviluppare disturbi comportamentali.
Cane di razza o meticcio V - Non esiste il cucciolo di cane di razza gratis o a bassissimo prezzo o in offerta! I cuccioli di razza in salute e allevati con criterio da allevatori seri hanno un costo che non può essere basso. Da evitare i cuccioli esposti nei negozi, non si sa nulla del loro passato e potrebbero far parte di quella tratta dall’est di cui tanto si parla e che produce animali in cattiva salute e problematici.
F - Il cane meticcio preso al canile vi sarà da subito riconoscente e non vi creerà alcun problema, anzi si abituerà immediatamente alla vostra routine e alle vostre esigenze. V - Un cane meticcio costa quanto un cane di razza. Non al momento dell’adozione magari, ma poi le spese per mantenerlo saranno assolutamente le stesse. Anche i meticci mangiano e si possono ammalare.
F - Ad un cane del canile basta un tetto e del cibo perché “sta meglio così che al canile”. Non gli serve uscire, giocare, incontrare cani e persone, passare del tempo col proprietario.
VERO O FALSO?
/ L’EDUCATORE
IL VOSTRO CUCCIOLO FINALMENTE È ARRIVATO! AVETE SVALIGIATO IL NEGOZIO SOTTO CASA E COMPRATO TUTTO CIÒ CHE OCCORRE PER ACCOGLIERLO AL MEGLIO, MA AVETE CHIESTO CONSIGLIO SU COME FARGLI TRASCORRERE LA PRIMA SERA CON VOI?
IL PRIMO GIORNO INSIEME di
Massimiliano Cavallari EDUCATORE CINOFILO
In via preliminare è opportuno ricordare che il cucciolo viene tolto da quello che è stato il suo ambiente fino a quel momento, mamma e fratellini soprattutto, e viene portato in un ambiente nuovo, dove ci sono persone ed eventualmente altri cani e animali che non conosce. Quindi sarà compito del compagno umano fargli prendere confidenza gradualmente e con tutte le attenzioni del caso con la sua nuova casa, con gli individui che la abitano e con le nuove abitudini e regole da imparare. Fatta questa doverosa premessa, ci sono alcuni consigli che potranno agevolare l’inserimento del piccolo nella sua nuova casa il primo giorno che arriva. Fatevi dare dall’allevatore o dalla persona che ve l’ha ceduto un panno impregnato dell’odore della mamma e dei fratellini, che metterete nella sua nuova cuccia; in mancanza di questo, utilizzate un indumento impregnato del vostro odore (ad esempio con il quale avete sudato e che non avete lavato). Lo aiuterà a sentirsi “a casa”.
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La cuccia per il cucciolo costituisce un luogo molto importante, dove non verrà mai né disturbato né rimproverato, proprio per far sì che rappresenti un luogo sicuro. La prima notte è comunque necessario e consigliabile che il cucciolo dorma con i suoi nuovi compagni I LOVE MY DOG umani, poiché lasciarlo solo FASHION STREETWEAR sarebbe un cambiamento CUCCIA CIAMBELLA IN in negativo rispetto alle TESSUTO DI FELPA MORBIDA abitudini acquisite sino a E CALDA, IMBOTTITA CON quel momento (i cuccio100% POLIESTERE, ESTERNO E CUSCINO STAMPATO CON li dormono tutti insieme 10 ORIGINALI E GUSTOSE anche con la mamma, o IMMAGINI DI FOOD, PER almeno dovrebbero) e lui SONNELLINI VERAMENTE DELIZIOSI. FACILMENTE si sentirebbe decisamente LAVABILE IN LAVATRICE. troppo spaesato. DISPONIBILE IN DUE MISURE: Se avete deciso di adot45 CM (83,70 EURO) E 70 CM (99,90 EURO). tare un cane, siete siwww.ilovemydog.it curamente ben consci del fatto che un animale produce una certa quantità di pipì e cacca e che con molta probabilità non imparerà subito a sporcare nel posto giusto. In particolare, il cucciolo non ha grandi capacità di trattenersi, quindi la sera del suo arrivo e il mattino seguente, al risveglio, portatelo dove può urinare e defecare e lodatelo grandemente quando fa la cosa giusta. In linea di massima, un cucciolo sporca dopo aver mangiato, giocato e dormito. Cogliete al volo questi momenti e anticipatelo (col tempo imparerete anche a capire quando “sta per mollarla”) portandolo sempre nel posto dov’è giusto per voi che sporchi. Se il cucciolo può
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L’EDUCATORE /
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NON SIATE MAI NÉ BRUSCHI NÉ TROPPO SEVERI CON IL VOSTRO CUCCIOLO, MA SIATE SEMPLICEMENTE DECISI. RICORDATEVI CHE LUI SA POCO O NULLA DEL MONDO CHE LO CIRCONDA E IL VOSTRO COMPITO È QUELLO DI DIVENTARE LA SUA GUIDA.
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/ L’EDUCATORE
uscire e andare per strada o in giardino, evitate i tappetini assorbenti che creano una valida associazione con tutti i tappeti di casa, vostra e dei vostri amici... E quando non ci riuscite e una pipì scappa nel punto sbagliato? L’importante è non punirlo. Il cucciolo urina e defeca per necessità, se lo punite per quello che per lui è un bisogno fisiologico potreste creare delle paure inutili e il risultato sarebbe semplicemente che, anziché farla lì quando gli scappa, proverà a nascondersi per evitare la punizione. Peggio è, poi, punirlo per un bisogno che ha fatto chissà quanto tempo prima. Il cane in generale e il cucciolo in particolare non hanno alcuna capacità di collegare una punizione a un atto compiuto diverso tempo prima, quindi, oltre a sprecare fiato ed energie, rischiate di innescare un meccanismo pericoloso fatto di paure e ansia che non porterà a nient’altro. Quali giochi offrire al nuovo arrivato? Tutti quelli che non abbiano la forma di oggetti a voi cari, come scarpe, telecomando, etc... e che vi serviranno per iniziare a fargli capire cosa mordere e cosa no (utile in questo caso il Kong Puppy).
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HO ADOTTATO UN CANE ADULTO Così come il cucciolo, anche un cane adulto nella sua nuova casa è spaesato, e le regole da seguire sono in linea di massima le stesse. È vero, un adulto sa trattenere i bisogni e sa che si sporca fuori, ma non è detto che questo accada già dal primo giorno. Di fondamentale importanza è la storia passata del cane che inciderà notevolmente sul suo comportamento all’arrivo nella nuova famiglia. Se non ci sono grossi traumi alle spalle, un cane adulto probabilmente imparerà le regole di casa più velocemente di un cucciolo, ma anche per lui, almeno nella prima fase, è necessario farsi seguire da un esperto, anche solo per riuscire a convivere in armonia. L’arrivo di un animale rompe comunque degli equilibri ed è importante settarsi insieme. Una volta che anche voi avrete imparato come gestire le giornate col vostro cane, il percorso sarà sempre più in discesa e non potrete che giovare di un rapporto che si rivelerà speciale.
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L’EDUCATORE /
E il cibo? Meglio che non sia sempre a disposizione, ma, passati 5-10 minuti al massimo da quando lo si è dato al cucciolo, è bene togliere la ciotola con quello che eventualmente è stato lasciato, anche se non ha mangiato nulla. Un cucciolo fa in media tre pasti al giorno, come se fossero colazione, pranzo e cena, ma è importante che impari sin da subito che le risorse alimentari non sono sempre a disposizione e che il pasto va consumato subito appena glielo si offre. Se perde tempo a fare altro, mangerà al pasto successivo. Non fatevi impietosire da quegli occhioni che implorano un croccantino, non morirà di fame! Ma è necessario che impari. In generale, non siate né bruschi né troppo severi con lui, ma siate decisi, ricordatevi che è un cucciolo che sa poco o nulla del mondo e che il vostro compito è quello di fargli da guida. Per ultimo, ma non per ordine d’importanza, come dicono gli anglosassoni, consiglio vivamente di consultare un educatore cinofilo esperto, se possibile già nel momento in cui avete deciso di prendere un cane (consulenza preadottiva) per essere aiutati a scegliere quello più adatto a voi. È importante farsi aiutare da una figura professionale, dato che il periodo che si appresta a vivere il cucciolo è di enorme importanza per la sua e la vostra vita futura, quindi l’educatore saprà dare gli strumenti necessari alla costruzione di una relazione secondo le giuste direttrici. Buona avventura insieme, Max Bau
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/ IL VETERINARIO
UNA VISITA DAL VETERINARIO CHE CI SEGUIRÀ PER TUTTA LA VITA DEL NOSTRO CANE È UTILE E OPPORTUNA
LE PRIME CURE PER FIDO di
Melissa Cavallari
MEDICO VETERINARIO E COMPORTAMENTALISTA
Il nostro nuovo amico è qui con noi. Abbiamo tutto ciò che serve per accoglierlo al meglio, ci siamo preparati su come trascorrere i primi momenti con lui, abbiamo consultato un educatore per capire come comportarci, ma abbiamo fatto anche un passaggio dal veterinario di fiducia? Una visita di controllo è la prima cosa da fare quando accogliamo un nuovo amico a quattro zampe. Che venga da un allevatore o da un’associazione animalista, dovremmo avere già un quadro completo della sua situazione sanitaria, ma una visita dal veterinario che ci seguirà per tutta la vita del nostro cane è utile e opportuna, anche solo per far conoscere il nuovo paziente al suo medico. Se si tratta di un cane adulto, dal punto di vista sanitario, probabilmente, sarà meno vulnerabile di un cucciolo per il quale le prime necessarie cure saranno sverminazioni e vaccinazioni. TROVIAMO SEMPRE UN GIUSTO COMPROMESSO TRA LA PROTEZIONE DEI CUCCIOLI DALLE MALATTIE INFETTIVE E UNA CORRETTA SOCIALIZZAZIONE, FASE MOLTO IMPORTANTE DURANTE IL PERIODO DELLE VACCINAZIONI.
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IL VETERINARIO /
LA SVERMINAZIONE
Quasi tutti i cuccioli appena nati hanno i vermi e più precisamente gli ascaridi (vermi tondi, bianchi, di circa 15 cm di lunghezza). L’infestazione di questi parassiti nei cuccioli può verificarsi: • nella vita intrauterina per migrazione transplacentare delle larve dalla madre al feto; • durante l’allattamento per migrazione delle larve a livello mammario, ma anche per ingestione di uova infestanti contenute nelle feci di altri animali. I cuccioli vanno sverminati intorno ai 20 giorni di età, ripetendo il trattamento dopo 20/25 giorni. Prima di procedere alle vaccinazioni è buona norma effettuare l’analisi delle feci per verificare che il cucciolo non sia ancora affetto dalla parassitosi intestinale. L’ascaridiosi non trattata, infatti, può essere pericolosa per i cuccioli, perché può portare danni alle pareti dell’intestino, malassorbimento o anche occlusione intestinale. Una volta esclusa la presenza di parassitosi, si può procedere alla vaccinazione.
LE VACCINAZIONI I cuccioli che nei primi giorni di vita hanno assunto il colostro dalla madre sono protetti dall’immunità passiva materna per circa 50/60 giorni. In questi casi, il protocollo vaccinale inizia intorno ai due mesi di età, in modo da non interferire con gli anticorpi materni e da stimolare un’immunità “attiva”. Il medico veterinario stabilirà il protocollo vaccinale adatto ad ogni singolo caso, valutando ambiente, stile di vita e situazione epidemiologica. Le malattie contro cui si vaccina il cane sono: • cimurro (malattia infettiva virale, responsabile di una grave forma di infezione gastrointestinale); • epatite infettiva (malattia infettiva virale che provoca danni epatici e gastrointestinali); • parainfluenza (malattia provocata da un virus che, in associazione con altri virus e batteri, è responsabile della tracheo-bronchite infettiva o “tosse dei canili”); • leptospirosi (malattia provocata da batteri che causano problemi renali e gastroenterici); • rabbia (il nostro Paese è ritenuto indenne da questa patologia; è comunque obbligatorio vaccinare in occasione di viaggi o di mostre canine). È importante che la vaccinazione sia effettuata da un medico veterinario che possa verificare la buona salute del cucciolo e l’assenza di patologie che potrebbero compromettere il buon esito dell’atto vaccinale. Il cane si considera immunizzato dopo i tre mesi di età e per mantenere alta la protezione sono previsti richiami annuali o semestrali.
VACCINAZIONI E SOCIALIZZAZIONE
Il periodo in cui si fanno le prime vaccinazioni è una fase molto importante anche per la socializzazione e il corretto sviluppo comportamentale del cucciolo. Assume, quindi, grande importanza in questo periodo (2-4 mesi di età) non segregare il cucciolo fino alla fine delle vaccinazioni (come consigliavano molti colleghi tempo fa), ma anzi fargli fare numerose e varie esperienze. Chiaramente questo va fatto in sicurezza, evitando luoghi molto affollati e frequentati da cani randagi. Troviamo, quindi, un giusto compromesso tra la protezione dei cuccioli (non ancora completamente immunizzati) dalle malattie infettive e una corretta socializzazione, essenziale per far crescere un individuo equilibrato, capace di affrontare adeguatamente le situazioni e gli stimoli ambientali che gli si presenteranno. È IMPORTANTE AVERE UN QUADRO COMPLETO DELLA SITUAZIONE SANITARIA DEL CANE APPENA ADOTTATO. IL CUCCIOLO SI CONSIDERA IMMUNIZZATO DOPO I TRE MESI D’ETÀ E I RICHIAMI SARANNO ANNUALI O SEMESTRALI.
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UN’AFFASCINANTE AVVENTURA QUELLA DEL CONOSCERSI VICENDEVOLMENTE, SENZA GIUDICARSI E CON IL PIENO RISPETTO DI TEMPI E SPAZI, CON PAZIENZA E GRADUALITÀ, PER UNA CONVIVENZA RICCA DI SORPRESE E GRANDI SODDISFAZIONI di
Sonia Campa,
CONSULENTE PER LA RELAZIONE UOMO-ANIMALE
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Adottare un gatto può essere una delle esperienze emotivamente più appaganti e intime che si possano vivere. I gatti sono custodi meravigliosi di silenzi, di respiri, di giornate trascorse a godere del sole e della loro presenza furtiva, raramente invadente eppure affettuosa e rassicurante. Tuttavia, i gatti non sono elettrodomestici con un set predisposto di funzioni alle quali possiamo attingere per nostro piacere e interesse. Ogni gatto è un individuo a sé, è una storia personale che parte spesso da molto lontano, dai suoi antenati, ovvero dalle informazioni trasmesse attraverso il suo Dna, per arrivare alle esperienze che hanno segnato le prime settimane della sua vita e quelle successive. In altre parole, quando adottiamo un gatto, cucciolo o adulto che sia, dobbiamo essere consapevoli che stiamo entrando in contatto con una mente pensante che ha un passato, spesso anche molto denso, e delle aspettative su di sé e sugli altri. A noi sta la meraviglia e la gioia di conoscerlo senza pretendere di imporgli chi essere. Prima di addentrarci nel tema dell’accoglienza del gatto, tuttavia, è importante sottolineare un aspetto. Per molti anni la cultura popolare ci ha consegnato l’immagine del gatto come di un animale poco impegnativo, adatto a chi sta poco in casa, a chi ha vite complesse e ricche di impegni perché, tutto sommato, lui se la cava da sé e quando torniamo
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È MOLTO IMPORTANTE LASCIARE SEMPRE AL MICIO LA POSSIBILITÀ DI ESPLORARE TUTTO L’AMBIENTE CHE DA LÌ A POCO POTRÀ OCCUPARE, CON I SUOI TEMPI E CON I SUOI MODI.
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/ L’ESPERTO
a casa abbiamo qualcuno di affettuoso ma poco richiedente ad aspettarci dietro la porta. Ebbene, le cose non stanno affatto così. Un gatto, magari tenuto stabilmente in appartamento, che passa 9-12 ore in una casa in cui nulla accade, ahimé, non può essere un gatto felice. Non lo è perché per la mente di un predatore opportunista, che basa, cioè, le sue strategie di sopravvivenza sul cogliere le occasioni che l’ambiente offre, un posto dove tutto è immobile e senza sorprese è mortificante. Non adotteremmo mai un cane dovendolo lasciare da solo in casa un’intera giornata perché il cane ha un bisogno estremo di stare in gruppo. Allo stesso modo, un gatto lasciato inattivo tanto a lungo non vede soddisfatto il suo benessere perché ha bisogno
5 MITI DA SFATARE SUL GATTO IL GATTO È MENO IMPEGNATIVO DEL CANE Soprattutto se il micio è destinato a trascorrere molte ore in casa da solo, la responsabilità di tenerlo attivo e in salute mentale è nelle mani del proprietario.
PER COMBATTERE LA SOLITUDINE BISOGNA ADOTTARE UN SECONDO GATTO Il più grande nemico del gatto che vive da solo, soprattutto se non ha modo di uscire, è la noia, non la solitudine. Adottare un compagno non è detto che risolva il problema: i due gatti potrebbero non starsi affatto simpatici.
PIÙ PICCOLO È IL GATTO, PIÙ FORTE È IL LEGAME CON ME I gatti che riescono a sviluppare le relazioni più equilibrate e serene non sono quelli adottati a poche settimane di vita ma quelli che hanno avuto la possibilità di stare con mamma e fratellini almeno fino a 60 giorni di vita.
SE ADOTTO UN GATTO DALLA STRADA MI SARÀ RICONOSCENTE PER TUTTA VITA Alcuni gatti non sono in grado di adattarsi alla vita in famiglia perché perfettamente inseriti nel contesto urbano. Sottrarli dalla loro realtà significa destinarli ad una vita di stress e ansie.
SE IL GATTO ESCE NON HA BISOGNO DI UNA LETTIERA IN CASA A volte c’è bisogno di privacy e i gatti che dispongono di una lettiera in casa possono utilizzarla volentieri, rinunciando temporaneamente al loro prezioso giardino.
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L’ESPERTO /
/ L’ESPERTO
di impegnarsi, di cacciare, di esplorare e, perché no, di proteggere il suo territorio. Se, malgrado tutto, decidiamo di prenderci questa responsabilità, allora dobbiamo essere pronti ad metterci in gioco in prima persona perché al micio non manchi quella ricchezza di esperienze e di occasioni di cui la sua mente necessita per restare in salute. Uno degli elementi che condiziona fortemente il carattere futuro di un gattino è la figura materna. Un gattino deve poter stare a contatto con la sua mamma e i fratellini almeno fino a 60 giorni di vita, prima di esserne separato. Questo requisito è cosi importante per la formazione equilibrata della sua personalità che davanti ad una cucciolata di orfani la priorità dovrebbe essere quella di affidarli ad una gatta “balia”, una mamma sostituta, prima di munirsi di biberon e tutto l’occorrente per l’allattamento artificiale. La mamma permette al gattino di capire cosa significhi “essere gatto” e come sfruttare in maniera congrua ed efficace tutti gli strumenti che Madre Natura gli ha concesso. Questo apprendistato è fondamentale per la psiche del gattino per-
LA MENTE DEL GATTO È QUELLA DI UN PREDATORE OPPORTUNISTA, CHE BASA LE SUE STRATEGIE DI SOPRAVVIVENZA SUL COGLIERE LE OCCASIONI CHE L’AMBIENTE OFFRE. UN POSTO DOVE TUTTO È IMMOBILE E SENZA SORPRESE È MORTIFICANTE.
completamente nuove (gli elettrodomestici, le suonerie, gli estranei che entrano ed escono da casa) avrà comunque dei luoghi di riferimento noti e per lui familiari. Analogamente a quanto avviene per i gatti adulti neo-adottati, anche il cucciolino avrà bisogno di capire dove si trova e di farsi un’idea di quella che è la sua nuova sistemazione. In questa fase è molto importante lasciare al micio la possibilità di esplorare, con i suoi tempi, con i suoi modi, tutto l’ambiente che da lì a poco potrà occupare. Se vi sono altri animali in casa, siate pazienti e graduali nel metterli in contatto. Non escludete la possibilità di farvi seguire, anche solo per alcuni incontri, da un educatore o una figura professionale analoga in grado di darvi i con-
DOPO QUANTO TEMPO POSSO FARLO USCIRE? Gatti appena adottati è bene che familiarizzino con la loro nuova casa prima di esplorare l’esterno. Indipendentemente dall’età, quindi, aspettate che il micio si sia rilassato nel nuovo ambiente ed inizi ad interagire con i membri della famiglia con una certa serenità. Generalmente, e a patto che non vi siano problemi pregressi, 2-3 settimane possono essere una media sufficiente.
ché crea degli insegnamenti irripetibili che condizioneranno tutto il suo futuro. Alla separazione dalla mamma e dai fratellini seguirà, sperabilmente, l’inserimento in famiglia e anche in questo caso il gattino non sarà una “lavagna bianca” sulla quale poter scrivere a nostro piacimento. A 60-80 giorni avrà già degli indirizzi di crescita, delle propensioni a cui dare attenzione. Per esempio, un gatto, cucciolo o adulto che sia, nato e vissuto in campagna, all’aperto o con libertà di muoversi anche all’esterno, si adatterà molto più facilmente ad una casa che gli offra la possibilità di mantenere lo stesso stile di vita, ovvero di entrare e uscire a piacimento perché, pur dovendosi abituare a situazioni
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sigli giusti e minimizzare la possibilità di commettere errori che potrebbero compromettere la futura convivenza. Le uscite in giardino potranno iniziare, anche dietro la supervisione di una persona di famiglia, appena il gatto si mostrerà rilassato e sereno nell’ambiente domestico e una volta provveduto alle opportune vaccinazioni. Quanto tempo serva per rompere gli indugi è soggettivo: alcuni gatti riescono a familiarizzare nel giro di pochi giorni, per altri servono alcune settimane. È stato visto che, in media, tre settimane sono quelle che garantiscono un adattamento sereno in famiglia ad un gatto senza particolari problematiche pregresse. Nel giro di alcune settimane, il micio
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inizierà probabilmente a scavalcare i confini della proprietà per inoltrarsi, gradualmente, nelle zone confinanti. Potrete dotarlo di microchip di riconoscimento e di collare auto-sbloccante se vi fa sentire più tranquilli, ma la cosa più importante è cercare di coltivare buoni rapporti con i vicini: considerando che i gatti non lasciano mai il quartiere di residenza, dei vicini amichevoli possono diventare degli ottimi alleati per garantire il benessere e la tutela del micio anche
quando si aggira per i dintorni. Una volta inseritosi nella realtà fisica e sociale della famiglia, non resta che abbandonarsi all’avventura del conoscersi vicendevolmente. I gatti hanno la dote di viverci accanto senza giudicarci per i nostri averi o il nostro ruolo sociale. Di contro, però, pretendono il rispetto dei loro tempi e dei loro spazi, consegnandoci un’esperienza di integrità con se stessi da cui c’è sempre tanto da imparare.
QUALI VACCINAZIONI? Che sia cucciolo o adulto, ogni neo-adottato dovrebbe essere visitato dal veterinario di fiducia per stabilire tempi e modi di un piano vaccinale idoneo. La copertura detta “trivalente” rappresenta la base minima di ogni forma di prevenzione e tutela del micio da rinotracheite, calicivirosi e gastroenterite virale, le tre affezioni più ricorrenti nei gatti di ogni età ed estrazione. Tuttavia, se il micio avrà la possibilità di uscire in zone densamente popolate, il veterinario potrebbe suggerirvi ulteriori interventi.
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/ L’ESPERTO
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L’ESPERTO /
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/ ALIMENTAZIONE
IL POST REPORT
PER MOLTI È STATA UNA VERA E PROPRIA RIVELAZIONE, PER ALTRI SEMPLICEMENTE UNA CONFERMA. CHE L’ALIMENTAZIONE INDUSTRIALE NASCONDESSE QUALCHE SEGRETO C’ERA DA ASPETTARSELO, MA SIAMO CERTI CHE VADA COSÌ DEMONIZZATA A FAVORE DI UN’ALIMENTAZIONE CASALINGA? di
Federica Forte
Per anni il migliore amico dell’uomo, cane o gatto che sia, ha condiviso col suo compagno umano anche i pasti, mangiando tranquillamente gli avanzi di pranzi e cene. Poi, a un certo punto, luminari della materia hanno spiegato che quell’alimentazione non era adatta né a Fido né a Micio, e che era preferibile affidarsi a un cibo industriale, secco o umido, meglio bilanciato e specifico per le diverse esigenze dell’animale: puppy, adult, senior, suddiviso per razze o patologie, con carne o pesce o per “aspiranti” vegetariani... Insomma, sul mercato attuale ce n’è davvero per tutti i gusti, e sembrava andar bene così, fin quando il 6 dicembre scorso un’inchiesta di Sabrina Giussani della trasmissione televisiva Report lancia il seme della discordia: cosa contiene quell’alimento industriale con cui nutriamo i nostri animali domestici? E viene fuori che la maggior parte dei mangimi secchi è costituita per lo più da cereali, a volte anche mais, ma non quel mais destinato all’alimentazio-
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SPESI NEL 2014 PER CANI E GATTI
128.000.000 € PER SNACK
1.800.000.000 € PER CROCCHETTE E SCATOLETTE
ALIMENTAZIONE /
ne umana, bensì gli scarti che possono contenere micotossine che in grandi quantità sono tossiche o addirittura cancerogene. E perché nutrire dei carnivori con cibo a base di cereali, pagato tra l’altro a peso d’oro? Non solo. Alcuni di questi mangimi contengono al loro interno sostanze tutt’altro che curative: la bentonite per esempio, un’argilla assorbente (quella di cui è costituita la lettiera del gatto, per in-
tenderci) è presente in alcuni croccantini per animali con problemi intestinali; oppure il bha (butilidrossianisolo o idrossianisolo butilato), un antiossidante sintetico usato per non far irrancidire gli olii contenuti nei cibi conservati, e il bht (butilidrossitoluolo), un altro conservante sintetico, entrambi potenzialmente cancerogeni. Ma perché i veterinari non informano adeguatamente i proprietari sulla natura dei mangimi industriali? E perché spesso non danno un’alternativa all’alimentazione in scatola? In Italia purtroppo sono ancora pochi i veterinari che si occupano di nutrizione, a quanto pare l’argomento non è trattato in maniera esaustiva durante il corso di studi universitari, e coloro che se ne occupano negli anni successivi, durante lo svolgimento della professione, sono
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/ ALIMENTAZIONE
quelli che hanno deciso di specializzarsi in materia. Come David Bettio e Enrico Chisari, i veterinari intervenuti nella trasmissione Report, palesemente inclini a un’alimentazione naturale e pare anche per ovvie ragioni. Infatti, alla domanda “A suo parere è preferibile una dieta fresca o una dieta commerciale?” posta a Chisari dai blogger di “Ti presento i croccantini”, praticanti di diete naturali e informatori sui prodotti industriali, il veterinario risponde: “Voi ponete tale
COS’È LA BARF? organi, interi o macinati come per la polpa. Parliamo di fegato, cuore, reni, polmone e milza. Questi infatti apportano micronutrienti essenziali. D’altra parte, vanno ben dosati in una dieta, perché essendo molto appetibili, si può correre il rischio di darne in sovrabbondanza e dar luogo a delle vere e proprie ipervitaminosi. TRIPPA VERDE: per trippa verde si intende, da un punto di vista anatomico, i prestomaci dei ruminanti (rumine, reticolo e omaso), non lavati né sbiancati, ma dati con buona parte del loro contenuto, che dà appunto il colore verde. Questo ingrediente è o sarebbe imprescindibile da una buona dieta Barf,
domanda a un medico veterinario ma, probabilmente, non vi rechereste da un medico umano chiedendo se è preferibile cibo fresco o cibo industriale, che ha dei limiti intrinseci e invalicabili: è prodotto molto tempo prima di essere consumato, è fatto a temperature estremamente elevate che ne riducono il potere nutrizionale, richiede conservanti per non essere aggredito dai processi ossidativi. Non lo chiedereste perché non è necessario un medico: è intuitivo che sia preferibile un’alimentazione fresca a una industriale conservata”. E continua: “Esistono scatolette anche per la nostra
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perché apporta una flora batterica sana per l’intestino del cane, mentre nel gatto non è indicata. La trippa verde non la troverete nei supermercati, ma dovrete oridinarla al vostro macellaio di fiducia specificando di non pulire il contenuto, oppure la potrete trovare online in siti specializzati. Questi ingredienti, più le verdure, comporranno, in percentuali variabili, la dieta del vostro cane e del vostro gatto. Alcune integrazioni molto importanti inoltre saranno uova, pesce, acidi grassi omega 3. Le percentuali variano non solo in base alla specie (cane o gatto), alla taglia o alla conformazione
dell’animale, ma anche e soprattutto sulla base di quella importantissima individualità di cui non dobbiamo dimenticarci. Questi ingredienti, in una dieta cruda biologicamente appropriata, vengono mescolati con diverse percentuali, a seconda che si tratti di gatto o cane. Anche all’interno della stessa specie però vi possono essere molte variabili da considerare (ad esempio età dell’animale e capacità di masticazione, stato di salute, ecc.), nonché variabili strettamente individuali, come ad esempio gusti e intolleranze. Maria Mayer, medico veterinario omeopata. www.mariamayer.it
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È UNA DIETA CHE PREVEDE ALIMENTI CRUDI: OP – OSSA POLPOSE: sono le ossa ricoperte di carne, da non confondere quindi con le ossa spugnose, che indica tutt’altro tipo di ossa in campo medico veterinario. Una dieta Barf non prevede e sconsiglia del tutto le ossa “nude”, cioè senza carne attaccata attorno (il classico avanzo dalla tavola) e, anzi evidenzia come queste possano essere pericolose per l’integrità dell’intestino. CSO – CARNE SENZA OSSO: è la semplice polpa, data intera o macinata. ORGANI: Una dieta equilibrata deve prevedere, sia nel caso del cane che del gatto, la presenza di
specie, ma nessun medico ritiene che sia l’alimento migliore, così come nessun diabetologo prescriverebbe del cibo in busta per diabetici, nessun nefrologo dei pasti prefatti per soggetti nefropatici. E, aggiungo, nessun conduttore di cane penserebbe mai di potersi nutrire tutta la vita di un cibo completo fatto e studiato ad hoc dall’industria per la nostra salute. Ammesso e non concesso che il cibo per cani e gatti sia prodotto con ingredienti validi, gli stessi ingredienti freschi saranno sempre meglio di quelli conservati”. Come dargli torto? Il ragionamento effettivamente non fa una piega.
ALIMENTAZIONE /
“IN LINEA DI MASSIMA L’ALIMENTAZIONE BARF È ADATTA A TUTTI I CARNIVORI, PERCHÉ CE LO DICE LA LORO SPECIFICITÀ FISIOLOGICA”, SPIEGA IL VETERINARIO BETTIO. “MA ANCHE ALL’INTERNO DI COMPORTAMENTI SPECIE-SPECIFICI ESISTONO DELLE CARATTERISTICHE INDIVIDUALI”.
E dello stesso parere è il collega Bettio: “È innegabile che dare un cibo adeguato all’etologia dell’animale sia la scelta migliore. Per me lo è ed è una condizione necessaria e sufficiente per proporre ai miei pazienti un’alimentazione naturale rispettosa del loro etogramma di specie. In questo senso si inserisce anche il bilanciamento della dieta che, a mio parere, non è necessario seguire così pedissequamente tutti i giorni. Non si è mai visto un animale che mangia la medesima cosa tutti i giorni e nelle medesime quantità. Neppure noi umani mangiamo ogni giorno la medesima cosa. È ragionevole man-
giare in modo vario usando cibo fresco e di ottima qualità, preferendo cibo di stagione. Perché non potrebbe essere così anche per i nostri animali? È indispensabile avere delle conoscenze di base sui tipi di alimenti idonei e in generale delle proporzioni da utilizzare, a meno che non ci siano delle necessità nutrizionali particolari in caso di malattia oppure in particolari momenti della vita, come ad esempio la gravidanza”. Tutta l’alimentazione industriale è, quindi, da buttare? Decisamente no. Come per noi umani, anche nel mondo animale esistono prodotti più o meno validi, qualitativamente parlando: “Sono il primo a fare dei distinguo”, continua Chisari nella stessa intervista, “consapevole che se tutti i croccantini si equivalgono nell’aspetto, questo non vale per la sostanza. Suggerisco sovente almeno di fare una dieta mista, alternare un croccantino che offra alcune basilari garanzie di qualità a del cibo fresco, non condannare un cane alla mortificazione
LA DIETA IDEALE DEL GATTO Il gatto è un carnivoro, mangia prede fresche come uccellini, piccioni, topini e altri piccoli roditori, uova di uccellini che trova nei nidi durante il periodo delle nidiate. Lo sa bene il mio gatto Rock. Dopo aver catturato la sua preda, inizia mangiandone la testa per poi passare agli organi interni. Se invece le dimensioni della preda sono piccole la può
mangiare tutta masticando per bene, per poi vomitarne il pelo o le piume. Quindi la dieta per il gatto dovrebbe prevedere ossa polpose crude e carne fresca, magari intiepidita e non da frigo. Qualche piccola integrazione di frattaglie è necessaria. Ci sono dei proprietari che hanno dei gatti che mangiano addirittura dei pulcini scongelati. Ritengo
che la dieta cruda sia molto indicata per i nostri felini. Se il proprietario vuole seguire una dieta industriale indico come prima scelta un cibo umido monoproteico contenente carne fresca e non farine di carne, meglio se di origine biologica senza conservanti. Invece per le crocchette faccio scegliere tra quelle con la dicitura “grain free”, cioè prive di
cereali e anche prive di patata. Sempre meglio se contengono materia prima di carne fresca e non da farine di carne, meno conversanti e additivi chimici possibili. Davide Bettio, veterinario esperto in Omeopatia Veterinaria, responsabile del Centro Omeopatico Veterinario Olikos olikos.org
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/ ALIMENTAZIONE
TIPO DI DIETA
CROCCHETTE DIETA CASALINGA BARF O DIETA CRUDA
(SUPER PREMIUM)
COSTO INDICATIVO MENSILE - CANE
COSTO INDICATIVO MENSILE - GATTO
20 KG - DA 40 A 60 €
5 KG - DA 15 A 35 €
20 KG - DA 50 A 70 €
5 KG - DA 20 A 40 €
20 KG - DA 45 A 90 €
5 KG - DA 25 A 35 €
ATTENZIONE! I costi sono assolutamente indicativi, in quanto possono variare molto in base alla scelta delle materie prime. Il costo maggiore della dieta casalinga rispetto alla Barf è dovuto a volte alle necessità di integrare con prodotti integratori commerciali, che spesso hanno dei costi considerevoli. I costi della dieta commerciale sono calcolati solo sulle crocche. Gatti che, per esempio, mangiano umido avranno costi molto più elevati. Fonte: www.mariamayer.it
ad vitam di non conoscere il sapore di un alimento normale”. Ma come facciamo a scegliere l’alimento industriale più adatto? Inanzitutto imparando a leggere le etichette, sempre tenendo conto dei fabbisogni del nostro animale. “Prima di tutto abbiamo detto che una dieta per cane e gatto dovrebbe essere completa e bilanciata”, spiega Maria Mayer, veterinaria omeopata esperta di alimentazione. “Il pet food poggia qui uno dei suoi punti di forza: senza dubbio un buon mangime commerciale sarà completo e bilanciato, almeno secondo quelli che sono i fabbisogni indicati dalle attuali ricerche, ma tant’è, abbiamo questi dati e dobbiamo basarci su questi per ora”. “AMMESSO E NON CONCESSO CHE IL CIBO PER CANI E GATTI SIA PRODOTTO CON INGREDIENTI VALIDI”, AFFERMA IL VETERINARIO CHISARI, “GLI STESSI INGREDIENTI FRESCHI SARANNO SEMPRE MEGLIO DI QUELLI CONSERVATI”.
Una crocchetta di qualità, dunque, esiste, così come esiste anche un cibo umido di qualità, complementare al secco e più digeribile, laddove la crocchetta richiede anche dodici ore per essere digerita e una notevole quantità di acqua per essere reidratata. Di certo il vantaggio è quello di avere a disposizione un cibo a lunga conservazione e molto più veloce da somministrare, vantaggi esclusivamente, però, a favore del proprietario. Ma l’animale cosa preferisce? L’alimentazione casalinga è probabilmente più gradita, possiamo verificare
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da noi se l’animale la mangi con maggiore gusto e soddisfazione, E qualcuno parla anche del cibo come mediatore relazionale, una sorta di strumento per migliorare il rapporto col nostro fedele amico. Può essere somministrato crudo o cotto e, se la dieta viene elaborata da un professionista, non necessita di alcuna integrazione. C’è la cosiddetta Barf (Biologically Appropriate Raw Food – Cibo Crudo Biologicamente Appropriato), dieta a crudo considerata ottima, ma non adatta a tutti. “In linea di massima l’alimentazione Barf è adatta a tutti i carnivori, perché ce lo dice la loro specificità fisiologica”, spiega il veterinario Bettio. “Ma anche all’interno di comportamenti specie-specifici esistono delle caratteristiche individuali. Alcuni animali, per esempio, hanno una conformazione della bocca che, per motivi di selezione di razza, non sembra essere adatta alla masticazione della carne cruda e delle ossa polpose, quindi
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COME RISPARMIO CON LA CUCINA CASALINGA? vostra cucina che sono compatibili con l’alimentazione adeguata per il vostro cane. La cucina casalinga per cani non deve essere la cucina dell’avanzo, ma può essere integrata con alimenti che noi avanziamo e che sono utili anche per il cane: pane secco, quel po’ di pasta o riso che cuciniamo in più rispetto alla nostra razione, la curatura di frutta o verdura frullata, ecc. Sempre in base alle esigenze del nostro cane, non per non sprecare a prescindere.
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i Gas (gruppi di acquisto solidale) che si sono formati nella tua città o organizzati in modo da raccogliere un gruppo di proprietari di cani e fondane uno. Acquistando grandi quantità di alimenti i prezzi si abbassano. Contatta piccoli e grandi allevatori di bestiame da reddito: spesso quello che loro butterebbero come scarto di macellazione per i nostri cani è oro. Cerca di produrre personalmente tutto ciò che puoi: snack essiccati, biscottini, premi, cibo essiccato per il viaggio, conserve in vasocottura, riserve di cibo con il freezingcooking. Cercate di reciclare tutti gli avanzi della
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Se trovi delle offerte compra un certo quantitativo, porziona e congela: questo lavoro ti permetterà di risparmiare nel tempo e di avere pasti già pronti in caso di evenienza. Non comprare la marca, come faresti per il mangime industriale. Molti prodotti di brand famosi costano di più in virtù del loro stesso… essere famosi. Compra prodotti che non appartengono alle catene famose della grande distribuzione. Risparmia su altri prodotti. Cappottini e guinzagli di super lusso non valgono un buon alimento che costruisce e mantiene il corpo del tuo cane. Mantieniti in contatto con
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Compra alimenti naturali e non prodotti lavorati: costano meno, specialmente se ci atteniamo alla stagionalità e al km zero, e sono notevolmente più sani. Cucina quantità di cibo adeguate al tuo cane: non eccedere, spenderesti di più e il tuo cane rischierebbe l’obesità con patologie conseguenti. Fai la spesa in negozi in cui riesci a comunicare con l’addetto alle vendite: sapendo che gli alimenti che compri sono per il tuo cane sicuramente modificherà il prezzo o ti regalerà ogni tanto qualcosa (specialmente se gli farai conoscere il tuo amatissimo compagno peloso).
Katya Cervio, educatrice cinofila ed esperta di cucina casalinga per cani cucinacasalingapercani.it
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/ ALIMENTAZIONE
la materia prima che si sceglie per loro dovrà essere adattata a questa esigenza. Inoltre, alcuni animali non gradiscono la carne cruda, quindi per facilitarli si potrà cuocere prima di servirla. Alcune accortezze, poi, bisogna averle verso animali che presentano particolari patologie per i quali servirà una dieta naturale scegliendo particolari alimenti e scartandone altri”. Alla Barf si affianca la Paleo, praticata dalla veterinaria nutrizionista Silvia Cattani. Simile alla
prima per l’utilizzo della proteina a crudo, è definita dalla stessa Cattani un’evoluzione della Barf, con una maggiore percentuale di vegetali, niente legumi, solanacee, cereali e amidi ad alto indice glicemico, latticini e derivati; sì a carne, pesce e uova, in una rivisitazione della dieta Paleo utilizzata in umana. E se né la Barf né la Paleo ci convincono o non sono adatte al nostro animale, possiamo optare per un pasto cucinato. Ma non un avanzo di cucina o un pasto grosso-
ALIMENTAZIONE INDUSTRIALE: GLI INGREDIENTI DA EVITARE Mais: ha un elevato valore energetico (365 kCal ogni 100g) grazie all’enorme quantità di carboidrati (oltre il 75%), un buon apporto proteico (9,2%) e un’alta concentrazione di fibre (20%). Il tutto a un prezzo ridotto. Per questo motivo è uno degli ingredienti più utilizzati nei mangimi industriali per cani e gatti, ma non sono compatibili con l’alimentazione canina o felina: le proteine non nobili contenute nel mais non sono assimilabili dall'animale; le molte fibre di cui si compone non sono digeribili e aumenteranno solo la quantità di feci; i carboidrati, non necessari nella dieta dell'animale, hanno un effetto eccitante. Ancor più grave, poi, quanto evidenziato da diversi studi scientifici negli ultimi anni, ossia la relazione tra la presenza di mais nei mangimi e l’insorgenza di tumori, una
micotossina resistente alle alte temperature. Soia: è un vegetale con un buon apporto proteico, quindi aumenta la percentuale delle proteine indicata sul sacco di mangime, dove di solito non c'è l'indicazione precisa della natura delle proteine contenute. Sappiamo però che i vegetali costituiscono solo il 30 per cento della dieta dell'animale e sono fonte di fibre, vitamine e minerali, e non di proteine. Il restante 70 per cento deve contenere proteine animali, dalle quali derivano la gran parte dei nutrienti. Viene utilizzata perché ha un costo inferiore rispetto alle proteine animali e aumenta il senso di sazietà, ma il suo consumo può essere anche dannoso per l'animale. Contiene grandi quantitativi di tossine e antinutrienti (goitrogeni) che possono provocare
problemi a livello gastrico, riduce l’assorbimento di proteine e porta ad una cronica deficienza nell’apporto di aminoacidi essenziali. I suoi germogli, inoltre, contengono emoagglutinina, una sostanza che coagula il sangue facendo tendere all’ammasso i globuli rossi. Sono dannose per i cani in accrescimento, interferisce anche con la produzione degli ormoni T3 e T4 da parte della tiroide, portando all’ipotiroidismo. E le alte temperature alle quali vengono lavorate producono composti tossici, quali la lisinoalanina, o cancerogeni, come le nitrosammine. Farine animali: il loro processo di produzione porta alla perdita dei nutrienti, per ovviare alla quale vengono aggiunti additivi sintetici. Sono ricavate dagli scarti di macelleria, commestibili
ma non destinati a uso umano: ossa, cotenne, grassi, pelli, corna, zoccoli, peli, pellicce, setole di maiale, piume e gusci d’uovo. Dal macello vengono trasferiti nelle industrie mangimistiche e, solitamente, iniziano a marcire già durante questo lungo viaggio che avviene in container non refrigerati. Arrivati a destinazione, vengono riscaldati a temperature elevate, triturati e sterilizzati, e poi vengono elaborati in estrudati. L'estrudato contiene farine animali, cereali e amido. Il tutto viene gelatinizzato, addizionato con additivi e pressato in una matrice a 180 gradi. Alla fine di questo processo i nutrienti sono andati perduti e vengono compensati con additivi sintetici e olii e grassi animali che ne aumentano la sapidità.
“SENZA DUBBIO, UN BUON MANGIME COMMERCIALE SARÀ COMPLETO E BILANCIATO, ALMENO SECONDO QUELLI CHE SONO I FABBISOGNI INDICATI DALLE ATTUALI RICERCHE”, SPIEGA MARIA MAYER, VETERINARIA OMEOPATA ESPERTA DI ALIMENTAZIONE.
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L’INTERVISTA
NICOLETTA PIZZUTI È UNA NUTRIZIONISTA CHE COLLABORA CON DIVERSE CLINICHE
Quali sono gli alimenti da bandire? Sicuramente avocado, cioccolato
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Le è mai capitato che animali con patologie rientrassero dalla patologia cambiando alimentazione? L’alimentazione naturale non è una cura univoca, come non è l’unica causa a diverse patologie. La componente genetica, spesse volte, fa sì che anche con un’alimentazione corretta il problema sia sotto controllo, ma non rientri del tutto. Esistono legami tra alimentazione e comportamento? Sicuramente. Ma questo è un campo ancora inesplorato, su cui si sta facendo ricerca e non è ancora possibile dire nulla di certo.
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Pro e contro dell’alimentazione casalinga? Pro e contro dell’alimentazione industriale? Un’alimentazione naturale è sicuramente piu elaborata e richiede un impegno iniziale per quanto riguarda l’organizzazione familiare, anche se una volta che si è presa la mano tutto è più facile. Ha l’enorme vantaggio di scegliere di volta in volta la materia prima di persona, e quindi la sua qualità, cosa che in un’alimentazione industriale è impossibile fare.
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È impossibile, quindi, parlare di “dieta ideale”... È difficile sì, perchè, come abbiamo già detto, dipende dal soggetto. Non esiste una formula omogenea per tutti i soggetti.
fondente o alimenti contenenti teobromina, alimenti contenenti xilitolo, uva, sopratutto se secca, noci di macadamia, caffeina e alcolici. L’alimentazione casalinga prevede l’uso di integratori? No, non è detto. Se la formulazione di un a dieta naturale è studiata a tavolino da un professionista può non contenere integratori. Quali sono le patologie più comuni legate a un’alimentazione non adeguata? Le carenze minerali sono sicuramente, a mio parere, tra le patologie piu comuni di un’alimentazione non corretta, sia per quanto riguarda l’alimentazione industriale che quella naturale
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Qual è la giusta composizione di un pasto casalingo? E di un pacco di croccantini o di una scatoletta di umido? Non è possibile dare una risposta a questa domanda purtroppo, perchè ogni soggetto ha dei fabbisogni specifici di razza, ambientali, di genere, ecc. Con l’alimentazione naturale questo è ancora piu evidente che con un’alimentazione industriale. Proprio per questo è importante rivolgersi a un professionista che possa calcolare i fabbisogni di ogni singolo soggetto in base a quelli che sono i consumi energetici dello stesso. Inoltre, scientificamente non è possibile calcolare le giuste dosi sul peso attuale dell’animale. In linea generale, essendo cani e gatti dei
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Il cane è un carnivoro o un onnivoro? E il gatto? Sono entrambi carnivori, il cane è definito opportunista, per dei processio biochimici che riesce a mettere in atto e che lo allontanano dalla fisiologia felina. I gatti, invece, sono definiti carnivori stretti.
carnivori, si può dire che il pasto di un soggetto sano debba essere costituito per la maggior parte della sua composizione da fonti di origine animale. Per un alimento industriale, invece, bisogna valutare gli ingredienti. In linea di massima, i primi ingredienti posti in elenco dovrebbero essere di origine animale, carne o pesce fresco o disidratato, mai “derivato da”, e meno ingredienti ci sono meglio è. Inoltre, secco e umido sono alimenti molto diversi tra loro, il primo è un alimento completo, il secondo un complementare sul quale non si può basare l’intera alimentazione dell’animale qualora si optasse per una industriale.
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Come arrivano da lei i suoi pazienti? Sono mandati dal veterinario o si rivolgono a lei di loro iniziativa? Chi consiglia loro di passare a un’alimentazione casalinga? I clienti arrivano da me sia tramite consiglio del veterinario sia su consiglio di altri clienti. Collaboro con altri pofessionisti in un gruppo facebook, Raw & Homemade, e le persone seguentoci si interessano e mi contattano.
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VETERINARIE PER LA FORMULAZIONE DI DIETE NATURALI.
Per contattare la dottoressa Pizzuti potete visitare la pagina facebook Raw & Homemade
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/ ALIMENTAZIONE
Give Your Dog a Bone di Dr. Ian Billinghurst
UNA PIETRA MILIARE CHE TUTTI I BARFISTI E I PROFESSIONISTI DOVREBBERO AVERE NELLA LORO LIBRERIA. Una lettura facile per comprendere meglio l’alimentazione del cane, una guida per raggiungere il massimo benessere, a basso costo e con il minor impatto ambientale. Il Dr. Ian Billinghurst è il
lano. Infatti, come spiega Giacomo Biagi, docente di Nutrizione presso la facoltà di Medecina Veterinaria di Bologna, “se il proprietario torna a casa e, poi, per pigrizia, in realtà si limita a prendere del riso e a mescolarlo con della carne di pollo, non va per niente bene. Anche una dieta casalinga, per poter essere relativamente semplice nella sua formulazione, richiede l’aggiunta di integratori che possono essere semplici sali minerali o integratori commerciali”. E dello stesso parere è anche la veterinaria Mayer, secondo la quale “una dieta casalinga può essere assolutamente bilanciata e completa, ma può anche essere un disastro. Una dieta fatta degli avanzi di tavola, una dieta fai da te composta di riso, carne e verdure (ad esempio), oppure una dieta formulata da ‘professionisti improvisati’, può essere carente di macro o micronutrienti essenziali per la vita in salute di un cane e di un gatto. Il problema è che i danni si vedono spesso a lungo termine, per cui attenzione e cautela.”
primo medico veterinario ad aver sviluppato una dieta Barf a crudo. Parte dalla riflessione che un’alimentazione naturale sia più sana dei cibi cotti e processati. Contiene interessanti informazioni
per tutti coloro che hanno a che fare con cani, veterinari, studenti, allevatori e proprietari, indagando la relazione che c’è tra alimentazione, salute e malattia.
non significa, però, utilizzare gli avanzi delle nostre tavole. Ci sono alimenti ben precisi che i nostri animali devono e possono mangiare e altri che sono assolutamente da bandire, e affidarsi a un professionista è di certo la scelta migliore. Non passiamo repentinamente e di testa nostra da un tipo di alimentazione a un altro che prevede processi digestivi diversi e i cui effetti collaterali non tarderanno a manifestarsi. Il passaggio deve essere graduale e fatto con criterio. Se il nostro animale, poi, soffre di una qualsiasi patologia, rivolgersi a un nutrizionista, che si confronterà con lo specialista di turno, è assolutamente d’obbligo.
PREPARA UNO SNACK ALLE CAROTE! Ingredienti: 5 carote, 180 g di farina di grano saraceno, 60 g di burro o margarina
“LA PALEO DOG DIET È UNA DIETA NUTRIGENOMICA”, DICE LA VETERINARIA E NUTRIZIONISTA SILVIA CATTANI. “SI BASA SUL PRINCIPIO CHE LA NATURA HA PREVISTO MOLTO BENE QUELLO CHE IL CANE, IN QUANTO CARNIVORO DI BASE, DEBBA MANGIARE PER MANTENERE UNO STATO DI BENESSERE E DI SALUTE”.
Ricapitolando... Non abbiamo che l’imbarazzo della scelta! Possiamo scegliere tra cibo industriale o naturale, tra mangime secco (croccantini) o umido, tra crudo e cucinato, tra Barf, Paleo o alimentazione casalinga, che
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Preriscaldate il forno a 180 gradi. Grattuggiate le carote e mescolatele con gli altri ingredienti. Aggiungete poi 50 ml di acqua e impastate fino a ottenere un umpasto compatto. Date forma a piccole polpette di circa 2 cm di diametro, disponetele su una teglia rivestita con carta da forno e cuocete per 25 minuti circa. Potete conservarle in frigorifero per 3-4 giorni.
THE NATURAL WAY Un nuovo modo di concepire l’alimentazione degli animali domestici Una vera e propria “Via
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/ IL PROGETTO
IMPARARE DA LORO
“SI CHIAMA ZOOANTROPOLOGIA ED È LA DISCIPLINA CHE STUDIA LA RELAZIONE UOMO-ANIMALE E LE INFLUENZE, POSITIVE E NEGATIVE, CHE TALE RELAZIONE ESERCITA SULL’UOMO” A spiegarlo è Luca Santamaria, educatore cinofilo Ficss e tecnico di Mobility Dog, titolare del polo cinofilo Family Dog’s, e ce lospiega proprio in occasione dei diversi progetti di zooantropologia didattica che il centro porta avanti con le scuole primarie della zona di Pisa. Ma di cosa si tratta esattamente?
L
“La zooantropologia può essere di tipo didattico o assistenziale”, spiega Luca. “L’approccio zooantropologico ritiene l’animale prima di tutto un’entità dialogica dotata di una mente, pertanto il suo comportamento è l’espressione di un pensiero e il risultato delle esperienze vissute da quel soggetto. La zooantropologia didattica si pone obiettivi pedagogici di natura etologica, quali comportamento e comunicazione animale; naturalistica, ossia sui rapporti ecologici e cicli vitali; ed infine sul processo di domesticazione, ovvero sull’utilità della collaborazione con l’animale nella storia dell’uomo”. Non solo. I progetti di zooantropologia didattica affrontano diver-
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se problematiche, come la prosocialità e le difficoltà di integrazione, l’accettazione della diversità e lo sviluppo delle capacità empatiche, la mancanza di autostima e fiducia in se stessi, le difficoltà espressive nella comunicazione verbale e nella psicomotricità, ecc... Il progetto della Family Dog’s ha sia una parte teorica che una parte pratica, dove i bambini disegnano o danno vita a rappresentazioni, e infine sono coinvolti in attività ludico-educative con il cane. È rivolto ai docenti e agli studenti delle scuole materne ed elementari. L’obiettivo è quello di migliorare la relazione del bambino con l’animale, insegnargli il corretto approccio
IL PROGETTO /
ed educarlo al rispetto del suo mondo, sviluppando una coscienza ecologica ed etologica. “Oggi viviamo in un ambiente fortemente urbanizzato”, spiega ancora Luca, “ma dove gli animali domestici sono sempre più presenti, e la loro valenza psicologia, pedagogica e terapeutica è ormai ufficialmente riconosciuta. I bambini, purtroppo, per-
dono spesso il contatto con la natura e vengono fagocitati da televisione e videogiochi che distorcono un po’ la realtà. L’obiettivo del progetto educativo è proprio quello di riportarli a stretto contatto con quel mondo dimenticato e di fornirgli gli strumenti conoscitivi per migliorare il rapporto con gli animali, potendone godere dei benefici”.
FAMILY DOG’S Luca Santamaria tel. 347.0639194 lucafamilydogs@gmail.com www.lucafamilydogs.it
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/ INDICE
NERO, BRUNO, BIANCO. SONO QUESTE LE PRINCIPALI SPECIE CHE CONOSCIAMO, E LE PRIME DUE QUELLE CHE POSSIAMO INCONTRARE CON PIÙ PROBABILITÀ, A SECONDA DEL LUOGO IN CUI CI TROVIAMO. MA SONO DAVVERO COSÌ PERICOLOSE? QUANTE LE POSSIBILITÀ EFFETTIVE DI UN ATTACCO? Camilla Nerini
L’ATTACCO DELL’ORSO! di
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INCONTRI SPECIALI /
REAZIONE DELLORSO n256
incontri
HA ATTACCATO (SÌ CONTATTO FISICO) 0 casi
0%
SI È ALLONTANATO CON CALMA 89 casi
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È FUGGITO RAPIDAMENTE 63 casi
25%
HA SIMULATO UN ATTACCO (NO CONTATTO FISICO) 1 caso
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È RIMASTO SUL POSTO 92 casi SI È AVVICINATO 11 casi
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4%
Grazie a una caccia più regolamentata, il Nord America si è ripopolato di orsi. Dalle montagne del Maryland alle paludi della Florida, è facile incontrarne uno durante un’escursione. E non serve nemmeno andare così lontano. Può accadere, infatti, anche nei nostri boschi, dal Trentino all’Abruzzo, come è già successo con l’orsa Daniza, uccisa drammaticamente nel settembre 2014, o più recentemente la scorsa estate, quando escursionisti si sono trovati improvvisamente di fronte a questo grosso mammifero, scatenando l’allarme della gente e dell’opinione pubblica. Sapere come comportarsi in una situazione del genere diminuisce senz’altro i rischi. La natura è popolata anche di questi animali nei quali, a volte, siamo noi stessi a provocare un comportamento pericoloso o addirittura un attacco. Gli esperti dicono che le probabilità di essere feriti da un orso sono di circa una su 2,1 milioni, e che quindi è più probabile essere uccisi da un’ape che da un orso. Ma per avere un quadro più chiaro sugli attacchi di questo predatore e su come prevenirli, gli scienziati hanno esaminato 675 casi. “Se volessi fare il punto su questo argomento, direi che la stragrande maggioranza di questi incontri negativi sono evitabili”, ha spiegato Tom Smith, biologo presso la Brigham
NEL GRAFICO SOPRA: L’ORSO RARAMENTE ATTACCA L’UOMO E IL COMPORTAMENTO MAGGIORMENTE MESSO IN ATTO È QUELLO DEL RIMANERE SUL POSTO, DELL’ALLONTANAMENTO CON CALMA O DELLA FUGA (Studio del Parco Naturale Adamello Brenta).
Young University nello Utah, Stati Uniti. “Questi incidenti sono in gran parte prevenibili poiché le persone potrebbero non spingersi così fuori, esponendosi al pericolo”. Ma a volte sono gli stessi orsi a spingersi nel nostro habitat. Nel Nord America vivono tre specie di orso: l’orso nero, l’orso bruno (di cui fa parte il Grizzly) e l’orso polare. Quello nero e quello bruno possono essere facil-
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NEI 313 CASI DI ATTACCO DI UN ORSO LE FERITE RIPORTATE SONO STATE: 36% GAMBE E PIEDI 18% PARTE POSTERIORE 18% BRACCIA 9% TESTA E COLLO
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INCONTRI SPECIALI /
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/ INCONTRI SPECIALI
mente confusi tra loro, ma il nero è generalmente più piccolo. Nel nostro Paese, invece, è presente solo l’orso bruno, che si divide in marsicano ed europeo. Smith afferma che un incontro con un orso bruno è in media 3,5 volte più pericoloso rispetto a quello con un orso polare, e 21 volte più pericoloso rispetto a quello con un orso nero. Secondo lo stesso scienziato, in base agli studi compiuti, gli attacchi si consumano in circa tre minuti, proprio perché l’obiettivo dell’animale è quello di neutralizzare una minaccia percepita, e una volta intervenuto sull’eventuale pericolo, procede per la sua strada. L’olfatto dell’orso è più sviluppato di quello di un cane e l’attrazione principale è il cibo, ma anche diversi tipi di profumo e anche le gomme da masticare. Un escursionista dovrebbe, quindi, prestare attenzione a non portare con sé odori tendenzialmente attraenti.
Ma cosa facciamo se ci troviamo di fronte ad un orso? “La cosa migliore è usare uno spray al peperoncino”, spiega Dave Garshelis, responsabile del progetto sull’orso del Minnesota Department of Natural Resources, “che abbiamo imparato precedentemente ad utilizzare, e possibilmente posto in una fondina, in modo da non armeggiare troppo”. In
SENZA PROLE 166 casi
65%
FEMMINA CON PROLE 89 casi
35%
SECONDO LO STUDIO DEL PARCO NATURALE ADAMELLO BRENTA, LE ORSE CON PICCOLI AL SEGUITO SONO PIÙ ATTENTE E PRUDENTI, MA ANCHE PIÙ AGGRESSIVE RISPETTO AD ORSI SENZA CUCCIOLI. QUESTI COMPORTAMENTI HANNO LO SCOPO DI PROTEGGERE LA PROLE E PER QUESTO L’INCONTRO CON GRUPPI FAMILIARI È TRA QUELLI POTENZIALMENTE PIÙ PERICOLOSI PER L’INCOLUMITÀ DELL’UOMO.
n255
incontri
GRUPPI SOCIALI OSSERVATI
PROGETTI PER LA TUTELA DELL’ORSO BRUNO IN ITALIA www.life-arctos.it/home.html www.wwf.it/orsobruno/il_wwf_per_lorso_bruno/ www.pnab.it/natura-e-territorio/orso/life-ursus.html
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UNO STUDIO ITALIANO Il Gruppo di Ricerca e Conservazione dell’Orso Bruno del Parco Naturale Adamello Brenta ha sviluppato uno studio sul comportamento dell’orso in presenza dell’uomo attraverso dei questionari somministrati alle persone che si sono trovate a fare un incontro ravvicinato con questo animale. I risultati ottenuti mettono in evidenza come l’orso attacchi raramente l’uomo (nello specifico pochissime volte simula un attacco, ma poi si allontana rapidamente) e il comportamento maggiormente messo in atto sia quello, nell’ordine, del rimanere sul posto (atteggiamento che potrebbe essere legato alla percezione di non pericolosità della situazione, alla necessità di difendere una risorsa (cibo, cuccioli, etc.) o semplicemente all’essere stato “sorpreso”), dell’allontanamento con calma o della fuga
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INCONTRI SPECIALI /
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GLI ATTACCHI SI CONSUMANO IN CIRCA TRE MINUTI, PROPRIO PERCHÉ L’OBIETTIVO DELL’ANIMALE È QUELLO DI NEUTRALIZZARE UNA MINACCIA PERCEPITA, E UNA VOLTA INTERVENUTO SULL’EVENTUALE PERICOLO, PROCEDE PER LA SUA STRADA.
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QUANTI ORSI CI SONO IN ITALIA?
uno studio del 2008, gli scienziati Smith ed Herrero, professore emerito presso l’Università di Calgary in Canada, hanno scoperto che in Alaska, tra il 1985 e il 2006, utilizzare uno spray per dissuadere l’attacco di un orso era stato efficace nel 92 per cento dei casi. E il 98 per cento delle persone che aveva con sé uno spray e ha avuto un incontro ravvicinato con un orso, ne è uscito illeso. Restare sempre in gruppo e non camminare mai soli. Un orso potrebbe essere intimorito da più persone, ma di certo non da una. Il 91 per cento degli attacchi “LA TOLLERANZA È INDISPENSABILE QUANDO SI VIVE CON LA FAUNA SELVATICA”.
avvenuti nel Parco Nazionale di Yellowstone dal 1970 ad oggi, riguarda singoli escursionisti o coppie. Avere un cane con sé potrebbe da un lato aiutare, perché gli orsi spesso sono spaventati dai cani e solitamente tendono ad evitarli; ma d’altro canto, se il cane precede il proprietario e poi corre verso di lui, potrebbe essere inseguito dall’orso e portarlo verso la persona. Se vedete delle deiezioni fresche siate vigili, guardatevi intorno e pensate a come potreste reagire, ma non andate nel pallone. Solitamente la reazione cambia a seconda dell’orso che ci si trova di fronte. “Con gli orsi neri”,
In Italia esistono tre nuclei di orso bruno: uno nel Trentino occidentale, sulle Alpi Centrali; uno sulle Alpi Orientali, al confine tra Friuli-Venezia Giulia, Austria e Slovenia; e l’ultimo, la sottospecie marsicana, sull’Appennino Centrale, per la maggior parte all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Le Alpi Centrali erano quelle che maggiormente rischiavano la scomparsa degli orsi. La Prima Guerra Mondiale e i bracconieri ne avevano decimato la popolazione e negli anni Novanta del secolo scorso erano rimasti pochissimi esemplari, vecchi e malati. Così furono introdotti 10 esemplari dalla Slovenia attuando il progetto “Life Ursus” (1996-2004) studiato e promosso dal Parco Adamello Brenta, insieme alla Provincia Autonoma di Trento e con l’Istituto nazionale per la Fauna selvatica, cofinanziato dall’Unione Europea. Da allora, gli orsi son tornati ad essere parte integrante della natura: i 10 esemplari portati in Italia si sono riprodotti più di 30 volte, dando alla vita quasi 70 cuccioli. Attualmente la popolazione delle Alpi Centrali è compresa tra i 35 e i 40 esemplari. Circa 60 orsi marsicani vivono invece sull’Appennino Centrale, in particolare nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Una ventina sono invece quelli che vivono sul confine tra Italia e Slovenia, con alcuni di loro che si sono spostati stabilmente nelle zone vicine al Veneto. In totale, quindi, la popolazione degli orsi “italiani” è composta da un centinaio di unità. L’inurbamento ha ridato alla fauna la possibilità di riappropriarsi del territorio boschivo, permettendo quindi anche agli orsi di vivere in tranquillità e riprodursi con facilità.
spiega Garshelis, “essere aggressivi e urlare, gettando cose e alzandosi in piedi potrebbe funzionare, anche se la tecnica non è certo infallibile. Ho visto video dove l’orso nero attacca comunque delle persone che si stanno comportando bene. Nulla è sicu-
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/ INCONTRI SPECIALI
ro al 100 per cento”. Però la tecnica da usare con un Grizzly sarà di certo opposta: “indietreggiate lentamente e allontanatevi senza provocare l’animale, soprattutto con femmine che hanno cuccioli al seguito e che possono essere particolarmente pericolose. Solitamente, in questa situazione, quando l’orso sente minacciato sé e i cuccioli si alza in piedi, schiaffeggia il terreno ed emette suoni soffiando. Questo è il tipico atteggiamento di un orso nervoso”, precisa Garshelis. Dei 675 casi studiati da Smith ed Herrero, la maggiorparte degli attacchi si è verificata quando animale e persona si trovavano ad una distanza ravvicinata, nove metri o anche meno. Nei 313 casi in cui l’orso ha ferito la persona, il 36
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GLI ESPERTI DICONO CHE È MOLTO PIÙ PROBABILE ESSERE UCCISI DA UN’APE CHE DA UN ORSO. LE PROBABILITÀ DI ESSERE FERITI DA UN ORSO SONO, INFATTI, UNA SU 2,1 MILIONI.
INCONTRI SPECIALI /
per cento delle ferite è stato a gambe e piedi, il 18 per cento alla parte posteriore e l’altro 18 per cento alle braccia, il 9 per cento a testa e collo. “Non si può correre più veloce di un orso”, afferma Garshelis. “La cosa migliore da fare, anzi, è allontanarsi lentamente. Alcuni esperti suggeriscono di continuare a guardare l’animale mentre ci si allontana e parlare ad alta voce con toni calmi”. E fingersi morto? Va bene una volta che si viene a contatto con l’animale. Con un orso nero si può provare a reagire, ma se non funzona conviene mettersi a pancia in giù per proteggere gli organi vitali, stringere le mani attorno
PER EVITARE UN ATTACCO
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PORTARE SEMPRE CON SÉ UNO SPRAY AL PEPERONCINO E USARLO ALL’OCCORRENZA CAMMINARE SEMPRE IN GRUPPO ALZARSI IN PIEDI E URLARE (CON UN ORSO NERO) INDIETREGGIARE E ALLONTANARSI (CON UN GRIZZLY) FINGERSI MORTO
alla parte posteriore del collo e tirare su le ginocchia. A questo punto l’orso può rinunciare e andarsene. “Con un Grizzly è inutile reagire”, dice Garshelis. Una volta che è sopra di voi non vi resta che fingervi morti”. Dal 1970, il Parco Nazionale di Yellowstone monitora gli incontri che avvengono con gli orsi e ha rilevato che, nel caso di attacchi, il 75 per cento delle persone che si sono finte morte hanno riportato lievi ferite, rispetto all’80 per cento delle persone che hanno combattuto e hanno riportato lesioni gravi. L’analisi di Smith ed Herrero ha anche rilevato che non finisce sempre bene per l’orso. In 600 scontri fisici con persone, infatti, nel 34 per cento dei casi l’orso muore per un infortunio o anche successivamente. “La tolleranza è indispensabile quando si vive con la fauna selvatica”, afferma Garshelis. Per esempio, se mettete del becchime fuori per gli uccelli, fatelo in inverno, quando gli uccelli ne hanno veramente bisogno e gli orsi sono in letargo, altrimenti potreste avere degli ospiti indesiderati. “L’incontro con un orso può essere anche piacevole a patto che si mantenga la distanza”, conclude Garshelis. “Se sto facendo trekking e vedo un orso, la prima cosa che vorrei fare è prendere la mia macchina fotografica. Di solito questa è una bella e piuttosto rara esperienza”.
NOME SCIENTIFICO Ursus arctos
CARATTERISTICHE FISICHE L’orso bruno europeo ha il mantello di colore bruno rossastro. Negli individui più giovani non è rara la presenza sul petto di un collare o una macchia chiara, a forma di “V”. Il muso è allungato.
STATUS DI VULNERABILITÀ IUCN A rischio minimo di estinzione (Least Concern)
Invece l’orso bruno marsicano ha il mantello di colore bruno marrone, più chiaro sulla testa, sul collo e sul dorso, e il muso è più corto e tozzo dell’orso bruno europeo.
L’ABC DELL’ORSO BRUNO
CURIOSITÀ Lo sai che il sonno invernale dell’orso bruno può durare fino a 6 mesi? E non è un vero e proprio letargo, infatti nelle giornate invernali un po’ più calde non è raro che esca alla ricerca di cibo. www.wwf.it
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/ IL RACCONTO
SLASH AND BURN LA FORESTA CHE BRUCIA
Fino a 170 milioni di ettari di foreste che, entro il 2030, verranno persi definitivamente. Oltre 230 milioni di ettari che scompariranno entro il 2050. È quanto riportato in un documento ufficiale del Wwf, il Report sulle Foreste del 2015, rilasciato in occasione del vertice Tropical Landscapes Summit: A Global Investment Opportunity, un meeting internazionale di leader politici, imprenditori e della società civile che risale allo scorso aprile. Il rapporto denuncia gli undici luoghi del mondo maggiormente a rischio: Amazzonia, foresta atlantica e Gran Chaco, Borneo, Cerrado, Choco-Darien, Africa Orientale, Australia orientale, Grea-
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ter Mekong, Nuova Guinea, Sumatra, Bacino del Congo. Un bosco che si estende su una superficie pari a tutta la Germania, la Francia, la Spagna e il Portogallo. Si tratta di siti ricchi di fauna selvatica, anche a rischio di estinzione, ed estremamente importanti per diverse comunità indigene. Per evitare cambiamenti climatici pericolosi e perdite economiche, la deforestazione dovrebbe essere ridotta quasi a zero entro il 2020. Ma quali sono le cause di questo fenomeno mondiale? La principale pare essere l’agricoltura in espansione: l’alle-
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vamento commerciale, la produzione di olio di palma e di soia, un’attività agricola che taglia e brucia le foreste (“Slash and Burn”). A questo si aggiunge il taglio insostenibile e la raccolta della legna, con la cosiddetta “morte dai mille tagli”; le miniere, l’energia idroelettrica e altri progetti di infrastrutture danno, poi, vita a nuove strade che permettono l’accesso alle foreste da parte dei coloni. Il 38 per cento delle terre è occupato da coltivazioni e zone di pascolo, poiché la convinzione è che solo così si possa vincere la sfida alimentare di una popolazione che è in costante crescita, da
7,2 miliardi ai 9,6 previsti per il 2050. La soluzione potrebbe invece essere un’ecoagricoltura che sia fortemente integrata nei processi circolari della natura e che elimini totalmente gli sprechi esistenti. “Stiamo cercando di salvare le comunità e le culture che dipendono dalle foreste”, ha spiegato Isabella Pratesi, Direttore programma di Conservazione Internazionale del Wwf Italia, “e garantire che queste continuino ad immagazzinare carbonio, filtrare la nostra acqua, fornire legname e l’habitat per milioni di specie”.
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/ IL RACCONTO
L’ULTIMO RIFUGIO DEGLI ORANGUTAN
Il problema della produzione dell’olio di palma e della deforestazione che ne deriva è ormai noto a livello globale. Intere foreste vengono bruciate, per ricavarne terreni coltivabili, con conseguenti ingenti danni ambientali e il massacro di moltissimi animali. Tra questi ci sono gli orangutan che, in aree come il Borneo indonesiano, stanno rapidamente scomparendo.
DIARIO DAL BORNEO INDONESIANO:
“TRA I RICORDI PIÙ CARI CHE MI PORTERÒ A
CASA C’È L’ORA DEL TRAMONTO, QUANDO, DOPO AVER RACCOLTO GIGANTI FOGLIE DI ZENZERO, LE PORTIAMO AGLI ORANGHI IN GABBIA, MENTRE LORO ALLUNGANO LE MANI FUORI DALLE SBARRE, ASPETTANDO IMPAZIENTI IL LORO PICCOLO DONO”. di
Michela Kuan BIOLOGA
Ciascuno di noi può e deve fare la propria parte per porre fine a questo sterminio, scegliendo di non acquistare prodotti che contengano olio di palma, lanciando un chiaro segnale alle industrie che ne fanno uso. Ma è possibile fare anche di più, aiutando concretamente chi ogni giorno si occupa della cura e della riabilitazione degli orangutan, contribuendo alla salvaguardia della loro specie. Ed è qui che inizia questo racconto…
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/ IL RACCONTO
Ho deciso di partire per il Borneo e lo consiglio veramente a tutti: preparare lo zaino e andare ad aiutare chi cerca di far sopravvivere una terra che sta scomparendo e, con lei, le incredibili creature che la abitano, gli orangutan. A volte per capire gli animali bisogna entrare nel loro mondo, lasciare la follia fatta di cemento e plastica e farsi guidare solo dai loro occhi. Queste scimmie, che condividono con noi animali umani circa il 98% del Dna, non sanno difendersi se non con la propria forza fisica, e cadono vittime delle industrie che bruciano la foresta per creare spazio coltivabile. Chi di loro non muore ustionato, tenta di scappare e viene picchiato fino alla morte. Qui, nel centro di riabilitazione per orangutan in cui mi trovo, ho potuto vedere le radiografie di animali con fratture multiple agli arti e alla schiena, lasciati agonizzare, tetraplegici, nei campi per settimane, individui con oltre 15 pallottole nel corpo e cuccioli senza dita, perché mozzate dal machete che ha reciso per sempre il legame con la loro mamma. Fortunatamente, qualcuno di loro sopravvive e viene accudito da persone meravigliose che dedicano ogni energia affinché questa specie non scompaia per sempre, lavorando senza sosta per due soldi, ricoperti di fango e feci fino al collo, senza mai perdere il sorriso né lamentarsi, pur vivendo in condizioni proibitive, dentro baracche senza nemmeno acqua corrente. La riabilitazione di primati complessi come gli orangutan è un percorso lungo, fatto di varie fasi, che inizia con un primo stadio in cui gli animali entrano in contatto, mai diretto, con l’uomo, che fornisce loro frutta, semi e giochi con cui passare il tempo, per poi arrivare a uno stadio successivo in cui hanno a disposizione un’enorme zona recintata dove devono imparare a cavarsela da soli. Infine, l’ultimo passo: il rilascio in natura, un’operazione che richiede alle associazioni che difendono gli orangutan di affittare estese aree di giungla per oltre 60 anni, in modo da avere, almeno
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per un po’, la certezza che queste non vengano distrutte. Affinché gli animali possano essere rilasciati in queste aree, inoltre, occorre trasportarli in gabbie attraverso la foresta, camminando per giorni con solo un po’ di riso da mangiare e un’amaca su cui passare la notte. Per noi occidentali, persone di città, è inimmaginabile quanto sia assordante, buia e umida una giungla. In meno di due ore passate lì dentro ho avuto il piacere di conoscere molto da vicino: tarantole, formiche velenose, nuvole di zanzare, vespe grosse quanto un dito, una buona varietà di sanguisughe. Ma tutta questa fatica viene ampiamente ripagata dall’espressione degli oranghi quando tornano a casa: un ultimo grido di libertà e corrono lontano senza voltarsi… “SPERO CHE, LEGGENDO QUESTE PAROLE, QUALCUNO DI VOI DECIDA DI METTERE UN PAIO DI SCARPONI E DEI GUANTI SPESSI NELLA VALIGIA E DI PARTIRE COME HO FATTO IO”.
La cosa incredibile è la quantità di arricchimenti che ogni giorno bisogna creare in modo da tenere attiva la curiosità degli animali, costruendo tubi con le canne di bambù o usando legno forato in cui spalmare porridge e cospargerlo di semi e pop corn... proprio così, vanno matti per i pop corn e per i datteri... come dargli torto! In queste “riserve”, circa 200 oranghi vivono liberi in grandi spazi delimitati soltanto da corsi d’acqua, perché non sanno nuotare. Purtroppo però una ventina di loro è costretta in gabbia e ci resterà per sempre. Infettati dalla tubercolosi umana, infatti, questi orangutan non potranno mai essere rilasciati: un’altra violenza frutto del dominio senza scrupoli della nostra specie. Questi oranghi mi svegliano all’alba con le loro urla, possenti maschi che gridano la loro triste esistenza e che la sera siedono apatici, tossendo come malati nelle corsie di un ospedale. Ma gli abusi operati dall’uomo non si fermano qui: gli oranghi continuano a essere
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/ IL RACCONTO
ridicolizzati per i turisti nei circhi e negli zoo, vengono strappati dalle madri per fare fotografie e addirittura depilati per essere sodomizzati, un’immagine così terribile da riempire i miei incubi per giorni. L’ESPRESSIONE DEGLI ORANGHI QUANDO, RIABILITATI, TORNANO A CASA NELLA LORO FORESTA RIPAGA AMPIAMENTE DI OGNI FATICA: UN ULTIMO GRIDO DI LIBERTÀ E CORRONO LONTANO SENZA VOLTARSI…
Tra i ricordi più cari che mi porterò a casa c’è l’ora del tramonto, quando, dopo aver raccolto giganti foglie di zenzero, le portiamo agli oranghi in gabbia, mentre loro allungano le mani fuori dalle sbarre, aspettando impazienti il loro piccolo dono. Usano le foglie per crearsi un giaciglio per la notte, e ogni giorno preparano un letto diverso, formando materassi di foglie intrecciate. È commovente guardarli sistemare minuziosamente ogni singolo stelo, per poi sdraiarsi soddisfatti su un fianco e chiudere gli occhi. Mai le mie parole potranno esprimere quanto questi animali siano simili a noi: osservarli toglie letteralmente il fiato, mai riuscirò a dirvi quanto solo qui ci si senta realmente umani perché si vede riflesso nel loro sguardo il nostro passato, presente e futuro. Un ultimo pensiero è dedicato agli orsi della luna, anche loro ospiti del centro in cui mi trovo. Ogni animale arrivato qui ha una triste storia alle spalle e i più difficili da recuperare psicologicamente sono quelli che hanno passato anni negli zoo: continuano a camminare avanti e indietro in una minuscola area, anche se ora hanno un’intera collina a disposizione, perché ormai il loro cervello si è adattato agli orizzonti angusti della prigionia. Ho passato ore meravigliose a nascondere marmellata negli incavi degli alberi e a fare loro la doccia, mentre si alzano su due zampe grattandosi la schiena sotto il getto dell’acqua e scuotendo loro lardoso sederone; li ho sempre visti in immagini agghiaccianti relative all’estrazione della bile, ma è così che voglio ricordarli: felici mentre corrono sugli alberi in cerca di una ghiotta sorpresa.
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GLI ORSI DELLA LUNA ARRIVANO DAGLI ZOO E I DANNI DELLA PRIGIONIA SONO DEVASTANTI, POICHÉ IL LORO CERVELLO SI È ORMAI ADATTATO AGLI ORIZZONTI ANGUSTI DELLA GABBIA.
Tra poche ore lascerò questo spicchio di mondo e oggi è davvero una triste alba avvolta nel fumo. La nebbia arriva dalla foresta in fiamme, che brucia da giorni per mano di uomini senza scrupoli che perseguono denaro facile, dalle conseguenze devastanti. Mi pervade un senso di amara impotenza e ho la costante sensazione di lottare contro i mulini a vento, come se dovessi affrontare un plotone di esecuzione, armata solo di un ramo. Eppure, nonostante le difficoltà, è necessario lottare con determinazione e cercare di far aprire gli occhi alle persone, in ogni angolo del mondo: chilometri di giungla stanno bruciando da giorni e sui quotidiani italiani e internazionali non c’è traccia della notizia! Non abbiamo nessun merito nell’essere nati o cresciuti con la pelle chiara o in un Paese ricco ed è nostro dovere aiutare chi ha meno possibilità soprattutto se sta lottando per difendere la propria terra e tutto ciò che nasce da essa.
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SABAH SARAWAK BRUNEI
1973 2010
-30%
TERRITORIO RICOPERTO DA FORESTA
DEFORESTAZIONE
8%
92%
3%
97%
54%
46%
TERRITORIO RICOPERTO DA FORESTA
DEFORESTAZIONE
75,70% 558.000 Kmq
24,30%
47,20% 52,8%, 389.566 Kmq, di cui 28,4% non toccato dal disboscamento
97%
di perdita di pianura
51% 33%
di alberi abbattuti per produrre legname di foresta convertita in colture industriali principalmente a produzione di legno e di olio di palma
IN 40 ANNI IL BORNEO HA PERSO IL 30% DELLE SUE FORESTE Spero che, leggendo queste parole, qualcuno di voi decida di mettere un paio di scarponi e dei guanti spessi nella valigia e di partire come ho fatto io, perché non servono né denaro né particolari conoscenze per lottare per la salvezza del nostro Pianeta, solo il desiderio di aiutare questi esseri meravigliosi e le mani per lavorare. Borneo Orangun Survival Foundation Phone +62(0)251.831.4468/831.4469 bos_komunikasi@orangutan.or.id http://orangutan.or.id/
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/ IL PROGETTO
RAINFOREST CONNECTION È IL PROGETTO DI TOPHER WHITE, IL GIOVANE INGEGNERE CHE COMBATTE LA DEFORESTAZIONE CON VECCHI CELLULARI “Nel 2011, da turista, giunsi nella foresta pluviale del Borneo e ne rimasi incantato”, racconta Topher. “Quello che mi colpì di più fu il travolgente suono della foresta. Cicale, gibboni, uccelli. Un’armonia meravigliosa, un concerto i cui strumenti erano gli animali stessi. Non notai affatto il suono delle motoseghe. Nessuno, del resto, era in grado di percepirlo”. Il suono della foresta è, dunque, più forte di quello delle motoseghe che distruggono gli alberi, talmente forte da non permettere neanche ai guardiani di accorgersi di chi commette un tale delitto. “Con i responsabili di quell’area abbiamo fatto una piccola escursione”, continua Topher, “e, con grande sorpresa, abbiamo incontrato i resti di un albero secolare che era stato tagliato recentemente. A pochi metri dalla riserva naturale che ci ospitava. Ho trovato inaccettabile che al giorno d’oggi nessuno potesse sentire un rumore così devastante e, di conseguenza, poter intervenire con tempestività. La soluzione sarebbe dovuta essere semplice, efficace. Poi, ad un tratto, ho capito che era già tutto lì. Avrei solo dovuto sfruttare le caratteristiche di quel paradiso”. Nel Borneo non c’è elettricità, ma il segnale di rete è ottimo. “Se abbiamo un dispositivo per ascoltare i suoni della foresta da connettere alla rete di cellulari e che invii un allarme alla gente del posto, forse abbiamo una soluzione a questo problema”. Ciò che occorre, infatti, è ri-
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uscire a informare i guardiani di quello che succede in tempo reale, in modo che loro possano intervenire e fermare questo scempio. E da qui parte l’idea di utilizzare vecchi cellulari in disuso per mandare un segnale di allarme a chi di dovere. Unico limite quello di proteggerli e caricarli costantemente. “Abbiamo studiato delle scatole speciali che possano proteggerli da attacchi esterni e che possono essere monitorate dalle guardie”, spiega ancora Topher. “La loro ricarica invece rappresentava una vera sfida ingegneristica da vincere. Alla fine abbiamo creato un pannello solare particolare che potesse adattarsi al luogo, alle folte chiome degli alberi presenti”.
rfcx.org
B
! t i t e p p on A
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BEACHCOMBERS /
LUPI DI MARE di
Federica Forte
NELLA COSTA OCCIDENTALE DEL CANADA, I LUPI CHE VAGABONDANO SULLA SPIAGGIA NUOTANO TRA LE ISOLE E MANGIANO QUALSIASI COSA ELARGISCA IL MARE.
A
A testimoniarlo Susan McGrath, giornalista di National Geographic che descrive l’esperienza vissuta sulla costa del British Columbia insieme a Ian McAllister, attivista ambientale, fotografo, addestratore di lupi. Siamo su un’isola a otto miglia a ovest del continente British Columbia. Boscosa, spazzata dal vento, è una delle migliaia di isole che si stagliano lungo la costa. Distese di ghiaia collegano le isole tra loro. E se ti sistemi lì e aspetti e osservi, puoi essere fortunato e riuscire a intravedere la figura stilizzata e pallida di un lupo che si dirige verso la riva, si sporge col muso e si pianta con una zampa su qualcosa, forse un salmone, poi lo strappa con i suoi denti. Nel nostro immaginario collettivo, i lupi procedono a grandi passi attraverso la tundra dietro i caribù o braccano le pecorelle smarrite. Sono carnivori, cacciano il cervo, l’alce, le capre di montagna e qualsiasi animale corra sugli zoccoli. EfNEI PRIMI ANNI DEL 2000 IAN MCALLISTER E IL BIOLOGO CANADESE PAUL PAQUET SI
INCURIOSISCONO QUANDO VEDONO DEI LUPI SULLA ZONA COSTIERA MANGIARE SALMONE.
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/ BEACHCOMBERS
fettivamente, i lupi che si trovano nell’entroterra vivono in questo modo. Ma sulla costa del British Columbia intere generazioni di lupi non hanno mai visto una capra di montagna o un’alce o un cervo. Per decenni in tutto l’Occidente si è parlato di lupi, del loro ritorno o della loro scomparsa o di come gestirli. Sono stati studiati così tanto che si potrebbe pensare di sapere tutto su di loro. Ma, a parte l’Homo sapiens, sono pochi i mammiferi che si adattano al proprio habitat, e tra questi i lupi della costa del British Columbia sembrano essere unici. Chris Darimont, del Raincoast Conservation Foundation, ha dedicato oltre dieci anni a sviluppare un quadro sui lupi della costa, che con leggerezza definisce “il più nuovo mammifero marino del Canada”, nuovo alla scienza. La maggior parte dei canadesi non sa molto sulla lontana costa della British Columbia. L’Isola di Vancouver è situata a sud, le grandi isole Haida Gwaii a ovest e il sud-est dell’Alaska a nord. In mezzo, aperto a tutta la furia del Pacifico, si trova questa costa che si estende per 250 miglia. Ma i ghiacciai, durante l’ultima era glaciale, hanno rastrellato i fiordi profondi, scavando una ripida e labirintica costa. Correnti oceaniche ricche di plancton la bagnano, permettendo una straordinaria abbondanza di vita nel mare: balene, uccelli marini, salmone, leoni marini, foche; e sulla terraferma, grizzly e orsi neri, tra cui la fantastica variante bianca, il Kermode, o Spirit Bear. Una nebbiosa foresta pluviale di conifere a clima temperato avvolge tutto, dal mare alle montagne, circa 25mila miglia quadrate, una delle più grandi aree del suo genere nel mondo. Si chiama Great Bear Rainforest. Nei primi anni del 2000 Ian McAllister e il biologo canadese Paul Paquet si incuriosiscono quando vedono dei lupi sulla zona costiera mangiare salmone. Con il supporto locale della First Nations, hanno reclutato l’allora dottorando Chris Darimont per indagare. Darimont concentrò i suoi studi nel territorio Heiltsuk First Nations, sulla costa centrale. Un terzo di esso è costituito da acqua, il resto in gran parte è privo di strade, ricco di imponenti abeti Sitka e cedri, e spesso estremamente scosceso. Darimont e Pa-
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GLI STUDIOSI DARIMONT E PAQUET CREDEVANO CHE I LUPI DELLE ISOLE SI MUOVESSERO TRA LE ISOLE E LA TERRAFERMA. INVECE I DATI HANNO MOSTRATO CHE QUESTI LUPI TRASCORRONO ANCHE TUTTA LA LORO VITA SULLE ISOLE E SONO DEI “BEACHCOMBERS”, OSSIA VIVONO DI CIÒ CHE TROVANO SULLE SPIAGGE: CIRRIPEDI (CROSTACEI), UOVA DI PESCE, BALENE MORTE. NUOTANO NELL’OCEANO E SI ARRAMPICANO AGILMENTE SULLE ROCCE PER POI LANCIARSI SULLE FOCHE. IL 90 PER CENTO DELLA LORO DIETA PROVIENE DIRETTAMENTE DAL MARE.
quet lasciano perdere l’approccio tradizionale di raccolta di sangue e capelli direttamente dall’animale. “Abbiamo raccolto le feci dei lupi”, ha spiegato Darimont. Dagli escrementi, così come dal pelo, si riescono ad acquisire diversi dati su dove stanzia, il sesso, la dieta, la genetica, e altre variabili. “I lupi defecano in posti ben precisi, non dove capita come i cervi”, spiega Darimont, “e si spostano usando corridoi di viaggio molto affidabili”. Attraverso le ghiandole anali aggiungono tracce oleose alle deiezioni, fornendo dei messaggi destinati ad altri.Preferiscono inviare loro dei messaggi in maniera vistosa, soprattutto in corrispondenza delle intersezioni del sentiero, dove si ottiene il doppio dei lettori. I dati provenienti dai lupi della zona costiera raccontano ciò che molti locali già sapevano: i lupi mangiano il salmone. Nella stagione riproduttiva il pesce costituisce il 25 per cento della dieta di questi animali, ma la cosa incredibile arriva dal
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SE SEI FORTUNATO PUOI RIUSCIRE A INTRAVEDERE LA FIGURA STILIZZATA E PALLIDA DI UN LUPO CHE SI DIRIGE VERSO LA RIVA, SI SPORGE COL MUSO E SI PIANTA CON UNA ZAMPA SU QUALCOSA, FORSE UN SALMONE, POI LO STRAPPA CON I SUOI DENTI.
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BEACHCOMBERS /
LO SPETTRO OLEOSO DEL 1989 DELLA EXXON VALDEZ, IL DISASTRO NELLO STRETTO DI PRINCE WILLIAM, TORMENTA MOLTI SU QUESTA COSTA. OGGI UN NUOVO PROGETTO MINACCIA L’ECOSISTEMA, IL NORTHEN GATEWAY PIPELINES, CHE VEDRÀ UN MAGGIORE TRAFFICO DI PETROLIERE IN QUESTE ACQUE. I GASDOTTI PARTIRANNO DA ALBERTA E ANDRANNO GIÙ FINO ALLA COSTA NORD DELLA PROVINCIA, ATTRAVERSANDO LE COAST MOUNTAINS.
L’ISOLA DEL BRITISH COLUMBIA SI ESTENDE PER 250 MIGLIA E SI TROVA AL CENTRO DELL’ISOLA DI VANCOUVER, SITUATA A SUD, LE GRANDI ISOLE HAIDA GWAII, POSTE A OVEST, E IL SUD-EST DELL’ALASKA, A NORD.
resto dei dati. Darimont e Paquet credevano che i lupi delle isole fossero dei lupi normali che si muovevano tra le isole e la terraferma. Invece i dati hanno mostrato che i lupi possono trascorrere anche tutta la loro vita su isole esterne che non hanno piste di salmone e pochi o addirittura nessun cervo. Questi lupi probabilmente si accoppieranno con altri isolani e sono “beachcombers”, ossia vivono di ciò che trovano sulle spiagge. Masticano cirripedi (crostacei), spazzolano le uova di pesce che le aringhe lasciano sulle alghe, e banchettano sulle balene morte. Nuotano nell’oceano e si arrampicano agilmente sulle rocce per poi lanciarsi sulle foche. Il 90 per cento della dieta di questi lupi può provenire direttamente dal mare. Ancora più straordinaria è la loro capacità di nuotare. Spesso nuotano tra le isole percorrendo miglia di oceano. Paquet sostiene che questi tipi di lupi non siano un’anomalia, ma siano un residuo. “Non c’è dubbio che questi lupi vivessero anche lungo la costa dello Stato di Washington. Gli umani li hanno scacciati. Vivono ancora sulle isole a sud-est dell’Alaska, ma sono pesantemente perseguitati lì”. Il British Columbia ha licenze di caccia quasi illimitate riguardo i lupi, ma la vastità della foresta, quasi senza strade, la bassa densità di popolazione umana e il mandato First Nations hanno dato una chance in più ai lupi del Great Bear rispetto a quelli del sud-est dell’Alaska. Nonostante questi vantaggi, e nonostante l’impressionante capacità di adattamento dei lupi, le loro prospettive stanno cambiando. Un discusso progetto di energia, chiamato Northern Gateway Pipelines, mira a costruire gasdotti che partono da Alberta e, attraverso le Coast Mountains, vanno giù fino alla costa nord della provincia. Ciò significa maggiore traffico di petroliere in queste acque. Lo spettro oleoso del 1989 della Exxon Valdez, il disastro nello Stretto di Prince William, tormenta molti su questa costa, motivo per il quale tanta gente si oppone al progetto Northern Gateway Pipelines. Riusciranno a fermarlo?
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LA. CATTIVITÀ CHE UCCIDE / MARE & ORCHE
È DA PIÙ DI 50 ANNI CHE L’UOMO COSTRINGE ALLA DETENZIONE FORZATA UNO DEI MAMMIFERI MARINI PIÙ INTELLIGENTI AL MONDO, ALLO SCOPO DI ATTRARRE E DIVERTIRE UN PUBBLICO DI CURIOSI, FATTO DI ADULTI E BAMBINI. MA COSA SI CELA DIETRO GLI SPETTACOLI DELLE ORCHE? COME AVVENGONO LE LORO CATTURE? COME TRASCORRE LA VITA IN QUELLE PICCOLE VASCHE? E SOPRATTUTTO, COME VIVONO LORO QUESTA CONDIZIONE DI PRIGIONIA? di
Federica Forte
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È di qualche mese fa la notizia che il SeaWorld di San Diego, in California, metterà fine agli spettacoli con le orche, esaudendo il desiderio delle associazioni animaliste e del pubblico che, dopo il documentario del 2013, Blackfish, è decisamente calato. Il SeaWorld è una catena statunitense di parchi marini e giardini zoologici, presente in California, Florida e Texas. Tra le attività svolte al suo interno, si contano diversi spettacoli con le orche, “killer whales”, che, per quanto riguarda il SeaWorld di San Diego, dovrebbero essere definitivamente interrotti nel 2017. Una vittoria? Non proprio. Perché se è vero che gli spettacoli con le orche non avranno più luogo, è pur vero che la loro cattività continuerà, e che fine faranno questi animali? Il SeaWorld di San Diego è stato il primo parco della catena a prendere vita. Nato nel 1964, è distribuito su più di 189 acri sulla splendida Mission Bay Park. Al suo interno si svolgono spettacoli con animali, attrazioni interatti-
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ve, ci sono grossi acquari con delfini, tartarughe, pinguini, beluga, squali e leoni marini, giostre e strutture per la ristorazione. Ha avuto sempre un grandissimo successo, tanto da permettere la nascita delle altre due strutture, il SeaWorld di Olrando in Florida, nato nel 1973, e quello di San Antonio in Texas, risalente al 1988. Ma l’entusiasmo per gli spettacoli che attirano migliaia di visitatori lascia il posto all’amarezza qualche anno fa, quando Gabriela Cowperthwaite mette in scena il documentario Blackfish, presentato al Sundace Film Festival 2013, e subito acquistato da Magnolia Pictures e Cnn Films per una più ampia distribuzione. Il protagonista è Tilikum, l’orca assassina che ha ucciso ben tre persone nei suoi trent’anni di cattività. Un’aggressività ingiustificata o solo il risultato della prigionia? Le orche vengono catturate in natura, spesso in tenera età perché più facilmente trasportabili. Le grida delle madri che restano al di là della rete
MARE & ORCHE /
LE ORCHE POSSIEDONO UNA PARTE DEL CERVELLO CHE GLI ESSERI UMANI NON HANNO, QUATTRO LOBI ANZICHÉ TRE. SECONDO GLI SCIENZIATI, QUESTA PARTE IN PIÙ RIGUARDEREBBE LE EMOZIONI E LA CONSAPEVOLEZZA.
sono strazianti, quando le stesse non vengono uccise. Il processo di cattura è violento e implica l’utilizzo di bombe, aeroplani, motoscafi e reti. Molte orche non sopravvivono a tutto ciò. Ma quando ha inizio questo scempio? Agli arbori degli anni ‘60 “il leader indiscusso di queste catture è il MarineLand of The Pacific”, come afferma il giornalista David Kirby nel suo libro “Death at Seaworld”, un interessante saggio che approfondisce l’aspetto della cattività di questi magnifici esem-
plari. Responsabile delle catture per la struttura californiana, nata nel 1954, è Frank Brocato insieme al suo assistente Boots Calandrino. Al loro attivo hanno migliaia di catture di delfini, focene, beluga e pinnipedi, ma ancora mai un’orca. Nel 1961 avvistano una femmina vagare disorientata nella baia di Newport Harbor, nell’Orange County, tra le barche e gli yacht. La accerchiano, la caricano su un camioncino e la portano al MarineLand, ma le cose vanno molto male. “Il giorno seguente alla cattura, l’orca comincia a nuotare a grande velocità e a colpire ri-
CARATTERISTICHE FISICHE
L’ABC DELL’ORCA
Classificata da Linneo nel 1758
CLASSIFICAZIONE ORDINE: Cetacea SOTTORDINE: Odontoceti (cetacei coi denti) FAMIGLIA: Delphinidae GENERE: Orcinus SPECIE: Orcinus orca NOME COMUNE: Orca
DELL’ANIMALE O STANDARD DIMENSIONI: maschio 5-9 m; femmina 4,6-8 m PESO: maschio 10 t; femmina 7,5 t ETÀ DELLA MATURITÀ SESSUALE: 12-16 anni DURATA DELLA VITA: maschio 60-70 anni; femmina 80-90 anni PERIODO DI ALLATTAMENTO: 15 mesi STAGIONE RIPRODUTTIVA: primavera - inizio estate PERIODO DI GESTAZIONE: 12-16 mesi LUNGHEZZA ALLA NASCITA: 2,5 m PESO ALLA NASCITA: 180 Kg DURATA DI IMMERSIONE: 20 minuti PROFONDITÀ DI IMMERSIONE: -1000 m VELOCITÀ DI NUOTO MASSIMA: 50 km/h
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PENTIMENTO DI UN EX CACCIATORE Jeff Foster è un biologo marino esperto di orche. Oggi si batte contro la cattività, ma non è stato sempre così. Foster è un ex cacciatore e inizia a lavorare per il Seattle Marine Aquarium (che poi diventa SeaWorld) negli anni ‘70, con il compito di catturare e addestrare le orche. Quando lo stato di Washington ne vieta la cattura, la sua caccia si sposta in Islanda. Ma negli anni ‘80 Foster inizia a mettere in discussione il suo lavoro. “Ho iniziato a sentirmi in colpa a separare una mamma da suo figlio”, spiega. “Il loro pianto è come quello di un bambino e ti strazia il cuore. Ho iniziato a passare più tempo con gli animali in natura e ho capito che non dovrebbero vivere in una vasca di cemento”. Nel 1990 Foster lascia l’industria della cattività per sempre, dedicandosi a progetti di conservazione e alla riabilitazione e successiva liberazione di animali marini. Nel 2012 gli sono stati offerti 7 milioni di dollari per catturare delle orche da destinare a vari mercati, ma ha rifiutato. Jeff Foster è ora uno dei promotori della campagna per la liberazione di Morgan, un’orca prigioniera a Loro Parque, a Tenerife. Racconta di averla sentita piangere e vista colpire ripetutamente con la testa i bordi della vasca. Ma una sentenza dello scorso aprile della corte de L’Aia ha sentenziato che Morgan dovrà continuare a (soprav)vivere nella prigione che la sta lentamente uccidendo. Facebook: Jeff Foster Marine Biologist www.freemorgan.org
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petutamente e violentemente le pareti con diverse parti del corpo fino a quando, dritta contro un muro di cemento, si fracassa il rostro e muore”. Questa esperienza, però, non scoraggia Brocato, anzi lo spinge a provarci ancora. CI SONO SIGNIFICATIVE DIFFERENZE TRA LE ORCHE CHE VIVONO IN CATTIVITÀ E QUELLE CHE VIVONO IN NATURA: A PARTIRE DAL TASSO DI MORTALITÀ, CHE IN CATTIVITÀ SALE DI DUE VOLTE E MEZZO, E DALL’ETÀ MEDIA DI SOPRAVVIVENZA, DECISAMENTE PIÙ ALTA IN NATURA.
Il tentativo successivo fallisce di nuovo e si conclude con la morte dell’animale che, per liberarsi dal cappio con cui è stato bloccato, carica ripetutamente l’imbarcazione fin quando il cacciatore la finisce con dieci colpi di pistola Magnum 375. Il tentativo riuscito è, invece, quello di Samuel Burich, scultore trentottenne a caccia di un’orca con lo scopo di ucciderla e imbalsamarla per esibirla nel Vancouver Aquarium come modello a grandezza naturale. La spedizione, avvenuta nel 1964, vede la cattura di Moby Doll che, tra atroci sofferenze, sopravvive nonostante l’arpione e i proiettili utilizzati, spingendo l’equipaggio a lasciarla in vita e trasportarla al MarineLand. Il viaggio dura 16 ore e l’aniDEATH AT SEA WORLD di David Kirby
male viene trascinato con una fune annodata all’arpione conficcato nel dorso. Moby Doll vive 87 giorni di cattività, poi muore. A lei (che in realtà era un lui) segue la cattura di Namu, rimasto intrappolato nelle reti da pesca nel 1965 e acquistato da Ted Griffin del Seattle Marine Aquarium per 8mila dollari. Durante il suo trasporto, avvenuto in una gabbia appositamente costruita per lui, “le vocalizzazioni emesse attraggono un gruppo di trenta orche che fa di tutto per liberarlo”. Una femmina con tre piccoli, forse la madre coi fratelli, segue l’imbarcazione per oltre 150 miglia prima di darsi per vinta. Namu giunge a Seattle e diventa una grande attrazione per il pubblico e per gli scienziati. Tra lui e Griffin si crea un rapporto di totale fiducia, fintanto da permettere all’uomo di cavalcarla. Nel 1966 gli viene anche offerto un ruolo da protagonista nel film “Namu, the Killer Whale”, “Fate posto nel vostro cuore per un beniamino da sei tonnellate!!!”. Ma Namu non si abitua alla cattività e nello stesso anno comincia a dare forti segnali di stress, si lancia a tutta velocità verso le grate dei cancelli, rifiuta di esibirsi, appare depressa e abbattuta, lancia forti vocalizzazioni, a volte in risposta a quelle di richiamo delle orche libere. È quello l’anno in cui Namu muore, dopo aver contratto un’infezione batterica, af-
MORTE A SEAWORLD David Kirby, giornalista per il New York Times e l’Huffington Post, autore di saggi di stampo ambientalistico, è l’autore del libro “Death at SeaWorld. Shamu and the dark side of killer whales in captivity” (Morte a SeaWorld. Shamu e il lato oscuro delle orche in cattività) che prende spunto dall’ultimo incidente avvenuto a SeaWorld nel 2010, in
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cui un’addestratrice ha perso la vita, mettendo a nudo le questioni legate alle scelte di relegare in una vasca delle creature senzienti, di spiccata intelligenza e dai fortissimi legami sociali che sviluppano fin dalla nascita nel proprio ambiente naturale. “Ho passato un anno e mezzo a investigare su questo”, spiega Kirby, “e dico che la vita per le orche in cattività,
non è la stessa vita delle orche in oceano e invece questo è proprio quello che SeaWorld afferma, in sostanza. Seaworld dice che vivono e muoiono in vasca nello stesso modo in cui lo fanno in natura, ma non è così. E non è un mio parere, è un dato di fatto: il tasso di mortalità è due volte e mezzo maggiore per le orche in cattività; sono dati pubblicati”. deathatseaworld.com
Unna aveva 18 anni ed era nata in cattività al SeaWorld di Orlando, in Florida. È morta il 21 dicembre scorso a causa di una grave infezione da candida contro la quale ha lottato per un lungo mese. L’infezione fungina è tipica della condizione di cattività, provocata dallo stress, dalla disinfezione sbilanciata dell’acqua con cloro o anche da una terapia antibiotica indiscriminata, cui sono sottoposti tutti gli ospiti dei parchi acquatici e che rende i cetacei farmaco resistenti.
MUORE UN’ORCA AL SEAWORLD DI ORLANDO, IN FLORIDA
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fogando impigliato in uno dei cancelli. Ma “show must go on!” e a Namu segue Shamu che Griffin, però, decide di vendere (a una cifra esorbitante ma mai resa pubblica, forse 75mila dollari) al SeaWorld di San Diego. Nel frattempo Griffin e il suo socio in affari Don Goldsberry affinano le tecniche di cattura e nel 1970 si impegnano “nella più famigerata battuta di caccia all’orca mai affrontata”: quella di Penn Cove. L’unica orca che sopravvive è Lolita, ancora oggi esistente nel Miami Seaquarium, LE ORCHE VISSUTE IN CATTIVITÀ SONO SPESSO ANIMALI CON PROBLEMI DI SALUTE. A MOLTE DI LORO VENGONO SOMMINISTRATI MEDICINALI PER DEPRESSIONE, ULCERE E ALTRE MALATTIE.
“nella vasca più piccola che sia mai stata riservata a un’orca in cattività” (http:// savelolita.org/). Alcune delle carcasse risalenti alla cattura di Penn Cove vengono ripescate solo più tardi: “gli avevano squarciato il ventre e avevano cercato di appesantirne i corpi avvolgendoli con catene d’acciaio e ancore”. Nel 1972 viene approvato il Marine Mammal Protection Act (Decreto per
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la Protezione dei Mammiferi Marini) che bandisce la cattura di qualsiasi mammifero marino vivo nelle acque territoriali degli Stati Uniti, “ad eccezione degli esemplari destinati all’esposizione pubblica e alla ricerca scientifica”. Questo permette al SeaWorld di continuare le sue catture nello Stato di Washington, fino al 1976, quando, durante una battuta di caccia, Goldsberry lancia da un piccolo aeroplano alcuni esplosivi sottomarini per costringere un gruppo di orche a spingersi nella baia di Budd. Quel giorno diversi diportisti assistono alla terribile cattura in cui le orche, intrappolate nella rete, urlano in maniera straziante. Questo fa sì che, su richiesta della corte distrettuale di Seattle, SeaWorld perda il proprio permesso di radunare le orche nelle acque territoriali dello Stato di Washington. Ma l’episodio non fa demordere la struttura che, con l’accordo del Governo, si dirige verso l’Islanda dove continuerà le sue atroci catture. Da questo breve excursus storico, tratto dal libro di Kirby, la cosa che salta
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segni del loro nervosismo e spesso c’era molto sangue”, racconta uno degli addestratori. “Anche in natura possono esserci momenti di tensione fra le orche, ma lì hanno miglia e miglia per tenersi a distanza”. All’inizio Tilikum mostrava grandi capacità di apprendimento e grande disponibilità. Ma in questi 32 anni di vita, di cui 30 passati in cattività, ha già ucciso tre persone. Nel 1991 l’addestratrice Keltie Byrne, caduta nella vasca dove c’erano tre orche. Nel 1999 il 27enne Daniel P. Dukes, entrato di nascosto nella vasca e trovato nudo e morto sul dorso del mammifero. Nel 2010, durante uno spettacolo, l’addestratrice Dawn Brancheau a cui strappò e inghiottì un braccio. Ma tutte le volte i responsabili dei parchi acquatici hanno attribuito l’accaduto alla fatalità o a errori degli addestratori, mai all’aggressività dell’animale.
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Ma il film non è solo una storia, è soprattutto un documentario che spiega anche dal punto di vista scientifico il dramma di questi animali. Dagli studi fatti sulle orche emerge che queste hanno una parte del cervello completamente dedicata alla loro vita emotiva, per cui la componente sociale è molto importante. Inserire nella stessa vasca animali catturati in gruppi diversi comporta tensioni che gli animali detenuti in cattività pagano pesantemente. Dopo la cattura in Islanda, infatti, Tilikum viene portato in un parco acquatico canadese insieme a due femmine. La struttura sociale delle orche è molto matriarcale e il neo arrivato ne paga subito le conseguenze con profonde ferite inflitte dalle due femmine. Di notte poi gli esemplari vengono rinchiusi in una vasca lunga sei metri e profonda nove. Tilikum, sebbene molto giovane, era già lungo 4,5 metri. “Al mattino vedevamo i
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Diretto dalla regista Gabriela Couperthwaite nel 2013, è una denuncia dei maltrattamenti alle orche nei parchi acquatici attraverso il racconto degli ex addestratori del SeaWorld di Orlando e la storia di Tilikum, l’orca che uccise ben tre persone. All’inizio il lavoro è entusiasmante, poi ci si rende conto che la realtà è ben altra. Come racconta John Crove, cacciatore di orche, capelli e lunga barba bianca, il braccio ricoperto di tatuaggi, un duro la cui voce si interrompe quando racconta la cattura dei cuccioli di orca e la reazione delle madri che restano lì a chiamare i loro piccoli con suoni strazianti, nonostante siano libere di allontanarsi. Suoni che durante il film tolgono il respiro. “Per me era solo un lavoro: catturare le orche”, racconta John Crowe, “ma presto ci siamo resi conto di aver fatto una delle peggiori cose della nostra vita”.
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BLACKFISH IL DOCUMENTARIO
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all’occhio, oltre ai metodi disumani di cattura, è il grande senso di appartenenza al branco di questi animali. Raramente ci si imbatte in un singolo individuo e, se succede, spesso è perché è rimasto disorientato per un determinato motivo, ma, anche in fase di cattura, nessun esemplare viene mai lasciato da solo, il gruppo cerca sempre di portarlo in salvo. Le orche, infatti, si muovono in grandi branchi e spesso i cuccioli rimangono con la madre per tutta la vita. Esistono tre principali ecotipi di orche o balene: transienti, residenti e offshore. Le transienti si spostano molto, nuotando negli oceani, muovendosi singolarmente o in piccoli gruppi spesso composti da individui maschi, e si nutrono di mammiferi come foche, leoni marini, focene e delfini; si spostano di rado e tendono a cacciare in silenzio. Le residenti sostano tutto l’anno in una zona ben precisa, spesso vicino alla costa, formando gruppi familiari numerosi (detti Pod) a gerarchia matriarcale (una femmina, i suoi piccoli, femmine più anziane e sterili e un maschio adulto), e IL CENTO PER CENTO DEGLI ESEMPLARI CHE VIVE IN CATTIVITÀ, POI, È SOGGETTO ALL’ABBASSAMENTO DELLA PINNA DORSALE O A UNA MODIFICAZIONE CHE LA RENDE PIÙ MOLLE, E QUESTO COSTITUISCE UNO DEI MAGGIORI HANDICAP PER GLI ANIMALI CHE VIVONO IN TALE CONDIZIONE.
si nutrono prevalentemente di salmone; quando si spostano, i loro movimenti sono più prevedibili. Le orche residenti, inoltre, mostrano una elevata curiosità verso l’uomo, avvicinandosi spesso alle barche e sollevando il muso per osservare ciò che accade oltre il pelo dell’acqua. Sono, inoltre, capaci di grandi balzi, che vengono usati per intimorire le prede, per stordirle, ucciderle, ma anche per puro divertimento e gioco. Le offshore, infine, si spostano in gruppi di 25 o più esemplari e solitamente si nutrono del lemargo del Pacifico. Questi tre ecotipi hanno un patrimonio genetico leggermente diverso, emettono suoni articolati diversi e non comunicano né si aggregano. Le vocalizzazioni sono caratteristiche del pod di apparte-
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nenza dell’animale, quindi ogni branco ha un suo dialetto specifico che viene insegnato al cucciolo. Inoltre, le due popolazioni di residenti e transienti, qualora frequentino lo stesso ambiente marino, evitano contatti reciproci. Secondo il report stilato da Naomi A. Rose, Senior Scientist della Humane Society International and The Humane Society of the United States, “Killer Controversy. Why orcas should no longer be kept in captivity”, ci sono significative differenze tra le orche che vivono in cattività e quelle che vivono in natura: a partire dal tasso di mortalità, che in cattività sale di due volte e mezzo, e dall’età media di sopravvivenza, decisamente più alta in natura, dove i maschi vivono fino a un massimo di 60-70 anni e le femmine 80-90 anni. In cattività, invece, fino ad oggi solo due femmine hanno superato i 40 anni, e questo succede dopo cinque decadi di cattività e circa duecento individui catturati. Tra i maschi, invece, l’esemplare più anziano si aggira intorno ai 30 anni. Ma la maggior parte delle orche in cattività muore, comunque, prima dei 20 anni. Entrambi raggiungono la maturità sessuale intorno ai 14 anni, la femmina ha un parto approssimativamente ogni 5 anni e va in menopausa tra i 40 e i 45 anni. La cattività è una condizione estremamente stressante sia per le orche catturate in natura che per quelle nate in cattività. Animali che in natura percorrono centinaia di chilometri al giorno, sono costretti a vivere in vasche artificiali, prive di spazio e di stimoli. Le orche hanno cervelli più grandi e forse più complessi di quello dell’uomo, il che dà loro una chiara consapevolezza della condizione in cui vivono. Spesso l’inseminazione artificiale viene praticata su femmine troppo giovani e non ancora pronte ad avere cuccioli, che non vengono riconosciuti e allevati dalle madri naturali e per i quali è necessario l’intervento dell’uomo, creando così grandi squilibri all’interno del gruppo. Inoltre, l’accoppiamento spesso avviene tra consanguinei con tutto ciò che questo comporta. Tilikum, per esempio, è l’esemplare maschile attualmente più utilizzato per la riproduzione arificiale e
INTELLIGENZA EMOTIVA
COSTITUITA NEL 1977, SEA SHEPHERD CONSERVATION SOCIETY (SSCS) È UN’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE SENZA FINI DI LUCRO, LA CUI MISSIONE É QUELLA DI FERMARE LA DISTRUZIONE DELL’HABITAT NATURALE E IL MASSACRO DELLE SPECIE SELVATICHE NEGLI OCEANI DEL MONDO INTERO, AL FINE DI CONSERVARE E PROTEGGERE L’ECOSISTEMA E LE DIFFERENTI SPECIE. SEA SHEPHERD PRATICA LA TATTICA DELL’AZIONE DIRETTA PER INVESTIGARE, DOCUMENTARE E AGIRE QUANDO È NECESSARIO MOSTRARE AL MONDO E IMPEDIRE LE ATTIVITÀ ILLEGALI IN ALTO MARE. IL CAPITANO PAUL WATSON È IL FONDATORE E L’ATTUALE PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE.
I giapponesi sostengono che le balene non sarebbero creature intelligenti poiché il loro cervello comprende solo lo 0,02 per cento della loro massa corporea, laddove il cervello umano comprende circa il 2 per cento della massa corporea umana. Tuttavia, una parte molto grande della massa corporea di una balena è composta da grasso, il quale non richiede il potere del cervello, e questo distorce un po’ il rapporto. Ad ogni modo, è chiaro che le dimensioni del cervello non siano un criterio decisivo. I colibrì hanno un rapporto cervello - corpo ancora maggiore rispetto a quello degli esseri umani. Le orche, inoltre, hanno una parte del cervello che gli esseri umani non possiedono. Tutti i mammiferi hanno tre lobi, mentre i cetacei ne hanno quattro. Secondo gli scienziati, questa parte riguarderebbe le emozioni e la consapevolezza. Gli strati della neo-corteccia sono più pronunciati nel cervello dei cetacei che in quello degli esseri umani. Per cui, nel complesso, il cervello di un capodoglio e di un’orca sono più grandi e più complessi rispetto a quello umano. Le balene sono esseri altamente sociali e hanno una forma di comunicazione complessa tra loro che non può essere definita altro che linguaggio. Semplicemente noi non capiamo per cosa questi grandi cervelli si siano evoluti, ma lo stesso le orche sono dotate di un grande cervello, e un grande cervello suggerisce che ci sia una ragione e un utilizzo a cui è dovuto questo sviluppo. Capitano Paul Watson Sea Shepherd
www.seashepherd.it
SEA SHEPHERD CHIEDE LA LIBERAZIONE DI KSHAMENK Presso il Mundo Marino Aquarium di Buenos Aires, in Argentina, vive in cattività un maschio di orca di nome Kshamenk. Si ritiene abbia circa 28 anni ed è in cattività dall’età di cinque. L’orca percorre a nuoto, per più di 500 volte all’ora, la sua minuscola vasca tremendamente sporca e piccola. È la sola orca in cattività in Sud America. Kshamenk ha bisogno del nostro aiuto per convincere l’acquario dove è reclusa che l’unica cosa da fare è ridarle la libertà. Catturato nel 1992 all’età di circa 5 anni, si dice stesse cacciando insieme
agli altri membri del suo gruppo lungo le coste della provincia di Buenos Aires. Da qui la storia cambia in base a chi la racconta. Secondo quanto si dice al Mundo Marino, Kshamenk e le altre orche si erano arenate in una insenatura fangosa a Samborombon Bay. Con la marea che si era abbassata gli animali non furono in grado di ritornare verso il mare aperto dove l’acqua era più profonda. Si organizzò una missione per “soccorrerle”. Di tutto il gruppo solo Kshamenk sopravisse all’orrenda cattura e da quel giorno vive in cattività.
L’altra versione della storia narra che le orche stavano cacciando davanti la costa della provincia di Buenos Aires e furono intenzionalmente fatte arenare, sospingendole verso la spiaggia con l’uso di grandi reti, e guidate, sfruttando la marea, in una zona con acque molto fangose dove furono imprigionate. Non era la prima volta che Mundo Marino utilizzava questa tattica per ottenere delle orche da mettere nel suo parco acquatico. Avevano, infatti, già catturato una femmina di orca, a cui fu dato il nome di Belen,
e un orca più grande chiamata Milagro, che fu il primo esemplare di orca nell’acquario. Fino a poco tempo fa, Kshamenk e Belen erano le uniche due orche rimaste nell’acquario. Ma quando Belen è morta, dopo aver partorito un piccolo morto, Kshamenk ha iniziato ad essere sempre più aggressivo e attualmente soffre di livelli estremi di stress e frustrazione a causa dell’isolamento. Gli esperti sospettano che il suo stato di salute stia peggiorando. Sea Shepherd Italia Onlus
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più della metà delle orche appartenenti oggi al SeaWorld discende da lui. Inoltre, le orche vissute in cattività sono spesso animali con problemi di salute. A molte di loro vengono somministrati medicinali per depressione, ulcere e altre malattie. Il pesce con cui vengono nutrite è pesce morto scongelato, del tutto contrario al loro comportamento naturale di caccia, pieno di antibiotici e vitamine per combattere gli effetti della prigionia. Le orche in natura ricavano la necessaria idratazione attraverso il pesce che consumano, ma quello congelato ha già perso la maggior parte dell’umidità che una volta conteneva. Per cui ogni giorno vengono somministrate enormi quantità di colla di pesce per fornire la necessaria idratazione. A causa della vita noiosa che conducono, si scorticano grattando i denti sulla pelle degli altri esemplari e masticano le sbarre e i pezzi di cemento delle celle. Ogni giorno è, quindi, necessario trapanare e levigare loro i denti, e pulirli con una procedura che SeaWorld chiama “igiene dentale aggiuntiva”. Non solo. Le orche così facendo finiscono anche con l’ingerire materiali dannosi, quali pezzi di vernice o altre sostanze appartenenti all’habitat artificiale in cui vivono. Il cento per cento degli esemplari che vive in cattività, poi, è soggetto all’abbassamento della pinna dorsale o a una modificazione che la rende più molle, e questo costituisce uno dei maggiori handicap per gli animali che vivono in tale condizione. In natura questo problema tocca meno dell’uno per cento della popolazione, e gli esemplari che ne sono colpiti sono malati o presentano una deformità. La causa potrebbe risalire alla mancanza di pressione, all’assenza di flusso o alla ridotta profondità dell’acqua, fattori che impedirebbero alla pinna di restare dritta. Un’altra conseguenza della vita noiosa e della convivenza forzata con gli altri animali è la possibilità di aggressioni. In natura l’armonia regna incotrastata poiché ognuno è ben conscio del ruolo che ricopre. Ma in cattività spesso vengono fatti convivere membri appartenenti a gruppi sociali o a ecotipi
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diversi che comunicano con linguaggi diversi e hanno comportamenti diversi. Se a ciò aggiungiamo i continui spostamenti cui le orche sono sottoposte per motivi puramente commerciali, è facile comprendere come possano avvenire incidenti e vessazioni, con un aumento sempre maggiore del livello di stress esistente. Attualmente i parchi acquatici detengono soggetti ibridi, nati dall’incrocio tra residenti e transienti, che in natura non esistono. Alle aggressioni tra conspecifici si aggiungono le aggressioni nei confronti dell’uomo, cosa che in natura non si è mai verificata. Esiste una soluzione a tutto questo? Una volta che un’orca entra in un parco è difficile che possa essere poi rila-
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SURFISTA DOC!
LA CATTIVITÀ È UNA CONDIZIONE ESTREMAMENTE STRESSANTE SIA PER LE ORCHE CATTURATE IN NATURA CHE
Le orche amano calvacare le onde e il fotografo Michael Cunningham è riuscito finalmente a immortalarle. Siamo nelle acque di Sandy Bay, in Nuova Zelanda. Cunningham si sta allenando con la sua tavola quando intravede tre o quattro orche, incluso un cucciolo, che stanno lì ad aspettare le onde più alte. Corre sulla riva per impugnare la sua macchina fotografica e riesce a immortalarle mentre cavalcano i cavalloni con grande naturalezza. È molto probabile che le orche si trovassero lì proprio per giocare tra le onde e divertirsi. A confermarlo è la biologa marina Ingrid Visser, che da tempo studia il comportamento delle orche nelle acque della Nuova Zelanda. (Fonte: Focus)
PER QUELLE NATE IN CATTIVITÀ.
sciata in natura. Perché ciò avvenga è necessaria una combinazione di elementi ben precisi. Sarebbe più facile che questi animali venissero rilasciati in dei santuari creati apposta per la loro riabilitazione o che venissero liberati in recinti lungo le coste, dove potrebbero vivere una vita più stimolante che segue i ritmi dell’oceano, pur sempre seguiti dall’uomo. La gente probabilmente pagherebbe comunque per ammirare queste magnifiche creature, che
riuscirebbero così ad avere una vita più dignitosa. È importante in questo momento che SeaWorld, come tutti gli altri parchi acquatici, cambi il suo modo di trattare le orche. Basta con i programmi di riproduzione e gli spettacoli in stile circense, gli animali che sono ormai in cattività dovrebbero essere collocati in ambienti educativi e sani, dove la gente possa ammirarli per ciò che sono realmente, mentre vanno e vengono liberamente.
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6 MODI PER AIUTARE LE ORCHE IN CATTIVITÀ
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AUTO-EDUCAZIONE: QUANDO SI TRATTA DI SOSTENERE IL BENESSERE DELLE ORCHE IN CATTIVITÀ PIÙ SAI MEGLIO SARAI ARMATO PER CONVINCERE I TUOI AMICI, LA TUA FAMIGLIA E I TUOI COLLEGHI. SE VUOI SOSTENERE IL BENESSERE DI QUESTI SPLENDIDI ANIMALI, È IMPORTANTE SAPERE. C’È MOLTO DA IMPARARE, DALLE REGOLE DEL BENESSERE DELL’ANIMALE, ALLA CURA VETERINARIA DEI MAMMIFERI MARINI, ALLE STATISTICHE DI SOPRAVVIVENZA, ALLA LEGISLAZIONE. FORTUNATAMENTE, NON C’È CARENZA DI RISORSE.
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CONNESSIONE CON UN GRUPPO ANTI-CATTIVITÀ: CI SONO NUMEROSE ORGANIZZAZIONI NON-PROFIT CHE LAVORANO PER SOSTENERE LE ORCHE IN CATTIVITÀ E PER ASSICURARE IL LORO RILASCIO IN UN SANTUARIO IN MARE O, SE È POSSIBILE, IN UN OCEANO. NATURALMENTE, TUTTI LORO HANNO BISOGNO DI UN SUPPORTO FINANZIARIO, MA CI SONO ANCHE ALTRI MODI PER AIUTARLI: PIANIFICANDO EVENTI, RACCOLTA FONDI, UNITÀ DI PETIZIONI, UFFICIO VOLONTARIATO, ETC.
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LAVORA COI MEDIA: LA STAMPA NAZIONALE E INTERNAZIONALE È SEMPRE PIÙ INTERESSATA A QUESTO PROBLEMA DA QUANDO L’ADDESTRATRICE DAWN BRANCHEAU È STATA UCCISA DALL’ORCA TILIKUM NEL 2010 E DALL’USICTA DI BLACKFISH NEL 2013. PUOI AIUTARE ORGANIZZANDO UNA PROIEZIONE, UNO SPONSOR, UN DISCORSO DA UN ESPERTO DI ORCHE BEN CONOSCIUTO, O TENERE UN DIBATTITO NELLA TUA CITTÀ E INVITARE LA STAMPA. PUOI ANCHE SCRIVERE ARTICOLI O LETTERE ALL’EDITORE PER IL TUO GIORNALE LOCALE ESPRIMENDO LA TUA OPPOSIZIONE BASANDOTI SU CIÒ CHE HAI IMPARATO.
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AIUTA A LIBERARE LE ORCHE IN CATTIVITÀ: OGGI GRAN PARTE DELLE ORCHE SONO NATE IN CATTIVITÀ E SONO STATE SEPARATE DALLE LORO FAMIGLIE, COSÌ GLI SCIENZIATI NON SONO SICURI CHE POTREBBERO SOPRAVVIVERE SE RILASCIATE IN MARE APERTO. MA CI SONO UN PAIO DI ORCHE CHE SONO POSSIBILI CANDIDATI PER IL RILASCIO, POICHÈ POSSONO ESSERE IN GRADO DI RIUINIRSI CON LE LORO FAMIGLIE DOPO UN PERIODO DI RIABILITAZIONE IN UN UNA RECINZIONE IN MARE. TRA I CANDIDATI CI SONO CORKY (SEAWORLD CALIFORNIA), LOLITA (MIAMI SEAQUARIUM) E MORGAN, RECLAMATA DAL SEAWORLD MA CHE VIVE AL LORO PARQUE DI TENERIFE NELLE ISOLE CANARIE, SPAGNA. ALCUNI GRUPPI STANNO LAVORANDO SPECIFICATAMENTE PER CONQUISTARE LA LIBERTÀ PER QUESTE ORCHE, MENTRE ALTRI VOGLIONO PERMETTERE DI RITIRARE TUTTE LE ORCHE IN CATTIVITÀ IN UN SANTUARIO IN MARE, DOVE POSSONO VIVERE LE LORO VITE IN PACE, SENZA DOVERSI ESIBIRE PER IL PUBBLICO. SONO PRESENTI SITI PRO-ORCA CHE RICHIAMANO COMMENTI PUBBLICI UFFICIALI SUI PROBLEMI RELATIVI ALLA RIABILITAZIONE, RITIRO O RILASCIO DELLE ORCHE. PUOI CONTATTARE QUESTE ORGANIZZAZIONI E PUOI AIUTARE A FAR USCIRE LE ORCHE FUORI DALLE LORO VASCHE.
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LODA IL TUO GOVERNO: LE ORCHE SONO ATTUALMENTE TENUTE IN CATTIVITÀ IN CALIFORNIA, TEXAS, FLORIDA, CANADA, SPAGNA, FRANCIA, GIAPPONE E ARGENTINA. IN UN LARGO E CRESCENTE NUMERO DI PAESI È STATA BANNATA LA PRATICA DEFINITIVAMENTE. GLI ESPERTI HANNO DOCUMENTATO SCADENTI CONDIZIONI DI VITA, DIMENSIONI DELLE VASCHE INAPPROPRIATE, VIOLENZA SUGLI ANIMALI, LUNGHI PERIODI DI ISOLAMENTO, VASCHE SENZA LA PROTEZIONE SOLARE E ALTRE VIOLAZIONI DI REGOLE E DI LEGGE. NEGLI USA È PRESENTE UNA GUIDA DOVE PUOI ESPRIMERE UN TUO GIUDIZIO O OPPOSIZIONE SULLE CONDIZIONI DI VITA DELLE ORCHE NEL NORD AMERICA, L’APHIS (ANIMAL AND PLANET HEALTH INSPECTION SERVICE). IL CANADA, INVECE, NON HA NULLA COME L’APHIS E LE REGOLE DEL BENESSERE DEI LORO ANIMALI SONO MOLTO SCARSE.
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FAI SENTIRE LA TUA VOCE: PROTESTA! AIUTA AD ALLESTIRE UNA DIMOSTRAZIONE FUORI DA UN PARCO O DISTRIBUISCI VOLANTINI FUORI DAI TEATRI. PUOI ORGANIZZARE UNA MOSTRA D’ARTE PUBBLICA, IN UN UFFICIO O IN UNO SPAZIO D’ARTE DOVE LE PERSONE POSSONO ESPRIMERE LA LORO OPPOSIZIONE ALLA CATTIVITÀ.
TRATTO DA “DEATH AT SEAWORLD. SHAMU AND THE DARK SIDE OF KILLER WHALES IN CAPTIVITY” DI DAVID KIRBY
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SeaWorld replica a tutte le accuse che gli vengono lanciate raccontando la sua verità sui suoi ospiti. Le risposte a tutto ciò che afferma sono contenute nelle pagine che avete appena letto. Ma il diritto di replica vale per tutti. A voi lettori, quindi, il compito di riflettere e giungere alla vostra conclusione.
LA VERITÀ SECONDO SEAWORLD
“SeaWorld non cattura le orche in natura. Grazie ai successi innovativi della nostra ricerca nel campo della riproduzione dei mammiferi marini, non è stato necessario catturare alcun orca in natura da 35 anni”. “Noi non separiamo le madri dai loro piccoli. SeaWorld riconosce l’importante legame tra madre e figlio. Nelle rare occasioni in cui una mamma orca non può prendersi cura del proprio piccolo, interveniamo con successo e ce ne prendiamo cura noi. Le orche vengono spostate solo per mantenere una struttura sociale sana”. “Diamo ai nostri animali pesce di alta qualità, esercizio fisico, cure veterinarie, stimoli mentali e la compagnia di altri membri della loro specie”. “La durata della vita delle orche di SeaWorld è uguale a quella delle orche in natura”. “Le orche di cui ci prendiamo cura aiutano quelle in natura. Lavoriamo con università, agenzie governative e Ong per aumentare le conoscenze e le cognizioni sulle orche – dalla loro anatomia e biologia riproduttiva alle loro capacità uditive”.
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SSSUPER PINGUINO!
VIVONO SULLE COSTE DI TUTTO L’EMISFERO MERIDIONALE, DAL POLO SUD FINO ADDIRITTURA ALLE GALAPAGOS, VICINO ALL’EQUATORE. L’ORIGINE DEL NOME È INCERTA. FORSE DAL FRANCESE PINGUOIN E L’INGLESE PENGUIN; MENO PROBABILE DALLO SPAGNOLO PINGÜE O DIRETTAMENTE DAL LATINO PINGUIS (“GRASSO”)
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La testa è piccola e arrotondata e le dimensioni diverse a seconda della specie: ne esistono 17, dal pinguino imperatore, alto un metro e venti e pesante 40 kg, al pinguino minore, alto 30 cm e pesante poco più di un chilo. Si nutrono di pesci, crostacei e calamari e sono il cibo preferito di grandi predatori, come l’orca, la foca leopardo e il leone marino, ma anche di grossi volatili sulla terraferma. Vivono in media quindici anni e maschi e femmine non mostrano grandi differenze, hanno tutti lo stesso manto e quasi la stessa stazza. La femmina depone un solo uovo e l’affinità della coppia si misura proprio nel passaggio di quest’ultimo. La madre che lo ha tenuto sulle sue zampe il primo giorno, coperto dalla piega della sua pancia, lo deve far scivolare su quelle del maschio, che è meno provato e dovrà covarlo per i successivi due mesi. Pochi secondi a contatto con il terreno ghiacciato e sarà inesorabilmente perso. Il pulcino rompe il guscio dopo due mesi, ma rimane comunque “a bordo” del papà, perché il freddo lo ucciderebbe. Anche adesso il sincronismo dev’essere massimo: se la mamma non tornerà in tempo, il maschio sarà costretto ad abbandonare il piccolo per tornare a nutrirsi. Ma se la mamma sarà puntuale, il riconoscimento vocale la porterà subito dal suo piccolo che l’aspetta “a bocca aperta”.
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NUOTO
SONO CAPACI DI IMMERGERSI A NOTEVOLI PROFONDITÀ (FINO A 400 M LE SPECIE PIÙ GRANDI, MA NORMALMENTE TRA I 30 E I 40 M), ANCHE PER TEMPI MOLTO LUNGHI (FINO A 30 MINUTI). SOTT’ACQUA RIESCONO A RAGGIUNGERE UNA VELOCITÀ DI 40 KM/H
PIUMAGGIO
MOLTO FOLTO E IMPERMEABILE ANCHE SE NASCONO PRATICAMENTE NUDI: IL LORO PRIMO PIUMAGGIO È GRIGIO, CON IN TESTA UN ELMETTO NERO, IL SECONDO È SIMILE MA PIÙ SPESSO E PROTETTIVO
GINOCCHIA
NON HANNO OSSA CAVE (PNEUMATICHE) COME I VOLATILI, PERÒ SONO MUNITI DI GINOCCHIA CHE UTILIZZANO PER SPICCARE SALTI QUANDO ESCONO DALL’ACQUA
SSSUPER ANIMALE /
FIRMA VOCALE
SI REGISTRANO UNA FIRMA VOCALE CHE SERVIRÀ LORO A NON PERDERSI DI VISTA NEL GRUPPO
OMOTERMIA
SONO IN GRADO DI MANTENERE COSTANTE LA PROPRIA TEMPERATURA CORPOREA INDIPENDENTEMENTE DA QUELLA ESTERNA, GRAZIE AD UN MANTO DI PIUMINO CHE TRATTIENE UNO STRATO DI ARIA RISCALDATA E AD UNO STRATO DI GRASSO SOTTOCUTANEO E LL À, SU CIT A M ELO IA SI, LI V NC O O PA D AN TEV LLA L O CAMMINANO LENTAMENTE DONDOLANDOSI, DO O N MA SU SULLE ONNOTEVOLI N ATE VELOCITÀ, DISCESE GHIACCIATE RAGGIUNGONO D O L TE NG VO LANCIANDOSI IN LUNGHE SCIVOLATE EN GIU SCISULLA PANCIA M A AG E NT R GH LE ATE UN NO CI N L NA HIAC SI I I O MM E G ND CA CESPER IAI MASCHI PIÙ ABILI INIZIA LA COVA: C S AN SUI TALLONI, CON L’UOVO SULLE DICAMMINANDO L ZAMPE, SI RAGGOMITOLANO GLI UNI SUGLI ALTRI, CERCANDO UN PO’ DI TEPORE NEL GRUPPO (HUDDLING) PER RIPARARSI DALLE RIGIDE TEMPERATURE CHE SFIORANO I -50 °C E SOPRAVVIVERE AI VENTI GELIDI
VELOCITA TA I C O L VE
HUDDLING
ONDA
ALI?
SI SONO EVOLUTI DA UCCELLI VOLATORI, MA ORA NON SANNO VOLARE
PINNE
SONO ABILI NUOTATORI E TUFFATORI. USANO LE ALI COME PINNE PER AVANZARE NELL’ACQUA, SALTANDO FUORI AD INTERVALLI REGOLARI PER RESPIRARE, E POSSONO MUOVERSI NELL’ACQUA IN TRE DIFFERENTI MODI: NUOTO IN SUPERFICIE, VOLO SUBACQUEO, NUOTO A FOCENA
NON HANNO UN’IDEA COMPLESSIVA DEL GRUPPO, MA PIUTTOSTO SEGUONO I MOVIMENTI DELL’ESEMPLARE PIÙ VICINO A SÉ, SPOSTANDOSI IN AVANTI APPENA IL COMPAGNO ACCANTO PROCEDE. MOLTIPLICANDO QUESTI PICCOLI AGGIUSTAMENTI PER LE MIGLIAIA DI PINGUINI IMPERATORI DELLA COLONIA SI OTTIENE IL MOVIMENTO A “ONDA”
NON TUTTI I PINGUINI RIESCONO A TROVARE UN COMPAGNO DURANTE LA MARCIA. CHI NON LO TROVA RITORNA AL MARE IN ATTESA DELLA NUOVA STAGIONE DEGLI AMORI. IL SUCCESSO RIPRODUTTIVO È DEL 65%
ZAMPE
LE ZAMPE IRRORATE DAL SANGUE, NON GHIACCIANO, MA RIMANGONO APPENA UN PAIO DI GRADI SOPRA LA TEMPERATURA AMBIENTALE PER NON DISPERDERE TUTTO IL CALORE CORPOREO. PERCORRONO CENTINAIA DI KM PER RAGGIUNGERE I NIDI E RIPRODURSI (LA MARCIA DEI PINGUINI)
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DESIGN YOUR LIFE!
A G E N Z I A C R E AT I VA
ART DIRECTION PHOTOGRAPHY WEB DESIGN VIDEO EDITING SOCIAL MEDIA
OFFICINA
UN GRUPPO DI PROFESSIONISTI, FOTOGRAFI, GRAPHIC DESIGNER, MOVIE MAKER, COPYWRITER COLLABORA ATTIVAMENTE NEI PROGETTI DI COMUNICAZIONE PER LA PRODUZIONE DI: IMMAGINE COORDINATA E BRAND IDENTITY; MARCHI E LOGOTIPI; WEB DESIGN; SOCIAL MEDIA COMMUNICATION (STRATEGIA SOCIAL PER AZIENDE ED EVENTI); GRAFICA EDITORIALE (PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE LIBRI, RIVISTE, CATALOGHI); ALLESTIMENTO DI SPAZI ESPOSITIVI (DESIGN PER MOSTRE, FIERE, ESPOSIZIONI); SEGNALETICA...
OFFICINA19 È LA RICERCA CONTINUA DELL’IMMAGINE PERFETTA, DELL’IDEA CHE APPAGA, DELLA SINTESI CHE SA RAPPRESENTARE SENZA NULLA SOTTRARRE. LA PASSIONE PER LA CREATIVITÀ È CIÒ CHE REALMENTE LA CONTRADDISTINGUE. LA CURA NEI DETTAGLI, LA PROFESSIONALITÀ, L’IMPORTANZA ATTRIBUITA ALLE PARTICOLARI ESIGENZE DEL CLIENTE, L’ABILITÀ TECNICA E L’ESPERIENZA SONO LE BASI SU CUI L’AGENZIA HA FONDATO IL SUO LAVORO.
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